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Questo è un saggio del misterioso autore HS (Helter Skelter), apparso per la prima

volta il 01/08/2008 sul sito Come Don Chisciotte

Nel corso della sua prigionia, dal carcere brigatista Moro, interrogato con ogni
probabilità da soggetti che non erano i “normali” e conosciuti brigatisti e non erano a
contatto diretto con l’”accusato”, scriveva pagine su pagine accennando anche a
capitoli scottanti della nostra Repubblica come GLADIO, la cellula italiana di STAY
BEHIND o alla “strategia della tensione”.
Curiosamente, almeno nelle parti del memoriale rinvenuto, Moro si sofferma diverse
volte sull’attentato alla Questura di Milano ad opera dell’”anarchico” Bertoli in
occasione della cerimonia dell’anniversario della morte del commissario Calabresi,
indicando nel Ministro degli Interni, il democristiano Mariano Rumor il vero obiettivo
e accostandolo alla strage dio Piazza Fontana. Vedremo perché tali rivelazioni sono
importanti…

Prima di riprendere su Bertoli e l’attentato alla Questura di Milano, vorrei spendere


qualche parola per un personaggio alquanto misterioso e molto interessante. Il suo
nome è Yves Guillou, militare francese di grande esperienza bellica e uomo d’azione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale partecipa alla Resistenza antinazista e dopo il
conflitto attua una decisa scelta di campo anticomunista e a favore dell’Occidente.
Durante la guerra in Corea (1950 – 1953) riceve la Bronze Star dagli americani e,
successivamente, lo ritroviamo ad operare Indocina (1953) e nella guerra per il canale
di Suez accanto all’esercito israeliano (1956) contro il dittatore egiziano Nasser.
Capitano dei parà francesi esperto in azioni da commando e di controguerriglia, nel
1962 diserta e si unisce all’organizzazione terroristica OAS, ferocemente colonialista
e avversa alla politica che il Presidente De Gaulle stava intraprendendo in direzione
dell’indipendenza algerina. Come è noto, fra l’FLN algerino e l’OAS era in corso una
vera e propria guerra terroristica che non risparmiava un gran numero di vittime civili
fra bombe e attentati selettivi. La guerra in Algeria si riverberò nella stessa Francia
ove l’OAS tentò più volte di assassinare De Gaulle e trovò supporto nell’americana
CIA. Nel bel libro sulla STAY BEHIND scritto da Gamser si tratta ampiamente il
conflitto francese dipingendolo come un caso unico di guerra “interna alla STAY
BEHIND” combattuta da un lato dall’OAS stessa e dall’altro dalle SAC (Squadra
d’Azione Civica), la “GLADIO” di De Gaulle. La perizia terroristica dell’OAS era
tale da divenire quasi leggendaria con sospetti di coinvolgimento più o meno fondati
negli assassinii del Presidente USA Kennedy e del Presidente dell’ENI Mattei.
Tornando a Yves Guillou, egli cambiò identità sotto il nome di Yves Guerin Serac e
dopo la dichiarazione di indipendenza dell’Algeria (1962) insieme ad altri militanti
dell’OAS si rifugiò in Portogallo e sotto la protezione della PIDE, il servizio segreto
del Portogallo clerico fascista, e la copertura di “agenzia stampa”, fondò una centrale
del terrorismo internazionale, la nota Aginter Press. Definire, come si è fatto,
l’Aginter Press un’agenzia di provocazione internazionale di estrema destra, una sorta
di “Internazionale nera”, è estremamente riduttivo e esemplificativo. Sull’agenzia
vige il segreto NATO e ciò fa pensare ad un suo inserimento nella rete STAY
BEHIND o, comunque, ad un rapporto con essa. Lo stesso Guillou – Serac ha
collaborato con i servizi di sicurezza americani, francesi, israeliani ed inglesi. La
facciata della sua organizzazione terroristica è il movimento di estrema destra “Ordre
et Tradition” e il suo braccio armato l’OACI (Organisation d’Action Contre le
Communisme Internazionale). L’Aginter Press si presenta, quindi, come il punto di
riferimento, il centro di collegamento internazionale per il movimenti ed i gruppi
europei anticomunisti e di estrema destra, reclutando nuovi militanti ed addestrando
alle tecniche del sabotaggio, della guerriglia e del terrorismo. Fra le altre attività,
considerata la mentalità colonialista dei suoi membri, l’Aginter Press forniva
mercenari per combattere in paesi africani quali il Congo, in occasione della
secessione del Katanga e l’Angola. Data la rete di rapporti intrattenuti con i servizi di
sicurezza di area NATO, molto importanti furono i collegamenti con la CIA
americana, con la rete Gehlen composta da ex nazisti tedeschi che, in occasione della
Guerra Fredda, erano passati al soldo della stessa CIA per infiltrarsi nei Paesi dell’Est
europeo e con servizi segreti di paesi fascisti o sotto la dittatura militare come la
Grecia dei colonnelli e la Spagna franchista oltre, ovviamente, al già citato servizio
segreto portoghese che se ne serviva per le guerre nelle colonie africane. Documentati
sono i rapporti fra l’Aginter Press ed un cittadino americano di nome Jay Simon
Selby, probabile agente CIA. L’esperienza dell’OAS era ben presente nella mente di
questi “guerrieri non convenzionali”. La stessa OAS, infatti, non si poteva descrivere
come la classica organizzazione fascista: vi aderirono, infatti, partigiani della
Resistenza antinazista, reduci dai campi di sterminio ex gaullisti come Soustelle ed ex
collaborazionisti del regime di Vichy, uniti dal comune anticomunismo ed
antisovietismo. Lo stesso Guillou – Serac non era un fascista e aveva partecipato alla
Resistenza; si trattava, bensì, di un integralista cattolico. In Italia, altri reduci della
Resistenza, antifascisti passati all’anticomunismo viscerale, si sono, in un certo qual
modo, rifatti alle esperienze dell’OAS e dell’Aginter Press: il repubblicano ed ex
Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi che nel suo movimento presidenzialista
Nuova Repubblica reclutò diversi ex repubblichini come Accame e Pisanò e
l’aristocratico e monarchico Edgardo Sogno che nei movimenti Pace e Libertà e nei
Comitati di Resistenza Democratica inserì, trasversalmente, anticomunisti di ogni
colore politico dagli ex fascisti agli ex comunisti. Sia Pacciardi che Sogno, così come
Guillou – Serac avevano ottimi rapporti americani ed inglesi. Interessante, poi, è il
collegamento che un appunto del SID, il servizio informazioni militare italiano, fa fra
l’Aginter Press, la strage di piazza Fontana e gli altri attentati del 12 dicembre 1969.
Questo documento risale ad appena quattro giorni dall’attentato, ma venne tenuto a
lungo nascosto agli inquirenti. In essa vi si legge che:

- “Gli attentati hanno certamente un certo scollegamento con quelli organizzati a


Parigi nel 1968 e la mente e organizzatore di essi potrebbe essere un certo Y. Guerin
Serac, cittadino tedesco (sic !);
- “risiede a Lisbona ove dirige l’Agenzia “Ager – Interpress”;
- “ è anarchico, ma a Lisbona non è nota la sua ideologia;
- “ha come aiutante tale Robert Leroy, residente a Parigi BP - 55 – 83 la Seyne sur
mer (sic !);
- “ a Roma ha contatti con Stefano Delle Chiaie;
- “ha i seguenti connotati: anni 40 circa, altezza 178 cm, biondo, parla tedesco e
francese;
- “è certamente in rapporti con la rappresentanza diplomatica della Cina comunista a
Berna;
- “Stefano Delle Chiaie dovrebbe aver avuto gli ordini degli attentati dal Serac ed
avrebbe disposto che l’esecuzione fosse attuata dal Merlino…”

A parte le inesattezze ed il riferimento alla “pista anarchica”, essendo evidente che il


Serac non era certo anarchico, uno “sviamento” quasi d’obbligo per un servizio
segreto inserito nell’organigramma atlantico, la nota contiene vari elementi
interessanti che, via via, vaglieremo.

In aggiunta alle doti di “esperto d’arme”, Guillou – Serac è stato anche un teorico
dell’anticomunismo. Prendendo spunto dalle vittorie dei movimenti “anticolonialisti”
nei vari paesi del Terzo Mondo come la Cina, l’Indocina e la stessa Algeria, egli
conferì alla sua guerra in nome del vecchio colonialismo europeo, una portata
mondiale, le vesti di un autentico Scontro di Civiltà. Si convinse che la
decolonizzazione, che noi riconosciamo come un fenomeno ampio e complesso, fosse
il frutto di un complotto comunista internazionale. i comunisti stavano vincendo…
Vincendo sul piano della guerriglia, le tecniche di guerra partigiana, ma anche su
quello della propaganda, della guerra psicologica attuata per guadagnarsi l’appoggio
delle popolazioni. Lo stesso conflitto fra le due maggiori potenze comuniste, l’URSS
e la Cina popolare, era solo apparenza. Per agire di fronte a questa situazione
occorreva innanzitutto superare la frattura fra fascisti ed antifascisti per concordare
alleanze in nome della guerra al comunismo – concetto che, in Italia, verrà fatto
proprio da Pacciardi – e, poi, mobilitare tutte le risorse possibili. Vennero sviluppati i
concetti di “guerra rivoluzionaria”, di “guerra non ortodossa”, di “guerra a bassa
intensità”. Insomma la guerra condotta da piccoli gruppi paramilitari o bande che
prevedeva l’utilizzo del terrorismo così come si era dispiegato nella guerra algerina e
delle tecniche di infiltrazione. In effetti, poi, la veste che Guillou diede a questa
“guerra” non si limitava al semplice anticomunismo viscerale e di maniera. Si era
trovato spesso a combattere sul campo contro gli arabi e i musulmani e, da buon
integralista cattolico, riteneva che questo conflitto avesse anche un carattere religioso.
In aggiunta ammirava l’Esercito Israeliano a fianco del quale si era trovato a
guerreggiare contro l’esercito egiziano del dittatore Nasser. Egli riteneva che Israele
fosse un baluardo dell’Occidente contro i barbari e la stessa Aginter Press poteva aver
agito per depurare il tradizionale antisemitismo di molta estrema destra europea. Il
richiamo alla Civiltà giudeocristiana opposta, oltre che agli atei comunisti, agli arabi e
ai musulmani giunge fino a noi con gli accenti posti sulla “Guerra di Civiltà” che
fanno la felicità di parecchi teorici e “politologi” vicini ai neoconservatori o essi stessi
di estrazione neoconservatrice. È certo, invece, che in quegli anni le concezioni di
Guillou – Serac fecero molta presa negli ambienti NATO o filoatlantici, così come
l’efficienza di un’organizzazione terroristica come l’OAS.
I fondamenti dell’OAS e quelli enunciati da Guillou – Serac dovevano essere ben
presenti ai relatori del notissimo convegno svoltosi all’hotel Parco dei Principi a
Roma fra il 3 ed il 5 maggio 1965 sulla “guerra rivoluzionaria” organizzato
dall’Istituto di studi storici e militari Alberto Pollio, probabile emanazione dello Stato
Maggiore della Difesa e del SIFAR, il servizio segreto militare italiano. Fra gli
studiosi è diffusa la convinzione che questo convegno getti i semi della cosiddetta
“strategia della tensione”. Fra i relatori, una figura molto interessante, il giornalista
Guido Giannettini, esperto di problemi militari e nazifascista dichiarato. Come il
numero uno della organizzazione neonazista Ordine Nuovo, di cui tratteremo in
seguito, Pino Rauti, il Giannettini aveva, in qualità di “giornalista” contatti con
l’Aginter Press. Nel 1961 era stato inviato a tenere una conferenza alla scuola dei
marines di Annapolis su “Tecniche e possibilità di un colpo di Stato in Europa” alla
quale erano presenti ufficiali del Pentagono e della CIA. Un argomento, dunque,
strettamente afferente il golpe militare in Grecia che sarà attuato qualche anno più
tardi. Anni dopo risulterà che Giannettini era l’agente Zeta del SID in contatto con
Giovanni Ventura, il neofascista sodale di Franco Freda che, come lui, verrà
riconosciuto fra gli esecutori della strage di piazza Fontana – coloro che hanno fornito
l’esplosivo – ma non più processabili perché assolti precedentemente a Catanzaro,
sentenza confermata dalla Cassazione. Freda e Ventura erano in rapporto con gruppi
maoisti e, evidentemente, Ventura riferiva a Giannettini. Si tratta, dunque, di persona
ben inserita nel mondo dei servizi segreti e nelle strutture NATO le cui parole
dovrebbero essere prese seriamente. Disse Giannettini: “Se gli anticomunisti avessero
maggiore sensibilità politica, approfitterebbero della situazione per sfruttare in senso
anticomunista la naturale tendenza alla ribellione delle nuove generazioni culturali
contro il conformismo della dottrina ufficiale.” L’esperto militare e di guerra non
ortodossa prestava attenzione ai nuovo movimenti giovanili e alla loro indole ribelle
ed è chiaro che qui non si accenna tanto ai movimenti di estrema destra, già per natura
anticomunisti, ma a quelli di estrema sinistra. Si trattava, perciò, non solo di
monitorare e di controllare l’estrema sinistra ma anche di piegarla ai propri fini.
Chiaramente per Giannettini la “dottrina ufficiale” è conformista in senso troppo
filocomunista ed orientata a sinistra. Un paio di anni dopo la CIA americana varò
l’operazione CHAOS, un piano di controspionaggio che prevedeva l’infiltrazione nei
movimenti maoisti, trockisti, terzomondisti, pacifisti, peri i diritti civili e giovanili,
per valutare la presenza di agenti sovietici e stranieri. Le ragioni si comprendono
facilmente: sono gli anni della guerra in Vietnam. Tale operazione fu molto vasta e
superò i confini statunitensi, per essere estesa agli altri pesi di area atlantica come la
Gran Bretagna, la Germania federale, la Francia, la Spagna e la stessa Italia. Come
accertò la Commissione Rockfeller che, peraltro, si guardò bene dall’approfondire, da
operazione di controspionaggio CHAOS mutò in pura provocazione con l’utilizzo di
agenti adoperati per estremizzare e spingere alla violenza i gruppi extraparlamentari e
di estrema sinistra. Direttore dell’operazione CHAOS fu il leggendario James Jesus
Angleton che nell’OSS, antesignana della CIA durante la guerra, si peritò di reclutare
nazifascisti per la futura Guerra Fredda. Anticomunista viscerale, Angleton divenne
noto come il liberatore del principe Borghese, comandante del corpo repubblichino
della X MAS, che, tra i primi, fornì uomini ai primi nuclei dell’organizzazione
paramilitare atlantica GLADIO. Figura inquietante ed avvolta dal mistero egli venne
indicato fra i responsabili della strage di Portella delle Ginestre e dell’assassinio del
Presidente Kennedy, oltre che fra i fondatori del servizio segreto israeliano
MOSSAD.
Successivamente, sempre nell’ambito dell’operazione CHAOS, fu sviluppato il
cosiddetto “Progetto 2”, ossia l’impiego di agenti statunitensi allo scopo di rafforzare
e sviluppare la “sinistra maoista”. In concreto, agenti della CIA dovevano incentivare
la diffusione di un’ideologia che erano stati addestrati a combattere. Pare molto
strano, ma non poi così tanto… All’epoca, come abbiamo fatto cenno, era in atto un
conflitto nell’ambito del campo comunista fra l’URSS e la Cina che ha assunto le
caratteristiche proprie dello scontro armato. Si pensi al conflitto fra India e Pakistan e,
più avanti, fra il Vietnam e la Cambogia… L’obiettivo precipuo era, quindi, inserirsi
come un cuneo nello scontro fra filosovietici e filomaoisti per approfondire la frattura,
appoggiando, ovviamente questi ultimi. Riconducibile al “Progetto 2” in Italia
potrebbe essere stata l’operazione “Manifesti cinesi” ideata dall’Ufficio Affari
Riservati del Viminale che si servì di neofascisti del movimento neofascista
Avanguardia Nazionale – l’organizzazione di Delle Chiaie e Merlino citati nel
documento del SID su piazza Fontana – attraverso la mediazione del giornalista del
“Borghese” Tedeschi, il cui nome è risultato presente negli elenchi della loggia
atlantica P2. I neofascisti di Avanguardia Nazionale si camuffarono da “maoisti” per
affiggere manifesti in varie città d’Italia. Longa manus dell’Ufficio Affari Riservati
del Viminale, concorrente del SID, è stato, fin dall’immediato DopoGuerra, Federico
Umberto D’Amato, grande amico di Angleton, il direttore dell’operazione CHAOS.
Conclusa la carriera, D’Amato si è sempre vantato per questa amicizia e ha
praticamente rivelato di essere stato uno dei più importanti uomini della CIA in Italia.
Che si trattasse di persona su cui gli americani riponevano grande fiducia è dimostrato
dal fatto che egli resse la sovrintendenza alla Segreteria Speciale Patto Atlantico e
all’Ufficio di sicurezza Patto Atlantico. Anch’egli risultò iscritto alla P2 e, a torto o a
ragione, venne considerato da alcuni come uno dei promotori della “strategia della
tensione”.
Anche l’Aginter Press, probabilmente addetta ai dirty jobs delle strutture di sicurezza
NATO, non se ne stava con le mani in mano: come rilevato dal succitato appunto del
SID, il numero due dell’organizzazione e braccio destro di Guillou – Serac, l’ex
Waffen SS, già collaboratore della rete Gehlen, Robert Leroy si appropriò della
patente di “maoista” e stabilì rapporti con l’Ambasciata cinese a Berna, auspice il
comune antisovietismo e con il Partito Comunista Marxista Leninista svizzero
filocinese e maoista. Quando, dopo la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo nel
1974, venne alla luce il ruolo dell’Aginter Press, ormai privo delle protezioni del
regime salazarista e smantellato, i sospetti investirono anche il segretario del partito,
tale Gerard Bulliard. Risulterà dai documenti del vecchio SID come il Bulliard fosse
una fonte informativa del SID con il nome in codice “Bill”. Dalla documentazione del
servizio segreto italiano si può facilmente accertare come al Bulliard ben si attagliasse
il ruolo dell’agente provocatore e fomentatore di attività “sovversive”, la fisionomia
dell’agente prevista dall’operazione CHAOS e dal “Progetto 2”. Risulta poi che sia il
Bulliard, sia il Leroy abbiano partecipato, nell’ottobre del 1967, a una riunione di un
fantomatico Fronte Rivoluzionario Clandestino Marxista Leninista.

In questo senso un altro personaggio interessante potrebbe essere il belga Jean


Thiriart, come Leroy ex Waffen SS. A lui si può far risalire tutto quel filone di
estrema destra, di volta in volta etichettato come comunitarista, nazionalbolscevico,
“nazimaoista”, ecc… Punti cardini sembrano essere il recupero del ruolo dell’Europa
per una terza via fra gli USA e l’URSS, anticapitalista ed anticomunista. Altre
caratteristiche sembrano essere il recupero della sinistra e del marxismo leninismo; la
ricerca di bizzarre alleanze antisistema e l’amalgama fra estrema destra, estrema
sinistra e il nazionalismo arabo (oggi potrebbe essere rimpiazzato dall’islamismo).
Questa ricerca di commistioni fra estremismi per una lotta antisistema, peraltro, è
sempre stata ed è ben presente fra minoranze dell’estrema destra. Agli inizi degli anni
Settanta In Italia alcuni personaggi riconducibile all’estrema destra come Claudio Orsi
e il conte Loredan cercarono di tradurre questi dettami e fondarono due associazioni
“culturali”: l’Associazione Italia – Libia per promuovere i rapporti con la Libia di
Gheddafi e l’Associazione Italia – Cina in contatto con i gruppi maoisti. Per qual che
riguarda Thiriart, egli fondò il movimento Jeune Europe che dapprima fiancheggiò
l’organizzazione terroristica atlantista OAS nella sua guerra colonialista per poi
carezzare il “terzomondismo”, l’alleanza fra la vecchia Europa e i giovani paesi non
allineati usciti dalla decolonizzazione. Nel 1965, nella Romania di Ceausescu, quanto
mai deciso a intraprendere una politica internazionale autonoma dall’alleato
moscovita, a Bucarest Thiriart incontrò Chou En Lai, il braccio destro del Presidente
cinese Mao. Non è dato conoscere l’esito degli incontri, tuttavia è pur vero che in
Italia parecchi giovani confluirono dall’estrema destra all’estrema sinistra. Militanti
della Giovane Europa come un certo Renato Curcio si riversarono nel Partito
Comunista d’Italia di orientamento maoista. Frutto di una autonoma e consapevole
linea politica? Mero strumento di provocazione? Scelte meditate di giovani che hanno
ritenuto il maoismo più confacente alle loro ispirazioni rivoluzionarie che il
movimento di Thiriart? A mio avviso la risposta non è univoca ed ognuna delle
risposte contiene un elemento di verità. Tuttavia non si può non ravvisare come le
linee giuda dell’organizzazione di Thiriart abbiano coinciso, dal punto di vista della
scansione temporale, con quelle portate avanti dalla CIA e dalle strutture NATO,
almeno per quanto riguarda i rapporti con il maoismo. Non tutte le ambiguità sono
state sciolte…

I toni propri del discorso di Thiriart sono stati ripresi da Franco Freda nel suo “La
disintegrazione del Sistema” ove venivano lodate le guerre di liberazione nei paesi del
Terzo Mondo e auspicata l’alleanza fra le ali estreme per la distruzione del sistema.
Più incline all’azione era, invece, il sodale di Freda. Giovanni Ventura agganciò l’ex
comandante delle brigate Garibaldi, Alberto Sartori, leader del Partito Comunista
d’Italia marxista leninista di tendenza maoista e ne divenne socio nella Lito Press, una
piccola casa editrice specializzata in pubblicazioni di estrema sinistra. Durante i
travagli processuali della stage di piazza Fontana emersero tali connubi fra estrema
destra ed estrema sinistra e la tendenza della prima a “mimetizzarsi” nella seconda.
Non si può trascurare una menzione per i “nazimaoisti”, gli studenti che, sul finire
degli anni Sessanta, sfilavano inneggiando a Hitler e a Mao. Il cosiddetto
“nazimaoismo” nasce da alcuni transfughi di Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale e
del movimento giovanile pacciardiano come Enzo Maria Dantini, esperto in esplosivi
il quale da documenti rinvenuti presso la VII Sezione del SISMI, quella che
presiedeva alle attività di GLADIO, risultava essere fra i “reclutabili” nella rete
atlantica. Costoro fondarono Lotta di Popolo inizialmente inserita e ben accetta nel
Movimento Studentesco. Questo gruppuscolo di estrema destra che si appropriava
anche di simboli e slogan dell’estrema sinistra si distinse nella mitica battaglia di
Valle Giulia a Roma nel 1968 e si mostrò come la fazione più agguerrita e violenta
nel respingere le cariche della polizia e nel contrattaccare. Nell’occasione si produsse
una frattura fra gli studenti di estrema destra e i militanti dell’MSI che, invece
appoggiavano i tutori dell’ordine. Secondo il pamphlet “Strage di Stato” dedicata a
Piazza Fontana, Lotta di popolo aggrediva in maniera del tutto gratuita le forze di
polizia, lanciava slogan qualunquistici e conferiva alla lotta del popolo palestinese per
l’indipendenza un significato di chiaro antisemitismo. In questo caso non sussistono
molti dubbi sulla natura provocatoria dell’operazione che non poteva durare.

È estremamente arduo poter dare un giudizio storico definitivo sul Sessantotto e, più
in generale, sui Movimenti delle nuove generazioni degli anni Sessanta. Sono ancora
anni vicini a noi… Anni che fanno male… Più che di vera e propria rivoluzione
politica, peraltro senza una chiara direzione, il Sessantotto si è palesato come
fenomeno antropologico e culturale, ambiti in cui, senza dubbio, ha esercitato una
maggiore influenza. Nel bene e nel male l’ondata giovanile degli anni Sessanta ha
inondato la società di elementi nuovi, complessi e contradditori. Il linguaggio
“marxista leninista” e “maoista” profusi a piene mani sono stati adottati soprattutto
per la loro carica sovversiva e trasgressiva, almeno per quei tempi. Sarebbe ingiusto,
invece, liquidare il tutto come una gigantesca operazione di provocazione orchestrata
da qualche servizio segreto e, tuttavia, bisognerebbe pur ammettere che si tentò di
“cavalcare la tigre” con esiti diversi. Ad esempio è ancora al vaglio degli studiosi il
ruolo della CIA e dei servizi segreti americani nella diffusione degli allucinogeni e
della cosiddetta controcultura delle droghe. Secondo alcune testimonianze si tentò –
probabilmente pure con successo – di diffondere l’uso delle droghe per disgregare gli
ambienti giovanili e in questi traffici sarebbero state coinvolte le organizzazioni
mafiose. Ancora risulta che numerosi furono gli agenti provocatori utilizzati alla
bisogna per far degenerare i movimenti e spingerli al caos, alla guerriglia e alla
violenza: si pensi ad una convention hippie svoltasi a Chicago nell’agosto del 1968
che sfociò in episodi di guerriglia urbana. Risultò, poi, che una buona percentuale
degli elementi coinvolti fossero appartenenti agli organismi di intelligence.
A quarant’anni dal mitico Maggio francese segnato da una gigantesca guerriglia
urbana che attanagliò Parigi e la Francia, possiamo valutare tutti gli elementi che ci
portano a pensare come vi si concentrarono tutti gli sforzi per bloccare o sabotare le
politiche del Presidente De Gaulle.
A questo proposito è utile mostrare quanto riportò un agente dei servizi segreti
spagnoli e collaboratore della CIA, tale Luis Manuel Gonzalez - Mata, ricordando
l’incontro che ebbe con un dirigente dei servizi segreti statunitensi proprio nel maggio
del 1968:
La CIA fu ben più esigente. Essa mi fece incontrare un membro della missione
americana. Era il gran coordinatore dei servizi americani a Parigi e si faceva chiamare
Donovan.
“Lei deve continuare la sua azione contro il governo francese”, mi disse
Io (sorpreso): “Come?”
Donovan: “Forse questa è l’occasione buona per sbarazzarsi del generale De Gaulle.”
IO: “Gli preferite i gauchisti?”
Donovan: “I gauchisti non arriveranno mai al potere, ma se il disordine si allarga, la
borghesia francese si spaventerà. Costringerà De Gaulle a cambiare politica, ad
allontanarsi dai paesi dell’Est e del Terzo Mondo per riavvicinarsi agli Stati Uniti.
Oppure toglierà la propria fiducia al generale e la rivolgerà ad altri partiti con i quali
potremo intenderci più facilmente.”
Io: “In concreto, cosa significa tutto questo?”
Donovan: “Significa che dobbiamo incoraggiare il disordine, creare incidenti tra i
rivoltosi e il servizio d’ordine. Solo così scateneremo l’indignazione della
maggioranze silenziosa.”
Di lì a pochi giorni, Donovan mi informò che la CIA aveva già alcuni uomini
all’interno del movimento; si trattava per la maggior parte di ex componenti della
legione o dell’OAS che erano riusciti ad infiltrarsi nei gruppuscoli dell’estrema
sinistra.
“Alla Sorbona”, mi spiegò, “abbiamo solidi agganci tra i katanghesi, quelle bande che
occupano i sotterranei e che si battono con tanta violenza contro la polizia. Lei si
unirà a loro. Se lo tenga in mente: vogliamo il massimo dei feriti e dei danni.”
Mi mescolai dunque ai rivoluzionari. Identificai immediatamente numerosi agitatori
che si erano infiltrati, agenti segreti poliziotti in borghese dei servizi francesi, militanti
del movimento di estrema destra Occidente, membri del SAC, delinquenti comuni.
Tutti costoro si agitavano, sorvegliavano, tentavano di familiarizzare con i capi
gauchisti. Questa testimonianza, peraltro, collima in gran parte con quanto affermato
da Vincenzo Vinciguerra, ex militante di Ordine Nuovo, reo confesso della strage di
carabinieri a Peteano. Secondo Vinciguerra notevole fu il ruolo dell’OAS. Queste
dichiarazioni e testimonianze si riallacciano, peraltro, al più volte citato appunto del
SID sulla strage di piazza Fontana e sul ruolo dell’Aginter Press quando fa
riferimento agli attentati parigini del 1968. Il collegamento è ancor più corroborato se
si pensa che al Maggio francese partecipò anche Mario Merlino, l’ex militante della
neofascista Avanguardia Nazionale che si “convertì” all’anarchia dopo un viaggio
compiuto con altri militanti di estrema destra nella Grecia dei colonnelli nella lontana
primavera del 1968. Il Merlino si avvicinò al movimento 22 Marzo di Cohn Bendit,
omonimo di quello che egli stesso contribuì a fondare in Italia. Fra gli aderenti,
l’anarchico Valpreda che successivamente avrebbe dovuto difendersi dall’accusa di
essere il “mostro” della strage di piazza Fontana. Come emerse il gruppo del 22
Marzo italiano era un gruppo raccogliticcio di convinti anarchici, neofascisti ed
informatori della polizia. Un altro dato di un certo interesse è costituito dal fatto che
tutti i maggiori leader del Maggio francese - i vari Glucksmann, Henry Levy, Cohn
Bendit – erano ebrei o di origine ebraica. Si ricorderà come Israele non avesse in
grande simpatia De Gaulle perché quest’ultimo si era pronunciato contro l’azione
dell’esercito israeliano durante la Guerra dei Sei Giorni. Il generale passava per essere
un filoarabo, posizione che aveva assunto per correggere la rotta tenuta in tanti anni di
conflitto francoalgerino. Si può facilmente immaginare come i capi gauchisti fossero
anche sionisti e, quindi, non solo non gradivano gli atteggiamenti autoritari del
Presidente francese ma anche la sua politica mediorientale. Ma vi è anche un altro
fatto degno di nota: concluso il Maggio francese, il movimento si dissolse come una
bolla di sapone. È vero: venne fondata la Gauche Proletarienne, ma, se si pensa a
quanto accadde negli altri stati europei di area NATO, c’è veramente da meravigliarsi
e stupirsi. Gli anni Settanta furono segnati da fatti di terrorismo e dalla costituzione di
bande armate di matrice “marxista leninista” un po’ ovunque. Invece in Francia la
cosiddetta Gauche assunse le caratteristiche di un movimento sempre più
istituzionalizzato. Perché? Dalla documentazione in possesso di Guido Giannettini,
l’agente Zeta del SID ed esperto in “guerra non ortodossa”, all’inizio degli anni
Settanta si sarebbe costituito a Parigi il cosiddetto Think Tank, una struttura messa in
piedi da trockisti filoamericani e filoisraeliani. Questa struttura avrebbe avuto
collegamenti con il terrorismo internazionale, il cosiddetto “euroterrorismo” (ETA,
IRA, RAF per intenderci). Il Think Tank avrebbe avuto anche la funzione di
influenzare il senso sionista e filoisraeliano i gruppi dell’estrema sinistra europea. Pur
essendo il Giannettini un personaggio da prendere con le molle, la sua frequentazione
di certi ambienti induce a cercare di valutare le informazioni ed i dati in suo possesso.
Innanzitutto può colpire il termine “Think Tank”, tipicamente americano e adottato
per indicare istituti di ricerca strategica e di studi su grandi questioni di intereresse
generale. Colpisce anche che vengano indicati i trockisti, perché, proprio per la
posizione antistalinista, queste fazioni comuniste fornirono, fin dall’immediato
Dopoguerra, un buon serbatoio per reclutare collaboratori o informatori della CIA.
È noto, poi, come l’odierno neoconservatorismo venne fondato da un ebreo tedesco,
già trockista, emigrato negli USA durante gli anni del dominio nazista, Leo Strauss.
Senza addentrarsi nei meandri del neoconservatorismo possiamo citare suoi due
cardini: la politica imperialistica statunitense e l’inclinazione al sionismo e
all’appoggio incondizionato ad Israele.

Proprio nel corso degli anni Settanta molti trockisti e militanti di estrema sinistra e
molti ebrei si “convertirono” al neoconservatorismo e si può misurare dalle parole e
dagli scritti di ex gauchisti come Glucksmann e Henry Levy, i cosiddetti “nouveaux
philosophes”, quanta sia al loro reale distanza dai precetti neoconservatori. La
documentazione Giannettini venne confermata da un articolo del giornalista piduista
Pecorelli che si occupò del rapporto fra il cosiddetto Think Tank e la “strategia della
tensione”. La fonte del giornalista era interna al servizio segreto SDECE, la stessa,
molto probabilmente, di Giannettini.
Sia pure in modo leggermente allusivo sia nei documenti di Giannettini e sia
nell’articolo di Pecorelli, si addita alla CIA americana, al MOSSAD israeliano e a
quei servizi di sicurezza NATO comunque su posizioni filoamericane e filoisraeliane.
Inoltre la quasi totale assenza di azioni terroristiche sul territorio francese nel corso
degli anni Settanta, fino alla costituzione del gruppo terrorista fra il marxismo e
l’ambientalismo Action Directe, fa supporre che il Think Tank sia stato un mezzo per
controllare le fazioni e le bande armate nei confini francesi. È noto come la politica
francese, di qualsiasi colore, sia sempre stata piuttosto indulgente nei confronti di
soggetti che si erano macchiati di atti terroristici e che si erano rifugiati sul proprio
territorio. Dopo anni contrassegnati dal conflitto algerino, dal confronto fra i coloni
dell’OAS e gli algerini dell’FLN e dal conflitto fra i gaullisti e i reduci dell’OAS con
il loro strascico di sangue e morte, si voleva garantire una pace duratura sul suolo
francese. A mio parere i servizi francesi, “rapportandosi” con il Think Tank, hanno
agito soprattutto in tal senso.
Soprattutto, il Think Tank, nome in codice della struttura, avrebbe operato sotto
copertura e il periodo della sua attività avrebbe coinciso con la presenza a Parigi
dell’istituto culturale Agorà prima, e poi della celebre scuola di lingue Hyperion, una
sorta di Aginter Press di “estrema sinistra”. Non dovrebbero, quindi essere molti
dubbi che l’Hyperion fosse la facciata “legale” del Think Tank. L’Agorà e l’Hyperion
sono state fondate da una fazione di scissionisti delle Brigate Rosse detta Superclan
perché avevano abbracciato una concezione della lotta armata improntata alla
massima clandestinità fino all’ideazione di attentati senza rivendicazione. Rifugiatisi
in Francia stabilirono contatti con personaggi francesi. Senza addentrarsi nelle
complesse vicende dell’Hyperion che richiederebbero l’apertura di altri capitoli, non
si può non far menzione dei rapporti con le BR di Mario Moretti che già era stato
militante del Superclan, del coinvolgimento in un traffico d’armi fra OLP e BR
svoltosi sotto gli occhi dei servizi segreti americani ed italiani e delle numerose tracce
che portano ad un' implicazione piuttosto pesante nell’affaire Moro. Un rapporto della
DIGOS la dipinge come un”ufficio di rappresentanza della CIA in Europa”, mentre
più recentemente sono venuti alla luce rapporti, contiguità e vicinanze fra il Superclan
– Hyperion e le BR morettiane da un lato e personaggi legati ai cosiddetti Comitati di
Resistenza Democratica e all’ambiente dell’ex partigiano “bianco” Edgardo Sogno,
filoamericano e filoinglese.
Dunque una serie di convergenze e di comuni interessi per sbarazzarsi della politica di
De Gaulle… De Gaulle, la variabile impazzita degli anni della Guerra Fredda… De
Gaulle che aveva aperto all’URSS e aveva ritirato la Francia dal comando militare
della NATO ed espulso tutti gli organismi della NATO nel 1966, indispettendo gli
americani… De Gaulle che aveva duramente criticato l’attacco israeliano della Guerra
dei Sei Giorni e intrapreso una politica amichevole con i paesi arabi irritando
Israele… De Gaulle, la cui politica nazionalista osteggiava le pretese di integrazione
europea giudicata troppo sbilanciata nei confronti delle pretese e degli interessi anglo
americani e di circoli finanziari e lobbies più o meno riconducibili al Bilderberg e al
CFR… De Gaulle a cui l’OAS non perdonava di aver concesso l’indipendenza
all’Algeria e di aver dato il colpo di grazia ad una politica colonialista ormai
anacronistica… Ce n’è abbastanza!
In effetti la linea del generale mutò in seguito al Maggio sessantottino; innanzitutto
mobilitò la sua “maggioranza silenziosa” e riuscì a sedare i disordini, poi concesse
l’amnistia agli uomini dell’OAS per i reati compiuti anche a suo danno nel settembre
del 1968. Era arrivata la pace dopo un annoso conflitto che aveva assunto quasi le
vesti di una guerra civile. Dopo poco tempo si ritirò a vita privata e la politica
internazionale della Francia venne “edulcorata”. Le strategie del disordine, del caos,
della guerriglia urbana e della violenza avevano dato i loro frutti. Non è azzardato fare
un paragone con la “strategia della tensione” attuata contro la politica di Moro detta
“strategia dell’ attenzione” nei confronti del PCI e che si concluse con il sequestro e
l’assassinio dello statista democristiano. Quindi Moro come Allende, ma anche, per
certi aspetti, come De Gaulle.
Riguardo agli ex dell’OAS, si può tranquillamente supporre che buona parte di essi
tornarono in Francia. Con la caduta del regime salazarista portoghese nel 1974, gli
uomini dell’Aginter Press – buona parte dei quali aveva militato nell’OAS – si
ingegnarono a combattere come mercenari in giro per il mondo, spesso al fianco di
combattenti di estrema destra e in nome dell’anticomunismo. Anche Guillou – Serac
non è rimasto con le mani in mano, ma da allora di lui si sono perse le tracce. Una
domanda - a mio parere lecita e ragionevole – è la seguente: se molti ex OAS
tornarono in Francia e nella capitale parigina, è possibile che non abbiano mai
intrapreso contatti e rapporti con l’Hyperion? È mai possibile che non abbiano mai
collaborato con questa centrale dell’euroterrorismo, prestando la propria opera come
addestratori nelle tecniche e nelle tattiche terroristiche e di guerriglia? E non si può
pensare che la fonte di Giannettini fosse proprio interna all’ambiente degli ex OAS?
Sono domande a cui non possiamo dare risposta e forse mai la potremo dare, ma tali
ipotesi, a mio parere, non si possono scartare del tutto.

A questo punto, alla luce di queste informazioni possiamo farci la più scabrosa delle
domande: è mai stata concepita ed attuata qualche forma di collaborazione fra fazioni
paramilitari di estrema destra, magari inserite nella rete NATO e a volte con venature
fortemente antisemite e gruppi di sionisti di estrema sinistra? Il paradosso c’è ed è
molto forte, ma l’ipotesi non è totalmente assurda: sotto l’egida del recente
neoconservatorismo abbiamo assistito alla bizzarra alleanza fra ultrasionisti e il
fondamentalismo cristiano e millenarista
L’ipotesi ci riporta al sedicente anarchico Bertoli, alla strage alla Questura di Milano,
a quella di piazza Fontana e a Moro…
Questura di Milano, via Fatebenefratelli 17 maggio 1973: è in corso la cerimonia di
commemorazione per l’anniversario della morte del commissario Calabresi nel corso
della quale viene scoperto un busto in suo onore. Un misterioso individuo si lancia fra
la folla e getta una bomba a mano causando la morte di quattro persone e ferendone
altre 46. Sembra un gesto di follia… L’attentatore, tale Gianfranco Bertoli, afferma di
essere un anarchico individualista, stirneriano e di aver vendicato, con quel folle
gesto, la morte dell’anarchico Pinelli, precipitato da una finestra della Questura il 15
dicembre del 1969, dopo che, su di lui, si erano verosimilmente appuntati i sospetti
per la strage di piazza Fontana verificatasi tre giorni prima. Manterrà questa versione
fino alla sua morte e, sostanzialmente l’autorità giudiziaria gli darà ragione. Tuttavia
parecchie cose non quadrano su questo personaggio a partire dalla sua biografia. A un
attenta disamina dei fatti il Bertoli è assimilabile alle non poche figure ambigue del
terrorismo degli anni Settanta a cavallo fra la provocazione e la sovversione. Il dato
certo ed inconfutabile è che egli è stato informatore del SIFAR fra il 1954 ed il 1960 e
del SID con il nome in codice di “Negro” – sostanzialmente il SIFAR con diverso
nome – dal 1966 fino all’attentato. Già questo dovrebbe togliere dubbi sulla reale
adesione all’ideologia “anarchica” da parte di Bertoli.

Negli anni Cinquanta, oltre ad aver fatto l’attacchino per l’organizzazione filoatlantica
e anticomunista di Sogno Pace e Libertà, legata a doppio filo alle strutture della
NATO, si iscrisse al PCI sul quale passava le informazioni al controspionaggio di
Padova. Sembra che negli stessi anni si ingegnò di procurare le armi per il Fronte
Anticomunista Italiano, una delle formazioni clandestine paramilitari di matrice
neofasciste utilizzate nella lotta al comunismo. In effetti pare che Bertoli sia piuttosto
orientato verso l’estrema destra. Tra le sue frequentazioni alcuni personaggi legati
all’organizzazione paramilitare atlantica denominata Rosa dei Venti stabiliti nei primi
anni Settanta. In aggiunta da un elenco dei soggetti reclutabili dalla struttura GLADIO
della rete STAY BEHIND risulta il nominativo “Gianfranco Bertoli”. Quando venne
alla luce la documentazione relativa alla GLADIO i vertici dei servizi segreti italiani
si giustificarono affermando che si trattava di un omonimo, ma non venne specificato
alcun particolare a questo riguardo. Il dubbio permane…

A questo punto dovrebbe essere quantomeno chiaro con quale o quali intenti venisse
utilizzato tale soggetto. Sia quel che sia, in effetti il Bertoli entrò in contatto con il
circolo anarchico del Ponte della Ghisolfa, quello di Pinelli. Su richiesta degli
anarchici Bertoli venne ospitato da un medico anarchico Rolando Bevilacqua. Anche
questa figura è piuttosto complessa ed interessante. Il medico dopo aver fatto la
Resistenza collaborando con l’OSS, il servizio segreto americano da cui sarebbe nata
la CIA. Successivamente, dopo la guerra, venne contattato dagli americani per entrare
in un fronte anticomunista armato, il Servizio volontari ordine. Al contempo, agli
albori dello Stato di Israele, entrò a far parte di un servizio segreto israeliano, il
MOSSAD o lo Shin Bet. Tra le missioni affidategli dagli israeliani, quella di
investigare sul conto di Carlo Fumagalli, ex partigiano “bianco” e uomo di fiducia
degli americani da cui aveva ricevuto la Bronze Star, ma che, durante il conflitto, si
era dedicato con la formazione partigiana dei Gufi a taglieggiare gli ebrei che si
rifugiavano in Svizzera. Alle collaborazioni con gli americani e con gli israeliani si
aggiungerà più avanti quella con il SID italiano per conto del quale tra la fine degli
anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta si infiltrerà negli ambienti anarchici
milanesi.
In seguito Bertoli riuscì ad espatriare in Svizzera e poi a rifugiarsi in Israele con un
passaporto intestato al militante marxista leninista Massimo Magri. Ad aiutare Bertoli
nella fuga sarebbe stato un altro curioso personaggio, naturalmente anarchico, tale
Aldo Bonomi, oggi noto ai più per essere un sociologo e per aver partecipato più volte
alla trasmissione televisiva dell’emittente La 7 “L’infedele” condotta da Gad Lerner.
Ai tempi dell’attentato alla Questura e della “strategia della tensione” Bonomi era
collaboratore della rivista filobrigatista “Controinformazione” e, per questo motivo,
sarebbe entrato in un’inchiesta giudiziaria sulle BR. Certamente il comportamento del
sociologo era sospetto: come ebbe a dire lo stesso Bevilacqua a volte si professava
anarchico ed altre volte marxista leninista Il suo comportamento era ambiguo… In
vari ambienti si è sospettato che potesse essere una spia o del MOSSAD o del SID,
oppure un confidente della polizia. Dall’archivio della controinformazione della
formazione di estrema sinistra Avanguardia Operaia si evince quanto fossero stati
forti i sospetti nei riguardi di Bonomi.

Quel che è certo, considerata la natura equivoca, ambigua e “doppia” fra tutti questi
personaggi in rapporto fra loro, è difficile ricondurre la strage della Questura ad un
atto simbolico e genuinamente anarchico. Perfino il commissario Calabresi, della
Squadra Politica della Questura di Milano, aveva aperto un fascicolo, un dossier su
Gianfranco Bertoli rimasto quasi vuoto. Tale dossier venne aperto qualche giorno
prima dell’espatrio dell’”anarchico veneziano”. Si può supporre che il commissario
continuasse ad indagare sulla strage di piazza Fontana e sulla “strategia della
tensione” e che coltivando a fondo la cosiddetta “pista anarchica” si fosse indirizzato
sui manovratori che, con ogni probabilità, si fregiavano di tutt’altra matrice
ideologico politica. Secondo la vedova Calabresi, il marito era convinto che i
manovratori della “strategia della tensione” fossero collocati a destra. D’altronde è
certo come gli ambienti anarchici fossero infiltrati ed inquinati da spie dei servizi
segreti, confidenti della polizia e militanti di estrema destra come, appunto, aveva
dimostrato la vicenda del gruppo anarchico 22 Marzo entrato nell’inchiesta sulla
strage di piazza Fontana. Verrebbe da chiedersi se tutto ciò ha veramente a che fare
con l’assassinio del commissario Calabresi. Per due anni viene ospitato in un kibbutz
dove divise una stanza con un estremista di destra francese, tale Jacques Jemmi. Su
questi anni di “esilio” è buio fitto su quel che ha fatto Bertoli e ciò induce a pensare,
considerati i contatti dell’”anarchico”, che fosse stato protetto dal servizio segreto
israeliano, il MOSSAD. Il comportamento di Bertoli è assimilabile a quello di un
“agente in sonno” pronto a essere “scongelato” per l’occasione. Al ritorno come
all’andata, nel maggio del 1973, fece scalo a Marsiglia, la città rivierasca francese
nota per essere un centro di anarchici ma anche di movimenti di estrema destra. Si
pensa, infatti, a rapporti del Bertoli con l’organizzazione di estrema destra francese
“La Catena”. E, di ritorno in Italia, iniziò un’altra storia…

Agli inizi degli anni Novanta il giudice Guido Salvini di Milano avviò una nuova
inchiesta sulla strage di piazza Fontana mantenendo come punto fermo la matrice
“nera” dell’attentato. La svolta delle indagini si verificò quando venne arrestato un
oscuro ex militante di Ordine Nuovo latitante a Santo Domingo. Il suo nome era Carlo
Digilio. L’ex ordinovista cominciò presto a collaborare e ammise di essere un esperto
di armi e di esplosivo e di aver confezionato la bomba che aveva provocato la strage
nella Banca dell’Agricoltura. Le rivelazioni più eclatanti riguardavano però il
disvelamento di una rete spionistica ed informativa al servizio dei militari americani e
che faceva capo al comando FTASE della base NATO di Verona ed era costituita da
nazifascisti ed ex repubblichini. Secondo Digilio la rete sarebbe stata comandata e
coordinata prima, dal 1965 al 1974, dal capitano David Carrett della Marina USA e,
successivamente, dal capitano Teddy Richards. Un dato di un certo interesse è
costituito dal fatto che le tracce di alcuni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta
padovana sull’organizzazione filogolpista e atlantica della Rosa dei Venti portavano
proprio alla base NATO di Verona. E penso al colonnello Amos Spiazzi come al
generale Nardella, già a capo dell’Ufficio guerra psicologica pressi il comando NATO
di Verona. Dalle rivelazioni del sedicente “gladiatore” e rosaventista Roberto
Cavallaro, militante e sindacalista di destra, la Rosa dei Venti non era altro che uno
dei gruppi terroristici ed estremistici utilizzati dalla cosiddetta organizzazione X, vero
cervello delle loro azioni. La descrizione che ne fa il sindacalista è molto rispondente
alla GLADIO e alla rete STAY BEHIND. L’organizzazione X, quindi, almeno nei
primi anni Settanta, si sarebbe servita di gruppi di estrema destra ma anche di quelli di
estrema sinistra per alimentare il caos, il disordine e la violenza allo scopo di
promuovere un colpo di Stato o, meglio, “dello Stato”. Tornando, invece, alla rete
informativa che faceva capo alla FTASE essa venne quasi a coincidere e a
confondersi con le cellule ordinoviste venete e friulane, quelle dalle caratteristiche più
smaccatamente terroristiche e paramilitari. Lo stesso capo e fondatore di Ordine
Nuovo, successivamente segretario dell’MSI per due brevi periodi, Pino Rauti ha
praticamente ammesso come almeno Ordine Nuovo in Veneto avesse strette
connessioni “atlantiche” con la base NATO di Verona. Fra gli altri ordinovisti inseriti
nella rete, oltre al Digilio, anche Marcello Soffiati. Ordine Nuovo del Veneto era il
ricettacolo dei neofascisti veneziani, padovani, mestrini, ecc… più duri ed aveva nel
medico Carolo Maria Maggi la guida ideologica. Digilio punterà il dito sulle cellule
ordinoviste venete non solo per quel che riguarda la strage di Piazza Fontana, ma
anche per quelle della Questura di Milano (1973) e di piazza della Loggia a Brescia
(1974) in ciò confortato dalle rivelazioni convergenti di altri “pentiti” provenienti da
quell’ambiente ordinovista come Martino Siciliano e Vincenzo Vinciguerra.
Sorgeranno problemi allorché Digilio verrà colpito da ictus e dovrà sostenere un
notevole sforzo per mettere in ordine le date. Alfine la Corte d’Assise d’Appello non
verrà convinta e, sia per il processo della strage di Piazza Fontana, sia per quello della
Questura di Milano, gli imputati verranno assolti, riconoscendo però come fatto
incontrovertibile nel primo caso che la strage fu di marca neofascista e che Freda e
Ventura, non più processabili, vi erano coinvolti.

Ma Ordine Nuovo del Veneto come entra nella vicenda Bertoli e nella strage della
Questura di Milano? Secondo Digilio l’organizzazione neofascista voleva colpire il
Ministro degli Interni, il democristiano Mariano Rumor presente alla cerimonia. Il
“pentito” nero e agente degli americani farà i nomi di Maggi, Soffiati, Minetto, Neami
e del mercenario Boffelli. Inizialmente avrebbe l’attentato mirato avrebbe dovuto
essere realizzato dall’ordinovista Vinciguerra, un nazifascista duro e convinto che, reo
confesso per la strage di Peteano, confermerà sostanzialmente la versione di Digilio.
Vinciguerra, poco convinto dal progetto, rifiuterà e Maggi deciderà di far ricorso a
una persona non direttamente riconducibile ad Ordine Nuovo, ovverosia il sedicente
anarchico Gianfranco Bertoli, il quale verrà portato in un appartamento sito in via
Stella a Verona per essere istruito all’azione. L’attentato fallirà, attardandosi, il
Bertoli, consentirà al Ministro di allontanarsi, ma, ugualmente, lancerà la bomba nella
folla. Fino alla fine dei suoi giorni Bertoli ripeterà di aver agito da solo come
anarchico individualista e non citerà mai i personaggi dell’ambiente di Ordine Nuovo
del Veneto.
Il fatto rilevante è che l’anarchico individualista Bertoli emerge non solo come punto
di congiunzione fra l’estrema sinistra (gli anarchici) e la destra neofascista, ma anche
fra una rete spionistica legata ai militari americani ben inserita in Ordine Nuovo e gli
agenti del MOSSAD e sionisti infiltrati fra gli anarchici. Chiediamoci, allora, se si
possono ipotizzare forme di collaborazione fra questi soggetti. E ancora… Perché
Ordine Nuovo voleva uccidere il Ministro degli Interni Rumor? Qual è il rapporto fra
la strage di piazza Fontana e quella della Questura di Milano? In che modo Moro si
inserì in queste vicende? Prima, però, tentiamo di illustrare la genesi, la storia e le
caratteristiche dell’organizzazione neofascista Ordine Nuovo…

Ordine Nuovo nasce nel 1956 come risultato di una scissione a destra del partito della
destra italiana MSI ancora, con forti nervature neofasciste, in aperta polemica con la
linea “parlamentarista” di quest’ultimo. Inizialmente assume la denominazione di
Centro Studi Ordine Nuovo e, successivamente, nel 1970 di Movimento Politico
Ordine Nuovo. Proprio alla vigilia della strage di piazza Fontana, qualche settimana
prima, quasi in concomitanza con l’elezione a nuovo segretario dell’MSI di Giorgio
Almirante, reduce della Repubblica Sociale di Salò, una parte dei militanti ordinovisti
seguirà il leader Pino Rauti rientrando nella casa madre missina, mentre gli altri
rimarranno irriducibili al fianco di Clemente Graziani. Nel 1973 Ordine Nuovo verrà
sciolto per ricostituzione del partito fascista e si disperderà in mille rivoli. Alcuni
entreranno in clandestinità dando vita, ad esempio, ad “Ordine Nero”, sigla con cui
saranno rivendicati alcuni attentati. Più che neofascista, verrebbe da precisare, Ordine
Nuovo era un’organizzazione dai tratti apertamente neonazisti Prendiamo i contenuti
di una lettera del direttivo di ON datata 3 giugno 1970 in cui sui dettagli di una serie
di seminari organizzati nell’estate di quell’anno:
I Lezione: La Terza Guerra Mondiale è già cominciata;
II lezione: Teoria della guerra rivoluzionaria – Aspetti tecnici della guerra
rivoluzionaria – La guerra rivoluzionari nelle nazioni ad alto sviluppo industriale;
IV lezione: Identicità ideologica ed esistenziale tra la concezione neocapitalista
occidentale e quella marxista – leninista;
VII lezione: Organizzazione di un gruppo operativo rivoluzionario;
X lezione: Tecniche dell’organizzazione dei gruppi di autodifesa;
XIII lezione: Strategia e tattica della lotta nelle università e nelle scuole.
Le letture consigliate per il corso erano “Tecniche della guerra rivoluzionaria” di
Guido Giannettini e “Mein Kampf” di Adolf Hitler. A togliere i dubbi sulla matrice
contribuiscono, poi, i questionari del corso:
- Perché sei in ON?
- Desideri che ON imponga la dittatura al paese? Perché?
- Sei capace di sostenere in un’assemblea politica una tesi assolutamente
impopolare? Perché?
- Hai rispetto dell’opinione pubblica?
- Sei antisemita? Perché?
- Sai dimostrare che gli uomini non sono uguali? Come?
- Ti ritieni vincolato dalla moralità comune? Perché?

Oltre che all’ideologia nazionalsocialista, in ON è chiaramente forte il richiamo alla


dottrina della “guerra rivoluzionaria” o della “guerra non ortodossa” di cui si erano
fatti promotori il già più volte citato Yves Guillou alias Yves Guerin Serac e il
giornalista nazifascista Guido Giannettini e che era stata messa in pratica dall’OAS e
dall’Aginter Press, la centrale terroristica filoatlantica capeggiata dallo stesso Guillou
– Serac. D’altronde uno dei leader e fondatori di ON, l’ex repubblichino e giornalista
del quotidiano “Tempo” Pino Rauti, era stato fra i relatori di quel convegno sulla
“guerra rivoluzionaria” dell’Istituto Pollio sotto l’egida del SIFAR e dello Stato
Maggiore dell’Esercito, come Giannettini; convegno che, secondo molti gettò le basi
teoriche della “strategia della tensione”. Nonostante l’organizzazione neonazista si
proclamasse nemica giurata sia del neocapitalismo che del marxismo è pur vero e
documentato che sono documentati alcuni contatti di Rauti con l’Ambasciata USA,
quasi a dimostrazione della tesi che, comunque, in clima di Guerra Fredda una scelta
di campo era stata comunque fatta. Inoltre, fra contatti italiani dell’Aginter Press, oltre
al Giannettini, risulta lo stesso Rauti che ebbe l’occasione di incontrare un paio di
volte Guillou – Serac. Il “pentito” neofascista Vinciguerra, ordinovista che avrebbe
rotto con Ordine Nuovo per passare ad Avanguardia Nazionale, non esitò definire
Rauti come un “agente della CIA”. Spiccato, poi, è il carattere paramilitare di ON
come ammise Vittorio Emanuele Borsi di Parma, Capo di Stato Maggiore del
Comando Designato della III Armata con sede a Padova, indicato come uno dei
congiurati del “golpe bianco” di Edgardo Sogno, Luigi Cavallo e Randolfo Pacciardi.
Questi la descrisse come un’organizzazione paramilitare di estrema destra,
tipicamente americana, munita di armamento ed attrezzature radio con compiti
informativi e di guerriglia. Queste parole fanno il paio con le dichiarazioni rese da
Digilio sulla rete di intelligence dell’esercito americano inserita nell’ON del Triveneto
e costituita fondamentalmente da ex repubblichini. Non solo, questi elementi
ricondurrebbero a GLADIO e alla rete STAY BEHIND allestite dagli americani e
dagli inglesi. Con la fine della Guerra ne scoppiò un’altra non dichiarata e dirigenti
dei servizi segreti americani come Angleton pensarono bene di proteggere e reclutare
gli ex fascisti e gli ex nazisti come il principe Junio Valerio Borghese per sfruttare il
loro anticomunismo. I primi nuclei di “gladiatori”, oltre che da ex partigiani delle
formazioni “bianche” erano costituiti dai reduci del corpo repubblichino della X
MAS. Già qualche tempo prima, conflitto non ancora concluso, il futuro direttore
della CIA Allen Dulles aveva trattato con il capo della rete spionistica nazista
Reinhald Gehlen che creerà l’omonima rete e sarà a lungo il capo della BND, il
servizio segreto della Germania Federale. Secondo alcuni Gehlen sarebbe stato per un
cero periodo il vero capo della rete europea di STAY BEHIND. Tutto ciò indurrebbe
a pensare che ON non fosse estranea alla STAY BEHIND, ma una conferma alle
parole di Digilio sui rapporti “americani” di ON arriva da un “testimone” inatteso,
Paolo Emilio Taviani, potente democristiano doroteo, più volte Ministro della Difesa
e degli Interni e probabilmente fra i fondatori della GLADIO italiana. Nei suoi diari
Taviani scrisse si essere convinto della pista che portava ad ON e ai “neri” circa la
responsabilità per la strage di piazza Fontana e che l’esplosivo utilizzato era militare,
proveniva da una base NATO in Germania ed era stato fornito da un agente del
servizio segreto militare americano, la DIA più potente della stessa CIA. Si ricorderà
che Digilio dichiarò agli inquirenti di aver fabbricato lui stesso la bomba utilizzata per
la strage. Inoltre la rete di intelligence italoamericana che faceva capo al comando
FTASE della base di Verona poteva essere benissimo parte della DIA, il servizio
segreto del Pentagono. Ma andiamo avanti…

Agli inizi del giugno 1982 all’aeroporto di Fiumicino, Maria Grazia Gelli, figlia del
Maestro Venerabile della loggia coperta Propaganda 2 o P2, venne sorpresa con
alcuni scottanti documenti rinvenuti nel doppio fondo della valigia; fra questi l’ormai
famosissimo Piano di Rinascita Democratica e il Memorandum sulla Situazione
Politica Italiana. In quel periodo Licio Gelli era in estrema difficoltà: una gran parte
degli iscritti della loggia era ormai stata resa pubblica, mentre di lì a poco il banchiere
della P2 Roberto Calvi, Presidente emerito del Banco Ambrosiano e depositario d
scabrosi segreti finanziari e bancari che, a quanto sembra, intendeva rendere pubblici,
verrà “suicidato” sul Blackfriars bridge a Londra. Logico pensare che con quei
documenti Gelli volesse ricattare e lanciare messaggi ai suoi protettori o ex alleati
politici, dell’alta finanza, all’interno della massoneria oltrechè negli ambienti
internazionali. Non è stata invece prestata sufficiente attenzione alle copie
dell’estratto di un curioso documento: il Field Manual 30 – 31 B, il “manuale da
campo” delle forze speciali militari dell’esercito USA siglato dal generale
Westmoreland, Capo di Stato Maggiore delle forze armate USA durante il conflitto in
Vietnam. Sull’autenticità del documento vi sono dubbi, ma da parte americana non
c’è mai stata una chiara smentita, per quale valore si possa attribuire tale diniego. La
parte che interessa riguarda la menzione di azioni violente da attuare attraverso la
manipolazione, l’infiltrazione e l’utilizzo dei gruppi di estrema sinistra. A tal guisa
Gelli sembrerebbe voler comunicare che quanto è scritto nel Field Manual è
strettamente collegato a quanto successo in Italia e alla “strategia della tensione”, ma
come aveva potuto entrarne in possesso? Dagli atti della Commissione Parlamentare
d’Indagine sulla P2 risulta che, come da interrogatorio presso una caserma dei
carabinieri nel 1944, Licio Gelli era stato una spia del CIC, i Counter Intelligence
Corps della V Armata americana, progenitori della DIA. Da alcune fonti mai smentite
dal Venerabile sembra che fosse inserito nelle summenzionata rete Gehlen,
l’organizzazione spionistica composta da ex nazisti passati agli americani già nel
corso del conflitto. Se fosse vero ciò non potrebbe essere cagione di eccessivo
stupore, infatti il Gelli si trovava a suo agio e si muoveva con estrema disinvoltura
come “triplogiochista” fra angloamericani, repubblichini nazifascisti e partigiani
comunisti. Pur aderendo alla Repubblica di Salò, per un certo periodo avrebbe
condotto operazioni di spionaggio a favore degli Alleati. Quel che invece dovrebbe
colpire maggiormente sono, invece, quei rapporti di antica data con i servizi segreti
militari americani e ciò spiegherebbe come Gelli fosse entrato in possesso di un
manuale di Covert Operations destinato, con ogni probabilità, alla DIA.

D’altronde anche la genesi della P2 potrebbe ricondurre ai servizi segreti del


Pentagono: dopo aver ammesso che si trattava di un circolo dell’”oltranzismo
atlantico”, qualche tempo dopo l’ex Presidente della Repubblica Cossiga affermò di
sapere da fonte militare che la loggia coperta era stata costituita nella base NATO di
Napoli e che era composta da militari e civil servants.
Secondo il medico militare e piduista Matteo Lex, invece, i nominativi degli aderenti
alla loggia P2 erano nella disponibilità del Pentagono, il cuore militare degli USA.
Ritenendo altamente probabile lo stretto collegamento fra la P2 e la DIA americana,
possiamo fare altrettanto rispetto al rapporto fra Ordine Nuovo e la DIA, acquisiti i
dettagliati resoconti di Digilio sulla rete di intelligence del Comando FTASE in
contatto con ON. Non può, allora, essere pure possibile che quel manuale militare
nelle mani di Gelli potesse circolare anche fra gli ordinovisti? Non c’è riscontro circa
la circolazione del Field Manual 30 – 31 B negli ambienti ordinovisti, tuttavia c’è una
notevole affinità fra il manuale militare e un documento in lingua italiana attribuito ad
Ordine Nuovo e rinvenuto durante la perquisizione della sede ormai smantellata
dell’Aginter Press di Lisbona, la centrale al servizio di strutture NATO per le
operazioni sporche. Val la pena riportarne il testo:
LA NOSTRA AZIONE POLITICA

Pensiamo che la prima parte della nostra azione politica debba essere di favorire lo
stabilirsi del caos in tutte le strutture del regime. È necessario cominciare con il
minare l’economia dello Stato per giungere a creare una confusione in tutto
l’apparato legale. Questo produce una situazione di forte tensione politica, di paura
nel mondo industriale, di antipatia verso il governo e tutti i partiti, a questo scopo
deve essere pronto un organismo efficiente capace di radunare e ricondurre a sé tutti
gli scontenti di tutte le classi sociali al fine di riunire questa vasta massa per fare la
rivoluzione.
A nostro avviso la prima azione che dobbiamo scatenare è la distruzione delle
strutture dello Stato, tramite l’azione dei comunisti e dei filocinesi, abbiamo
d’altronde elementi infiltrati in tutti questi gruppi, seguendo l’atmosfera
dell’ambiente occorrerà evidentemente che adattiamo la nostra azione (propaganda
e azione di forza che sembreranno opera dei nostri avversari comunisti e pressioni
sugli individui che accentrano il potere a tutti i livelli). Questo creerà un sentimento
di antipatia verso coloro che minacciano la pace di ognuno e della nazione, e d’altra
parte fiaccherà l’economia nazionale. A partire da questo dato di fatto dovremo
rientrare in azione nel quadro dell’esercito, della magistratura, della Chiesa per
agire sull’opinione pubblica e indicare una soluzione e mostrare la carenza e
l’incapacità dell’apparato legale costituito, e farci apparire come i soli in grado di
offrire una soluzione sociale, politica ed economica adeguata al momento. Nello
stesso momento dovremo elevare un difensore dei cittadini (sic) contro la
devastazione della sovversione e del terrorismo. Dunque una fase di infiltrazione,
informazione e pressione dei nostri elementi sui nuclei vitali dello Stato. Il nostro
elemento politico dovrà essere estremamente abile, capace di intervenire a
valorizzare la propria forza, dovrà formare dei quadri e dirigenti e nello stesso tempo
effettuare un’azione di propaganda massiccia e intelligente.
Questa propaganda dovrà essere una pressione psicologica sui nostri amici e i nostri
nemici e dovrà creare una corrente di simpatia per il nostro organismo politico,
dovrà polarizzare l’attenzione popolare alla quale saremo presentati come il solo
strumento di salvezza per la nazione.
Questa propaganda dovrà inoltre attirare l’attenzione sul problema europeo e
attirarci sostegni internazionali politici ed economici. Dovrà convincere l’esercito, la
magistratura, la Chiesa e il mondo industriale ad agire contro la sovversione, benché
la loro azione non sia determinante, avrà un peso solo la situazione.
Per condurre una tale azione al suo fine, è evidente che occorre disporre di grandi
mezzi finanziari, si dovrà agire in questo senso (questo affinché il maggior numero
possibile di uomini possano consacrarsi alla lotta in Italia, e per corrompere o
finanziare i gruppi politici che possono esserci utili).

Poco da aggiungere su questo illuminante scorcio della nostra storia, veramente


agghiacciante alla luce di quello è accaduto e accadrà in Italia. La matrice neofascista
è chiara e sussiste molta affinità con il più sofisticato Piano di Rinascita Democratica
della loggia P2 che ne è, probabilmente, un aggiornamento, preso atto, forse, che il
vecchio fascismo mussoliniano era ormai anacronistico. Sicuramente gli estensori
confidavano nell’appoggio americano e lo stesso contatto con l’Aginter Press rinvia ai
rapporti d’Oltreoceano. In nome, sicuramente, del comune anticomunismo.
Viene confermata la presenza di infiltrati e provocatori nei gruppi di area marxista
leninista, maoista e anarchica così come previsto dai dettami del Field Manual – ma
anche dall’operazione CHAOS della CIA – e che l’estrazione ideologico politica di
questi soggetti è di estrema destra. Movimenti come Ordine Nuovo e Avanguardia
Nazionale hanno dato il loro “contributo” in questo senso.

Da ultimo una menzione và fatta per un altro ordinovista veneto che, come i vari
Digilio e Soffiati, era in odore di appartenenza a strutture paramilitari occulte al
servizio degli americani e della NATO. Il suo nome era Marco Morin il cui nome fu
rinvenuto nello stesso elenco di soggetti “reclutabili” da GLADIO come l’omonimo
dello strano “anarchico individualista” informatore dei servizi segreti italiani Bertoli,
come il pacciardiano e “nazimaoista” Dantini e come il neofascista Nardi sul quale
inizialmente si appuntarono i sospetti per l’assassinio del commissario Calabresi. Nel
1967 Morin venne condannato dal pretore di Verona per detenzione di armi e
munizioni da guerra, tuttavia verrà scelto come perito balistico in alcuni importanti
processi. In occasione dell’inchiesta sulla strage di Peteano (1972) di matrice
sicuramente neofascista, Morin si ingegnò di indirizzare le indagini verso le Brigate
Rosse. Non dovrebbe stupire poi scoprire che Morin era stato militante di ON come
Vinciguerra reo confesso per la strage dei tre carabinieri. D’altronde gli ufficiali
iscritti alla P2 si adoperarono per allentarsi dalla pista “nera” e sposare quella “rossa”
prima (Lotta Continua) e “gialla” poi (la delinquenza comune). Come vedremo la
strage di Peteano potrebbe avere agganci con la GLADIO e i depositi di armi della
struttura denominati Nasco.
Morin, però, entra anche nell’affaire Moro: nel marzo del 1979 nell’appartamento di
Giuliana Conforto sito a Roma in viale Giulio Cesare vengono arrestati gli ex
brigatisti Valerio Morucci ed Adriana Faranda che, allontanatisi dalle BR
probabilmente per la decisione del capo Moretti di sopprimere Moro, avevano dato
vita a una loro piccola formazione armata di estrema sinistra. La Conforto era in quel
periodo una militante della fazione dell’Autonomia che faceva capo alla rivista
“Metropoli” ed era figlia di una spia del KGB sovietico con il vezzo, però, del doppio
e triplo gioco. Sull’appartamento di viale Giulio Cesare si potrebbero versare fiumi di
inchiostro tali furono i documenti e i collegamenti emersi. A noi, invece, interessa un
fatto curioso: l’esperto di armi ed esplosivi, ex ordinovista e probabile “gladiatore”
divenne il perito di parte dei due brigatisti per dimostrare che la mitraglietta Skorpion
trovata nell’appartamento non era quella utilizzata per assassinare l’onorevole Moro
come, invece, si appurò. Ma cosa poteva indurre un ex “nero”, per giunta forse
filoatlantico, a prestare la sua opera in favore di due “rossi” militanti del cosiddetto
Partito Armato? La risposta potrebbe essere celata in quei segreti che entrambe le
parti avevano interesse a mantenere…

Ora passiamo ai rapporti fra gli ordinovisti filoamericani e gli infiltrati del MOSSAD
nell’estrema sinistra…

Fra le numerose rivelazioni fatte dall’ex ordinovista e presunto uomo di una rete di
intelligence al servizio dei militari americani, Carlo Digilio, non mancano quelle
riguardanti la collaborazione fra Ordine Nuovo o i servizi di sicurezza israeliani.
Tutto sarebbe cominciato alla fine degli anni Sessanta durante uno scontro fra studenti
di estrema destra ed estrema sinistra a Venezia. Digilio e uno studente della facoltà di
Architettura, Luigi Foà, si sarebbero attivati per sedare glia animi. Il Foà, come anche
Sergio Alzetta, entrambi ebrei italiani, si sarebbero rivelati due elementi del
MOSSAD inseriti nella sinistra extraparlamentare e studentesca per monitorarne le
posizioni antisioniste. I due sarebbero stati contattati anni dopo da Carlo Digilio in
occasione del sequestro del generale americano Dozier ad opera delle BR: la rete del
Comando FTASE di Verona era stata comprensibilmente coinvolta nella ricerca e le
due presunte spie dell’intelligence israeliana erano state successivamente agganciate
da Digilio per il loro inserimento nei gruppi di estrema sinistra.

Effettivamente più di un ex brigatista, e per la precisione i “dissociati” Franceschini e


Bonavita ed il “pentito” Peci hanno confermato i contatti e gli approcci fra il
MOSSAD e le BR, fatto alquanto singolare per una formazione armata di estrema
sinistra attestata su posizioni filopalestinesi e in rapporti con fazioni dell’OLP. Gli
uomini del MOSSAD avevano promesso armi, soldi ed addestramento ai brigatisti
perché, in cambio, continuassero le loro azioni armate in Italia. L’intenzione degli
israeliani era forse quella di alimentare il terrorismo per invertire la rotta della politica
italiana ritenuta eccessivamente sbilanciata verso gli arabi e i palestinesi.

Tuttavia i capi brigatisti rifiutarono le offerte anche se, a detta di Franceschini, gli
israeliani fornirono informazioni che si rivelarono molto utili. Rimane un mistero,
invece, l’atteggiamento tenuto a riguardo dalle nuove BR capeggiate da Mario Moretti
la cui conduzione era certamente più spregiudicata. Altrettanto sorprendente è
sicuramente il rapporto fra i servizi segreti israeliani e l’organizzazione neonazista e
con venature antisemite Ordine Nuovo. In realtà è nella natura dei servizi segreti
l’adozione di modalità operative flessibili per l’utilizzo di gruppi armati che vanno
dell’estrema sinistra all’estrema destra. Lo scopo del contatto che il MOSSAD stabilì
con gli ordinovisti veneti pare, però, molto diverso da quello che è stato alla base
dell’approccio con le Brigate Rosse: nel caso dei “neri” era prevista l’offerta di mezzi
logistici per farne dei mercenari da adoperare per la causa israeliana. Dalle
testimonianze di Digilio e di un altro ex ordinovista, Martino Siciliano; a partire dagli
inizi degli anni Settanta elementi di ON sarebbero stati addestrati nelle vallate del
Bergamasco e poi nella valle della Bekaa in Libano per essere reclutati come
mercenari pagati dal MOSSAD. Questi neofascisti veneti avrebbero anche operato
congiuntamente con le milizie cristiano maronite in funzione antipalestinese a partire
dagli albori della guerra civile libanese, nel 1975. Fra costoro si è citato anche quel
Delfo Zorzi che è stato accusato – ma prosciolto – per avere piazzato materialmente la
bomba alla Banca dell’Agricoltura a piazza Fontana. Ma cosa ha portato i neonazisti
di ON, almeno nella sua componente veneta che poi era la più agguerrita e violenta,
ad accettare le profferte del MOSSAD? Secondo Digilio il leader “ideologico” di
Ordine Nuovo veneto, Carlo Maria Maggi, sosteneva che sia gli USA che Israele
rappresentavano i più validi baluardi dell’Occidente contro il comunismo. Ciò
potrebbe spiegare con solo l’atteggiamento collaborativo nei confronti delle strutture
di intelligence americane, ma anche lo smussamento dei toni antisemiti e il rapporto
che ON ha tenuto con i servizi di sicurezza israeliani. Si potrebbe intravedere
l’influenza di strutture atlantiche come Aginter Press nell’influenza filoamericana e
filoisraeliana dei gruppi di estrema destra (mentre analogo ruolo potrebbe aver svolto
il cosiddetto Think Tank dietro la facciata della scuola di lingue Hyperion nei
confronti dei gruppi di estrema sinistra): si ricorderà come, infatti, Yves Guillou alias
Yves Guerin Serac, numero uno dell’Aginter Press, ammirasse i militari israeliani in
dai tempi della guerra di Suez e considerasse Israele un elemento imprescindibile
nelle “guerra di civiltà” contro i comunisti e gli arabi musulmani. Si direbbe che i
vertici veneti di ON hanno ben applicato i precetti del padre della “guerra non
ortodossa”, a partire dalla collaborazione “libanese” con gli israeliani. Emerge quello
che può essere stato il ruolo di mediazione di una struttura come l’Aginter Press,
attiva non solo in senso militare, ma anche per avvicinare ideologicamente e
politicamente l’estrema destra europea agli americani e agli israeliani e consolidare
un’alleanza nel nome dell’anticomunismo. Superata la pregiudiziale “antifascista”,
per Guillou – Serac e gli altri uomini dell’Aginter Press, in gran parte ex OAS, si
trattava di unire gli anticomunisti e di vincere la guerra della propaganda oltre che
puramente militare.

Sulla base delle dichiarazioni del Digilio risulterebbe pure che la collaborazione fra
ordinovisti veneti ed il MOSSAD ebbe un certo peso nella realizzazione dell’attentato
alla Questura di Milano. Nell’appartamento del medico veneziano Maggi si sarebbe
svolto un incontro alla presenza dello stesso Digilio, di Alzetta, l’uomo del MOSSAD
infiltrato nell’estrema sinistra e Vinciguerra. Argomento del “consesso” la possibilità
di destinare Vinciguerra ai campi di addestramento in vista di un attentato contro il
Ministro Rumor. Quest’ultimo, però, non si fidò e successivamente si decise di
utilizzare l’”anarchico individualista” Bertoli. Così si palesano parecchi elementi che
portano a indicare un supporto di rilievo dell’intelligence israeliana nell’azione
ordinovisti in via Fatebenefratelli. Innanzitutto, prima di recarsi in Israele, Bertoli fu
ospitato a case di un medico anarchico che, tra le altre cose, collaborava con i servizi
di sicurezza israeliani (oltre che americani e italiani), poi visse per più di due anni in
un kibbutz . Sempre secondo la testimonianza di Digilio, alcuni neofascisti di ON,
mestrini, veneziani, trevisani, sarebbero stati inviati nei kibbutz ad Israele per essere
addestrati contro gli arabi e i palestinesi. A prima vista il Bertoli sembra aver
utilizzato gli stessi canali ed è molto probabile che godette della protezione del
MOSSAD o di altro servizio israeliano. Secondo l’ex ordinovista Siciliano Foà e
Alzetta, i due “extraparlamentari”del MOSSAD, sarebbero stati i referenti di Ordine
Nuovo veneto per una vera e propria alleanza operativa, in nome della lotta al
comunismo e ai suoi alleati… Naturalmente…

In base a vari elementi convergenti e, se queste dichiarazioni risultassero veritiere,


verrebbe corroborata la tesi secondo cui la strage alla Questura di Milano sarebbe, in
realtà, il risultato del fallimento di un attentato mirato contro l’allora Ministro degli
Interni democristiano Mariano Rumor progettato ideato da Ordine Nuovo del
Triveneto con il supporto più o meno diretto di fazioni dei servizi di sicurezza
americani ed israeliani. Ma la vicenda è piuttosto complicata…

Il 1°Ottobre del 1978 il generale dell’Arma dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa
mise a segno uno dei colpi più importanti dell’antiterrorismo con la scoperta del covo
brigatista di via Montenevoso 8 a Milano e l’arresto di ben due componenti
dell’esecutivo dell’organizzazione terrorista, Azzolini e Bonisoli, in contrasto con
l’apparente inefficienza ed inerzia mostrata, pochi mesi prima, nei giorni del
sequestro dell’onorevole Aldo Moro. L’elemento di maggior rilievo, però, è
rappresentato dalla scoperta di una gran mole di documenti risalenti ai giorni della più
clamorosa delle operazioni delle BR, le lettere e il cosiddetto Memoriale Moro scritto
probabilmente per rispondere alle domande dei carcerieri del partito armato. Per anni
si è vociferato che, in realtà, vero scopo dell’operazione dei carabinieri del generale
Dalla Chiesa fosse quello di recuperare documenti scottanti e da rubricare come
“Segreto di Stato” e che, per questo, il Presidente del Consiglio Giulio Andreotti
decise di conferire a Dalla Chiesa pieni poteri. Si è vociferato anche che le copie del
Memoriale – non essendo stati trovati gli originali – fossero incomplete, di materiale
occultato dallo stesso Dalla Chiesa, di fotocopie fatte prime dell’arrivo del Magistrato
e delle “manine” di ufficiali de carabinieri iscritti alla P2. Che non tutto fosse chiaro e
limpido risultò esattamente dodici anni dopo quando, durante lavori di ristrutturazione
dello stesso appartamento, vennero rinvenute dietro un pannello le lettere mai spedite
di Moro – a dimostrazione che le BR operavano una vera e propria “censura”
seguendo una precisa strategia – e altra documentazione inerente il famoso
Memoriale. Fra le parti inedite la descrizione della struttura di guerriglia e
controguerriglia della NATO denominata GLADIO e i giudizi duri e sferzanti
sull’onorevole Andreotti. Rimane il mistero su chi avesse potuto mettere quella
documentazione nell’appartamento di via Montenevoso dopo tanti anni. La scoperta
non pare casuale: dopo qualche giorno, il 18 ottobre, il Presidente del Consiglio
Giulio Andreotti presentò un dossier sulla GLADIO in Parlamento, in realtà piuttosto
incompleto e riduttivo circa il suo ruolo. Si trattava, comunque, di una rivelazione
importante. Ad un anno dal crollo del Muro di Berlino stavano saltando equilibri che
sembravano consolidati. Ma Moro, oltre che della struttura paramilitare atlantica, si è
soffermato molto sulla “strategia della tensione” e sulla strage di piazza Fontana con
oscuri accostamenti con quella della Questura di Milano. Per quanto riguarda l’atto
terroristico che ha avviato la “strategia della tensione” e ha precipitato il paese in una
spirale di violenza, Moro non aveva dubbi: la matrice era “nera” con complicità
interne ed anche internazionali (e, implicitamente, il riferimento pare essere la Grecia
dei colonnelli e i suoi servizi segreti). In quel 12 dicembre 1969 in qualità di Ministro
degli Esteri, Moro presiedeva l’Assemblea del Consiglio d’Europa a Parigi. Fra gli
argomenti in discussione la condanna della Grecia per la sua politica dittatoriale e
fascista. Inoltre Moro ribadì a più riprese come la strage alla Questura di Milano
avesse in realtà come obiettivo il Ministro degli Interni Rumor che ai tempi della
strage di piazza Fontana occupava la poltrona di Presidente del Consiglio. Queste
affermazioni sono piuttosto sorprendenti poiché all’epoca nessuno pensava ad un
attentato mirato. Inoltre riceveranno conferme dai neofascisti Digilio e Vinciguerra
che indirizzeranno verso la pista ordinovista. Ma quale può essere il rapporto fra
piazza Fontana e la strage che doveva investire il Ministro Rumor? La spiegazione
potrebbe venire da un curioso e misterioso personaggio come i tanti personaggi
coinvolti in queste storie e grandi frequentatori del sottobosco dei servizi segreti.
L’uomo in questione si chiamava Fulvio Bellini, ex partigiano comunista, giornalista
e collaboratore dell’ex repubblichino Pisanò per “Candido” e, a dar retta alle sue
parole, collaboratore dei servizi segreti inglesi fin dalla guerra. Non è poi così
incredibile: elementi delle formazioni partigiane comuniste collaborarono con il
servizio segreto militare britannico SOE e si può presumere che fra loro qualcuno
fosse stato reclutato anche in tempi di Guerra Fredda. Emblematica è stata la vicenda
di Edgardo Sogno, collaboratore di inglesi e americani e capo della formazione
partigiana “bianca” Franchi, che entrò in contatto con le Brigate Garibaldi. Due ex
partigiani di una delle più agguerrite formazioni partigiane rosse, la Stella Rossa,
divennero i suoi più importanti collaboratori nella lotta al comunismo portata avanti
con le organizzazioni Pace e Libertà e i Comitati di Resistenza Democratica; quei
Dotti e Cavallo sospettati in tempi recenti di aver intrattenuto fitti rapporti con le BR
ed altre formazioni terroristiche italiane dell’estrema sinistra. Comunque sia con lo
pseudonimo di Walter Rubini, quasi in concomitanza con la perquisizione dei
carabinieri nel covo brigatista di via Montenevoso, Bellini fece pubblicare un libro
curioso sui misteriosi retroscena sulla strage di piazza Fontana: “Il segreto della
Repubblica”. Il titolo era certamente significativo e la tempistica dell’uscita in libreria
fa pensare che la strage alla Banca dell’Agricoltura avesse molto a che vedere con le
rivelazioni contenute nelle carte di via Montenevoso. Per quel che riguarda la
“strategia della tensione” e, quindi, la strage di piazza Fontana e le bombe del 12
dicembre 1969, Bellini non aveva dubbi: nell’ottica internazionale distingueva fra la
posizione favorevole degli americani e, soprattutto del Segretario di Stato
dell’Amministrazione Nixon, Henry Kissinger e quella contraria degli inglesi
preoccupati per gli effetti negativi di una strategia del terrore che avrebbe potuto
avvantaggiare il PCI e le sinistre anziché danneggiarle. Naturalmente bisognerebbe
leggere con cautela le parole di Bellini, un individuo, come egli stesso ha ammesso,
vicino ai servizi segreti inglesi e, quindi, portato necessariamente ad assumere la loro
difesa. Vi è da aggiungere che tale cautela và tenuta nei confronti di tutti i personaggi
che gravitano in ambienti equivoci come quelli dei servizi segreti, della mafia e della
criminalità organizzata, del terrorismo, della massoneria “deviata”, ecc…

Tuttavia và pur dato del credito a questo strano personaggio in quanto fu il primo a
scrivere apertamente in un altro libro che il Presidente dell’ENI Mattei era stato
vittima di un attentato. Ed è pur vero poi, che qualche giorno prima della strage del 12
dicembre 1969, fu il giornale inglese Observer a preconizzare la strategia del terrore
in Italia coniando il termine “Strategy of Tension”. I servizi segreti inglesi (MI6) o
frazioni di essi volevano mettere in guardia sull’ondata terroristica in Italia? A leggere
il celebre pamphlet “Strage di Stato” ideato da Lotta Continua e dalla sinistra
extraparlamentare si rimane piuttosto stupiti della mole di informazioni dettagliate e,
in gran parte, precise sui tentativi di infiltrazione dei neofascisti nell’estrema sinistra.
Questa opera di controinformazione non poteva, forse, risultare così accurata ed
efficace senza il supporto informativo di frange di servizi segreti. Fra questi molto
probabilmente il servizio sovietico KGB e alcune fazioni dei servizi italiani. Non si
può escludere, poi, la mano degli inglesi attraverso elementi come lo stesso Bellini
che, come ex partigiano rosso, poteva godere della fiducia degli estensori della
“Strage di Stato” di chiara matrice di sinistra. Per molti versi, poi, le tesi della Strage
di Stato” e del libro di Bellini – Rubini si assomigliavano notevolmente. In entrambi i
casi i ritiene che la “strategia della tensione” non fosse fondamentalmente farina del
sacco di elementi neofascisti e rozzamente golpisti, ma dei “gaullisti” o
presidenzialisti – coloro che sarebbero confluiti nella fazione riconducibile al trio di
ex partigiani Sogno – Pacciardi – Cavallo - che si volevano servire della capacità e
perizia militare e terroristica degli altri. Bellini distingueva, quindi, fra due fazioni
convergenti ma non coincidenti coinvolte nella “strategia della tensione”: quella
plebiscitaria e presidenziale con agganci istituzionali nel Presidente della Repubblica
Saragat e nel Presidente del Consiglio Rumor e quella golpista e fascista che aveva
fornito la manovalanza terroristica. Il reale disegno era quello di portare con gli
attentati, un diffuso senso di insicurezza e di paura per spostare l’asse politico a
destra, dichiarare lo “stato di pericolo pubblico”, sciogliere le Camere ed indire nuove
elezioni. Secondo Bellini – Rubini il ruolo del Presidente della Repubblica, il
socialdemocratico Saragat, sarebbe stato più importante di quello rivestito dalla
fazione democristiana coinvolta nel complotto. Giuseppe Saragat era uomo che
godeva della fiducia degli americani e aveva promosso la scissione di Palazzo
Barberini nel 1947, sotto i buoni auspici della massoneria di Palazzo Giustiniani, con
il distacco della componente socialista filoamericana dal PSI e alla nascita del PSDI.
La posizione di Saragat rispecchiava quella della massoneria come, molto vicino alle
logge, era pure il presidenzialista Randolfo Pacciardi, repubblicano e Ministro della
Difesa nel Dopoguerra. Prima che prendesse avvio la “strategia della tensione”
Saragat e il fedelissimo Tanassi si erano fatti promotori della scissione dei
socialdemocratici dal PSU, risultato dal ricongiungimento fra PSI e PSDI in seguito
alla svolta di centrosinistra. Si trattava di un chiaro ripudio della politica di
centrosinistra e di una svolta a destra. D’altronde sotto l’ombrello del PSDI trovarono
rifugio personaggi provenienti dalla destra e dall’estrema destra italiana. Il progetto
fallì perché il Presidente del Consiglio Rumor che avrebbe dovuto dichiarare lo stato
emergenziale si spaventò per i morti provocati dall’attentato alla Banca
dell’Agricoltura forse non voluti e perché, intuendo i tentativi di cavalcare a destra
l’ondata terroristica, il PCI e le sinistre si mobilitarono durante i funerali delle vittime.

Contrario al disegno della “strategia della tensione” era pure Aldo Moro che già in
quel periodo cercava l’avvicinamento al PCI coniando la cosiddetta “strategia
dell’attenzione”. Così sfrutto i propri agganci nei servizi segreti e nel giro di pochi
giorni venne a capo dell’intera faccenda e venne a conoscenza di mandanti ed
esecutori della strage. Il più volte citato appunto del SID del 16 dicembre 1969
costituisce probabilmente il risultato di quell’indagine. Conseguentemente per
impedire il complotto che urtava contro il suo disegno orientato comunque a sinistra,
Moro mise di fronte al fatto sia Saragat che Rumor e li ricattò: avrebbero dovuto
rinunciare a quelle manovre orientate a destra e in senso presidenzialista e
plebiscitario e, in cambio, tutto sarebbe stato messo a tacere ed insabbiato. La pista
nera sarebbe stata occultata per agevolare la più comoda pista anarchica che avrebbe
allontanato qualsiasi sospetto nei confronti dei settori istituzionali, anche se forse,
coltivata in maniera non superficiale, anche quest’ultima pista sarebbe stata fruttifera
se è vero quel che ha detto la vedova Calabresi. Per questo motivo l’appunto del SID
risulta manipolato e i personaggi di destra e neofascisti citati (Serac, Leroy, Delle
Chiaie e Merlino) vengono etichettati come “anarchici”. La versione di Bellini ha il
pregio di stabilire il rapporto fra la strage di piazza Fontana, le bombe di Milano e
Roma del 12 dicembre 1969 e la strage alla Questura di Milano il cui obiettivo era, in
realtà, Rumor. I neofascisti di Ordine Nuovo, coinvolti a livello esecutivo, nella
“strategia della tensione” verso cui nutrivano ampie aspettative, avevano maturato un
odio intenso nei confronti di colui che giudicavano un traditore, il Ministro Rumor. La
bomba dell’”anarchico” Bertoli era un atto di vendetta che, in ambienti diversi da ON,
poteva perfino essere salutato come il tentativo di sbarazzarsi di un testimone
scomodo.

Si può capire, allora, al di là delle trattative vere, presunte o finte, perché Moro fosse
stato condannato a morte con le BR utilizzate come terminali della sentenza. Oltre alla
rivelazione sulla GLADIO, varie e scabrose sono state le rivelazioni dello statista
democristiano già in possesso di scottanti documenti che, presumibilmente, i brigatisti
si sono impossessati per consegnarli a qualcuno. Quei documenti avrebbero dato
sostanza alle allusioni e alle affermazioni velate dell’onorevole Moro. Le risposte su
piazza Fontana e sulla “strategia della tensione” non erano certo argomenti di secondo
piano e, innanzitutto, Moro stava insinuando che queste avevano un rapporto con
l’”anarchico” Bertoli che, evidentemente, non era tale per il promotore del
“Compromesso storico” fra DC e PCI, l’attentato alla Questura di Milano contro il
Ministro degli Interni Rumor, anello di collegamento con piazza Fontana e il tentativo
di spostare l’asse politico a destra con la strategia delle bombe da attribuire alle
sinistre. Moro vivo poteva diventare una mina vagante peri vari attori in gioco. Ma
perché furono proprio le BR ad assumersi questo compito assai gravoso? Compito
che, peraltro, avrebbe danneggiato i “sogni” di chi sosteneva la lotta armata… Credo
che, a tal proposito, si dovrebbe risalire al rapporto che le BR capeggiate da Moretti
avevano con la scuola di lingue di Parigi Hyperion. Anche se non ci sono prove, vari
indizi portano a pensare che dietro all’istituto si celasse il Think Tank, la congrega di
trockisti ed anarchici filoamericani e filoisraeliani. Non bisogna dimenticare che
proprio alla vigilia del sequestro Moro, gli uomini dell’Hyperion aprirono due
succursali in Italia, una a Roma e una a Milano che furono chiuse prima della fine di
quell’anno. Personaggi come Duccio Berio ed Innocente Salvoni sembrano entrare ed
uscire dall’affaire Moro… Dai documenti e dalle carte processuali risulterebbe che la
scuola di lingue parigina fosse preziosa per Moretti & C. per le questioni logistiche e i
contatti internazionali. Si può ipotizzare che Hyperion o costituisse il vero “cervello”
politico del sequestro o che cercasse in qualche modo di influenzare la strategia
brigatista. E l’istituto era, in realtà, una facciata della centrale filoatlantica denominata
Think Tank, allora non è illogico pensare che proprio da quell’ambiente partì l’ordine
di assassinare Moro. Ma c’è di più…

Nel numero del bollettino OP del 9 febbraio 1977 il giornalista piduista Mino
Pecorelli, ben addentro nel mondo dei servizi segreti scrisse un articolo sul MOSSAD
e il suo ruolo nella “strategia della tensione” . Estremamente interessante è
l’interpretazione che viene data di quella stagione del terrorismo italiano ma non solo:
la “strategia della tensione” sarebbe risultata dalle spinte convergenti da un lato della
CIA americana, del MOSSAD israeliano e dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale,
peraltro diretto da quel D’Amato che era la longa manus della CIA in Italia i quali
servizi segreti istigarono l’estrema destra a compiere attentati da attribuire all’estrema
sinistra – e viene da chiedersi quale nozione della centrale terroristica Aginter Press
avesse il Pecorelli - e dall’altro dall’attivazione dei trockisti ed anarchici filoamericani
e filoisraeliani del Think Tank. Dalla lettura emerge come queste due spinte fossero sì
parallele ma non troppo… Senza margine di dubbio, poi, Pecorelli attribuiva la strage
alla Questura di Milano proprio al Think Tank che avrebbe armato la mano di Bertoli.
Se fosse vero costituirebbe un movente che accomunerebbe Think Tank – Hyperion –
BR morettiane nell’assassinio di Aldo Moro. Si può trascurare questa pista? A mio
parere ciò che scrisse Pecorelli deve essere tenuto in considerazione anche perché la
fonte proveniva dai servizi segreti francesi (SDECE) certamente ben informati sul
Think Tank e sull’istituto di lingue parigino Hyperion. Un’altra fonte poteva anche
essere la documentazione del neofascista agente Zeta del SID Guido Giannettini che
convergeva con molti giudizi del giornalista piduista. In vero è ben possibile che, se
Ordine Nuovo armò la mano e istruì Bertoli, se il MOSSAD protesse l’anarchico nel
suo soggiorno ad Israele, non si può escludere che nel suo soggiorno in Francia fu il
Think Tank a supportarlo. D’altronde la vicenda Bertoli non è curiosa solo per quel
che riguarda l’attentato della Questura di Milano, ma è l’intera biografia
dell’”anarchico individualista” a suscitare stupore: anarchici, servizi segreti italiani,
formazioni armate anticomuniste, il circolo atlantico Pace e Libertà, estrema destra ed
estrema sinistra, marxisti leninisti, Ordine Nuovo del Veneto e i suoi legami con una
rete di intelligence americana, gli “extraparlamentari” del MOSSAD, personaggi
vicini alle BR, i trockisti filoamericani e filoisraeliani del Think Thank, estremisti di
destra francesi e, dulcis in fundo la rete paramilitare atlantica GLADIO. Di tutto di
più, ma quello che sembra mettere il cappello su questa storia è quell’anticomunismo
antisovietico dei servizi di sicurezza, o frazioni degli stessi, americani israeliani e
della NATO. E il collegamento strage di piazza Fontana – attentato contro il Ministro
Rumor alla Questura di Milano – sequestro e assassinio dell’onorevole Moro potrebbe
spiegare perché l’ex ordinovista e probabile “gladiatore” Morin assunse l’incarico di
perito balistico di difesa per gli ex brigatisti ma ancora lottarmatisti Morucci e
Faranda. Nazisti ed antisemiti che incontrano ebrei e sionisti; anticomunisti che
incontrano comunisti, estrema destra che incontra l’estrema sinistra…

Strane alleanze… Incontri bizzarri… Convergenze ed ibridazioni… Il tutto sotto


l’egida e le bandiere dei servizi segreti. L’anticomunismo della Guerra Fredda
costituisce il collante di unioni molto difficili e certamente tormentate. Poi, nel
biennio 1989 – 1990 tutto finisce con il crollo dell’impero sovietico. Il neofascista
ordinovista Vincenzo Vinciguerra che aveva confessato di aver ideato e realizzato la
strage di carabinieri a Peteano, rivelò in quel frangente al giudice di Venezia Casson
l’esistenza di un’organizzazione retta ai massimi livelli dei servizi di sicurezza NATO
su cui sarebbero cadute le responsabilità per le stragi e la “strategia della tensione”.
Frange e frazioni dell’estrema destra sarebbero state in collegamento con questa
struttura. È la rivelazione della GLADIO e della STAY BEHIND. Per la verità già il
rosaventista Cavallaro aveva fatto cenno ad un’organizzazione che in tutta evidenza
corrispondeva alla GLADIO durante l’inchiesta del giudice di Padova Tamburino
sulla Rosa dei Venti, organizzazione della destra atlantica. Il fatto che Vinciguerra
militante prima di Ordine Nuovo e poi di Avanguardia Nazionale, dimostra come
l’estrema destra fosse in rapporti operativi piuttosto stretti con GLADIO. Già
l’ineffabile Pecorelli, in un articolo del 1974, aveva fatto indirettamente cenno a
questo collegamento e sostenuto che i nascondigli e gli arsenali di armi ed esplosivi in
dotazione alle forze paramilitari e non convenzionali dell’esercito erano stati messi a
disposizione dei gruppi di estrema destra. Pecorelli accusava, ancora una volta,
l’onnipresente Giulio Andreotti di armare l’estrema destra tramite un colonnello dei
servizi segreti per alimentare la “strategia della tensione” e rafforzare la propria
posizione di potere. Sia come sia è stato il generale Serravalle che fra il 1970 e il 1974
ha diretto la GLADIO ad aver tracciato un collegamento fra la rete paramilitare
atlantica e la strage di Peteano. Qualche mese prima della strage di carabinieri il
nascondiglio di armi ed esplosivi della GLADIO – nome in codice NASCO -
dell’Aurisina era stato trovato dissotterrato. Temendo che i NASCO venissero
utilizzati impropriamente ed indebitamente ed appurato come all’interno della
GLADIO vi fossero pulsioni estremistiche da banda armata, Serravalle fece chiudere
gli arsenali e la struttura venne riorganizzata. Il generale Serravalle ha poi alluso a
responsabilità della CIA nell’attentato di Peteano, ma, sicuramente, organizzazioni
neofasciste come Ordine Nuovo non erano troppo contente della “stretta” imposta, del
giro di vite sulla fornitura di armi. La strage di Peteano era un messaggio, tenendo
conto del fatto che l’Arma dei carabinieri gestiva direttamente gran parte dei NASCO.
Ma perché, a distanza di anni, Vinciguerra ha parlato? L’ipotesi più probabile è che,
terminata la Guerra Fredda, le alleanze antisovietiche sono saltate con tutte le
conseguenze del caso. Nel gennaio del 1991 tre carabinieri vennero freddati al
Quartiere Pilastro di Bologna dalla cosiddetta banda della Uno Bianca. Tre carabinieri
come a Peteano… Nuovi messaggi…

Nuovi conflitti rimpiazzano quelli di ieri con nuove alleanze e nuove strategie, nuove
unioni e nuove ibridazioni…
Ma gli spettri di ieri sono anche i fantasmi di oggi.

FINE

H.S.
Fonte: www-comedonchisciotte.org
7.08.08

FONTI

- Daniele Ganser “Gli eserciti segreti della NATO” Fazi Editore


- Philp Willlan “I burattinai”; Tullio Pironti Editore
- Sergio Flamigni “La tela del ragno” KAOS Edizioni
- Sergio Flamigni “Il mio sangue ricadrà su di loro” KAOS Edizioni
- Sergio Flamigni “Le trame atlantiche” KAOS Edizioni
- Sergio Flamigni “La sfinge delle Brigate Rosse” KAOS Edizioni
- Sergio Flamigni “Le Idi di Marzo” KAOS Edizioni
- Giuseppe De Lutiis “Storia dei servizi segreti in Italia” Editori Riuniti
- Giuseppe De Lutiis “Il golpe di via Fani” Sperling & Kupfer Editori
- Sandro Provvisionato “Misteri d’Italia” Laterza
- Sandro Provvisionato “Giustizieri sanguinari” Tullio Pironti Editore
- Sandro Provvisionato e Adalberto Baldoni “A che punto è la notte” Vallecchi
- Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannuli “Lo Stato parallelo” Gamberetti Editore
- Paolo Cucchiarelli “Piazza Fontana – chi è Stato?” supplemento de “L’Unità”,
collana 2I misteri d’Italia
- Marco Dolcetta “Politica occulta” Castelvecchi
- Marco Dolcetta “Gli spettri del Quarto Reich” BUR
- Rita di Giovacchino “Scoop mortale” Tullio Pironti Editore
- Rita Di Giovacchino “Il libro nero della Prima Repubblica” Fazi Editore
- Gianni Cipriani “Lo Stato invisibile” Sperling & Kupfer Editori
- Carlo Palermo “Il Quarto Livello” Editori Riuniti
- Fabrizio Calvi e Frederic Laurent “Piazza Fontana” Mondadori Editore
- Giorgio Boatti “Piazza Fontana” Einaudi Editore
- Fulvio Bellini “Il segreto della Repubblica” Seline Edizioni
- Eduardo Di Giovanni e Marco Ligini “La strage di Stato” Odradek
- Marco Nozza “Il pistarolo” Il Saggiatore
- Giovanni Fasanella e Alberto Franceschini “Che cosa sono le BR” BUR
- Mario Coglitore e Claudia Cernigoi “La memoria tradita” Zero in Condotta
- Giorgio Cavalleri “La GLADIO del Lago” Edizioni Essezeta/Arterigere
- Adriano Monti “Il Golpe Borghese” Editrice Lo Scarabeo
- “Dossier Pecorelli” KAOS Edizioni

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