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A.I.L.A.

SCUOLA ESTIVA DI LOGICA 2009

Materiali per il corso

STORIA E FONDAMENTI DELLA LOGICA


(Prof. Ettore Casari)

1
INDICE
I. Semiotica
Modelli semiotici 4 Platone 5
Aristotele 8 Megarico-Stoici 9
Ockham 11 Bolzano 14
Frege 25
II. La logica come teoria delle relazioni e delle operazioni
su(lle estensioni de)i concetti
Sillogistica categorica 27 Hobbes 39
Leibniz 39 Preliminari algebrici 43
Boole 46 Sviluppi 67
Schröder 67 Huntington 70
De Morgan 71 Peirce 76
Tarski 80 Halmos 87
Tarski-Thomson 88 Henkin 89
Halmos 91 Weyl 92
Bernays 94 Quine 96
III. La logica come teoria delle relazioni e delle operazioni
sulle proposizioni
Megarico-Stoici 101 Ockham 105
Wittgenstein 107 Post 108
IIIA. La logica come teoria delle verità formali:
storia del calcolo proposizionale
Frege 110 Russell-Whitehead 113
Sheffer 116 Nicod 117
Russell-Whitehead 114 Post 116
Bernays 121 Hilbert 125
Hilbert-Bernays 126 Lukasiewicz-Tarski 127
Gödel 130 Lukasiewicz-Tarski 132
Fitelson 133 Kolmogorov 137
Glivenko 141 Heyting 143
Kolmogorov 146 Gödel 147
Johansson 150 Lukasiewicz 151
Post 154 Lukasiewicz-Tarski 155
Kleene 157 Lewis 159
III.B La logica come teoria delle inferenze valide:
l'idea di sequenza
Megarico-Stoici 162 Hertz 170

2
I. SEMIOTICA

3
MODELLO ‘TRIANGOLARE’

sfera sfera
verbale cognitiva

sfera
ontologica

MODELLO ‘TETRAEDRALE’

sfera sfera
verbale cognitiva

sfera
lektologica

sfera
ontologica

4
Platone [428-348]
Sofista (262 sqq.)
La prima e per vari aspetti tuttora insuperata analisi della situazione
semantica c che comprende nette distinzioni: [1] fra la sfera lingui-
stica e quella ontologica; [2] fra i termini e gli enunciati nonché, entro
i termini, fra i loro due tipi fondamentali; [3] fra le due fondamentali
relazioni di denotazione e di enunciazione, ivi compresa la definizione
di verità c è quella offerta da Platone nel Sofista (26le5sqq).
Passando sopra a distinzioni minori quest'analisi può essere così
presentata. Vi sono da un lato le entità linguistiche che Platone
chiama le entità vocali, i segni della voce [t¦ fwnhqšnta, t¦ tÍ
fwnÍ dhlèmata, t¦ shme‹a tÁj fwnÁj]. Dall'altro lato vi è la sfera
ontologica dell'essere, delle cose e delle azioni [oÙs…a, pr£gmata,
pr£xeij]. I rapporti che connettono la sfera linguistica con quella
ontologica sono chiamati, in generale, di indicazione, di significazione
[dhlo‹n, shma…nein]. I nostri termini di oggetto e di predicato sono
qui, rispettivamente, i nomi [ÑnÒmata] e i verbi [·»mata] e sono defi-
niti tramite la relazione di denotazione come quelli che denotano [de-
nominano c Ñnom£zein] cose o agenti, rispettivamente denotano [si-
gnificano c shma…nein] azioni. Si chiarisce che né una sequenza di
nomi, né una sequenza di verbi determinano ancora un enunciato [lÒ-
goj]; questo nasce solo quando un nome sia mescolato, connesso,
combinato [ker£nnumi, ¢rmÒzw, sumplškw] con un verbo. Un enun-
ciato atomico [Ð ™l£cistÒj te kaˆ prîtoj lÒgoj] risulta così dalla
combinazione [sumplwk»] di un nome con un verbo; chi lo forma,
compone, tramite nomi e verbi, cose e azioni [sunqeˆj pr©gma pr£-
xei di'ÑnÒmatoj kaˆ ·»matoj]. Così questa combinazione [plšgma]
non si limita a denotare ma determina qualcosa [oÙk Ñnom£zei
mÒnon ¢ll£ ti pera…nei]; perciò si dice che esso enuncia e non solo
denota [diÕ lšgein te aÙtÕn ¢ll'oÙ mÒnon Ñnom£zein e‡pomen] ed
è perciò che viene chiamato enunciato [lÒgoj]. È caratterizzato da
due fatti: [1] tratta sempre di qualcosa; [2] è sempre o vero [¢lhq»j]
o falso [yeud»j]. È vero quando enuncia le cose che sono [t¦ Ônta]
come sono [lšgei ... Ð m|n ¢lhq¾j t¦ Ônta æj œstin]; è falso
quando enuncia cose diverse da quelle che sono [Ð d| yeud¾j ›tera
tîn Ôntwn].

5
x Segni verbali {
z t¦ fwnhqšnta }
z }
t¦ shme‹a tÁj fwnÁj
y t¦ tÍ fwnÍ dhlèmata |
¨
ŒŽ
Nomi Verbi
@ ÑnÒmata A @ ·»mata A
¨ ¨
manifestano nominano
dhlo‹ Ñnom£zei
¨ ¨
l'essere
@ t¾n oÙs…an A
¨ ¨
ŒŽŒŽ
Cose Agenti Azioni
@ pr£gmata pr£ttontej A @ pr£xeij A

6
Componendo nomi e verbi
sumplškwn t¦ ·»mata to‹j ÑnÒmasi
si genera
una Proposizione (Atomica)
lÒgoj (prîtoj, ™l£cistoj, smikrÒtatoj)
che
non solo denomina ma determina manifesta dice
oÙk Ñnom£zei mÒnon ¢ll£ ti pera…nei dhlo‹ l{gei
¨
l'essere di ciò che è o non è ciò che è o diviene
oÙsfan Ôntoj À m¾ Ôntoj o è divenuto o sarà
perˆ tîn Ôntwn À gignomšnwn
À gegonÒtwn À mellÒntwn
sempre
intorno a Qualcosa Vera o Falsa
@ peri tinÒj A @ ¢lhq»j yeud»j A
x è vera è falsa {
z se dice }
z }
z e„ lšgei }
z }
z ciò che è ciò che non è }
z }
z come è come se fosse }
z }
z t¦ Ônta æj œstin t¦ m¾ Ônta æj Ônta }
z }
z (cose diverse }
z }
da quelle che sono
y ›tera tîn Ôntwn) |

7
Aristotele [384-322 a.c.]
De Interpretatione I, 16a3-8 (tr.lat. Boezio [480-524])
”Esti m|n oân t¦ ™n tÍ fwnÍ
Sono dunque le cose nella voce simboli
Sunt ergo ea quae sunt in voce

tîn ™n tÍ yucÍ paqhm£twn sÚmbola


delle affezioni dell'anima
earum quae sunt in anima passionum notae,

kaˆ t¦ grafÒmena tîn ™n tÍ fwnÍ.


e le cose scritte (simboli) delle cose nella voce.
et ea quae scribuntur eorum quae sunt in voce.

kaˆ ésper oÙd| gr£mmata p©si t¦ aÙt£,


E come le lettere non (sono) uguali per tutti,
Et quemadmodum nec litterae omnibus eaedem,

oÙd| fwnaˆ aƒ aÙta…:


(così) neppure le voci (sono) le stesse.
sic nec eaedem voces;

ïn mšntoi taàta shme‹a prètwn,


Tuttavia queste (sono) segni delle prime
quorum autem hae primorum notae,

taÙt¦ p©si paq»mata tÁj yucÁj,


(e) per tutti le affezioni dell'anima (sono) le stesse
eaedem omnibus passiones animae sunt,

kaˆ ïn taàta Ðmoièmata pr£gmata ½dh taÙt£.


e ciò di cui queste (sono) imagini, le cose (sono) già le stesse.
et quorum hae similitudines, res etiam eaedem.

NB. Per Boezio: sÚmbola ~ notae ~ shme‹a

8
I Megarico-Stoici
Sesto Empirico, Adversus Mathematicos, VIII, 10-13
10. Gli Stoici affermano che sono veri sia alcuni oggetti della sen-
sazione [tîn a„sqhtîn] sia alcuni oggetti dell'intellezione [tîn noetîn]:
non direttamente però sono veri gli oggetti della sensazione, ma in
base al loro riferimento agli oggetti dell'intellezione come ad oggetti
con loro strettamente connessi. Vero è infatti secondo gli Stoici ciò
che sussiste [Øp£rcon] ed è opposto, di opposizione contraddittoria, a
qualcosa, falso ciò che non sussiste ed è opposto, di opposizione con-
traddittoria, a qualcosa. E ciò che è vero o falso, essendo una pro-
posizione incorporea, è un intelligibile.
11. Tale era la prima discordanza intorno al vero; vi è però tra i
filosofi dogmatici anche un altro dissenso, per il quale gli uni
pongono il vero ed il falso in ciò che viene significato [perˆ tù
shmainomšnJ], gli altri nelle parole [perˆ tÍ fwnÍ], gli altri ancora nel
movimento dell'intelletto [perˆ tÍ kin»sei tÁj diano…aj]. E di quella
prima opinione si fecero alfieri gli stoici dicendo che ci sono tre cose
interconnesse fra loro: ciò che è significato [tÕ shmainÒmenon], ciò che
significa [tÕ shma‹non], ciò che si dà [tÕ tugc£non];
12. che significante è la voce, per esempio, la parola ‘Dione’; ciò
che è significato è quella cosa che viene indicata [dhloÚmenon] dalla
voce e che noi comprendiamo quando si presenta al nostro intelletto,
mentre i barbari non l'intendono, quantunque odano la voce; ciò che si
dà è ciò che sussiste esternamente, per esempio, Dione stesso. E di
questi tre correlativi due sono corpi, e cioè la voce e il ciò che si dà,
uno è incorporeo e cioè la cosa significata o dicibile [lektÒn]; ed è
questo che è vero o falso. Questo, però, non in tutti i casi; ma qual-
cuno è incompleto [™llipšj], qualche altro completo [aÙtotelšj] e, nel
caso completo, quello che si chiama proposizione [¢x…wma], che anche
descrivono dicendo ‘proposizione è ciò che è vero o falso’ [¢x…wma
™stin Ó ™stin ¢lhq|j À yeàdoj].
13. Quelli invece vicinio a Epicuro e Stratone il fisico ammettendo
solo due cose, il segno e la cosa che si dà, sembrano assumere la
seconda posizione e lasciare il vero e il falso intorno alla voce.
L'ultima opinione c intendo quella che pone il vero nel movimento
dell'intelletto c sembra essere stata modellata solo a fini scolastici.

9
il significante (voce)
tÕ shmalnon (fwnˇ)
ŒŽ
nome proprio nome comune verbo enunciato
Ônoma proshgorfa rÁma lÒgoj

f f f f
manifesta significa dice
dhlol shmafnei l{gei
¨ ¨ ¨ ¨
qualità individuale qualità comune predicato proposizione
edfa poiÒthj koin¾ poiÒthj kathgÒrhma ¢xfwma
”——————————————————————————————————————•——————————————————————————————————————–
incompleto completo
œllip{j aÙtotel{j
il significato, il detto, (la cosa)
tÕ shmainÒmenon, tÕ lektÒn (pr©gma)

f
?
¨
ciò che si dà l'oggetto esterno
tÕ tugc£non tÕ œktÕj Øpokefmenon

10
Guillermus de Ockham [1300-49]
Summa Logicae, I, 1

(2) Est autem sciendum, quod, si- Bisogna inoltre sapere che, come
cut secundum BOETHIUM, in I Pe- secondo Boezio in Peri hermene-
rihermenias, triplex est oratio, ias I, vi sono tre tipi di proposizi-
scilicet scripta, prolata et concep- one e cioè scritta, proferita e con-
ta, tantum habens esse in intel- cepita (che esiste solo nell'intel-
lectu, sic triplex est terminus, sci- letto), così vi sono tre tipi di ter-
licet scriptus, prolatus et concep- mine e cioè scritto, proferito e
tus. Terminus scriptus est pars concepito. Il termine scritto è una
propositionis descriptae in aliquo parte di una proposizione traccia-
corpore, quae oculo corporali vi- ta su un qualche corpo che è vista
detur vel videri potest. Terminus o può venir vista con l'occhio cor-
prolatus est pars propositionis ab porale. Il termine proferito è una
ore prolatae et natae audiri aure parte di una proposizione pro-
corporali. Terminus conceptus est ferita dalla bocca e nata per es-
intentio seu passio animae aliquid sere udita dall'orecchio corporale.
naturaliter significans vel consi- Il termine concepito è una inten-
gnificans, nata esse pars propo- zione ovvero affezione dell'anima
sitionis mentalis et pro eodem na- significante o consignificante per
ta supponere. Unde isti termini natura qualcosa, nata per essere
concepti et propositiones ex eis parte di una proposizione mentale
compositae sunt illa verba men- e per supporre per esso [sc. il qual-
talia, quae beatus AUGUSTINUS, cosa]. Per cui questi termini con-
XV De Trinitate, dicit nullius es- cepiti e le proposizioni con essi
se linguae, quia tantum in mente composte sono quelle parole men-
manent et exterius proferri non tali che il beato Agostino nel De
possunt, quamvis voces tamquam Trinitate XV dice non essere la
signa subordinata eis pronuntien- lingua di alcuno, perché riman-
tur exterius. gono soltanto nella mente e non
possono venir esternate, ancorché
si pronuncino all'esterno le voci
come segni ad esse subordinati.

11
Dico autem voces esse signa Dico peraltro che le voci sono se-
subordinata conceptibus seu in- gni subordinati ai concetti o alle in-
tentionibus animae, non quia pro- tenzioni dell'anima, non perché,
prie accipiendo hoc vocabulum prendendo in senso proprio il voca-
‘signa’ ipsae voces semper signi- bolo ‘segni’, le voci significhino
ficent ipsos conceptus animae pri- sempre in primo luogo e in senso
mo et proprie, sed quia voces im- proprio i concetti dell'anima, ma
ponuntur ad significandum illa e- perché alle voci si impone di signi-
adem, quae per conceptus mentis ficare le medesime cose che ven-
significantur ita, quod conceptus gono significate dal concetto della
primo naturaliter significat ali- mente così che il concetto primiera-
quid et secondario vox significat mente significa qualcosa e seconda-
illud idem, in tantum quod voce riamente la voce significa la stessa
instituta ad significandum aliquid cosa, al punto che fissata la voce a
significatum per conceptum men- significare qualcosa significata dal
tis, si conceptus ille mutaret si- concetto mentale, se quel concetto
gnificatum suum, eo ipso ipsa mutasse il suo significato, imme-
vox sine nova institutione suum diatamente la stessa voce muterebbe
significatum permutaret. Et pro senza nuova fissazione il suo signi-
tanto dicit PHILOSOPHUS, quod vo- ficato. E per questo dice il Filosofo
ces sunt “earum, quae sunt in ani- che le voci sono “note delle affe-
ma passionum notae”. Sic etiam zioni che sono nell'anima”. Così an-
intendit BOETHIUS, quando dicit che intende Boezio quando dice che
voces significare conceptus. Et le voci significano i concetti. E in
universaliter omnes auctores di- generale tutti gli autori quando di-
cendo, quod omnes voces signi- cono che le voci significano le affe-
ficant passiones vel sunt notae zioni o sono note di esse, non inten-
earum, non aliud intendunt, nisi dono altro se non che le voci sono
quod voces sunt signa secundario segni significanti secondariamente
signifìcantia illa, quae per passio- le cose che vengono primariamente
nes animae primario importantur, importate attraverso le affezioni,
quamvis aliquae voces primario sebbene alcune voci importino pri-
importent passiones animae seu mariamente affezioni dell'anima o
conceptus, quae tamen secundario concetti che tuttavia secondaria-
important alias animae intentio- mente importano altre intenzioni
nes, sicut i n f e r i u s ostendetur. dell'anima come più avanti si mo-
strerà.

12
Et sicut dictum est de vocibus E quanto si è detto delle voci
respectu passionum seu intentio- rispetto alle affezioni o intenzioni
num seu conceptuum, eodem mo- o concetti, altrettanto, fatte le de-
do proportionaliter, quantum ad bite proporzioni, si deve ritenere
hoc, tenendum est de his, quae delle cose scritte rispetto alle vo-
sunt in scripto respectu vocum. ci.
Inter istos autem terminos ali- Fra questi termini sono però
quae differentiae reperiuntur. Una rinvenibili certe differenze. L'una
est, quod conceptus seu passio è che il concetto o affezione del-
animae naturaliter significat quid- l'anima significa per natura tutto
quid significat, terminus autem ciò che significa, mentre il termi-
prolatus vel scriptus nihil signifi- ne proferito o scritto non significa
cat nisi secundum voluntariam in- alcunché se non per istituzione
stitutionem. Ex quo sequitur alia volontaria. Dal che segue un'altra
differentia, videlicet quod termi- differenza, e cioè che il termine
nus prolatus vel scriptus potest proferito o scritto può mutare per
mutare suum significatum, termi- convenzione il suo significato,
nus autem conceptus non mutat mentre il termine concepito non
suum significatum ad placitum muta il suo significato per nessu-
cuiuscunque. na convenzione.

13
Bernard Bolzano [1781-1848]

Distinzioni fondamentali

Rappresentazione (soggettiva) Giudizio


[subiective Vorstellung] [Urtheil]

ha come materia
[hat als Stoff]

Rappresentazione in sé (idea) Proposizione (in sé)


[Vorstellung an sich] [Satz an sich]

oggettuale anoggettuale vera falsa


[gegenständlich] [gegenstandslos] [wahr] [falsch]

si riferisce a enuncia
[bezieht sich auf] [sagt aus]

Oggetti Circostanze
[Gegenstände] [Umstände]

14
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15
Ontologia

categoriale elementare
Def. Un oggetto è qualcosa che ha qualcosa (cui qualcosa conviene)
6²%³ © E&²%  &³ © E&²&  %³
Def. Una qualità è qualcosa che conviene a qualcosa (che qualcosa
ha) [Quodcumque habetur]
8²%³ © E&²&  %³ © E&²%  &³
categoriale superiore
Ass. Le qualità sono oggetti
8²%³ ¦ 6²%³
Def. Un oggetto puro è un oggetto che non è qualità
6°²%³ © 6²%³ w F8²%³

mereologica
Ass. La relazione di parte propria è un ‘ordine stretto’, ossia
ariflessiva F²%  %³ e transitiva %  & w &  ' ¦ %  '
Assiomi vari per /²%Á %' ÁÃÁ'
ÁÃÁ%

Á '³

metafisica
Def. Una sostanza è un oggetto puro esistente
:!²%³ © 6°²%³ w +²%³
Def. Un'aderenza è una qualità esistente
(²%³ © 8²%³ w +²%³
Ass. Esistere possono solo oggetti o qualità
+²%³ ¦ 6²%³ v 8²%³
Ass. Le aderenze convengono solo a cose esistenti
Ad²%³ ¦ D&²&  % ¦ +²&³³
Ass. Le parti di cose esistenti sono a loro volta esistenti
+²%³ w &  % ¦ +²&³
Def. Un'aderenza singolare è un aderenza goduta da un'unica cosa
( °²%³ © (²%³ w E&D'²'  % © ' ~ &³

16
Lectologia morfologica elementare
Def. Un lectòn è una cosa che è o un'idea di oggetto o un'idea di
qualità o una proposizione 3²%³ © = ²%³ v )²%³ v :²%³
Ass. Le idee (di oggetto o di qualità) non sono proposizioni
= ²%³ v )²%³ ¦ F:²%³
Ass. I lectà non esistono (non hanno realtà) 3²%³ ¦ F+²%³
Ass. I lectà non sono qualità 3²%³ ¦ F8²%³
morfologica superiore
Teor. Le idee di qualità sono idee di oggetti )²%³ ¦ = ²%³
morfologica simbolica
Ass. I lectà sono oggetti 3²%³ ¦ 6²%³

semantica elementare
Ass. Sottostare possono solo oggetti o qualità e riferirsi possono solo
idee; in particolare idee di oggetto a oggetti e idee di qualità a
qualità; % E & ¦ ²6²%³ w = ²&³³ v ²8²%³ w )²&³³

Gnoseologia
Ass. Solo le aderenze singolari possono avere materia
% c & ¦ ( °²&³
Ass. Solo i lectà possono essere materia
% c & ¦ 3²%³
Ass. Le materie di una cosa (quando ci sono) sono uniche.
% c&w'  c&¦%~'
Def. Una rappresentazione di oggetto è una cosa avente come
materia un'idea di oggetto
9²&³ © E%²%  c & w = ²%³³
Def. Una rappresentazione di qualità è una cosa avente come
materia un'idea di qualità
9 Z ²&³ © E%²% c & w )²%³³
Def. Un giudizio è una cosa avente come materia una proposizione
< ²&³ © E%²%  c & w :²%³³

17
Wissenschaftslehre [1837]
§285. Bezeichnung unserer Vostellungen

«1. La peculiarità del nostro animo considerata nel §283


Legge del risveglio [Erweckung], rinnovo [Erneuerung], col-
legamento [Verknüpfung] o associazone [Association] delle
nostre rappresentazioni [Vorstellungen]:
Se una coppia di rappresentazioni si è prodotta una volta
simultaneamente nel nostro animo e successivamente sorge in
noi in un qualche modo una rappresentazione che è uguale (ha
la stessa materia) a una di esse, allora, se pur non sempre, tut-
tavia molto spesso si rinnoverà anche l'altra, ossia sorgerà an-
che una rappresentazione che ha la stessa materia dell'altra.
dà luogo a che noi si usino certe rappresentazioni che si lasciano facil-
mente provocare come mezzo per generare, talvolta in noi, talvolta in
altri, attraverso la loro produzione altre rappresentazioni che sarebbero
più difficilmente ottenibili ma che sono con esse associate [verknüpft].

18
Un oggetto di cui ci serviamo per un tale scopo, ossia un oggetto
attraverso la cui rappresentazione vogliamo saper rinnovata in un essere
pensante una rappresentazione ad essa associata si chiama per noi un
segno [Zeichen]. L'idea, la cui corrispondente soggettiva deve venir su-
scitata attraverso la rappresentazione del segno, si chiama l'idea desi-
gnata [bezeichnete] o anche il significato [Bedeutung] del segno. Se
l'idea designata è un'idea oggettuale, allora si usa talvolta anche chia-
mare il suo oggetto il designato [der Bezeichnete] o il significato del
segno. Come equivalenti alla parola: significato, noi usiamo talvolta an-
che le parole senso [Sinn] e intendimento [Verstand]. Eppure tra queste
e quella si potrebbe fare una differenza e precisamente così che si-
gnificato di un segno si chiami soltanto quell'idea per suscitare la quale
esso è già determinato e che di fatto è anche solito suscitare; senso o in-
tendimento dello stesso, invece, quell'idea che noi in un singolo caso in-
tendiamo con esso suscitare. Comprensibilmente qualcuno può, per
esempio per ignoranza, prendere un segno in un senso o in un intendi-
mento affatto diversi dal suo reale significato».

rappresentazione c risveglia ¦ rappresentazione


º (del segno) (del significato)
O O O
s O contiene contiene
u O
s O ¨ ¨
c O idea idea
i O (del segno) (significato/senso)
t O O º O
a O si riferisce a significa in s.s. si riferisce a
O
± ¨ ° ¨
oggetto oggetto
(segno) c significa in s.l. ¦ (significato in s.l.)

19
Esempio di segno oggettuale

rappresentazione c risveglia ¦ rappresentazione


º di ‘SOCRATE’ dell'idea di Socrate
O O O
sO contiene contiene
uO ¨ ¨
sO
cO idea idea di
iO di ‘SOCRATE’ Socrate
tO O º O
aO si riferisce a significa in s.s. si riferisce a
O
± ¨ ° ¨
parola individuo
‘SOCRATE’ c significa in s.l. ¦ Socrate

Esempio di segno anoggettuale

rappresentazione c risveglia ¦ rappresentazione del-


º di ‘IPPOGRIFO’ l'idea di Ippogrifo
O O O
sO contiene contiene
uO
sO ¨ ¨
cO idea idea di
iO di ‘IPPOGRIFO’ Ippogrifo
tO O º
aO si riferisce a significa in s.s.
O
± ¨ °
parola
‘IPPOGRIFO’

20
Servirsi di certi segni per suscitare in qualcuno delle rappresentazioni
si chiama parlargli o dirgli [sprechen, reden] nel significato più lato di
queste parole. Considerare segni dati per ricavarne quali rappresen-
tazioni abbia voluto risvegliare in noi il loro autore si chiama leggerli
[lesen], nel significato più ampio. Ricavare realmente da essi quali
rappresentazioni abbia voluto produrre il loro autore si chiama com-
prenderli [verstehen]. Immaginarsi falsamente che essi abbiano questo
e quest'altro senso mentre essi ne hanno un altro si chiama fraintenderli
[missverstehen]. Infine una proposizione nella quale si enuncia che il
senso di un certo segno è questo o quello si chiama un'interpretazione
[Auslegung] di quel segno; questa può essere, a sua volta, o meramente
pensata oppure espressa con segni di altro tipo, nel qual caso si chiama
un'interpretazione verbale [sprachlich].
[Ã ] Nella misura in cui il segno è un oggetto esterno mentre la cosa
designata è qualcosa che si trova nel nostro interno, per esempio un
pensiero, una sensazione o simili, si usa anche chiamare il segno una
espressione [Ausdruck]. Così si riguarda il battere delle mani come
un'espressione (e precisamente naturale) della gioia. La maggior parte
dei segni di cui ci serviamo in particolare per risvegliare rappresen-
tazioni in altri uomini consiste in fenomeni che possono venir colti dal
senso dell'udito oppure da quello della vista; quelli si chiamino segni
dell'udito o acustici [Gehör-, hörbare Zeichen], questi segni visibili o
della vista [sichtbare, Sichtzeichen]. I primi si è soliti produrli in
particolare con gli organi della bocca, ossia mediante la voce
[Stimme]».

21
«[Ã ] 10) Spesso invece che del segno  fissato per una certa idea (
ci serviamo di un altro oggetto  che è solo un segno dell'idea di . Co-
sì, ad esempio, la nota parola ‘Dio’ è un segno del concetto di un essere
la cui realtà è incondizionata. Quando però colui nell'animo del quale
vogliamo suscitare questo concetto è troppo lontano per udire la nostra
voce, produciamo certi segni visibili (caratteri grafici) che designano i
singoli suoni da cui è composta la parola: Dio e che quindi, nel loro
collegamento, designano tutta intera questa parola. La vista di questi
segni risveglierà dunque dapprima solo la rappresentazione della
parola: Dio; successivamente, però, anche la rappresentazione del-
l'oggetto che questa parola designa. Segni di questo genere, segni dun-
que che sono segni di altri segni li chiamiamo, rispetto alle idee che
questi ultimi designano, mediati [mittelbar]. Segni che non sono
mediati li chiamiamo immediati [unmittelbar].

Significati mediati

rappres. c risveglia ¦ rappres. c risveglia ¦ rappres. del-


º di ‘Dio’ di ‘DIO’ l'idea di Dio
O O O O
sO contiene contiene contiene
uO
sO ¨ ¨ ¨
cO idea idea idea di
iO di ‘Dio’ di ‘DIO’ Dio
tO O O º O
a O si riferisce a sign. in s.s. º si riferisce a sign. in s.s. si riferisce a
O
± ¨ ° ¨ ° ¨
scritto parola individuo
‘Dio’ c sign. in s.l. ¦ ‘DIO’ c sign. in s.l. ¦ Dio

± º ± º
significa immediatamente significa immediatamente
± º
significa mediatamente (s. e l.)

22
Abitudine

Un segno che era inizialmente mediato, può spesso divenire, attra-


verso l'uso continuato, un segno immediato. Poiché infatti la rap-
presentazione del segno  risveglia la rappresentazione del segno  e
questa quella dell'idea ( da essa designata, attraverso frequenti ri-
petizioni anche  ed ( diventano simultanee e possono così associarsi
immediatamente ossia in modo tale che la rappresentazione di  ri-
sveglia quella di ( senza che debba prima interporsi la
rappresentazione a. Gradualmente, quando essa non sia per noi
rilevante, quest'ultima finisce per uscire completamente dalla nostra
coscienza.

rappres. c risveglia ¦ rappres. c risveglia ¦ rappres. del-


º di ‘Dio’ di ‘DIO’ l'idea di Dio
O O O O
sO contiene contiene contiene
uO
sO ¨ ¨ ¨
cO idea idea idea di
iO di ‘Dio’ di ‘DIO’ Dio
tO O O º O
a O si riferisce a sign. in s.s. º si riferisce a sign. in s.s. si riferisce a
O ¨ ° ¨ ° ¨
± scritto parola individuo
‘Dio’ c sign. in s.l. ¦ ‘DIO’ c sign. in s.l. ¦ Dio
± º
significa immediatamente

23
Significato delle espressioni proposizionali

«Nota 1. [Ã ] Nella formulazione della definizione al nr.1 ho pre-


supposto che, mediante segni nel senso qui accettato, noi presentiamo
immediatamente solo idee e non anche proposizioni o giudizi. Tuttavia
anche quest'ultimo caso sembra verificarsi, in quanto noi esprimiamo
talvolta un'intera proposizione non soltanto mediante una combinazione
di più parole ma addirittura mediante una sola parola, per esempio:
morior. Io però ritengo che tali parole o combinazioni di parole non
presentino in prima istanza la proposizione in sè, ma solo una idea di
essa, e che solo mediatamente presentino la proposizione in sè ossia
solo come ogni segno che presenti un'idea oggettuale può venir anche
riguardato come un segno di questo stesso oggetto. Peraltro,
quand'anche le cose stessero diversamente, la questione non dovrebbe
essere importante».

rappresentazione c risveglia ¦ rappr. dell'idea della


º di ‘DIO ESISTE’ propos. che Dio esiste
O O O
sO contiene contiene
uO
sO ¨ ¨
cO idea idea della propos.
iO di ‘DIO ESISTE’ che Dio esiste
tO O º O
aO si riferisce a significa in s.s. si riferisce a
O
± ¨ ° ¨
espress. prop. proposizione che
‘DIO ESISTE’ c significa in s.l. ¦ Dio esiste
O
± asserisce (?) enuncia
» ¨
situazione che
Dio esiste

24
Lettera di Frege a Husserl (24 maggio 1891)
Stimatissimo dottore,
[Ã ] vorrei solo accennare al fatto che sembra esistere una divergenza di
opinione fra noi a proposito del modo di intendere la relazione sussistente
tra il termine concettuale (il nome comune) e gli oggetti. La mia opinione
può essere illustrata dallo schema seguente:
Enunciato Nome proprio Termine concettuale
¨ ¨ ¨
Senso dell'enun- Senso del Senso del termi-
ciato (pensiero) nome proprio ne concettuale
¨ ¨ ¨
Significato del- significato del significato del ter- oggetto che
l'enunciato nome proprio mine concettuale ¦ cade sotto
(valore di verità) (oggetto) (concetto) il concetto
Per arrivare all'oggetto occorre fare, nel caso del termine concettuale, un
passo in più rispetto a quelli occorrenti nel caso del nome proprio; l'ultimo
passo può inoltre mancare c ossia il concetto può essere vuoto c , senza
che per questo il termine concettuale cessi di essere scientificamente utiliz-
zabile. Ho indicato l'ultimo passo che porta dal concetto all'oggetto lateral-
mente per indicare che avviene allo stesso livello, che cioè oggetti e con-
cetti hanno la stessa oggettività [Ã ] Ho ora distinto in pensiero e valore di
verità ciò che precedentemente chiamavo contenuto giudicabile. Si potreb-
be caratterizzare il giudicare in senso stretto come un passaggio dal pensie-
ro al valore di verità. Ora, mi pare che in Lei lo schema apparirebbe pressa-
poco così: Termine concettuale dove cioè i passaggi
¨
Senso del termine concettuale
(concetto)
¨
Oggetto che cade sotto il concetto
da fare per arrivare agli oggetti sarebbero nel medesimo numero tanto a
partire dal nome proprio quanto a partire dal termine concettuale. L'unica
differenza fra nomi propri e termini concettuali consisterebbe di conse-
guenza in questo, che l'uno potrebbe riferirsi a un solo oggetto, l'altro a più
oggetti. Un termine concettuale, il cui concetto fosse vuoto, dovrebbe quindi
essere rigettato dalla scienza proprio come un nome proprio al quale non
corrispondesse alcun oggetto.[Ã ] Il Suo devoto Dr. G. Frege

25
II. LA LOGICA COME TEORIA
DELLE RELAZIONI E DELLE OPERAZIONI
SU(LLE ESTENSIONI DE)I CONCETTI

26
1. La sillogistica categorica tradizionale

La prima distinzione fra le proposizioni è secondo modalità:


~ categoriche
le proposizioni possono essere  necessarie .
€ possibili

An. Pr. I,25a1-14: «2. Ogni proposizione [prÒtasij] è o dell'appar-


tenere [toà Øp£rcein], o dell'appartenere necessario [toà ™x ¢n£gkhj
Øp£rcein], o del poter appartenere [toà ™ndšcesqai Øp£rcein];»

La seconda è quella secondo qualità:

affermative
le proposizioni possono essere H .
negative

«inoltre, fra le varie proposizioni c per ciascuna modalità [ka-


q’˜k£sthn prÒsrhsin] c le une sono affermative [katafatika…] e le
altre negative [¢pofatika…];»
[NB. si trova anche: affermative ~ kathgorika…; negative ~ sterhtika…]

La terza è quella secondo quantità:


~
 universali

particolari
le proposizioni possono essere  .
 indefinite

€ singolari

«per un altro verso, tra le affermative e negative, alcune sono univer-


sali [kaqÒlou], altre particolari [™n mšrei], altre ancora indefinite [¢diÒ-
ristoi]». De Int. 7,17b28-9: «come quelle sugli individui [kaq’›ka-
sta], ad es. : Socrate è bianco c Socrate non è bianco».

27
Trascurando le indefinite e le singolari si danno quattro possibili
combinazioni qualità c quantità. In età medievale (ma l'iniziatore è
ignoto) si diffuse l'uso delle quattro vocali {aÁ eÁ iÁ o} per esprimere
queste quattro combinazioni; esse furono scelte per il loro essere le
prime due vocali occorrenti rispettivamente nelle parole affirmo e
nego. Così:

Affermativa Negativa

Ogni : è 7 Nessun : è 7
Universale
: a7 : e7

Qualche : è 7 Qualche : non è 7


Particolare
: i7 : o7

‘Assioma di Aristotele’: : i:
ossia: il soggetto non è mai vacuo

Questo assioma, proposto da Lukasiewicz, risolve di forza l'in-


tricatissima questione dell' ‘importo esistenziale delle proposizioni
universali’.

28
Rapporti quantità c qualità

1. Contraddittorietà.
Due proposizioni si oppongono contraddittoriamente quando l'una è
universale affermativa e l'altra particolare negativa o l'una è uni-
versale negativa e l'altra particolare positiva; cioè : a7 e : o7 ,
rispettivamente : e7 e : i7 .
De Int.7,17b16-20 (testo corr oe tto): «Dico che un'affermazione signifi-
cante il  sussistere o non sussistere € universalmente si oppone
contradittoriamente [¢ntike‹sqai ¢pofatikîj] a una negazione si-
gnificante il non  sussistere o non sussistere € universalmente. Per
esempio: ogni uomo è bianco c non ogni uomo è bianco; nessun
uomo è bianco c qualche uomo è bianco».
Caratteristica della contraddittorietà è che di due proposizioni con-
tradictoriae l'una è vera sse l'altra è falsa; non possono cioè essere né
entrambe vere né entrambe false.
De Int.7,17b26-7: «Dunque di quelle asserzioni contraddittorie è
necessario che siano siano l'una o l'altra vera o falsa [Ã ]».

2. Contrarietà.
È il rapporto che sussiste fra : a7 e : e7 . È caratterizzato dal fatto
che due proposizioni contrariae non possono essere entrambe vere
pur potendo essere entrambe false.
De Int.7,17b20-6. «Si oppongono invece in modo contrario [¢nti-
ke‹sqai ™nant…wj] l'affermazione universale e la negazione universale,
come: ogni uomo è giusto c nessun uomo è giusto. Perciò queste
non possono essere contemporaneamente vere mentre le loro con-
traddittorie è possibile che lo siano, come: non ogni uomo è bianco c
qualche uomo è bianco».

3. Subcontrarietà.
È il rapporto che sussiste (implicitamente considerato nel passo prece-
dente) fra : i7 e : o7 . È sua caratteristica che due proposizioni sub-
contrariae non possono essere entrambe false, pur potendo essere
entrambe vere.

29
4. Subalternazione. È il rapporto che sussiste fra le universali e le
particolari con la stessa qualità; dunque fra : a7 e : i7 da un lato e
fra : e7 e : o7 dall'altro. Le particolari sono le subalternae o le
subalternatae delle rispettive universali. Assumendo l'‘Assioma di
Aristotele’ si possono legittimare le leggi di subalternazione [le
reductiones ad subalternatam], ossia
: a7 ¦ : i7 e : e7 ¦ : o7 .

Per ‘quadrato (logico) aristotelico’ si intende (la rappresentazione


de) il telaio di questi quattro rapporti:

: a7 c o n t r a r i a e : e7
c e
s o a s
u n i u
b t r b
a r o a
l a t l
t d c t
e i e
r d c r
n a t n
a r o a
t t r t
a n i a
o a
c e
: i7 s u b c o n t r a r i a e : o7

La prima presentazione del quadrato [‘quadrata formula’] sembra


quella che si trova nel Perì Hermeneias, attribuito ad Apuleio di Ma-
daura [II sec. d.C.], l'autore delle Metamorfosi (o L'asino d'oro)

30
Scambi soggetto-predicato

1. Conversione. È il rapporto che sussiste fra due proposizioni della


stessa qualità quando il soggetto e il predicato dell'una sono rispetti-
vamente il predicato e il soggetto dell'altra; la conversio può essere di
due tipi: semplice [simplex] o accidentale [per accidens]. È semplice
quando la quantità delle due proposizioni converse è uguale; è acci-
dentale quando la quantità è diversa.

Venivano riconosciute come leggi di conversione semplice:


CS1. : i7 ¦ 7 i: e CS2. : e7 ¦ 7 e: .

Venivano riconosciute come leggi di conversione accidentale:


CA1. : a7 ¦ 7 i: e CA2. : e7 ¦ 7 o: .

An Pr. I , 2, 25a5-13: «In tal modo, [CS1] per la proposizione univer-


sale negativa si dà necessariamente la conversione dei termini [to‹j
Óroij ¢ntistršfein]; ad esempio, se nessun piacere è bene, nessun bene
sarà piacere. D'altro canto, [CA1] la conversione è bensì necessaria
per l'affermativa corrispondente, però lo è in forma non già univer-
sale, ma particolare; ad esempio, se ogni piacere è bene, è pure ne-
cessario che qualche bene sia piacere. Inoltre, delle premesse parti-
colari, [CS2] l'affermativa si converte necessariamente in forma par-
ticolare c come, se qualche piacere è bene, anche qualche bene sarà
piacere c mentre la conversione non è necessaria per la negativa,
infatti non: se uomo non appartiene a qualche animale, animale non
appartiene a qualche uomo».

Da notare che le conversiones per accidens valgono solo sotto l'‘as-


sioma di Aristotele’. Esse sono presentabili come composizione di
conversioni semplici e subalternazioni.
In particolare: CA1. equivale a : a7 ¦ 7 i: ¦ : i7 ;
mentre CA2. equivale a : e7 ¦ 7 e: ¦ 7 o: .

31
2. Contrapposizione. La contrapositio, studiata da vari autori del
XII e XIII secolo, fa uso della infinitazione (il passaggio da ( al suo
complemento c (). Due leggi spesso accettate erano

: a7 © c 7 a c : e : o7 © c 7 o c : .

Ovvi i problemi con l'‘Assioma di Aristotele’.

3. Obversione. L'obversio è il rapporto che sussiste fra due proposi-


zioni aventi stesso soggetto e stessa quantità ma differente qualità e
predicati opposti. Si hanno così le leggi:

: a7 © : e c 7 : e7 © : a c 7

: i7 © : o c 7 : o7 © : i c 7 .

Ovvi i problemi con l'‘Assioma di Aristotele’.

----------------------

William of Sherwood [1190-1249]


Introductiones in Logicam

Aequivalent omnis, nullus-non, non-aliquis-non.


D NF FEF
Nullus, non-aliquis, omnis-non aequiparantur.
N FE DF
Quidam, non-nullus, non-omnis-non sociantur.
E FN FDF
Quidam-non, non-nullus-non, non-omnis adhaerent .
EF FNF FD

32
Sillogismi

An.Pr.I,1,24b18-20:
«Il sillogismo è un argomento in cui xSullogismÕj d{ œsti lÒgoj œn ú{
poste certe cose qualcosa di diverso zteq{ntwn tinîn ŸterÒn ti }
z }
dalle cose poste di necessità tîn keim{nwn œx ¢n£gkhj
segue per il fatto che quelle sono» ysumbafnei tù taàta eƒnai |

Top.I,1,100a25-b19: «”Esti d¾ sullogismÕj lÒgoj œn ú teq{ntwn tinîn


ŸterÒn ti tîn keim{nwn œx ¢n£gkhj sumbafnei di¦ tîn keim{nwn».

Gli sviluppi successivi dell'opera di Aristotele, hanno determinato il


fatto che il termine ‘sillogismo’ finisse con l'avere una valenza molto
più ristretta di quanto implicito nella precedente definizione. I sillo-
gismi aristotelici e poi della tradizione, sono casi particolari di quel
concetto e precisamente i casi in cui si ha a che fare con tre pro-
posizioni e tre termini in modo che ciascuna di tali proposizioni abbia
uno e un solo termine in comune con le altre.

Da un punto di vista astratto, si può dire che un sillogismo (tradi-


zionale) è una legge della forma  w  ¦  dove  e  sono le pre-
messe [praemissae] e  la conclusione [conclusio]. Il predicato della
conclusione è detto termine maggiore e il suo soggetto termine mi-
nore; la premessa che contiene il termine maggiore è detta premessa
maggiore; quella che contiene il termine minore è detta premessa mi-
nore; il rimanente termine, quello posseduto in comune da maggiore e
minore, è detto termine medio.

33
Poiché il termine maggiore può essere sia soggetto che predicato
della premessa maggiore e altrettanto può il termine minore per quan-
to riguarda la premessa minore, si danno quattro possibili disposizioni
del termine maggiore e del termine minore nelle premesse. Queste so-
no dette figure sillogistiche e distinte in prima, seconda, terza e quar-
ta, come indicato nello schema:
I II III IV
 47 7 4 47 7 4
 :4 :4 4: 4:
 :7 :7 :7 :7

Poiché fra quantità e qualità ciascuna delle proposizioni coinvolte


può essere di quattro tipi diversi (aÁ eÁ iÁ o), in ogni figura sono pos-
sibili 4 d 4 d 4 ~ 64 combinazioni di questi tipi. Ognuna di queste
combinazioni è possibile modo sillogistico. Essendo 4 le figure, si
hanno evidentemente in tutto 4 d 64 ~ 256 possibili modi sillogistici.
Accettando l'assioma di Aristotele, risulta che in ogni figura vi sono 6
modi validi, ossia sei leggi sillogistiche, (o sillogismi). In tutto, dun-
que, 6 d 4 ~ 24 sillogismi.
Va però precisato che Aristotele, che non pensava i sillogismi nel
modo puramente combinatorio qui usato, non considerò la IV figura
(attribuita talvolta, senza alcun reale fondamento, a Galeno e detta
quindi galenica) ma, al suo posto, quella che fu poi detta I figura con-
versa e che, astrattamente parlando, ha il soggetto della conclusione
come predicato della maggiore e il predicato della conclusione come
soggetto della minore, secondo cioè la figura:
Ic : 4 :
7 4
: 7
Nella tabella seguente sono presentati i nomi più diffusi per i sil-
logismi delle figure (compresa la I conversa). La nota [ ] accanto ad
alcuni indica il luogo degli Analitici Primi dove sono trattati.

34
I FIG. [C.4] II FIG. [C.5] III FIG. [C.6] IC FIG. [C.7] IV FIG.

Barbara Cesare Darapti Baralipton Bramantip


MaP [26a1] PeM [27a5] MaP [28a18] MaS [-] PaM
SaM SaM MaS PaM MaS
SaP SeP SaP SiP SiP

(Barbari) (Cesaro) Felapton Celantes Camenes


rMaPu rPeMu MeP [28a27] MeS [29a26] PaM
SaM SaM Mas PaM MeS
s SiP v s SoP v SoP SeP SeP

Celarent Camestres Disamis (Celantos) Fesapo


MeP [26a3] PaM [27a8] MiP [28b7] rMeSu PeM
SaM SeM MaS PaM MaS
SeP SeP SiP s Sop v SoP

(Celaront) (Camestros) Datisi Dabitis Dimaris


rMePu rPaMu MaP [28b12] MaS [29a22] PiM
SaM SeM MiS PiM MaS
s SoP v s SoP v SiP SiP SiP

Darii Festino Bocardo Fapesmo Calemos


MaP [26a23] PeM [27a31] MoP [28b18] MaS [29a22] PaM
SiM SiM MaS PeM MeS
SiP SoP SoP SoP SoP

Ferio Baroco Ferison Frisesomorum Fresison


MeP [26a25] PaM [27a36] MeP [28b33] MiS [29a22] PeM
SiM SoM MiS PeM MiS
SoP SoP SoP SoP SoP

35
Spiegazione dei nomi dei sillogismi
1. Ciascun nome comincia con una delle prime quattro consonanti,
ossia con una consonante tratta da {BÁ CÁ DÁ F}; nel caso dei primi
quattro sillogismi della I figura, tale consonante è solo un contras-
segno per la loro identificazione; in tutti gli altri casi, tali consonanti
indicano a quale dei primi quattro sillogismi della prima figura il sillo-
gismo in questione deve venir ‘ricondotto’ ovvero attraverso quale dei
primi quattro sillogismi della I figura può essere ‘distesamente’ giusti-
ficata l'inferenza ‘compendiosamente formulata’ nel sillogismo in
questione.
2. Ciascun nome di un sillogismo di una figura diversa dalla prima
contiene almeno una lettera tratta da {sÁ pÁ mÁ c}; tali lettere indicano
le operazioni attraverso le quali si attua la riduzione di quel sillogismo
a quello della prima figura che gli ‘corrisponde’ in base alla conso-
nante iniziale. In particolare:
2.1. la lettera ‘s’ indica che la proposizione indicata dalla vocale
che immediatamente la precede dev'essere convertita semplicemente
[ s impliciter convertenda];
2.2. la lettera ‘p’ indica che la proposizione indicata dalla vocale
che immediatamente la precede dev'essere convertita accidentalmente
[convertenda p er accidens];
2.3. la lettera ‘m’ indica che dev'essere operato uno scambio di pre-
messe [ m utatio praemissarum], ossia che la maggiore va presa come
minore e viceversa la minore come maggiore;
2.4 la lettera ‘c’ indica che la riduzione è indiretta, avviene cioè per
riduzione all'assurdo [per c ontradictionem].
3. Ogni altra lettera presente nei nomi è priva di valore logico.

NB: La validità dei sillogismi contenenti ‘p’[Darapti, Felapton, Bra-


mantip e Fesapo] così come dei cosiddetti ‘sillogismi subalterni’ [Bar-
bari, Celaront, Cesaro, Camestros, Celantos e Calemos] dipende dal-
l'‘Assioma di Aristotele’.

36
Esempi di riduzione:
7 a4
Camenes è sillogismo della IV figura; è dunque: 4 e: .
: e7
Prendiamo le sue premesse 7 a4 e 4 e: e, considerando 7 a4 la
minore e 4 e: la maggiore [Ca m enes], applichiamo Celarent
[ C amenes]; otteniamo 7 e: ; convertiamo semplicemente quest'ultima
[Camen es ] ottenendo, come desiderato, : e7 .

4 a7
Darapti è sillogismo della III figura; è dunque : 4 a: .
: i7
Prendiamone le premesse 4 a7 e 4 a: ; convertiamo accidentalmente
la minore [Dar ap ti], ottenendo così 4 a7 e : i4 ; applicando a queste
Darii [ D arapti] otteniamo, come desiderato, : i7 .

7 a4
Baroco è sillogismo della II figura; è dunque: : o4 .
: o7
Prendiamone le premesse 7 a4 e : o4 e supponiamo che la con-
clusione : o7 non valga [Baro c o], che cioè valga la sua contraddit-
toria : a7 ; da : a7 e dalla premessa 7 a4 , otteniamo, per Barbara
[ B aroco], : a4 che è la contraddittoria dell'altra premessa : o4 ;
dunque : o7 deve valere.

37
Tutte le informazioni relative alla validità e alla riconducibilità dei
sillogismi raccolte nei nomi venivano poi riassunte, a fini mnemonici,
in brevi strofe di esametri.
Ricordiamo, fra le prime, quella di

Petrus Hispanus [XIII sec.]


Tractatus (Summulae logicales) [ — 1250]
Barbara, Celarent, Darii, Ferio,| Baralipet
Celantes, Dabitis, Fapesmo, Frisesmo, deinde.
|Cesare, Camestres, Festino, Baroco.| Darapti
Felapto, Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison.
così esplicata: «[Ã ] primi duo versus deserviunt modis prima figurae,
tertius [Ã ] versus, praeter eius ultimam dictionem, deservit modis
secundae figurae [Ã ]. Ultima [Ã ] dictio tertii versus cum aliis
dictionibus quarti versus derservit modis tertiae figurae».

Una più tarda, molto usata, è stata:


Barbara, Celarent, Darii, Ferioque prioris
Cesare, Camestres, Festino, Baroco secundae
Tertia grande sonans recitat Darapti, Felapton
Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison. Quartae
Sunt Bamalip, Calames, Dimatis, Fesapo, Fresison
Di essa Augustus DeMorgan parlò come delle «magiche parole con cui
i diversi modi sono stati denotati per molti secoli, parole che ritengo
essere le più piene di significato che mai siano state fatte»

Regole generali di validazione sillogistica


1. Terminus esto triplex: maior, mediusque minorque.
2. Latius hos quam praemissae conclusio non vult.
3. Nequaquam medium capiat conclusio oportet.
4. Aut semel aut iterum medius generaliter esto.
5. Utraque si praemissa neget, nihil inde sequetur.
6. Ambae affirmantes nequeunt generare negantem.
7. Peiorem sequitur semper conclusio partem.
8. Nil sequitur geminis ex particularibus unquam.

38
2. Thomas Hobbes [1588-1679]
De Corpore [1655]

«Per ragionamento poi intendo il calcolo. Calcolare è cogliere la som-


ma di più cose aggiunte insieme o conoscere il resto quando una cosa
è sottratta da un'altra. Ragionare dunque è la stessa cosa che addi-
zionare e sottrarre; se però qualcuno volesse aggiungervi il moltipli-
care e il dividere, non avrei obiezioni, perché la moltiplicazione è lo
stesso che l'addizione di termini uguali e la divisione la sottrazione di
termini uguali tante volte quante è possibile. Ogni ragionamento si ri-
duce quindi a queste due operazioni dell'animo: l'addizione e la sot-
trazione».

3. Gottfried Wilhelm Leibniz [1646-1716]


De arte combinatoria [1666]

«Quel profondissimo scrutatore dei principi in tutte le cose che fu


Thomas Hobbes sostennne giustamente che ogni operazione della no-
stra mente è un calcolo e che da essa si ottiene o la somma addi-
zionando o la differenza sottraendo. [Ã ]
Come sono dunque due i segni primari degli algebristi e degli ana-
listi, il b e il c , così due sono le copule, è e non-è: nel primo caso
la mente compone, nel secondo divide».

Nouveaux essais sur l'entendement humain [1702-4]


«Dicendo ogni uomo è animale voglio dire che tutti gli uomini sono
compresi in tutti gli animali, ma al tempo stesso intendo dire che l'i-
dea di animale è compresa nell'idea di uomo. Animale comprende più
individui di uomo ma uomo comprende più idee o formalità; l'uno ha
più esempi, l'altro più gradi di realtà; l'uno ha maggiore estensione,
l'altro maggiore intensione».

39
4. Gottfried Wilhelm Leibniz [1646-1716]
Calculus coincidentium et inexistentium [ — 1690]
Riportiamo le definizioni e delle proposizioni contenute nel saggio:
Def.1. Identiche o coincidenti sono quelle cose delle quali l'una può
essere sostituita ovunque dall'altra, fatta salva la verità. ( B ) significa
che ( e ) sono identici. % ~ & • D7 ²7 ²%³ © 7 ²&³³
Def.2. Diverse sono quelle cose che non sono identiche ossia nelle quali
la sostituzione talvolta non funziona. ( nonB ) significa che ( e ) sono
diversi. % £ & • F% ~ &
Prop.1. Se è ( B ) , sarà anche ) B (. Se una cosa è identica a
un'altra, anche l'altra sarà identica ad essa. %~&¦&~%
Prop.2. Se ( nonB ) , sarà anche ) nonB (. Se una cosa è diversa da
un'altra, anche questa sarà diversa da quella. %£&¦&£%
Prop.3. Se ( B ) e ) B * , sarà ( B *À Cose identiche a una terza
sono identiche fra loro. %~&w& ~' ¦%~'
Prop.4. Se ( B ) e ) nonB * , sarà ( nonB*À Se di due cose che
sono uguali fra loro una è diversa da una terza, anche l'altra sarà diversa
dalla medesima. %~&w%£' ¦& £'
Def.3. Che ( inerisce a 3 ossia che 3 contiene ( è lo stesso che se 3
viene posto come coincidente con più cose prese simultaneamente fra le
quali c'è (. %  & • E'²% b ' ~ &³
Def.4. Tutte le cose prese assieme alle quali inerisce tutto ciò che è in 3
si diranno componenti rispetto al composto o costituito 3. ) l 5 B 3
significa che ) è in 3, ossia che 3 contiene ) mentre 5 ed 5 insieme
costituiscono o compongono 3 (è lo stesso quando si hanno più cose).
Def.5. Subalternanti chiamo quelle cose delle quali l'una inerisce al-
l'altra come ( e ) , sia che ) inerisca ad ( sia che ( inerisca a ) .
Def.6. Disparate sono le cose nessuna delle quali inerisce all'altra.
Assioma 1. ) l 5 B 5 l ) , ossia la trasposizione qui non cambia
alcunché. %b& ~&b%
Postulato 1. Data una qualunque cosa se ne può prendere qualche altra,
diversa da essa, se si vuole addirittura disparata, in modo che l'una non
inerisca all'altra. D%E&²F%  & w F&  %³

40
Postulato 2. Una qualunque pluralità di cose, come (, ) , possono
essere prese insieme simultaneamente, in modo da comporre una sola
( l ) , cioè 3. D% Ã % E[[%²% b Ä b % ~ %³
Assioma 2. ( l ( B (. Se non si aggiunge niente di nuovo, non si ha
neppure qualcosa di nuovo, ossia: la ripetizione, qui, non cambia niente.
%b%~%
Prop.5. Se ( è in ) e ( B * , anche * è in ) . Il coincidente con un
inerente è inerente. % ~ & ¦ ²%  ' ¦ &  '³
Prop.6. Se * è in ) e ( B ) , anche * sarà in (. Ciò che inerisce a uno
dei coincidenti inerisce anche all'altro. % ~ & ¦ ²'  % ¦ '  &³
Prop.7. ( è in (. Ciascuna cosa è in se stessa. %%
Prop.8. ( è in ) , se ( B ) . Dei coincidenti l'uno è nell'altro.
%~& ¦%&w& %
Prop.9. Se ( B ) , sarà ( l * B ) l * . Se al medesimo si aggiungo-
no coincidenti, si ottengono coincidenti. % ~ & ¦ ²% b ' ~ & b '³
Scolio. Questa proposizione non può esser convertita.
Prop.10. Se ( B 3 e ) B 4 , sarà ( l ) B 3 l 4 . Se a coincidenti si
aggiungono coincidenti, si ottengono coincidenti.
% ~ & w ' ~ " ¦ ²% b ' ~ & b "³
Scolio. Questa proposizione non può esser convertita.
Prop.11. Se ( B 3 e ) B 4 e * B 5 , sarà ( l ) l * B
3 l 4 l 5 e così via. Data una quantità a piacere di cose e poste
altrettante ad esse corrispondenti, coincidenti una a una, il composto di
quelle coinciderà con il composto di queste.
% ~ & w à w % ~ & ¦ % b Ä b % ~ & b Ä b &
Prop.12. Se ) è in 3 sarà ( l ) in ( l 3. Se al contenuto e al conte-
nente si aggiunge il medesimo, il risultato della prima somma inerisce al
risultato della seconda. %  & ¦ ²' b %  & b '³
Scolio. Questa proposizione non può esser convertita.
Prop.13. Se 3 l ) B 3, ) sarà in 3. Se una cosa aggiunta a un'altra
non ne fa un'altra ancora, quella che è aggiunta inerisce a quella alla
quale è aggiunta. %b& ~%¦& %

41
Prop.14. Se ) è in 3, 3 l ) B 3. I subalternanti non compongono
niente di nuovo; ossia, se qualcosa che inerisce a un'altra è aggiunta a
questa, non fa qualcosa di diverso. È la conversa della precedente.
& %¦%b& ~%
Prop.15. Se ( è in ) e ) è in * , anche ( è in * . Il contenuto del
contenuto è contenuto nel contenente. %&w& ' ¦%'
Scolio. Questa proposizione non può esser convertita e ancor meno la
seguente.
CorollÀ Se ( l 5 è in ) , anche 5 è in ) . %b& ' ¦%'
Prop.16. Se ( è in ) e ) è in * e * è in +, anche ( è in +. E così via.
Ciò che è contenuto dal contenuto di un contenuto è un contenuto del
contente. %  % w à w %c  % ¦ %  %
Prop.17. Se ( è in ) e ) è in (, sarà ( B ) . Quelle cose che si
contengono mutuamente coincidono. %&w& %¦%~&
Prop.18. Se ( è in 3 e ) è in 3, anche ( l ) sarà in 3. Ciò che si
compone di due inerenti a una medesima cosa inerisce alla medesima.
%'w& ' ¦%b& '
Prop.19. Se ( è in 3 e ) è in 3 e * è in 3, sarà ( l ) l * in 3; e così
via. Ossia, in generale, se più cose ineriscono a una, anche ciò che è
composto da quelle inerisce a questa.
%  & w à w %   & ¦ %  b Ä b %   &
Scolio. È evidente che queste due ultime proposizioni e le loro analoghe
possono essere convertite.
Prop.20. Se ( è in 4 e ) è in 5 , sarà ( l ) in 4 l 5 . Se un pre-
cedente [prius] inerisce a un seguente [posterior] e un altro precedente a
un altro seguente, il composto dei due precedenti inerisce al composto dei
due seguenti. %  & w '  " ¦ ²% b '  & b "³
Scolio. Questa proposizione non può esser convertita.
Prop.21. Se ( è in 4 e ) è in 5 e * è in 7 , sarà ( l ) l * in
4 l 5 l 7 . E così via. Il composto da cose contenute inerisce al
composto da cose contenenti.
%  & w à w %  & ¦ % b Ä b %  & b Ä b &

Seguono (come Proposizioni 22-24) tre problemi.

42
5. Preliminari algebrici

ANELLI di BOOLE (M. Stone, 1934 (?))

Def. Un B-anello è un'algebra  = Á b Á h Á c Á  € tale che:


[1.1 % b ²& b '³ ~ ²% b &³ b ' [1.2 % h ²& h '³ ~ ²% h &³ h '
[2.1 % b & ~ & b % [2.2 % h & ~ & h %
[3.1 % b  ~ % [3.2 % h  ~  h % ~ %
[4.1 % b c % ~  [4.2 % h % ~ %
[5.1 % h ²& b '³ ~ ²% h &³ b ²% h '³ [5.2 ²& b '³ h % ~ ²& h %³ b ²' h %³

NB. [2.1 e [2.2 sono superflui.


Teor. In ogni B-anello:
1. % h  ~  ~  h %
2. ² c %³ h & ~ c ²% h &³ ~ % h ² c &³
3.  ~ ²% h &³ b ²& h %³
4. % b % ~ 
5. % ~ c %

ALEBRE DI BOOLE

Def. Una B-algebra è un'algebra  = Á t Á u Á c Á Á  € tale


che:
\1À1 % t ²& t '³ ~ ²% t &³ t ' \1À2 % u ²& u '³ ~ ²% u &³ u '
\2À1 % t & ~ & t % \2À2 % u & ~ & u %
\3À1 % t ²% u &³ ~ % \3À2 % u ²% t &³ ~ %
\4À1 % t % ~ % \4À2 % u % ~ %
\5À1 % t  ~ % \5À2 % u  ~ %
\6À1 % t  ~  \6À2 % u  ~ 
\7À1 ²% u &³ t ' ~ ²% t '³ u ²& t '³ \7À2 ²% t &³ u ' ~ ²% u '³ t ²& u '³
\8À1 c ²% t &³ ~ c % u c & \8À2 c ²% u &³ ~ c % t c &
\9À1 % t c % ~  \9.2 % u c % ~ 
\10 c c % ~ %

NB. Il sistema di assiomi è molto ridondante.

43
~%  & © % t " ~ %‚
Teor. 1 In ogni B-algebra definendo  o ƒ si ha:
€%  & © % u & ~ & „
1.1 %  % 1.2 %  & w &  ' ¦ %  ' 1.3 %  & w &  % ¦ % ~ &
2.1   % 2.2 %  
3.1 %  & ¦ % t '  & t ' 3.2 %  & ¦ % u '  & u '
3.1 %  & ¦ ' t %  ' t & 3.2 %  & ¦ ' u %  ' u &
4. %  & © c &  c %
5.1 % t &  ' © c ' t %  c & 5.2 % t &  ' © & t c '  c %
6.1. '  % u & © c &  c ' u % 6.2 '  % u & © c %  & u c '
7.1 % t &  ' © &  c % u ' 7.2 '  % u & © ' t c %  &
8.1. %  & © % t c & ~  8.2 %  & © c % u & ~ 

~ % cc & ~ % t c & ‚
Teor. 2 In ogni B-algebra definendo  e ƒ si ha:
€ % ¬ & ~ c % u &„
9.1 % t '  & © '  % ¬ & 9.2 '  % u & © ' cc %  &
10.1 % t ²% ¬ &³  & 10.2 %  & u ²% cc &³
11.1 % t '  & ¦ '  % ¬ & 11.2 %  & u ' ¦ % cc &  '
12.1 ²% u &³ ~ ²% ¬ &³ ¬ & 12.2 ²% t &³ ~ % cc ²% cc &³
13.1 %  & ¬ ²% t &³ 13.2 ²% u &³ cc &  %
14.1 % t & ~ % t ²% ¬ ²% t &³³ 14.2 % u & ~ % u ²²% u &³ cc %³
15.1 % ¬ ²& ¬ '³ ~ & ¬ ²% ¬ '³ 15.2 % t ²& cc '³ ~ & t ²% cc '³
16.1 % ¬ ²& ¬ '³ ~ ²% t &³ ¬ ' 16.2 % cc ²& cc '³ ~ % t ²& ¬ '³
17.1 % ¬ & ~ % ¬ ²% ¬ &³ 17.2 % cc & ~ % cc ² cc ²% cc &³³
18. % ¬ & ~  © %  & © % cc & ~ 
19.1 % ¬ % ~  19.2 % cc % ~ 
20. % ¬ & ~  © % ~  w & ~  © % cc & ~ 
21.1 % ¬ ²& t '³ ~ ²% ¬ &³ t ²% ¬ '³ 21.2 c ²& t '³ ~ ²% cc &³ u ²% cc '³
22.1 % ¬ ²& u '³ ~ ²% ¬ &³ u ²% ¬ '³ 22.2 % cc ²& u '³ ~ ²% cc &³ t ²% cc '³³
23.1 ²% t &³ ¬ ' ~ ²% ¬ '³ u ²& ¬ '³ 23.2 ²% t &³ cc ' ~ ²% cc '³ t ²& cc '³
24.1 ²% u &³ ¬ ' ~ ²% ¬ '³ t ²& ¬ '³ 24.2 ²% u &³ cc ' ~ ²% cc '³ u ²& cc '³
25.1 ²% ¬ &³ t ²& ¬ '³  % ¬ ' 25.2 % cc '  ²% cc &³ u ²& cc '³
26.1 ' t %  ' t & © ' ¬ %  ' ¬ & 26.2 ' t %  ' t & © ' cc &  ' cc %
27.1 %  & ¦ ²& ¬ '³  ²% ¬ '³ 27.2 %  & ¦ ²% cc '³  ²& cc '³
28.1 %  & ¦ ²' ¬ %³  ²' ¬ &³ 28.2 %  & ¦ ²' cc &³  ²' cc %³
29.1 c % ~ % ¬  29.2 c % ~  cc %
30.1 % ¬ : ~ c % u & 30.2 % cc & ~ % t c &
31.1 % ¬ & ~ c ²% cc &³ 31.2 % cc & ~ c ²% ¬ &³
32.1 % ¬ & ~ c & ¬ c % 32.2 % cc & ~ c & cc c %

44
ALGEBRE E ANELLI BOOLEANI

Teorema Per ogni B-algebra ) •  = Á t Á u Á c Á Á  € ,

h Á Á  € così definita
sia ‚²)³ l'algebra  = Á b Á h Á c
~
 %b& • ²% t c &³ u ² c % t &³


% h & • %t&
 ch % • %



 • 
€ • 

h Á Á  € ,
e, per ogni B-anello ( •  = Á b Á h Á c

sia €²(³ l'algebra  = Á t Á u Á c Á Á  € così definita


~
 %u& • ²% b &³ b ²% h &³


% t & • %h&
 c% • %b



 • 
€ • 

allora:

1.1. ‚²)³ è un B-anello 1.2. € ²(³ è una B-algebra


2.1. € ²‚²)³³ ~ ) 2.2. ‚²€ ²(³³ ~ (

45
6. George Boole [1815-1864]
The mathematical Analysis of Logic. Being an Essay towards a
Calculus of deductive Reasoning [1847]
An Investigation of the Laws of Thought on which are Founded
the Mathematical Theories of Logic and Probabilities [1854]

Processo di ragionamento simbolico

Premesse Equazioni
cc traduzione ¦
7 Á Ã Á 7 , Á Ã Á , 
O
calcolo
algebrico
¨
Conclusioni Equazioni
¥ interpretazione cc
* Á Ã Á *  - Á Ã Á - 

Analisi del processo 1: Traduzione

Si traduce ogni premessa in un'equazione ! ~ (usando %Á &Á 'Á


à come simboli di classi).

LT p.57: «Regola. Nomi o qualità semplici si esprimano con i simboli


%Á &Á 'Á ecc.; i loro contrari con  c %,  c &,  c ' , ecc.; classi di
cose definite da nomi o qualità comuni si esprimano connettendo i
simboli corrispondenti, come nella moltiplicazione; collezioni di cose
formate da porzioni differenti fra loro, si esprimano connettendo le
espressioni di tali porzioni mediante il segno b . In particolare,
l'espressione «% o &» si esprima %² c &³ b &² c %³, quando le clas-
si denotate da % e & si escludano reciprocamente, con % b &² c %³
quando non si escludano».

46
Analisi del processo 2: Calcolo algebrico

Regola Generale del Calcolo

Si possono applicare alle equazioni le consuete procedure algebriche,


solo quando tale trasformazione è compatibile con il fatto che le va-
riabili coinvolte soddisfano la legge degli indici % ~ %; quindi, poi-
ché gli unici numeri che la soddisfano sono  e , quando esse sono
compatibili con il fatto che tali variabili assumano soltanto i valori  e
.

LT, pp. 37-8: «Non è comunque importante, se non per mera specula-
zioneÁ rintracciare tali affinità con i simboli di quantità in generale. Si
è visto (Cap. II, §9) che i simboli della logica sono sottoposti alla leg-
ge speciale % ~ %. Ebbene, non ci sono che due simboli numerici, e
cioè  e , che sono sottoposti alla medesima legge formale. Sap-
piamo che  ~  e che  ~ ; e l'equazione % ~ %, considerata co-
me equazione algebrica, non ha altre radici che  e . Pertanto, invece
di determinare la misura della concordanza formale che sussiste fra i
simboli della logica e quelli numerici in generale, viene più imme-
diato il paragonarli con i simboli di quantità che ammettono solo i va-
lori  e . Immaginiamo dunque un'algebra in cui i simboli %Á &Á
'Á ecc., ammettano indifferentemente i valori  e  e solo questi. Le
leggi, gli assiomi e i processi di una tale algebra saranno in tutto e per
tutto identici alle leggi, agli assiomi e ai processi di un'algebra della
logica. Divideranno le due algebre soltanto differenze d'interpretazio-
ne. Il metodo di questo lavoro è fondato appunto su questo principio».

Nel seguito contrassegnamo con * quei passi che richiedono questo


caveat.

NB. Ciò non significa affatto che si sta ragionando nell'anello boole-
ano sullo ¸Á ¹ .

47
Sviluppo del calcolo

2.1. Si trasforma, mediante trasposizione, ogni equazione in un'equa-


zione della forma = ~ : = ~ =  ­ =  c =  ~  .

2.2.* Si espande ogni equazione in una il cui membro sinistro è com-


pletamente sviluppato, in conformità al

TEOREMA di espansione o sviluppo completo di una funzione

 ²%³ ~  ²³% b  ²³² c %³

 ²%Á &³ ~  ²Á³%& b  ²Á³%² c &³ b  ²Á³² c %³& b


 ²Á³² c %³² c &³

 ²%Á &Á '³ ~  ²ÁÁ³%&' b  ²ÁÁ³%&² c '³ b  ²ÁÁ³%² c &³' b


 ²ÁÁ³%² c &³² c '³ b  ²ÁÁ³² c %³&' b
 ²ÁÁ³² c %³&² c '³ b  ²ÁÁ³² c %³² c &³' b
 ²ÁÁ³² c %³² c &³² c '³

 ²%Á &Á 'Á #³ ~  ²ÁÁÁ³%&'# b  ²ÁÁÁ³%&'² c #³ b


 ²ÁÁÁ³%&² c '³# b  ²ÁÁÁ³%&² c '³² c #³ b
 ²ÁÁÁ³%² c &³'# b  ²ÁÁÁ³%² c &³'² c #³ b
 ²ÁÁÁ³%² c &³² c '³# b  ²ÁÁÁ³%² c &³² c '³² c #³ b
 ²ÁÁÁ³² c %³&'# b  ²ÁÁÁ³² c %³&'² c #³ b
 ²ÁÁÁ³² c %³&² c '³# b  ²ÁÁÁ³² c %³&² c '³² c #³ b
 ²ÁÁÁ³² c %³² c &³'# b  ²ÁÁÁ³² c %³² c &³'² c #³ b
 ²ÁÁÁ³² c %³² c &³² c '³# b
 ²ÁÁÁ³² c %³² c &³² c '³² c #³
Å Å

48
% b &
Esempio. Sviluppo completo di  ²%Á &³ ~
 c %&
hb b 
Si ha:  ²Á³ ~ ~ ~
ch c 
hb b 
 ²Á ³ ~ ~ ~
ch c 
hb b 
 ²Á ³ ~ ~ ~
ch c 
hb b 
 ²Á ³ ~ ~ ~ ~ .
ch c 
  
Così:  ²%Á &³ ~ %& b %² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³
  
  
ossia: ~ %& b %² c &³ b ² c %³&À
  

Termine
ŒŽ
Coefficiente Costituente
¨ ¨
 ²Á Á ³ %² c &³'

Lemma 1 % ~ % w &  ~ & ¦ ²%&³ ~ %& .


Dim. ²%&³ ~ % &  ~ %& .
Lo sviluppo completo di una funzione consta evidentemente di 
termini; quindi  coefficienti e altrettanti costituenti.
Proprietà dei costituenti
C1. ! ~ !.
Dim. Dal Lemma dato che un costituente è un prodotto di simboli
logici
C2. ! £ ! ¦ ! ! ~ 
Dim. In ogni coppia di costituenti c'è almeno un simbolo logico tale
che compare nell'uno mentre nell'altro compare ² c %³.

C3.  ! ~ 
~

Dunque i  costituenti costruiti con gli  simboli logici % Á Ã Á %
determinano una partizione completa di .

49
LT pp. 75-6 «La regola generale di sviluppo consisterà pertanto di
due parti, la prima delle quali si riferirà alla formazione dei costituenti
dello sviluppo, la seconda alla determinazione dei rispettivi coeffici-
enti. Ed ecco la regola:
 ) Sviluppare una qualsiasi funzione dei simboli %Á &Á ' .
Si formi una serie di costituenti nella maniera seguente: il primo costi-
tuente è il prodotto dei simboli; per il secondo costituente si cambi in
questo prodotto ogni simbolo ' in  c ' . In entrambi questi si cambi
poi ogni altro simbolo & in  c &, per altri due costituenti. Quindi nei
quattro costituenti così ottenuti si cambi ogni altro simbolo % in  c %,
per quattro nuovi costituenti; si proceda in questo modo fin quando
non si sarà esaurito il numero dei cambi possibili.
2) Trovare il coefficiente di un qualsiasi costituente.
Se questo costituente contiene % come fattore, si cambi, nella funzione
originale, % in ; ma se come fattore contiene  c %, si cambi, nella
funzione originale, % in . Si applichi la stessa regola ai simboli &Á 'Á
ecc. Il valore finale che si ottiene calcolando la funzione cosi
trasformata sarà il coefficiente cercato.
La somma dei costituenti, moltiplicati ciascuno per il rispettivo coef-
ficiente, sarà l'espansione richiesta».

50
Interpretazione dei costituenti

La partizione dell'universo del discorso indotta dai simboli logici

 % ² c %³

% %

c%


%
&

%& %² c &³ ² c %³& ² c %³² c &³

² c %³² c &³

%² c &³ %& ² c %³&

51


%
&

'

%&' %&² c '³ %² c &³' %² c &³² c '³


² c %³&' ² c %³&² c '³ ² c %³² c &³' ² c %³² c &³² c '³

² c %³² c &³² c '³

%² c &³² c '³ %&² c '³ ² c %³&² c '³

%&' ² c %³&'
%² c &³'

² c %³² c &³'

52
Teorema: Ogni equazione (logica) = ~  è equivalente a una i cui
coefficienti sono tutti positivi
      
Lemma: ²  ³ ~   b    ~   b   
~ ~ ~ € ~ ~ €
² b ³ ~  b   b 
² b  b ³ ~  b   b   b  b  b 
² b  b  b  b ³ ~
 b  b  b  b 
 b   b   b   b  b 8 9
b  b  b  b  b 
Å
Quindi
1. Si sviluppi completamente = ;

così = ~  diviene  ! b Ä b  ! ~ , ossia  ² ! ³ ~ 0.
~
2. Si elevino al quadrato entrambi i membri;


così ² ² ! ³³ ~ 2 ~ 
~
  
e, per il Lemma,  ² ! ³ b  ² ! ³² ! ³ ~ .
~ ~ €
3. Ma, per C2, ² ! ³² ! ³ è sempre ;
  
quindi, anche  ² ! ³² ! ³ ~  e dunque  ² ! ³ ~ 0.
~ € ~

4. Allora anche   ! ~ 0.
~
 
5. Ma, per C1, è sempre ! ~ !; dunque   ! ~   !
~ ~

e così, finalmente   ! ~  e, in tale equazione, i coefficienti sono
~
tutti positivi.

53
Risoluzione ‘logica ’ di un'equazione
LT, p.87 : «[Ã ] un problema che, in logica, possiede la massima
generalità e che può essere enunciato così: «Data un'equazione lo-
gica qualsiasi, che mette in relazione i simboli %Á &Á 'Á $ trovare
un'espressione suscettibile d'interpretazione per la relazione che la
classe rappresentata da $ ha con le classi rappresentate dagli altri
simboli, %Á &Á 'Á ecc.».
La soluzione di questo problema consiste in ogni caso nel deter-
minare, partendo dall'equazione data, l'espressione del simbolo $ nei
termini degli altri simboli e nel rendere interpretabile quest'espressi-
one sviluppandola»
1) Data l'equazione = ~  che contiene, oltre a $, i simboli logici
% Á Ã Á % , stabilire la relazione che quell'equazione determina fra $ e
gli altri simboli logici.

Data = ~ , sviluppando = rispetto a $, si ottiene


,$ b , Z ² c $³ ~ ,
con , ed , Z funzioni degli % Á Ã Á % che non contengono $.
NB. , ~ = ²$°³ , Z ~ = ²$°³
Infatti: = ²$°³1 b = ²$°³ ~ = ²$°³
= ²$°³ b = ²$°³ ~ = ²$°³

Si calcola ,$ b , Z ² c $³ ~ 
,$ c , Z $ b , Z ~ 
c ², c , Z ³$ ~ , Z
², Z c ,³$ ~ , Z
,Z
$~
², Z c ,³

NB. Per determinare la relazione di  c $ con % Á Ã Á % si procede analogamente

54
2) Interpretazione generale di un'equazione del tipo $ ~ =
LT p.88 : « Determinare l'interpretazione di un'equazione logica che
abbia la forma $ ~ = , in cui $ è un simbolo di classe, e = una
funzione, completamente indefinita quanto alla sua forma, di altri
simboli di classe».
2.1) Sviluppare completamente = ²% Á Ã Á % ³
~
Si ottiene = ²% Á Ã Á % ³ ~   ! dove  è il coefficiente e ! il co-
~
stituente dell'-esimo termine dello sviluppo.

2.2) Si raggruppano i coefficienti in quattro classi: (A) quelli uguali


a ; (B) quelli uguali a ; (C) quelli uguali a  ; (D) gli altri (ossia
quelli diversi da Á Á  ³. Si sostituiscono questi ultimi ovunque con 
e, usando la distributività, si raggruppano i termini aventi lo stesso
coefficiente.
~
Si ottiene $ ~ = ²% Á Ã Á % ³ ~   ! ~ ( b ) b  * b  +
~
dove (Á )Á *Á + sono le somme dei costituenti dei termini dello
sviluppo i cui coefficienti sono rispettivamente in (A)Á (B)Á (C)Á (D).

Regola di interpretazione:
a) Il simbolo , in quanto coefficiente di un termine di uno svi-
luppo, indica che si deve prendere la totalità della classe che quel co-
stituente rappresenta.
b) Il coefficiente  indica che di quella classe non si deve prendere
nulla.
e) Il simbolo  indica che si deve prendere una porzione perfetta-
mente indefinita della classe; cioè, si possono prendere alcuni dei suoi
membri, tutti i suoi membri o nessuno di essi.
d) Qualsiasi altro simbolo, impiegato come coefficiente, indica che
il costituente al quale è stato premesso deve essere uguagliato a .
Interpretazione finale di $ ~ = dopo il suo sviluppo

1) $ ~ ( b #*
in $ ~ ( b ) b  * b  +: H
³ + ~ .

55
LT pp. 94-7 Esempio
Definizione: «Esseri responsabili sono tutti gli esseri razionali che, o
sono liberi di agire, o hanno rinunciato volontariamente alla propria li-
bertà»
%: esseri responsabili, &: esseri razionali, ' : esseri liberi di agire,
$: esseri che hanno rinunciato volontariamente alla libertà d'azione.
Presupposto: «esseri razionali liberi di agire» e «esseri razionali che
hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'azione» sono
disgiunti.
Così la definizione è tradotta dall'equazione % = &' b &$.

Determiniamo la relazione che «esseri razionali» ha con «esseri re-


sponsabili», «esseri liberi di agire» ed «esseri che hanno rinunciato
volontariamente alla propria libertà d'azione: % = &' b &$
% = &²' b $³
%
& ~ .
'b$

Sviluppiamo completamente il secondo membro dell'equazione


1) Determinazione dei coefficienti

% %
% ' $ % ' $
'b$ 'b$
  
   ~    ~ 
b  b
 
   ~     ~ 
b b
 
   ~     ~ 
b b
   
   ~    ~
b  b 

Eliminando i termini a coefficiente  si ha così lo sviluppo



%'$ b %'² c $³ b %² c ' )$ b
& =J   À
 %² c ' )² c $ ) b  ² c % )² c ' )² c $ ))

56

 %'$ b %'² c $³ b %² c ' )$ b
Da & =J  
 %² c ' )² c $) b  ² c %)² c ' )² c $))
uguagliando a  i termini che hanno per coefficiente  e  , si ha:
& = %'² c $³ b %$² c ' ) b #² c %)² c '³² c $³
%'$ = 0
%² c '³² c $³ ~ ;
Ossia, interpretando:
Conclusione diretta. Esseri razionali sono tutti gli esseri responsa-
bili, che, o sono liberi di agire non avendo rinunciato volontaria-
mente alla propria libertà, o non sono liberi di agire, avendo rinun-
ciato volontariamente alla propria libertà, insieme con un residuo in-
definito composto da alcuni, nessuno o tutti quegli esseri non re-
sponsabili, non liberi che non hanno rinunciato volontariamente alla
propria libertà d'agire.
Prima relazione indipendente. Nessun essere responsabile è, nel
medesimo tempo, libero di agire e nella condizione di aver rinunciato
volontariamente alla propria libertà.
Seconda relazione indipendente. Non si dà il caso che un essere re-
sponsabile non sia libero di agire e nel medesimo tempo non si trovi
nella condizione di avere rinunciato volontariamente alla propria
libertà.
Le relazioni indipendenti determinate possono però venir espresse
in una forma diversa e più conveniente.
Così, la %'$ = 0 dà luogo, per sviluppo, a
0 
%$ = ~ ' b ² c ' ), ossia a %$ = #² c '³;
' 
analogamente, %² c '³² c $³ ~  dà luogo, per sviluppo, a
 
%² c $³ ~ ~ ' b ² c '³; ossia a %² c $³ ~ #' ;
c' 
che, interpretate, danno luogo alle seguenti proposizioni:
a) Gli esseri responsabili che hanno rinunciato volontariamente
alla propria libertà d'agire non sono liberi.
b) Gli esseri responsabili che non hanno rinunciato volontaria-
mente alla propria libertà d'agire sono liberi.

57
Interpretazione di un'equazione della forma = ~ 

dove = contiene simboli logici in combinazioni non frazionarie.


1) Si sviluppa completamente =
2) Si eguagliano a  i costituenti i cui coefficienti sono £ .
Le equazioni così ottenute costituiscono l'interpretazione
dell'equazione di partenza

Esempio (di Boole) la definizione biblica di ‘animale mondo’:


(D) Animali mondi sono quelli che hanno lo zoccolo fesso e ruminano
% • animali mondi & • an. a zoccolo fesso ' • an. ruminanti
(D) % ~ &'
1.1) Per trasposizione si trasforma (D) in % c &' ~ 
1.2) Sviluppo completo di % c &'
1.21 Determinazione dei coefficienti:
% c &' % c &'
  c  h  ~    c  h  ~ c 
  c  h  ~    c  h  ~ 
  c  h  ~    c  h  ~ 
  c  h  ~    c  h  ~ 
Quindi
1.22)
~ %&' b %&² c '³ b %² c &³' b
% c &' ~  %² c &³² c '³ c ² c %³&' b ² c %³&² c '³
€ b ² c %³² c &³' b ² c %³² c &³² c '³

~ %&² c '³ b %² c &³' b %² c &³² c '³ c ² c %³&'


Non ci sono animali mondi con
2) %&² c '³ ~  8 9
lo zoccolo fesso e non ruminanti
Non ci sono animali mondi ruminanti
%² c &³' ~  8 9
ma che non hanno zoccolo fesso
Non ci sono animali mondi non rumi-
%² c &³² c '³ ~  8 9
nanti e che non hanno zoccolo fesso
Non ci sono animali ruminanti con
² c %³&' ~  8 9
lo zoccolo fesso ma non sono mondi

58
Eliminazione
Il Problema.
Un'equazione = ~  esprime una relazione sussistente fra le classi
simbolizzate dai simboli logici presenti in = . Preso uno di questi sim-
boli, per es. %, si vuole sapere quale è, in virtù di quell'equazione, la
relazione sussistente fra le altre classi, a prescindere da %. Più in ge-
nerale, presi  di questi simboli, si vuole sapere quale è la relazione
che, in virtù dell'equazione, sussiste fra i rimanenti. [Eliminazione del
termine medio]

Il Teorema (LT p. 101).


Se  ²%³ =  è un'equazione logica qualsiasi, che contiene il
simbolo di classe %, da solo o insieme con altri simboli di classe,
allora l'equazione  ²³ ²³ ~ 
sarà vera indipendentemente dall'interpretazione che si sarà data a
%; essa rappresenterà anche il risultato completo, che si ottiene eli-
minando % dall'equazione precedente.
In altre parole, l'eliminazione di % da una qualsiasi equazione data,
 ²%³ ~ Á si effettuerà sostituendo successivamente, in quest'equazio-
ne,  a % e  a %, e moltiplicando tra loro le due equazioni risultanti.
Analogamente, il risultato completo dell'eliminazione di una qual-
siasi classe di simboli, %Á &Á ecc., da una qualsiasi equazione, = ~ ,
si otterrà sviluppando completamente il primo membro di quell'equa-
zione in costituenti dei simboli dati, moltiplicando tra di loro tutti i
coefficienti di tali costituenti ed uguagliando a  il prodotto
risultante.

Così:
Eliminazione di %:  ²%°³ ²%°³ ~ 
Eliminazione di %Á & :  ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ~ 
Eliminazione di %Á &Á ' :
 ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³  ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³
 ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ~ 
Ã

59
Eliminazione di # dalle categoriche universali

A % ~ #& E % ~ #² c &³


% c #& ~  % c #² c &³ ~ 
²% c &³²% c &³ ~  ²% c ² c &³³²% c ² c &³³ ~ 
²% c &³% ~  ²% c ² c &³³% ~ 
% c &% ~  % c ² c &³% ~ 
% c &% ~  % c ² c &³% ~ 
% c %& ~  % c %² c &³ ~ 
%² c &³ ~  %² c ² c &³³ ~ 
%& ~ 

Riduzione
Il problema. Si tratta di associare a ogni sistema finito di equazioni
- ~ Á Ã Á - ~ , un'unica equazione - ~  equivalente al siste-
ma.

Chiaramente se tutti i coefficienti di ognuna delle - ~  sono po-


sitivi si può porre - ~ - b Ä b - ottenendo:
- ~  © - ~  w à w -  ~  .
Quindi il problema si riduce al far vedere che ogni equazione è
equivalente a una i cui coefficienti sono tutti positivi

Lemma di Riduzione.
² ! b Ä b  ! ³ ~  ! b Ä b  !

Teorema di riduzione
Se - ~ , allora -  equivale a una funzione a una i cui coef-
ficienti sono tutti positivi.
Dim. Sia - ~  e sia  ! b Ä b  ! il suo sviluppo completo.
Ovviamente [non ci sono divisori dello zero]:
- ~  ©  ! b Ä b  ! ~  © ² ! b Ä b  ! ³ ~ 
e quindi, per il Lemma, - ~  ©  ! b Ä b  ! ~ .

60
Esempio
Sia  ²%Á &³ ~ ²%& b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³.
Allora ²%& b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³
~ ²%&³ b ²%&´²%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³
b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b ²%&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³³
b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³
b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³
b ²%² c &³³ b ²%² c &³´² c %³& b ² c %³² c &³µ³
b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³
b ²%² c &³³ b ´%² c &³² c %³&
b %² c &³² c %³² c &³µ³ b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³
b ²%² c &³³ b %² c &³² c %³&
b %² c &³² c %³² c &³ b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ
~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³
b ²%² c &³³ b %² c &³² c %³&
b %² c &³² c %³² c &³ b ²² c %³&³
b ²² c %³&² c %³² c &³³ b ²² c %³² c &³³
~ ²%&³ b %%&² c &³ b %² c %³&& b %² c %³&² c &³
b ²%² c &³³ b %² c %³² c &³&
b %² c %³² c &³² c &³ b ²² c %³&³
b ² c %³² c %³&² c &³³ b ²² c %³² c &³³
~ ²%&³ b %% b && b %² c %³ b ²%² c &³³
b ² c &³& b ² c &³² c &³ b ²² c %³&³
b ² c %³² c %³³ b ²² c %³² c &³³
~ ²%&³ b  b  b  b ²%² c &³³ b  b  b ²² c %³&³ b 
b ²² c %³² c &³³
~ ²%&³ b ²%² c &³³ b ²² c %³&³ b ²² c %³² c &³³
~  % & b  % ² c &³ b   ² c %³ &  b   ² c %³ ² c &³
~  %& b  %² c &³ b   ² c %³& b   ² c %³² c &³

61
Esempio: il sillogismo Celarent

Premesse Equazioni
Nessun & è ' c traduzione ¦ &' ~ 
Tutti gli % sono & %² c &³ ~ 
¨
a) Riduzione del sistema
&' b %² c &³ ~ 
¨
b) Eliminazione di &
(termine medio)
calcolo
²' b %² c ³³ h
algebrico
²' b %² c ³³ ~ 
¨
calcolo
²' b ³² b %³ ~ 
'% ~ 
¨
Conclusione Equazion
¥ interpretazione c
Nessun % è ' %' ~ 

62
Logica proposizionale

primarie (o concrete)
La distinzione: proposizioni H
secondarie (o astratte

LT p.37: «Ogni nostra asserzione può venir riferita all'uno o all'altro


dei due seguenti tipi. O essa esprime una relazione fra cose oppure
esprime (o è equivalente all'espressione di) una relazione fra propo-
sizioni. [Ã ] La prima classe di proposizioni, che si riferisce a cose, la
chiamo ‘Primaria’, la seconda, che si riferisce a proposizioni, ‘Secon-
daria’».
~
 ? è vera



 ? è falsa


 se ? vera, allora Y è vera

o ? è vera o @ è vera
Proposizioni secondarie 

 ? e @ sono entrambe vere

 Å




 se ? è vera allora o @ è vera o A è vera
€ Å
LT. p.124: «Non esiste una qualsiasi proposizione di cui un com-
petente grado di conoscenza non ci renda capaci di fare l'una o l'altra
di queste due asserzioni e precisamente o che la proposizione è vera o
che la proposizione è falsa e ciascuna di queste asserzioni è una pro-
posizione secondaria. [Ã ] Le proposizioni secondarie includono an-
che tuttti i giudizi in cui esprimiamo una relazione o una dipendenza
fra proposizioni. A tale classe o divisione possiamo riferire le propo-
sizioni condizionali [Ã ]. Anche la gran parte delle proposizioni di-
sgiuntive [Ã ]. Alla stessa classe delle proposizioni secondarie dobbi-
amo riferire anche tutte le proposizioni che asseriscono la verità o la
falsità simultanee di proposizioni [Ã ]. Gli elementi di distinzione che
abbiamo notato possono anche trovarsi assieme nella stessa proposi-
zione secondaria. Essa può coinvolgere sia l'elemento disgiuntivo
espresso da o c oppure e l'elemento condizionale espresso da se; ol-
tre a ciò, la proposizioni connesse possono essere esse stesse di carat-
tere composto».

63
Idea base di Boole

Esiste una «connessione essenziale fra le proposizioni secondarie e


l'idea di tempo» [p.127]; ogni proposizione secondaria coinvolge un
riferimento esplicito o implicito a una durata temporale.

Il proposito: «stabilire un sistema di notazione per l'espressione del-


le Proposizioni Secondarie e mostrare che i simboli che esso coinvol-
ge sono soggetti alle stesse leggi di combinazione dei simboli corri-
spondenti usati nell'espressione delle Proposizioni Primarie» [p.128].

Fissato l'universo temporale  ad ogni proposizione primaria ?


viene associata la classe % degli istanti temporali in cui essa è vera.

LT p. 128-9: «% denota il tempo in cui la proposizione ? è vera [Ã ].


% b & denoti l'aggregato di quelle porzioni di tempo in cui le propo-
sizioni ? e @ sono rispettivamente vere, quei tempi essendo
interamente separati fra loro. Similmente % c & denoti il resto di
tempo che rimane quando togliamo dalla porzione di tempo in cui ? è
vera la porzione (che è supposta inclusa) in cui è vera &. Chiameremo
% il simbolo rappresentativo della proposizione ? , ecc. [Ã ]
Nell'espressione di proposizioni secondarie,  rappresenta il nulla
rispetto all'elemento di tempo. [Ã ] nello stesso sistema  rappresenta
l'universo o la totalità del tempo cui il discorso è supposto in qualche
modo riferirsi ».

Su questa base Boole stabilisce la validità per questi simboli di una


serie di equazioni già stabile nel caso delle proposizioni primarie. In
particolare:
«la fondamentale legge di dualità [Ã ] la cui espressione è
% ~ % o %² c %³ ~ . »

64
Affrontando sistematicamente il problema della determinazione del-
le regole generali per l'espressione delle Proposizioni Secondarie,
Boole premette (p.131):
«Dato che  denota l'intera durata di tempo e % la porzione di tempo
in cui la proposizione ? è vera,  c % denota la porzione di tempo in
cui la proposizione ? è falsa. Inoltre, poiché %& denota la porzione di
tempo in cui le proposizioni ? e @ sono entrambe vere, [Ã ] saremo
portati alle seguenti interpretazioni. L'espressione %² c &³ rappresen-
terà il tempo durante il quale la proposizone ? è vera e la propo-
sizione ? è falsa e l'espressione ² c %³² c &³ rappresenterà il tem-
po durante il quale le proposizioni ? e @ sono simultaneamente false.
L'espressione %² c &³ b &² c %³ rappresenterà il tempo durante il
quale o ? è vera o @ è vera, ma non entrambe le cose perché quel
tempo è la somma dei tempi in cui esse sono singolarmente ed esclu-
sivamente vere. L'espressione %& b ² c %³² c &³ esprimerà il tem-
po durante il quale ? e @ sono entrambe vere o entrambe false. [Ã ]»
Poi prosegue: «Le leggi generali di espressione delle proposizioni
possono ora venir esposte e studiate nei vari casi in cui esse si pre-
sentano. C'è però un principio di fondamentale importanza su cui
desidero richiamare in primo luogo l'attenzione. Malgrado i principi di
espressione stabiliti siano perfettamente generali e ci rendano capaci
di limitare le nostre asserzioni di verità o falsità di proposizioni a una
qualsiasi porzione dell'intero tempo che costituisce l'universo del
nostro discorso (sia questo l'illimitata eternità, o un periodo i cui
inizio e termine sono esattmente determinati, o il momento attuale),
tuttavia nell'effettivo modo di procedere del ragionamento umano, una
tale limitazione non è di solito impiegata. Quando asseriamo che una
proposizione è vera intendiamo, in generale, che è vera lungo l'intera
durata del tempo cui si riferisce il nostro discorso; e quando asserzioni
diverse di verità o falsità incondizionate di proposizioni sono fatte
come premesse di una dimostrazione logica è allo stesso universo di
tempo che tali asserzioni si riferiscono, non a porzioni particolari e
limitate di esso [Ã ]».

Ciò detto, Boole passa (pp. 131-3) all'enunciazione delle regole.

65
«I. Esprimere la Proposizione “La proposizione ? è vera”.
Ci si chiede qui di esprimere che, entro i limiti di tempo entro cui è
confinata la materia del nostro discorso, la proposizione ? è vera.
Ora, il tempo in cui la proposizione ? è vera è denotato da % e
l'estensione temporale cui si riferisce il nostro discorso è rappresen-
tato da . Quindi abbiamo, come espressione richiesta, %~ .
II. Esprimere la Proposizione “La proposizione ? è vera”.
Dobbiamo qui esprimere che, entro i limiti di tempo entro cui è confi-
nata la materia del nostro discorso, la proposizione ? è falsa, ovvero
che che, entro quei limiti non c'è alcuna porzione di tempo in ci essa è
vera. Ora la porzione di tempo in cui essa è vera è %. Quindi
l'equazione richiesta sarà %~ .
[Ã ] III. Esprimere la Proposizione disgiuntiva: “O la proposizione
? è vera o la proposizione @ è vera”; essendo in ciò implicato che le
due proposizioni sono reciprocamente esclusive, ossia che solo una di
esse è vera.
Il tempo in cui o la proposizione ? o la proposizione @ ma non en-
trambe sono vere è rappresentato dall'espressione %² c &³ b &² c %³.
Perciò, come equazione richiesta avremo %² c &³ b &² c %³ .
Se nella proposizione precedente si suppone che le particelle o .. o
non abbiano un potere disgiuntivo assoluto, così da non escludere la
possibilità della verità simultanea delle proposizioni ? e @ , dobbiamo
aggiungere al primo membro della precedente equazione il termine %& .
Avremo così %& b %² c &³ b &² c %³ ~  o % b ² c %³& ~  .
IV. Esprimere la Proposizione condizionale: “se la proposizione @
è vera allora la proposizione ? è vera”.
Poiché ogniqualvolta la proposizione @ è vera, è vera la propo-
sizione ? , è qui necessario e suffciente esprimere che il tempo in cui
la propsizione @ è vera è tempo in cui la proposizione ? è vera; vale
a dire che esso è una qualche porzione indefinita di tutto il tempo in
cui è vera la proposizione ? . Ora il tempo in cui la proposizione @ è
vera & e l'intero tempo in cui è vera la proposizione ? è %. Sia # il
simbolo di un tempo indefinito, allora #% rappresenta una porzione
indefinita dell'intero tempo %. Pertanto avremo & ~ #% ».

66
7. Sviluppi

William Stanley Jevons [1835-82]


Pure Logic, or The logic of quality apart from quantity [1864]
Charles Sander Peirce [1839-1914]
An Improvement in Boole's Calculus of Logic [1867]
Robert Grassman [1815-1901]
Die Formenlehre oder Mathematik [1872]
Ernst Schröder [1741-1902]
Der Operationskreis des Logikcalculs [1877]
Vorlesungen über die Algebra der Logik [1890-5].
John Venn [1834-1923]
Symbolic Logic [1881, 18942 ]
Alfred North Whitehead [1861-1947]
A Treaise on Algebra Universalis with Applications [1898]
------------------------------------------------------------------------------------
--
Arthur Cayley [1821-95]
Note on the calculus of Logic [ ]
A. J. Ellis [1814-90]
On the Algebraic Analogues of Logical Relations [1872]
---------------------------------------------------------------------------

8. Ernst Schröder [1741-1902]


Der Operationskreis des Logikkalkuls [1877]
«Malgrado sia ormai trascorso quasi un quarto di secolo da quando l'i-
deale di un calcolo logico proposto da Leibniz abbia trovato attraverso
George Boole [Ã ] una sua realizzazione, sembra però che a questa
nuova creazione siano state tributate così poche attenzione e ulteriore
cura, che le brevi Note di Cayley e Ellis, come pure la trattazione ap-
parentemente indipendente della stessa materia a opera di Robert
Grassmann dovrebbero essere gli unici scritti in cui si sia fatto seria-
mente riferimento ad essa.

67
Una ragione di questo fenomeno la vedo nel fatto che la stessa te-
oria di Boole soffre di certe imperfezioni. Come più significativo fra i
difetti che ho avvertito nel metodo di Boole, peraltro certo mirabile e
oltre tutto presentato da lui in modo così attraente, voglio preliminar-
mente menzionare solo che Boole, per la risoluzione dei suoi proble-
mi, ha introdotto nell'indagine un elemento completamente estraneo
all'essenza della cosa. Come tale devo indicare (eccezion fatta per i
simboli  e , ai quali soli non si può disconoscere il diritto di citta-
dinanza anche nel calcolo della logica) l'intera zavorra dei numeri al-
gebrici. La loro immissione ha di fatto comportato che in Boole biso-
gna rinunciare all'interpretabilità dei singoli passi e, in generale, che
bisogna calcolare con simboli come Á c Á  Á  Á logicamente del tut-
to ininterpretabili. Mentre resta un'impresa disperata il prender co-
scienza di ciascuna delle operazioni intermedie lì eseguite, ci si vede
portati, in modo sorprendente, ma intellettualmente non soddisfacente,
al risultato desiderato e invero, a modo suo, corretto.
Ciò viene per la verità più o meno trascurato in ogni calcolo, in
quanto il vantaggio principale e le facilitazioni assicurati dal calcolo
consistono proprio nel fatto che la mente viene per un certo tempo di-
spensata dal tener presenti direttamente le cose su cui verte l'indagine.
Solo che bisognerà almeno pretendere la possibilità di poter control-
lare intuitivamente ogni passo, anche se, in ragione della complica-
zione, si evita volentieri l'esecuzione del controllo; in altre parole, da
un metodo perfetto si richiederà la capacità di giustificare passo per
passo le sue operazioni elementari e non solamente il loro complesso
attraverso il successo.
Anche se non disconosco che proprio l'audacia di usare nell'algebra
certi simboli a tutta prima apparentemente insensati, come l c  , ha
spesso favorito in modo essenziale lo sviluppo di questa disciplina,
credo però che nel caso presente ci sarà un progresso nel ritorno
dall'astrusa artificiosità alla semplice naturalità e alla completa inter-
pretabilità e ascrivo storicamente l'innecessaria messa in campo del-
l'elemento astruso soltanto alla circostanza che il creatore della nuova
disciplina non riuscì a svincolarsi sufficientemente dalle regole del-
l'aritmetica, che proprio non valgono per le operazioni inverse della
logica. [Ã ]

68
Attraverso il modo di trattazione qui intrapreso si ridurrà già note-
volmente la lunghezza e ancor più la faticosità dei calcoli intermedi
richiesti dai problemi; soprattutto, però, si semplificherà a tal punto
l'intero apparato richiesto per la costruzione della teoria da non esservi
bisogno di presupporre alcuna preconoscenza matematica, neppure
del due più due [Ã ].
§1. Se ci rifacciamo alla più comune suddivisione secondo cui la te-
oria dei concetti, dei giudizi e delle inferenze esaurisce la problemati-
ca della logica (deduttiva), allora ciò che caratterizza in particolare la
logica matematica o il calcolo logico, è che qui i concetti o anche i
giudizi vengono in generale rappresentati mediante lettere e che le
inferenze vengono elaborate in forma di calcoli che si eseguono su
queste lettere secondo determinate, semplici regole.
Pertanto una prima parte del calcolo logico è costituita dal calcolo
dei concetti; per suo mezzo si riesce a eseguire quelle inferenze le cui
premesse e conclusioni sono “giudizi di prima classe”, giudizi cioè
nei quali si enuncia qualcosa delle cose stesse c brevemente giudizi
categorici.
La seconda parte comprende il calcolo dei giudizi e per suo mezzo
riescono a trovare la loro veste quelle indagini nelle quali si giudica
sulle nostre asserzioni sulle cose rispetto ai modi in cui la verità o la
falsità dell'una appare dipendere da quelle dell'altra c relazioni,
quindi, che trovano normalmente la loro espressione linguistica in
proposizioni condizionali, in giudizi ipotetici o disgiuntivi cui vo-
gliamo assegnare, con Boole, il nome di “giudizi di seconda classe”.
Mentre in entrambe le parti il calcolo procede secondo le stesse
regole, è solo l'interpretazione delle formule a essere in esse diversa.
Perciò rivolgendo noi dapprima l'attenzione solo alla prima parte, tro-
veremo che poi l'altra parte si liquida con una semplice osservazione,
quella cioè c per anticiparla qui subito c che sotto le lettere che
rappresentano i giudizi basta solo porre, al posto di questi, i tempi (o
“classi di intervalli temporali” ) rispetto ai quali essi sono veri, per ca-
talogare immediatamente l'indagine in una pertinente alla prima parte
del calcolo logico».

69
9. Edward Vermilye Huntington [1874-1952]
Sets of Independent Postulates for the Algebra of Logic [1904]

«L'algebra della logica simbolica, come sviluppata da Leibniz,


Boole, C.S. Peirce, E. Schröder ed altri è descritta da Whitehead come
“il solo membro conosciuto del genere non-numerico dell'algebra
universale”. Quest'algebra, sebbene originariamente studiata soltanto
come strumento per trattare certi problemi nella logica delle classi e
nella logica delle proposizioni, ha recentemente assunto una certa
importanza come calcolo indipendente; può pertanto non essere privo
di interesse il considerarla da un punto di vista puramente matematico
o astratto e mostare come l'intera algebra, nella sua forma astratta, può
venir sviluppata a partire da un insieme scelto di proposizioni
fondamentali o postulati che siano fra loro indipendenti e da cui tutte
le altre proposizioni dell'algebra possono venire dedotte mediante
processi puramente formali. In altre parole ci accingiamo a consi-
derare la construzione di una teoria puramente deduttiva, senza
riguardo alle sue possibili applicazioni [Ã ]».

Vengono dati tre sistemi di assiomi per i quali vengono anche date,
in particolare, le dimostrazioni di indipendenza.

70
10. Augustus DeMorgan [1806-1871]
On the Syllogism IV and on the Logic of Relations [186(0)4]

«[Ã ] In questo quarto articolo entro inoltre nel tema della rela-
zione come branca della logica. Molto è stato scritto sulla relazione in
tutti i suoi aspetti psicologici a eccezione di quello logico, ossia del-
l'analisi delle leggi necessarie del pensiero connesse con la nozione di
relazione. Il logico ha finora escluso accuratamente dalla sua scienza
lo studio della relazione in generale: la pone fra quelle categorie
eterogenee che trasformano il porticato di questo tempio in un ma-
gazzino di materiale greggio misto a scarti. Aristotele non dà a questa
parte di logica un aspetto molto promettente quando (Cat., V o VII)
non avanza una locuzione migliore di prÒj ti per denotare la sua idea
astratta di relazione. [Ã ]
Ora procedo a considerare le leggi formali della relazione nella mi-
sura in cui ciò è necessario per la trattazione del sillogismo. I nomi
?Á @ Á A siano singolari [Ã ]. Non uso i simboli matematici di rela-
zione funzionale Á Á ecc. C'è più di una ragione per cui gli esempi
matematici non sono molto adatti all'illustrazione. Gli esempi più
adatti sono presi dalle relazioni fra esseri umani fra le quali le rela-
zioni che hanno quasi monopolizzato il nome, quelle di consangui-
neità e affinità sono notevolmente convenienti in quanto di uso quoti-
diano.
Come nella logica ordinaria l'esistenza è implicitamente predicata di
tutti i termini, così in questo argomento ogni relazione impiegata sarà
considerata come connettente davvero i termini di cui è predicata.
?ÀÀ3@ [%3& ] significhi che ? è uno degli oggetti di pensiero che sta
con @ nella relazione 3, o che è uno degli 3 di @ . Invece ?À3@
[F%3& ] significhi che ? non è uno degli 3 di @ . Qui ? e @ sono
soggetto e predicato: questi nomi fanno riferimento al loro modo di
intervenire nella relazione, non all'ordine di menzione. Così @ è il
predicato in 3@ À? come pure in ?À3@ .
Quando il predicato è a sua volta il soggetto di una relazione, può
esservi composizione: così se ?ÀÀ3²4 @ ³ [E'²%3' w '4 &³], se ? è
uno degli 3 di uno degli 4 di @ , possiamo pensare di ? come un ‘3 di
4 ’ di @ , espresso da ?ÀÀ²34 ³@ o semplicemente da ?ÀÀ34 @ .

71
Una più ampia trattazione dell'argomento richiederebbe di fare una
distinzione simbolica fra ‘? non è un 3 di un 4 di @ ’ e ‘? non è un 3
di qualcuno degli 4 di @ ’. Per gli scopi presenti ciò non è necessario:
così ?À34 @ [FE'²%3' w '4 &³] può denotare il primo dei due.
Né trovo per ora necessario usare relazioni che sono aggregati di altre
relazioni come in ?ÀÀ²3Á 4 ³@ , ? è uno degli 3 di @ o uno degli 4
o entrambe le cose.
Non possiamo proseguire senza porre attenzione a forme in cui la
quantità universale è parte inerente della relazione composta, come
parte della nozione stessa della relazione, intelligibile nel composto,
inintelligibile nella componente separata. In primo luogo 34 Z
[D'²'4 & ¦ %3'³] significhi un 3 di ogni 4 , essendo 34 Z ? un
individuo che sta nella stessa relazione con molti. Qui l'accento è un
segno di quantità universale che forma parte della descrizione della re-
lazione: 34 Z non è un aggregato di casi di 34 . In secondo luogo
3Z 4 [D'²%3' ¦ '4 &³] significhi un 3 di un 4 in tutti in modi in
cui esso è comunque un 3: un 3 di nessuno tranne gli 4 . Qui l'accento
è anche un segno di quantità universale: e la logica sembra dettare alla
grammatica che questo vada letto ‘un ogni-3 di 4 ’. [Ã ] Sarebbe
assai conveniente se la distinzione fra 34 Z e 3Z 4 potesse farsi come
in ‘3 di ogni 4 ’ e ‘ogni -3 di 4 ’.
I simboli 3Z 4 ? e 34Z ? , di cui non avrò bisogno, interpretati per
analogia significherebbero ‘ogni 3 di un 4 di ? ’ e ‘un 3 di 4 di
nessuno tranne un ? ’. Il simbolo composto 3Z 4 Z ? significa un 3 di
ogni 4 e di nient'altro; ed è di fatto il composto ²34 Z ?³²34 ? ³.
Non ce ne occuperemo.
Abbiamo così tre simboli di relazione composta; 34 , un 3 di un
4 ; 34 Z , un 3 di ogni 4 ; 3Z 4 , un 3 di nessuno tranne 4 . [Ã ]
La relazione conversa di 3, 3c [%3& ¢ ] è definita come al solito: se
?ÀÀ3@ , allora @ ÀÀ3c ? , se @ è uno degli 3 di @ , @ è uno degli 3c
di ? . [Ã ] Si assume che le relazioni esistono fra due termini qualsi-
voglia. Se ? non è uno degli 3 di @ , allora ? sta con @ in qualche
relazione non-3; questa relazione contraria sia significata da ; così
?À3@ [F%3& © %& ] dà ed è data da ?ÀÀ@ ».

72
De Morgan illustra poi varie leggi che governano le interazioni fra
queste operazioni e che egli stesso riassume nella tavola:
ConvÀ di contrÀ
Combinazione Conversa Contraria
ContrÀ di convÀ
c c 4 Z 4Zc c
34 4 3 o Z o
3Z  c 3c
34 Z 4Zc 3c
o Z o  4 c c
Z  c c
Z
3Z 4 4 c 3c
o o 34 c 3c
Z c
Z 
c

De Morgan Schröder Logica dei Predicati

?ÀÀ3@ %3& © 3²%Á &³


?À3@ F%3& © F3²%Á &³
?ÀÀ@ %3& © F3²%Á &³
?ÀÀ3c @ %3¢& © 3²&Á %³
?ÀÀ34 @ %²3 Â 4 ³& © E' ²3²%Á '³ w 4 ²'Á &³³
?ÀÀ34 Z @ %²4 ¢ bÁ 3¢³& © D'²4 ²'Á &³ ¦ 3²%Á '³³
?ÀÀ3Z 4 @ %²3 b
Á 4 ³& © D'²3²%Á '³ ¦ 4 ²'Á &³³
3³³4 3M © D%&²3²%Á &³ ¦ 4 ²%Á &³³
3OO4 3~4 © D%&²3²%Á &³ © 4 ²%Á &³³

73
Il Teorema 2
On the Syllogism IV ecc.
«Se una relazione composta è contenuta in un'altra relazione [Ã ],
lo stesso può dirsi quando una delle due componenti si converte e il
contrario dell'altra componente e del composto cambiano posto. Cioè,
se per qualsivoglia A ogni 3 di 4 di A è un 5 di A , ossia 34 ³³5 ,
allora 3c ³³ e 4 c ³³. [Ã ]
Chiamerò questo risultato teorema 2 in ricordo del ruolo di questa
lettera in Baroko e Bokardo; è il teorema su cui si basano quelli che
ho chiamato sillogismi opponenti».

¢ '  &³
²% &  '³ ¦ ²% ²% &  '³ ¦ ²' &¢  %³

Syllabus of a proposed System of Logic [1960]


«162. Se due relazioni si combinano in ciò che è contenuto in una
terza relazione, allora il converso di una delle due combinato, nello
stesso ordine, con il contrario della terza è contenuto nel contrario del-
l'altra delle due. Così, prendendo superiore e inferiore come contrari
(ossia considerando inesistente l'uguaglianza assoluta) le tre asser-
zioni che seguono sono identicamente la stessa. La combinazione sia
‘padrone di genitore’ e la terza relazione sia ‘superiore’.
Ogni padrone di un genitore è un superiore %  &  '
Ogni servo di un inferiore è un non-genitore % ¢ Â'  &
Ogni inferiore di un figlio è un non-padrone '  &¢  % .
Da ognuna di queste le altre due seguono».

²%  &  '³ © ²%¢  '  &³ © ²'  &¢  %³

NB ² w  ¦ ³ © ² w F ¦ F³ © ²F w  ¦ ³

74
Nella sillogistica di De Morgan, le classi sono individui logici

%³ ³& : % è una specie [species] di & %[&


%² ³& : % e & sono compartecipi [partients] fra loro %c&
%³h²& : % e & sono esterni [externals] fra loro %_&
%²h²& : % è un fuoruscente [exient] da & %i&

%[¢& : % è un genere [genus] di & © & [%


%i¢& : % è un mancante [deficient] di & © &i%
c¢ ~ c [~i _~c
_¢ ~ _ c~_ i~[

BARBARA [ [ [ ‹ [
[
[ Specie di specie è specie
[ w [ ¦ [

BAROKO [ BOKARDO i


i [
i i
i w [ ¦ i [ w i ¦ i
Applichiamo 2 a [ [ ‹ [
[ [¢ ‹ [ [ ¢Â [ ‹ [
cioè i [¢ ‹ i cioè [¢Â i ‹ i
Fuoruscente di genere Genere di fuoruscente
è fuoruscente è fuoruscente
Sviluppiamo
E ² i w [¢³ ¦ i E ² [¢ w i³ ¦ i
i w [¢ ¦ i [¢ w i ¦ i
i w [ ¦ i [ w i ¦ i

75
11. Charles Sanders Peirce [1839-1914]
Description of a Notation for the Logic of Relatives,
resulting from an Amplification of the Conceptions
of Boole's Calculus of Logic [1870]
«I termini relativi ricevono di solito una trattazione limitata nei
lavori di logica e l'unica indagine importante sulle leggi formali che
governano le relazioni è contenuta in un pregevole lavoro di De Mor-
gan [Ã ] Qui De Morgan impiega una notazione algebrica assai con-
veniente [segue illustrazione di tale notazione].
Questo sistema lascia ancora a desiderare. Inoltre, l'algebra della lo-
gica di Boole ha una tale singolare bellezza che è interessante doman-
darsi se essa non possa venir estesa a tutto il campo della logica for-
male, invece di essere ristretta alla sua parte più semplice e meno u-
tile, la logica dei termini assoluti che, quando Boole scriveva, era la
sola logica formale nota. Lo scopo di questo lavoro è di mostrare che
a tale domanda può darsi una risposta affermativa. Penso non vi
possano essere dubbi che un calcolo, ossia una tecnica di trarre infe-
renze basata sulla notazione che sto per descrivere, sia perfettamente
possibile e anche praticamente utile in certi casi difficili e in par-
ticolare nell'indagine della logica. Mi rincresce di non trovarmi in una
situazione che mi consenta di svolgere qui completamente tale lavoro;
ma il resoconto qui dato della notazione fornirà da solo la base per un
giudizio a proposito della sua probabile utilità».

Cose particolarmente rimarchevoli in DNLR:


1) La teoria delle relazioni come espansione della logica booleana
(quindi con intersezione [qui: h ], riunione [qui: b ], complemen-
tazione, relazione vuota e relazione totale)
2) L'introduzione oltre al prodotto relativo:
un 9 di un : di [9: ] [DM: 9: ]
delle due operazioni di De Morgan ribattezzate:
involuzione o esponenziazione:
un 9 di tutti gli : di [9 : ] [DM: 9: Z ]
retroinvoluzione (o coinvoluzione):
un 9 di nient'altro che : di [: 9 ] [DM: 9Z : ]
con l'evidenziazione, nel caso dell'involuzione, delle leggi:

76
NB
9 :b8 – 9 : h9 8 b ~  h 
²9 : ³8 – 9 :8 ² ³ ~ 
²9h:³8 – 9 8 h: 8 ²h³ ~  h  
3) La considerazione delle composizioni:
termine relativo c termine assoluto

di relativo con assoluto di relativo con relativo


un 9 di un ( un 9 di un : di
prodotto @ A @
un amico di una donna un amico di un servo diA
un 9 di ogni ( un 9 di ogni : di
involuzione @
un amico di ogni donna un amico di ogni servo diA
A@
un 9 di un ( un 9 di soli : di
coinvoluzione @
un amico di sole donne un amico di soli servi diA
A @

Charles Sanders Peirce [1839-1914]


NOTE B [1883]
Peirce concepisce una relazione binaria individuale [«dual indi-
vidual relative»] come come (il singoletto di) una coppia ordinata
[«dei due membri della coppia, uno ben determinato è in generale il
primo e l'altro il secondo; così che se si rovescia l'ordine, la coppia
non è più considerata essere la stessa»] e una relazione binaria
generale [«dual general relatives»] come una riunione (di singoletti)
di coppie ordinate [«l'aggregato logico di un certo numero di tali
relativi individuali»]
«329. Siano (Á )Á *Á +Á ecc. tutti gli oggetti individuali nell'uni-
verso; allora tutte le coppie individuali possono essere schierate in un
blocco così: ( ¢ ( ( ¢ ) ( ¢ * ( ¢ + ecc.
) ¢ ( ) ¢ ) ) ¢ * ) ¢ + ecc.
* ¢ ( * ¢ ) * ¢ * * ¢ + ecc.
+ ¢ ( + ¢ ) + ¢ * + ¢ + ecc.
ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.

77
Un relativo generale può essere concepito come l'aggregato logico
di un certo numero di tali relativi individuali. Se  denota ‘amante’,
possiamo scrivere  ~ ' ' ² ³²0 ¢ 1 ³ dove ² ³ è un coefficiente
numerico il cui valore è  nel caso in cui 0 è un amante di 1 ,  nel
caso opposto e dove le somme vanno prese su tutti gli individui
dell'universo».
Nel nostro modo di parlare (forse):
1) A ogni relazione 9 su < è associata la funzione caratteristica
, se 9²%Á &³
²9³ definita, per %Á &  < , da ²9³²%Á &³ ~ H ;
, altrimenti
2) 9 ~   ²²9³²%Á &³¸  %Á & € ¹³, dove
%< &<

¸  %Á & € ¹, se ²9³²%Á &³ ~ 


²9³²%Á &³¸  %Á & € ¹ ~ H
J , altrimenti

Si introduce la doppia serie delle operazioni divenuta standard:

somma prodotto opposto totale vuota


assoluta 9b: 9h: 9  
Á Á
relativa 9b:
Á 9Â: 9¢  
somma prodotto converso identità diversità

In particolare la somma relativa [Peirce la nota 9 †: ]


²9b:³²%Á
Á &³ © D'²9²%Á '³ v :²'Á &³³
[cioè D'²F9²%Á '³ ¦ :²'Á &³³]
un 9 di tutti tranne al massimo gli : di
un amante di tutti tranne al massimo i benefattori di
e le quattro relazioni privilegiate: totale, vuota, identità, diversità
«339. C'è un solo relativo che accoppia ogni oggetto con se stesso e
con ogni altro. È l'aggregato di tutte le coppie ed è denotato da B. È
tradotto nel linguaggio ordinario da ‘coesistente con’. Il suo negativo
è . C' è un solo relativo che accoppia ogni oggetto con se stesso e con
nessun altro. È ²( ¢ (³ b ²) ¢ )³ b ²* ¢ *³ b ecc.; è denotato da 
e nel linguaggio ordinario è ‘identico a c ’. Il suo negativo, denotato
da ‚ è ‘altro da c ’ o ‘non’».

78
Leggi algebrico-relazionali presenti nella Nota B

%~% %¢¢ ~ % %¢ ~ %¢
%&¦&% %  & ¦ %¢  &¢
%  & ¦ %Â'  &Â' %  & ¦ ' %  '  &
%  & ¦ %b Á '  &b Á' %  & ¦ 'b Á %  'b Á &
%b Á ²& b Á '³ ~ ²% b Á &³ b Á' % Â ²& Â '³ ~ ²% Â &³ Â '
%  ²& bÁ '³  ²%  &³ b Á' ²% b Á &³  '  % b² Á &  '³
²% b &³ ; ' ~ ²% Â '³ b ²& Â '³ % Â ²& b '³ ~ ²% Â &³ b ²% Â '³
²% h &³b Á ' ~ ²%b'³ Á h ²&b'³ Á % b²&
Á h '³ ~ ²%b Á &³ h ²% b'³
Á
%b&Á ~ %Â& % Â & ~ %b& Á
²% b &³¢ ~ %¢ b &¢ ²% h &³¢ ~ %¢ h &¢
Á ¢ ~ %b&
²%b&³ ¢ Á¢ ²%  &³¢ ~ %¢  &¢
%bÁ ~  ~ b% Á %Â ~  ~ Â%
Á Á Á Á
%b Á  ~ % ~  b% Á %Â ~ % ~  Â%
Á Á
  %b Á %¢ %  %¢  
Á Á Á Á
  &b Á % ©   %b&
Á ©   ¢
& b%
Á ¢ ©   %¢ b&
Á¢
²b Á %³b Á ~  v ²b Á %³b Á ~  ²b Á %³ Â  ~  v ²b Á %³ Â  ~ 
b Á ²%  ³ ~  v b Á ²%  ³ ~  ²Â %³   ~  v ²Â %³   ~ 
%b Á % %  %Â
²%  '³ h ²& b Á '³  ²% h &³  ' ²'  %³ h ²'b Á &³  '  ²% h &³
²b Á %b Á ³ h ²b Á &b
Á ³ ~ b Á ²% h &³b Á 

79
12. Alfred Tarski
On the Calculus of Relations [1941]

La svolta si ha nel 1941 con la publicazione sul JSL di un articolo di


Tarski intitolato On the Calculus of Relations. In esso ci si propone la
ripresa, dopo una quarantina d'anni, della ‘teoria delle relazioni com e
disciplina deduttiva indipendente’ e tale ripresa viene presentata in tre
forme. Una prima, più propriamente ‘logica’ nel senso oggi corrente
del termine, che egli chiama ‘teoria elementare delle relazioni (bi-
narie)’ una seconda, in qualche modo intermedia, ‘algebrica’ nel
senso ‘classico’, che egli chiama ‘calcolo delle relazioni (binarie)’ e
infine (sia pur solo accennata) una terza, ‘algebrica’ nel senso ‘mo-
derno’, che qualche anno più tardi (1948) chiamerà espressamente
‘algebra delle relazioni (binarie)’.

La Teoria delle relazioni binarie


Consiste in un arricchimento espressivo e deduttivo di un'usuale
teoria elementare su un linguaggio privo di costanti individuali e i cui
simboli predicativi sono solo diadici.
L'arricchimento espressivo:
1) Si introducono simboli atti a rappresentare le operazioni sulle re-
lazioni considerate da Peirce e Schröder. In particolare: per le operazi-
oni assolute o booleane le costanti ‘’ (relazione totale) e ‘’ (re-
lazione vuota), l'operatore unario ‘ c ’ (complementazione), gli ope-
ratori binari ‘ b ’ (somma) e ‘ h ’ (prodotto); per le operazioni relative
Á Á
o peirceane, le costanti ‘  ’ (identità) e ‘  ’ (diversità), l'operatore
unario ‘ ¢ ’ (converso) e gli operatori binari ‘ bÁ ’ (somma) e ‘ Â ’ (pro-
dotto). Si introduce ‘ – ’ (ma Tarski usa ‘ ~ ’) per la relazione di
identità fra relazioni.
2) Si amplia in modo ovvio il concetto di predicato (binario) in
quello di termine predicativo (binario) ammettendo come proposizioni
atomiche tutte e sole quelle della forma ‘%9&’ ri pettivamente
‘9 – : ’, (con 9 e : termini predicativi).

80
L'arrichimento deduttivo: si assumono, come nuovi assiomi:

1. D%&²%&³
2. D%&F²%&³
Á
3. D%²% %³
Á
4. D%&'²%9& w & ' ¦ %9'³
Á Á
5. D%&²% & © F²% &³³
6. D%&²%9& © F%9&³
7. D%&²%9 ¢& © &9%³
8. D%&²%²9 b :³& © %9& v %:&³
9. D%&²%²9 h :³& © %9& w %:&³
10. D%&²%²9 bÁ :³& © D'²%9' v ':&³³
11. D%&²%²9 Â :³& © E'²%9' w ':&³³
12. 9 – : © D'&²%9& © %:&³

Il Calcolo delle relazioni binarie


Fra i teoremi della teoria elementare delle relazioni, ve ne sono di
quelli nei quali non figurano né variabili individuali né quantificatori.
Fra questi vi sono, in particolare i seguenti:

81
1. 9 –: w9 –; ¦: –;
2. 9 – : ¦ ²9 b ; – : b ; ³ w ²9h; – : h; ³
3. 9 b : – : b 9 w 9h: – : h9
4. ²9 b :³h; – ²9h; ³ b ²: h; ³ w ²9h:³ b ; – ²9 b ; ³h²: b ; ³
5. 9b–9w9h–9
6. 9 b 9 –  w 9 h9 – 
7. F – 
8. 9¢ ¢ – 9
9. ²9  :³¢ – : ¢Â 9 ¢
10. ²9  :³Â ; – 9  ²: ; ³
Á
11. 9 Â – 9
12. 9 Â –  v  Â9 – 
13. ²9  :³ h ; ¢ –  ¦ ²:  ; ³h9 ¢ – 
Á Á
14.  –
15. 9 b
Á : – 9 Â:

Sono propriamente le proposizioni di questo tipo quelle che costi-


tuivano l'oggetto delle indagini degli ‘algebristi della logica’. Il ‘cal-
colo delle relazioni’ viene ora costituito innanzi tutto eliminando dal
linguaggio della ‘teoria delle relazioni’ le variabili individuali e i qu-
antificatori così che, dunque le formule del linguaggio del ‘calcolo’
sono tutte e sole quelle che si ottengono per connessione proposizi-
onale a partire dalle formula atomiche della forma ‘9 – : ’, che però,
d'ora in poi scriveremo‘9 ~ : ’. L'apparato deduttivo si riduce alla di-
sponibilità di un qualche sistema di postulati della logica proposi-
zionale potenziato con l'assunzione, come nuovi assiomi delle quin-
dici precedenti proposizioni.

82
Fra i teoremi del Calcolo delle relazioni Tarski dimostra

16. ²9  :³h; ~  © ²:  ; ¢³h9 ¢ ~  © ²; ¢Â 9³h: ¢ ~ ³


17. 9 h : ~  ¦ 9 ¢ h: ¢ ~ 
18. 9 ~ : ¦ 9¢ ~ : ¢
19. ²9 b :³¢ ~ 9 ¢ b : ¢
20. ¢ ~  w  ¢ ~ 
21. : h ; ~  ¦ ²9 Â :³ h 9 Â ; ~ 
22. : ~ ; ¦ 9Â : ~ 9Â ;
23. 9 Â ²: b ; ³ ~ ²9 Â :³ b ²9Â ; ³
24. 9Â ~ 
25. 9 h : ~  ¦ ²9 Â ; ³ h : Â ; ~ 
26. 9 ~ : ¦ 9Â; ~ : Â;
27. ²9 b :³ Â ; ~ ²9 Â ; ³ b ²: Â ; ³
28. Â9 ~ 
Á Á
29.  ¢~
Á
30.  h9 ~9
31. ² Â :³ h ; ~  ¦ ² Â ; ³ h : ~ 
32. F²9 ~ ³ © ²  9³Â  ~  .

Tarski dimostra poi (rilevando il ruolo essenziale in ciò di (32)) il


‘teorema di Schröder’ c Ogni proposizione del calcolo delle relazio-
ni può venir trasformato in una proposizione equivalente della forma
‘9 ~ : ’, anzi della forma ‘; ~ ’ c e così conclude:
«Questo teorema metalogico suggerisce ancora un'altra strada per la
costruzione del calcolo delle relazioni. Esso infatti mostra che nello
svilupparlo possiamo limitarci a proposizioni che hanno la forma di e-
quazioni (o addirittura che hanno la forma ‘; ~ = ’) facendo a meno
dei concetti e dei teoremi del calcolo proposizionale. A tal fine do-
vremmo mettere tutti gli assiomi in forma di equazioni e dare regole
che ci permetterebbero di derivare equazioni da equazioni date. Mal-
grado tale piano non sia stato ancora elaborato in dettaglio, la sua
realizzazione non presenta difficoltà essenziali».

83
L' Algebra delle relazioni binarie
La prima formulazione di questa algebra Tarski la diede nel 1948
nella nota congiunta con Bjarni Jónsson [1920-2009] Representation
problems for Relation Algebras: Poi la riprese e riformulò varie volte
con maggiori o minori variazioni. L'ultima presentazione è quella con-
tenuta nel Tarski-Givant: A formalization of Set Theory without varia-
bles, 1987.
La logica è quella ‘equazionale’, studiata inizialmente (1935) da
Garrett Birkhoff [1911-96], il cui linguaggio consta solo di equazioni
e le cui regole primitive di inferenza sono:
9~: 9~:
c; f e m\ .
9~9 ; ´< °9µ ~ ; ´< °:µ 9´; °< µ ~ :´; °< µ
9 ~ ;Á : ~ ; 9~: 9 ~ :Á : ~ ;
[ _; m; n si eliminano]
9~: :~9 9~;

ASSIOMI

A1 ( b ) ~ ) b (
A2 ( b ²) b *³ ~ ²( b )³ b * DEFINIZIONI
A3 ²( b )³ b ²( b )³ ~ (
A4 (  ²)  *³ ~ ²(  )³  * D1 ( h ) • ( b )
A5 ²( b )³Â * ~ ²( *³ b ²) *³ D2 ( b
Á Á ) • (Â)
A6 (Â ~ ( Á Á
A7 (¢¢ ~ ( D3  •  b 
Á Á
A8 ²( b )³¢ ~ (¢ b ) ¢ D4  •  b 
Á Á
A9 ²(  )³¢ ~ ) ¢Â (¢ D5  • 
A10 (¢Â ²(  )³ b ) ~ ) D6 (  ) • ( b ) ~ )

84
A conclusione (del lavoro del 1941) Tarski discute alcuni «proble-
mi metalogici» destinati ad avere un ruolo importante negli sviluppi
successivi dell'algebra delle relazioni (e non solo).

1) Riguarda i rapporti fra teoria e calcolo. L'assiomatizzazione del


calcolo è completa? Ossia «È ovvio che ogni teorema dimostrabile
con il secondo metodo è anche dimostrabile con il primo [Ã ]. Non è
però affatto ovvio che l'inverso sia vero e che di conseguenza i due
metodi siano equivalenti». Tenuto conto del teorema di completezza
di Gödel, «il problema può anche venir posto come segue: è vero che
ogni proposizione del calcolo delle relazioni che è vera in ogni do-
minio di individui è derivabile dagli assiomi adottati con il secondo
metodo? Il problema presenta certe difficoltà ed è tuttora aperto.
Posso solo dire di essere praticamente sicuro di poter dimostrare con il
secondo metodo tutte le centinaia di teoremi che si trovano nell'Al-
gebra und Logik der Relative di Schöder»
Risposta: No. Roger C. Lyndon [1950]

2) Riguarda il calcolo (anzi l'algebra). Ogni modello degli assiomi


del calcolo è rappresentabile? Ossia, a meno di isomorfismi, gli unici
modelli degli assiomi sono classi di relazioni che contengono «le
Á Á
relazioni Á Á  Á  e sono chiuse sotto tutte le operazioni considerate
in questo calcolo»?
Risposta: No. Roger C. Lyndon [1950]

3) Riguarda il calcolo. È decidibile? Ossia «c'è un metodo che ci


metta in grado di decidere, in ogni caso particolare, se una data pro-
posizione espressa nei termini del calcolo è un teorema di questo
calcolo?»
Risposta: No. Tarski conosce la risposta ottenuta appog-
giandosi al teorema di Church.

85
4) Riguarda i rapporti fra teoria e calcolo. Teoria e calcolo si
equivalgono dal punto di vista espressivo? Ossia «ogni proposizione
formulata nella teoria elementare delle relazioni e riguardante solo
proprietà di relazioni (contenente, cioè, libere solo variabili relazio-
nali) può venir trasformata in una proposizione equivalente del calco-
lo? In forma meno esatta il problema può essere posto come segue: è
vero che ogni proprietà di relazioni, ogni relazione fra relazioni, ogni
operazione su relazioni, ecc. definibile nella logica dei predicati può
venir espressa nel calcolo delle relazioni»?
Risposta: No. Tarski conosce la risposta negativa di A.
Korselt [1915]. La semplifica fornendo
i due controesempi:
D%&'E"²%9" w &9" w '9"³
E%&'"²%9& w %9' w %9" w &9' w &9" w '9"³

5) Subordinato alla risposta negativa al precedente. Esiste un me-


todo che «ci metta in grado di decidere in ogni caso particolare se una
tale trasformazione è possibile»?
Risposta: No. M. Kwatinetz [1981]

86
13. Paul Halmos [1916-2006]
The Basic Concepts of Algebraic Logic [1956]

1. Introduzione. È accaduto spesso che una teoria pensata origina-


riamente come strumento per lo studio di un problema fisico, giun-
gesse in seguito ad avere un interesse puramente matematico. Quando
ciò accade, la teoria è di solito generalizzata ben al di là del punto ne-
cessario per le applicazioni; le generalizzazioni entrano in contatto
con altre teorie (frequentemente in direzioni completamente inattese)
e l'argomento viene istituito a nuova parte della matematica pura. La
parte di matematica pura così creata non pretende, né ha bisogno di
farlo, di risolvere il problema fisico da cui origina; deve stare o cadere
per i suoi propri meriti.
La fisica non è l'unica fonte esterna di teorie matematiche; altre di-
scipline (come l'economia e la biologia) possono svolgere un ruolo si-
mile. Una recente (e forse un po' sorprendente) aggiunta alla collezio-
ne dei catalizzatori matematici è la logica formale; la branca della ma-
tematica pura che ne è precipitata sarà qui chiamata logica algebrica.
La logica algebrica parte da certe speciali considerazioni logiche,
astrae da esse, le pone in contesto algebrico generale e, via generaliz-
zazione, entra in contatto con altre branche della matematica (come la
topologia o l'analisi funzionale). Non si può sottolineare a sufficienza
che la logica algebrica è più algebra che logica. La logica algebrica
non pretende di risolvere alcuna delle tormentate questioni fondazio-
nali che talvolta occupano i logici. Tutto quel che si pretende per essa
è che è una parte della matematica in cui i concetti che costituiscono
l'ossatura della moderna logica simbolica possono venir discussi in
linguaggio algebrico. La discussione serve a illuminare e chiarire quei
concetti e a indicare la loro connessione con la matematica ordinaria.
Se l'argomento nella sua totalità potrà mai venir considerato abbastan-
za interessante e abbastanza profondo da occupare un posto fra le te-
orie matematiche pure, resta da vedere.

87
14. A.Tarski e F. B. Thomson
Some general properties of cylindric algebras [1952]

«Dato un ordinale , sia  un'algebra di Boole


 ~  (Á b Á h Á c Á Á  €
con dei sistemi aggiuntivi di operazioni unarie * e di elementi pri-
vilegiati Á soddisfacenti (per %Á &  ( e Á Á
 ) i postulati:
P1. *  ~ ;
P2. % h * % ~ %;
P3. * ²% h * &³ ~ * % h * & ;
P4. * * % ~ * * %;
P5. Á ~ ;
P6. Á £
¦ Á ~ *
²Á
h  Á
³;
P7.  £ ¦ * ²Á h %³ h * ²Á h c %³ ~ .
 è detta un'algebra cilindrica -dimensionale con elementi diago-
nali (una CA ). [Ã ]
Un ideale in  è un insieme ? che è un ideale booleano in  e tale
che * %  ? ogniqualvolta %  ? ,   . Le connessioni fra ideali e
omomorfismi nelle CA sono le stesse che nelle algebre di Boole. Si
dimostra che  è semplice sse per ogni % £  esiste una successione
finita  Á Ã Á c   tale che * Ã *c % ~ .
Per %  (, sia +% ~ ´  O* % £ %µ l'indice di dimensione. Si
dimostra che i fattori diretti in  sono gli insiemi della forma
´%O%  µ dove + è vuoto.  è direttamente indecomponibile sse,
per ogni % £ Á , +% è non vuoto. Una CA in cui +% è finito per
ogni % è detta a dimensione localmente finita (una FCA ). Le FCA
semplici coincidono con le FCA direttamente indecomponibili.
Quindi, per un teorema di Birkhoff, ogni FCA è un prodotto
sottodiretto di FCA semplici».

88
15. Leon Henkin [1921-2006]
La structure algébrique des théories mathématiques [1956]

Cap. 2.
«1. Introduzione. Dopo Cartesio si sa che si può studiare la geometria
con metodi algebrici. È lui che che ci ha abituato a far corrispondere
in modo sistematico un oggetto algebrico a ogni oggetto geometrico e
a tradurre per questa via ogni problema geometrico in un problema
algebrico. L'impiego di questo metodo si è generalizzato nella mate-
matica e noi oggi vediamo svilupparsi delle nuove discipline il cui
scopo è di isolare certi problemi geometrici che possono essere trattati
con metodi algebrici speciali: per esempio, la topologia algebrica o la
geometria algebrica. In generale questo svuluppo della matematica ha
prodotto tre sorta di effetti: il ricorso a metodi algebrici per risolvere
problemi geometrici; il ricorso a metodi geometrici per risolvere
problemi algebrici; l'introduzione di nuovi tipi di strutture algebriche
suggerite da problemi geometrici.
Di fatto non è soltanto la geometria ma ogni branca della matema-
tica a possedere una struttura algebrica. Noi ci proponiamo di pre-
sentare alcuni risultati recenti ottenuti in logica matematica grazie
all'impiego di metodi algebrici. Questo studio ci farà constatare gli
stessi tre fatti: ricorso a metodi algebrici per risolvere problemi logici;
ricorso a metodi logici per risolvere problemi algebrici; introduzione
di nuovi tipi di strutture algebriche suggerite da certe perticolari rela-
zioni logiche». [Ã ]

89
Le algebre cilindriche concrete
«Sia ? un insieme non vuoto ed 5 un intero positivo. Chiamiamo ? 5
l'insieme di tutte le 5 -ple  ~   Á  Á à Á c € tali che   ?
( ~ Á Ã Á 5 c ). È noto che una tale 5 -pla può identificarsi con una
funzione definita sull'insieme dei numeri ¸Á Á à Á 5 c ¹ e
assumente valori nell'insieme ? . Fra i sottinsiemi di ? 5 distingueremo
gli insiemi diagonali  tali che    sse   ? 5 e  ~ 
(  Á   5 ). In altre parole  è l'insieme di tutte le 5 -ple di ? 5 i
cui  b -esimo e  b -esimo termini sono uguali. Fra le operazioni sui
sottinsiemi di ? 5 distingueremo le cilindrificazioni * tali che, per
ogni @ ‹ ? e ogni   ? 5 si ha   * @ sse esiste un   @ tale che
 ~  per ogni  £ Á   5 . In altre parole, * @ è l'insieme di tutte
le 5 -ple di ? 5 che differiscono da una 5 -pla di @ al massimo per
l' b  termine. Sia ( una classe di sottinsiemi di ? 5 che contiene tutti
gli insiemi diagonali, l'insieme vuoto, lo stesso ? 5 ed è chiusa rispetto
alle operazioni booleane q Á r Á c e alle cilindrificazioni *
( ~ Á à Á 5 c ).  (Á q Á r Á c Á * Á  Á JÁ ? 5 € sarà detta alge-
bra cilindrica molto concreta di dimensione 5 . Il concetto di algebra
cilindrica concreta di dimensione 5 è un po' più generale; invece di
partire da un insieme della forma ? 5 si parte da un insieme 0 che è la
riunione qualsiasi di insiemi disgiunti della forma ? 5 . Le definizioni di
 e * in 0 sono simili a quelle per ? 5 : (i)    sse   0 e
 ~  ; (ii)   * @ (per ogni @ ‹ 0 ) sse   0 ed esiste un   @
tale che  ~  per ogni  £ Á   5 . Infine
 (Á q Á r Á c Á * Á  Á JÁ 0 € è un'algebra cilindrica concreta di di-
mensione 5 sse ( è una classe di sottinsiemi di 0 che contiene tutti gli
insiemi  Á JÁ 0 ed è chiusa rispetto a tutte le operazioni q Á r Á c e *
. Queste algebre traggono il loro nome da una semplicissima interpre-
tazione geometrica. Nel caso delle algebre molto concrete possiamo
rappresentare l'insieme ? con un segmento di retta; ? 5 è allora rap-
presentato da un ipercubo di dimensione 5 . Si vede facilmente che gli
elementi diagonali  sono certi iperpiani di dimensione 5 c ; inol-
tre, per ogni sottinsieme @ di ? 5 , l'insieme * @ è il cilindro generato
per traslazione dell'insieme @ parallelamente all' b -esimo asse. Per
le algebre concrete quest'immagine va modificata rappresentanto
l'intero spazio come una riunione di ipercubi disgiunti.

90
16. Paul Halmos [1916-2006]
Polyadic Boolean Algebras [1954]

«Questo lavoro si propone di definire e studiare una classe di sistemi


algebrici la cui relazione con il calcolo funzionale del primo ordine è
uguale a quella delle algebre di Boole con il calcolo proposizionale.
[Ã ] Un quantificatore (propriamente: quantificatore esistenziale)
su un'algebra di Boole A è una rappresentazione di A in sé tale che: (i)
E ~ ; (ii)   E, per ogni  in A; (iii) EE ~ E, per ogni  in A;
(iv) se  e  sono in A e E ~ , allora E² w ³ ~  w E .
Siano 0 un insieme ed la rappresentazione identica di 0 su di sé e
sia ; il semigruppo di tutte le trasformazioni  di 0 in sé che coinci-
dono con al di fuori di un qualche insieme finito.
Un'algebra di Boole poliadica è data da un'algebra di Boole A e un
insieme 0 tali che ad ogni sottinsieme finito 1 di 0 corrisponde un
quantificatore E su A e ad ogni  in ; corrisponde un endomorfismo
 di A che soddisfano le seguenti condizioni: (1) se 1 è vuoto, allora
E1  ~ , per ogni  in A; (2) E1 E2 ~ E1 r2 ; (3) se  è in A, allora
esiste un sottinsieme finito 1 di 0 tale che E2  ~  ogniqualvolta
2 q 1 è vuoto; (4)  ~  per ogni  in A; (5) se  e  sono in ; e
 ~  , allora  ~   ; (6) se  è biunivoca su  c 1 , allora
E1  ~  E c 1 ; (7) se  ~  fuori di 1 , allora  E1 ~  E1 .
Se ? e 0 sono due insiemi arbitrari e B è un'algebra di Boole (reti-
colarmente) completa, allora l'insieme A di tutte le funzioni da ? 0 in
B come pure opportuni sottoinsiemi di A formano in modo naturale
algebre di Boole poliadiche. Un teorema relativamente profondo
afferma che ogni algebra poliadica di Boole semplice può ottenersi in
questo modo con B ~ ¸Á ¹ [à ]. In considerazione di questo
risultato, l'analogo algebrico del teorema di completezza di Gödel di-
venta l'asserzione che ogni algebra di Boole è semisemplice (che, cio-
è, l'intersezione di tutti gli ideali massimali consta soltanto dell'ele-
mento zero).
Via algebre poliadiche molti altri risultati della logica moderna (per
esempio, il teorema di incompleteza di Gödel, la non cotraddittorietà
dell'ipotesi del continuo e il lavoro di Shepherdson sui modelli interni)
divengono suscettibili di una formulazione puramente algebrica».

91
17. Hermann Weyl [1885-1955]
Über die Definitionen der mathematischen Grundbegriffe [1910]

Lavoro oggi praticamente e ingiustamente dimenticato, in cui Weyl


si propose di sviluppare, in stretto parallelismo a quanto si era fatto e
si stava facendo per il processo dimostrativo, l'analisi logica del pro-
cesso definitorio. Egli pensava, cioè, che come fin dall'antichità ci si
era interrogati con successo sui modi attraverso cui a partire da certe
proposizioni altre se ne ottengono, altrettanto si poteva e doveva fare
per quanto riguarda i modi attraverso cui a partire da certi concetti se
ne ottengono altri. Per evitare, però, di dover formulare queste consi-
derazioni «in modo ancora più astratto di quanto già l'oggetto di per sé
comunque comporta», Weyl prese le mosse dalla sistemazione assio-
matica della geometria euclidea elementare data nel 1899 da Mario
Pieri [1860-1915] e, dopo qualche illustrazione di esempi significativi
di definizione esplicita, rispose positivamente alla domanda se queste
definizioni si lascino «riportare tutte a un numero finito di applica-
zioni di pochi, ben determinati principi definitori» e avanzò, sostenen-
done la sufficienza, cinque principi che, nell'ovvia generalità da lui
sottintesa, si possono così presentare:
1) Principio di permutazione [Permutation] (che generalizza il
converso del caso binario): data una relazione -aria se ne possono
definire altre [ c  permutandone le coordinate.
2) Principio di negazione [Negation]: data una relazione -aria si
può definire quella, essa pure -aria, che sussiste fra  oggetti sse fra
essi non sussiste la prima.
3) Principio di aggiunzione [Hinzufügung]: data una relazione -
aria si può definire la relazione  b -aria che sussiste fra  b  og-
getti sse la prima sussiste fra i primi  di essi.
4) Principio di detrazione [Fortnahme]: data una qualsiasi relazione
-aria ( € ) si può definire la relazione  c -aria che sussiste fra
 c  oggetti sse esiste un oggetto con il quale essi si trovano nella
prima relazione.
5) Principio di coordinazione [Koordination]: date due relazioni -
arie si può definire quella, ancora -aria, che sussiste fra  oggetti sse
fra essi sussistono entrambe le due prime.

92
Per ciascuna delle relazioni ottenute per applicazione di questi cin-
que principi, Weyl propone un'opportuna notazione; ma, «per evitare
fraintendimenti, desidera espressamente sottolineare che non conside-
ra affatto un valore la rappresentazione in tali schemi simbolici di
tutte le relazioni geometriche; basta la conoscenza che ciò è sempre
possibile».
La sistemazione di Weyl vale naturalmente solo per quanto riguarda
le definizioni al livello logico del primo ordine, ma a questo livello,
presenta al massimo una lacuna: quella di un
6) Principio di riflessività: data una relazione -aria ( € ) si può
definire la relazione  c -aria che sussiste fra  c  oggetti sse la
prima sussiste fra di essi e l'ultimo di essi.
È detto ‘al massimo’ perché se si accetta, come verosimilmente a-
vrebbe fatto anche Weyl, di poter disporre della relazione binaria del-
l'identità, quel principio risulta superfluo.
Il lavoro (era sui Mathematische Annalen !) fu verosimilmente letto
da John von Neumann [1903-57] che nella sua assiomatizzazione de-
gli insiemi [1925] introdusse quello che nella riformulazione di Paul
Bernays [1888-1977] divenne [1937] il ‘Teorema delle classi’ da cui
lo stesso Bernays prese più tardi le mosse per il suo Eine natürliche
Erweiterung des Relationenkalküls [1957].

93
18. Paul Bernays [1888-1977]
Eine natürliche Erweiterung des Relationenkalküls [1957]

Il lavoro si contrappone (implicitamente) alle proposte delle algebre


cilindriche e poliadiche e richiamandosi esplicitamente al ‘Teorema
delle classi’ affronta la questione in un'ottica ‘terministica’, proponen-
do «un'estensione naturale del calcolo delle relazioni».
Il modello di base può così riassumersi.
Per data classe non vuota = , una famiglia di Bernays su = è una fa-
miglia di relazioni su = che contiene = , la relazione (binaria) di iden-
tità 0 ed è chiusa rispetto alle quattro operazioni che seguono (la cui
presentazione può giovarsi del riguardare una relazione -aria su =
come una matrice a  colonne le cui entrate sono elementi di = ).
1) La concatenazione o giustapposizione [Zusammenfügung] è l'o-
perazione che alle matrici 9  ed :  associa la matrice a  b  co-
lonne 9  k :  ottenuta giustapponendo a ogni riga di 9  tutte le ri-
ghe di :  (grosso modo: facendo il prodotto cartesiano (ma associa-
tivo!) delle due relazioni).
2) Lo scambio [Vertauschung] è l'operazione che alla matrice 9 
( € ) e agli indici Á    associa la matrice a  colonne „ 9 
ottenuta scambiando fra loro in 9  la -esima e la -esima colonna.
3) La cancellazione [Streichung] è l'operazione che alla matrice 9 
( € ) associa la matrice a ² c ³ colonne ]9  ottenuta cancellan-
do la prima colonna di 9  (si noti: in ]9  ci sono tutte le ² c ³-ple
 Á à Á c per le quali esiste almeno un   = tale che 9  sussi te
fra Á  Á Ã Á c ; ]9  è cioè il ‘codominio’ della 9  ).
4) La differenza (booleana) [(Boole'sche) Differenz] è l'operazione
che alle matrici 9  e :  associa la matrice a  colonne 9  c h :  ot-
tenuta da 9  eliminandovi tutte le righe presenti anche in :  .
A partire da questo bagaglio primitivo si generano altre operazioni.
Intanto, poiché un vecchio teorema della teoria dei gruppi assicura
che le trasposizioni (gli ‘scambi’) di un insieme finito di  elementi
bastano per generare tutte le permutazioni di questi elementi, si sa che
mediante opportune composizioni delle „ si possono ottenere le
matrici risultanti da 9  per permutazione arbitraria delle colonne.
Fissiamo così:

94
5) per ogni permutazione  di ¸Á à Á ¹, l'operazione di -permu-
tazione associa alla matrice 9  la matrice 9 ottenuta da essa appli-
cando alle sue colonne la permutazione .
Spostando al primo posto una qualsiasi colonna e lì cancellandola,
si può cancellare una qualsiasi colonna di 9  . Fissiamo così:
6) la -cancellazione di 9  è la matrice ] 9  che si ottiene cancel-
lando la -esima colonna; ossia ] 9  • ]„ 9  .
Fissiamo ancora che:
7) l'-esima potenza della 9  è la matrice ² d ³-aria 9 ´µ otte-
nuta iterando  volte la connessione di 9  con se stessa;
ossia 9 ´µ • ”————•————–
9  k Ä k 9  . In particolare: = ´µ • ”——•——–
= kÄk= .
 volte  volte
 ´µ 
8) Il complemento della 9 è la differenza fra = e 9 ;
ossia: c 9  • = ´µ c h 9 .
9) La relazione vuota -aria  è il complemento di = ´µ ;
ossia:  • c = ´µ .
10) L'intersezione di 9  e :  è la relazione 9  q :  ottenuta sot-
traendo a 9  il complemento della :  : 9  q :  • 9  c h ² c :  ³.
Se ¸ Á à Á  ¹ ‰ ¸Á à Á ¹ allora il ² Á à Á  ³-dominio di 9  è
la matrice ^ Ã  9  che si ottiene cancellando in 9  tutte le
colonne diverse dalla  -esima,Ã , dalla  -esima; ossia se
¸ Á Ã Á  ¹ e ¸ Á Ã Á c ¹ costituiscono una partizione di
¸Á à Á ¹ , allora:
11) ^ à  9  • ] à ]c 9  .
Un'importante proprietà di queste operazioni, che generalizza l'ana-
logo risultato di Schröder per il caso binario, è che ogni composizione
di equazioni mediante F e v si lascia riportare a una equazione il cui
membro destro è  , per qualche . Infatti si ha:
1. 9  ~ :  © ²9  c h :  ³ q ²:  c
h 9  ³ ~ 
2. 9  £  © ^ ²= k 9  ³ ~ = © c ^ ²= k 9  ³ ~ 
3. 9  ~  v :  ~  © ²9  k :  ³ ~ b
Riformulata in termini algebrici, questa proposta può considerarsi
un naturale corrispettivo ‘terministico’ della logica dei predicati del
primo ordine con identità.
Idee vicine (e Bernays lo cita) sono esposte in:
Louis Nolin, Sur l'algèbre des predicats [1955]

95
19. Willard van Orman Quine [1908-2000]
Logica combinatoria elementare

A parte un primo lavoro del 1936, che aprì il primo numero del neo-
nato Journal of Symbolic Logic, [Toward a Calculus of Concepts], nel
quale le idee di fondo sono già presenti ma presentano ancora certe
inutili complicazioni, Quine propose più di vent'anni dopo un sistema
che, attraverso varie rielaborazioni e perfezionamenti, finì con il chia-
marsi Logica dei funtori di predicati (PFL).
I lavori:
Variables explained away, in «Proceedings of the American Philo-
sophical Society »(1960), ristampato in Selected Logic Papers, Ran-
dom House, New York, 1966, pp. 227-235. Nuova versione in W. V.
Quine, The Ways of Paradox and Other Essays, revised and enlarged
edition, Cambridge (Mass.), Harvard Univ. Press, 1976, pp. 283-307.
Algebraic Logic and Predicate Functors, in R. Rudner & I. Schef-
fler (Eds.), Logic and Art. Essays in Honour of Nelson Goodman, In-
dianapolis, Bobbs-Merrill, 1972; riassunto in J. E. Fenstad (ed), Pro-
ceedings of the Second Scandinavian Logic Symposium, Amsterdam,
North Holland, 1971, pp. 309-316.

Assiomatizzazioni della PFL si trovano in Steven T. Kuhn, An


Axiomatization of Predicate Functor Logic, «NDJFL» XXIV (1983),
pp. 233-41 e in John Bacon, The Completeness of a Predicate-
Functor Logic, «JSL» L(1985), pp. 903-26.

Le idee sono state poi estese variamente alla logica del secondo
ordineÀ

96
Con inessenziali variazioni i combinatori che Quine chiama funtori di
predicato sono i seguenti:
Nomi di Quine
t Ciclatore Permutatore maggiore
n Traspositore Permutatore minore
c Identificatore Riflessore
p Espansore Imbottitore (Padding)
^ Derelativizzatore Spuntatore (Cropping)
h Negatore Complementatore
e Congiuntore Intersettore .

In un linguaggio elementare con combinatori il concetto di predicato è


esteso in quello di termine predicativo  -ario ( ‚ ) [F ].

;  Fb ;  Fb ;  Fb


1. 7   F 2. 3. 4.
t;  Fb n;  Fb c;  Fb
;  F ;  Fb ;  F ; Á :  F
5. 6. 7. 8.
p;  Fb ^²; ³  F h;  F e²; Á :³  F

Accanto agli usuali postulati del 1° ordine si assumono i


combinatorici

C1 t; ²% Á Ã Á %b ³ © ; ²% Á Ã Á %b Á % ³


C2 n; ²% Á Ã Á %b ³ © ; ²% Á Ã Á %b Á %b ³
C3 c; ²% Á Ã Á %b ³ © ; ²% Á Ã Á %b Á %b ³
C4 p; ²% Á Ã Á % Á %³ © ; ²% Á Ã Á % ³
C5 ^²; ³²% Á Ã Á % ³ © E%; ²% Á Ã Á % Á %³
C6 e²; Á :³²% Á Ã Á % ³ © ; ²% Á Ã Á % ³ w :²% Á Ã Á % ³
C7 h; ²% Á Ã Á % ³ © F; ²% Á Ã Á % ³

Primo teorema di astrazione


Per ogni formula  priva di combinatori e contenente libere tutte e
sole le  variabili % Á Ã Á % esiste un termine predicativo  -ario tale
che ‘ ; ²% Á à Á % ³ © .

97
Esempio 1.
:²%Á &³ : % stima &
:²Á ³ ¢ Aldo stima Bruno
©
t:²Á ³ ¢ Bruno è stimato da Aldo ¢ n:²Á ³

:²Á ³ ¢ Aldo si stima


©
c:²³ ¢ Aldo si stima

Esempio 2.
7 ²%Á &Á '³ : % presenta & a '
7 ²Á Á ³ ¢ Aldo presenta Bruno a Carlo
©
n7 ²Á Á ³ ¢ Aldo presenta, a Carlo, Bruno
©
tn7 ²Á Á ³ ¢ Bruno viene presentato da Aldo a Carlo
©
tt7 ²Á Á ³ ¢ Bruno viene presentato a Carlo da Aldo
©
t7 ²Á Á ³ ¢ a Carlo viene presentato, da Aldo, Bruno
©
nt7 ²Á Á ³ ¢ a Carlo viene presentato Bruno da Aldo

7 ²Á Á ³ ¢ Aldo si presenta a Bruno


©
tct7 ²Á ³ ¢ Aldo si presenta a Bruno
©
ct7 ²Á ³ ¢ a Bruno si presenta Aldo

7 ²Á Á ³ ¢ Aldo si autopresenta


©
c c7 ²³ ¢ Aldo si autopresenta

98
Esempio 3. Il predicato che tanto affascinava Peirce
essere donatore di un cavallo a un amante di una donna

+²%Á &Á '³: % dona & a ' * ²%³: % è un cavallo


(²%Á &³ : % è amante di & - ²%³: % è una donna

% dona un cavallo a un amante di una donna


E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²- ²"³ w (²'Á "³³³³
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²- ²"³ w (²'Á "³³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²p- ²"Á '³ w (²'Á "³³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²tp- ²'Á "³ w (²'Á "³³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"e²tp- Á (³²'Á "³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w ^e²tp- Á (³²'³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w p^e²tp- Á (³²'Á %³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²p*²&Á '³ w pp^e²tp- Á (³²'Á %Á &³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²pp*²&Á 'Á %³ w tpp^e²tp- Á (³²&Á 'Á %³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²tpp*²%Á &Á '³ w ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w ²tpp*²%Á &Á '³ w ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³
©
E&E'²+²%Á &Á '³ w e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³
©
E&E' e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%Á &Á '³
©
E&^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%Á &³
©
^^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%³
% dona un cavallo a un amante di una donna
^^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%³

99
III. LA LOGICA COME TEORIA
DELLE OPERAZIONI E DELLE RELAZIONI
SULLE PROPOSIZIONI

100
1. Megarico-Stoici
Sesto Empirico, Adversus Mathematicos, VIII, 93:
«I dialettici presentano una prima e principale differenza fra le propo-
sizioni secondo la quale le une sono semplici, le altre non sem-
~

 semplice non è costituita da un'unica proposizione presa



 [¡ploàn] due volte [dˆj lambanomšnon] o da proposizioni di-



 verse mediante uno o più connettivi [sundesmÒj]


Es. È giorno, È notte, Socrate discorre
plici»

 non semplice è costituita da una proposizione ripetuta [diafo-



 [oÙc ¡ploàn] foroumšnon] o da proposizioni differenti e in cui



 governano [™pikr£tousin] uno o più connettivi


€ Es. Se è giorno è giorno, Se è giorno è chiaro
~
 congiuntiva e è giorno ed è giorno



 [sumpeplegmšnon] [ka…] è giorno ed è chiaro





 condizionale se se è giorno, è giorno



 [sunhmmšnon] [e„ o e‡per] se è giorno, è chiaro


n
 disgiuntiva o o è giorno o è notte
o
 [diezeugmšnon] [Àtoi o À]
n




 paradisgiuntivo o
s [paradiezeugmšnon] [Àtoi o À]
e


 paracondizionale giacché giacché (dal momento
p
 [parasunhmmšnon] [™pe…] che) è giorno, è chiaro
l

i


 causale poiché poiché (per il fatto

 [a„tiîdej] [diÓti] che) è giorno, è chiaro
i




 comparativa di maggioranza più è più giorno che notte

 [diasafoàn tÕ m©llon] [m©llon]







 comparativa di minoranza meno è meno giorno che notte
€ [diasafoàn tÕ Âtton] [Âtton]

101
Proposizione condizionale
[sunhmmšnon ¢x…wma]
se  , 
antecedente o primo conseguente o secondo
[¹goÚmenon o prîton] [lÁgon o deÚteron]
annuncia [™paggšlletai] che il conseguente consegue [¢koluqe‹] al-
l'antecedente ed è vero quando il suo conseguente consegue al suo an-
tecedente. Callimaco: «Persino i corvi sulla sommità dei tetti grac-
chiano su quale condizionale sia vero»
1. (attribuita a Filone (F…lwn) in HP B 110)
AM VIII 245 e 247: «ogni condizionale o ha un vero antecedente e un
vero conseguente o un falso antecedente e un falso conseguente o un
falso antecedente e un vero conseguente o un vero antecedente e un
falso conseguente [Ã ] Poiché dunque vi sono quattro possibili com-
binazioni delle parti di un condizionale [Ã ] dicono che nei primi tre
casi il condizionale è vero (cioè se l'antecedente è vero e il conse-
guente è vero, è vero; se falso e falso ancora vero; egualmente per
falso e vero) mentre in un solo caso è falso e precisamente quando
l'antecedente è vero e il conseguente è falso»
2. (attribuita a Diodoro (DiÒdwroj) in HP B 110)
AM VIII 115: «dicono che il condizionale è vero quando non era pos-
sibile né è possibile che l'antecedente sia vero e il conseguente falso»
3. Crisippo (?) (attribuita a ‘quelli che introducono la
connessione [oƒ t¾n sun£rthsin e„s£gontej]’)
HP B 111: «dicono che il condizionale è vero [Øgišj] quando l'opposto
del suo conseguente è in conflitto [m£cetai] con il suo antecedente»
4. (attribuita a quelli che giudicano con la manifestazione
[oƒ tÍ ™mf£sei kr…nontej]) (scl. del conseguente da parte dell'antece-
dente)
HP B 112: «dicono che il condizionale è vero [¢lhqšj] quando il suo
conseguente è contenuto potenzialmente [perišcetai dun£mei] nel suo
antecedente»

102
Congiunzione
AM VIII 125-128: «125. Tuttavia, anche quando dicono che è propo-
sizione congiuntiva vera quella che ha veri tutti i suoi membri (per
esempio, ‘è giorno e c'è luce’), falsa quella che ha falso anche un sol
membro, ancora una volta stabiliscono leggi solo per sé stessi. [Ã ]
Ma c rispondono gli Stoici c come nella vita il mantello, che sia
per la maggior parte sano ma per un poco lacerato, non diciamo, in
base al maggior numero delle sue parti che sono sane, che è sano,
bensì diciamo, in base alla piccola parte che è lacerata, che è lacero,
così anche la proposizione non semplice congiuntiva, nel caso che
abbia anche uno solo dei suoi membri falso, il maggior numero veri,
sarà detta falsa nella sua totalità pur in base ad una sola parte falsa»

Disgiunzione
Vi sono motivi per ritenere che fossero note tutte e tre le caratteriz-
zazioni tabulari [esclusiva (quella prevalente); non esclusiva; incom-
patibilità] come pure le relative modalizzazioni; ma la questione è
assai intricata.

Paracondizionale
DL VII 74: «paracondizionale vero è quello il cui antecedente è ve-
ro e il conseguente segue dall'antecedente; [Ã ] falso quello il cui
antecedente è falso o il cui conseguente non segue dall'antecedente»
[ w ² ¦  ³] (NB: per ¦ filoniana: ³

Causale
DL VII 74: «proposizione causale vera è quella il cui antecedente è
vero e il conseguente segue dall'antecedente ma l'antecedente non se-
gue dal conseguente; [Ã ] falsa quella che o ha l'antecedente falso o il
cui conseguente non segue dall'antecedente o il cui antecedente segue
dal conseguente
[ w ² ¦  ³ w F² ¦  ³] (NB: per ¦ filoniana: ³

Comparative
Documentazione del tutto insufficiente

103
Proposizioni semplici
AM VIII 96-100 Tra le proposizioni semplici, poi, alcune sono de-
finite [ærismšna], altre indefinite [¢Òrista], altre intermedie [mšsa]: so-
no definite quelle proferite mediante indicazione [kat¦ de‹xin], ad e-
sempio ‘Costui passeggia’, ‘Costui siede’ (sto indicando, infatti, qual-
che uomo in particolare); sono indefinite, a parer loro, quelle in cui
predomina qualche parte indefinita, ad esempio ‘Qualcuno siede’; so-
no, infine, intermedie le proposizioni così formulate: ‘(Un) uomo sie-
de’ o ‘Socrate passeggia’. La proposizione ‘Qualcuno passeggia’ è in-
definita, perché non determina alcuno dei passeggianti in particolare,
potendo essa venir proferita a proposito di ognuno di essi; la propo-
sizione ‘Costui siede’ è determinata, giacché determina il personaggio
indicato; infine la proposizione ‘Socrate siede’ è risultata intermedia,
perché non è né indefinita c essa determina, infatti, la specie c , né
definita c non viene infatti proferita con indicazione c , ma sembra
essere un qualcosa di intermedio fra entrambe le precedenti, ossia tra
quella indefinita e quella definita. Essi affermano, inoltre, che la
proposizione indefinita ‘Qualcuno passeggia’ o quella ‘Qualcuno sie-
de’ diviene [g…nesqai] vera quando si trovi [eØr…skhtai] vera quella
definita ‘Costui passeggia’ oppure ‘Costui siede’: difatti, se nessuna
delle persone particolari sta seduta, la proposizione indeterminata
‘Qualcuno siede’ non può essere vera. [Ã ] Orbene: la seguente pro-
posizione definita ‘questi siede’ o ‘questi passeggia’ essi affermano
che è vera allorché a quel che cade sotto l’indicazione appartenga il
predicato [sumbeb»kV tÕ kathgÒrhma], ad esempio lo star seduto o il
passeggiare.
AM VIII 308 [Ã ] nell'argomentazione [lÒgoj] seguente: ‘Se un dio
ti ha detto che costui si arricchirà, costui si arricchirà; ma questo dio
qui (e, per ipotesi, gli indico Zeus) ti ha detto che costui si arricchirà,
E% ¦  Á ´%°µ
dunque costui diventerà ricco’. [ ] In questo caso

noi accettiamo la conclusione c ossia che costui si arricchirà c non
perché essa sia stata stabilita dall'efficacia dell'argomentazione propo-
sta, ma perché abbiamo fede nell'assicurazione del dio».

104
2. Gugliemo di Ockham [ — 1280-1349]
Summa Logicae [ — 1323]

«Pars II, Capp. 31-3. Sequitur modo videre de istis [scl. de proposi-
tione condicionali et aequivalente ei] in speciali. Sed quia condicio-
nalis aequivalet uni consequentiae, ita quod tunc condicionalis est ve-
ra quando antecedens infert consequens et non aliter, ideo differatur
usque ad tractatum de consequentiis. Hoc tamen sciendum quod illa
hypothetica dicitur condicionalis quae componitur ex duabus categori-
cis, coniunctis mediante hac coniunctione ‘si’ vel aequivalenti ei. Pro-
pter istud ultimum est dicendum quod ista est condicionalis ‘Sortes
non legit nisi sit magister’, quia aequivalet isti ‘si Sortes non sit magi-
ster, Sortes non legit’. Et universaliter, quando duae propositiones co-
niunguntur mediante aliqua coniunctione, et totum aequivalet uni con-
dicionali, illa propositio dicetur hypothetica et condicionalis.
Est etiam sciendum quod ad veritatem condicionalis nec requiritur
veritas antecedentis nec veritas consequentis, immo est aliquando
condicionalis necessaria et quaelibet pars eius est impossibilis, sicut
hic ‘si Sortes est asinus, Sortes est rudibilis’.[Ã ]
Copulativa est illa quae componitur ex pluribus categoricis coniunc-
tis mediante hac coniunctione ‘et’ vel mediante aliqua parte aequiva-
lente tali coniunctioni. [Ã ] Ad veritatem autem copulativae requiritur
quod utraque pars sit vera, et ideo si quaecumque pars copulativae sit
falsa, ipsa copulativa est falsa. [Ã ] Sciendum est etiam quod oppo-
sita contradictorie copulativae est una disiunctiva composita ex con-
tradictoriis partium copulativae. ²F³² w  ³ © ²F³ v ²F³

105
[Ã ] Oportet autem scire quod semper a copulativa ad utramque par-
tem est consequentia bona [Ã ] w ¦ ; w ¦
sed e converso est fallacia consequentis. ²² ¦  ³ w  ³ ¦ 
Tamen sciendum est quod quandoque ab altera parte copulativae ad
copulativam potest esse consequentia bona gratia materiae, puta si una
pars copulative inferat aliam, tunc ab illa parte ad totam copulativam
est consequentia bona. ² ¦  ³ ¦ ²  ¦  w  ³
Disiunctiva est illa quae componitur ex pluribus categoricis median-
te hac coniunctione ‘vel’, vel mediante aliquo aequivalente sibi [Ã ]
Ad veritatem autem disiunctivae requiritur quod aliqua pars sit vera;
[Ã ] Sciendum est etiam quod opposita contradictorie disiunctivae est
una copulativa composita ex contradictoriis partium ipsius disiuncti-
vae, et ideo idem sufficit et requiritur ad veritatem oppositae disiunc-
tivae quod sufficit et requiritur ad veritatem copulativae.
²F³² v  ³ © ²F³ w ²F³
Sciendum est etiam quod ab altera parte disiunctivae ad totam di-
siunctivam est bonum argumentum, ¦v   ¦v
et e converso est fallacia consequentis, v ¦ ; v ¦
nisi sit aliquando aliqua causa specialis impediens fallaciam conse-
quentis. Similiter a disiunctiva cum negatione alterius partis ad alte-
ram partem est bonum argumentum»
²² v  ³ w F³ ¦  ; ²² v  ³ w F ³ ¦ 

106
3. Ludwig Wittgenstein [1889-1951]
Tractatus logico-philosophicus.
Logisch-philosophische Abhandlung (1918; ed. 1921)

5 La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni ele-


mentari (La proposizione elementare è una funzione di verità di
sé stessa).
5.01 Le proposizioni elementari sono gli argomenti di verità della
proposizione.

5.101 Le funzioni di verità di ogni numero di proposizioni elementari


si lasciano inscrivere in uno schema di questo tipo

WWWW²Á ³ Tautologia (Se , allora  e se  , allora  )  Š À Š 


F WWW²Á ³ a parole: Non entrambe  e  — ² À ³
W F WW²Á ³ " Se  , allora  ² Š ³
WW F W²Á ³ " Se , allora  ² Š ³
WWW F ²Á ³ " o ² v ³
F F WW²Á ³ " Non  —
F W F W²Á ³ " Non  —
F WW F ²Á ³ "  o  , ma non entrambe ² À — ³ v ² À — ³
W F F W²Á ³ " Se , allora  e se  , allora  –
W F W F ²Á ³ " 
WW F F ²Á ³ " 
F F F W²Á ³ " Né , né  ² — À — ³ o ² O ³
F F W F ²Á ³ "  e non  ² À — ³
F W F F ²Á ³ "  e non  ² À — ³
W F F F ²Á ³ "  e  (?) ² À ³
F F F F ²Á ³ Contraddizione ² e non  e  e non  ) ²À —  À  À —  ³

107
4. Emile Post [1897-1954]
Introduction to a General Theory
of Elementary Propositions (1920; ed.1921)

«Denotiamo il valore di verità di una proposizione qualsiasi  con b


se è vera e con c se è falsa. Conviene tenere a mente questo signi-
ficato di b e c da un punto di vista intuitivo, ma nella trattazione
effettiva che segue essi non devono essere pensati altrimenti che come
puri simboli da manipolare in un certo modo. Allora se associamo a F
e a v queste due tavole di verità primitive
 F Á v
b c b b b
c b b c b
c b b
c c c
abbiamo un mezzo per calcolare i valori di verità di F e di  v  a
partire da quelli dei loro argomenti.
Consideriamo ora una qualsiasi funzione  ² Á Ã Á  ³ appartenen-
te al nostro sistema di funzioni, sistema che indicheremo con - . Poi-
ché  è costruita attraverso combinazioni di F e di v , una volta as-
segnato un qualunque insieme particolare di valori di verità ai , sa-
remo in grado, con reiterate applicazioni delle due tavole primitive di
sopra, di calcolare il corrispondente valore di verità di  . Così in cor-
rispondenza a ciascuna delle possibili  configurazioni di verità delle
, viene determinato un valore di verità definito di  . Chiameremo
«tavola di verità di  » la relazione così ottenuta. [Ã ]
Chiameremo il numero di variabili che compaiono in una funzione
l'ordine di quella funzione e della sua tavola di verità. È evidente che

ci sono  tavole di -esimo ordine. Ora dimostriamo il
Teorema.
A ogni tavola di verità di qualsivoglia ordine corrisponde almeno una
funzione di F che ha quella come sua tavola di verità. [Ã ]»

108
IIIAÀ LA LOGICA COME TEORIA DELLE

VERITÀ FORMALI

(STORIA DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE)

109
1. Gottlob Frege [1848-1925]

Il sistema assiomatico della Begriffsschrift [1879] .


Primi due assiomi della “condizionalità”
1. ‘  ¦ ² ¦ ³
2. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³
Teoremi
3. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²²² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³³³
4. ‘ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦
²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³³³
5. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³
6. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³³
7. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
Terzo assioma della “condizionalità”
8. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³
Teoremi
9. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³
10. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ²² ¦ ² ¦  ³³ ¦  ³³
11. ‘ ²² ¦  ³ ¦  ³ ¦ ² ¦  ³
12. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
13. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
14. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³
15. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³
16. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³
17. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
18. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
19. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
20. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³
21. ‘ ²² ¦  ³ ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦  ³³
22. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦
³³³³³ ¦
² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦
³³³³³
23. ‘ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³³
24. ‘ ² ¦  ³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³
25. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦  ³³³
26. ‘  ¦ ² ¦ ³
27. ‘  ¦ 

110
Un fatto degno di menzione è che l'interpretazione del condizionale è in
Frege guidata dall'idea ‘crisippea’ che ‘se  allora  ’ significhi ‘non si dà
 e non  ’; così, per esempio (mutando i simboli)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³
viene illustrato e giustificato come segue:

Begriffsschrift, pp. 27-8:

«² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³ significa: “non si dà il caso in


cui ² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³ è negato e  ¦ ² ¦  ³ è affermato”.
Ma  ¦ ² ¦  ³ significa il fatto che è escluso il caso in cui  è ne-
gato ma  e  sono affermati.
La negazione di ² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³ dice che ² ¦  ³ è negato e
² ¦  ³ affermato.
La negazione di ² ¦  ³, però, significa che  è negato e  affermato.
La negazione di ² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³, quindi, significa che  viene
negato,  affermato e ² ¦  ³ affermato.
L'affermazione di ² ¦  ³ e  comporta però l'affermazione di  .
Quindi la negazione di ² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³ ha come conseguenza
la negazione di  e l'affermazione di  e  .
Questo caso esclude direttamente l'affermazione di  ¦ ² ¦  ³.
Quindi il caso in cui
² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³ è negato e  ¦ ² ¦  ³ affermato
non può darsi e questo è quanto asserisce il giudizio
‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³».

111
Primo assioma della negazione
28. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²F ¦ F³
Teoremi
29. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦ F ³³
30. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦ F³³
Secondo assioma della negazione
31. ‘  ¦ FF
Teoremi
32. ‘ ²²F ¦  ³ ¦ ²F ¦ FF³³ ¦ ²²F ¦  ³ ¦ ²F ¦ ³³
33. ‘ ²F ¦  ³ ¦ ²F ¦ ³
34. ‘ ² ¦ ²F ¦  ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦  ³³
35. ‘ ² ¦ ²F ¦  ³³ ¦ ²F ¦ ² ¦  ³³
36. ‘  ¦ ²F ¦  ³
37. ‘ ²²F ¦  ³ ¦  ³ ¦ ² ¦  ³
38. ‘ F ¦ ² ¦  ³
39. ‘ ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦  ³
40. ‘ F ¦ ²²F ¦  ³ ¦  ³
Terzo assioma della negazione
41. ‘ FF ¦ 
Teoremi
42. ‘ FF² ¦ ³
43. ‘ ²F ¦ ³ ¦ 
44. ‘ ²F ¦  ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³
45. ‘ ²²F ¦  ³ ¦ ²F ¦ ³³ ¦ ²²F ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦  ³³³
46. ‘ ²F ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦  ³
47. ‘ ²F ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦  ³³
48. ‘ ² ¦ ²F ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³
49. ‘ ²F ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦  ³³³
50. ‘ ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ²²F ¦  ³ ¦  ³³³
51. ‘ ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦ ²²F ¦  ³ ¦  ³³³

NB. 1) Il sistema proposizionale è completo (Frege usa MP);


2) ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³ è superfluo;
3) 1. e 2. determinano completamemte la
‘logica condizionale positiva’.

112
2. Bertrand Russell [1872-1970]
e Alfred North Whitehead [1861-1947]

Il sistema assiomatico dei Principia Mathematica [1910-3]


§1
Definizione
1 h 01  ¦  • F v 
Proposizioni primitive
1 h 1. Se ‘  e ‘  ¦  , allora ‘  .
[«Qualsiasi cosa implicata da una proposizione elementare vera è ve-
ra. Pp.
Questo principio verrà esteso nel §9 a proposizioni che non sono ele-
mentari. Esso non è la stessa cosa di “se  è vero, allora se  implica
 ,  è vero”. Questa è una proposizione vera, ma vale egualmente
anche quando  non è vera e quando  non implica  . Essa non ci
autorizza, come il principio in discussione, ad asserire semplicemente
, senza alcuna ipotesi. Non possiamo esprimere simbolicamente
questo principio, in parte perché ogni simbolismo in cui  è variabile
dà solo l'ipotesi che  sia vera, non il fatto che essa è vera»]
1 h 2. ‘v ¦
1 h 3. ‘ ¦v
1 h 4. ‘v ¦v
1 h 5. ‘  v ² v ³ ¦  v ² v ³
1 h 6. ‘ ² ¦ ³ ¦ ² v  ¦  v ³
§2
Teoremi most important del §
2 h 02. ‘  ¦ ² ¦ ³
2 h 03. ‘ ² ¦ F³ ¦ ² ¦ F³
2 h 15. ‘ ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³
2 h 16. ‘ ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³
2 h 17. ‘ ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³
2 h 04. ‘ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³
2 h 05. ‘ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³
2 h 06. ‘ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³
2 h 08. ‘  ¦ 
2 h 21. ‘ F ¦ ² ¦ ³

113
§3
Definizione
3 h 01  w  • F²F v F³
Teoremi most important del §
3 h 2. ‘  ¦ ² ¦  w ³
3 h 3. ‘ ² w  ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³
3 h 26. ‘  w  ¦ 
3 h 27. ‘  w  ¦ 
3 h 31. ‘ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² w  ¦ ³
3 h 35. ‘  w ² ¦ ³ ¦ 
3 h 43. ‘ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦  w ³
3 h 45. ‘ ² ¦ ³ ¦ ² w  ¦  w ³
3 h 47. ‘ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦  w  ¦  w

§4
Definizione
4 h 01  ©  • ² ¦ ³ w ² ¦ ³
Teoremi most important del §
4 h 1. ‘ ² ¦ ³ © ²F ¦ F³
4 h 11. ‘ ² © ³ © ²F © F³
4 h 13. ‘  © FF
4 h 2. ‘©
4 h 21. ‘ ² © ³ © ² © ³
4 h 22. ‘ ² © ³ w ² © ³ ¦ ² © ³
4 h 24. ‘  ©  w 
4 h 25. ‘  ©  v 
4 h 3. ‘w ©w
4 h 31. ‘  v  ©  v 
4 h 32. ‘ ² w ³ w  ©  w ² w ³
4 h 33. ‘ ² v ³ v  ©  v ² v ³
4 h 4. ‘  w ² v ³ © ² w ³ v ² w ³
4 h 41. ‘  v ² w ³ © ² v ³ w ² v ³
4 h 71. ‘ ² ¦ ³ © ² ©  w ³
4 h 73. ‘  ¦ ² ©  w ³

114
§5
5 h 1. ‘  w  ¦ ² © ³ 5 h 11. ‘ ² ¦ ³ v ²F ¦ ³
5 h 12. ‘ ² ¦ ³ v ² ¦ F³ 5 h 13. ‘ ² ¦ ³ v ² ¦ ³
5 h 14. ‘ ² ¦ ³ v ² ¦ ³ 5 h 15. ‘ ² © ³ v ² © F³
5 h 16. ‘ F²² © ³ w ² © F³³
5 h 17. ‘ ² v ³ w F² w ³ © ² © F³
5 h 18. ‘ ² © ³ © F² © F³ 5 h 19. ‘ F² © F³
5 h 21. ‘ F w F ¦ ² © ³
5 h 22. ‘ F² © ³ © ² w F³ v ² w F³
5 h 23. ‘ ² © ³ © ² w ³ v ²F w F³
5 h 24. ‘ F²² w ³ v ²F w F³³ © ² w F³ v ² w F³
5 h 25. ‘  v  © ²² ¦ ³ ¦ ³
5 h 3. ‘ ² w  ¦ ³ © ² w  ¦  w ³
5 h 31. ‘  w ² ¦ ³ ¦ ² ¦  w ³
5 h 32. ‘ ² ¦ ² © ³³ © ² w  ©  w ³
5 h 33. ‘ ² w  ¦ ³ ©  w ² w  ¦ ³
5 h 35. ‘ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² © ³³
5 h 36. ‘  w ² © ³ ©  w ² © ³
5 h 4. ‘ ² ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ³
5 h 41. ‘ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ² ¦ ³³
5 h 42. ‘ ² ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ² ¦  w ³³
5 h 44. ‘ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ © ² ¦  w ³³
5 h 5. ‘  ¦ ²² ¦ ³ © ³ 5 h 501. ‘  ¦ ² © ² © ³³
5 h 53. ‘ ² v  v  ¦ ³ © ² ¦ ³ w ² ¦ ³ w ² ¦ ³
5 h 54. ‘ ² w  © ³ v ² w  © ³
5 h 55. ‘ ² v  © ³ v ² v  © ³
5 h 6. ‘ ² w F ¦ ³ © ² ¦  v ³
5 h 61. ‘ ² v ³ w F ©  w F
5 h 62. ‘ ² w ³ v F ©  v F
5 h 63. ‘  v  ©  v ²F w ³
5 h 7. ‘ ² v  ©  v ³ ©  v ² © ³
5 h 71. ‘ ² ¦ F³ ¦ ²² v ³ w  ©  w ³
5 h 74. ‘ ² ¦ ² © ³³ © ²² ¦ ³ © ² ¦ ³³
5 h 75. ‘ ² ¦ F³ w ² ©  v ³ ¦ ² w F © ³

115
3. Henry Maurice Sheffer [1882 – 1964]
A set of five independent postulates for Boolean algebras,
with application to logical constants [1913]
«[Ã ] §1. Insieme di postulati per algebre di Boole
Assumiamo: I. Una classe 2 ,
II. Una 2 -regola di combinazione binaria O,
III. Le seguenti proprietà di 2 e O:
1. Esistono almeno due  -elementi distinti.
2. Ogniqualvolta  e  sono 2 -elementi, O è un 2 -elemento.
Def. Z ~ OÀ
3. Ogniqualvolta  e le indicate combinazioni di  sono 2 -elementi,
²Z ³Z ~ À
4. Ogniqualvolta Á  e le indicate combinazioni di  e  sono 2 -
elementi, O²OZ ³ ~ Z À
5. Ogniqualvolta Á Á  e le indicate combinazioni di Á  e  sono
2 -elementi, ²O²O³³Z ~ ² Z O³O² Z O³. [Ã ]
§2. Applicazione alle costanti logiche primitive
[Ã ] Se 2 è la classe di tutte le proposizioni di un certo tipo logico,
allora ogniqualvolta  e  siano proposizioni di questo tipo, O può
venir interpretato come la proposizione né  né  ; in altre parole, O ha
le proprietà della costante logica né-né. Possiamo simbolizzare tale
costante logica con | [Sheffer usa w ] e per ovvie ragioni chiamarla
rigetto [rejection].
Teorema 1. Se in una lista delle idee logiche primitive sono pri-
mitive sia la negazione che la disgiunzione, esse possono venir rim-
piazzate dalla sola idea primitiva rigetto.
Dim. In termini di negazione e disgiunzione, il rigetto è definito da
[Ã ] O ~ F² v ³.
In termini di rigetto la negazione è definita da
[Ã ] F ~ O.
In termini di rigetto la disgiunzione è definita da
[Ã ]  v  ~ ²O³O²O³ ».
Nota di Sheffer: «Per il “Principio di dualità” i risultati del §2 valgono
anche quando O sia ovunque interpretato come la costante logica o
non- o non-»À

116
4. Jean George Pierre Nicod [1893-1924]
A Reduction in the number of the Primitive Propositions of Logic
[1916]
«Delle quattro funzioni elementari di verità di cui si ha bisogno nel-
la logica, solo due sono prese come indefinibili nei Principia Mathe-
matica. Queste due sono state ora definite da Sheffer in termini di una
solo nuova funzione O “ sbarra  ”. Mi propongo di fare uso della
scoperta di Sheffer al fine di ridurre il numero delle proposizioni
primitive di cui c'è bisogno per il calcolo logico.
Ci sono due forme leggermente diverse della nuova indefinibile,
perché possiamo trattare O come significante lo stesso di F w F o
lo stesso di F v F . La definizione di F è la stessa in entrambi i
casi e cioè O, mentre quella di  v  cambia semplicemente da
²O³O²O³ con la , -forma in ²O³O²O³ con la 6 -forma.
A noi conviene però definire direttamente in termini della nuova
tutte e quattro le funzioni di verità. Così facendo troviamo che mentre
la definizione di F rimane la stessa e quelle di  v  e  w  semplice-
mente permutano, passando dalla , -forma alla 6-forma la
definizione di  ¦  è più semplice nell'ultima forma. È O²O³ di
contro a ²²O³O³O²²O³O³.
La 6-forma è quindi da preferire.
[Ã ] La definizione delle due nozioni primitive dei Principia in
termini di una sola tende a ridurre il numero delle proposizioni primi-
tive necessarie. Ma fino a che punto si spinge di fatto questa riduzio-
ne? Si estende oltre l'ovvia sostituzione con “Se  e  sono propo-
sizioni elementari, anche O è una proposizione elementare” di 1 h 7 e
1 h 71 che stabiliscono la stessa cosa per F e rispettivamente  v  ?
La riduzione va, come ora vedremo, molto più in là.
Va innanzi tutto detto, al fine di essere quanto più possibile esatti,
che l'intero guadagno ottenuto applicando le sbarra-definizioni non
può essere esse attribuito con completa sicurezza ad esse. Il sistema di
Russell, infatti, non ha ancor detto l'ultima parola su questo tema».
Nicod illustra al riguardo una semplificazione del sistema dei PM
da lui “incidentally found” e successivamente illustra la sua riduzione.

117
5. B. Russell & A. N. Whitehead
Introduzione alla seconda edizione dei PM [1927]

«Il miglioramento più definito risultante dagli studi di logica matema-


tica compiuti nei trascorsi quattordici anni sta nella sostituzione nella
Parte I, Sezione A, dell'unico indefinibile « e  sono incompatibili»
(o, alternativamente, « e  sono entrambe false») al posto dei due in-
definibili «non-» e « o  ». Tale risultato è dovuto a H. M. Sheffer;
sulla scorta di esso, poi, Jean Nicod ha mostrato che un'unica proposi-
zione primitiva potrebbe rimpiazzare le cinque proposizioni primitive.
[Ã ] Introduciamo l'idea primitiva O ,
che può essere letta « è incompatibile con  » e dev'essere vera ogni-
qualvolta una delle due è falsa oppure entrambe sono false. Pertanto la
si può leggere anche « è falsa o  è falsa »; oppure ancora « implica
non- ». Tuttavia, poiché ci accingiamo a definire la disgiunzione,
l'implicazione e la negazione nei termini di O , è meglio evitare da
principio questi modi di leggere O . Il simbolo «| » va pronunciato
« sbarra [stroke]  ». Poniamo adesso:
~  . ~ . | Df,
 Š  . ~ . O~  Df,
 v  . ~ . ~ O~  Df,
À . ~ . ~ ²O³ Df.
In questo modo tutte le consuete funzioni di verità possono essere
costruite per mezzo della sbarra.
Si noti che per quanto precede,  Š  . ~ .O² O ) Df.
Troviamo che À Š À  À  . ~ . O² O³.
Pertanto  Š  è un caso degenere di una funzione di tre proposi-
zioni.
[Ã ] Se Á Á  sono proposizioni elementari date  e O² O³, pos-
siamo inferire . Questa è una proposizione primitiva.

118
[Ã ] Nicod ha mostrato che la logica delle proposizioni (*1-*5)
può essere dedotta, con l'ausilio della regola di inferenza, dalle due
proposizioni primitive ‘ À|²|³
e ‘ ¢  Š À Š À O Š O
Si può interpretare la prima di queste proposizioni come « è
incompatibile con non-» o come « o non-», o come «non ² e
non-³», o come « implica ». Si può interpretare la seconda come
 Š À Š ¢  Š ~ À Š À Š ~ ,
che è una forma del principio del sillogismo. Scritto per intero in
termini di sbarra, tale principio diviene
¸pO² O³¹O´¸² O³O²²O ³O²O ³³¹O¸² O³O²²O ³|²O ³³¹µ.
Nicod ha mostrato inoltre che questi due principi possono essere
rimpiazzati da uno solo. Scritto per intero in termini di sbarra, que-
st'unico principio è
¸O² O³¹O´¸!O²!O!³¹O¸² O )O²²O ³O²O ³³¹µ.
Si vedrà che, scritto in questa forma, il principio è meno
complesso del secondo dei principi anzidetti scritto interamente in
termini di sbarra. Quando venga interpretato nel linguaggio
dell'implicazione, il principio unico di Nicod diviene
 Š À ¢ Š À! Š !À O Š O
In questa forma esso sembra più complesso di
 Š À Š O Š O
ma in se stesso è meno complesso.
A partire dalla precedente proposizione primitiva, unitamente alla
regola d'inferenza, si può dimostrare tutto ciò che la logica è in
grado di accertare sulle proposizioni elementari purché si aggiunga
un'ulteriore proposizione primitiva, vale a dire: [si introduce la
regola di rimpiazzamento]».

D. Hilbert [1862-1943]e Wilhelm Ackermann [1896-1962]


Grundzüge der theoretischen Logik [1928(?); 1937(?); 1949]
«Come curiosità sia menzionato che, come ha mostrato Sheffer, si può
anche cavarsela con un unico segno logico. Egli usa come unico con-
nettivo primitivo ?O@ , a parole: “? e @ non sussistono entrambi”»

119
6. Emile Post [1897-1954]
Introduction to a General Theory
of Elementary Propositions (1920; ed.1921)
[à ] Denotiamo l'asserzione di una funzione scrivendo ‘ davanti ad
essa. Allora la forza motrice per il processo deduttivo risultante è for-
nita dalle due regole di operazione:
II. L'asserzione di una funzione che contiene una variabile 
permette l'asserzione di qualsiasi funzione sia ottenuta da quella data
sostituendo a  qualunque altra variabile  , o F , o ² v ³;
III. « ‘ 7 » e « ‘ F7 v 8 » produce « ‘ 8».
Queste regole ci mettono in grado di asserire nuove funzioni a partire
da precedenti, o meglio, nella forma in cui le abbiamo espresse, ge-
nerano nuove asserzioni da vecchie asserzioni. E l'insieme completo
delle asserzioni è ottenuto applicando sia II che III alle seguenti as-
serzioni, che ci danno il punto di partenza, e a tutte le asserzioni de-
rivate che ne possono risultare:
IV. F² v ³ v  ´ v  ¦ µ
F² v ² v ³³ v ² v ² v ³³ ´ v ² v ³ ¦  v ² v ³µ
F v ² v ³ ´ ¦  v µ
F²F v ³ v ²F² v ³ v ² v ³³ ´² ¦ ³ ¦ ²² v ³ ¦ ² v ³³µ
F² v ³ v ² v ³ ´² v ³ ¦ ² v ³µ
Teorema fondamentale. Condizione necessaria e sufficiente perché
una funzione di - sia asserita come risultato dei postulati II, III, IV è
che tutti i suoi valori di verità siano b . [Ã ]
Teorema. Il sistema delle proposizioni elementari dei Principia è
consistente . [Ã ]
Teorema. Ogni funzione del sistema o può essere asserita per
mezzo dei postulati, oppure è inconsistente con essi. [Ã ]
Corollario. Una funzione o è asserita come risultato dei postulati,
oppure la sua asserzione darà luogo all'asserzione di ogni possibile
proposizione elementare. [Ã ].
In conclusione notiamo che, mentre il teorema fondamentale di-
mostra che i postulati conducono all'asserzione di tutti e soli i teoremi
che dovrebbero appartenere al sistema, quest'ultimo teorema ci mette
in grado di dire che essi escludono anche automaticamente la stessa
possibilità di aggiungere qualsiasi altra asserzione».

120
7. Paul Bernays [1888-1977]
Beiträge zur axiomatischen Behandlung der Logik,
(Habilitationsschrift 1918 - inedita)

«Tra le espressioni [Ã ] ne vengono ora isolate alcune come «for-


mule giuste». Ciò avviene postulando dapprima come formule giuste
le cinque espressioni ( formule di base ) :
1. F² v ³ v  ´ v  ¦ µ
2. F v ² v ³ ´ ¦  v µ
3. F² v ³ v ² v ³ ´² v ³ ¦ ² v ³µ
4. F² v ² v ³³ v ²² v ³ v ³ ´ v ² v ³ ¦  v ² v ³µ
5. F²F v ³ v ²F² v ³ v ² v ³³ ´² ¦ ³ ¦ ²² v ³ ¦ ² v ³³µ
e istituendo quindi le due regole seguenti:
a) Regola di sostituzione: da una formula giusta si ottiene ancora
una formula giusta quando una variabile venga sostituita in tutti i posti
in cui essa occorra da una e una stessa espressione [Ã ];
b) Se  e  sono certe espressioni e sia  che F v  sono formule
giuste, allora anche  è una formula giusta.
Con ciò il sistema assiomatico è già completamente costituito. Tut-
tavia, allo scopo di conseguire una migliore visione dei rapporti for-
mali del sistema vogliamo introdurre le seguenti « abbreviazioni ».
x  ¦  • F v  {
( Nelle nostre notazioni:  w  • F²F v F³ )
y  ©  • ² ¦ ³ w ² ¦ ³ |
Il sistema assiomatico così costituito non potrebbe pretendere alcun
particolare interesse se non fosse capace di una significativa interpre-
tazione contenutistica. Una tale interpretazione è ottenuta nel modo
seguente.
Si concepiscano le variabili come simboli per proposizioni (enun-
ciati). Quale proprietà caratteristica delle proposizioni dev'essere ri-
guardato che esse siano o vere false, e non tutte e due le cose si-
multaneamente.

121
Si interpreti il prodotto logico [ v ] come la congiunzione di due
proposizioni mediante «o», dove tale congiunzione non dev'essere
intesa nel senso della vera e propria disgiunzione che esclude la sus-
sistenza simultanea delle due proposizioni, ma piuttosto in modo tale
che « o  » sussiste se, e soltanto se, almeno una delle due proposi-
zioni ,  sussiste.
F deve significare l'«opposto di  », e cioè una proposizione univo-
camente determinata da  la quale sussiste se e solo se  non sussiste.
Da tale interpretazione delle operazioni di base si ottiene, per le ab-
breviazioni, la seguente interpretazione:
 ¦  significa una proposizione che sussiste quando sussiste
l'opposto di  o quando sussiste  ; dunque, è falsa solamente quando
 è vera e simultaneamente  è falsa. Linguisticamente questa con-
giunzione può venir resa mediante la connessioni «se  allora  », «da
 segue  » (tale uso delle parole «se» e « segue » non è ovviamente in
accordo completo con i modi usuali del loro impiego [Ã ]).
 w  indica l'opposto di una proposizione che sussiste se e solo se
una delle due proposizioni  e  è falsa;  w  significa dunque che sia
 che  sono vere e può quindi venir espressa linguisticamente me-
diante « e  ».
In base a questa interpretazione della somma simbolica,  ©  ri-
sulta essere l'asserzione della sussistenza congiunta di  ¦  e  ¦ .
Tale proposizione è falsa se e solo se o sussistono  e simultane-
amente l'opposto di  oppure  e simultaneamente l'opposto di . Per-
tanto essa è vera se e solo se le due proposizioni  e  sono entrambe
vere o entrambe false. Tale rapporto tra  e  costituisce l'opposto
della congiunzione disgiuntiva.
La rilevanza del nostro sistema assiomatico per la logica riposa ora
sul seguente dato di fatto. Se per formula dimostrabile s'intende una
formula che risulta giusta in conformità con gli assiomi [Ã ] e se per
formula «universalmente valida» s'intende una formula che, nel senso
dell'interpretazione sopra indicata, dà sempre una proposizione vera
per qualsiasi scelta delle proposizioni da sostituire alle variabili (dun-
que, per qualsiasi «valore» delle variabili) allora vale il teorema:

122
Ogni formula dimostrabile è universalmente valida e viceversa.
Per quanto concerne la prima metà di questa asserzione, essa può
essere giustificata nel modo seguente.
Si verifica dapprima che tutte le formule di base sono formule uni-
versalmente valide. [Ã ] Una volta riconosciute come universalmente
valide le formule di base, basta convincersi che, attraverso l'applica-
zione delle due regole, da formule universalmente valide si derivano
sempre e soltanto formule di questo genere.[Ã ]
Con questo resta anche ad un tempo dimostrata la noncontrad-
dittorietà del calcolo nel senso che di due formule dimostrabili l'una
non può mai coincidere con la negazione dell'altra. Dalla definizione
di formula universalmente valida risulta infatti immediatamente che 
e F non possono essere simultaneamente formule universalmente
valide».
--------------------------------------------------------------------------------------

La dimostrazione bernaysiana dell'inverso, ossia di ciò che noi oggi


chiamiamo la ‘completezza semantica’ della logica proposizionale,
passa attraverso la dimostrazione di quella che noi oggi chiamiamo
‘completezza alla Post’ di quella logica e cioè:
Aggiungendo agli assiomi una formula indimostrabile ogni formula
diventa dimostrabile.
Se infatti  è universalmente valida ma indimostrabile, allora, ag-
giungendola agli assiomi, da un lato, ripetendo l'argomento usato so-
pra, si può vedere ancora che tutte le formule dimostrabili sono uni-
versalmente valide, mentre, dall'altro lato, per la completezza ‘alla
Post’, si sa che ora tutte le formule sono dimostrabili. Dunque: ogni
formula è universalmente valida; in particolare, per ogni , sia  che
F lo sono.

123
B. sviluppa come segue la dimostrazione della ‘Completezza alla
Post’.
A) Fase preliminare.

1) Stabilisce il ‘teorema di rimpiazzamento’:


‘ ² ©  ³ ¦ ² ©  ´°° µ³.

2) Per suo mezzo stabilisce il ‘teorema della forma normale con-


giuntiva’, ossia il fatto che per ogni formula  esiste una formula i
costituita da una congiunzione di disgiunzioni semplici (tali cioè che
ogni loro disgiunto è una variabile proposizionale o la negazione di
una tale variabile) tale che: ‘  © i À

3) Stabilisce poi:
3.1) una congiunzione di formule è dimostrabile se solo se tutte
quelle formule lo sono;
3.2) ogni disgiunzione semplice che contenga sia una variabile che
la sua negazione è dimostrabile.

B) Dimostrazione.

Sia  una formula indimostrabile; allora, per (2) anche i è indimo-


strabile e quindi, per (3.1), almeno un suo congiunto  deve essere
indimostrabile e, essendo questo una disgiunzione semplice  in essa
non può esservi, per (3.2), alcuna variabile assieme alla sua
negazione.

Aggiungiamo  come nuovo assioma; allora i diventa dimostra-


bile e tali diventano anche (per 3.1) tutti i suoi congiunti; in parti-
colare, quindi anche la disgiunzione  . Prendiamo una certa variabile,
diciamo  e, applicando la regola di sostituzione, sostituiamo in 
ogni variabile non negata con  e ogni variabile negata con F. Ot-
teniamo così, come formula dimostrabile, una disgiunzione i cui
disgiunti sono tutti  o FF. Rimpiazziamo in essa ogni FF con 
ottenendo così come formula dimostrabile una disgiunzione di soli .
Ma questa implica  (Cfr. l'assioma 1). Quindi ‘  e quindi anche,
per la regola di sostituzione, ‘  per una qualsiasi formula  .

124
8. David Hilbert [1862-1943]
Die logischen Grundlagen der Mathematik [1922]

Schema di inferenza 
¦

Assiomi dell'implicazione
 ¦ ² ¦ ³ (Introduzione di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦  ³ (Eliminazione di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³ (Scambio di premesse)
² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³ (Eliminazione di proposizione)
Assiomi della negazione
 ¦ ²F ¦  ³ (Principio di contraddizione)
² ¦  ³ ¦ ²²F ¦  ³ ¦  ³ (Principio del TND)

Die Grundlagen der Mathematik [1928]


Schema di inferenza 
¦

I. Assiomi dell'implicazione
 ¦ ² ¦ ³ (Aggiunta di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦  ³ (Omissione di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³ (Scambio di premesse)
² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³ (Eliminazione di proposizione)
II. Assiomi su w e v
w ¦
w ¦
 ¦ ² ¦  w  ³
¦v
 ¦v
² ¦  ³ w ² ¦  ³ ¦ ² v  ¦  ³
III. Assiomi della negazione
²² ¦  ³ w F ³ ¦ F (Principio di contraddizione)
FF ¦  (Principio di doppia negazione)

125
9. D. Hilbert e Paul Bernays [1888-1977]
Grundlagen der Mathematik I [1934]

~
 

 Sostituzione
 ´° µ
Regole 

 Á  ¦ 

 Separazione
€ 

~
 I. Formule dell'implicazione



 1)  ¦ ² ¦ ³



 2) ² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦  ³



 3) ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³



 II. Formule della congiunzione



 1)  w  ¦ 

 2)  w  ¦ 



 3) ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  w  ³³



 III. Formule della disgiunzione

Formule 1)  ¦  v 

iniziali 
 2)  ¦  v 

 3) ² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² v  ¦  ³³



 IV. Formule dell'equivalenza



 1) ² ©  ³ ¦ ² ¦ 



 2) ² ©  ³ ¦ ² ¦ ³



 3) ² ¦  ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ©  ³³



 V. Formule della negazione



 1) ² ¦  ³ ¦ ²F ¦ F³

 2)  ¦ FF


€ 3) FF ¦ 

126
10. I Polacchi

Jan Lukasiewicz [1878-1956] , Alfred Tarski [1902-83]


Untersuchungen über den Aussagenkalkül [1930]

«2. IL SISTEMA ORDINARIO (BIVALENTE) DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE.


[Ã ] Usando il metodo delle matrici il sistema 3 può così definirsi:
Definizione 5. Il sistema ordinario 3 del calcolo proposizionale è
l'insieme di tutte le proposizioni che sono soddisfatte dalla matrice
4 ~ ´(Á )Á  Á µ, dove ( ~ ¸¹, ) ~ ¸¹ e le funzioni  e  sono
definite dalle formule:
 ²Á ³ ~  ²Á ³ ~  ²Á ³ ~ Á  ²Á ³ ~ ; ²³ ~ Á
²³ ~ .
Da questa definizione si ricava facilmente che il sistema 3 è
consistente [3 £ : ] e completo [se3 ‹ 3Z , allora 3Z ~ 3 o 3Z ~ : ].
Il sistema 3 può essere definito anche col metodo assiomatico. [Ã ]
Tale risultato può così essere formulato:
Teorema 6. Sia ? l'insieme costituito dalle tre proposizioni:
‘CC CCC’, ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5
‘CCN’, ²F ¦ ³ ¦ 
‘CCN ’;  ¦ ²F ¦ ³
allora ? assiomatizza 3.
Secondo un metodo sviluppato da Bernays e Lukasiewicz [Ã ] Lu-
kasiewicz ha dimostrato [Ã ] il seguente teorema:
Teorema 7. L'insieme ? delle proposizioni date nel teorema 6 è in-
dipendente; quindi ? è una base per 3.
[Ã ] È dovuto a Tarski il seguente teorema generale:
Teorema 8. Il sistema L, così come ogni sistema assiomatizzabile
del calcolo proposizionale che contenga le proposizioni:
‘CC’,  ¦ ² ¦ ³
‘CC CCC’,  ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ µ¹
(o ‘CC CCCC ’)  ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ ² ¦ ³µ¹
possiede una base formata da una sola proposizione.
La dimostrazione del teorema permette in particolare di dare effet-
tivamente una base del sistema 3 che contenga un solo elemento.

127
Lukasiewicz ha semplificato la dimostrazione di Tarski e utilizzan-
do lavori preparatori di Boleslaw Sobocimski, ha stabilito che:
Teorema 9. L'insieme costituito dalla sola proposizione
‘CCCCCCCNC N!CCC "CC! C!"#C$#’
F4 ¦² ¦ ³5¦D<4F ¦ ² ¦ F!³5 ¦ ´4 ¦ ² ¦ "³5 ¦ 4²! ¦ ³ ¦ ²! ¦ "³5µ= ¦ #EG
¦ ²! ¦ "³
è una base del sistema 3. ´Ã µ
Tale proposizione che consta di 33 lettere è la più corta nota finora
che, presa come assioma, basti per sviluppare da sola il sistema 3. Es-
sa non è organica rispetto al sistema 3; una proposizione, infatti, è
detta organica rispetto a un sistema ? se nessuna sua parte di (fornita
di significato) è un elemento di X (il termine organico deriva da Sta-
nislaw Le.niewski e si deve a Wajsberg la definizione di proposizione
organica). La precedente proposizione non è organica rispetto a 3
poiché contiene parti, come ‘CC’ [ ¦ ² ¦ ³], che sono ele-
menti di 3. Sobocimski ha dato un assioma organico per il sistema 3
formato da 47 lettere.
Il seguente teorema generalizza il teorema 8:
Teorema 10. Il sistema 3, così come ogni sistema assiomatizzabile
del calcolo proposizionale che contenga le proposizioni
‘CC’ e  ¦ ² ¦ ³
‘CC CCC’,  ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ µ¹
possiede, per ogni numero naturale , una base formata esattamente
da  elementi.
Per il sistema 3 Sobocimski ha dimostrato questo teorema in manie-
ra effettiva; la generalizzazione ad altri sistemi è dovuta a Tarski.
In contrasto con questa proprietà del sistema 3, Tarski ha mostrato
in modo effettivo che:
Teorema 11. Per ogni numero naturale , esistono sistemi del
calcolo proposizionale tali che ogni loro base contiene esattamente 
elementi.
Le seguenti considerazioni di Tarski riguardano il caso speciale di
questo teorema in cui  = 1 (definizione 6 e teoremi 12-14).

128
Definizione 6. La proposizione % è detta indecomponibile se ogni
base del sistema delle sue conseguenze consiste di una sola proposi-
zione (se, cioè,nessun insieme indipendente di proposizioni contenen-
te più di un elemento equivale all'insieme {%}).
Se questa condizione non è soddisfatta, la proposizione % è detta
decomponibile. Risulta che quasi tutte le proposizioni note del sistema
3 sono indecomponibili; in particolare:
Teorema 12. Sono indecomponibili le proposizioni
‘C’, ¦
‘CCC ’,  ¦ 4² ¦ ³ ¦  5
‘CCC’, 4² ¦ ³ ¦ 5 ¦ 
‘CCC CC’, 4² ¦ ³ ¦  5 ¦ 4² ¦ ³ ¦ 5
‘CC CCC’, ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5
‘CCCC C’ ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5
Teorema 13. [Ã ] Sono indecomponibili [Ã ] le proposizioni:
‘CNN’ FF ¦ 
‘CNN’,  ¦ FF
‘CNC ’, F ¦ ² ¦ ³
‘CCN ’,  ¦ ²F ¦ ³
‘CCN’, ²F ¦ ³ ¦ 
‘CCNN’. ² ¦ F³ ¦ F
[Ã ] D'altra parte è stato dimostrato in modo effettivo il seguente:
Teorema 14. Sono decomponibili le proposizioni:
‘CC’,  ¦ ² ¦ ³
‘CCCC’ ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ² ¦ ³
‘CCCC C’ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³
Wajsberg ha mostrato un notevole teorema sui sistemi d'assiomi per
3.
Teorema 15. In ogni base (e in generale in ogni sistema di assiomi)
del sistema 3, così come di ogni sottosistema di 3 che contenga la
proposizione ‘CC C  ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ compaiono almeno
tre variabili proposizionali distinte. In altre parole se ? è l'insieme di
tutte le proposizioni di 3 in cui compaiono al massimo due variabili
distinte, allora l'insieme del sue conseguenze non esaurisce 3».

129
11. Kurt Gödel [1906-78 ]
Eine Eigenschaft der Realisierungen des Ausssagenkalküls (1932)
In risposta a una questione postami per lettera da Menger, si può
dimostrare il seguente teorema.
Sia dato un qualsiasi insieme ¡ di cose Á Á Á Ã Á in cui sono
definite una operazione unaria F e una operazione binaria  ¦  ,
rispetto alle quali l'insieme ¡ è chiuso. Sia inoltre ¢ un sottoinsieme
proprio di ¡, che soddisfa le seguenti condizioni:
I. Se Á Á  sono cose arbitrarie in ¡, le seguenti tre cose appar-
tengono sempre a ¢ :
a) ²F ¦ ³ ¦ ,
b)  ¦ ²F ¦ ³,
c) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³
II. Se sia  che  ¦  appartengono a ¢ , anche  appartiene a ¢ .
Sotto queste assunzioni c'è sempre una partizione di ¡ in classi di-
sgiunte: ¡ ~ ¥ b ”, ¢ ‹ ¥ , tali che
a) delle due cose  e F ne appartiene sempre esattamente una a
¥ e una a ”,
b) la cosa  ¦  appartiene a - se e solo se  appartiene a ¥ e 
appartiene a ”.
Cioè: data una qualsiasi realizzazione degli assiomi del calcolo
proposizionale, gli elementi («proposizioni») possono venire ripartiti
in due classi disgiunte che si comportano proprio come le classi delle
espressioni vere e delle espressioni false dell'usuale calcolo proposi-
zionale.

130
Schizzo di dimostrazione. Si supponga ¡ bene ordinato; si associ
allora a ogni ordinale  una sottoclasse ¢ di ¡ ponendo :
1. ¢ = ¢ .
2. Se  è un numero limite, ¢ ~ ' ¢ .
3. Se  è il primo elemento di ¡ per cui né  né F appartiene a
¢ : ¢b ~ insieme di quegli %  ¡ per cui ² ¦ %³  ¢ . Nel caso
che un tale  non esista sia ¢b ~ ¢ .
Per induzione trasfìnita si dimostra:
A. Ogni ¢ soddisfa le condizioni I e II poste sopra per ¢ .
B. ¢ ‹ ¢ , per    .
C. % e F% non appartengono mai entrambe a ¢ .
Se  è il più piccolo ordinale per cui ¢ ~ ¢ b , allora ¥ ~ ¢ ,
” ~ ¡ c ¢ hanno le proprietà richieste.
(B) si dimostra per esempio nel modo seguente: poiché (A) è
soddisfatta per ¢ per ipotesi induttiva, per ogni %  ¡ vale
% ¦ ² ¦ %³  ¢ e perciò da %  ¢ segue ² ¦ %³  ¢ , ossia
%  ¢b e dunque ¢ ‹ ¢b . Che la condizione (B) sia soddisfatta
per ¥ ~ ¢ segue dal fatto che per (A) vale: % ¦ ²& ¦ %³  ¢ ,
F& ¦ ²& ¦ %³  ¢ , F% ¦ ²& ¦ F²& ¦ %³³  ¢ , e precisamente
per ogni %Á &  ¡.

131
12. J. Lukasiewicz, A. Tarski Untersuchungen Ã
«4. IL CALCOLO PROPOSIZIONALE RISTRETTO.
Nelle ricerche sul calcolo proposizionale ci si limita talvolta a quelle
proposizioni in cui non occorre il segno di negazione. Questa parte del
calcolo proposizionale può essere pensata come una disciplina dedut-
tiva indipendente che chiamiamo ‘calcolo ristretto’ [Ã ].
Tale sistema 3b è stato studiato da Tarski [Ã ].
Teorema 29. L'insieme ? formato dalle tre proposizioni
‘CC’,  ¦ ² ¦ ³
‘CC CCC’ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³
‘CCC’ ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ 
costituisce una base del sistema 3b .
Il sistema è dovuto a Tarski, ma, nella formulazione data, contiene
una semplificazione comunicataci da Paul Bernays in una lettera del
20.X.1928. Il sistema originale di Tarski, infatti, conteneva, la più
complessa ‘CCCCC’ [²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³] al
posto della ‘CCC’. Lukasiewicz ha stabilito l'indipendenza di en-
trambi i sistemi di assiomi. [Ã ]
Tarski è riuscito a costruire una base del sistema 3b formata da una
sola proposizione. I due esempi più semplici di proposizioni di questo
genere finora conosciuti, contenenti ciacuna 25 lettere, sono presentati
nel teorema seguente. La prima proposizione è organica ed è opera di
Wajsberg, la seconda è dovuta a Lukasiewicz e non è organica.
Teorema 30. L'insieme costituito da una sola fra le due proposizioni
‘CCC CC !CC"CC !CC"C !’
´² ¦³ ¦²² ¦ ³ ¦!³µ ¦ ¸´" ¦²² ¦ ³ ¦!³³µ ¦´² ¦"³ ¦² ¦!³µ¹
o ‘CCCCCCCCC !"CC "C"##’
D² ¦² ¦³³ ¦¸<´²² ¦ ³ ¦!³ ¦"µ ¦´² ¦"³ ¦² ¦"³µ= ¦#¹E ¦#
costituisce una base del sistema 3b ».
NB. Nel 1930 e poi ancora nel '32, Lukasiewicz ne trovò di più
brevi; finalmente nel 1936 trovò ‘la più breve possibile’:
CCCCCC  ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³
“e così terminai l'esame del problema”.

132
13. Branden Fitelson [n.1969]
New Elegant Axiomatizations
of Some Sentential Logics, http://fitelson.org/ar.html
«2. Classical Sentential Logic - In the Sheffer Stroke (D)
In 1917, Nicod showed that the following 23-symbol formula (in
Polish notation) is a single axiom for classical sentential logic (D is
interpreted semantically as NAND, i.e., the Sheffer stroke):
DDDDD!D!!DD  DD D s
The only rule of inference for Nicod's single axiom system is the fol-
lowing, somewhat odd, detachment rule for D:
From DD and , infer .
Lukasiewicz later showed that the following substitution instance
(!° ) of Nicod's axiom (N) would suffice:
DDDDD D DD  DD D À
Lukasiewicz's student Mordechaj Wajsberg later discovered the follo-
wing organic 23-symbol single axiom for D:
DDDDDD DD D DD
Lukasiewicz later discovered another 23-symbol organic axiom:
DDDDDDDD  DD D À
We have discovered many new 23-symbol single axioms, some of
which are organic and have only 4 variables, e.g.,
DDDDDDDD DD D
We can now report that the shortest single axioms for these Sheffer
Stroke systems contain 23 symbols. No shorter axioms exist.
3. Classical Sentential Logic - In Implication (C) and The False ()
Meredith reports two 19-symbol single axioms for classical sentential
logic (using only the rule of condensed detachment) in terms of im-
plication C and the constant  (semantically,  is "The False''):
CCCCC C !CC!C CCC CC CC C!C" .
Meredith claims to have "almost completed a proof that no single
axiom of (C,) can contain less than 19 letters.'' As far as we know, no
such proof was ever completed (that is, until now...).
We have performed an exhaustive search/elimination of all (C,) the-
orems with fewer than 19 symbols. We have proven Meredith's con-
jecture: no single axiom of (C,) can contain less than 19 letters.

133
4. The Implicational Fragment (C5) of the Modal Logic S5
In their classic paper, Lemmon, Meredith, Meredith, Prior and Tho-
mas present several axiomatizations (assuming only the rule of con-
densed detachment) of the system C5, which is the strict implicational
fragment of the modal logic S5. Bases for C5 containing 4Á 3Á 2 and a
single axiom are presented in [6]. The following 2-basis is the shortest
of these bases. It contains 20 symbols, 5 variables, and 9 occurrences
of the connective C. C CCCC CC C!C À
The following 21-symbol (6-variable, 10-C) single axiom (due to C.A.
Meredith) for C5 is also reported in [6]: CCCCC!! C CC C"C.
We searched both for new (hopefully, shorter than previously known)
single axioms for C5 and for new 2-bases for C5. We discovered the
following new 2-basis for C5, which (to the best of our knowledge) is
shorter than any previously known basis (it has 18 symbols, 4 varia-
bles, and 8 occurrences of C): C CC CCCC C.
Moreover, we discovered the following new 21-symbol (6-variable,
10-C) single axiom for C5 (as well as 5 others, not given here):
CCCCCC  CC!C"C!À
No formula with fewer than 21 symbols is a single axiom for C5.
And, no basis for C5 whatsoever has fewer than 18 symbols.
5. The Implicational Fragment (C4) of the Modal Logic S4
C4 is the strict-implicational fragment of the modal logic S4 (and
several other modal logics in the neighborhood of S4 - see Ulrich's
paper). As far as we know, the shortest known basis for C4 is due to
Ulrich, and is the following 25-symbol, 11-C, 3-axiom basis:
C CC CC CCCCC CÀ
Anderson & Belnap state the finding of a (short) single axiom for C4
as an open problem (as far as we know, this has remained open). The
following is a 21-symbol (6-variable, 10-C) single axiom for C4:
CCCC CC CC !C"C!
We have also the following 20-symbol 2-basis for C4:
CC CCCCC C C
No formula with fewer than 21 symbols is a single axiom for C4.
And, no basis for C4 whatsoever has fewer than 20 symbols.

134
6. The Implicational Fragment (RM¦ ) of the "Classical" Rele-
vance Logic RM
The "classical'' relevance logic R-Mingle (RM) was first carefully
studied by Dunn in the late 60's. Interestingly, the implicational
fragment of R-Mingle (RM¦ ) has an older history. RM¦ was stu-
died (albeit, unwittingly!) by Sobocimski in the early 50's. Sobo-
cimski discusses a two-designated-value-variant of Lukasiewicz's
three-valued implication-negation logic (I'll call Sobocimski's logic
S). Sobocimski leaves the axiomatization of S¦ as an open problem.
Rose solved Sobocinski's open problem, but his axiomatizations of
S¦ are very complicated and highly redundant (see Parks' [23]).
Meyer and Parks report an independent 4-axiom basis for S¦ . They
also show that S¦ = RM¦ , thus providing an independent 4-basis
for RM¦ . Meyer and Parks show that RM¦ can be axiomatized by
adding the following "unintelligible'' 21-symbol formula to R¦ :
CCCCCCCCCC
In other words, the following is a 5-basis for RM¦ :
C CCC CC CCC
CCC C CCCCCCCCCCÀ
The reflexivity axiom Cpp is dependent in the above 5-basis. The
remaining (independent) 4-basis is the Meyer-Parks basis for RM¦ .
After much effort (and, with valuable assistance from Bob and
Larry), we discovered the following 13-symbol replacement for
Parks' 21-symbol formula (we've also shown that there are none
shorter): CCCCCC (or, alternatively, CCCCCC)
The contraction axiom CCpCpqCpq is dependent in our new 4-
basis. The remaining (independent) 3-basis for RM¦ contains 31
symbols and 14 C's (the Meyer-Parks basis has 4 axioms, 48 symbols
and 22 C's).

135
7. Single Axioms for the Implicational Fragments of Some Other
Non-Classical Logics
It was shown by Rezus (building on earlier seminal work of Tarski
and Lukasiewicz) that the systems E¦ , R¦ , and L¦ have single
axioms. However, applying the methods of Rezus yields very long,
inorganic single axioms. As far as we know, these axioms have never
been explicitly written down. Here is a 69-symbol (17-variable!) sin-
gle axiom for the implicational fragment of Lukasiewicz's infinite-va-
lued logic L¦ (obtained using the methods of Rezus):
CCC C CCCCCCCCC CC C CCC'' CCC
C%&&CC&%%$$CCCC!"C"!C"! CC C
Single axioms of comparable length (i.e., containing fewer than 75
symbols) can also be generated for the relevance logics E¦ and R¦
(omitted). Here's what we know about the shortest single axioms for
the systems E¦ , R¦ , L¦ , and RM¦ :
The shortest single axiom for E¦ has between 25 and 75 symbols.
The shortest single axiom for R¦ has between 25 and 75 symbols.
The shortest single axiom for L¦ has at most 69 symbols.
The shortest single axiom for RM¦ (if there is one7) has at least 25
symbols.
8 Automated Reasoning Techniques Used
First, we wrote computer programs to generate a large list of candidate formulas which
were to be tested as axioms. For most problems, it was practical to generate an exhaustive list
of all formulas with up to twenty-one symbols (we can now do these through 23 symbols).
All the formulas in the list would be tested (using matrices) to see which are likely to be
tautologies in the system in question.
We immediately eliminated large numbers of formulas by applying known results about
axiomatizations in the various systems. For example, as reported by Lemmon et. al., every
axiomatization for C5 must contain a formula with C as a (possibly improper) subformula.
Another useful result for this purpose is the Diamond-McKinsey theorem that no Boolean al-
gebra can be axiomatized by formulas containing less than three distinct propositional letters.
A set of formulas was selected from the list at random. Using either SEM or a program
written by the authors, we found a matrix that respects modus ponens, invalidates a known
axiom-basis for the system, but validates the formulas selected from the list. Such a model
suffices to show that the formulas are not single axioms for the system.
All the remaining formulas in the list were then tested against that matrix. Every formula
validated by that matrix would be eliminated.
Steps 4 and 5 were repeated until the list of candidate formulas was down to a small
number, or eliminated entirely.
We then use OTTER ( b strategies!) to attempt to prove a known axiom basis from each
of the remaining candidates.

136
14. Andrej Nicholaevic Kolmogorov [1903-87]
 -/'+!'-# Tertium non datur [1925]

«I. Le prospettive formalista e intuizionista.


[Ã ] 5. La differenza fra le due posizioni presentate si manifesta
anche nell'ambito della logica dei giudizi. Nel seguito intenderemo
per logica generale dei giudizi la scienza che studia le proprietà di
giudizi arbitrari indipendentemente dal loro contenuto per quanto con-
cerne la loro verità, la loro falsità e i modi in cui essi sono derivati. (In
tale ricerca, ogni giudizio è considerato come un elemento non ulte-
riormente analizzabile).
La logica generale dei giudizi è formalmente espressa per mezzo di
simboli per giudizi arbitrari (,  Á  ,...), del simbolo per l'impli-
cazione ( ¦  ), del simbolo per la negazione (F). Hilbert (1922, p.
153) ha presentato il seguente sistema d'assiomi per la logica dei
giudizi:
Assiomi dell'implicazione
 ¦ ² ¦ ³ (Introduzione di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦  ³ (Eliminazione di premessa)
² ¦ ² ¦  ³³ ¦ ² ¦ ² ¦  ³³ (Scambio di premesse)
² ¦  ³ ¦ ²² ¦  ³ ¦ ² ¦  ³³ (Eliminazione di proposizione)
Assiomi della negazione
 ¦ ²F ¦  ³ (Principio di contraddizione)
² ¦  ³ ¦ ²²F ¦  ³ ¦  ³ (Principio del TND)
La consistenza interna di questi assiomi può essere dimostrata in
modo estremamente elementare. Dal punto di vista formalista ciò è
sufficiente per accettarli come base della logica generale dei giudizi.
Inoltre il sistema di Hilbert è completo: nessun nuovo assioma indi-
pendente può essere aggiunto senza contraddizione». [Ã ]
II. Assiomi della logica dei giudizi.
1. Gli assiomi della logica generale dei giudizi pretendono di avere
significato per tutti i giudizi; essi devono quindi seguire dalle proprie-
tà generali dei giudizi. Orbene, quanto segue non è affatto una defini-
zione dei concetti fondamentali nè una dimostrazione degli assiomi
della logica dei giudizi, ma una ricerca delle loro fonti intuitive che fa
già uso di tutti i concetti e gli strumenti della logica. [Ã ]

137
2. Il significato di  ¦  si esaurisce nel fatto che, una volta con-
vinti della verità di , dobbiamo accettare anche quella di  . Oppure,
nell'interpretazione formalista: se viene registrata una formula , dob-
biamo registrare anche la formula  . Così la relazione di implicazione
tra due giudizi non stabilisce alcuna connessione tra i loro contenuti.
Il primo assioma hilbertiano dell'implicazione, il cui significato è
«il vero segue da ogni cosa», risulta da questa interpretazione formali-
sta dell'implicazione: se  è vera per se stessa, allora dopo aver accet-
tato  dobbiamo anche considerare  come vera. La verità degli altri
tre assiomi dell'implicazione è vista con altrettanta facilità sulla base
dell'interpretazione data all'idea di implicazione. Inoltre, non è fatto
alcun riferimento al carattere dei giudizi considerati: quindi la possi-
bilità di applicare questi assiomi a giudizi arbitrari è indubbia.
È interessante il problema della completezza del sistema dei quattro
assiomi dell'implicazione. Dopo quanto si è detto sulla completezza
dell'intero sistema assiomatico hilbertiano per la logica dei giudizi, il
problema va posto così. Diciamo “vera” una formula dimostrata me-
diante gli assiomi dell'implicazione e della negazione; una formula
vera scritta con i soli simboli per giudizi arbitrari e per l'implicazione,
senza il simbolo per la negazione, può essere dimostrata partendo solo
dai quattro assiomi dell'implicazione?
3. Per quanto riguarda un giudizio considerato come un tutto, la sua
negazione è semplicemente l'interdizione a considerarlo vero. Possia-
mo ottenere una comprensione più precisa della natura della
negazione considerando il giudizio come un'asserzione che attribuisce
un predicato a un soggetto; la negazione è allora l'asserzione che il
predicato è incompatibile con il soggetto.
Il simbolo F della logica di giudizi esprime, naturalmente, la
prima interpretazione della negazione, cioè l'interdizione a conside-
rare vero il giudizio . Tuttavia l'usuale tradizione della logica è stata
quella di passare dalla prima alla seconda interpretazione, considerata
più primitiva. Ma nell'applicazione ai giudizi matematici ciò risulta
impossibile.

138
Nella misura in cui la negazione di un giudizio è il risultato di un
esame diretto, la seconda interpretazione, che parte dall'idea dell'im-
possibilità della sintesi che crea il giudizio, è di fatto più vicina alla
sostanza della cosa di quanto non lo sia la prima, che si fonda sull'idea
puramente formale di interdizione. Ma quando una negazione è otte-
nuta come risultato di una derivazione, la riduzione della prima inter-
pretazione alla seconda non è più necessaria e, nel caso dei giudizi
matematici, è talvolta addirittura impossibile. Di fatto, nella matema-
tica, molti giudizi negativi sono dimostrati per mezzo della riduzione
¡ ¦ ¢ Á F¢
a una contraddizione, secondo lo schema e non possono

venir dimostrati in altro modo.
Quindi la prima interpretazione della negazione è indipendente. Es-
sa è stata introdotta per la prima volta da Brouwer (1923) che defini-
sce la negazione come «assurdità». Essa si basa sulla seconda, poiché
per derivare un giudizio negativo per riduzione a una contraddizione
dobbiamo già avere qualche giudizio, ma è allo stesso tempo più
ampia della seconda.
4. Il primo assioma hilbertiano della negazione («ogni cosa segue
dal falso») fa la sua comparsa solo col sorgere della logica simbolica,
cosa che vale, incidentalmente, anche per il primo assioma dell'impli-
cazione. Ma mentre il primo assioma dell'implicazione discende con
evidenza intuitiva da una corretta interpretazione dell'idea di impli-
cazione logica, l'assioma ora considerato non ha né può avere alcun
fondamento intuitivo poiché asserisce qualcosa sulle conseguenze di
una cosa impossibile: «noi dobbiamo accettare  se l'enunciato vero 
è considerato falso ». Quindi il primo assioma hilbertiano della nega-
zione non può essere un assioma della logica intuizionista dei giudizi,
qualunque sia l'interpretazione della negazione da cui si parte.[Ã ]
5. Il secondo assioma hilbertiano della negazione esprime il prin-
cipio del terzo escluso. Esso viene espresso nella forma in cui è usato
nelle derivazioni: se  segue sia da  che da F, allora  è vero.[Ã ]
Chiaramente, dalla prima interpretazione della negazione (cioè, in-
terdizione di considerare vero il giudizio) è impossibile ottenere la
certezza della verità del principio del terzo escluso: incidentamente,
un tale tentativo non è stato mai compiuto.

139
Di conseguenza, per giustificare il principio dobbiamo considerare
la struttura del giudizio, la relazione del predicato al soggetto. Anche
nel semplicissimo caso di un giudizio del tipo «tutti gli ( sono ) » en-
trano inevitabilmente in gioco le relazioni di tutti i possibili ( (il cui
numero può essere infinito) con il predicato ) . Brouwer ha mostrato
che, proprio per questa ragione, nel caso di tali enunciati transfiniti il
principio del terzo escluso non può essere considerato evidente.
6. Quindi, dal punto di vista intuizionista, nessuno dei due assiomi
hilbertiani della negazione può essere assunto come assioma della lo-
gica generale dei giudizi. Noi presentiamo qui il seguente assioma,
che chiameremo principio di contraddizione:
² ¦  ³ ¦ ²² ¦ F ³ ¦ F³
Il suo significato è: se da  segue sia la verità che la falsità di un
giudizio  , allora è lo stesso  a essere falso. [Ã ]
La verità dell'assioma proposto segue dalla interpretazione più sem-
plice della negazione (interdizione di considerare vero un giudizio) e
non dipende dalla considerazione del contenuto dei giudizi.
Chiamerò  il sistema dei cinque assiomi (i quattro assiomi del-
l'implicazione e l'assioma della negazione sopra adottato). Non cono-
sciamo alcuna formula della logica generale dei giudizi che applicata
a giudizi arbitrari possegga evidenza, ma non sia dimostrabile a par-
tire da tale sistema. Nondimeno, la questione se tale sistema sia un si-
stema completo per la logica generale intuizionista dei giudizi resta
aperto.
7. Benché (come si è visto) il principio del terzo escluso non possa
essere considerato un assioma della logica generale dei giudizi, esso
ha validità in quell'ambito limitato dei giudizi che Brouwer chiama fi-
nitari. Non indagheremo qui la delimitazione dell'ambito dei giudizi
finitari: tale compito non è facile come potrebbe sembrare. Ci limitia-
mo quindi a riconoscere che di fatto un tale ambito esiste.
Oltre al principio del terzo escluso, nell'ambito del finitario ha vali-
dità anche quello della doppia negazione, espresso simbolicamente
da: FF ¦ .
È ovvio che tutti i cinque assiomi della logica generale dei giudizi
(il sistema ) sono validi anche nell'ambito del finitario. Chiameremo
– il sistema d'assiomi costituito dagli assiomi di  e dall'assioma del-
la doppia negazione. – è equivalente al sistema di Hilbert.

140
15. Valery Ivanovich Glivenko [1897-1940]
Sur la logique de M. Brouwer [1928]
«[Ã ] Ci si sforza talora, come hanno fatto Barzin ed Errera, di inter-
pretare il contenuto della logica brouweriana introducendo la nozione
di proposizioni terze, ossia di proposizioni che non sono né vere né
false. Io dimostrerò che l'introduzione nella logica brouweriana di
proposizioni terze è altrettanto illegittima quanto lo è nella logica
classica di modo che la logica brouweriana non è affatto una logica
tripartita.
Richiamiamo dapprima i principi noti della logica. [Ã ]
I.  ¦  II. ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³
III.  w  ¦  IV.  w  ¦ 
V. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦  w ³³
VI.  ¦  v  VII.  ¦  v 
VIII. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² v  ¦ ³
IX. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ F³ ¦ F³ X. F v  .
[Ã ] Dai principi I-IX se ne possono dedurre altri due, detti principi di
opposizione, che ci saranno utili in seguito:
XI. ² ¦ F³ ¦ ² ¦ F³ XII. ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³.
La logica brouweriana rigetta il principio X ossia la verità della pro-
posizione F v . Quanto ai principi I-IX e XI-XII essi non subiscono
la critica brouweriana.
Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “la propo-
sizione F v  è falsa” è falsa (Brouwer 1925). F²F v  ³ [Ã ]
Teorema. Nella logica brouweriana la falsità della falsità della
falsità della proposizione  implica la falsità della proposizione 
(Brouwer 1925). FFF ¦ F [Ã ].
Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “la propo-
sizione F v  implica la falsità della proposizione  ” implica  fa-
!à della proposizione À [²F v  ¦ F³ ¦ F ].
Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “una propo-
sizione  è terza” è falsa».
Sia Z è ‘ è terza’ e si assuma: (1) F ¦ FZ ; (2)  ¦ FZ . Allora,
per VIII, ²F ¦ FZ ³ ¦ ²² ¦ FZ ³ ¦ ²F v  ¦ FZ ³ e, per (1-2)
e RS, ²F v  ¦ FZ ³. Allora, per il teorema precedente e RS, FZ .

141
16. Valery Ivanovich Glivenko [1897-1940]
Sur quelques points de la logique de M. Brouwer [1929]

Glivenko comincia richiamando i precedenti risultati poi aggiunge:


«Ora non è priva d'interesse la messa in evidenza di relazioni molto
più generali che si presentano fra logica classica e quella di Brouwer.
Si ha:
1° Se un certa espressione della logica delle proposizioni è dimo-
strabile in logica classica, è la falsità della falsità di questa espres-
sione che è dimostrabile nella logica brouweriana. ‘ 2
 ¬ ‘1 FF
2° Se la falsità di una certa espressione della logica delle propo-
sizioni è dimostrabile in logica classica, questa stessa falsità è dimo-
strabile nella logica brouweriana. ‘2
F ¬ ‘1 F ».
Alla dimostrazione Glivenko premette una discussione degli assiomi.
Agli assiomi I-IX del saggio precedente aggiunge, al fine di «gettare
i fondamenti completi di un calcolo logico», gli assiomi
A. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³
B. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³
intuizionisticamente del tutto non problematici e poi, considerandoli
come «conseguenze immediate del principio  v F ¦ ² ¦ ³ la cui
ammissibilità è ben evidente» i due principi
C.  ¦ ² ¦ ³ e D. F ¦ ² ¦ ³.
La dimostrazione di 1° procede per induzione. Per gli assiomi basta
applicare le legge intuizionista  ¦ FF e ricordare che intuizionisti-
camente vale FF²F v ³. «Non ci resta da dimostrare che se ha
luogo la falsità della falsità di certe espressioni, allora la stessa
proprietà è posseduta dalle espressioni che da queste si deducono con
l'ausilio delle due regole di formazione di catene logiche. Per quanto
riguarda la regola di sostituzione ciò è evidente. La regola di
conclusione espressa dallo schema Á ¦ richiede un po' più
d'attenzione. Si tratta di verificare lo schema FFÁ FF²
FF
¦ ³
». Segue la
dimostrazione.
Per quanto riguarda 2°: se ‘ 2
F , allora, per 1°, ‘1 FFF; ma per
la legge di Brouwer, FFF ¦ F e quindi ‘1 F.

142
17. Arend Heyting [1898-1980]
Die formalen Regeln der intuitionistischen Logik [1930]

«Vengono introdotti quattro concetti fondamentali e cioè:

 ¦ , «da  segue »  w , « e  »
 v , « oppure » F, «non »

[Ã µ La logica intuizionista differisce da quella classica già per il fatto


che in essa nessuno di questi quattro concetti può venir definito per
mezzo degli altri. I seguenti teoremi sono invero validi, ma i loro in-
versi sono tutti indimostrabili.

‘ F v  ¦ ² ¦ ³ ‘ ² ¦ ³ ¦ F² w F³
‘  v  ¦ ²F ¦ ³ ‘  v  ¦ F²F w F³
‘  v  ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³ ‘  w  ¦ F²F v F³ .

La formula  ¦  in generale significa: «se  vale, vale anche  ».


Questa espressione ha già un significato se  e  sono proposizioni
costanti sulla cui verità non c'è bisogno di sapere alcunché; se  e 
contengono anche variabili, la formula dice all'incirca questo: «se per
una determinata sostituzione delle variabili vale , per la stessa sosti-
tuzione vale anche ». Si può pensare al caso in cui, dopo che la pro-
posizione  ¦  è stata dimostrata nel senso indicato, risulti più tardi
che  è sempre vera. La formula  ¦ , una volta accettata, deve poi
rimanere valida; ciò significa che dobbiamo attribuire al segno ¦ un
significato tale che  ¦  continui a valere anche adesso. La stessa
cosa va osservata per il caso che successivamente si mostri che  è
sempre falsa. Su tali basi sono accettate le formule

‘  ¦ ² ¦ ³ ‘ F ¦ ² ¦ ³
[Ã ]

143
Regole di operazione
1.1. Per indicare che una formula è messa nella lista delle «formule
valide» le verrà preposto il segno ‘ . Se la formula è un assioma, cioè
se viene ad arbitrio accettata come valida, lo si indicherà raddoppi-
ando il segno ‘ .
1.2. Se  e  sono formule valide, anche  w  è una formula valida.
1.3. Se  e  ¦  sono formule valide, anche  è una formula valida.
1.4. La formula «cost. » all'inizio di un paragrafo significa che il se-
gno  è una costante. Ogni segno che non venga introdotto in questo
modo come costante è una variabile. Da una formula valida si ottiene
ancora una formula valida quando si sostituisca ovunque e simul-
taneamente una variabile con un'altra combinazione di segni. [Ã ].

cost. ¦ Á w Á ²Á ³À
‘‘ ¦w ‘‘w ¦w
‘ ‘ ² ¦ ³ ¦ ² w  ¦  w ³ ‘ ‘  ¦ ² ¦ ³
‘ ‘ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ‘ ‘  w ² ¦ ³ ¦ 
cost. v À
‘‘ ¦v ‘‘v ¦v
cost. FÀ
‘ ‘ ² ¦ ³ w ² ¦ F³ ¦ F ‘ ‘ F ¦ ² ¦ ³

144
18. Arend Heyting [1898-1980]
Sur la logique intuitionniste [1932]
«[Ã ] Per gli intuizionisti la matematica costituisce un grandioso edi-
ficio costruito dalla ragione umana. Forse farebbero meglio a evitare
completamente la parola “esistere”; se tuttavia essi continuano a im-
piegarla, essa non saprebbe avere alcun altro senso che quello di “es-
sere costruito dalla ragione”.
§2. L'affermazione. Una proposizione  [Ã ] esprime un problema
o meglio ancora un'aspettativa che potrà essere realizzata o delusa.
L'affermazione di  ha nella logica classica il significato “ è vera”;
questa “affermazione classica” designa un fatto di natura trascen-
dente, che non quadra con le idee intuizioniste. [Ã ] Per soddisfare le
esigenze intuizioniste, l'affermazione deve essere la constatazione di
un fatto empirico e cioè della realizzazione dell'aspettativa espressa
dalla proposizione . Ecco dunque l'affermazione brouweriana di :
Si sa dimostrare . Noi l'indicheremo con ‘ . La parola ‘dimostrare’
va presa nel senso di ‘dimostrare mediante costruzione’. [Ã ] Osser-
viamo ancora che nella logica classica come in qualla intuizionistica,
l'affermazione di una proposizione non è essa stessa una proposizione,
ma la constatazione di un fatto. In logica classica è un fatto trascen-
dente; in logica intuizionista un fatto empirico.
§3. La negazione. Sia data una proposizione ; la negazione clas-
sica “ è falsa” non può servire nella logica intuizionistica per le
stesse ragioni dell'affermazione; la si deve rimpiazzare con “ implica
contraddizione”. Designamo tale “negazione brouweriana” non F;
allora F è una nuova proposizione esprimente l'aspettativa di poter
ridurre  a una contraddizione; la negazione è una funzione logica
‘ F significherà: “si sa ridurre  a una contraddizione”.
Evidentemente fra ‘  e ‘ F c'è un terzo caso, quello in cui non si
sa dimostarre né  nè F. Si potrebbe designare questo caso con Z ,
ma bisogna rendersi bene conto che Z non sarà quasi mai un enun-
ciato definitivo, poiché va tenuto conto della possibilità che la dimo-
strazione di  o di F un giorno riesca. Se non si vuole rischiare di
dover ritrattare ciò che si è detto non si dovrà enunciare assolutamente
nulla nel caso Z . È così che si ottiene la logica concepita da Glivenko
e che io ho sviluppato con maggiori dettagli in un recente articolo».

145
19. Andrej Nicholaevic Kolmogorov [1903-87]
Zur Deutung der intuitionistischen Logik [1932]

«Il presente lavoro può venir considerato da due punti di vista comple-
tamente diversi.
1. Se non si riconoscono i presupposti epistemologici dell'intuizio-
nismo, interessa solo il primo paragrafo, i cui risultati si possono rias-
sumere come segue.
Accanto alla logica teoretica, che sistematizza gli schemi dimostrativi
delle verità teoretiche, si possono sistematizzare gli schemi di soluzione
di problemi, per esempio di costruzione geometrica. Per es., in cor-
rispondenza al principio del sillogismo compare qui il seguente prin-
cipio: Se possiamo ricondurre la soluzione di  ad  e quella di  a  ,
allora possiamo anche ricondurre la soluzione di  a quella di .
Si può introdurre un oppotuno simbolismo e dare le regole formali di
computo per la costruzione simbolica di tali schemi di soluzione di pro-
blemi. Si ottiene così, accanto alla logica teoretica, un nuovo Calcolo
dei problemi. Ciò facendo, non si ha alcun bisogno di ipotesi epistemo-
logiche particolari, per esempio intuizionistiche.
Vale allora il seguente notevole dato di fatto: Formalmente il calcolo
dei problemi coincide con la logica intuizionistica di Brouwer recen-
temente formalizzata da Heyting.
2. Nel secondo paragrafo, si esamina criticamente la logica intuizio-
nistica, sulla base dell'accettazione delle ipotesi generali intuizio-
nistiche; si mostra che tale logica può venir sostituita dal calcolo dei
problemi, poiché i suoi oggetti non sono in realtà proposizioni teore-
tiche ma piuttosto problemi. §1. [Ã ]
I problemi vengono d'ora in avanti designati con lettere minuscole
corsive Á Á Á Ã Se  e  sono problemi,  w  designa il problema
“risolvere entrambi i problemi  e  ” mentre  v  designa il problema
“risolvere almeno uno dei problemi  e ”. Inoltre  ¦  è il problema
“supposto risolto il problema , risolvere ” o, ciò che fa lo stesso,
“ricondurre la soluzione di  a quella di ”. Noi non abbiamo preceden-
temente presupposto che ogni problema sia risolubile. [Ã ] Corri-
spondentemente, F indica il problema “supposta data la soluzione di 
ricavare una contraddizione”. [Ã ]

146
20. Kurt Gödel [1906-78]
Zum intuitionistischen Aussagenkalkül (1932)

In risposta a una questione posta da Hahn, per il sistema / del cal-


colo proposizionale intuizionista costruito da Heyting valgono i segu-
enti teoremi :
1. Non c'è nessuna realizzazione con un numero finito di elementi
(valori di verità) per la quale tutte e sole le formule dimostrabili in /
sono soddisfatte, cioè danno valori privilegiati per ogni sostituzione.
2. Tra / e il sistema ( del calcolo proposizionale usuale si trova
un numero infinito di sistemi, cioè esiste una successione monotona
decrescente di sistemi tali che ognuno di essi contiene / ed è con-
tenuto in (.
La dimostrazione segue dai fatti seguenti: sia - la formula
'² ©  ³ per       
dove ' indica la disgiunzione v iterata e le  sono variabili pro-
posizionali. - è soddisfatta da ogni realizzazione con meno di  ele-
menti per cui siano soddisfatte tutte le formule dimostrabili in / .
Infatti, in ogni sostituzione, in almeno uno dei sommandi di - ,  e
 saranno sostituiti da uno stesso elemento ; e ² © ³ v  per 
arbitrario dà un valore privilegiato, dato che la formula² © ³ v  è
dimostrabile in / .
Sia poi : la realizzazione seguente:
elementi: ¸1,2,Ã Á ¹; elemento privilegiato: 1;
 v  ~ ²Á ³;  w  ~ %²Á ³;
 ¦  ~ , per  ‚ ;  ¦  ~  , per    ;
F ~    £ ; F ~  .
In tal caso sono soddisfatte da : tutte le formule di / e la formula
-b così come tutte le - con indice maggiore, mentre - e tutte le
- con indice minore non sono soddisfatte. Da ciò risulta in par-
ticolare che nessuna - è dimostrabile in / . Vale d'altronde in ma-
niera affatto generale che una formula della forma ( v ) è dimo-
strabile in / soltanto nel caso in cui o ( o ) è dimostrabile in / .

147
21. Kurt Gödel [1906-78]

Zur intuizionistischen Arithmetik und Zahlentheorie (1933)

«Se si fanno corrispondere ai concetti primitivi del calcolo proposizi-


onale intuizionista quelli del calcolo classico con la stessa notazione e
alla ‘assurdità’ (F) la negazione (—), allora il calcolo proposizionale
intuizionista / appare come un sottosistema proprio dell'usuale (.
Con un'altra corrispondenza (traduzione) dei concetti è però
inversamente quello classico un sottosistema dell'intuizionistico. Vale
infatti:
ogni formula costruita solo con congiunzioni ( w ) e negazioni (F) e
valida in ( è dimostrabile anche in / . Ogni formula siffatta deve
invero avere la forma F( w F( w à w F(
e se è valida in (, allora lo è anche ogni singola F( ; allora, per
Glivenko [1929], F( è anche dimostrabile in / e quindi tale è anche
la congiunzione delle F( . Ne segue: Se si traducono i concetti classi-
ci —Á  ¦ Á  v Á h
con i seguenti intuizionisti FÁ F² w F³Á F²F w F³Á  w 
allora ogni formula classica è valida anche in / .
Scopo della presente ricerca è di mostrare che qualcosa di simile
vale anche per l'intera aritmetica e teoria dei numeri, nella misura in
cui questa è data, per esempio, dagli assiomi di Herbrand.
[Nota di Gödel: Il risultato ricavato da Glivenko [1929] per il
calcolo proposizionale non si lascia estendere alla teoria dei numeri]»

148
22. Kurt Gödel [1906-78 ]
Eine Interpretation des intuizionistischen Aussagenkalküls (1933)

Si può interpretare il calcolo proposizionale di Heyting per mezzo


dei concetti del calcolo proposizionale usuale e del concetto « è di-
mostrabile» (indicato con )) assumendo per quest'ultimo il seguente
sistema di assiomi ¡:
1. ) ¦ 
2. ) ¦ ²)² ¦ ³ ¦ )³
3. ) ¦ )).
Oltre a ciò si devono assumere per i concetti ¦ Á FÁ w Á v gli as-
siomi e le regole di inferenza del calcolo proposizionale usuale, con in
più la nuova regola di inferenza : da ( si può concludere )(.
I concetti primitivi di Heyting si traducono in questo modo:
F ¦ v w
F) ) ¦ ) ) v ) w
Con gli stessi risultati si potrebbero anche tradurre F con )F) e
 w  con ) w ) . La traduzione di una qualsiasi formula valida nel
sistema di Heyting segue da ¡, mentre non segue da ¡ la traduzione
di  v F e in generale di nessuna formula della forma )7 v )8 per
la quale non sia già dimostrabile, a partire da ¡, )7 oppure )8.
Presumibilmente una formula vale nel calcolo di Heyting se e solo se
la sua traduzione è dimostrabile a partire da ¡.
II sistema ¡ è equivalente al sistema dell'implicazione stretta di
Lewis quando ) venga tradotto con 5  e il sistema di Lewis venga
esteso con il seguente assioma aggiuntivo di Becker 5   5 5 À
Bisogna notare che per il concetto «dimostrabile in un determinato
sistema formale : » non valgono tutte le formule dimostrabili a partire
da ¡. Per esempio per questo concetto non vale mai )²) ¦ ³,
cioè non vale per nessun sistema : che contenga l'aritmetica. Infatti in
caso contrario sarebbe dimostrabile in : per esempio
)² £ ³ ¦  £  e Quindi anche anche F)² £ ³, cioè la
consistenza di : sarebbe dimostrabile in : .

149
23. Ingebrigt Johansson [1904-87]
Der Minimalkalkül,
ein reduzierter intuitionistischer Formalismus [1937]

«Fra gli assiomi logici posti da A. Heyting per la derivazione delle


regole formali della logica intuizionistica ve ne sono due che destano
sorpresa.
‘ ‘  ¦ ² ¦ ³
‘ ‘ F ¦ ² ¦ ³
Il senso di questi assiomi è naturalmente solo che relazione di con-
seguenza ha nel calcolo un significato un po' diverso da quello che es-
sa ha nell'uso corrente. Invero, si può scrivere  ¦  nei tre casi se-
guenti:
1. Quando  viene riconosciuto come conseguenza logica di .
2. Quando  è riconosciuto come giusto.
3. Quando  è riconosciuto come falso (assurdo).
Con il secondo caso ci si può facilmente conciliare; il terzo, invece
(che segue dal secondo assioma), significa un amplimento difficil-
mente calcolabile del concetto di conseguenza. Varrà la pena di
indagare se lo si può evitare.
V. Glivenko li difende entrambi in quanto seguono da
(1) ‘ ²F v ³ ¦ ² ¦ ³
ed egli considera evidente questa formula. È però proprio la stessa
formula che C. I. Lewis rigetta nel suo ‘calcolo dell'implicazione
stretta’. Questi però ammette invece l'inverso
(2) ‘ ² ¦  ³ ¦ ²F v ³,
in quanto si muove per il resto nella visione classica.
Nel calcolo classico valgono sia (1) che (2); in quello intuizionistico
(1) vale, non però (2); e nel ‘calcolo dell'implicazione stretta’ vale (2)
ma non (1). Nel calcolo minimale trattato in questo lavoro non valgo-
no né (1) nè (2). [Ã ]
Il calcolo minimale differisce da quello istituito da Heyting soltanto
per il fatto che in esso manca il secondo assioma. È sorprendente
quanto pochi teoremi vengano così a cadere».

150
24. Jan Lukasiewicz [1878-1956]
Lezione di congedo (7.3.1918, in partenza per diventare Ministro)
«[Ã ] Ho dichiarato una guerra spirituale contro ogni coercizione che re-
stringa la libera attività creatrice dell'uomo.
Ci sono due tipi di coercizione. L'una è fisica, e si manifesta o come
forza esterna che blocca la libertà di movimento o come impotenza interi-
ore che rende incapaci di qualsiasi azione. Possiamo liberarci da tale coer-
cizione. Tendendo i nostri muscoli possiamo spezzare le catene ed eser-
citando la nostra volontà possiamo vincere l'inerzia del corpo. E quando
ogni misura fallisce, c'è ancora, come grande liberatrice, la morte.
L'altro tipo di coercizione è logico. Dobbiamo accettare principi autoevi-
denti e i teoremi che ne risultano. Tale coercizione è più forte di quella
fisica; non c'è speranza di liberazione. Nessuna forza fisica o intellettuale
può sconfiggere i principi della logica e della matematica.
Questa coercizione cominciò con la nascita della logica aristotelica e
della geometria euclidea. Ne nacque il concetto di scienza come sistema di
principi e teoremi collegati da relazioni logiche. Il concetto è venuto dalla
Grecia e ha regnato sovrano. L'universo fu concepito secondo il modello di
un sistema scientifico: gli eventi e i fenomeni sono interconnessi da rap-
porti causali e seguono l'uno dall'altro come i teoremi di una teoria scien-
tifica. Tutto ciò che esiste è soggetto a leggi universali. Nell'universo così
concepito non c'è posto per un atto creativo risultante, non da una legge,
ma da un impulso spontaneo. Anche gli impulsi sono soggetti a leggi, sca-
turiscono da necessità è possono essere previsti da un essere onnisciente.
Prima che io venissi al mondo le mie azioni erano state previste fin nei
dettagli più minuti. Quest'idea ha pervaso anche la vita pratica. [Ã ]
La mente creativa si rivolta contro questo concetto di scienza, di uni-
verso, di vita. Una individuo audace, conscio del proprio valore, non vuole
essere solo un anello di una catena di cause ed effetti ma desidera influen-
zare lui stesso il corso degli eventi. Questo è sempre stato lo sfondo del-
l'opposizione fra arte e scienza. Gli artisti sono lontani dai problemi scien-
tifici e non avvertono coercizione logica. Ma uno scienziato, cosa può fare?
Può scegliere fra due vie: sprofondare nello scetticismo e abbandonare la
ricerca o venire alle prese con il concetto di scienza basato sulla logica
aristotelica.
Io ho scelto la seconda via. [Ã ] Nello sforzo per trasformare il concetto
di scienza basato sulla logica aristotelica ho dovuto forgiare armi più forti
di quella logica. Fu la logica simbolica a divenire per me una tale arma.

151
Ho esaminato i grandi sistemi filosofici proclamanti, alla luce di quella
logica, la causalità universale dei fenomeni. Accertai che tutti essi, non e-
scluso il criticismo kantiano, si riducono in nulla, se sottoposti a criticismo
logico. Diventano una collezione di idee slegate, talora brillanti, ma prive
di valore scientifico. Non costituiscono alcuna minaccia per la libertà.
Le scienze empiriche pervengono a leggi generali attraverso ragionamenti
induttivi. Ho esaminato la struttura logica delle conclusioni induttive. Sono
partito dalle ricerche compiute da Jevons e Sigwart e ho cercato di dimostra-
re che l'induzione è un ragionamento riduttivo che cerca ragioni di date con-
seguenze. Un tale ragionamento non dà mai risultati affidabili, ma solo ipo-
tesi. Così anche qui la coercizione logica cessa di operare. Essendo ipotesi,
le leggi e le teorie delle scienze naturali non sono riproduzioni di fatti, ma
prodotti creativi del pensiero umano. Vanno paragonati non a una fotografia,
ma al quadro dipinto da un pittore. Lo stesso paesaggio può venir interpre-
tato in modi diversi in opere di artisti diversi; analogamente, teorie diverse
possono servire a spiegare gli stessi fenomeni. In ciò vidi per la prima volta
una vicinanza fra il lavoro scientifico e quello artistico.
La coercizione logica si manifesta nel modo più forte nella scienze a pri-
ori. [Ã ] Nel 1910 pubblicai un libro sul principio di contraddizione nel-
l'opera aristotelica in cui mi sforzai di dimostrare che quel principio non è
così autoevidente come si ritiene che sia. Tentai persino di costruire una lo-
gica non-aristotelica; ma invano. Ora credo di esserci riuscito. La via mi fu
indicata dalla antinomie che provano che nella logica aristotelica c'è una la-
cuna. Il colmare quella lacuna mi portò a una trasformazione dei principi
tradizionali della logica. [Ã ] Ho dimostrato che oltre alle proposizioni ve-
re e false ci sono proposizioni possibili, alle quali corrisponde come terza,
in aggiunta all'essere e al nonessere, la possibilità oggettiva. Ciò ha dato
origine a un sistema di logica trivalente che ho elaborato in dettaglio nella
scorsa estate. Tale sistema è coerente e autoconsistente tanto quanto la lo-
gica aristotelica ed è assai più ricco di leggi e di formule.
Questa nuova logica, introducendo il concetto di possibilità oggettiva di-
strugge il precedente concetto di scienza basato sulla necessità. I fenomeni
possibili non hanno causa, benché possano essere essi l'inizio di una catena
causale. Un atto di un individuo creativo può essere libero e insieme influ-
enzare il corso del mondo. La possibilità di costruire sistemi logici diversi
mostra che la logica non è ristretta alla riproduzione di fatti ma è, al pari di
un'opera d'arte, un libero prodotto dell'uomo. La coercizione logica svani-
sce alla sua stessa fonte. [Ã ]

152
La prima presentazione della logica trivalente di Lukasiewicz
[L ] fu data in : O logice trójwarto.ciowej (1920) .

In presentazione attuale: Alfabeto primitivo: ¸ ¹  FÁ ¦  ²Á ³À

 F   ¦
    
 
    

    

  
 
  
 
   Definizioni
    v  • ² ¦ ³ ¦ 
    w  • F²F v F³
    ©  • ² ¦ ³ w ² ¦ ³

Quindi:   w   v   ©


        
  
      

        
    
        
       
        
    
       
        
     
   

        

 è legge logica di L sse, per ogni assegnazione, il valore di  è 


Il valore  era pensato come possibilità

153
25. Emile Post [1897-1954]
Introduction to a General Theory Ã

Sistemi di verità a -valori


11. Il sistema ²FÁ v ³ generalizzato.
[Ã ] Ora presentiamo una nuova classe di sistemi, distinta dai sistemi
a due valori della logica simbolica [Ã ]. In tali sistemi, invece dei due
valori di verita + e c abbiamo  «valori di verità» distinti ! Á ! Á Ã Á
! , dove  è un intero positivo. Una funzione di ordine  avrà ora
 configurazioni nella sua tavola di verità di modo che ci saranno

 tavole di verità di ordine . Chiamando completo un sistema che
possiede tutte le possibili tavole di verità, dimostriamo adesso che le
seguenti due tavole generano un sistema completo.
   v
 F  ! ! !
! ! Ã Ã Ã
! ! ! ! !    
à à à à à  ‚  
! ! ! ! !
à à Ã
! ! !
Vediamo che F , la generalizzazione di F, permuta ciclicamente
i valori di verità, mentre  v   , la generalizzazione di  v  , assume
il più alto tra i due valori di verità (NB. il valore di verità più alto ha
qui l'indice minore)».
[Post mostra come costruire la tavola di ogni funzione unaria.]
«Costruiamo ora una funzione per la tavola  c
F   e definia-
! !
! !c
à Ã
! !
mo  w   • c c   v c
F  ²F F  ³ che è la generalizzazione di
 w  e ha il minore tra i due valori di verità dei suoi argomenti».
[Post mostra quindi come costruire la tavola di ogni funzione].

154
26. J. Lukasiewicz, A. Tarski Untersuchungen Ã
«3. SISTEMI POLIVALENTI DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE
Oltre al sistema ordinario del calcolo proposizionale esistono nume-
rosi altri sistemi di questo calcolo che meritano di essere studiati. Ciò
fu posto in rilievo per la prima volta da Lukasiewicz che evidenziò
anche una classe particolarmente importante di tali sistemi [1922]. I
sistemi fondati da Lukasiewicz saranno qui chiamati «sistemi a -
valori» del calcolo proposizionale e indicati col simbolo ‘3 ’ (dove 
è un numero naturale o  ~ L ). Tali sistemi possono essere definiti
col metodo matriciale nel seguente modo:
Definizione 7. Il sistema a -valori L del calcolo proposizionale
(dove  è un numero naturale o  ~ L ) è l'insieme di tutte le propo-
sizioni soddisfatte dalla matrice › ~ ´(Á )Á  Á µ dove,
per  ~ , l'insieme ( è vuoto,

per     L , ( consiste di tutte le frazioni della forma c con
     c ,
e per  ~ L , ( consiste di tutte le frazioni della forma  con
    ,
inoltre l'insieme ) è ¸1¹ e le funzioni  e  sono definite dalle
formule:  ²%Á &³ ~ ²Á  c % b &³Á ²%³ ~ % c .
Come ha mostrato Lindenbaum, il sistema 3L non risulta modifi-
cato se, nella definizione del sistema, l'insieme ( di tutte le frazioni
proprie viene sostituito da un altro sottoinsieme infinito dell'intervallo
 Á  € : [à ]
Dalla definizione 7 si ottengono facilmente i seguenti risultati stabi-
liti da Lukasiewicz:
Teorema 17.
(a) 3 ~ :Á 3 ~ 3;
(b) se     L ,     L e  c  è un divisore di  c ,
allora 3 ‹ 3;
(c) 3L ~  3 À
L

Teorema 18. Tutti i sistemi 3 con     L sono consistenti ma


non completi [Ã ].
L'inverso del teorema 17 è stato dimostrato da Lindenbaum:

155
Teorema 19. Per     L ,     L si ha 3 ‹ 3 se e
solo se  c  è un divisore di  c .
Il teorema 17(c) è stato rafforzato da Tarski mediante il teorema 16:
Teorema 20. 3L ~  3 per ogni successione crescente di di
L

numeri naturali. [Ã ]
Per l'assiomatizzabilità dei sistemi 3 , vale il seguente teorema di-
mostrato prima da Wajsberg [1927] per  ~  e per ogni  tale che
 c  sia primo e poi esteso da Lindenbaum a tutti i naturali:
Teorema 22. Per ogni ,     L , Ln è assiomatizzabile.
La dimostrazione effettiva del teorema consente di dare una base
per ogni sistema 3 con     L À In particolare Wajsberg ha sta-
bilito:
Teorema 23. L'insieme ? formato dalle proposizioni
‘CC’,  ¦ ² ¦ ³
‘CC CCC’ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³
‘CCNN C’ ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³
‘CCCN’ ²² ¦ F³ ¦ ³ ¦ 
costituisce una base per 3 . [Ã ]
Teorema 25. Ogni sistema 3 , per     L , possiede, per ogni
numero naturale  (e in particolare per  ~ ), una base che ha
esattamente  elementi.
Teorema 26. In ogni base (e in generale in ogni sistema di assiomi)
del sistema 3 occorrono almeno tre distinte variabili proposizionali.
II problema dell'assiomatizzabilità del sistema 3L non è stato
ancora risolto. Lukasiewicz ha formulato l'ipotesi che il sistema sia
assiomatizzabile e che una sua base sia data dall'insieme indipendente
formato dalle seguenti proposizioni
‘CC’,  ¦ ² ¦ ³
‘CC CCC’ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³
‘CCC CC’ 4² ¦ ³ ¦  5 ¦ 4² ¦ ³ ¦ 5
‘CCC CC’ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³
‘CCNN C’ ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³».
NB. L'ipotesi è vera: M. Wajsberg [1935, dimostrazione mai pub-
blicata]; A. Rose & J. B. Rosser [1958]; C. C. Chang [1958]. Il °
assioma è superfluo: C. A. Meredith [1958]; C. C. Chang [1958].

156
27. Stephen Cole Kleene [1909-94]
A notation for ordinal Numbers (1938)

«Per ogni funzione ricorsiva parziale ²%³ e ²Œ³ e ogni relazione


ricorsiva parziale 9²%³, la funzione ²²Œ³³ e la relazione 9²²Œ³³
sono ricorsive parziali, (altrettanto quando  o 9 hanno più argomen-
ti). [à ] Per ogni relazione ricorsiva parziale 9²ŒÁ &³ la funzione
&9²ŒÁ &³ è ricorsiva parziale [à ]. Date le relazioni parziali (²Œ³ e
)²Œ³ che possono essere indefinite per qualche valore di Œ inteprete-
remo F(²Œ³Á (²Œ³ v )²Œ³Á (²Œ³ w )²Œ³Á (²Œ³ ¦ )²Œ³Á (²Œ³ © )²Œ³
come segue.

F( (v) (w)

( !  " ( !  " ( !  "


 ! " ) ! ! ! ! ) ! !  "
 !  "    
" ! " " " "  "

(¦) (©)

( !  " ( !  "
) ! ! ! ! ) ! !  " " ¢ undefined
  ! "   ! " ! ¢ true
" " ! " " " " "  ¢ false

(Non valgono tutte le equivalenze del calcolo proposizionale


classico). Se (²Œ³ e )²Œ³ sono ricorsive parziali, le relazioni
composte sono ricorsive parziali».

157
Le più celebri logiche trivalenti

L [J. Lukasiewicz (1920)]


 F w     v      ¦    
             
  
 
  
     
  
   
             

7 [E. Post (1920)]


 F  w      v      ¦    
             


  
       
  
 
             
  

. [K. Gödel (1932)]


 F  w      v      ¦    
             
 
    
     
  
   
             

2 [S. C. Kleene (1938)]


 F  w      v      ¦    
             
  
 
  
     
  
   
             

) [D. A. Bocvar (1939)]


 F  w      v     ¦  
 
            


             
             
    
   
   

  

158
28. Charles Irving Lewis [1883-1964]
A Survey of Symbolic Logic [1918]
«Cap. V. Il sistema dell'implicazione stretta. I sistemi discussi nell'ul-
timo capitolo erano tutti basati sull'implicazione materiale, dove  ¦ 
significa esattamente “ è vero e  è falso è un'asserzione falsa”. [Ã ]
questo non è il significato usuale di “implica”. La sua divergenza dal-
l'“implica” dell'inferenza usuale si mostra in teoremi come “Una pro-
posizione falsa implica ogni proposizione” e “Una proposizione vera”
è implicata da ogni proposizione. Il presente capitolo intende presen-
tare i lineamenti di un calcolo delle proposizioni che è basato su un si-
gnificato di “implica” affatto diverso e più in accordo con gli usi abi-
tuali di quella relazione nell' inferenza e nella dimostrazione. Lo chia-
meremo il sistema dell'Implicazione stretta. [Ã ]
Le idee fondamentali del sistema sono [Ã ]:
1. Proposizioni: Á Á Á ecc.
2. Negazione: c , che significa “ è falsa”.
3. Impossibilità: — , che significa “ è impossibile”, o “È impossibi-
le che  sia vera”.
4. Prodotto logico:  w  , che significa “entrambe  e  ”, o “ è vera e
 è vera”.
5. Equivalenza:  ~  , la relazione di definizione.
I sistemi sinora sviluppati, a parte quelli di MacColl, hanno solo
due valori di verità “vero” e “falso”. L'aggiunta dell'idea di im-
possibilità ci dà cinque valori di verità, che sono tutti idee logiche
familiari:
(1) , “ è vera”. (2) c , “ è falsa”. (3) — , “ è impossibile”.
(4) c — , “È falso che  sia impossibile”, (“ è possibile”)
(5) — c , “È impossibile che  sia falsa”, (“ è necessariamente vera”).
[Ã ] Le relazioni diadiche fra proposizioni possono venir definite in
termini di questi valori di verità e del prodotto logico  w  :
1-01) Consistenza. k ~ c — ² w ³. Def.
1-02) Implicazione stretta.  ƒ  ~ — ² w c ³. Def.
1-03) Implicazione materiale.  ¦  ~ c ² w c ³. Def.
1-04) Somma logica stretta. i ~ — ² c  w c ³. Def.
1-05) Somma logica materiale.  v  ~ c ² w c ³. Def.
1-06) Equivalenza stretta. ² ~ ³ ~ ² ƒ ³ w ² ƒ ³. Def.

159
Nella Symbolic Logic (1932) , C. I. Lewis e Cooper H. Langford
introdussero cinque sistemi di implicazione stretta le cui denomina-
zioni ‘S1’-‘S5’ sono diventate standard.
I sistemi sono costituiti tutti sullo stesso linguaggio, hanno le stesse
definizioni e le stesse regole di inferenza.

Alfabeto primitivo: Á Á Á Ã Â w Á FÁ j.
Definizioni: Implicazione stretta.  ƒ  • F j ² w F³
Equivalenza stretta.  ~  • ² ƒ ³ w ² ƒ ³

Rimpiazzamento
Regole di inferenza: Sostituzione
di equivalenti stretti
 ~Á 
´° µ  ´°° µ

Aggiunzione Separazione stretta


Á  Á  ƒ 
w 

Assiomi: S1 ² w ³ ƒ ² w ³
² w ³ ƒ 
 ƒ ² w ³
²² w ³ w ³ ƒ ² w ² w ³³
²² ƒ ³ w ² ƒ ³³ ƒ ² ƒ ³
² w ² ƒ ³³ ƒ 
[ ƒ FF; superfluo (McKinsey, 1934)]
S2 ~ S1 b j ² w ³ ƒ j 
S3 ~ S1 b ² ƒ ³ ƒ ²F j  ƒ F j ³
S4 ~ S1 b j j  ƒ j 
S5 ~ S1 b j  ƒ F j F j 
Gli assiomi j j  ƒ j  e j  ƒ F j F j  furono avanzati da
Oskar Becker [1889-1964] in Zur Logik der Modalitäten (1930) .

160
IIIB. LA LOGICA COME TEORIA DELLE
INFERENZE VALIDE:
L'IDEA DI ‘SEQUENZA’

161
1. Megarico-Stoici

Gli argomenti [lÒgoi] e i loro modi [trÒpoi]

Un argomento [lÒgoj] è un complesso [sÚsthma] di premesse [l»mmata]


e conclusione [™pifor£] (a volte si distingue fra premesse maggiori [tropik£,
¹gemonik£] e minori [proslambanÒmena, prosl»yeij])
 Á Ã Á   ¬ 
le nostre virgole : sundesmoˆ proslhptiko…
la nostra ¬ : sundesmÕj ™piforikÒj
Un modo è una forma [scÁma] di argomento; era presentato mediante
ordinali. Un argomodo [logÒtropoj] contiene proposizioni e numeri.
Es.1: se il primo allora il secondo, ma il primo; dunque il secondo.
Es.2: se è giorno allora è chiaro, ma il primo; dunque il secondo.
Un argomento è disposto [t£ttesqai] o è richiesto [™rwt©sqai o
sunerwq©sqai] in un modo.
Classificazione degli argomenti rispetto alla conclusività
(DL VII 78)
~
 indimostrabili



 [¢napÒdeiktoi]


~
 sillogistici  riconducibili

 


 [sullogistiko… ]
 [¢nagÒmenoi]

 

 tramite regole
~
 concludenti  € [qšmata]

 

 [perantiko…] 


 

 specificamente
 € [e„dikîj]





 inconcludenti
€ [¢pšrantoi]
(DL VII 78) Argomenti specificamente concludenti sono quelli con-
cludenti ma non sillogistici.
Es.: ‘È giorno ed è notte è falso, ma è giorno; quindi non è notte’

162
Argomenti concludenti
DL VII 77: «Un argomento è concludente quando l'opposto della sua
conclusione [tÕ ¢ntike…menon tÁj ™pifor©j] non confligge [oÙ m£cetai]
con la congiunzione delle sue premesse [tÍ di¦ tîn lhmm£twn sum-
plokÍ]».
DL VII 73: «Un condizionale è vero [¢lhqšj] quando l'opposto del
suo conseguente [tÕ ¢ntike…menon toà l»gontoj] non confligge [oÙ
m£cetai] con il suo antecedente [tù ¹goumšnJ]».
HP B 137: «Degli argomenti, gli uni sono corretti [sunaktiko…], gli
altri scorretti [¢sÚnaktoi]; e corretti lo sono quando il condizionale
che comincia dalla congiunzione delle premesse dell'argomento [tÕ
sunhmmšnon tÕ ¢rcÒmenon ¢pÕ toà di¦ tîn toà lÒgou lhmm£twn
sumpeplegmšnou] e il cui conseguente è la conclusione dello stesso
[lÁgon e„j t¾n ™pifwr¦n aÙtoà] è vero [Øgišj]».
Quindi: Un argomento è concludente quando il condizionale avente
come antecedente la congiunzione delle sue premesse e come conse-
guente la sua conclusione è vero.
 Á à Á  ¬  se e solo se `  w à w  ¦ 

Gli indimostrabili [¢napÒdeiktoi]

1.  ¦ Á  ¬ 
2.  ¦ Á  ¬ 
3. F² w  ³Á  ¬ 
4. ©O Á  ¬ 
5. ©O Á  ¬ 

NB. Di fatto i tre ultimi ci dicono che cosa si può ricavare da una
delle tre possibili disgiunzioni con l'aiuto di un'informazione
aggiuntiva su uno dei dei disgiunti
 § Á  ¬   § Á  ¬
\ 
© O Á  ¬  © O Á  ¬ 
 v Á  ¬  © O Á  ¬\ 

163
Le regole [qšmata]
La prima è nota:

(Pseudo?)Apuleio, in De interpretatione, 3, XII p. 191,5-25.


«est et altera probatio communis omnium, etiam indemonstrabilium,
quae dicitur per impossibile appellaturque a Stoicis prima constitutio
vel primum expositum, quod sic definiunt:
“Si ex duobus tertium quid colligitur, alterum eorum cum contrario
illationis colligit contrarium reliquo”».

ex duobus ´Á  µ
si tertium quid ´ µ
colligitur ´ ¬ µ

Á  ¬ 
RI
Á  ¬  Á  ¬ 

´µ alterum eorum ´ µ


cum contrario illationis ´µ
colligit ´ ¬ µ
´ µ contrarium reliquo ´µ

La seconda e la quarta non ci sono esplicitamente testimoniate.

Ipotesi (Frede-Crivelli):

¬w
La seconda regola RII
¬

Á Á  ¬ 
La quarta regola RIV
Á  ¬ 

164
La terza regola (Simplicio, De Coelo, SVF II, 256)
«[Ã ] si compie secondo la cosiddetta terza regola degli Stoici la cui
formulazione secondo gli antichi è la seguente: se da due [proposi-
zioni] se ne inferisce una terza e da quella inferita assieme a qualche
esterna se ne inferisce una, anche dalle prime due e da quella esterna
aggiunta si inferirà la stessa» [« [Ã ] kat¦ tÕ tr…ton legÒmenon par¦ to‹j
Stwiko‹j pera…netai oá lÒgoj kat¦ toÝj palaioÝj toioàtoj: ™¦n ™k due‹n
tr…ton ti sun£ghtai, tÕ de sunagÒmenon met'¥llou tinÕj œxwqen sun£gV
ti, kaˆ ™k tîn prètwn due‹n kaˆ toà œxwqen proslhfqšntoj sunacq»setai
tÕ aÙtÒ]»

Se
[™¦n]

da due ´Á  µ (dal)la conclusione ´ µ


[™k due‹n] [tÕ de sunagÒmenon]

si inferisce ´ ¬ µ con una qualch'altra esterna


e ´ µ
[sun£ghtai] [met'¥llou tinÕj œxwqen]

una terza ´ µ (se ne) inferisce ´ ¬ µ una ´µ


[tr…ton ti] [sun£gV ti]

Á  ¬  Á  ¬ 
(allora) anche
[kaˆ]

anche dalle due prime ´Á  µ e da quella esterna aggiunta ´ µ


[™k tîn prètwn due‹n kaˆ toà œxwqen proslhfqšntoj]

si inferirà ´ ¬ µ la stessa ´µ


sunacq»setai tÕ aÙtÒ

Á  Á  ¬ 
Á  ¬  Á  ¬ 
Cioè: RIII
Á  Á  ¬ 

165
Esempi di analisi

1) SE AM 234-5: «[234] [Ã ] argomento che Enesidemo proponeva a


proposito del segno e che suona così: “Se le cose apparenti appaiono
allo stesso modo a quelli che si trovano in condizioni simili, e se i se-
gni sono cose apparenti, allora i segni appaiono allo stesso modo a
quanti si trovano in condizioni simili; ma le cose apparenti appaiono
allo stesso modo a quanti si trovano in condizioni simili; i segni, inve-
ce, non appaiono allo stesso modo a tutti quelli che si trovano in condi-
zioni simili; dunque i segni non sono cose apparenti”. Un tale argo-
mento risulta composto dal secondo e dal terzo indimostrabile, come si
ricava dall'analisi che diverrà più chiara quando se ne affidi la spiega-
zione al modo, che è il seguente: se il primo e il secondo, il terzo; ma
non il terzo e però il primo; dunque non il secondo»
 w  ¦  Á F Á  ¬ F

2 3
 w  ¦  Á F ¬ F² w  ³ F² w  ³Á  ¬ F
RIII
 w  ¦  Á F Á  ¬ F

2) SE AM 230: «Se è giorno allora (se è giorno, allora è chiaro), ma


è giorno, dunque è chiaro»  ¦ ² ¦  ³Á  ¬ 

1 1
 ¦ ² ¦  ³Á  ¬  ¦   ¦ Á  ¬ 
RIII
 ¦ ² ¦  ³Á Á  ¬ 
RIV
 ¦ ² ¦  ³Á  ¬ 

166
3) Origene, Contra Celsum, VII 15: «Se sai che sei morto, sei morto,
se sai che sei morto non sei morto; dunque non sai che sei morto»
 ¦  Á  ¦ F ¬ F

1
1  ¦ F Á  ¬ F
RI
 ¦ Á  ¬  Á  ¬ F² ¦ F ³
RIII
 ¦  Á Á  ¬ F² ¦ F ³
RIV
 ¦  Á  ¬ F² ¦ F ³ RI
 ¦  Á  ¦ F ¬ F

4) SE HP A 69-70: «Secondo Crisippo poi che particolarmente si


batte in difesa degli animali ¥logoi, anche il cane partecipa della
tanto celebrata dialettica. Dice dunque costui che esso si appoggia a
ripetute applicazioni del quinto indimostrato quando giunto ad un
trivio ed annusate due vie per le quali non passò la fiera infila di-
rettamente la terza senza annusare. Il vecchio filosofo dice che esso si
comporta come se ragionasse: ‘la fiera o è passata per di qua o per di
là o per quell'altra parte. Ma non per di qua; non per di là; dunque per
quest'altra parte’».  v  v  Á FÁ F ¬ 

5 5
 v  v  Á F ¬  v   v  Á F ¬ 
RIII
 v  v  Á FÁ F ¬ 

167
Argomenti inconcludenti
~
 per sconnessione



 [kat¦ di£rthsin]





 per ridondanza

 [kat¦ parolk»n]
argomento inconcludente

[¢pšrantoj lÒgoj] 
 per formulazione in schema fallace



 [kat¦ tÕ ™n mocqhrù ºrwtÁsqai sc»mati]






 per deficienza
€ [kat¦ œlleiyin]
Esempi
Per sconnessione. 1. Se è giorno, è chiaro; ma sul mercato si
vende il grano; dunque è chiaro.
2. Se è giorno è chiaro; ma è giorno; dunque Dione passeggia.
3. Se è giorno, è chiaro; ma sul mercato si vende il grano; dunque
Dione passeggia.
Per ridondanza. 1. Se è giorno è chiaro; ma è giorno; ma anche
la virtù è benefica; dunque è chiaro (NB. Rifiuto dell'attenuazione).
Per formulazione in schema fallace. 1. Se è giorno è chiaro; ma
non è giorno; dunque non è chiaro [la conclusione è falsa, quando, per
esempio, vi sia una lucerna].
2. Se  ~  allora
~ ; ma non  ~ ; dunque non
~ . [Questo
argomento conclude il vero ma è formulato nello schema
 ¦  Á F ¬ F nel quale si possono dare argomenti che conclu-
dono il falso].
Per insufficienza. 1. O la ricchezza è un bene o è un male; ma la
ricchezza non è un male; dunque la ricchezza è un bene [La premessa
dovrebbe essere: O la ricchezza è un bene o essa è un male o essa è
indifferente].

168
Il sistema assiomatico stoico

Assiomi

1.  ¦ Á  ¬ 
2.  ¦ Á  ¬ 
3. F² w  ³Á  ¬ 
4. ©O Á  ¬ 
5. ©O Á  ¬ 

Regole

Á  ¬  ¬w
RI RII (?)
Á  ¬   Á  ¬  ¬

Á  ¬  Á  ¬  Á Á  ¬ 
RIII RIV (?)
Á  Á  ¬  Á  ¬ 

169
2. Paul Hertz [1881-1940]
Über Axiomensysteme für beliebige Satzsysteme [1929]

pp. 460-1: «Pensiamo a un dominio [Bereich] “ finito o numerabile di


complessi [Komplexe]
elementi [Elemente]. [Ã ] Consideriamo insiemi di tali ele-
menti, costituiti da un numero finito (anche singolare) di elementi, che
chiamiamo antecedenti [Antezedentia]. Oggetto della considerazione
sono ora coppie ordinate costituite da un antecedente e un elemento
che, in quanto elemento della coppia, sia detto succedente [Sukzedens]
conseguente .
proposizioni [Sätze]
Coppie siffatte le chiamiamo sequenze . Denotiamo una se-
quenza scrivendo a sinistra del segno ¦
¬ il simbolo dell'antecedente e
" " Ã "  ¦ #
a destra quello del conseguente [Ã ] .
!¬»

3. Gerhard Gentzen [1909-45]


in Über die Existenz unabhängiger Axiomensysteme
zu unendlichen Satzsysteme [1933]
riprende e riassume varie proposte interpretative di Hertz:
«Sotto questi elementi ci si possono per esempio rappresentare degli
eventi e leggere la sequenza [“Satz”] così: Il verificarsi degli eventi
" Á " Á Ã Á " condiziona il verificarsi di #. O si può concepire la
sequenza anche così: Un dominio di elementi che contiene gli
elementi " Á " Á Ã Á " contiene anche l'elemento #. O si possono
anche pensare gli elementi come proprietà e interpretare la sequenza
così: Una cosa con le proprietà " Á " Á Ã Á " ha anche la proprietà #.
O come elementi ci si rappresenta “proposizioni” [Aussagen] nel
senso del calcolo proposizionale e si legge la sequenza così: Se le
proposizioni " Á " Á Ã Á " sono giuste, allora lo è anche la
proposizione # ».

170
Hertz, pp. 161-4: «[Ã ] Vogliamo ora considerare certi insiemi di
tali sequenze che chiamiamo sistemi chiusi (di sequenze) [abgeschlos-
sene Satzsysteme]. Con ciò intendiamo insiemi di sequenze tali che se
contengono certe sequenze, allora ne contengono anche certe altre col-
Verknüpfungsregeln
legate a quelle da certe regole di inferenza .
[Ã ] Le regole di inferenza indicano come da certe sequenze, da
chiamarsi premesse [Prämissen], se ne trova un'altra, la conclusione
[Konklusion], che assieme a quelle costituisce un'inferenza [Schluß]
[Ã ] intendiamo per inferenza una configurazione che è o un(a)
Sillogismo [Syllogismus] inferenza immediata [unmittebarer Schluß]
multicesura o un' attenuazione e precisamente
chiamiamo
1. Multicesura una configurazione costituita da un numero finito di
sequenze che può avere la forma
! ¬  
Å
! ¬  
"Á  Á Ã Á  ¬ 
"Á ! Á Ã Á ! ¬ 

! ¬  Â Ã Â ! ¬  Â "Á  Á Ã Á  ¬ 
8 "Á ! Á Ã Á ! ¬  9

Qui l'ultima sequenza è detta conclusione [Konklusion]; la penultima


Obersatz Untersätze
(premessa) maggiore ; tutte le altre (premesse) minori . [Ã ]
Come si vede, gli elementi dei conseguenti delle minori devono essere
tutti elementi dell'antecedente della maggiore. In quanto tali sono detti
membri
elementi principali [Hauptglieder]. Gli altri elementi eventualmente
presenti nell'antecedente (cioè in ") della maggiore li diciamo
accessori [akzessorisch]
laterali . [Ã ]

171
2. Per attenuazione intendiamo una configurazione della forma
!¬
"! ¬ 
dove ! e " sono entrambi finiti e contengono soltanto elementi ap-
partenenti al dominio. [Ã ]
Una sequenza tautologica è una sequenza della forma  ¬ .

[Ã ] Definiamo: per dimostrazione [Beweis] di una sequenza : da


sequenze massime [oberste Sätze]
un sistema di sequenze ¢ c dette assunzioni della di-
mostrazione c intendiamo una successione di inferenze l'ultima delle
quali ha  come conclusione ed è tale che ogni premessa è tautologica
o appartiene a ¢ o coincide con una precedente conclusione. Una se-
quenza è detta dimostrabile da ¢ se esiste una sua dimostrazione da
¢.
In una dimostrazione di una sequenza : chiamiamo eliminabile
[entbehrlich] un'inferenza se, dopo il suo allontanamento, rimane an-
cora una dimostrazione di : . Una dimostrazione priva di inferenze
eliminabili sia detta ridotta [reduziert]».

Hertz introduce a questo punto, sotto il nome di sistemi inferenziali


[Schlußsysteme], gli alberi dimostrativi e illustra la corrispondenza fra
questi e le dimostrazioni (lineari).

p. 465: «Definiamo: un sistema chiuso è un sistema di sequenze che


contiene tutte le sequenze tautologiche costruibili con gli elementi del
dominio ed è tale che ad esso appartiene la conclusione di ogni infe-
renza le cui premesse gli appartengano».

172
p. 473: «Per dimostrazione normale aristotelica vogliamo intendere
una dimostrazione in cui tutte le premesse maggiori non tautologiche
sono assunzioni e per dimostrazione goclenica una dimostrazione in
cui tutte le premesse minori non tautologiche sono asssunzioni della
dimostrazione. [Ã ] Si vede facilmente che per ogni dimostrazione
normale aristotelica rispettivamente goclenica c'è un corrispondente
albero dimostrativo in cui le maggiori, rispettivamente le minori sono
assunzioni. Un tale albero lo chiamiamo albero normale aristotelico,
rispettivamente goclenico».

Hertz dimostra che: Ogni dimostrazione può venir trasformata sia


in una dimostrazione normale aristotelica sia in una normale
goclenica e inoltre che se ¢ è finito allora la dismostrabilità di una
sequenza : da ¢ è decidibile.
Le dimostrazioni di questi teoremi introducono tecniche che
verranno poi sviluppate da Gentzen.
Da notare che in questo contesto Hertz aveva già introdotto in
Über Axiomensysteme für beliebige Satzsysteme
Teil II: Sätze höheren Grades [1923]
il concetto di sillogismo puro [reiner]
! ¬  Â Ã Â ! ¬  Â  Á Ã Á  ¬ 
! Á Ã Á ! ¬ 
e osservato che mediante l'aggiunta fra le premesse minori di tutte
le sequenze tautologiche costruite con gli elementi di " ogni sillo-
gismo può venir trasformato in un sillogismo puro.
 ¬  Â  ¬   ¬ Â  ¬  Â   ¬ 
8 ˆ 9
 ¬   ¬ 

173
Dall'insieme ¸! ¬ Á !  ¬  Á !  ¬  Á !  ¬  ¹ si può di-
mostrare ! ! ! ! ¬  . Possibili dimostrazioni (senza attenuazioni)
Aristotelica
! ¬  !  ¬ 
! ! ¬  !  ¬ 
! ! ! ¬  !  ¬ 
! ! ! ! ¬ 

! ¬  !  ¬  !  ¬  !  ¬ 
! ! ¬  ! !  ¬ 
! ! ! ! ¬ 

!  ¬  !  ¬ 
! ¬  ! !  ¬ 
! ! ! ¬  !  ¬ 
! ! ! ! ¬ 

!  ¬  !  ¬ 
! !  ¬  !  ¬ 
! ¬  ! ! !  ¬ 
! ! ! ! ¬ 

Goclenica
!  ¬  !  ¬ 
!  ¬  ! !  ¬ 
! ¬  ! ! !  ¬ 
! ! ! ! ¬ 

174
Paul Hertz
Reichen die üblichen syllogistischen Regeln für das Schließen
in der positiven Logik elementarer Sätze aus ? [1928]

p. 272-4: «[Ã ] Ora Bernays ha osservato che queste regole sono state
messe assieme in certo qual modo empiricamente e che manca la
dimostrazione che altre non ne servono. Tale dimostrazione è
l'oggetto della presente breve nota. [Ã ]
Partiamo da un dominio di base • contenente un numero finito di
elementi e formiamo da questi delle sequenze. [Ã ]
Di un dominio  di elementi che appartengono a • diciamo che
soddisfa [genügt] una sequenza se o il suo conseguente è un elemento
del dominio o non tutti gli elementi dell'antecedente appartengono a
. [à ]
Dato ora un sistema ¢ di sequenze, si può magari trovare una nuova
sequenza : della quale possiamo sapere che è soddisfatta da ogni
dominio  che soddisfa ogni sequenza di ¢ . In questo caso diciamo
che : è implicato [impliziert] da ¢ ».

Hertz richiama a questo punto le sue regole (I e II) e il suo concetto


di dimostrazione.

p. 275: «Ora vogliamo mostrare che altre regole di inferenza non


servono: Se tutti i domini  che soddisfano un dato sistema di
sequenze ¢ soddisfano una sequenza : , allora : si lascia dimostrare
da  mediante I e II».

Segue la dimostrazione del ‘teorema di completezza’:

Se ¢ implica : allora : è dimostrabile da partire da ¢

175

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