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Lucio Fulci
Questo piccolo grande Maestro, autore di alcuni tra i più terrificanti horror del
nostro cinema, è stato sempre considerato dalla critica italiana come un autore
minore, venendo riconosciuto per i suoi reali meriti solo al'estero (cosa in comune
con Mario Bava). Poco prima di morire Fulci si tolse però la soddisfazione di
essere "riscoperto" in vita, tant'è che nei suoi ultimi anni amava definirsi come lo
"zombi del cinema italiano"... Altra definizione che il Maestro amava usare
riferendosi a se stesso era quella di "terrorista di genere": avendo girato fin da
giovane un grandissimo numero di pellicole (alcune delle quali per brevità non
sono citate nella lista sottostante) ed avendo affrontato in pratica ogni genere
possibile, aveva raggiunto un tale livello di esperienza e maturità artistica che
pochi altri in Italia potevano vantare. Purtroppo, a causa di budget sempre più
ridotti, che comportavano l'utilizzo di attori e collaboratori meno dotati di quelli
del suo "periodo d'oro" (i quali avevano costituito una sorta di factory
collaborando sempre insieme per molte pellicole), gli ultimi lavori del Maestro non
risultano all'altezza di quelli girati negli anni settanta ed ottanta, ma i nostri ricordi
resteranno sempre ancorati ai magnifici film a cavallo del 1980 e del 1981, che
rappresentano forse la punta più alta raggiunta da Fulci nella sua grande carriera.
Mario Bava
Il Gran Maestro dell'horror italiano nasce come direttore della fotografia e curatore
di effetti visivi per molti film italiani ed americani nel periodo d'oro di Cinecittà.
Dopo la fortunata collaborazione con l'amico Freda ("inventore" dell'horror made
in Italy con il film I vampiri, del quale Bava dirige alcune scene di raccordo),
esordisce alla regia nel '60 e gira (purtroppo senza troppe fortuna in patria) alcuni
tra i più bei film del nostro cinema di genere, finchè nei primi anni 70 è "costretto"
a cedere il passo ai registi della nuovo generazione, primo fra tutti Dario Argento,
cui idealmente Bava passerà il testimone nell'80 collaborando ad Inferno. Il suo
ultimo lavoro cinematografico, datato 1977, gli viene addirittura commissionato
dai produttori come un film "alla Argento" e Bava, ormai stanco dei continui
condizionamenti e dei budget sempre più limitati, lascia girare al figlio (già suo
aiuto regista da parecchi anni) molte scene del film, che difatti non ha più la tipica
"impronta" del Gran Maestro. L'ultimissima "fatica" prima della sua scomparsa è
un mediometraggio, girato assieme al figlio per la Rai, tratto (come La maschera
del demonio) da un classico della letteratura, stando ancora una volta a dimostrare
la grande cultura e la poliedricità di uno dei nostri più grandi (e sottovalutati in
vita) registi.
Dario Argento
Figlio di un produttore cinematografico e di una celebre fotografa, il Messia, dopo
un periodo di "tirocinio" come critico cinematografico per alcune testate
giornalistiche, scrive alcune sceneggiature (tra cui Metti una sera a cena di Patroni
Griffi e C'era una volta il West, scritta con Bertolucci per Sergio Leone) che gli
rendono nell'ambiente la notorietà necessaria per poter esordire alla regia nel 70
con un suo soggetto. Celebrato in tutto il mondo come "l'Hitchcock italiano",
Argento da Profondo rosso in poi abbandona la redditizia strada del "giallo
animalesco" da lui inventata per passare all'horror vero e proprio. Ultimamente
(diventato anche produttore e "talent scout" di nuovi registi dell'orrore) ha forse
inflazionato un pò troppo il genere, probabilmente per restare fedele alle attese dei
suoi fans, ed i suoi ultimi lavori non sono di certo all'altezza della sua fama.
Vedremo se con i prossimi lavori riuscirà a creare ancora una volta qualcosa di
nuovo ed originale che lo riporti agli "antichi splendori"...