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AVALON Appunti dinvito alla lettura.

Ego Nennius Sancti Elbodugi discipulus aliqua excerpta scribere curavi, quae hebitudo gentis Britanniae deiecerat, quia nullam peritiam habuerunt neque ullam commemorationem in libris posuerunt doctores illius insulae Britanniae. Ego autem coacervavi omne quod inveni []. Nennius, Historia Britonum

Parafrasi avaloniana Combattuta la battaglia di Camlanin cui fu ucciso Modred, proditore nequissimo, usurpatore del regno di Bretagna, di cui gli era stata affidata la reggenzalinclito re Arthur giacque al suolo, mortalmente trafitto da quindici ferite orrende inflitte con il giavellotto, nella pi piccola delle quali si sarebbero potuti infilare due guanti. Se la cronaca veritiera, almeno una di queste ferite era mortale. Allora gli si accost un ragazzo, Costantino, figlio di Cador, conte di Cornovaglia, che gli era parente e gli era caro. Il sovrano morente gli affid il regno e la difesa dei Britanni, quindi annunci: Io andr ad

Avalun, presso la pi bella fra tutte le fanciulle, la regina Argante, fata bellissima. Con le sue pozioni terapeutiche, ella curer le mie ferite, risanandomi completamente. Poi torner nel mio regno e con grandissima gioia dimorer di nuovo fra i Britanni. Appena Arthur ebbe pronunciato queste parole, giunse dal mare, fluttuando sulle onde, una barca, a bordo della quale si trovavano due donne portentosamente belle e meravigliosamente abbigliate, le quali si affrettarono a sollevare il re, a trasportarlo fino alla barca e a deporvelo. Infine si allontanarono scivolando sul mare. Cos, affinch fossero esaminate e curate le sue ferite, Arthur fu trasportato allisola di Avalun, la stessa in cui era stata forgiata con arte portentosa la sua spada eccellente, Caliburno, lunga, larga e possente, la quale arrecava gioia a chi la impugnava snudata. Lo accompagnava Taliesin, fra gli altri, e li guidava Barinthus, che ben conosceva le acque e le stelle. Con lesperto pilota a governare il bastimento, giunsero allisola delle mele, chiamata anche Isola Fortunata, perch produceva ogni cosa da s. Nulla vi si coltivava, perch i suoi campi non avevano bisogno dellaratro degli agricoltori. Spontaneamente la natura produceva non soltanto le piante selvatiche, bens anche il grano, luva, e ogni altra cosa. Nei boschi dallerba corta crescevano i meli,

e la popolazione viveva cento e pi anni. Coloro che vi si recavano dalla Britannia erano governati, mediante un insieme di leggi liete, da nove sorelle, la prima delle quali, la pi abile nelle arti terapeutiche, superiore alle altre nella bellezza della persona, aveva nome Morgen e dominava su quella regione, di cui era patrona. Oltre a tutte le propriet utili delle erbe, che le consentivano di curare le malattie, Morgen conosceva unarte mediante la quale poteva mutare la propria forma e fendere laria su nuove ali, al pari di Dedalo. Allorch lo desiderava, poteva essere a Brest, a Chartres o a Pavia, e a suo piacimento scendeva dallaria sulle coste della Britannia. Si diceva che avesse insegnato la matematica alle sue sorelle, ovvero Moronoe, Mazoe, Gliten, Glitonea, Gliton, Tyronoe, e Thitis, famosissima per la sua cetra. Al suo arrivo sullisola, il re ferito fu accolto con gli onori appropriati da Morgennobile dama sua parente, unita a lui da legami di sanguela quale lo ospit nella sua camera, sopra un letto dorato, e con la sua stessa mano scopr la sua onorevole ferita. Ella la scrut per lungo tempo, infine dichiar che la salute del sovrano avrebbe potuto essere ripristinata se egli avesse soggiornato per lungo tempo presso di lei e avesse beneficiato delle sue arti terapeutiche.

Rincuorati, i seguaci le affidarono dunque il re. Infine intrapresero il viaggio di ritorno, dispiegando le vele ai venti favorevoli. Purtroppo, in conseguenza di quelle ferite, Arthur mor e fu sepolto in un palazzo sullIsola di Afallach. Da allora, tuttavia, ci si sempre domandati, e sempre ci si domander, se egli sia sopravvissuto, oppure se sia morto, giacch i fabulosi Britones et eorum cantores, i Bretoni e i loro narratori, inclini al mito, non soltanto immaginarono, come si detto, che una dea phantastica, di nome Morganis, ne avesse trasportato il corpo in insulam Avalloniam, o insula Avallonia, per curarne le ferite, e che quando le avesse guarite, il re valoroso e possente sarebbe ritornato per governarli; bens che fossero veritiere le parole del profeta Merlino, il quale aveva dichiarato, a proposito di Arthur, che la sua partenza avrebbe causato grande sofferenza, e che la sua fine sarebbe rimasta occultata nel dubbio. Cos essi credettero per secoli che Arthur fosse ancora in vita e che si trovasse ancora ad Avalon, con le pi belle fra le fate. Perpetuando questa tradizione, ancora e sempre lo attesero, desiderando e affermando che sarebbe ritornato dal luogo in cui si trovava e che di nuovo sarebbe vissuto. E cos, su di lui, nonch sui dubbi che concernono la sua morte, si raccontano da secoli molte storie e sinventano numerose leggende.

Sebbene sia noto a tutti coloro che conoscono anche soltanto superficialmente la Materia Bretone, questo quasi tutto quello che dicono di Avalon le fonti pi antiche. Per attenermi ad esse, ho recuperato i nomi arcaici: Morgue (Morgen, in Geoffrey; Argante, in Layamon, e Morganis, in Giraldo Cambrense) Morgana; Ganhumara (Guennuvar, nella Vita Gildae) Ginevra; Anguselus Lancillotto; Gualguanus Galvano. *** Epitome glastoniense Oltre a raccontare che Arthur, ferito, fu trasportato ad Avalon dopo la battaglia di Camlan, Giraldo Cambrense afferma, in entrambe le sue opere, che lisola era definita tale in quanto situata fra paludi, corsi dacqua e giuncheti, come se fosse in mezzo al mare, e ne propone una etimologia, secondo cui era detta Avallonia, o Inis Avallon, ovvero Insula Pomifera, sia dalla parola bretone aval, che significava melaperch abbondava di meli e di alberi da frutta sia dal nome di un certo Vallone, o Avallone, che un tempo ne era stato il signore. Aggiunge Giraldo, che i Bretoni la chiamavano con il nome antico di Inis Gutrin, ossia Insula Vitrea, a causa del fiume, di trasparenza quasi come di vetro, che scorreva attraverso i giuncheti. Per questa stessa ragione gli occupanti Sassoni lavevano nominata nella loro

lingua Glasingeburi, o Glastonia, in quanto langlosassone glas significava vetro, mentre buri significava fortezza o citt. Tutto ci permetteva di comprendere perch fosse considerata unisola, e perch fosse chiamata sia Avallonia sia Glastonia, nonch per quale ragione i narratori bretoni definivano Morganis dea phantastica, cio divinit immaginaria. Tuttavia lidentificazione di Avalon con Glastonbury non dovuta a Giraldo, il quale, anzi, si ispir ai materiali prodotti dai monaci dellabbazia della stessa Glastonbury, o per loro conto. In un libro composto con molti elementi tratti dalle tradizioni gallesi, ovvero Vita Gildae (circa 1140), di Caradoc di Llancarvan, compare letimologia di Glastonbury utilizzata successivamente da Giraldo. Si tratta di una biografia inattendibile del monaco e storico britanno Gildas, composta per conto dei monaci di Glastonbury, i quali, risoluti a consolidare e ad accrescere il prestigio della loro abbazia collegandola ai sovrani e ai santi pi famosi e pi onorati, non potevano pi ignorare Arthur, divenuto famosissimo e stimatissimo in seguito alla pubblicazione, nel 1135, della Historia regum Britannie di Goffredo di Monmouth. Nella sua opera, infatti, Caradoc colloca a Glastonbury, falsamente, sia Gildas sia Arthur, inaugurando cos una lunga serie dinvenzioni. In essa si racconta, fra laltro, di come Arthur assedi Glastonia (ile de Verre o Urbs vitrea) per liberare la sua regina, Guennuvar, che vi

era stata condotta da re Melvas dopo essere stata rapita. Lintercessione dei monaci favor la liberazione della regina e la riconciliazione fra i due sovrani. Glastonia era chiamata anche Ynisgutrin, ed questo il nome che le davano i Bretoni del luogo: il bretone ynis corrisponde al latino insula e gutrin significa vitrea, afferma Caradoc, per spiegare il significato e lorigine del toponimo. Dopo larrivo degli Angli e lespulsione dei Bretoni, ovvero i Gallesi, il nome divenne Glastigberi, corrispondente al nome antico, giacch langlo glas corrisponde al latino vitrum e beria a civitas. Da ci Glastiberia, vale a dire Vitrea civitas. Si apprende che lisola di Glastonbury era chiamata anche Insula Avalloniae soltanto pi tardi, in De antiquitate Glastoniensis ecclesiae, in cui si legge che alcune province meridionali dellInghilterra erano state occupate da dodici fratelli provenienti dal settentrione, fra cui Glasteing. Perduta la propria scrofa, questi la insegu per diverse contrade prima di ritrovarla nei pressi di Glastonbury, sotto un melo, tranquillamente intenta ad allattare i suoi cuccioli. Nellesplorarla, trov quella zona cos piena di risorse, che vi si stabil e vi rimase per tutta la vita. Il nome in Bretone della contrada, successivamente popolata dai suoi discendenti, era Yneswitrin, successivamente tradotto, nella lingua dei conquistatori angli, Glastinbiry, forse derivato da Glasteing. Tuttavia essa era detta comunemente anche Isola di Avallonie, ovvero isola delle

mele, giacch avalla in Bretone significava mele. Laveva cos chiamata Glasteing, sia perch vi aveva ritrovato la scrofa sotto un melo, sia perch le mele erano molto rare in quella regione. Daltronde, poteva anche darsi che essa avesse preso il nome da un certo Avalloc, che laveva abitata con le figlie perch offriva asilo segreto. Prima di tentare di spiegare questa molteplice etimologia, occorre ricordare che De antiquitate Glastoniensis ecclesiae, sebbene composta dallillustre storico Guglielmo di Malmesbury, fu ispirata dai monaci di Glastonbury, i quali intesero favorire gli interessi della loro abbazia imponendone lautorit e comprovandone lantichit, la storia e la reputazione, mediante la produzione di documenti in gran parte falsi, redatti appositamente, nonch per mezzo della diffusione di leggende e di credenze abilmente fabbricate a questo scopo. La composizione dellopera, in cui furono raccolti tutti i materiali utili a dimostrare il prestigio dellabbazia e la legittimit di tutte le sue rivendicazioni spirituali e temporali, si svilupp fra il 1129 e il 1139 allincirca, talch il testo fu soggetto nel corso degli anni a continue e successive aggiunte, modifiche ed interpolazioni, inclusa quella che identificava Glastonbury con Avalon. Il testo originale della prima pubblicazione non conservato, tuttavia lanalisi delle interpolazioni e delle aggiunte ha consentito di stabilire che non conteneva alcun accenno ad Arthur, n a Giuseppe

di Arimatea, tramite il quale labbazia fu successivamente connessa alla storia del Graal. Come dimostra luso della grafia Avallo, anzich Avallonia, impiegata in tutti gli altri luoghi dellopera, laggiunta arthuriana pi antica deriva da Goffredo e non anteriore al 1135. Altre interpolazioni sono state individuate confrontando De antiquitate con Gesta regum Anglorum, dello stesso Guglielmo di Malmesbury. Nella seconda edizione di questopera, successiva al 1135, compaiono informazioni assenti nella prima, per presenti in De antiquitate, che lautore aveva composto nel frattempo. Nella prima edizione di Gesta regum Anglorum non si parla affatto della famosissima scoperta della presunta tomba di Arthur e Ganhumara a Glastonbury, bens si afferma che la tomba di Arthur era ignota. Sulla base delle testimonianze dellepoca, ampiamente citate, stato dimostrato che re Arthur fu falsamente connesso alla tomba scoperta a Glastonbury nel 1190 o nel 1191, per il profitto dellabbazia medesima. In precedenza non si trova alcuna menzione di tale connessione. Con questa falsificazione, i monaci non riuscirono soltanto a stringere ancora di pi il legame fra Arthur e Glastonbury, ma anche ad infliggere un duro colpo allantica tradizione bretone secondo cui il re non era morto e sarebbe ritornato. Insomma, tutto il materiale concernente Arthur che si trova nel De antiquitate fu interpolato successivamente alla Historia di Goffredo e a Gesta regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury. Nessun documento precedente collega Arthur a Glastonbury.

Sono posteriori al 1135 anche le interpolazioni in cui si afferma che i primi predicatori cristiani arrivarono allisola di Avalon nel 166, che vi scoprirono la chiesa fondata da dodici discepoli di Cristo nel 103, e che prima ancora vi giunse Giuseppe di Arimatea. *** Glosse etimologiche La spiegazione fornita nella tarda interpolazione a De antiquitate che identifica Glastonbury e Avalon, mancante nella seconda e nella terza edizione di Gesta regum Anglorum, fu prodotta combinando una genealogia gallese, relativa ai Glastenic, discendenti di Glast, con una storia irlandese risalente al X secolo, secondo cui gli Irlandesi avevano invaso lInghilterra meridionale e Glastonbury aveva preso il nome da Glass, figlio di Cas, porcaio del re di Hirnath, che vi era giunto con i suoi maiali. Il Glass della storia irlandese fu identificato con il Glast della genealogia gallese, e ricevette il nome della famiglia, Glastenic, trasformato in Glasteing. Cos fu possibile sostenere che, a Glastonbury, i maiali di Glass, o Glasteing, avevano trovato e mangiato mele, rare in quella regione, talch essa era stata chiamata, dallo stesso Glass, Insula Avalloniae, ossia isola delle mele, perch la parola gallese avalla significa mele. Dunque Glastonbury era il paese delle mele, lisola delle mele, insula pomorum (anche se poma significa frutta)vale a

dire lisola di Avallo descritta nella Vita Merlini, cio lisola di Avalon. In sostanza, i monaci dellabbazia identificarono Avalon con Glastonbury interpretando il nome dellisola come derivato dalle frutta che produceva anzich dal nome del personaggio che la governava. La modificazione della grafia, che aggiunge il suffisso -niae ad Avallo per giustificare lo spostamento dinterpretazione, dimostra la falsificazione. Invece nella Historia regum Britannie di Goffredo, composta nel 1135-1136, dove Avalon viene citata per la prima volta, insula Avallonis significa isola di Avallo, ossia di un personaggio che portava questo nome, anche se in seguito Wace, Chrtien de Troyes e Maria di Francia lo interpretarono come toponimo. Viceversa, il traduttore gallese di Goffredo, nel Brut Tysilio (IX, 4 e XI, 2), rese insula Avallonis con ynis Avallach, mentre in Gesta Regum Britanniae (circa 1235), attribuito a Guillaume de Rennes, si legge che Arthur, ferito, si rec alla corte del re Avallo, il quale era, forse, padre di una da innominata, che dimorava insieme ad altre vergini a lei sottoposte in unisola di fertilit prodigiosa. Lo stesso si legge a proposito del sovrano dellisola, Avalloc, in una interpolazione al De antiquitate Glastoniensis ecclesiae di Guglielmo di Malmesbury, dovuta ai monaci di Glastonbury. Daltronde, Giraldo Cambrense, nello Speculum Ecclesiae, che ricava le informazioni da De antiquitate, non mantiene la grafia

presente in questultima opera, bens ripristina quella corrispondente a Goffredo, ovvero la forma Avallo, che, secondo Edmond Faral, non deriva dal Bretone, non ha nulla a che vedere con Avallach e forme simili, e dunque neppure con il dio dei morti irlandese e con lantenato mitico delle genealogie gallesi. Per giunta, linterpolatore afferma che Glastonbury era ancora comunemente chiamata insula Avalloniae, mentre Giraldo Cambrense, sia nel De principis instructione sia nello Speculum ecclesiae, e Rodolfo di Coggeshale, nel Chronicon anglicanum, dichiarano, rispettivamente alla fine del XII secolo e allinizio del XIII, che tale appellativo era precedente, antico, non si usava pi. Non lo conosceva neppure Caradoc di Llancarvan nel 1140-1150. difficile pensare che fosse scomparso dalluso in pochi decenni. Secondo Faral, si tratta evidentemente di una falsificazione. Le conclusioni di Edmond Faral, appoggiate sopra questi argomenti, sono parzialmente condivise da Roger Sherman Loomis, a giudizio del quale avallach non un nome comune che significa frutteto, bens un nome proprio che, nelle forme Aballac e Aballach, compare nelle genealogie del X secolo, nonch nella Triade 70, in cui Avallach padre di Modron, madre di Owein e di Uryen. dunque possibile che avallach derivi, per esempio, da un errore di trascrizione, e che in origine ynys avallach significasse semplicemente isola di Avallach. Daltronde non sicuro che ynys Avallach sia la traduzione gallese del Latino di Goffredo,

perch il gallese potrebbe essere un prestito dallirlandese Abhlach, o ablach, ovvero abbondante di meli, aggettivo riferito allisola dellAldil del dio del mare, Manannan. Simili imprestiti non mancano in gallese. Utilizzando i medesimi elementi, giunge a parere opposto Rachel Bromwich, studiosa non meno autorevole di Edmond Faral e di Roger Sherman Loomis, nonch curatrice eruditissima di Trioedd Ynys Prydein. Nelle Triadi Gallesi, Afallach, figlio di Beli Mawr, lantenato mitico da cui sostenevano di discendere tre delle pi antiche e illustri dinastie di Britannia, ovvero quella di Coel Hen, quella di Urien Rheged, e quella dei sovrani di Powys. Nondimeno, Afallach anche nome comune che significa luogo delle mele, frutteto, perci in Ynys Avallach, come sempre nei testi gallesi, potrebbe essere sia nome proprio sia nome comune. In Goffredo, insula Avallonis nella Historia regum Britannie equivale ad insula pomorum nella Vita Merlinibench tale equivalenza non sia affatto semantica, obietta Farale nei Brut, euys Auallach equivale ad insula Avallonis. Pertanto, conclude Bromwich, appare pi probabile che in entrambi i casi Isola delle Mele si riferisca ai meli rigogliosi che sono caratteristici dellAldil celtico, anzich allisola di un uomo di nome Avallo, o Avalloc, o Avallach, che la governava e vi dimorava con le figlie, fra cui Morgue. A giudizio di Norma Lorre Goodrich, Ynys Afallach, dove era stata

forgiata Caled wlch, o calad, duro, pi bolg, fulmine, significa Gaelica Avalon, ovvero lIsola di Man di lingua gaelica. La traduzione gallese di insulam avallonis, cio ynys Avallach, collega Avalon ad Avallach, re che nel Grand-Saint-Graal giace presso il castello di Corbenic fino al compimento della cerca del Graal. E il castello di Corbenic, cio il castello del Graal, potrebbe essere sullisola di Avallach, ovvero lisola del re del Graal, cio Avalonunisola che scompare, lontana dalla terraferma, facile da perdere e difficile da trovare. Seguendo una suggestione del Black Book of Carmarthen, lo studioso sir Edmund K. Chambers, autore di Arthur of Britain (Cambridge, 1927) ipotizz che il Gorre dei romanzi francesi, e soprattutto de Le Chevalier de la Charrette, di Chrtien de Troyes, fosse un altro nome di Avalon, regno dei morti. In Erec, sempre di Chrtien, Avalon lisola dellamante di Morgue. In seguito, Avalon compare in Lanval, di Maria di Francia, in cui la terra di una bellissima regina straniera. In un altro lai di Maria, Yonec che sarebbe Yvain, o Urien, figlio illegittimo che Urien, re di Gorre, ebbe da Morguesi trova la descrizione del castello di Corbenic (vv. 345-370), che ad Avalonun varco in una collina, un prato molto bello, e una citt che sembra tutta dargento, chiusa tutta intorno da un muro, e paludi, foreste, una rocca, un fiume tutto intorno, e un porto con pi di trecento bastimentiuna descrizione molto simile a quella del castello del Graal quando vi giunge Perceval, come si legge in Chrtien. Questa storia , dal punto di

vista di Urien, la stessa che viene raccontata nel Lanzelet dal punto di vista di Arthur. Dalle genealogie risulta che da Coel Hen, attraverso Cynfarch, discendevano sia Anguselus, cio Lancillotto, sia Urien di Gorre, marito di Morgue e padre di Owein (Yvain), pertanto lisola di Avallach potrebbe essere unisola dei Pitti, nonch lisola del Graal, se Avallach fosse Evelac, o Evelake, re mediorientale convertito da Giuseppe di Arimatea. Daltronde, se presso i Pitti la discendenza era matrilineare, le regine di Gorre sarebbero Morgue e Ganhumara. Come dimostra il simbolo del triskelion, lisola di Man era un luogo sacro, antichissimo, dove si forgiavano in segreto le armi magiche. Presso la punta sudoccidentale erano situati lisolotto e la torre di vetro. Un re vichingo vissuto a Man era chiamato re Orry, o re Gorry, ovvero Gorre, come la King Gorrys Grave, sito neolitico sulla costa orientale di Man, non molto distante dal mare, dove forse sepolto un fondatore eponimo di Man. Insomma, il regno di Gorry e il Gorre antico francese sembrano aver dato il nome allisola stessa di Man . Resta da considerare laltra etimologia utilizzata allo scopo di identificare Avalon con Glastonbury. Ynys Witrin ricorda Caer Wydyr, la Fortezza di Vetro, cio un luogo fortificato cinto dallacqua, nominato in Preiddeu Annwn (circa 900)famosissimo, enigmatico componimento in versi contenuto nel Llyfr Taliesin

(Libro di Taliesin, circa 1275)in cui si narra di una spedizione di Arthur nellAldil, e in cui si accenna, inoltre, a nove vergini che custodiscono una caldaia magica yg kaer pedryuan pedyr ychwelyt. yg kynneir or peir pan leferit. O anadyl naw morwyn gochyneuit. Neu peir pen annwfyn pwy y vynut. gwrym am y oror a mererit. In Caer Pedryvan four times revolving, The first world from the cauldron, when was it spoken? By the breath of Nine Damsels it is gently warmed. Is it not the cauldron of the chief of Annwm? Fashioned with a ridge about its edge of pearls? In Erec (vv. 1945-1951), Chrtien accenna a Maheolas, signore della Isle de Voirre, dove, il clima sempre mite, le tempeste non si abbattono mai, linverno non mai troppo rigido, e lestate non mai troppo calda Avuec aus que mo nomer Vint Maheolas, uns hauz ber, Li sire de lIsle de Voirre; An cele isle not lan tonoirre Ne ni chiet foudre ne tanpeste,

Ne boz ne serpanz ni areste, Nil ni fet trop chaut ne niverne. Cos, in The Passing of Arthur, Tennyson descrive Avalon, in versi che ricordano molto quelli di Chrtien: The island valley of Avilion, Where falls not hail, nor rain, nor any snow, Nor ever wind blows loudly; but it lies Deep-meadowd, happy, fair with orchard lawns And bowery hollows crownd with summer sea! Questa descrizione rammenta lIsola delle Mele della Vita Merlini, la quale, situata nel mare occidentale, simile alle isole paradisiache, non conosce mai linverno, ed la dimora di Morgue, che guida una sisterhood of nine. LIsola di Vetro (Ynys Witrin) dunque assimilabile ai luoghi inferi, come lAldil celtico, e a quelli paradisiaci, come lElisio o lIsola delle Esperidi. Comunque, Chrtien non identifica affatto lIsola di Vetro e lIsola di Avalon, bens le distingue, affermando esplicitamente che sono due luoghi diversi, su ciascuno dei quali regna un sovrano diverso. Nel medesimo luogo in cui accenna a Maheolas, signore dellIsola di Vetro, egli nomina infatti Guingamor, signore dellIsola di Avalon e paramour di Morgain la Fe. In altre parole, lamico, o amante, di Morgue il re di Avalon, non il re dellIsola di Vetro. Inoltre, come

recenti ricerche hanno dimostrato, il nome pi antico di Glastonbury sembra essere proprio quello Inglese, la cui interpretazione incerta, anche se potrebbe significare luogo delle glastan, che in Anglosassone sta per quercia. Nulla dimostra che Ynys Witrin fosse il nome originario del luogo nella lingua dei Britanni. parimenti indimostrato che labbazia di Glastonbury esistesse prima dellepoca dei Sassoni. Nessun testo gallese anteriore al XII secolo menziona Glastonbury. Anche lassenza di qualsiasi connessione arcaica fra questultima e Giuseppe di Arimatea, laltro elemento che permette di identificarla con Avalon e con il Graal, risulta confermata dagli studi recenti. Forse Ynys Witrin semplicemente la versione gallese di Glastonbury, e non il contrario. Di sicuro non compare in nessun documento prima degli inizi del XIII secolo, non affatto prevalente nelle fonti gallesi precedenti, e successivamente resta raro. L etimologia fornita da Caradoc pu essere spiegata con un fraintendimento dovuto allassonanza fra linglese antico gls (glass, vetro) e il gallico glastum (woad, guado), corrispondente al latino vitrum, che non significa soltanto vetro, bens anche, appunto, woad, guadoOmnes vero se Britanni vitro inficiunt, ovvero Tutti i Britanni poi si tingono col guado, testimonia Cesare (De Bello Gallico, V.xiv). In altre parole, Urbs vitrea potrebbe significare pi probabilmente citt del guado, o citt in cui si lavorava lindaco. E infatti Glastonbury era una cittadina

mercantile fra paludi e canali, dominata dalla Tor, che svettava solitaria fra le paludi. Il primo dei versi di Tennyson citati pi sopra rimanda, oltre che ad Erec, al Joseph di Robert de Boron, ove si accenna alle Vaus de Avaron, che sono spesso interpretate come un riferimento alle paludi pianeggianti intorno a Glastonbury. Tuttavia non risulta granch chiaro per quali ragioni valli dovrebbe riferirsi a paludi pianeggianti, quando potrebbe essere pi probabilmente riferito, per esempio, alla valle profonda del fiume Neb, per la quale Perceval giunge di fronte al castello del Graal sullisola di Avalon, ovvero lisolotto di San Patrizio, presso la costa occidentale di Man. Nel Perlesvaus, quando Anguselus vi si reca a visitare la tomba di Ganhumara, Avalon viene descritta in un modo che potrebbe far pensare alla valle di Robert de Boron. Tuttavia lanonimo autore dellopera afferma, nel colophon, che loriginale da cui ha tratto il proprio materiale proveniva da una holy house of religion sullIsola di Avalon, dove Arthur e Ganhumara erano sepolti, talch sembra alludere a Glastonbury. Di sicuro, questa lidentificazione prevalente fra gli studiosi. A questo proposito, per, Norma Lorre Goodrich obietta che lautore del Perlesvaus si confonde e commette errori, tentando di adattare la geografia della sua fonte antica a quella di Glastonbury, nellintento di identificare questultima con Avalon, e non fornisce alcuna prova a conferma di tale identificazione. Non riferisce di alcuna traversata di distesa equorea

per giungere ad Avalon; descrive unaltura impervia e ripida che a Glastonbury non esiste; soprattutto descrive il tetto di piombo della cappella, che fu costruito soltanto nel 1186, per sostituire quello in legno che un incendio aveva distrutto, e che durante il regno di Arthur non era mai esistito. Riassumendo Avallonia, o Inis Avallon, sarebbe lisola di un sovrano chiamato Vallone o Avallone, oppure lisola delle mele, da aval, mela, che dunque sarebbe Insula Pomifera in Latino. Afallach pu essere sia nome proprio, sia nome comune, nel senso di luogo delle mele, o frutteto, ma dato che enys Auallach traduce linsula Avallonis della Historia regum Britannie di Goffredo, poi detta insula pomorum nella Vita Merlini, sembra pi corretto propendere per il nome comune che per il nome proprio. Letimologia di Glastonbury invece spiegata da Caradoc di Llancarvan come Glasingeburi o Glastonia, Glastigberi o Glastiberia, da glas, vetro, vitrum, e buri, fortezza o citt, o beria, civitas, ovvero Vitrea Civitas, Citt di Vetro, che renderebbe Inis Gutrin, o Ynisgutrin, da ynis, insula, e gutrin, vitrea, ovvero Insula Vitrea, Citt di Vetro. Questo nome sarebbe giustificato dal fatto che Glastonbury si trovava isolata fra le paludi ed era parzialmente circondata da un fiume di trasparenza quasi vitrea, dunque era unIsola o Citt di Vetro. Come si visto, questa

etimologia deriva da una interpretazione errata. Linterpretazione corretta sarebbe pi probabilmente quella di Citt del Guado. Allo scopo di collegare entrambe le possibili etimologie di Avalon a Glastonbury, in ogni modo, i monaci dellabbazia affermarono che questultima, lIsola o Citt di Vetro, era chiamata anche Insula Avalloniae, ovvero isola delle mele, da avalla, mele, nonch Isola di Avalloc, da un re che vi aveva dimorato, aggiungendo che Glastinbiry poteva derivare anche da Glasteing, che vi aveva trovato i meleti e vi si era stabilito. A parte il fatto che la storia di Glasteing una commistione di due diverse leggende che nulla hanno a che fare con Glastonbury, lunico collegamento fra le due denominazioni sembra essere quello, assai tenue, della presenza degli alberi di mele. Ma se bastasse questo, i luoghi di nome Avalon si moltiplicherebbero In conclusione, il nucleo di ci che si sa rimane nelle poche righe di Goffredo, che continuano a stimolare limmaginazione e a produrre letteratura Ipse uero Arturus lorica tanto regi digna indutus auream galeam simulachro draconis insculptam capiti adaptat: humeris quoque suis clipeum uocabulo Priduuen in quo imago sancte Marie Dei genetricis impicta ipsum in memoriam ipsius sepissime reuocabat. Accintus ergo Caliburno gladio optimo et in insula Auallonis fabricato lancea dextram suam decorat que nomine Ron uocabatur.

Set et inclitus ille rex Arturus letaliter uulneratus est; qui illinc ad sananda uulnera sua in insulam Auallonis euectus Constantino cognato suo et filio Cadoris ducis Cornubie diadema Britannie concessit anno ad incarnatione Domini .dxlii.. Anima eius in pace quiescat. *** Intermezzo paradisinfero Gi sin dal primo secolo dellera volgare, gli Esseni, cedendo, senza dubbio, allinflusso di miti pagani, ponevano di l dallOceano Atlantico il soggiorno dei beati. I Celti non avevano diversa credenza, scrisse Arturo Graf nel suo bellissimo Miti, leggende e superstizioni del medio evo. Secondo la dottrina loro, gli uomini hanno per primo progenitore il dio della morte, e questo dio abita una regione lontana, di l dallOceano; egli ha sua dimora in quellisole estreme, donde, secondo linsegnamento dei druidi, era venuta direttamente una parte degli abitanti della Gallia. - Secondo le credenze dei Celti, i morti vanno ad abitare di l dalloceano verso Mezzod, l dove si corica il sole la pi parte dellanno in una regione meravigliosa, che vince di gran lunga, per gioie e seduzioni, questo mondo di qua. Da quel paese misterioso traggono origine gli uomini. Queste credenze, hanno, come si vede, molta somiglianza con quelle dei Greci e dei Romani, ed anzi probabile che abbiano

esercitato sopra di esse un influsso non lieve, concorrendo a fare spostare, specialmente verso il Settentrione, lisola di Saturno, e il regno dei morti. Da altra banda, le immaginazioni dei Greci e dei Romani non potevano non esercitare alla lor volta un notabile influsso su quelle dei Celti. Mutata la fede religiosa, molte delle antiche credenze naturalmente sopravvivevano, accordandosi, fondendosi con le nuove, e in pi varii modi alterandone il concetto e la natura. Gaeli e Cimri favoleggiavano di un meraviglioso paese, il quale sorgeva in mezzo alloceano profondo, e i cui abitatori, bevendo le acque dolcissime della fontana di giovent, non conoscevano n la vecchiezza, n i morbi. Un tal paese, nelle menti dei convertiti, doveva necessariamente identificarsi col Paradiso terrestre; ed per questo che san Brandano muove, come vedremo, alla ricerca del Paradiso navigando per lOceano occidentale. Tale credenza aveva dunque un fondamento pagano, e perci non senza ragione che Isidoro di Siviglia nota di paganit le opinion di coloro che ponevano il Paradiso nelle Isole Fortunate. Per ragioni medesime furono talvolta situati in isole remote dellOceano Atlantico il Purgatorio e lInferno. Gi fra gli antichi era nata una opinione che poneva in Gallia, o in Brettagna, il regno dei morti. Plutarco ne fa ricordo, attingendo da un ignoto e pi antico scrittore. Claudiano, narrando certa navigazione oceanica di Ulisse, gi prima narrata da Solino, dice che leroe visit un popolo di ombre su quella estrema parte della Gallia che si protende nellOceano, n lascia intendere se alluda propriamente allultimo

lembo occidentale dellArmorica, o alla Cornovaglia insulare (Cornu Galliae). Procopio d, in forma pi compiuta, il racconto di Plutarco, e narra di una popolazione di marinai, sulle coste settentrionali della Gallia, officio de quali era di tragittare di notte tempo le anime de morti in Brettagna. Di questa credenza pur cenno negli scolii di Tzetzes allAlessandra o Cassandra di Licofrone, e nel medio evo essa non era ancora del tutto perduta, perch se ne trova un curioso ricordo in un racconto tedesco del secolo XIII. Alle genti di razza brettone e gaelica doveva parer naturale di porre lInferno, anzich nelle viscere della terra, nelle varie isole mal note e di malagevole accesso, sparse per il burrascoso oceano. Nelle carte medievali spesso indicata col nome dIsola dellInferno una delle Isole Canarie, e pi particolarmente quella di Teneriffa. Plutarco, rimaneggiando finzioni antichissime, narra di due isole a ponente della Brettagna, abitate, luna da uomini di santa vita, immuni da ogni umana infermit, laltra da Crono, immerso in letargo e servito da demonii (De oraculorum defectu, 18; De facie in orbe lunae, 26 sgg.) []. Anche di luoghi dove non si moriva ce nera pi duno. Giraldo Cambrense parla di due isole, poste in un lago dellIrlanda, nella minor delle quali nessuno poteva morire e nessuno mai era morto, e perci era detta Isola dei Viventi. Chi, oppresso dai morbi, o giunto

allo stremo della vecchiezza, desiderava por fine a una vita divenuta ormai troppo incresciosa, si faceva trasportare nellaltra isola, e come appena toccava terra, moriva. Queste isole sono spesso ricordate in leggende celtiche, e veggonsi poste pi di frequente nel mare ibernico. [] A dispetto dIsidoro di Siviglia, alcuni seguitarono a credere che il Paradiso fosse in quelle Isole Fortunate di cui tanto aveva favoleggiato lantichit, e dove pure erano stati messi gli Elisii. E a questo proposito da ricordare che i geografi arabici chiamarono le isole che si trovano a occidente dellAfrica con due nomi diversi, Isole Eterne e Isole della Felicit, e che queste Isole della Felicit pare fossero le Canarie, che poi dovrebbero essere le Fortunate. E dico dovrebbero, perch nel medio evo ci fu grandissima confusione a questo riguardo. Cos, per citare qualche esempio, una delle carte di Marin Sanudo (1306) pone a occidente dellIrlanda nientemeno che 385 isole beate e fortunate, e sulla mappa di Fra Mauro (1457-9) si trovano le insule de Hibernia dite Fortunate. Verso la fine del secolo XV (1471) Grazioso Benincasa segna ancora due gruppi dIsole Fortunate, luno a Ponente dellAfrica, laltro a ponente dellIrlanda. Del beato giardino, ovvero del Paradiso, si diceva che regnava in esso una perpetua primavera; non mai turbata da venti e da procelle. Il cielo, che spande sopresso un lume sette volte pi chiaro che non sia quello del nostro giorno, ma scompagnato da ogni

fastidiosa caldura, non vi patisce nube alcuna, e mai non lo ingombra la notte. N mai per laria dolcissima si riversa grandine o pioggia, n mai vi sode il pauroso fragore del tuono e lorrendo schianto della folgore. Tiene il luogo unaltissima quiete, una pace serena e sacra, ignote affatto a chi vive quaggi. [] Di tutti gli altri luoghi di beatitudine fu necessariamente immaginato altrettanto. Veggasi ci che Omero ed Esiodo e Platone e Virgilio e tanti altri antichi dicono del soggiorno dei giusti, o della condizione della terra durante let delloro, o del paese deglIperborei, o di altri cos fatti: Hic aeterna quies, nulla hic jura procellis. Lisola di Avalon, di cui tanto favoleggiarono i poeti e i romanzatori del ciclo arturiano, e dove Art, mortalmente ferito in battaglia, era, per forza di miracolo, serbato in vita, lisola di Avalon godeva gli stessi benefizii del Paradiso terrestre. Il profilo dellisola di Avalon, quale descritta nella Vita Merlini (vv. 908-40), sinnalza da un oceano mitologicomagistralmente riassunto nella lunga citazione da Arturo Grafin cui sintrecciano le correnti greco-latinecon le Isole dei Beati, le quali sono spesso collocate a occidente della Bretagna, dove dimorano i Celtie le correnti celtiche, con le isole dellAldil, simili a quelle dei Beati e alle Fortunate. Isidoro, Solino, e la Navigatio sancti Brendani, sono

stati indicati fra gli autori a cui Goffredo si rifece, traendo dalle loro opere la fecondit portentosa del suolo, la longevit degli abitanti, e il nome del pilota, Barinthus. E dalla tradizione celtica, tramandata oralmente dai cantori bretoni, Goffredo e Wace ricavarono il materiale sul trasferimento di Arthur, feritoper essere curato o per essere sepoltoallisola di Avalon, che assunse cos i caratteri di unisola dellAldil. Lisola di Sein, nelloceano britannico, di fronte al litorale degli Osismi, celebre per loracolo di una divinit gallica. Le sacerdotesse, votate alla verginit, sono, si dice, in numero di nove. Sono chiamate Gallicene e si sostiene che possiedano talenti straordinari: sono in grado di sommuovere con i loro canti i mari e i venti; sanno assumere le forme animali che desiderano; sanno guarire le malattie che nessuno cura in altro modo; e sanno conoscere e predire lavvenire, favore che nondimeno riservano a coloro che si recano nella loro isola appositamente per consultarle. Questo racconto si legge nellopera di geografia del mondo antico, De Situ Orbiscomposta allepoca in cui Claudio invase la Britannia, nel 43-44da Pomponio Mela, un altro autore latino al quale Goffredo molto probabilmente attinse. Tuttavia le sacerdotesse di Sein non hanno nome, a differenza di quelle della Jnsula pomorum que fortunata uocatur (v. 908). E lunico elemento presente nella descrizione di Avalon che si legge nella Vita Merlini, ma non si trova altrove, il nome di Morgenun nome

pseudobretone inventato da Goffredo, come pure quelli delle altre otto sorellealmeno a giudizio di Edmond Faral, il quale ne conclude che la derivazione dalla mitologia celtica, e dunque la connessione con laldil e con le fate, non dimostrata. Quantunque succinta, la descrizione della Ile de Sein quale dimora di druidessesisterhood of nine, che nella Vita Merlini (v. 1124), composta di ninfenimpharum uenit ad aulamlascia trasparire le antiche tradizioni celtiche relative allAldil e ad unisola paradisiaca abitata da vergini, dove, come si racconta spesso nelle poesie e nelle leggende celtiche, giungono gli eroi come Bran e Cu Chulainn, Maelduin e Arthur, dopo avere affrontare il mare. Cos, le isole sacre ai Celtii quali erano soliti attraversare lacqua per recarsi a perfezionare la conoscenza dei misteri e dei segreti della magiasi confondono con le isole misteriose del mito. Sono isole lontane nel mare fulgido e spumeggianteterre fiorite, boschi allietati dai canti degli uccelli, brezze musicali, paesaggi meravigliosi, bruma incomparabile, quieta e fresca bellezza, nutrimento abbondante e inesauribile. Sono isole dove il tempo si ferma, si blocca, assente, e per chi vi dimora, non trascorre, oppure trascorre diversamente che altrove. Sono isole occultate dalle nebbie, in cui si vivono avventure di lotta e di amoreluoghi inferi oltre le acque, avvolti di caligine e di tenebra come il paese dei Cimmeri

Came we then to the bounds of deepest water, To the Kimmerian lands, and peopled cities Covered with close-webbed mist, unpierced ever With glitter of sun-rays Nor with stars stretched, nor looking back from heaven Swartest night stretched over wretched men there. Sono isole simili ad Avalon, o forse sono tutte Avalon isole incantate in cui dimorano le donneuna dama con le sue compagne, alcune ragazze, una dadepositarie della regalit e sacerdotesse, iniziatrici degli uomini nella catabasi e nella ierogamiaimmagini della Terra delle Donne, in cui regna la divina Morgue, la quale accoglie, nutre, d da bere e colma di volutt. Giacch laspetto erotico tuttaltro che assente da queste evocazioni del paradiso. Quale che sia il modo in cui viene storicamente immaginato, il luogo in cui si compiono la catabasi e la ierogamiadalla quale dipende la ripresa della vita dopo la catastrofe un luogo infero, non tanto materialmente sotterraneo, quanto evocazione del luogo mitico oltre le acqueil mondo della morte, rappresentato cerimonialmente in un luogo sacro, situato oltre una palude o un pascolo, al di l di uno specchio dacqua profonda sormontato da un ponte, solitamente irto di punte metalliche, sotto un dirupo o precipizio roccioso, accanto a una gola, che assorda con il boato dellacqua che precipita.

Se il ratto, a cui seguono la liberazione e la riconquista della donna rapita, una prova iniziaticauna catabasie si svolge in un luogo infero, o dotato di significato infero, allora un luogo fortificato come il castello del Graal storicamente luogo in cui avvengono le prove iniziatiche, ovvero luogo inferoe lisola di Avalon, sulla quale esso sorge, miticamente isola dei morti. Per i Celti, tutto sempre in movimento e in trasformazione, nulla muore, nulla rimane stabile. Il mondo materiale o reale unapparenza, la quale cela un Altrove che sta oltreun Altro Mondo, un luogo a-temporale ed a-spaziale in cui si realizza il mondo immaginario del piano divino, privo di contingenze negative, di gerarchie, di lavoro, di vecchiaia, di tempo e di morte. LAltrove pu essere situato anche nei tumuli e nel mondo infero, a lato del mondo umano. Soltanto chi possiede una seconda vista pu percepire lAltrove, le cui porte non sono mai chiuse e possono essere varcate facilmente, soprattutto a Samhain. Allora si pu compiere la catabasi, il viaggio nellAldil, di cui Avalon la porta. *** Montaggio parafrastico gudricense Fu attribuita a Caradoc di Llancarvan, che probabilmente non ne fu lautore, una biografia di Gildas, Vita Gildae, colma dinesattezze,

ancorch breve, e commissionata dai monaci per favorire e accrescere il prestigio dellabbazia di Glastonbury collegandola ad Arthur, che con essa non aveva mai avuto nulla a che fare, e attirare cos i pellegrini. In essa si narra, infatti, che la regina Guennuvar fu condotta a Glastonbury da un re ribellerebellis, che aveva ripreso la guerra contro Arthurvale a dire Melvas, o Meluas, o Maheolas, re della Terra dellEstate, il quale, a giudicare dal suo nome, sembra essere irlandese, e, come si visto, nellErec di Chrtien re dellIsle de Voirre, ovvero Gorre, lIsola di Man. Questi condusse la sua prigioniera in un famoso santuario, che per non poteva essere cristiano, perch nessuna istituzione cristiana si sarebbe resa complice del rapimento di una regina incoronata dei Britannievento straordinario, questo, a differenza dei rapimenti di donne comuni, che erano invece abbastanza frequenti. Dunque doveva essere un santuario pagano [] circondato dal mare, anticamente abitato da un antenato della reginaun luogo un tempo cristiano, ridivenuto paganoun regno pagano che Arthur dovr dunque riconquistare Gorhan o Gorrecon una fortezza sacra su unisolala Fortezza sullIsola, affidata da re Urien, od Orry, ad un reggente, Meleagant, figlio di un sacerdote pagano, il mago o druido Bademagus, nipote dello stesso re Urien. Che la regina rapita fu condotta a Gorre, ovvero ad Avalon, si legge nelle pi antiche fonti ove si trova narrato il ratto, ossia Le Chevalier de la Charrette, di Chrtien de Troyes, circa 1167;

Lanzelet, che, intorno al 1194, Ulrich von Zatzikhoven scrisse, anzi tradusse, da un perduto originale in francese antico, o da qualche testo in antico britannico proveniente dalla Scozia; e il Vulgate o Prose Lancelot, composto fra 1220 e 1230, contenente un resoconto dellinfanzia di Anguselus, il cui originale fu forse redatto nellantica lingua dei Britanni da Ganhumara in persona, o forse dalla Dama del Lago. Secondo J.L. Weston e R.S. Loomis, il ratto di Ganhumara non avvenne realmentefu mitico, ricostruzione del ratto di Proserpina. Eppure la sua morfologia non vi corrisponde: la regina non fanciulla; non viene rapita dalla sua casa natale; non viene liberata con la forza dalla madre; non neppurea differenza di Elena salvata dal marito o dal fratello. Nondimeno, il racconto di Chrtien segue la morfologia della fiabala storia si mescola con il mitoil marito che strappa la donna, divinit femminile tellurica, dalle braccia di un dio infero. La principale avventura della regina, latto di gran lunga pi significativo della sua vita, segue il prototipico Viaggio nellAldil. una discesa agli inferi, un rituale di catabasi che la individua incontrovertibilmente come Alta Sacerdotessa di Arthur. E la catabasi il soggetto celtico per eccellenzain tutta la sua purezza, il genio celtico, il quale non ama se non i propri sogni.

Questa interpretazione, se correttacio se Ganhumara appartiene a una societ matriarcale, se detentrice della regalit, se divina in quanto regina e sacerdotessa, se assiste gli eroi nelle catabasi iniziatiche, e se viene pi volte rapitasuggerisce la possibilit di un confronto fra la sua figura e quella di Elenaun confronto tale da gettare luce sul suo rapimento, anzi, sui suoi rapimenti. Divinit matrimoniale rapita e liberata, perduta e riconquistata, divinit infera cercata e ritrovata, Elena ha rapporto con gli inferi e con la luna, e dimora nellIsola dei Beati. Le compete la fiaccola, in rapporto di equivalenza con gli astri, al pari del bagliore nelle mani di Hekate e della fiaccola di Artemide. Simile alla Potnia, la Grande Da, fecondatrice, signora delle fiere e dei morti, ne possiede gli attributi, fra cui, come Circe, da del dolmen, e come Calipso, da della caverna, quello di preparare e di somministrare il cibo dei morti, ovvero la droga che fa dimenticare il ritorno un farmaco che lira e il dolore calmava, oblio di tutte le pene. Chi lo inghiottisse, una volta mescolato col vino, gi dalle palpebre pianto non verserebbe quel giorno, neppure se gli morisse il padre o la madre, n se davanti a lui col bronzo straziassero un fratello o un figliolo, e lui vedesse con gli occhi. Bellissima, Ganhumara, terribilmente a vedersi somiglia alle de

immortalicome Elenae come Elena nata [] per perdere i vascelli, gli uomini e le citt. Il suo rapimento causa di conflitto. Per una donna simile si combatte sullisola, circondata dalle acque infere come i boschi delle prove iniziatiche. Forse Ganhumara era il suo nome pi antico, il nome pittoforse il nome sacerdotale. Era cos chiamata, forse, perch regina dei Pitti, la gente biancadonne dalle bianche braccia e dalle bianche fronti pallore simile a quello delle montagne innevate del loro paese, la Scozia, AlbanachlAlba dei Pitticome bianco era il colore degli indumenti che indossava in qualit di sacerdotessa nella celebrazione dei riti. Ella era detta anche Gwenhwyvar, forse spettro bianco, oppure incantatrice, o forse Illusione Bianca, che sembra essere il nome di una Da Bianca, o Sacerdotessa Bianca pagana. Al pari di molte altre donne di Britannia prima e dopo di lei, Ganhumara era una sovrana consacrata di prestigio immenso, una regina combattente che poteva condurre i guerrieri in battaglia, e collezionava le teste imbalsamate dei nemici, portandole seco per contemplarle spessoUna regina dei Pitti nata in Scozia, o forse a Gorre, figlia del re di Gorre, re Ogre, o anche Orco Re, signore dellOltretomba. Figlia senza madre, vestiva di verde antico perch era una druidessa

sacra, allevata e istruita, forse, da Niniane, o Vivian, la Dama del Lagolago che era il Mare dIrlandaallevata e istruita a Gorre, lIsola della Gioia, la Maiden Land, o Isola delle Vergini, isola delle sacerdotesselIsola di Man, lIsola delle Donne, dimora ancestrale delle pi antiche trib pitte, simboleggiata dal triskelion, tre gambe entro una ruota, ovvero il tripode, che raffigura uno dei pi antichi centri oracolari del mondoO forse fu allevata e istruita al castello del Graal, ad Avalon. Qui, forsecome Morgue e come la Dama del Lago, sacerdotesse pitteGanhumara impar a leggere e a scrivere con Merlino, che fu anche maestro di Anguselus, di Gualguanus e di Perceval. La sua missione politica fu forse quella di propiziare lalleanza fra Britanni e Pitti: fra Arthur, da una parte, e Gualguanus e Anguselusma non Uriendallaltra. Proprietaria di due vaste regioni della Britannia, in Scozia e in Galles, port in dote a re Arthur la Tavola Rotondache si trovava allinterno della sua propriet realee Gorre, ovvero la remota isola di Man, un tempo appartenuta ad un suo antenato, oppure a suo padre, ma conquistata di recente da un suo malvagio avversario, che laveva sottratta al Re Pescatore. Per prendere possesso delle sue terre, occorreva consumare il matrimonio. Forse Ganhumara era una sacerdotessa vergine che aveva un pettine e uno specchio, simboli della sua capacit di leggere il

futuro. Forse era la Somma Sacerdotessa dei Pitti: vergine, ministra del culto, iniziatrice, sibilla, emblema, come dimostra la sua capacit di scendere nel mondo infero e di risalire al mondo supero. Figura angelica, che liniziando scorge dalla soglia infera, celebrava i suoi riti sullIsola di Man, vicino allIrlanda, laddove i Galli da secoli reclutavano le loro sacerdotessenel lontano mondo occidentale [] che ha sempre rappresentato agli occhi degli Europei il mondo del tramonto dove finivano gli eroi defunti. Al pari delle altre sacerdotesse di Avalon, tuttavia, era anche colei che, dopo la morte, accompagnava alle Isole dei Beati. Era sacerdotessa dei defunti, sovrana dei trapassati nel Castello del Graal, ad Avalon, e sullIsola di Man, lisola sepolcrale, dove altri nobili ed eroi gi riposavano nei cimiteri antichi, e dove lei stessa fece costruire il proprio sepolcro e quello del marito. Presiedeva al regno dei morti il suo consorte, re Arthur, che infine avrebbe riconquistato lisola, vi avrebbe nascosto il proprio tesoro, e vi avrebbe costruito o vi avrebbe trasferito il suo precedente castello del Graal. Forse in fin di vita, forse defunto, egli, al pari di Menelao, marito della divina Elenaal pari di Achilleal pari degli altri eroi, che, come Anguselus, avevano ritualmente e simbolicamente vissuto ad Avalon lesperienza della morte e della rinascitain quanto marito di Ganhumara, pot essere trasportato, non dalla madre, bens dalla sorella, che era anche una da, sullisola meravigliosa, unisola dei beati, e godervi di una vita paradisiaca oltre la morte.

Destinata ad essere rapita, ovvero a passare le acque infere, Ganhumara, una volta riconquistata, sarebbe divenuta sposa del suo liberatore, a cui sarebbe andato il suo tesoro, che includeva la regalit, oltre alla capacit di donare la vita e la morte, la rinascita e la vita beata oltre la morte. Nei riti iniziatici di regalit, il diritto alla successione regale si acquisiva mediante una prova iniziatica che era unautentica esperienza di morteun viaggio nellAldil, oltre le acque della morte, reso arduo da una serie di prove avventurose, che si concludeva con la conquista della donna e il ritorno alla vita. Presso i Pitti, infatti, il regno si ereditava per discendenza matrilineare. Non si conosce la lingua del misterioso popolo pitto, tuttavia se ne conosce il diritto, che era matriarcale: sullappartenenza tribale del figlio e sul diritto ereditario decideva la madre, il cui figlio succedeva al tronola figlia prendeva il nome della madre, o il suo nome da nubileil figlio del re non ereditava il trono, giacch la successione avveniva esclusivamente per diritto maternoun figlio di re avrebbe potuto regnare soltanto se il sovrano lo avesse avuto dalla propria sorella. Soltanto i figli di regine ereditavano propriet e sovranit. Chi era figlio di re, come Anguselus e come Meleagant, doveva conquistarle. In base a tale diritto matriarcaleche era quello dei Pitti, come Ganhumara, Loth, Anguselus, Gualguanuse non quello dei Celti, come Arthuril successore al trono doveva essere Modred, in quanto figlio della sorella maggiore del sovrano,

che era di stirpe regale femminile. La donna era dunque detentrice della regalit, che si trasmetteva per discendenza matrilineare, e aveva la facolt di assegnarla al consorte che lei stessa sceglieva. Al tempo stesso, consumare il matrimonio con una donna indipendente, che avesse diritto alla corona, al regno e al comando militare, quale era Ganhumara, conferiva alluomo il titolo di principe consorte. Alla morte della regina, le terre di lei e la Tavola Rotonda non sarebbero passate ad Arthur, bens alla sua sorellastra, la falsa Ginevra. Ecco i motivi dei suoi pretendenti, vale a dire Urien, Meleagant, e infine Modred. Discesa agli inferi, che implica morte e rinascita, il ratto anche matrimonio. In quanto detentrice della regalit, che il pretendente deve conquistare, la regina viene rapita e condotta oltre le acque infere, nel regno dei morti. Per lei, gli uomini sono sposi, rapitori o salvatori. Per lei, ogni avventura ed ogni sacrificio sono degni di essere affrontati, persino quando si incontra il pericolo estremo. Il rapimento organizzato da re Urien di Gorre e dalla sua regina, Morgue. Mentre Arthur e Ganhumara sono ospiti, in Scozia, nel castello di Anguselussostenitore e angelo vendicatore della regina, il quale, per, in quel momento assentevi giunge re Urien di Gorre, che avanza pretese sulla regina, forse sostenendo che ella, prima di essere in et da marito, era stata promessa in sposa a lui, oppure a Meleagant, e cio che i territori di lei gli erano stati

promessi, anche se poi Arthur e Merlino avevano costretto il padre di lei a concederla allo stesso Arthur, che cos aveva ricevuto in dote, insieme alla Tavola Rotonda, lisola gi appartenuta al padre di lei. Successivamente, Arthur aveva concesso questisola, Gorre, o Avalon, ad Urien, oppure questi laveva riconquistata. una sfida, e Ganhumara laccetta, perch si tratta di una battaglia che spetta a lei stessa combattere. Proprio per questo Arthur le permette di partire alla testa di una spedizione di guerra. Cos la regina viene catturata, e Anguselus, che responsabile della sua incolumit, rimane disonorato e non pu portare a termine la Cerca del Graal o qualche simile impresa eccezionale. Dopo il rapimento, durante il viaggio verso occidente e verso il castello del Graal, allorch abbandona il pettine e lo specchio presso la fonte, Ganhumara entra in un altro spazio e in un altro tempo, giacch il mondo terreno e quello ultraterreno sono contiguie compie una catabasi, iniziando un viaggio parallelo verso lAldil, in cui dovr celebrare un rito diniziazione per Anguselus, in qualit di sacerdotessa psicopompauna funzione di guida delle anime allOltretomba, simile a quella delle sacerdotesse della pi remota antichit, come la Sibilla Cumana. Nellinseguire la regina rapita per riconquistarla, Anguselus perde il cavallo e prosegue il viaggio a bordo del veicolo che Chrtien definisce carretta, ossia un carro pitto: il Carro della Da, che

Ganhumara, guidato da uno Gnomo, che un principe pitto. Poi leroe passa le acque infere, assedia la rocca nel regno dei morti una citt fortificata da conquistare, come lAdee ritorna oltre le acque. Ricercata, ritrovata e liberata in seguito alla lotta fra il rapitore e il liberatore, Ganhumara riemerge dagli inferi e rinasce. E giacch la prima ad avere avuto esperienza della morte e della rinascita, apportatrice di guerra, di morte, di ritorno alla vita, e assiste Anguselus nella sua catabasi. In questo simile ad Elena, cui sacra la sorgente, connessa alla discesa agli inferi e alla rigenerazione, ovvero catabasi e iniziazione, simboleggiate dallimmersione nelle acque, le quali sono infere in quanto emergono dalla terra, vi sprofondano di nuovo e ne riemergono. Fra i simboli di Ganhumarala corona, le colombe, i pilastri, il sangue vi la fonte, un tempo sacra a Fons, presso cui la regina sacerdotessa celebrava con la coppa di sangue il rito iniziatico della catabasiiter ad paradisumuna catabasi per liberare chi prigioniero nel mondo infero. Allorch giunge presso la fonte e vede i simboli del matriarcato pitto gli strumenti divinatori e sacerdotali di Ganhumara, il pettine e lo specchio, simbolo di morte, attraverso i quali la sirena pu predire il futuroAnguselus rimane come sconcertato, rapitocomprende che la regina ora deve adempiere la sua funzione di sacerdotessa, e cade in tranceil tempo si blocca. Cos, varcando la soglia del mondo onirico, il giovane re guerriero inizia la propria lunga catabasi: una cerimonia di purificazione celebrata da Ganhumara.

unisola nelloceano, il luogo dove Ganhumara prigioniera di vetro, o lo sembratrasparente e luminosa come se fosse di vetro e/o contiene una montagna di cristalloIsola Fortunata, isola dei sogni, dove il mese di maggio dolcissimo e dura tutto lanno, coperta di fiori e di alberi tropicali, e priva di serpentila terra estiva di Voirre, o Gorre, la terra da cui non si tornauna palude, un fiume, e intorno il mareuna fortezza sullisolaun castello di fronte al quale scorre un fiume nero, profondo, impetuosoil fiume Neb, che sfocia dirimpetto allisoletta con la fortezza che guarda sul Mare dIrlanda. nel regno di re Urien, nemico di Arthur, ed governata dal mago Bademagus. Soltanto Anguselus e Ganhumara conoscono la strada sicura, il tragitto che permette, durante la bassa marea, di raggiungere il castello del Graal sullisolotto di San Patrizio, che guarda lIrlanda il castello protetto dal mare tempestoso, in cui sono cresciuti insieme. stata Ganhumara, fanciulla, a trarre Anguselus dal lago appena in tempo per salvargli la vita, quando era ancora soltanto un bambino orfano e abbandonato. Sua madre, una regina, lo aveva affidato a una ninfa delle acque, una fatain Irlandese, una sacerdotessala Regina delle Fate, la Dama del Lago, che lo ha allevato a Man, rifugio e capitale spirituale dei Pitti, dove i principi reali dellantica Britannia erano istruiti nella sicurezza e nellisolamento, e preparati a regnare, prima di essere inviati a governare o a riconquistare i reami il cui trono era vacante. Forse era

il secondo gemello della fata Morgue, che non lo riconobbe per paura di essere messa a morte, perch i gemelli erano considerati figli del diavolo. Forse era il primogenito, e Modred il secondogenito. Nella fortezza sullisola, in cui la tiene prigioniera, Meleagant maltratta la regina, la frusta, e tenta di stuprarlainvano, a causa della resistenza che ella opponema lo stupro ha la funzione di privarla del suo potere, della sua indipendenza, della sua sovranit, della sua propriet, del suo regno, ovvero della sua ereditil regno di Gorre, che per qualche ragione aveva perduto, e alla quale aveva diritto anche Anguseluse forse la Tavola Rotonda. Dopo avere indirizzato Anguselus alla fontedopo averlo aiutato a superare il Ponte della Spadadopo avergli ordinato di uccidere Meleagant, figlio del sacerdote pagano Bademaguse poich Anguselus un neofita, unofferta sacrificale come lo lei stessa Ganhumara lo ordina sacerdote, completandone liniziazione in un sacrificio di sangue presso il suo altareun rito, non un rapporto sessuale. Anguselus non entra nel suo letto, bens si accosta al suo altare, e quando la sacerdotessa vestita di verde glielo chiede, allo scopo di placare gli di e rendere il suo servizio accettabile ai loro occhi, versa in offerta un poco del proprio sangue sullaltare di lei, non sul suo letto. Forse la catabasi di Anguselus e la sua offerta di sangue rappresentano, o presentano come risultato, la riconquista e la nuova cristianizzazione, da parte di Arthur, dellIsola di Man,

dove si trovava il Castello del Graal, a cui si giungeva per mezzo del Ponte della Spada, e la liberazione, da parte di Ganhumara, dei prigionieri, ovvero Gualguanus, lo stesso Anguselus, e Perceval. I racconti dei riti celebrati da Ganhumara divengono mitologici perch il mito nasce da un rituale misterioso. Alla fonte, con il pettine e lo specchio, ella abbandona il mondo e la storia per entrare nel mito. *** Appendice bretone

Non si sa moltoammesso che siano mai esistitea proposito delle druidesse dellIle de Seinla pi enigmatica al largo della Bretagna, perennemente sferzata dai venti e battuta dalle piogge, detta anche isola dei Sette Sonni, dal significato di seiz hun (sette sonni), da cui potrebbe derivare uno dei suoi nomi bretoni, ovvero Sizun. Vergini consacrate alla luna, le druidesse pronunciavano i loro oracoli da una cavit di quelle che, secondo alcuni, erano il tempio e laltare dei druidile Karreg-ar-Vran, o Rocce del Corvoforse una reminiscenza del culto del corvo assai diffuso fra i Bretoni. Spesso, come quando plana o gracchia, il corvo, in Bretagna, presagio di morte, ombra di ci che deve avvenire. Proprio sulle Rocce del Corvo, secondo una leggenda, le ultime

sacerdotesse, preferirono la morte alla sottomissione. Le invocazioni alla Da, gli incantesimi di Sein, le tempeste, i malefici possenti, e i riti misteriosi, avevano fallito. Le Trs-Inconnu era stato sconfitto, i suoi querceti erano stati abbattuti, il suo braciere era stato spento. Allora le blanche Gallicnes Pour la dernire fois montant sur le Gador Se couprent la gorge avec la serpe dor. Pare che la religione antica sia sopravvissuta a Sein per secoli, nonostante la cristianizzazione, avvenuta nel V secolotanto che ancora nel 1613, tre donne, eredi delle druidesse arcaiche, continuavano ad insegnarvi un culto solare. Nelle acque dellisola pu capitare di vedere angosciosamente spuntare dalla bruma il Palischermo della Strega, che imbarca esclusivamente donnele vecchie e le vedove del sabba del mare, che con le loro arti possono provocare la morte. Assimilando Sein alle mitiche isole paradisiache dei beati situate nelloceano occidentale, si favoleggiava che le salme dei druidi, imbarcate alla Baia dei Trapassati, vi fossero trasportate per esservi sepolte. presente sullisola lAnaon, il popolo immenso delle anime in pena dei trapassati. stato scritto che uno dei doni nuziali di Erec fu inviato da una di

esse, anche se nei versi di Chrtien non lo si legge. Il poeta che plana invisibile su tutta la letteratura francese epicureo e veramente blasfemo, sebbene dimmaginazione cattolica, cristiano che critica radicalmente il cristianesimo proprio quando sillude di esaltarlo In verit si trova ad ogni passo che le sue pi fine, profonde, nuove e vere osservazioni e i suoi argomenti intorno al Cristianesimo, e agli effetti di lui, ed alla moderna civilt, ed al carattere e spirito delluomo Cristiano, o moderno e civile, provano direttamente il contrario di quello chegli si propone Chateaubriand, che ha riempito mezzo secolo dellimmensit del suo dolore, che avvince con lincanto del suo stile magnifico, coi suoi inchini regali e la sua frase ondulante, ornata di piume, addobbata, tempestosa come il vento delle foreste vergini, colorata come il collo dei colibr, tenera come i raggi della luna attraverso i capitelli a trifoglio delle cappelleChateaubriand, il fantasma che ossessionava Flaubert, raccont la storia di Velleda, ultima delle nove vergini dellIle de Sein, nella sua grande opera, Les Martyrs esempio, forse, nella sua romantica acribia documentaria, per Salammb. Lepisodio di Velledache Flaubert rilesse con lamico Du Camp alla Pointe du Raz durante un viaggio in Bretagna

Dj, le mois prcdent, assis la pointe du Raz que nul na pass sans peur ou malheur, ct de la baie des Trpasss, en face de lle de Sein, lle des Druidesses, nous avions lu lpisode de Vellda e caro a Verlaine Anche ho ritrovato in piedi la Velleda il cui gesso si sfalda al termine del viale esile, nellodore sciapo della reseda cos suggestivo e celebre che fu trascelto per essere tradotto in Italiano da M. Centurioni Spinola e pubblicato in forma autonoma a Pisa, nel 1812, col titolo Velleda: episodio del poema de' martiri del signor di Chateaubriand. Lo narra Eudore, comandante delle truppe romane nelle contrade armoricane, il quale, prima di recarsi nella provincia che gli stata assegnata, dedica alcuni mesi a visitare le Gallieluogo di tutti i contrasti, mescolanza di costumi e di religioni, di civilt e di barbarie, di cristianesimo e di paganesimodove lunghe strade romane si snodano attraverso le foreste dei Druididove si possono trovare in mezzo ai boschi selvaggi accampamenti romani abbandonati, scheletri di cavalli e di cavalieri seppelliti sotto i prati erbosie dove parimenti si possono ammirare acquedotti a tre

gallerie sospesi sopra i torrenti, anfiteatri e capitoli, e templi di eleganza perfetta, non lontano dalle capanne arrotondate e dalle fortezze in pietra dei Gallicastelli romani sulle rupi e cappelle cristiane in fondo alle valli, vicino agli altari dove i Vates sgozzano le vittime sacrificali umane. Giunto in Armoricaregione solitaria, triste e burrascosa, avviluppata di nebbie, risonante di ventiterra di brughiera e di boschi, di valli strette e profonde traversate da fiumiciattoli non navigabili, i quali portano le loro acque sconosciute alloceano selvaggio, che percuote le coste irte di scogliEudore vive per parecchi mesi separato dal resto del mondo, nella solitudine di un castello situato ad alcune miglia dal mare, antica fortezza dei Galli, costruita sopra una rupe, addossata ad una foresta e bagnata da un lagofinch le pattuglie lo avvertono che da qualche giorno una donna esce dal bosco al calare della notte, simbarca in solitudine, attraversa il lago, sbarca sulla riva opposta e scompare. Comegli sa, i Galli confidano alle donne i segreti pi importanti, e sovente sottopongono le questioni irrisolte al giudizio di un consiglio composto dalle loro figlie e dalle loro spose. Cos, verso sera, si reca segretamente alla riva del lago e si nasconde fra le rocce presso il luogo indicatogli dai soldati. La sua attesa infruttuosa cessa dopo qualche tempo, allorch, preceduto da un canto, appare un palischermo sospeso sulla sommit di unonda, che scende, scompare fra due flutti, ricompare sulla cima di unonda alta, infine

si accosta alla riva, governato da una donnala quale canta lottando contro la tempesta, apparentemente incurante dei venti che affronta come fossero sotto il suo dominio, e intanto getta nel lago come sacrificio pezzi di tela, velli di pecora, pani di cera, piccole macine doro e dargento. Una volta sbarcatae ormeggiato il palischermo a un tronco di saliceella si addentra nel bosco, appoggiandosi a un ramo di pioppo, e passa dinanzi ad Eudore senza avvedersi della sua presenza. Alta, coronata da un ramo di quercia, indossa una tunica nera, corta e senza maniche, la quale a stento ne vela la nudit. Porta un falcetto doro appeso a una cintura di bronzo. Le braccia e la carnagione sono pallidi, gli occhi azzurri, le labbra di rosa, i lunghi capelli biondi ondeggiano sparsi, e in tutta la loro morbidezza contrastano col passo fiero e selvaggio. Mentre canta con voce melodiosa parole terribili, il suo seno scoperto si abbassa e si alza come la schiuma dei flutti. Attraversa cos un castagneto di alberi vecchi come il tempo, dalle cime disseccate,una landa coperta di muschi e di felciun bosco in mezzo al quale si trova unaltra vasta brughiera il cui suolo non mai stato dissodato, cosparsa di pietre affinch rimanga inaccessibile alla falce e allaratro. Allestremit di questa arena sinnalza un menhir, che segna forse la tomba di qualche guerriero, e agli occhi dei posteri apparir forse come un monumento di grandezza formidabile, eretto da potenze invisibili e funeste, pur essendo

semplicemente testimonianza della forza e della rudezza degli avi. Non lontano dalla pietra, la Druidessa si ferma, batte le mani tre volte, e pronuncia ad alta voce alcune misteriose parole: Au-guilan-neuf! Allora dal bosco, illuminando la via con le fiaccole, giungono i guerrieri e la processione dei Vates, dei Bardi, dei discepoli, dei Senani, successori dei Druidi, i quali sono tre, muniti rispettivamente di un pane, un vaso pieno dacqua e una mano davorio. Ultima la Druidessa, sostituta e discendente dellArcidruido. Ai piedi di una quercia di trentanni, dove si trovato il vischio sacro, sinnalza un altare erboso, dove i Senani bruciano un poco di pane e spargono alcune gocce di vino puro. Un Vate vestito di bianco si arrampica sulla quercia e taglia il vischio con il falcetto doro della Druidessa, lo lascia cadere sopra una veste bianca stesa ai piedi dellalbero, e infine, quando gli altri Vates hanno percosso le vittime, lo divide in parti uguali e lo distribuisce allassemblea. Presso la pietra sepolcrale viene piantata una spada snudata per indicare il centro del consiglio. Alla base del menhir c un trilite, sul quale monta la Druidessa per pronunciare un discorso in cui ricorda le glorie passate dei Celtiil Consiglio delle Donne, a cui si sottomise persino il grande Annibalee i Druidi, che un tempo, nelle loro scuole sacre, istruivano numerosi giovani, ma ormai, proscritti dai tiranni, sono pochi, e vivono ignoti e nascosti negli

antri selvaggi. Resta soltanto la stessa Velleda, faible Druidesse, la quale, alla luce delle fiaccole, presso un monumento megalitico nella brughiera, fra il sangue dei tori bianchi malamente sgozzati, che mescolano i loro ultimi lamenti ai sibili della tempestacome venivano rappresentati i convegni di spiriti delle tenebre evocati dai maghi, di notte, nei luoghi selvaggidichiara: O isola di Sayne, isola venerabile e sacra! Io sono rimasta la sola, di nove vergini che prestavano servizio sacerdotale nel tuo santuario! Ben presto Teutates non avr pi sacerdoti n altari. Quindi esorta i Celti ad allearsi con i Franchi e a sollevarsi contro i Romani, e, in caso di sconfitta, a scegliere lesiliola ricerca di una nuova patria altrove, pur di riconquistare la libert. Allorch la folla esige il sacrificio di una vittima umana, la Druidessa costretta a dichiarare che, in assenza di una vittima designata, la religione impone quello di un vecchio, come olocausto maggiormente gradito a Teutates. Seduta sopra un triangolo in bronzo collocato sul trilite, le vesti in disordine, la testa scapigliata, un pugnale in mano, una torcia fiammeggiante ai piedi, attende, mentre viene collocato al suolo dinanzi a lei il bacile in ferro, sul quale dovr scannare il vecchio. Soltanto il primo albeggiare impedisce la consumazione del sacrificio, imponendo la risoluzione di attendere, per offrire lostia abominevole, che Dispadre delle ombre, dio della morte, equivalente di Plutoneche i Galli, secondo Cesare, riconoscevano come padre, e per cui sacrificavano sempre durante le tenebreriporti la notte nel firmamento. Le fiaccole si

spengono. Soltanto qualche torcia agitata dal vento brilla ancora qua e l nelle profondit boschive. La scoperta del complotto permette ad Eudore di sventarlo e di ottenere che Velleda, la Druidessa, e suo padre, Segenx, primo magistrato dei Redoni, gli siano consegnati in ostaggio. Durante la prigionia in una torre del castello, Segenax si ammala, ma Eudore lo assiste fino a quando riacquista la salute, e cos, con tale condotta, si conquista la stima e lamore di Velleda. La incontra mentre passeggia, sola e in apparenza lieta, nelle corti, nelle sale, nelle gallerie, nei passaggi segreti, nelle scale a chiocciola. La giovane Druidessa ha qualcosa di capriccioso e di attraente sguardo vivace, bocca un poco sdegnosasorriso singolarmente dolce e spiritualemodi talvolta arroganti, talaltra voluttuosi, e in tutta la persona abbandono e dignit, innocenza e artificio. Possiede una conoscenza approfondita della letteratura greca e della storia del suo paese, in quanto discende dalla famiglia dellArcidruido ed stata istruita da un Senano, per entrare a far parte dellordine sapiente dei sacerdoti gallici. dominata dallorgoglio, e lesaltazione dei suoi sentimenti giunge spesso al disordine. Una notte, in una sala darmi illuminata soltanto dai raggi delle stelle, che entrano dalle feritoie a brillare sulle lance e sulle insegne militari collocate lungo le mura, Velleda appare in fondo alla galleria come un pallido crepuscolo che biancheggia nelloscurit

un chiarore che aumenta poco a pocotenendo in mano una lampada che pende da una catena doro. Ha i capelli biondi raccolti alla greca sulla sommit della testa, adorni di una corona di verbena, pianta sacra fra i Druidi, e indossa soltanto una tunica biancabella, nobile, maestosa. Afferma di essere una profetessa e una fata, quindi spiega che le fate galliche hanno il potere di suscitare le tempeste e di placarle, di rendersi invisibili, di prendere la forma di diversi animali. In seguito, sospirando attraverso i gemiti di una fontana nel bosco e piangendo attraverso la brezza nellerba, allorch Eudore la incontra in un bosco dei Druidi, Velleda gli dichiara il proprio amore. Un tempo enunciava le virt delle piante, le tre stagioni dellanno, i corsi degli astri, il potere di Teutates, la trasmigrazione delle anime, il culto da rendere agli elementi, alla terra, agli alberi, alle acque correntie cantava i tre precetti dei Senani, ovvero servire gli Di, non fare il male, essere valorosie celebrava infine Dis, padre della notte e dei Galli, e Thor, dio delle tempeste, e Blus, del fuoco, e Costar, da della primavera. Ma ora tutto ci la infastidisce, perch non pensa che ad Eudore. pronta, per lui, a rinunciare al suo voto di verginit, e a scivolare da lui sui raggi della luna, e a prendere la forma di una colomba, e a volare sullalto della torre ove lui dimora, sapendo che comunque morir di questo amore. E lui la respinge, la sfugge, e la incontra sempre di nuovo. Un altro incontro avviene nella brughiera, presso unalta collinala

Druidessa pallida, con gli occhi affaticati di pianto, sempre di una bellezza sbalorditiva, dietro un cespuglio semispoglio tra le ombre, indistinta, quale si vede sorgere la luna al principio del mese, o si crede di averla veduta tra le nubi e si offre di nuovo a lui, affermando che, fra i Celti, i padri, i fratelli e gli sposi trovano nelle donne qualche cosa di divino. Dopo avere descritto il proprio sogno damore a colui che ha conquistato il suo cuore, Velleda lo lascia, ed proprio questo incontro imprevisto ad infliggere lultimo colpo alla ragione di Eudore. Trascorso qualche tempo, Eudore si reca personalmente sulla riva delloceano, dopo avere dislocato le truppe a sorvegliare le coste armoricane, in attesa di uno sbarco atteso dei nemici, i Franchi. Allestremit di una costa pericolosa, sopra unampia spiaggia ove crescono a stento alcune erbe in una sabbia sterile, si eleva una lunga serie di pietre druidiche, simili a quella tomba ove avevo un tempo incontrato Velleda. Battute dai venti, dalle piogge e dai flutti, esse sono l, solitarie, fra il mare, la terra e il cielo. La loro origine e la loro destinazione sono ugualmente sconosciute.

Monumenti della scienza dei Druidi, alludono forse a qualche segreto dellastronomia, oppure a qualche mistero della divinit? Lo si ignora. Ma i Galli non si accostano a queste pietre senza un profondo terrore. Essi affermano che vi si vedono fuochi erranti, e che vi si ode la voce dei fantasmi. La solitudine di quel luogo, e la paura che mispirava, parvero propri a favorire lo sbarco dei Barbari. Credetti dunque di dover collocare un presidio su quella costa, e risolsi di trascorrervi la notte io stesso. Ed qui, presso gli allineamenti di Carnac, che Eudore viene raggiunto senza preavviso da Velleda, la quale lo prende per mano e lo conduce presso lultima roccia druidica. Mentre il mare sotto di loro si frange fra gli scogli con un fragore orrendo, e i suoi gorghi, spinti dal vento, si scagliano contro la roccia, e li coprono di schiuma e di faville ignee, e le nubi volano nel cielo sulla faccia della luna, che sembra correre celermente attraverso tutto quel caos, Velleda narra ad Eudore che su quella costa dimorano pescatori che gli sono sconosciuti. Trascorsa la mezzanotte, udranno bussare alle loro porte e si sentiranno chiamare a voce bassa. Allora correranno alla riva senza conoscere il potere che li domina e li trascina. Troveranno i palischermi vuoti, e nondimeno cos carichi di anime di morti, che sinnalzeranno appena al di sopra dei flutti. In meno di unora, i pescatori completeranno

una navigazione di una giornata, e condurranno le anime allisola dei Bretoni. Non vedranno nessuno, n durante il tragitto, n durante lo sbarco; tuttavia udranno una voce che conter i nuovi passeggeri al guardiano delle anime. Se vi si trover qualche donna, la voce dichiarer il nome del suo sposo. E il crudele Eudore sa, se si potr nominare lo sposo di Velleda. Entro breve tempo, vedr il vortice di fuoco che annuncia il passaggio delle anime, e gi si odono le loro grida. Cos Velleda annuncia la propria morte, e chiede allamato di scriverle, e di gettare le lettere nel rogo funebre, affinch le possa ricevere al Soggiorno dei Ricordi, e possa leggerle con delizia, e conversare con lui, cos, dal lato opposto della tomba. In quel momento unonda furiosa si abbatte rotolando sulla roccia, scuotendola dalle fondamentae un colpo di vento squarcia le nubi e la luna lascia cadere un pallido raggio sulla superficie dei flutti e rumori sinistri sinnalzano sopra la rivae il triste uccello delle scogliere fa udire il suo pianto, simile al grido di sconforto di colui che annegae una sentinella spaventata chiama alle armie Velleda si lancia fra le ondee allora, Eudore cede alla passione e allamore di Velledala quale acconsente a vivere, o piuttosto non ha la forza di morire. Infine, egli fa tutto ci che pu per consolare la figlia dei Druidi, prodigandole le pi ardenti corresponsioni, le espressioni pi amorose, le carezze pi tenere. I nemici non arrivano. Eudore torna al castello con Velleda. Insieme, gli amanti vi trascorrono due giorni e due notti. Poi Velleda lascia

Eudore per recarsi dal padre, Segenax. Ma questi sa tutto. Un Vate ha seguito Velleda, ha assistito, occultato nellombra, al crimine del Romano, sa che la vergine di Sayne stata oltraggiata. Alla testa dei Galli in armi, Segenax affronta Eudore e i Romani per vendicare loffesa col sangue. Prima che sia troppo tardi, tuttavia, giunge Velleda. Il Romano innocente, dichiara. La vergine di Sayne non stata affatto oltraggiata: si concessa spontaneamente, e volontariamente ha violato i propri voti. Possa la mia morte rendere la pace alla mia patria! Si strappa dalla fronte la corona di verbena, prende dalla cintura il proprio falcetto doro, e, come per sacrificare agli di, annunciando che non insozzer mai pi gli ornamenti di vestale, si porta lo strumento sacro alla gola, e il sangue sgorga. Come una mietitrice, che alla fine dellopera si addormenta affaticata allestremit del solco, si affloscia, mentre il falcetto doro sfugge alla mano svigorita, e reclina dolcemente la testa sulla spalla. La druidessa di Chateaubriand interpretata da Mario Praz come figura di donna fatale, la quale sinserisce in una sorta di genealogia che attraverso Chateaubriand, Mrime, Sue (Cecily, la diabolica creola dei Mystres de Paris), Gautier e altri diverr uno dei temi dominanti del romanticismo e del decadentismo. Quale guerriera e patriota incitatrice alla resistenza contro lo straniero, Vellda pu vantare tra le sue antenate la Camilla virgiliana e la Clorinda del Tasso; con questultima ha anche in comune lintreccio amoroso (sebbene diversamente configurato) con un guerriero del campo avversario. In quanto maga, invece, Velleda ricorda

specialmente la Matilda di Lewis, ovvero il personaggio pi fascinoso del romanzo gotico The Monk, di Matthew Gregory Lewis, che per bellezza diabolica [] si conforma ancora troppo al tipo delle Alcine e delle Armide. Come Elena dinanzi a Menelao, che alla vista del suo corpo lascia cadere la spada, cos Matilda, denudando il seno, annulla nel monaco Ambrosio lo sforzo di volont con cui egli reprime la propria sessualit. Il suo potere di seduzione irresistibile. Mediante la catoptromanzia, Matilda permette di vedere a distanza attraverso uno specchio, nuda, una fanciulla concupita da Ambrosio, e successivamente si ferisce a sangue nel cerchio magico per evocare il demonio, che, in bellissime e malinconiche fattezze femminili, le consegna il ramoscello di mirto fatato, il cui tocco apre tutte le porte. Come Velleda, porta i capelli scompostamente sciolti sulle spalle, incute rispetto e ammirazione con lo sguardo e il portamento, ha le braccia nude, e indossa una lunga tunica nera, in cui eran ricamati in oro una variet di caratteri indecifrabili: era stretta alla vita da una cintura di pietre preziose in cui era infilato un pugnale. Entrambe, Velleda e Matilda, sono maghe e seduttrici, come lo senzaltro Morgue, regina e sacerdotessa di Avalono Gorre, luogo da cui, come dallAldil, non si torna. In quanto da che seduce e imprigiona, cattura e detiene nella Val Sans Retourcome Circe nella sua isola, e, nel suo regno sotterraneo, Venere, she that was the worlds delight; []

when her clear limbs enticed All lips that now grow sad with kissing Christ []

Morgue appartiene alla genealogia delle donne fatali, come la bella dama spietata di John Keats, in cui Robert Graves vede la Da Bianca, iniziatrice alla poesia. Per collocare in una prospettiva femminile la femme fatale, prodotto dellimmaginario maschile, si possono leggere alcuni passi di Camille Paglia, la quale non concorda con Graves, anzi, sostiene che leroina descritta da Keats nella poesia La Belle Dame Sans Merci una predatrice sessuale come Circe. Robert Graves la vede come la sua Da Bianca, ci che Bloom definisce interpretazione erronea. Anchio credo che sia una interpretazione erronea, ma per ragioni differenti. Seguo la linea sado-barocca italiana di Mario Praz: credo che il livello sessuale di La Belle dame Sans Merci sia primario, e che ogni allegoria sia supplementare e diversiva. La ieratica Da Bianca di Graves sbagliata []. Alla fine del capitolo dedicato ad Emily Dickinson, aggiunge Paglia: Robert Graves dichiara: La funzione della poesia linvocazione religiosa della Musa. [] Non riesco a concepire nessun vero poeta, da Omero in avanti, che non abbia indipendentemente documentato la propria esperienza di lei. [] La donna non poeta: una Musa, oppure non nulla. Egli nega che Saffo fosse lesbica e non

riesce a seguire la sua interessante teoria fino alla sua necessaria conclusione: Saffo grande poeta perch lesbica, ci che le consente laccesso erotico alla Musa. Saffo ed Emily Dickinson, dalle tendenze omosessuali, spiccano uniche fra le poetesse, perch le energie mistiche della poesia sono governate da una gerarchia che esige la subordinazione sessuale delle supplicanti. Le sacerdotesse di Avalon, Morgue e le sue sorelle, come Velleda e le druidesse di Sein, possono forse far pensare ad altre sorellanze come quelle descritte da Monique Wittig, per esempio Le rive dellisola mi vengono segnalate gi prima del giorno. Allannuncio della prossimit della terra tutte sono in piedi e si preparano. nessuna porta il vestito del giorno prima. Si portano in coperta i catini per il profumo. il sandalo l[ambra il benzoino il muschio lopoponax. Esse lo mischiano con degli olii prima di spargerlo sulle pelli bruciate dal sole. [] La temperatura dellisola rinfresca. Un forte vento ci travolge, siamo abbattute. [] Da molto tempo il riflesso della luna sul mare non pi visibile. Una luce debole bianca appena tinta di azzurro appiana tutti i rilievi dellisola mare terra cielo confusi. [] Torno nella citt di notte. I profumi caldi dei fiori si spargono come

nebbie colorate esattamente sopra i giardini. Cammino a piacere. Alcuni frammenti di canzoni si sentono provenienti dalle terrazze. [] Vado verso la pietra dei sacrifici, la luna non ancora visibile []. Tu immobile sorridi. Io sono in ginocchio in riva al mare, tu sei in piedi davanti a me braccia incrociate, la mia bocca si apre per pregare la divina Saffo lincomparabile. [] Tu sei tra quelle che sono festeggiate lultimo giorno del mese il ventottesimo, quelle le cui mestruazioni coincidono con questa data. La spiaggia coperta di fiori di issie posate l tutte intere a causa delle loro spighe viola. [] Il vento soffia dal mare. Qui in mezzo ai campi di grano i gabbiani si posano. Cammino su una stradina. La notte non scende. Non guardo il cielo. Quando cado per la prima volta esse mi tengono sotto le ascelle, con il loro aiuto cammino. [] Le barche sono disposte fianco a fianco. Riconosco la tua barca vicino alla mia che vacilla galleggiando il tuo fianco urtando il mio fianco, le nostre due masse pi scure delle altre a causa del loro color nero il segno viola indistinguibile a quellora. Arrivando dallinterno dellisola si avvicinano a gruppi alla riva cariche di lampioni e di zucche cave una fiamma appena scossa dal vento incendiando il loro interno arancione battono sui loro tamburi. Per la

maggior parte sono coperte di ghirlande di fiori sul petto intorno alle braccia, soltanto il colore dei fiori bianchi scelti da quelle che sono nere di pelle si riesce a vedere, i rossi gli arancioni i viola i rosa lilla sono neri, fanno macchie che si muovono sui corpi dalla pelle bianca. [] Alcune hanno sul capo dei gioielli dargento a forma di quarto di luna. [] Si formano grandi cerchi sulla spiaggia, candele bianche vengono disposte vicinissimo le une alle altre nelle complesse reti che ricoprono vaste superfici. [] Saffo quando glielo chiedo fa cadere sullisola una pioggia viola odor di lill. Non cerco riparo sotto gli alberi con il pretesto di evitare lumidit o per contemplare i segni diversi che si moltiplicano tra cielo e terra. Rimango a testa alzata, bocca aperta, ringrazio Saffo la tenerissima dea mentre tu mia radiosissima mi tieni le mani. [] Sulla collina esse fanno dei girotondi la sera. Molto spesso le guardo senza osare avvicinarmi. Le conosco tutte con i loro nomi per averle studiate nei libri delle biblioteche. Enumero i loro attributi, valuto il loro atteggiamento, non rimpiango che la loro severit sia rimasta legata ai caratteri dei libri poich qui davanti a me ne sono cos totalmente sprovviste. Mi batte il cuore quando a volte ti vedo tra loro mia pi amata mia innominabile tu alla quale auguro dal fondo del mio stomaco di non morire mai. Ti guardo tenere la mano di Artemide cinta di cuoio sui seni nudi, poi quella di Afrodite, la nera dea dal ventre piatto. C anche Persefone la tripla,

c Ishtar dalla testa/solea, c Albina la maggiore delle Danaidi, c Epone la molto cavaliera, c Leucippe la cui giumenta corre nel prato pi in basso bianca e luminosa, c Isis la nera, c Ecate la rossa, c Pomona e Flora che si tengono per mano, c Andomede dal piede leggero, c Cibele la bionda, c Io dalla bianca vacca, c Niobe e Latona abbracciate, c Saffo dai seni viola, c Gurinno la rapida corridora, c Cerere dal grano nei capelli, c Leucotea la bianca, c Ramnusia dalla testa/luna, tutte ballate, tutte colpite la terra la pianta dei piedi con una violenza crescente. Nessuna sembra stanca, mentre Minerva la figlia di Zeyna soffia nel suo flauto e Attis lamica di Saffo batte sul tam-tam. Se tu tra tutte sei la sola a sudare ti ornamento mia unica, le loro dita compiacenti ti toccano, tu brilli allora di molti fuochi, raggi partono dal tuo corpo scendendo fino alla terra per lennesima volta martellata. Un turbamento mi viene nel vederti a tuo agio tra loro gli occhi brillanti le reni rotte da spasmi il bacino proiettato in avanti al ritmo della tua danza. Dividete amabilmente il fungo sacro, ognuna morde nel bordo del cappello, nessuna chiede di diventare pi alta o pi piccola. Ad un gesto di Afrodite la beata, tutte intorno a te scambiano i loro colori. Leucotea diventa la nera, Demetra la bianca, Isis la bionda, Io la rossa, Artemide la verde, Saffo la dorata, Persefone la viola le trasformazioni raggiungendole via via, larcobaleno del prisma passa sui loro volti mentre tu senza cambiamento nel color castano dei tuoi capelli ti metti a gridare, mentre vi guardo presa da grande estasi bench privata del fungo sacro aspettandoti nascosta negli oleandri in fiore nascosta e mi vieni vicino a un momento o allaltro. []

Assisti alla cerimonia delle vulve perdute e ritrovate. Nuova arrivata nellisola non ne conosci il rituale. Ti faccio sedere nellerba vicino a me, tento di metterti al corrente la mia voce facendosi appena sentire in mezzo al frastuono dei tamburi dei flauti delle voci stridule. Le vulve sono rappresentate da farfalle azzurre gialle verdi nere viola rosse, i loro corpi sono la clitoride le ali sono le labbra, il loro battito rappresenta il palpito delle vulve. Come te mia ritrovata mia molto amata, le farfalle tornano da un lungo viaggio. Le vanesse [] malva arancione viola verdi appena visibili per un istante tanto il loro volo rapido, le sacerdotesse le accolgono sulla spiaggia dellisola. Portano dalmatiche viola. Danzano battendo le mani i piedi nudi che toccano la sabbia alzandosi ed abbassandosi lenti. Le farfalle chiamate supplicate di non fare il viaggio mortale sopra il mare ritornano a nugoli, oscurano il sole fino a che disperse sopra i giardini i loro colori appaiono individualmente. [] Cinque arghi azzurri si posano sulle tue dita che apri. Le grida le risate i canti fanno in modo che io ti senta appena quando ti metti a cantare con voce dolcissima. [] Il vello doro uno dei modi per descrivere il pelo che ricopre il pube. Delle ricerche sul vello doro cui alludono i miti antichi, le donne dicono di sapere poco. Dicono che il ferro di cavallo, rappresentazione della vulva, stato a lungo considerato un portafortuna. Dicono che le antichissime immagini della vulva somigliano al ferro di cavallo. Dicono che in questa forma che

stata rappresentata sulle pareti delle grotte paleolitiche. Le donne affermano che i femminari attribuiscono molta rilevanza ai simboli del cerchio, della circonferenza, dellanello, della O, dello zero, della sfera. Dicono che questo simbolismo ha fornito alle donne il bandolo per decifrare molti miti che si trovano nelle biblioteche e che hanno chiamato il ciclo del Graal. Tali leggende si riferiscono alla cerca del Graal, intrapresa da diversi personaggi. Dicono che impossibile fraintendere il simbolismo della Tavola Rotonda su cui erano imperniate le loro riunioni. Dicono che nel periodo in cui vennero compilati i testi, la cerca del Graal costituiva lunico tentativo di descrivere lo zero, il cerchio, lanello, la coppa sferica contenente il sangue. Dicono che a giudicare dalle loro informazioni circa la storia successiva, la cerca del Graal fall e divenne una leggenda. [] Dicono che il linguaggio che parliamo costituito da segni che esprimono solo ci di cui gli uomini si sono impossessati. Lunica cosa su cui non hanno messo le mani sopra, lunica cosa su cui non sono piombati come uccelli da preda dai molti occhi, non presente nel linguaggio che usiamo. Ma presente negli intervalli che i nostri padroni sono stati incapaci di riempire con le loro parole di padroni e di possessori, reperibile in tutto ci che non la continuazione del loro discorso, nello zero, nella O, nel cerchio perfetto che noi inventiamo per catturarli, per sconfiggerli.

Le donne parlano insieme della minaccia che hanno rappresentato per lautorit, parlano di come furono bruciate sui roghi per impedire ad altre donne di congregarsi in futuro. Erano capaci di ordinare alle tempeste, di affondare le flotte, di sconfiggere gli eserciti. Erano maestre dei veleni, dei venti, della volont. Potevano a piacere esercitare il loro potere, trasformare gli uomini in animali, in oche, porci, uccelli, tartarughe. Hanno signoreggiato sulla vita e sulla morte. Il loro potere congiunto ha minacciato i sistemi gerarchici del potere. La loro cultura stata competitiva al sapere ufficiale cui non avevano accesso, che hanno saputo contestare come deficitario, mettere in crisi, minacciare, dimostrare che era inefficace. [] Elles disent que de son chant on nentend quun O continu. Ce qui fait que ce chant voque pour elles, comme tout ce qui rappelle le O, le zero, ou cercle, lanneau vulvaire. (Monique Wittig, Les Gurillers). Il corpo per la donna il luogo dellinterdetto. Come il linguaggio. O, il cerchio perfetto, oppure e insieme lanello vulvare. Lastrazione assoluta, la forma vuota e conchiusa, e il centro della biologia femminile. Cos il corpo, come il linguaggio, anche per le donne il luogo in cui si concentrano le contraddizioni, la presenza e lassenza. ***

AVVERTENZA Imitando Nennio, per il quale ho una predilezione, nonch utilizzando una tecnica letteraria tanto antica quanto moderna [] montaggio, [] giustapposizione ideogrammatica di fatti particolari [], sottolineature e note a margine, [] senza preoccuparsi di dare al tutto una forma discorsiva, [] come il montaggio di citazioni frammentarie dalle lettere trovate nel sacco della posta di Sigismondo Malatesta (nel Canto IX) [] (Mancuso, pp. 35 e 93) ho ammassato ci che pi mi piaceva fra ci che avevo a disposizionenulla di picomponendo questo testo come un centone, ritagliando e cucendo insieme passi di autori diversi, antichi e modernimontando, parafrasando e riassumendo. Lintento quello di invogliare almeno qualche lettore ad abbeverarsi direttamente alle fonti, e a condividere cos il sommo piacere e lineffabile ristoro che possono procurare agli assetati di poesia sognatori, o studiosi, o altro che siano. Segue lelenco degli autori e delle opere, a stampa e in rete, che ho saccheggiato [Questo articolo stato pubblicato in tre parti sulla rivista Labrys, Anno I, Numero 5 (Imbolc-Ostara 2007); Anno II, Numero 6 (Beltane-Litha 2007; Anno II, Numero 7 (Lammas-Mabon 2007).

Ringrazio Sarah Bernini, curatrice di Labrys, e segnalo il sito web della rivista: <www.rivistalabrys.it>.] *** NOTE Parafrasi avaloniana. Questa sezione composta utilizzando i materiali pi antichi, ovvero Historia Regum Britanniae (1136), Capitoli 147 e 178, e Vita Merlini (1150), vv. 908-940, di Goffredo di Monmouth; Roman de Brut (1155), vv. 9279-9282, 13275-13298, di Robert Wace; Brut (fra 1189 e 1204), vv. 1322-1323, 5535-5573, di Layamon; Trioedd Ynys Prydein, Triade 51; De Principis Instructione (1193), Distinctio I, e Speculum Ecclesiae (1215), Distinctio II, Cap. 9, di Giraldo Cambrense. I diversi nomi utilizzati nelle diverse fonti dai diversi autori Avalon, Avalun, Avalons, insula pomorum quae Fortunata uocatur, Ynys Auallach, Ynys Afallach, insulam Avalloniam, insula Avalloniaindicano evidentemente il medesimo luogo, proprio come Argante, Morgen e Morganis indicano il medesimo personaggio. Probabilmente la forma Argante grafia errata, ossia con la t finale e senza la M iniziale, di Morgen, Morgain, Morgan come spiega Gloria Corsi Mercatanti in Layamon, pp. 411-412.

Citazioni. Giraldo Cambrense, De Principis Instructione, cit. in Faral, II, p. 441 nota. * Epitome glastoniense. Tutto il materiale proviene da Faral, Volume I, Appendici IV e V; Volume II, Capitolo IX. Per la scoperta della presunta tomba di Arthur e Ganhumara a Glastonbury, v. il dettagliato resoconto in Faral, II, pp. 432 ss., nonch Goodrich, Tavola Rotonda, pp. 163, 168-175, e Lacy, pp. 240-242. Citazioni. Caradoc, 14.20-24. Faral, II, p. 405. * Glosse etimologiche. Le fonti sono Caradoc di Llancarvan, Faral, Gervasio di Tilbury, Giraldo Cambrense, Lloyd-Morgan, Loomis, Trioedd Ynys Prydein, Guglielmo di Malmesbury.

Per Evelac, o Evelake, v. Malory, Le Morte dArthur, XIII, 10, pp. 254-255; XIV, 3-4, pp. 277-279. Seguendo Hersart de la Villemarqu, il quale sugger che la grafia adottata da Chrtien, Lancelot, fosse una versione scorretta di lAncelot, e che il nome delleroe fosse in realt Ancelot, Goodrich sostiene che tale nome il risultato della trascrizione dal Latino allantico Francese, con la perdita della sillaba gu e laggiunta di una t finale, per cui Anguselus diventa Anselot (pronunciato Anselo), da cui lAncelot e Lancelot, che nella versione italiana diviene Lancillotto (v. Goodrich, Tavola Rotonda, pp. 227-230). Insomma, il campione di Ganhumara il re scozzese Anguselus, o Auguselus, che nella Historia di Goffredo (IX.9, 12, 13, 18; X.6, 9; XI.1) compare in pi luoghi: assiste alla incoronazione di Arthur, che gli ha restituito il regno; porta la spada per lui; combatte al suo fianco; e viene ucciso da Modred, quando Arthur sbarca di nuovo in Britannia dopo la campagna europea. Per la confusione tra glaes, glastum e vitrum, v. <http://www.moval.edu/faculty/adderleym/Arthur/lancelot/life-ofgildas.htm>. I versi di Preiddeu Annwn sono universalmente definiti oscuri e variamente tradotti. Per altre versioni inglesi, oltre a quella citata, v. <http://www.templum.freeserve.co.uk/history/strathclyde/welshpoe ms.htm>; <http://www.geocities.com/branwaedd/t30.html>

(traduzione di William Forbes Skene, in Four Ancient Books of Wales, Edimburgo, 1868); <http://www.lundyisleofavalon.co.uk/texts/welsh/pranwn.htm> (traduzione di Lady Charlotte Guest). Per le Vaus de Avaron, v. Robert de Boron, pp. 65-67. Per la descrizione di Avalon, identificata con lisolotto di San Patrizio, presso la costa occidentale dellIsola di Man, v. Goodrich, Tavola Rotonda, Parte Terza, Capitolo IV, e Parte Quarta, Capitoli IV e V. Parafrasi da Gesta Regum Britanniae, attribuito a Guillaume de Rennes, in <http://www.lundyisleofavalon.co.uk/arthur/morgan.htms>. Citazioni. Goodrich, Ginevra, p. 125. Goodrich, Tavola Rotonda, p. 398. Preiddeu Annwn, <http://www.maryjones.us/ctexts/t30w.html>. The Spoils of Annwn, in Stewart, p. 207. Chrtien de Troyes, Erec et Enid, <http://www.uhb.fr/alc/medieval/Erec3.htm>. Tennyson, The Passing of Arthur, in Idylls of the King, in Poems & Plays, p. 440. Goodrich, Tavola Rotonda, p. 161-162. Goffredo di Monmouth, The Historia Regum Britannie of Geoffrey of Monmouth, I, Bern, Burgerbibliothek, MS. 568, Capitoli 147 e 178, pp. 104, 132. *

Intermezzo paradisinfero. Oltre ai passi elencati di seguito, ho utilizzato Goffredo di Monmouth, Goodrich, Markale, Pomponio Mela, Seppilli. Hic aeterna quies, nullis hic iura procellis un verso di Stazio (Le selve, I, 3, 29), cos reso nella splendida versione di Luca Canali: Qui v eterna quiete, le tempeste non vi hanno alcun diritto. Il racconto della navigazione di san Brandano riassunto e analizzato in Graf, pp. 93-104. Citazioni. Graf, pp. 16-18, 25-27, 101. Pomponio Mela, De Situ Orbis, III, 6. Pound, Cantos, I:3. Markale, p. 253. Seppilli, p. 480. Goodrich, Ginevra, p. 168. Markale, p. 250. * Montaggio parafrastico gudricense. Si compone di passi tratti da Goodrich e Seppilli. Citazioni. Goodrich, Tavola Rotonda, pp. 176, 189, 158, 192, 156. Goodrich, Ginevra, pp. 265, 262, 265, 262, 167. Omero, Odissea, IV, 220-226. Omero, Iliade, III, 156-158. Eschilo, Agamennone,

681-690, cit. in Seppilli, p. 425. Omero, Iliade, III, 156. Goodrich, Ginevra, pp. 177, 178. Goodrich, Tavola Rotonda, p. 149. Goodrich, Ginevra, pp. 258, 166, 259, 263, 167, 165, 183, 165, 27. Goodrich, Tavola Rotonda, p. 199. Goodrich, Ginevra, p. 184. Goodrich, Tavola Rotonda, p. 157. Goodrich, Ginevra, pp. 22, 256, 211, 245. * Appendice bretone. Materiali da Brizeux, Le Braz, Le Cunff e Richard, Le Scouezec. Traduzione, parafrasi e montaggio da Chateaubriand. Quantunque rimandi anche, per le nove vergini dellIsola di Sayne, a Strabone (Libro IV) e a Denys le Voyageur (v. 570), Chateaubriand afferma di avere seguito soltanto la fonte comune a quasi tutti gli autori che ne hanno scritto, la quale la medesima di Goffredo, ovvero Pomponio Mela, e la cita in originale (Remarque 60). Il personaggio di Velleda gli fu ispirato da fonti classiche: Dione Cassio, Storia romana, LXVII.5; Tacito, Germania, 8, e Storie, IV, 61-65, e V, 22-24; Stazio, Le selve, I, 4, 89. Narra Tacito (Storie, IV. 61 e 65) che unantica usanza dei Germani attribuiva poteri profetici a molte delle loro donne, e persino una vera e propria divinit. Vergine della trib dei Bructeri,

Velleda possedeva un vasto dominio. A quellepoca la sua autorit era allapice, perch aveva predetto il successo dei Germani e la distruzione delle legioni. Chi la voleva interrogare non la poteva avvicinare, n parlarle di persona. Allo scopo dincutere maggiore rispetto, infatti, simpediva che fosse vista. Dimorava in unalta torre, e una persona scelta allo scopo, sua parente, trasmetteva, come la messaggera di una divinit, le domande e le risposte. Di Velleda scrisse brevemente anche Edward Gibbon, nella sua magnifica opera sul declino e la caduta dellImpero Romano (I.ix, p. 92): I Germani trattavano le loro donne con stima e fiducia, le consultavano in ogni occasione importante, e credevano, tanto appassionatamente quanto ingenuamente, o dissennatamente, che nel loro seno risiedessero una sacralit e una saggezza pi che umane. Alcune di queste interpreti del fato, quale Velleda, durante la guerra contro i Batavi, governarono, nel nome della divinit, le pi feroci nazioni della Germania. Se Velleda, germana negli autori latini, divenne celta ne Les Martyrs, la connessione fra la druidessa e la Bretagna fu forse suggerita a Chateaubriand da una relazione settecentesca, in cui si riferiva che presso i Galli, nella piccola isola di Sein, nove ragazze conservavano verginit perpetua e rendevano oracoli, e subito dopo si aggiungeva che anche la famosa Velleda era vergine. Sullimportanza e la funzione delle donne nella societ gallica,

Chateaubriand sintrattiene nelle Remarques 46 e 50, citando il senato femminile che amministrava gli affari civili e politici, deliberava della pace e della guerra, e giudicava le controversie fra i capi supremi. Ricorda, inoltre, la bellicosit e la forza delle donne, che superavano quelle degli uomini. Ne Lorigine della famiglia, della propriet privata e dello stato, di Friedrich Engels, si legge, a p. 138: Un ulteriore residuo del diritto matriarcale, che proprio allora volgeva alla fine, ce lo offre il rispetto dei Tedeschi per il sesso femminile, che riusciva quasi incomprensibile ai Romani. Nei trattati coi Tedeschi le giovani di famiglie nobili erano considerate gli ostaggi pi vincolanti; l'idea che le loro mogli o le loro figlie potessero cadere prigioniere o divenire schiave era per i tedeschi terribile e stimolava pi di ogni altra cosa il loro coraggio in battaglia; essi vedevano qualcosa di sacro e di profetico nella donna, e ne ascoltavano il consiglio anche negli affari pi importanti. Cos Veleda, sacerdotessa dei Bructeri, sulla Lippe, fu l'animatrice di tutta l'insurrezione batava, con la quale Civile, alla testa di Tedeschi e Belgi, scosse l'intero dominio romano nella Gallia. I versi su Venere sono tratti da Laus Veneris (Poems and Ballads [First Series], in Collected Poetical Works, I, pp. 11-12), di Algernon Charles Swinburne: Lo, this is she that was the worlds delight ;

The old grey years were parcels of her might ; The strewings of the ways wherein she trod Were the twain seasons of the day and night. Lo, she was thus when her clear limbs enticed All lips that now grow sad with kissing Christ, Stained with blood fallen from the feet of God, The feet and hands whereat our souls were priced. Alas, Lord, surely thou art great and fair. But lo her wonderfully woven hair! And thou didst heal us with thy piteous kiss ; But see now, Lord ; her mouth is lovelier. She is right fair ; what hath she done to thee? Nay, fair Lord Christ, lift up thine eyes and see ; Had now thy mother such a liplike this? Citazioni. Brizeux, p. 119. Praz, La carne, la morte, il diavolo, p. 175 nota 14 e p. 330. Leopardi, 2739. Flaubert, pp. 299-301. Du Camp, <http://jacbayle.club.fr/livres/Iroise/Chateaubriand.html>. Verlaine, p. 47. Chateaubriand, p. 147. Virgilio, Eneide, VI.452-454. Chateaubriand, p. 151. Praz, Patto, pp. 44, 43, 41, 42, 41. Swinburne, I, pp. 11-12. Paglia, pp. 385, 672. Wittig, Il corpo lesbico, pp. 19, 40, 44, 49, 52, 53, 58, 76, 106, 62-63, 123-124. Wittig, Les Guerrillres, cit. in Rush, pp. 274-275. Elisabetta Rasy,

in Wittig, Il corpo lesbico, p. 9. *** Riferimenti bibliografici. Brizeux, Auguste, Les Bretons, in Oeuvres Compltes de Auguste Brizeux, Tomo I, Parigi, Michel Lvy Frres, 1860. Caradoc di Llancarvan, Vita Gildae, in Chronica Minora, Saec. IV.V.VI.VII, edidit Theodorus Mommsen, Volumen III, Berolini, aud Weidmannos, MDCCCLXXXXVIII, pp. 107-110, in Monumenta Germaniae Historica, Auctorum Antiquissorum, Tomus XIII, Chronicorum Minorum, Saec. IV.V.VI.VII, Vol. III, Berolini, apud Weidmannos, MDCCCLXXXXVIII, (1898). Cesare, Gaio Giulio, La guerra gallica (a cura di Carlo Canilli), Firenze, Sansoni, 1926. Chateaubriand, Franois-Ren de, Les martyrs, ou Le triomphe de la religion chrtienne, in Oeuvres compltes de Chateaubriand par Sainte-Beuve, Vol. 4, Nendeln (Liechtenstein), Kraus reprint, 1975 (Fac simile della ed. Garnier, Parigi, s.d.) (Episodio di Velleda, Libri IX e X, pp. 128-151, Remarques ai Libri IX e X, pp. 435-460.) Chrtien de Troyes, Erec et Enide (ed. Foerster),

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