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Cristallochimica Mineralogica
Mauro Prencipe
1 Premesse fisico-matematiche 2
1.1 Stati di un sistema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
1.2 Variabili dinamiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.3 Misure . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.4 Rappresentazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.5 Relazioni di commutazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.6 Principio di Corrispondenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.6.1 Un esempio semplice: la particella nella scatola . . . . . . . . . . . . . 12
1.7 Momento Angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.7.1 Un esempio: Lo spin dell’elettrone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.8 Autovettori del momento angolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.9 Equazioni del moto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1
Capitolo 1
Premesse fisico-matematiche
hA|Bi = c (1.1)
dove, con la notazione hA|Bi si intende il prodotto scalare tra i vettori |Bi e hA|, essendo
quest’ultimo il bra corrispondente (immaginario coniugato) al ket |Ai e c un numero in generale
complesso. Un’espressione h | i (o, più in generale, h· · · i) viene chiamata braket ed è quindi
un numero (infatti è il prodotto scalare tra due vettori).
I vettori ket possono essere moltiplicati per dei numeri (in generale complessi); si assume
che gli stati corrispondenti ai vettori |Ai e c|Ai siano coincidenti. Lo stesso dicasi per i vettori
bra. Il bra corrispondente al ket c|Ai è hA|c, dove c indica il complesso coniugato di c.
I vettori ket possono essere sommati per ottenere altri vettori ket, es.:
dove c1 , c2 sono due numeri complessi. In tal caso si dice che lo stato corrispondente al ket
|Ci è una sovrapposizione degli stati corrispondenti ai ket |Ai e |Bi. Similmente:
Due stati A e B si dicono ortogonali se hA|Bi = hB|Ai = 0. Ancora, uno stato A si dice
normalizzato se il ket corrispondente soddisfa all’equazione hA|Ai = 1.
2
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 3
Se nella (1.2) i ket |Ai e |Bi sono ortogonali (e normalizzati), i coefficienti c1 e c2 si ottengono
moltiplicando l’equazione, a sinistra, rispettivamente per gli immaginari coniugati hA| e hB|:
c1 = hC|Ai → c1 = hC|Ai
(1.5)
c2 = hC|Bi → c2 = hC|Bi
Dal confronto delle (1.4) e (1.5) risulta allora che hA|Ci = hC|Ai e hB|Ci = hC|Bi. In
definitiva, affinchè un dato stato possa essere espresso in termini di sovrapposizione di altri
stati, con coefficienti indipendenti dalla scelta della particolare rappresentazione (in ket o bra)
conviene far valere la relazione generale
Gli operatori F̂ sono lineari nel senso che soddisfano equazioni del tipo
Non sempre l’effetto della misura dell’osservabile F su un sistema in uno stato A porta alla
transizione a uno stato diverso. In tali casi valgono equazioni del tipo
dove a è un numero e si è sfruttato il fatto che sia |Ai, sia a|Ai descrivono lo stesso stato A.
Equazioni simili sono molto importanti nella teoria generale e prendono il nome di equazioni
agli autovalori. Con riferimento all’equazione (1.9), |Ai si dice autovettore dell’operatore F̂ (lo
stato A dicasi autostato) corrispondente all’autovalore a.
Moltiplicando la (1.9) a sinistra per hA| e la (1.10) a destra per |Ai otteniamo:
hA|F̂ |Ai = ahA|Ai
(1.11)
hA|F̂ |Ai = ahA|Ai
con a diverso da b; moltiplicando per |Ai, da destra, l’immaginaria coniugata della seconda
delle (1.12) e tenuto conto che b = b, si ha:
D’altra parte, moltiplicando per hB|, da sinistra, la prima delle (1.12), abbiamo
allora ! !
X X X
F̂ ci |Ai i = ci F̂ |Ai i = a ci |Ai i (1.16)
i i i
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 5
Vediamo ancora una proprietà riguardante il coniugato Hermitiano del prodotto di due opera-
tori F̂ e Ĝ; posti F̂ |Ai = |Bi e Ĝ† |Ci = |Di, si ha:
hB|Di = hA|F̂ † Ĝ† |Ci = hD|Bi = hC|ĜF̂ |Ai = hA|(ĜF̂ )† |Ci (1.17)
Allora,
(ĜF̂ )† = F̂ † Ĝ† (1.18)
dove si è sfruttato il fatto che, per un qualunque operatore Ĝ, (Ĝ† )† = Ĝ. In una sezione suc-
cessiva si vedrà che il prodotto di operatori non è in generale commutativo (F̂ Ĝ 6= ĜF̂ ) e conta
quindi l’ordine con cui i prodotti sono effettuati. La (1.18) dice che il coniugato Hermitiano
del prodotto di due operatori è uguale al prodotto in ordine inverso dei coniugati Hermitiani
degli stessi.
1.3 Misure
Si assume che il risultato della misura dell’osservabile F su un sistema che si trovi in un
autostato di F̂ sia l’autovalore corrispondente a quell’autostato (o meglio, corrispondente al-
l’autovettore associato a quell’autostato). Dunque, se vale F̂ |Ai = a|Ai, a è il risultato della
misura di F quando il sistema si trovi nello stato A descritto da |Ai. Se A è normalizzato,
a = hA|F̂ |Ai.
Se il sistema si trova in uno stato B che non è autostato di F , si assume comunque che il
risultato della misura di F sia uno dei possibili autovalori di F̂ . Non è dato tuttavia conoscere
con certezza quale tra gli autovalori di F̂ sia il risultato di una singola misura: è noto che
la misura non potrà fornire che uno degli autovalori di F̂ , ma non si sa quale di questi. Si
assume pure che il valore hB|F̂ |Bi sia il valor medio di un gran numero di misure della stessa
osservabile su sistemi identici (e non più misure ripetute della stessa osservabile sullo stesso
sistema). Inoltre, per continuità fisica, la misura di un’osservabile F compiuta una seconda
volta sullo stesso sistema deve dare lo stesso valore ottenuto con la prima misura. Sia a il
risultato della prima misura di F su un sistema che si trova in uno stato B che non è autostato
di F : sappiamo che a deve essere un autovalore di F ; ora, se ripetiamo la misura una seconda
volta, per la continuità fisica di cui sopra, sappiamo che il risultato deve essere certamente a:
questo vuol dire che, per la seconda misura, il sistema dove trovarsi in quell’autostato (A) di
F associato all’autovalore a. Ma allora la prima misura ha causato la transizione del sistema
dallo stato B allo stato A (collasso della funzione d’onda).
Poiché la misura di un’osservabile F su un qualunque stato B causa la transizione da B
a un autostato A di F , si ammette che B (qualunque esso sia) sia sempre esprimibile come
sovrapposizione di un certo numero di autostati di F ; la misura avrebbe l’effetto di proiettare
lo stato B su uno degli stati base da cui è composto. In formule:
X
|Bi = c1 |A1 i + · · · + cn |An i ≡ ci |Ai i (1.19)
i=1,n
X X X X
hB|F̂ |Bi = ci cj hAi |F̂ |Aj i = ci cj aj hAi |Aj i = ci cj aj δij = |cj |2 aj (1.20)
i,j i,j i,j j
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 6
Poiché B è uno stato generico (qualunque) di un sistema, perchè una misura di una data
osservabile F sia sempre possibile, deve esistere un numero sufficiente di autostati di F con i
quali esprimere qualunque stato B; in altre parole, gli autostati di F costitiscono un insieme
completo. Data l’ortonormalità degli Ai vale:
X X
hAj |Bi = ci hAj |Ai i = ci δij = cj (1.21)
i i
1.4 Rappresentazioni
Per i risultati visti alla sezione precedente, un insieme completo di autostati Ai di una qualunque
variabile dinamica F può essere usato per esprimere un qualunque stato B di un dato sistema.
I coefficienti ci della combinazione lineare che esprime B in funzione degli Ai definiscono
univocamente B, cioè, fissata una base di autovettori, B viene univocamente rappresentato
dai coefficienti della combinazione lineare:
|Ai i
|Bi −→ (c1 , . . . , cn ) ≡ {ci }i=1,n (1.24)
Si dice che l’insieme dei ci costituisce una rappresentazione di B nello spazio degli autostati
di F . La rappresentazione dipende comunque dalla scelta di F , cosı̀ come la rappresentazione
di un vettore della geometria ordinaria, in termini delle sue componenti lungo tre direzioni,
dipende dallo specifico sistema di riferimento prescelto.
Nella generalità dei casi il numero di autostati di una data osservabile non è finito e neppure
è discreto il che vuol dire che possono esistere infiniti autostati variabili con continuità in un
dato intervallo (che non è detto sia finito). Un esempio classico è quello delle coordinate di un
oggetto: esistono infinite posizioni (coordinate espresse da tre numeri reali in un dato riferi-
mento cartesiano) in cui un oggetto può trovarsi e, supposto non vi siano vincoli particolari,
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 7
tali posizioni possono variare con continuità in un dato intervallo. Essendo la posizione di un
oggetto un’osservabile, detto |ri il generico autostato dell’operatore posizione r̂ [r è l’insieme
delle tre coordinate spaziali (x, y, z)], per cui r̂|ri = r|ri, un qualunque stato B potrà essere
rappresentato dai coefficienti c(r) = hr|Bi i quali, essendo le coordinate r variabili con conti-
nuità, sono in realtà delle funzioni delle stesse. Al variare di r, il ket |ri (o il bra hr|) descrive
tutti i possibili autovettori di r̂ e c(r) rappresenta l’intero insieme dei coefficienti che esprimo-
no |Bi in funzione di |ri. La funzione c(r) dunque è la rappresentazione di |Bi nello spazio
delle coordinate (rappresentazione di Schrödinger) ed è normalmente indicata con il simbolo
ψ(r) (funzione d’onda). Quanto detto a proposito dei ci , in merito alla loro interpretazione in
termini di ampiezze di probabilità, si traspone facilmente al caso degli autovalori continui: la
funzione ψ(r) è l’ampiezza di probabilità che la misura della posizione di un oggetto dia come
risultato r. La corrispondente densità di probabilità nel punto r è |ψ(r)|2 , mentre la probabilità
che la misura posizionale dia un valore compreso nell’intervallo infinitesimo dr è |ψ(r)|2 dr.
Vale a dire: l’integrale su tutto lo spazio della probabilità di trovare la particella in una qualche
posizione r vale 1. Diviene cosı̀ evidente la necessità di usare funzioni d’onda normalizzate:
poiché deve essere certa la probabilità di trovare la particella in qualche punto dello spazio,
la somma (integrale) delle probabilità su tutte le possibili posizioni deve essere 1 (1 è, per
definizione, la probabilità dell’evento certo).
Anche gli operatori possono essere rappresentati nello spazio base degli autovettori di una
qualche variabile dinamica. Con riferimento al caso discreto e finito, sia F̂ un operatore e sia
{|Ai i}i=1,n un insieme completo (e finito) di vettori; l’insieme dei numeri fij = hAi |F̂ |Aj i
costituisce la corrispondente rappresentazione di F̂ . Gli fij possono essere organizzati nella
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 8
Indicati rispettivamente con bi e cj gli scalari hAi |Bi e hAj |Ci, l’equazione (1.30) può allora
scriversi come X
cj = fji bi (1.31)
i
La sommatoria implicata nella (1.31) altro non è che l’ordinario prodotto riga per colonna
della matrice rappresentativa di F̂ per il vettore colonna (n righe e una colonna) rappresen-
tativo di |Bi. L’insieme dei cj [uno per ogni hAj | nella (1.30)] costituisce il vettore colonna
rappresentativo di |Ci. In sintesi:
f11 · · · f1n b1 c1
|Ai i . . . .
F̂ |Bi = |Ci −→ . .. .. = .. (1.32)
.
fn1 · · · fnn bn cn
Si noti che la rappresentazione di un operatore F̂ nello spazio base dei suoi stessi autovettori
|Ai i è una matrice diagonale: gli elementi sulla diagonale principale sono gli autovalori di F̂ ,
e tutti gli altri sono nulli:
a1
|Ai i ...
hAj |F̂ |Ai i = ai hAj |Ai i = ai δij → F̂ −→
(1.33)
an
La ricerca degli autovalori di una data osservabile F viene perciò anche detta diagonalizzazione
(della matrice rappresentativa, in un qualche spazio) di F̂ .
hAj |F̂ |Ai i = hAi |F̂ † |Aj i = hAi |F̂ |Aj i → fji = f ij (1.34)
Una matrice F i cui elementi coincidono con i complessi coniugati della matrice trasposta
(fji = f ij ) viene detta Hermitiana; la (1.34) dice allora che la matrice rappresentativa di un
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 9
La matrice rappresentativa dell’operatore Ĥ, prodotto di due operatori F̂ e Ĝ, in una base
{|Ai i}i=1,n , ha elementi hij = hAi |F̂ Ĝ|Aj i. Per la condizione di completezza:
X
hij = hAi |F̂ |Ak ihAk |Ĝ|Aj i (1.35)
k
La (1.35) è l’elemento (i, j) della matrice prodotto riga per colonna delle due matrici rappre-
sentative di F̂ e Ĝ, rispettivamente:
X
hij = fik gkj (1.36)
k
da cui:
h11 · · · h1n f11 · · · f1n g11 · · · g1n
|Ai i . ..
= ... ..
... ..
Ĥ = F̂ Ĝ −→ .. . . . (1.37)
hn1 · · · hnn fn1 · · · fnn gn1 · · · gnn
Dunque, a differenza del prodotto ordinario, il prodotto tra operatori non è commutativo. Una
notazione compatta per indicare la differenza B̂ Â − ÂB̂ è [B̂, Â]. Tale espressione viene detta
commutatore (di  e di B̂). Si noti che [B̂, Â] = −[Â, B̂].
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 10
Supponiamo ora che i due operatori commutino: questo vuol dire che [B̂, Â] = 0. In tal
caso:
ÂB̂|Ai = B̂ Â|Ai = aB̂|Ai (1.39)
La (1.39), letta nel modo Â(B̂|Ai) = a(B̂|Ai), insieme con la Â|Ai = a|Ai, dice che sia |Ai
sia B̂|Ai sono autovettori dell’operatore Â, associati allo stesso autovalore a; allora, per quanto
detto in precedenza (a meno di degenerazioni dell’autovalore che qui non consideriamo) B̂|Ai
e |Ai descrivono lo stesso autostato e devono quindi differire al più per una certa costante (sia
b). Dunque
B̂|Ai = b|Ai (1.40)
vale a dire: |Ai è autovettore di B̂ con autovalore associato b. In sintesi, due operatori che
commutano hanno uno stesso insieme di autovettori; in tal caso sono possibili misure simulta-
nee delle osservabili corrispondenti che forniscono risultati certi e indipendenti dall’ordine con
cui vengono effettuate. In generale, dato un insieme I = {Ai }i=1,n di osservabili che commu-
tano, cioè tali per cui per ciascuna coppia (i, j) vale [Âi , Âj ] = 0, ciascun autovettore potrà
essere etichettato dall’insieme (a1 , . . . , an ) degli autovalori associati (uno per ogni operatore
dell’insieme)
|Ai → |a1 , . . . , an i ≡ |ai (1.41)
dove si è indicato con a l’insieme {ai }i=1,n .
Nella teoria generale è importante saper trattare con espressioni del tipo [AB, C] dove con
A,B e C si intendono tre operatori (si è omesso il simbolo ˆ su ciascun operatore):
[AB, C] = ABC − CAB = ABC − CAB + ACB − ACB
= A(BC − CB) + (AC − CA)B = A[B, C] + [A, C]B (1.42)
Analogamente [A, BC] = B[A, C] + [A, B]C.
λ = h/p (1.44)
d
−ıh̄ ψ = pψ (1.46)
dx
L’equazione (1.46) è un’equazione agli autovalori in cui un dato operatore (−ıh̄ d/dx) agisce
su una funzione (ψ) per dare la stessa funzione moltiplicata per una costante (p). Possiamo
allora assumere che l’espressione quantistica dell’operatore impulso p̂, nella rappresentazione di
Schrödinger, sia proprio −ıh̄ d/dx e ψ = eıpx/h̄ sia l’autovettore dell’operatore corrispondente
all’autovalore p.
In tre dimensioni l’operatore p̂ diviene un operatore vettoriale con tre componenti
(p̂x , p̂y , p̂z ), per cui
~ ~ ~
p̂ = −ıh̄ ∂/∂x i + ∂/∂y j + ∂/∂z k ≡ −ıh̄∇ (1.47)
dove (~i, ~j, ~k) sono tre vettori ortonormali e ∇ è l’operatore vettoriale gradiente. Si noti che p̂2 =
p̂· p̂ = −h̄2 (∂ 2 /∂ 2 x+∂ 2 /∂ 2 y+∂ 2 /∂ 2 z) ≡ −h̄2 ∇2 (dove ∇2 è l’operatore Laplaciano); l’operatore
corrispondente all’energia cinetica (T̂ ) di una particella di massa m, che classicamente è definita
come p2 /2m, è dunque −h̄2 /2m∇2 .
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 12
Data la commutabilità degli operatori di derivazione risulta che [T̂ , p̂ ] = 0, per cui gli
autostati dell’impulso sono anche autostati dell’energia cinetica; del resto, è immediato veri-
ficare che vale T̂ ψ = p2 /2m ψ, essendo ψ l’autovettore dell’impulso, di cui all’equazione (1.46).
Considerazioni che qui non sviluppiamo mostrano che, nella rappresentazione di Schrö-
dinger, gli operatori posizione (x̂, ŷ e ẑ), corrispondenti alle osservabili posizionali x, y e z,
consistono nella semplice moltiplicazione per x, y e z.
Si noti che [p̂x , x̂] 6= 0 (ed analoghe relative alle altre due componenti, y e z); infatti,
utilizzando una qualunque funzione di prova f (x), si ha:
d df (x)
[d/dx, x]f (x) = (d/dx x − x d/dx)f (x) = [xf (x)] − x = f (x) (1.48)
dx dx
da cui, dovendo la (1.48) valere per qualunque f :
Questo significa che gli autovettori dell’operatore p̂ non sono gli stessi dell’operatore r̂: non è
possibile conoscere con certezza e nello stesso tempo sia la posizione, sia l’impulso di una data
particella (Principio di Indeterminazione di Heisenberg). Sono invece nulli tutti i commutatori
del tipo [p̂x , ŷ] tra componenti di p̂ e di r̂ riferite a direzioni diverse.
dove n è un numero intero non nullo (se fosse k = 0 la funzione d’onda sarebbe nulla ovunque:
non esistenza della particella; per lo stesso motivo non può essere B = 0). Nota la relazione
tra k e p (di cui al paragrafo precedente: k = p/h̄), l’energia cinetica della particella sarà:
Il risultato notevole è che il valore di T non può essere qualunque ma è ristretto ai multipli
interi di h2 /8mL2 : la particella non può avere un qualsivoglia valore dell’energia cinetica, cosı̀
come non può avere un momento p (e velocità) qualunque. Ancora, poiché n deve essere non
nullo, l’energia cinetica della particella non può in alcun caso essere nulla: la particella non
può stare ferma. L’energia cinetica più bassa consentita è h2 /8mL2 ed è chiamata energia di
punto zero.
La quantizzazione dell’energia cinetica (cioè la sua non continuità), ovvero l’esistenza di li-
velli energetici discreti, è una diretta conseguenza dell’imposizione delle condizioni al contorno.
Il modulo quadro di ~` è la somma dei quadrati delle tre componenti: `2 ≡ |~`|2 = `2x + `2y + `2z .
È interessante calcolare le relazioni di commutazione tra le diverse componenti del momento
angolare, ad esempio:
[`ˆx , `ˆy ] = [ŷ p̂z − ẑ p̂y , ẑ p̂x − x̂p̂z ] = [ŷ p̂z , ẑ p̂x ] − [ŷ p̂z , x̂p̂z ] − [ẑ p̂y , ẑ p̂x ] + [ẑ p̂y , x̂p̂z ] (1.55)
Il secondo ed il terzo commutatore della (1.55) sono nulli, mentre il quarto vale:
In definitiva:
[`ˆx , `ˆy ] = ıh̄(x̂p̂y − ŷ p̂x ) = ıh̄`ˆz (1.58)
In modo del tutto analogo si dimostra che [`ˆy , `ˆz ] = ıh̄`ˆx e [`ˆx , `ˆz ] = −ıh̄`ˆy . La non
commutabilità delle diverse componenti del momento angolare implica la non misurabilità
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 14
simultanea delle stesse: per un dato sistema è possibile specificare solo una delle tre componenti
del momento angolare. Si noti che:
Analogamente: [`ˆ2 , `ˆx ] = [`ˆ2 , `ˆy ] = 0. Il modulo quadro del momento angolare totale (o la sua
radice e quindi il modulo del momento angolare totale) è quindi misurabile simultaneamente
a una delle sue tre componenti. In sintesi, per un dato autostato B del momento angolare è
possibile specificare contemporanemente sia il modulo del momento totale, sia una delle sue
componenti (convenzionalmente `ˆz ) e l’autovettore rappresentativo potrà essere etichettato con
i rispetti autovalori: |Bi → |`, `z i.
con [p2x , `z ] = px [px , `z ] + [px , `z ]px e analoghe per le componenti py e pz . D’altra parte,
[px , `z ] = [px , xpy − ypx ] = x[px , py ] + [px , x]py − y[px , px ], −[px , y]px = ıh̄py (1.61)
Procedendo in modo analogo con gli altri due commutatori della (1.60), si ottiene:
[p2 , `z ] = −2ıh̄px py
y
(1.63)
[p2 , ` ] = 0
z z
In totale: [p2 , `z ] = 0. La componente `ˆz del momento angolare commuta con p̂2 e quindi con
l’energia cinetica T̂ = p̂2 /2m.
In un campo di forze centrali il potenziale ad esse associato dipende unicamente dalla
distanza dall’origine delle forze: V = V (r), dove r = (x2 + y 2 + z 2 )1/2 . In particolare, un
potenziale Coulombiano è della forma 1/r. Calcoliamo il commutatore [1/r, `z ]:
e quindi x[1/r, py ] = −ıh̄2xy/r. In modo analogo si dimostra che il terzo commutatore nella
(1.64) vale ıh̄2xy/r, mentre sono nulli i rimanenti due commutatori. In definitiva [1/r, `z ] = 0.
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 15
Per quanto visto, la componente `ˆz del momento angolare orbitale commuta sia con l’operatore
T̂ che rappresenta l’energia cinetica, sia con un operatore V̂ che rappresenta il potenziale dovuto
ˆ Definendo l’operatore
a forze centrali, eventualmente agenti sul sistema. Lo stesso dicasi per `.
Hamiltoniano (Ĥ) come la somma di T̂ e V̂ , abbiamo: [`ˆz , Ĥ] = [`, ˆ Ĥ] = 0. L’Hamiltoniano
rappresenta l’energia totale del sistema e la sua commutabilità con il momento angolare totale
e con una delle sue componenti implica l’esistenza di stati che abbiano, nello stesso tempo,
valori definiti dell’energia e del momento angolare. Se E è l’autovalore associato ad un da-
to autovettore |Ai di Ĥ (cioè E è l’energia di un sistema che si trova in un certo autostato
dell’Hamiltoniano), allora: |Ai → |E, `, `z i. Questo risultato è alla base della teoria atomica.
Trattandosi di un momento angolare, per ŝ e le sue componenti devono valere le stesse rela-
zioni di commutazione viste per `ˆ e sue componenti; in particolare, in termini matriciali (cioè
rappresentando tutti gli operatori di spin nello spazio degli autovettori di ŝz ):
Sx Sy − Sy Sx ≡ [Sx , Sy ] = ıh̄Sz
Sy Sz − Sz Sy ≡ [Sy , Sz ] = ıh̄Sx (1.68)
S S − S S ≡ [S , S ] = ıh̄S
z x x z z x y
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 16
! !
a b e f
Siano e le matrici Sx e Sy , rispettivamente. Dalla terza delle (1.68) abbiamo:
c d g h
! ! ! !
1 1 0 a b 1 a b 1 0
Sz Sx − S x Sz = h̄ − h̄
2 0 −1 c d 2 c d 0 −1
" ! !# !
1 a b a −b 0 b
= h̄ − = h̄
2 −c −d c −d −c 0
!
e f
= ıh̄ (1.69)
g h
vale a dire: e = h = 0; f = −ıb; g = ıc. Da questo risultato e dalla seconda delle (1.68) si
ottengono pure a = d = 0. Infine, sfruttando la prima delle (1.68), si ottiene la relazione bc =
1/4 h̄2 il che suggerisce di porre (per simmetria) b = c = 1/2 h̄. Le tre matrici rappresentative
delle componenti dello spin nelle tre direzioni (matrici di Pauli) sono allora:
!
0 1
Sx = 21 h̄
1 0
!
0 −ı
Sy = 12 h̄ (1.70)
ı 0
!
1 1 0
Sz = 2 h̄ 0 −1
Si noti che solo la matrice Sz è diagonale, il che vuol dire che gli autovettori (di Sz ) |αi e |βi
non sono anche autovettori di Sx e Sy (cosı̀ come deve essere). La matrice rappresentativa di
ŝ2 (S 2 = Sx2 + Sy2 + Sz2 ) è:
" ! ! !# !
1 1 0 1 0 1 0 3 1 0
S 2 = h̄2 + + = h̄2 (1.71)
4 0 1 0 1 0 1 4 0 1
2
I vettori |αi e |βi sono autovettori di S 2 associati entrambi all’autovalore
! ! 3/4 h̄ ; infatti, essendo
1 0
|αi e |βi rappresentati rispettivamente dai vettori colonna e (poiché |αi = 1|αi+0|βi
0 1
e |βi = 0|αi + 1|βi) valgono le equazioni:
! ! ! !
3 2 1 0 1 1 1
= 34 h̄2 = 12 ( 12 + 1)h̄2
4 h̄ 0 1
0 0 0
! ! ! ! (1.72)
3 2 1 0 0 0 0
= 34 h̄2 = 12 ( 12 + 1)h̄2
4 h̄
0 1 1 1 1
q
L’autovalore del momento di spin dell’elettrone è quindi 12 ( 12 + 1) h̄.
CAPITOLO 1. PREMESSE FISICO-MATEMATICHE 17
Fissato ` esistono allora 2` + 1 autofunzioni di `ˆ2 associate allo stesso autovalore `(` + 1)h̄2 :
precisamente tutte quelle ottenute al variare di m tra −` ed `. Per esempio, se ` = 1 si hanno
1
le tre armoniche Y−1 (θ, φ), Y01 (θ, φ) e Y11 (θ, φ). Combinazioni lineari di armoniche avento lo
stesso ` (e diverso m) sono ancora autofunzioni di `ˆ2 (e di `)
ˆ associate al medesimo autovalore,
ma non sono ovviamente più autofunzioni di `z .
˙ (e hψ|)
dove la notazione |ψi ˙ indica la derivazione rispetto a t. Per la (1.74), |ψi
˙ = −ı/h̄Ĥ|ψi
˙
e hψ| = ı/h̄hψ|Ĥ (si ricordi che H è Hermitiano) che, introdotte nella (1.76), portano a:
dF ∂ F̂ ∂ F̂
= ı/h̄hψ|Ĥ F̂ − F̂ Ĥ|ψi + ≡ −ı/h̄hψ|[F̂ , Ĥ]|ψi + (1.77)
dt ∂t ∂t
Dalla (1.77) vediamo che se F̂ non dipende esplicitamente dal tempo (vale a dire: ∂ F̂ /∂t = 0)
e se è nullo il commutatore [F̂ , Ĥ], allora è nulla la derivata di F rispetto a t: F è una costante
del moto. Si noti che questo è proprio il caso del momento angolare nel caso di un sistema
soggetto a forze centrali.
Capitolo 2
Poiché `ˆ e `ˆz commutano con Ĥ, l’autofunzione ψ di Ĥ che soddisfa all’equazione (2.1) deve
pure essere autofunzione del momento angolare. Passando a un sistema di coordinate sferi-
che, questo vuol dire che, fissati ` ed m, sia ψ(r, θ, φ), sia l’armonica sferica Ym` (θ, φ) devono
descrivere lo stesso autostato del momento angolare; ma allora ψ(r, θ, φ) e Ym` (θ, φ) devono
differire al più per una costante (sia R): ψ(r, θ, φ) = R Ym` (θ, φ). Si noti che, non dipendendo
gli autovettori del momento angolare da r, ma soltanto dalle coordinate θ e φ, si richiede che
la costante R sia tale (cioè costante) solo rispetto alle ultime due coordinate, mentre nessun
vincolo si pone relativamente ad una sua dipendenza da r.
In ultima analisi, la trattazione dettagliata del problema e la soluzione esplicita dell’equa-
zione (2.1) portano a:
ψ(r, θ, φ) = Rn` (r)Ym` (θ, φ)
Ĥψ(r, θ, φ) = En ψ(r, θ, φ)
(2.2)
ˆ
`2
ψ(r, θ, φ) = `(` + 1)h̄2
ψ(r, θ, φ)
`ˆ ψ(r, θ, φ) = mh̄ψ(r, θ, φ)
z
dove n è un numero intero positivo (zero escluso, come avviene nel caso della particella nella
scatola) da cui dipende l’energia dell’elettrone nel campo creato dal nucleo [la seconda equa-
zione delle (2.2) mostra appunto che E dipende solo da n]; ` può assumere solo i valori interi
19
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 20
nell’intervallo [0, n − 1] ed m quelli interi nell’intervallo [−`, `]. Le funzioni d’onda ψn`m (r, θ, φ)
prendono il nome di orbitali atomici.
Per gli orbitali atomici è d’uso una notazione specifica: gli orbitali con ` = 0, 1, 2, 3 vengono
rispettivamente indicati con le lettere s, p, d e f e il numero quantico n si antepone al simbolo
dell’orbitale; ad esempio ψ200 ≡ 2s.
Si noti che combinazioni lineari di orbitali atomici aventi lo stesso numero quantico ` sono
ancora autofunzioni di Ĥ e di `ˆ2 associate agli stessi autovalori (stessa energia e momento
angolare totale). Ad esempio, gli orbitali ψn11 e ψn11 si possono combinare nelle somme:
√1 (ψn11 + ψn11 )
2
(2.3)
√ı (ψn11 − ψ )
2 n11
I due nuovi orbitali vengono solitamente indicati con i simboli npx e npy e non sono autofunzioni
di `ˆz ; ad esempio:
1 h̄
`ˆz (npx ) = √ [`ˆz ψn11 + `ˆz ψn11 ] = √ [1ψn11 − 1ψn11 ] = −ıh̄(npy ) (2.4)
2 2
A differenza di ψn11 e ψn11 le due combinazioni lineari (2.3) sono funzioni reali, il che ne
giustifica l’utilizzo. Gli orbitali ψn10 hanno simbolo npz .
In casi particolari (a simmetria non sferica) è d’uso considerare combinazioni lineari di
orbitali aventi lo stesso n ma diverso `; si parla in tal caso di orbitali ibridi. Tali orbitali
sono ancora autofunzioni di Ĥ associate alla stessa energia En ma, in generale, non sono né
autofunzioni di `ˆ2 , né di `ˆz .
La descrizione del comportamento degli elettroni nel campo elettrico creato dal nucleo si
completa con la considerazione dello spin: trascurando gli effetti di accoppiamento spin-orbita
tra i momenti angolari orbitale e di spin, la funzione d’onda complessiva [spin-orbitale, ψ(x)]
si fattorizza nel prodotto tra la componente orbitale φ(r) e la componente di spin χ(s), ove si
intenda che la variabile s possa assumere solo i due valori ±1/2, in corrispondenza dei quali
la funzione χ(s) rappresenti gli stati |αi e |βi. La notazione x si riferisce all’insieme delle
coordinate spaziali (r) e di spin (s). In sintesi:
tofunzioni (sia {φi (x)}i=1,n ) (dove n può essere infinito) di un qualunque operatore monoelet-
tronico (cioè che agisce su un solo elettrone), sappiamo che ψ(x1 , x2 ) può essere espressa come
combinazione lineare delle funzioni φ:
X
ψ(x1 , x2 ) = ci φi (x1 ) (2.8)
i=1,n
dove la dipendenza parametrica dalle coordinate x2 si è trasferita nei coefficienti ci . Gli stessi
coefficienti sono in realtà delle funzioni di x2 , a loro volta esprimibili come combinazione lineare
delle stesse funzioni dell’insieme completo {φi (x)}i=1,n :
X
ci (x2 ) = cij φj (x2 ) (2.9)
j=1,n
dove i cij sono degli scalari. Introducendo la (2.9) nella (2.8) si ha:
X
ψ(x1 , x2 ) = cij φi (x1 )φj (x2 ) (2.10)
i,j
da cui, scambiando tra loro gli indici i e j (i ↔ j) e tenuto conto del principio di antisimmetria
e della commutabilità del prodotto di due funzioni φ, si ottiene:
X X
ψ(x2 , x1 ) = cji φi (x1 )φj (x2 ) = −ψ(x1 , x2 ) = − cij φi (x1 )φj (x2 ) (2.12)
i,j i,j
Ciò significa che cij = −cji e che cii = 0: nella sommatoria non compaiono mai prodotti del
tipo φi φi . L’equazione (2.10) si generalizza facilmente al caso di N elettroni, per cui la funzione
d’onda complessiva risulta esprimibile come:
X
ψ(x1 , · · · , xN ) = ci1 ,...,iN φi1 (x1 )φi2 (x2 ) · · · φiN (xN ) (2.13)
i1 ,...,iN
La (2.13) prende il nome di espansione di Boys di una funzione d’onda multielettronica nella
somma (eventualmente infinita) di prodotti di funzioni d’onda monoelettroniche. Come nel
caso bielettronico, per effetto del principio di antisimmetria, sono nulli tutti i coefficienti dei
prodotti aventi almeno due fattori uguali; ogni prodotto della somma è allora costituito da
funzioni monoelettroniche diverse tra loro (prodotto di Hartree).
Fissato un dato insieme k di N indici {k1 , . . . , kN }, indichiamo con Φk (x1 , . . . , xN ) il corri-
spondente prodotto di Hartree [φk1 (x1 ) · · · φkN (xN )] e con ck il relativo coefficiente nella (2.13);
data l’ortonormalità dell’insieme {φk (x)}, ogni ck è ottenibile dall’espressione:
Z
ck = hΦk (x1 , . . . , xN )|ψ(x1 , . . . xN )i ≡ dx1 · · · dxN φk1 (x1 ) · · · φkN (xN )ψ(x1 , . . . xN ) (2.14)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 23
dove ciascun integrale hΦk |P̂r P̂s Φk i vale 1 se e solo se r = s, zero altrimenti; infatti, nel caso in
cui le due permutazioni P̂r e P̂s non siano identiche Pr Ps = Pq 6= I (dove I è la permutazione
identica: applicare due volte la stessa permutazione ha l’effetto di non permutare alcunché);
allora se P̂q è la permutazione che scambia gli elettroni, poniamo r e s, fattorizzando l’integrale
secondo l’espressione
p
hΦk |Φkq i = hφk1 (x1 )|φk1 (x1 )i · · · hφkr (xr )|φks (xr )i · · · hφks (xs )|φkr (xs )i · · · (2.21)
compaiono degli integrali del tipo hφkr |φks i che sono nulli data l’ortonormalità dell’insieme
delle φ. Da ciò deriva:
N! N!
1 X 1 X 2
hΨk |Ψk i = p p δrs = =1 (2.22)
N ! r,s=1 r s N ! r=1 pr
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 24
dove si è tenuto conto del fatto che 2pr vale evidentemente sempre 1 essendo, per qualunque
permutazione, il quadrato di 1 o -1. In definitiva, la funzione d’onda di un sistema multielet-
tronico è esprimibile in modo esatto come combinazione lineare (in linea di principio infinita)
di determinanti di Slater (chiamati anche detor), costruiti su un insieme completo di funzioni
φ, autofunzioni di un qualunque operatore monoelettronico Hermitiano:
P
ψ(x 1 , . . . , xN ) = k ck Ψk (x1 , . . . , xN )
√
Ψk (x1 , . . . , xN ) = N ! ÂΦk (x1 , . . . , xN )
P (2.23)
 = 1/N ! p p P̂
Φ (x , . . . , x ) = φ (x ) · · · φ (x )
k 1 N ki 1 kN N
Nei calcoli pratici su sistemi multielettronici è, per ovvie ragioni, impossibile trattare con serie
infinite di detor, per cui la funzione d’onda multielettronica viene solitamente espressa da una
serie finita di detor o, al limite, da un detor solamente (metodo Hartree-Fock). Si noti che,
ai fini della corretta rappresentazione della funzione d’onda multielettronica ψ, nel caso della
serie infinita di detor è del tutto ininfluente la scelta dell’insieme di funzioni monoelettroniche
φ: qualunque insieme completo di funzioni fornisce l’esatta rappresentazione di ψ. Nel caso di
una serie finita di detor è invece necessario scegliere e ottimizzare adeguatamente l’insieme di
funzioni φ, al fine di ridurre il più possibile l’errore di troncamento.
Data la grande differenza di massa tra i nuclei e gli elettroni, le velocità dei primi devono
necessariamente essere molto più basse di quelle dei secondi: gli elettroni seguono il moto dei
nuclei e modificano istantaneamente la loro configurazione per ogni dato insieme di posizioni
nucleari. In termini formali, ciò vuol dire che è possibile fattorizzare la funzione d’onda com-
plessiva (nuclei+elettroni) nel prodotto di due funzioni d’onda delle quali, una descrive lo stato
dei nuclei nel campo medio creato dagli elettroni, e l’altra descrive lo stato multielettronico
nel campo creato da una specifica configurazione nucleare. Questa separazione tra il moto
elettronico e quello nucleare costituisce l’approssimazione di Born-Oppenheimer. In formule:
Ψ(x, R) = ψ(x, R)φ(R) (2.25)
dove x e R descrivono rispettivamente gli insiemi delle coordinate elettroniche (comprensive
dello spin) e nucleari. Nella (2.25) la ψ(x, R) dipende parametricamente dalla configurazione
nucleare R ed è autofunzione dell’Hamiltoniano elettronico
N
h̄2 X 2 X Zk e2 1 X e2
Hel = − ∇ − + (2.26)
2m i=1 i k,i
rki 2 i,j6=j rij
(dove la dipendenza parametrica dalle coordinate nucleari entra attraverso i termini di intera-
zione nucleo-elettrone) con:
Hel ψ(x, R) = Eel (R)ψ(x, R) (2.27)
L’energia totale del sistema (a nuclei fissi), E(R), è la somma del contributo elettronico Eel e
del potenziale internucleare:
1 X Zk Zh e2
E(R) = Eel (R) + (2.28)
2 k,h6=k rkh
Nel seguito faremo riferimento unicamente alla funzione multielettronica ψ(r, R) omettendo
però di indicare la dipendenza dalla configurazione nucleare R; l’Hamiltoniana Hel e l’energia
Eel (R) verranno per brevità indicate con i soli simboli H ed E. L’equazione del moto da
studiare sarà la (2.27).
Notiamo esplicitamente che l’operatore Hamiltoniano può essere scomposto nella somma di
contributi monoelettronici h(i) e bielettronici g(i, j):
Pn Zk e2
h̄2 2
h(i) = − 2m
∇ i − k=1 rik
2
g(i, j) = reij (2.30)
H = P h(i) + 1 P
i 2 i,j6=i g(i, j)
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 26
dove ciascun h(i) agisce sul solo elettrone i e ciascun g(i, j) agisce solo sulla coppia di elettroni
(i, j).
N! X
X N N
Y N
Y
= p h φi (xi )|h(k)|Pp φj (xj )i +
p k=1 i j
N! N N N
1X X Y Y
+ p h φi (xi )|g(k, `)|Pp φj (xj )i (2.33)
2 p k,`6=k i j
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 27
h N
Q QN
i φi (xi )|h(k)|Pp j φj (xj )i =
Q (2.34)
hφr (xr )|φs (xr )ihφs (xs )|φr (xs )ihφk (xk )|h(k)|φk (xk )i i6=k,r,s hφi (xi )|φi (xi )i
Data l’ortormalità dell’insieme delle φ, gli integrali del tipo hφr (xr )|φs (xr )i sono nulli, quindi
il relativo contributo al termine monoettronico si annulla. Se Pp scambia l’elettrone k con
qualche altro elettrone r si ha, similmente:
h N
Q QN
i φi (xi )|h(k)|P p j φj (xj )i =
Q (2.35)
hφr (xr )|φk (xr )ihφk (xk )|h(k)|φr (xk )i i6=k,r hφi (xi )|φi (xi )i
Anche qui, l’integrale hφr (xr )|φk (xr )i annulla il relativo contributo. L’unico termine non nullo
nella sommatoria su tutte le possibili permutazioni è quello relativo alla permutazione identica
I:
N
Y YN Y
h φi (xi )|h(k)|I φj (xj )i = hφk (xk )|h(k)|φk (xk )i hφi (xi )|φi (xi )i ≡ hk (2.36)
i j i6=k
Vediamo ora i contributi bielettronici; come accade per i termini monoelettronici, poiché l’ope-
ratore g(k, `) agisce solo sugli elettroni k ed `, tutte le permutazioni che coinvolgono scambi di
elettroni diversi da k e da ` portano a un contributo nullo. Gli unici due contributi non nulli
si hanno nel caso della permutazione identica (parità 1) e della permutazione Pk` che scambia
i corrispondenti due elettroni (parità -1), da cui:
PN !
p h N
Q QN
p i φi (xi )|g(k, `)|Pp j φj (xj )i =
(2.38)
hφk (xk )φ` (x` )|g(k`)|φk (xk )φ` (x` )i − hφk (xk )φ` (x` )|g(k`)|φ` (xk )φk (x` )i
Fattorizzando gli spin-orbitali φ(x) nel prodotto di una funzione orbitale η(r) e di una funzione
di spin χ(s) e tenuto conto che l’operatore g non agisce sulle componenti di spin (siamo
appunto nell’ambito dell’approssimazione spin-orbitale che esclude nell’Hamiltoniano termini
di accoppiamento spin-orbita), vediamo per il primo termine a destra dell’uguaglianza, nella
(2.38):
hφk (xk )φ` (x` )|g(k`)|φk (xk )φ` (x` )i =
hηk (rk )η` (r` )|g(k`)|ηk (rk )η` (r` )ihχk (s)|χk (s)ihχ` (s)|χ` (s)i = (2.39)
hηk (rk )η` (r` )|g(k`)|η` (rk )ηk (r` )ihχk (s)|χ` (s)ihχ` (s)|χk (s)i = (2.40)
hηk (rk )η` (r` )|g(k`)|η` (rk )ηk (r` )iδχk χ` ≡ gk`,`k δχk χ`
Si noti che i contributi (2.40) sono nulli se la coppia di spin-orbitali k ed ` è riferita a elettroni
con spin opposti (χk 6= χ` → δχk χ` = 0).
Tali termini (presenti solo per coppie di elettroni aventi lo stesso spin) sono l’espressione del
principio di antisimmetria all’interno dell’approssimazione di Hartree-Fock: poiché due elet-
troni con spin identico tendono a evitarsi, la loro interazione Coulombiana repulsiva sarà più
bassa rispetto a quella che si ha tra due elettroni a spin opposto; in tal caso il termine Cou-
lombiano (2.42) viene diminuito del termine di scambio (2.43). Si noti che l’energia di scambio
non ha uno specifico significato fisico: si tratta di un termine correttivo al modo con cui, in
ambito Hartree-Fock, si calcola l’energia di interazione Coulombiana interelettronica.
X0
dove la notazione indica una sommatoria su tutti gli indici ` 6= k, e dove si sono reintro-
`
dotti gli spin-orbitali [nella (2.45) tutti i termini con χ` 6= χk sono nulli; formalmente, si può
quindi sommare su tutti gli ` omettendo di indicare la restrizione χ` = χk ]. Possiamo allora
scrivere:
N
X 1 1 1X
EHF = hk + (hk + Jk − Kk ) = hφk |(h + F )|φk i (2.46)
k
2 2 2 k
dove
F =h+J −K (2.47)
è l’operatore monoelettronico di Fock. Il valor medio di F nello stato φk è:
εk = hφk |F |φk i (2.48)
e rappresenta l’energia (cinetica+potenziale) dell’elettrone k nel campo medio creato da tutti
gli altri n −
P1 elettroni e dai nuclei (energia associata all’orbitale φk ); l’energia EHF è dunque
pari a 1/2 k (hk + εk ).
La funzione d’onda monodeterminantale ΨHF non è che un’approssimazione della vera fun-
zione multielettronica ψ e, in quanto tale, non è autofunzione dell’Hamiltoniano esatto del
sistema (esatto, ferme restando le approssimazioni spin-orbitale, non relativistica e di Born-
Oppenheimer). Con il procedimento di Hartree-Fock (HF), il carattere approssimato del pro-
blema multielettronico viene trasferito dalla funzione d’onda all’Hamiltoniano; ΨHF risulta
essere autofunzione dell’Hamiltoniano efficace di Hartree-Fock:
HHF = 1/2(h + F ) (2.49)
Dato l’operatore Hamiltoniano del sistema, l’insieme delle sue autofunzioni {ψi }i=0,∞ è
ortonormale completo, il che vuol dire che qualunque funzione φ può essere espressa come
combinazione lineare delle ψ. Consideriamo una di tali combinazioni lineari, normalizzata,
troncata a n termini, che rappresenta una possibile approssimazione dell’autofunzione ψ0 di H
associata al più basso autovalore E0 (stato fondamentale):
n
X
φ= ci ψi (2.51)
i=0
dove si è tenuto conto del fatto che hψi |ψj i = δij . Poiché ciascun Ei ≥ E0 , sostituendo ogni Ei
con E0 , abbiamo : X X
|ci |2 Ei ≥ E0 |ci |2 = E0 → E ≥ E0 (2.53)
i i
La disuguaglianza (2.53) ci dice che l’energia calcolata con una funzione d’onda approssimata φ
non è mai inferiore all’energia esatta dello stato fondamentale ψ0 del sistema. Evidentemente,
E = E0 nel caso in cui φ = ψ0 (cioè, nel caso in cui la φ sia la funzione d’onda esatta per
lo stato fondamentale). Questo importante risultato prende il nome di teorema variazionale.
Tale teorema è alla base del metodo variazionale: dato un qualunque insieme ortonormale com-
pleto di funzioni ψi , la miglior approssimazione possibile dello stato fondamentale del sistema,
espressa come combinazione lineare φ di un sottoinsieme delle ψi , si ottiene minimizzando
l’energia in funzione dei coefficienti ci della combinazione lineare. In effetti, tanto più bassa è
E, tanto più si avvicina a E0 , tanto più φ si approssima a ψ0 . In formule:
Pn hφ|H|φi
φ[c] = i=1 ci ψi → E[c] =
hφ|φi
(2.54)
∂E[c]
=0
∂c
dove si è indicata esplicitamente la dipendenza funzionale di φ e di E dall’insieme c dei coeffi-
cienti ci e si è rimosso il vincolo sulla normalizzazione di φ (per cui è comparso il denominatore
hφ|φi).
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI A SISTEMI ATOMICI E MOLECOLARI 31
|ci |2 ,
P
Lavorando con combinazioni lineari reali di funzioni ψi reali e notando che hφ|φi = i
abbiamo:
X X X
hφ|φiE = hφ|H|φi → E |ci |2 = ci cj hψi |H|ψj i = ci cj hij (2.55)
i i,j i,j
da cui, derivando rispetto a ck , tenuto conto che hki = hik (la matrice Hamiltoniana è
Hermitiana e reale, se costruita con funzioni ψ reali):
∂E X 2 X
|ci | + 2Eck = 2 hki ci (2.56)
∂ck i i
Esiste una di tali equazioni per ogni coefficiente ck ; nell’insieme vale l’equazione matriciale:
hc = Ec (2.58)
la cui soluzione fornisce gli autovalori e le autofunzioni dell’energia. Si tratta allora di risolvere
l’equazione secolare |h − EI| = 0 (dove I è la matrice identità): perchè si abbiano soluzioni non
banali si deve annullare il determinante associato al sistema omogeneo
(h − EI) c = 0.
La soluzione del problema variazionale coincide dunque con la diagonalizzazione della ma-
trice h rappresentativa dell’operatore Hamiltoniano nello spazio delle funzioni ψ.
Capitolo 3
Tornando al problema di Hartree-Fock, nello spirito del metodo variazionale, è possibile otte-
nere il miglior insieme di orbitali molecolari per l’approssimazione monodeterminantale della
funzione d’onda multielettronica, minimizzando l’energia EHF di cui alla (2.46) rispetto a va-
riazioni delle φk . Per esprimere tali variazioni e la conseguente derivata dell’energia lavoreremo
nello spazio di Fock, con i cosiddetti metodi di seconda quantizzazione, la cui definizione è l’og-
getto della presente sezione.
Tale vettore indica l’occupazione degli N spin-orbitali {ψk1 , . . . , ψkN }, da parte degli N elet-
troni. Si noti che, a causa dell’antisimmetria, valgono relazioni del tipo |iji = −|jii (scambio
di due colonne nel determinante associato).
Indicando con |∅i lo stato vuoto che non contiene elettroni, definiamo gli operatori creazione
di elettroni a+
j che, applicati allo stato vuoto creano un elettrone nello spin-orbitale ψj :
a+
j |∅i = |ji (3.2)
32
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 33
L’effetto dell’applicazione di a+
j su un qualunque vettore |k` · · · pi che non contiene j è quello
di porre un nuovo elettrone nello spin-orbitale ψj :
a+ νr
j |k` · · · pi = |k` · · · pji = (−1) |k`j · · · pi (3.3)
dove νr è il numero di permutazioni necessarie per riordinare la lista degli spin-orbitali come
indicato nella (3.3). Viceversa, poiché non è possibile porre più di un elettrone in un dato
spin-orbitale, a+ + +
j |k`j · · · pi = 0. Dati due operatori creazione ai e aj e un vettore che non
contenga né i né j, abbiamo:
a+ + +
i aj |k · · · pi = ai |k · · · pji = |k · · · pjii
(3.4)
a+ +
j ai |k · · · pi = |k · · · piji = −|k · · · pjii
a−
j |k · · · pji = |k · · · pi
(3.5)
a− νr
j |k · · · j · · · pi = (−1) |k · · · 6 j · · · pi
dove νr è il numero di scambi necessari per portare j in fondo alla lista. È facile verificare che
anche per gli operatori distruzione vale la relazione di anticommutazione [a− −
i , aj ]+ = 0.
a− + − νr
i aj |k · · · i · · · pi = ai |k · · · i · · · pji = (−1) |k · · · 6 i · · · pji
(3.6)
−
a+
j ai |k · · · i · · · pi = (−1)
νr −1 +
aj |k · · · 6 i · · · pi = (−1)νr −1 |k · · · 6 i · · · pji
a− + −
j aj |k · · · pi = aj |k · · · pji = |k · · · pi
(3.7)
−
a+
j aj |k · · · pi = 0
Viceversa, se |k · · · pi contiene j,
a− +
j aj |k · · · j · · · pi = 0
(3.8)
−
a+
j aj |k · · · j · · · pi = (−1)νr a+
j |k
νr
· · · 6 j · · · pi = (−1) |k · · · 6 j · · · pji = |k · · · j · · · pi
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 34
La condizione di normalizzazione di uno spin-orbitale, per cui hψk |ψk i = 1, implica nello spazio
di Fock:
† + + † + + † + −1
hk|ki = 1 = h∅|(a+
k ) ak |∅i → (ak ) ak = 1 → (ak ) = (ak ) (3.9)
vale a dire: gli operatori creazione sono unitari (il coniugato Hermitiano coincide con l’opera-
tore inverso). D’altra parte, come è facile verificare, l’inverso di un operatore creazione a+
j è
−
l’operatore distruzione aj e, dunque, il coniugato Hermitano di un operatore creazione è un
operatore distruzione. Possiamo allora semplificare leggermente la notazione e indicare con aj
un operatore distruzione e con a†j l’operatore creazione.
Riassumendo, le relazioni anticommutazione per gli operatori creazione/distruzione sono:
[ai , aj ]+ = 0
[a†i , a†j ]+ = 0 (3.10)
†
[ai , aj ]+ = δij
Si noti che, se a†j |∅i = |ji, vale hj| = h∅|(a†j )† = h∅|aj : un operatore aj crea dunque un elettrone
nello spin-orbitale j se, anzichè vettori ket nello spazio di Fock, si usano vettori bra. Simil-
mente, un operatore creazione sul ket è un operatore distruzione sul bra.
Ricordato che ψk (x) ≡ hx|ψk i ≡ hx|ki (dove, per brevità, si è indicato con |ki il vettore |ψk i),
moltiplicando a destra per hx|qi = hq|xi e integrando su tutte le coordinate (spaziali e di spin)
si ottiene:
Z X Z X X
S
hq|xiF hx|ki dx = Fk0 k hq|xidxhx|k 0 i = Fk0 k hq|k 0 i = Fk0 k δqk0 = Fqk (3.12)
k0 k0 k0
P
Gli operatori monoelettronici di nostro interesse sono sempre della forma F̂ = i F̂ (i),
vale a dire: sono sempre somme di operatori monoelettronici, ognuno dei quali agisce su
S
un elettrone
√ specifico. Nella rappresentazione di Schrödinger, l’azione di F su un detor
Ψ1···N = N !ÂΦ1···N , essendo Φ1···N il prodotto di Hartree ψ1 (x1 ) · · · ψN (xN ), è data da
N N N
S
√ S
Y √ X Y
F Ψ1···N = N !F Â ψj (xj ) = N! Â ψj (xj )F S (i)ψi (xi ) =
j=1 i=1 j6=i
N
√ XX Y XX
= N! Fki Âψk (xi ) ψj (xj ) = Fki Ψ1···k···N (3.14)
i k j6=i i k
|1 · · · k · · · N i = a†k ai |1 · · · i · · · N i (3.16)
La sommatoria su i nella (3.17) può formalmente essere estesa all’infinito (l’indice i può quindi
variare su tutti i valori assunti dall’indice k) perchè per ogni valore di i > N l’operatore
distruzione ai applicato al vettore |1 · · · N i produce un risultato nullo (infatti, se i > N , lo
spin-orbitale ψi non è occupato in |1 · · · N i). In definitiva, dovendo la (3.17) valere per un
detor qualunque, rinominando gli indici, si ha:
X
FF = Fij a†i aj (3.18)
i,j
P
Veniamo ora al caso degli operatori bielettronici del tipo B = i,j6=i B(i, j). L’effetto
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 36
con hij = hi|h|ji; gmn,ij = hmn|g|iji. Il valor medio dell’energia in un dato stato | i sarà dato
dall’equazione
X 1 X
E = hHi = hij ha†i aj i + gmn,ij ha†m a†n aj ai i (3.27)
i,j
2 i,j,m,n
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 37
dove I è l’operatore identità. In sostanza, si richiede che U sia unitario (il coniugato Hermitiano
di U coincide con l’operatore inverso U −1 ). Conviene definire U attraverso un operatore R tale
che:
U = eR (3.29)
†
dove R è un operatore antihermitiano: R† = −R; in tal modo U † U = eR eR = eR−R = I. Si
noti che per R tendente a 0, la trasformazione U è infinitesima (in tal caso U tende a I). La
variazione infinitesima di E (δE) a seguito di una trasformazione infinitesima U sarà data da:
La (3.32) prende il nome di condizione di Brillouin. Nello spazio di Fock, diamo ad R la forma
di operatore monoelettronico: X
R= ∆sr a†r as (3.33)
r,s
e l’antihermiticità di R si traduce nella relazione ∆†ij = −∆ji dove, per definizione di matrice
aggiunta (∆† ), ∆†ij = ∆ji . Nello spazio di Fock, al detor Ψ corrisponde il vettore |1 · · · N i in
cui solo gli spin-orbitali con indici compresi tra 1 e N sono occupati, mentre tutti gli altri sono
vuoti. Nel seguito, gli indici i, j, . . . si riferiranno a spin-orbitali occupati, mentre gli indici
m, n, . . . indicheranno quelli vuoti.
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 38
La maggior parte dei termini nella (3.34) è nulla: i termini hΨ|Ha†j ai |Ψi (prima sommatoria)
sono nulli perchè prevedono la creazione di un elettrone in uno spin-orbitale già occupato (ψj );
i termini hΨ|a†j ai H|Ψi (seconda sommatoria) sono nulli perchè prevedono l’azione da destra
dell’operatore a†j ai sul bra hΨ| (creazione di un elettrone nello spin-orbitale già occupato ψi -
si ricordi che un operatore distruzione su un ket è di creazione sul corrispondente bra); per
motivi analoghi si annullano le sommatorie 4, 5, 7, 11, 12 (tutte per distruzione di elettroni
in m) e la 8 (distruzione di un elettrone in n). I termini hΨ|Ha†i ai |Ψi e hΨ|a†i ai H|Ψi sono
entrambi uguali a hΨ|H|Ψi, quindi la coppia di sommatorie 9 e 10 si annulla identicamente.
Le uniche due sommatorie non nulle sono la 3 e la 6, da cui:
X X
δE = ∆im hΨ|Ha†m ai |Ψi − ∆mi hΨ|a†i am H|Ψi = 0 (3.35)
i,m m,i
D’altra parte, il complesso coniugato dei termini hΨ|a†i am H|Ψi nella seconda sommatoria della
(3.35) è
hΨ|a†i am H|Ψi = hΨ|(a†i am H)† |Ψi = hΨ|Ha†m ai |Ψi (3.36)
e, poiché ∆ è antihermitiana, ∆†mi = −∆im ; perciò −∆mi = ∆im (si ricordi che, per definizione
di matrice aggiunta, ∆†mi = ∆im ). In definitiva, le due sommatorie nella (3.35) sono l’una la
complessa coniugata dell’altra, per cui è sufficiente considerarne una soltano nella ricerca del
punto di stazionarietà di E:
X
δE = ∆im hΨ|Ha†m ai |Ψi = 0 (3.37)
i,m
dove, ricordiamo, l’indice i varia su tutti gli spin-orbitali occupati, mentre l’indice m su quelli
vuoti (detti anche virtuali).
CAPITOLO 3. SPAZIO DI FOCK E SECONDA QUANTIZZAZIONE 39
Essendo i coefficienti ∆im nella (3.35) degli scalari assolutamente arbitrari, la condizione
δE = 0 si traduce nell’annullamento di ogni termine hΨ|Ha†m ai |Ψi e la condizione di Brillouin
prende la forma
hΨ|H|Ψ(i → m)i = 0 (3.38)
dove con |Ψ(i → m)i si è indicato il rappresentativo (nello spazio di Fock) del detor ottenuto
promuovendo un elettrone dallo spin-orbitale ψi allo spin-orbitale ψm .
dove, ricordiamo, i coefficienti hrs e grs,tu altro non sono che degli scalari. Consideriamo
dapprima i termini monoelettronici:
a†r as a†m ai = a†r (δsm − a†m as )ai = δsm a†r ai − a†r a†m as ai (3.40)
da cui:
hrs ha†r as a†m ai i = hrs hδsm a†r ai i − hrs ha†r a†m as ai i (3.41)
Il secondo termine a destra dell’uguaglianza nella (3.41) è nullo (infatti, considerata l’azione
a destra sul bra hΨ|, tale termine prevede la distruzione di un elettrone nello spin-orbitale m
che è vuoto) e quindi:
X X X
hrs a†r as a†m ai = δsm hrs ha†r ai i = δri hrm = him ≡ hi|h|mi (3.42)
r,s r,s r
Nei termini bielettronici compare il prodotto a†r a†s au at a†m ai che si trasforma in:
a†r a†s au at a†m ai = a†r a†s au (δmt − a†m at )ai = δmt a†r a†s au ai − a†r a†s au a†m at ai =
δmt a†r a†s au ai − a†r a†s (δum − a†m au )at ai =
δmt a†r a†s au ai − δum a†r a†s at ai + a†r a†s a†m au at ai (3.43)
Il valor medio h i dell’ultimo termine della (3.43) è nullo (distruzione di un elettrone nello
spin-orbitale vuoto m, nel bra h |), da cui:
X X X
grs,tu a†r a†s au at a†m ai = grs,tu δmt ha†r a†s au ai i − grs,tu δum ha†r a†s at ai i =
r,s,t,u r,s,t,u r,s,t,u
X X
grs,mu ha†r a†s au ai i − grs,tm ha†r a†s at ai i =
| {z } | {z }
r,s,u r,s,t
δri δsu δri δst
X X
gis,ms − gis,sm (3.44)
s s
Richiamando gli operatori h (2.37), J (2.44) e K (2.45), riconosciamo nella (3.45) l’elemento
di matrice hi|F |mi dell’operatore monoelettronico di Fock (2.47), per cui la condizione di
stazionarietà dell’energia E, a seguito di variazioni arbitrarie (ma che conservano la norma)
della funzione d’onda monodeterminantale, si traduce nella:
per ogni coppia di spin-orbitali di cui uno occupato (i) e uno vuoto (m). L’equazione di Hartree-
Fock (3.46) è certamente soddisfatta dalle autofunzioni di F ; in tal caso, infatti, stante le
equazioni (
F |ψm i = εm |ψm i
F |ψi i = εi |ψi i
e tenuto conto che autostati associati ad autovalori diversi sono ortogonali, si ha:
La ricerca del miglior insieme di funzioni monoelettroniche (orbitali molecolari) per l’appros-
simazione monodeterminantale della funzione d’onda multielettronica coincide, quindi, nella
ricerca delle autofunzioni dell’operatore di Fock.
È da notare che, nelle loro definizioni, gli operatori J e K già contengono gli orbitali molecolari
e, cioè, le stesse funzioni che dovrebbero risultare dalla soluzione delle equazioni di Hartree-
Fock. In pratica si segue una procedura iterativa per cui, (1) a partire da un adeguato insieme
di funzioni di partenza (orbitali atomici) si ottengono gli operatori J e K; (2) si rappresenta
l’operatore di Fock nello stesso insieme di orbitali atomici e si diagonalizza la matrice risultante;
(3) le autofunzioni di F cosı̀ ottenute si utilizzano per ricalcolare J e K e si torna al punto
(2). Il procedimento si arresta allorché la soluzione ottenuta a un certo passo non differisca
per più di una certa soglia dalla soluzione ottenuta al passo precedente. Si parla di metodo a
campo autoconsistente, da cui la sigla HF-SCF (Hartree-Fock, Self Consistent Field).
essere usato per rappresentare gli orbitali molecolari. Tuttavia, per problemi di convergenza
e di costo del calcolo, è conveniente limitare la scelta a poche famiglie di funzioni e usare
quelle in grado di fornire buone approssimazioni degli orbitali molecolari con relativamente
pochi termini (M ) nella combinazione lineare. In pratica, seguendo l’idea intuitiva per cui
gli orbitali molecolari possono essere visti come sovrapposizione di orbitali atomici (AO), si
scelgono funzioni centrate sui singoli nuclei che riproducono più o meno fedelmente gli AO degli
atomi presenti nella molecola o cristallo; il metodo si identifica perciò con la sigla MO-LCAO:
Molecular Orbitals as Linear Combination of Atomic Orbitals. Un problema computazionale
legato all’uso di funzioni localizzate sui nuclei è la perdita di ortogonalità dell’insieme delle
ϕj (funzioni centrate su nuclei diversi non sono ortogonali); dal punto di vista formale questo
comporta una modifica dell’equazione matriciale da risolvere per la diagonalizzazione di F ,
con la comparsa di una matrice di overlap S i cui elementi Sij sono gli integrali hϕi |ϕj i:
F A = SAE (3.49)
dove A è la matrice degli autovettori {akj }k,j=1,M .
Funzioni molto usate sia in campo molecolare sia in campo cristallino sono quelle di tipo
gaussiano (GT F , Gaussian type functions) che, in coordinate sferiche (r, θ, φ), hanno la forma:
2
gα`m (r, θ, φ) = r` Y`m (θ, φ)e−αr (3.50)
Oltre che dai numeri quantici ` ed m che descrivono la dipendenza angolare della funzione e,
quindi, il tipo di orbitale, le GT F dipendono da un esponente α che deve essere ottimizzato
variazionalmente, determinandone il valore a cui corrisponde il minimo dell’energia. Poiché
una singola GT F non è solitamente in grado di riprodurre accuratamente l’andamento di un
orbitale nelle vicinanze del nucleo, si usano spesso combinazioni lineari di GT F dette funzioni
contratte, per cui il singolo orbitale ϕj della (3.48) diventa:
pj pj
2
X X
ϕj = di gαi `m (r, θ, φ) = di r` Y`m (θ, φ)e−αi r (3.51)
i=1 i=1
In tabella è pure riportato il coefficiente del viriale che è pari al rapporto −V /T tra il potenziale
totale (V , inclusivo del termine internucleare) e l’energia cinetica degli elettroni (T ); alla
distanza di equilibrio, una funzione d’onda al limite Hartree-Fock deve avere un viriale pari
a 2. Le basi 3G e 6G sono piuttosto distanti dal limite HF (come appare dal viriale) e la
diminuzione di energia passando dalla 3G alla 6G è dovuta al miglioramento della descrizione
della funzione d’onda nelle vicinanze dei nuclei. Le basi split valence hanno coefficienti del
viriale decisamente migliori anche se le energie non sono molto più basse di quella calcolata
con la 6G (la 21G presenta un’energia più alta a d = 0.71220 Å); la base 311G ha un viriale
molto vicino a 2 e l’energia più bassa. Si pure noti l’effetto della base sulla distanza di equilibrio
[la distanza a cui, a base fissa, si ha il minimo della curva E(d)].
La base 311G prevede un totale di M = 6 shell (3 su ogni atomo) con le quali si costruisce
una matrice di Fock F di dimensione 6, dalla cui diagonalizzazione si ottengono 6 orbitali
molecolari con le rispettive energie. Dei 6 orbitali, solo uno (quello a energia più bassa) è
occupato dai due elettroni a spin opposto; l’energia ε0 = hψ0 |F |ψ0 i di tale orbitale vale -0.5985
Hartree.
Capitolo 4
In questo capitolo si assumono note la definizione e le principali proprietà dei gruppi, per-
altro discusse in numerosi testi. Qualche dettaglio è fornito relativamente al concetto di
rappresentazione di un gruppo e sue proprietà.
4.1 Simmetria
Un sistema invariante a seguito di una data trasformazione si dice simmetrico rispetto a quella
trasformazione. Per un sistema simmetrico, sono formalmente definibili degli operatori Ŝ che
esprimono l’effetto della trasformazione attraverso equazioni del tipo:
dove la simmetria del sistema rispetto a Ŝ viene formalmente tradotta in un’equazione agli
autovalori: se il sistema è invariante rispetto alla trasformazione S, allora l’applicazione della
stessa non deve avere effetti osservabili e quindi non mutare lo stato del sistema. In altre
parole, gli stati possibili del sistema sono autostati degli operatori di simmetria.
Non alterando nulla di un sistema, una simmetria Ŝ conserva evidentemente pure la
normalizzazione; ricordando che al ket Ŝ|ψi corrisponde il bra hψ|Ŝ † , ciò implica:
(dove Iˆ è la trasformazione identica) per cui gli operatori di simmetria sono unitari (Ŝ † = Ŝ −1 ).
Se un sistema è simmetrico rispetto a una trasformazione S, tutte le sue proprietà (che, ri-
cordiamo, sono estraibili unicamente dal vettore di stato |ψi) sono necessariamente invarianti
rispetto alla stessa. In particolare, l’energia del sistema non varia a seguito dell’azione di Ŝ,
da cui:
E = hψ|Ĥ|ψi = hψ|Ŝ † Ĥ Ŝ|ψi → S † Ĥ Ŝ = H (4.3)
Data l’unitarietà di Ŝ, la (4.3) implica Ĥ Ŝ − Ŝ Ĥ ≡ [Ĥ, Ŝ] = 0: gli operatori di simmetria
di un sistema commutano con l’Hamiltoniano. In generale, l’insieme {Ŝj } degli operatori
che commutano con l’Hamiltoniano, dotato dell’operazione prodotto (inteso come applicazione
43
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 44
successiva di operatori) è un gruppo. Infatti, siano Ŝi e Ŝj due operatori per cui [Ĥ, Ŝi ] =
[Ĥ, Ŝj ] = 0, si ha:
[Ĥ, Ŝi Ŝj ] = Ŝi [Ĥ, Ŝj ] + [Ĥ, Ŝi ]Ŝj = 0 (4.4)
cioè il prodotto Ŝi Ŝj commuta con Ĥ e dunque appartiene a {Ŝj }; l’operatore identità Iˆ
commuta evidentemente con Ĥ e quindi si trova in {Ŝj } con funzione di elemento neutro;
ˆ abbiamo
infine, definito con Ŝi−1 l’operatore inverso di Ŝi , per cui Ŝi−1 Ŝi = Ŝi Ŝi−1 = I,
[Ĥ, Ŝi ] = 0 = Ŝi−1 [Ĥ, Ŝi ]Ŝi−1 = Ŝi−1 Ĥ − Ĥ Ŝi−1 = −[Ĥ, Ŝi−1 ] (4.5)
perciò anche l’inverso di ogni operatore di {Ŝj } commuta con Ĥ e si trova quindi nello stesso
insieme {Ŝj } . Dunque, tutte le proprietà richieste per la definizione di gruppo sono rispettate.
Il gruppo degli operatori che commutano con l’Hamiltoniano viene detto gruppo dell’equazione
di Schrödinger. Da questo risultato discende che l’insieme degli operatori di simmetria di un
sistema forma un gruppo (rispetto al prodotto di operatori).
dove h è la dimensione della rappresentazione k e i χkrs (Ŝj ) sono degli scalari in generale
complessi. Riferendoci per semplicità al caso dei gruppi abeliani (cioè ai gruppi commutativi,
per cui ∀i, j ∈ {1, . . . , p}, [Ŝi , Ŝj ] = 0, le dimensioni h di tutte le rappresentazioni irriducibili
sono unitarie (h = 1) e il numero di tali rappresentazioni è pari all’ordine p del gruppo. In tali
casi, la (4.6) si semplifica nella
Ŝj ξrk = χk (Ŝj )ξrk (4.7)
e lo scalare χk (Ŝj ) ≡ χkj viene detto carattere dell’operatore (Ŝj ) nella rappresentazione irridu-
cibile k. L’insieme {χkj }j=1,p dei caratteri di tutti gli operatori di S viene detto carattere della
rappresentazione. Formalmente:
Indicato con |χk i il vettore ket dei caratteri χkj , vale l’importante teorema (di ortogonalità tra
caratteri):
p
X
hχ` |χk i = χ`j χkj = pδk` (4.9)
j=1
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 45
L’ordine di un elemento Ŝj in un gruppo è quel numero intero n ≤ p (che si può dimostrare
ˆ allora, per un gruppo abeliano
essere sempre esistente) tale che Ŝjn = I;
ciò implica che i caratteri χkj siano tra le radici n-esime dell’unità (che sono in numero di n).
Rappresentando il numero 1 in campo complesso, per cui 1 = e2πmı , dove m è un intero, le
radici n-esime dell’unità sono e2πmı/n con m = 1, . . . , n (per esempio, per n = 4 si hanno le
quattro radici 1, −1, ı, −ı).
Le funzioni base per rappresentazioni irriducibili diverse sono ortogonali: hξrk |ξs` i = 0;
infatti, tenuto conto dell’unitarietà degli Ŝj (per cui Ŝj† Ŝj = I)
ˆ e della (4.9):
p
` k 1X ` † 1X ` k ` k 1
hξ |ξ i = hξ |Ŝj Ŝj |ξ k i = χi χi hξ |ξ i = hχ` |χk ihξ ` |ξ k i = δk` hξ ` |ξ k i (4.11)
p i=1 p i p
Nel caso k 6= `, la (4.11) ammette come unica soluzione hξrk |ξs` i = 0. Si può dimostrare che
l’insieme delle funzioni base delle diverse rappresentazioni irriducibili di un gruppo di simmetria
è completo; qualunque funzione può quindi essere espressa come combinazione lineare delle
stesse. In termini di vettori ket: p
X
|ψi = ck |ξ k i (4.12)
k
Pq (4.14)
k k k
|ξ i = a |ζ
j=1 j j i
H k = hζ k |H|ζ k i
ij i j
dove con Hijk si è indicato l’elemento (i, j) del blocco k (di dimensione q × q) della matrice H;
la diagonalizzazione di H k fornisce gli autovalori E k e gli autovettori di simmetria k (cioè i
coefficienti akj ).
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 46
È conveniente definire degli operatori proiezione (di Wigner) che, agendo su una funzione ψ,
ne proiettino la componente appartenente ad una data rappresentazione irriducibile:
p
k 1X k
P̂ = χ Ŝj (4.15)
p j j
e, ricordando la (4.9),
p p p p
k 1X X ` 1X X k ` `
P̂ |ψi = c` χj Ŝj |ξ ` i = c` χj χj |ξ i = ck |ξ k i (4.16)
p ` j
p ` j
Sfruttando gli operatori di Wigner è possibile costruire opportune funzioni di simmetria spe-
cificata per la rappresentazione dell’operatore Hamiltoniano.
1 2 4 4−1
A 1 1 1 1
B 1 1 -1 -1
E 1 -1 ı -ı
E 1 -1 -ı ı
dove le quattro diverse rappresentazioni (una per riga) sono state etichettate con delle lettere
(A, B ed E) seguendo delle regole che qui tralasciamo; le ultime due rappresentazioni nella
tabella su scritta hanno la stessa etichetta E, essendo l’una la complessa coniugata dell’altra.
Una rappresentazione tipo la A in tabella, che ha i caratteri pari a 1 per ogni elemento del
gruppo, esiste per ogni gruppo e si chiama rappresentazione totalsimmetrica.
di riflessione rispetto al piano, si ha m̂|πi = −1|πi) mentre gli orbitali σ sono simmetrici
(m̂|σi = 1|σi).
Orientiamo la molecola in modo tale che la direzione z sia parallela all’asse di rotazione
4, poniamo l’origine O nel baricentro e numeriamo gli atomi di carbonio come indicato nella
figura seguente (asse z normale al piano molecolare):
q q
@s
3 s Carbonio
s
4 `O q Idrogeno
s s2
q 1 @q
In ambito Hartree-Fock, le energie degli orbitali π sono gli elementi di matrice hπ|F |πi; ad
esempio, normalizzando π A , si ha:
1
εA = h(pz )1 + (pz )3 + (pz )2 + (pz )4 |F |(pz )1 + (pz )3 + (pz )2 + (pz )4 i =
4
h(pz )1 |F |(pz )1 i + 2h(pz )1 |F |(pz )2 i + h(pz )1 |F |(pz )3 i (4.22)
dove si sono sfruttate evidenti relazioni del tipo h(pz )1 |F |(pz )2 i = h(pz )1 |F |(pz )4 i. Calcolando
le energie anche per gli altri orbitali, otteniamo in definitiva:
A
ε = h(pz )1 |F |(pz )1 i + 2h(pz )1 |F |(pz )2 i + h(pz )1 |F |(pz )3 i
εB = h(pz )1 |F |(pz )1 i − 2h(pz )1 |F |(pz )2 i + h(pz )1 |F |(pz )3 i (4.23)
εE = εE = h(p ) |F |(p ) i − h(p ) |F |(p ) i
a b z 1 z 1 z 1 z 3
Nel caso specifico, essendosi usata una sola funzione base per ogni rappresentazione irridu-
cibile, le dimensioni dei singoli blocchi della matrice di Fock sono unitarie.
e, nel caso in cui f (r) sia Ĥ(r)ψ(r), data l’invarianza traslazionale dell’operatore Hamiltoniano
del cristallo [per cui Ĥ(r + Rj ) = Ĥ(r)] , si ha:
che, data la genericità di ψ, implica [Ĥ, R̂j ] = 0. In definitiva, tutti gli elementi di T commu-
tano con Ĥ e quindi T appartiene al gruppo dell’equazione di Schrödinger. Le autofunzioni di
Ĥ sono allora contemporaneamente anche autofunzioni di R̂j (∀R̂j ∈ T ):
(
Ĥψ = Eψ
(4.26)
R̂j ψ = χ(Rj )ψ
Essendo T un gruppo, il prodotto di due traslazioni è ancora una traslazione: R̂i R̂j = R̂` , da
cui:
R̂i R̂j ψ(r) = R̂i ψ(r + Rj ) = ψ(r + Rj + Ri ) = R̂` ψ(r) (4.27)
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 49
e, perciò, l’operatore R̂` trasla di Rj + Ri . Combinando la (4.27) con la seconda delle (4.26),
si ottiene:
R̂i R̂j ψ(r) = R̂i χ(Rj )ψ(r) = χ(Rj )χ(Ri )ψ(r) = R̂` ψ(r) = χ(Ri + Rj )ψ(r) (4.28)
Data una base reticolare B = {ai }i=1,3 , ciascuna traslazione reticolare Rj sarà esprimibile come
combinazione lineare (a coefficienti interi, ni ) dei vettori di B:
X
Rj = ni ai (4.30)
i
Scrivendo in notazione esponenziale ciascun χ(ai ), per cui χ(ai ) = e2πıki , abbiamo:
dove k = ` k` a∗` , con i nuovi vettori a∗ definiti dalle relazioni a∗` · ai = δ`i . Riconosciuti nei
P
k i vettori appartenenti allo spazio reciproco, possiamo dire che esiste una rappresentazione
irriducibile del gruppo di simmetria delle traslazioni per ogni vettore k dello spazio reciproco.
Si noti che due vettori k e k0 che differiscano per
P un vettore K del reticolo reciproco
P identificano
la stessa rappresentazione; si ha infatti: K = i mi a∗i (con mi interi), K·Rj = mi ni (quindi
il prodotto K · Rj è un numero intero) e
0 0
χk (Rj ) = e2πık ·Rj = e2πık·Rj e2πıK·Rj = χk (Rj ) (4.33)
per cui, per ogni R̂j ∈ T , i caratteri delle due rappresentazioni k e k0 sono uguali e identificano
la stessa rappresentazione. Ci si può allora limitare a considerare le sole rappresentazioni (non
equivalenti) etichettate da vettori k appartenenti alla prima zona di Brillouin.
Le autofunzioni degli operatori di traslazione (che, ricordiamo, sono anche autofunzio-
ni dell’Hamiltoniano) saranno esse stesse etichettabili con i vettori k dello spazio reciproco;
richiamando la seconda delle (4.26), abbiamo
ψ k (r + Nj aj ) = ψ k (r) (4.35)
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 50
da cui deriva che e2πıNj k·aj = e2πıNj kj = 1; ciò comporta che per ciascun j si abbia kj = mj /Nj
con mj intero. Il numero di punti k nella prima zona di Brillouin diviene allora finito e pari a
N = N1 N2 N3 (infatti, entro tale zona, ciascun mj è compreso tra 0 e Nj − 1); la P generica rap-
presentazione irriducibile k sarà identificata da una terna di interi mj per cui k = j mj /Nj a∗j .
dove nell’ultima sommatoria si è scambiato Rj con −Rj . Più in particolare, indicando con
φµ (r − Aµ ) la µ-esima funzione monoelettronica (AO) centrata sul nucleo µ di coordinate Aµ ,
nella cella 0 del cristallo, abbiamo (per ogni k) la funzione di Bloch:
X
ξµk (r) = P k φµ (r − Aµ ) = e−2πık·Rj φµ (r − Aµ − Rj ) (4.38)
j
Nello spazio delle funzioni di Bloch, la matrice rappresentativa dell’operatore di Fock F̂ assume
una forma diagonale a blocchi; ciascun blocco corrisponde a un punto k e ha una dimensione (n )
che dipende dal numero di atomi (nuclei) della cella elementare e dal numero di orbitali atomici
(AO) usati per descrivere ogni atomo. Le autofunzioni di F (orbitali cristallini; CO), ottenute
dalla diagonalizzazione di ciascun blocco F k , saranno allora esprimibili come combinazione
lineare delle funzioni di Bloch: X
ψik (r) = aµi (k)ξµk (r) (4.39)
µ
dove l’indice i varia tra 1 e n. Le energie degli orbitali cristallini (autovalori di F ) sono:
Fissato l’indice i dell’autovalore εi , l’energia del corrispondente orbitale cristallino varia con
continuità al variare di k tra tutti i punti della prima zona di Brillouin e definisce quella che
viene indicata col termine di banda. In ambito Hartree-Fock, possiamo dire che la struttura a
bande di un solido cristallino, altro non è che l’insieme degli autovalori dell’operatore di Fock
(funzioni di k) rappresentato nello spazio delle funzioni base delle rappresentazioni irriducibili
del gruppo di simmetria delle traslazioni.
CAPITOLO 4. APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE CRISTALLINE 51
Dettagli tecnici sul metodo Hartree-Fock periodico e sulla implementazione nel program-
ma CRYSTAL si possono trovare in Roetti C. (1996): The CRYSTAL code. In: Quantum-
Mechanical Ab-Initio Calculation of the Properties of Crystalline Materials. Lecture Notes in
Chemistry, 67, 125-137. Pisani (eds.) Springer, Berlin.