CASABIANCA
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Giulia Cenci, Fino quasi la fine. Proiezione della luce dalla finesta alle 16.15, legno, vetro, maniglia, chiavistelli, 2012
giulia cenc i
INTERNO 4, 15 maggio 2012
Vincenzo: E interessante perch ho aperto a caso lintervistatore gli chiede se dipinge solo per se stesso. Giovanni: Io non farei mai una domanda del genere.. Giulia: Non so se mi sarebbe piaciuto Hopper se fossi stata sua contemporanea. In verit non lo colloco, incredibile che facesse quelle cose quasi retr, stilisticamente. Vi: doveva essere una persona un po oggi parlavamo delle immagini dovevamo registrare Nicola: Come si intitola il lavoro? Giulia: Fino quasi la fine. Giovanni: In questo lavoro per, pi che negli altri, inizia a venire fuori una cosa che secondo me ci verso cui ti stai direzionando. E come se la componente di operazione rispetto uno spazio stia diventando marginale. Se penso ad un lavoro pi vecchio, Il muro ad esempio, lidea di operazione era forte e chiara. Questa la prima volta in cui hai creato un oggetto scultoreo dallinizio alla fine. Richiama la forma di finestra ma la situazione quasi mimetica. Il motivo per cui ti ho mostrato Le Soir qui tombe di Magritte perch mi sembra che diventi pi forte lidea di costruire un immagine di riflessione semiotica che non tanto di lavorare suloggetto. Sei partita da questo momento in cui la luce colpisce il muro in un ora ben stabilita, hai fermato questo istante per loggetto in se per se ha presenza autonoma molto forte, mostra una linea di progressione abbastanza evidente. Giulia: Non so, c di mezzo il discorso che si faceva anche oggi a proposito di Icaro e la distruzione della scultura. La prima volta che ho guardato con gli occhi di chi deve concepire un lavoro, quello spazio, ho da subito notato quellistante, quella proiezione che avrei guardato casualmente in mille altre occasioni, accadere. Ma in quel momento ho visto la finestra distorta. Una cosa che si vista miliardi di volte e che tutti vedono ogni volta che guardano lombra del proprio corpo distorto, di una casa distorta tutto ci che si proietta e che conosce chiunque abbia fatto geometria descrittiva: un oggetto modificato a seconda del punto di proiezione della luce. Da principio, lidea stata quella di rendere fisica quella proiezione veloce e mutevole, di ridarle la materialit delloggetto che la generava, compreso il suo spessore. Ma nel momento in cui ho riflettuto su questa operazione, ho compreso che sarebbe potuta diventare una vera e propria scultura, un oggetto con tanto di tridimensionalit e indipendenza spaziale. Perch non subito ho capito come potevo collocarla spazialmente. Ho pensato: prendo un ombra -un disegno- e la rendo tridimensionale, la rendo un oggetto fisico e statico. Quellombra, non sarebbe pi scappata dietro ad un veloce scorrere della luce. Il passo successivo stato comprendere che avevo a tutti gli effetti a che fare con una scultura. Un punto dolente poich sono mesi che rifletto su questa questione, che tento in un certo senso di combattere lautonomia di un oggetto rispetto alla sua collocazione. Propriamente, che combatto con loggetto. Nel momento in cui ho capito che riportando la figura della finestra tridimensionalmente alla sua proiezione, avrei ottenuto uno spessore pari alloggetto reale: fatto quindi di un infisso nella cui met si trova il vetro, sia orizzontalmente che verticalmente, mi sono posta il problema del dove lavrei collocata. Coincidente al punto in cui si proietta lombra oppure differente. Proprio questo passaggio mi ha fatto ragionale sul problema scultura e, proprio per questo problema ho scelto di creare solo la met dellinfisso, lasciando laltra met inesistente. Facendo scontrare questo nuovo bassorilievo, questa materializzazione, come il disegno creato dallombra, contro la superficie ed il limite spaziale per cui si crea: il pavimento e la parete. Giovanni: Non sto parlando della scultura come un oggetto indipendente che pu essere collocato comunque. Bernini faceva sculture che in un certo senso hanno una dimensione site specific. Il suo fare Santa Teresa qualcosa che scultoreo ed ha a che fare con la rappresentazione. Ma collocato in uno spazio in cui questa rappresentazione vive ed teatrale proprio rispetto allaccadimento luminoso provocato dalla finestra che fa costruire sopra la scultura. Giulia: Mi chiedo spesso cosa sia il teatro. Giovanni: Anche nel paragone che facevo rispetto al lavoro di Magritte, non mi riferivo solo al muro e alla finestra, ma al fatto che tutti i frammenti di vetro mancanti dalla finestra rotta, compaiono a terra e sono equivalenti. Quei vetri sono la temporalit, ma proprio perch lui ha usato quellillustrazione , quel dipinto, ho provato questa sensazione. Potevi fotografare lombra quel giorno a quellora, in quel preciso momento sarebbe caduta quella luce. Se fosse stato un lavoro di matrice totalmente concettuale potevi anche solamente scrivere una frase e utilizzare la luce stessa. Mentre in quel caso tu hai costruito la riproduzione della finestra proiettata ed qualcosa che in un certo senso mi ha fatto scattare questo tipo di pensiero per cui lo trovo un lavoro pi legato alla dimensione dellarte che rappresenta. Nicola: Puoi leggere questo? Sono degli appunti, devo sistemarli. Giovanni legge il testo di Nicola: Fermare un istante di luce. Scattare una fotografia. Fermare un istante di luce significa riprodurre un frammento di realt, significa creare un immagine -fatta di luce- che Rappresenta. Quando il diaframma si apre per un brevissimo lasso di tempo, la luce entra nella macchina e impressiona un supporto sensibile alla luce stessa.
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un procedimento tecnico che -una volta abbandonate le connessioni con il mero tecnicismo del fotografo- si puo applicare a livello concettuale a qualunque -o quasi- procedimento artistico, creare un immagine fatta di luce significa rappresentare, riproporre un insieme di punti luminosi che congiunti gli uni agli altri e sommati tra di loro restituiscono un naturalismo piu o meno marcato con il dato di partenza, mi verrebbe da dire con il modello. La finestra quel luogo metaforico che di per se rappresenta la Pittura, come non pensare ad un fare pittorico. La finestra di presta nella sua istanza di connessione tra un esterno ed un interno. Dallesterno verso linterno, entra un insieme di raggi luminosi che sommati tra loro, restituiscono la sagoma della finestra stessa. La rappresentazione della finestra diventa di per se uno scatto alla seconda. Trasformare un momento di luce impercettibile, irripetibile e intangibile, in qualcosa di materiale, significa scattarne una fotografia. un forte ragionamento linguistico. Una fotografia la rappresentazione della realt. La dimensione della finestra percentuale, non completa, cosi come una fotografia un ritaglio di realt che si adatta alla dimenzione dellimpressione. Fino quasi la fine, una fare fotografia senza farla. un ragionare linguisticamente sulla qualit materiale delle immagini. per ribadire la menzogna la mistificazione propria delle immagini la luce si trasforma in oggetto, cos come la fotografia diventa un oggetto (un foglio e degli acidi) come dire (del legno del vetro e dei chiavistelli -arrugginiti-). CASABIANCA diventa la camera oscura; la finestra lobbiettivo, e fino quasi la fine la fotografia. Giovanni: Dico subito una cosa che mi venuta in mente sempre di riferimento a Magritte. Come quando lui, in Ceci nest pas une pipe, materializza la pipa pittorica, che per questo non una pipa, e cos via, nel tuo lavoro la luce cadeva in quel punto e cera la finestra, che non era la finestra ma una rappresentazione della sua ombra, un oggetto che faceva la finestra. Giulia: C qualcosa che nellintenzione va in un gioco che sta tra due e tre dimensioni, che poi proprio la questione che mi pongo su scultura, installazione e pittura. Nel momento in cui penso alla pittura penso la finestra e la luce, il tempo della pittura. E quando ho capito che la proiezione della finestra, nello stesso momento poteva rappresentare un istante temporale (come meridiana), un istante fisico ed un istante metaforico, e che nella proiezione e il suo disegno, variabile dal punto di vista, coinvolgeva tutta la teoria della pittura della met del 1.400, qualcosa tornava nella mia testa. La stanza non era pi coinvolta come foglio o tela, ma come rappresentazione della realt in cui il rappresentato realt e basta. La finestra che avevo creato coincideva con loggetto che avevo creato. Giovanni: Per interessante perch diventa quasi un conflitto. Effettivamente la luce cade l per quello che hai creato diventato, anche in questo senso molto legato alla pittura o probabilmente anche alla fotografia Esattamente come in un dipinto prospettico quella la proiezione e la rappresentazione. I materiali sono quello che sono, un trompe loeil ma non lo perch per le persone che guardavano quella era una finestra deformata. Cos come erano i materiali della finestra, che sono la finestra vera. Vincenzo: La cosa interessante che nellora in cui doveva cadere lombra nessuno lha visto tranne lei stessa.La cosa che ha creato Giulia unimmagine, forse un tentativo e forse non riuscito ma comunque tramite il tentativo di quellaccadimento il risultato unimmagine Giovanni: C la situazione che si potrebbe dire rappresentazione e la situazione ready made. Loperazione e dallaltra parte la rappresentazione. Nel tuo caso ho sentito forte questa rappresentazione, hai preso un oggetto reale, un supporto che si fa carico di correlarsi con la realt, la sua materialit fisica e limmaginario di finestra che si porta dietro. Non hai preso una finestra reale, che hai tagliato e distorto. Giulia: Questo non esiste, non sarebbe stato tecnicamente possibilie. Giovanni: Non importante, non lhai fatto. Giulia: No, non importante. Ma una finestra del legno con del vetro. Dei chiavistelli e delle maniglie. Giovanni: Tu hai preso i neon in via di esaurimento, li hai messi in un determinato modo che aveva pi a che fare con la situazione in cui ci si trovava, e quello che risultava era un immagine. Giulia: Non li avrei mai messi in un altro modo che a terra. Giovanni: Li hai composti in uno spazio e le persone si trovavano difronte un immagine composta. Giulia: Anche questa rappresentazione. I neon, normalmente, non sono collocati a terra. Non sono creati per starsene a terra. Giovanni: Nel caso della finestra ti sei messa con i materiali a costruire qualcosa che ricordava qualche cosaltro. Giulia: Che corrispondeva a qualcosaltro. Che aveva le specifiche condizioni numeriche di qualcosaltro, cos come il suo spessore fisico e materico. Tranne ci che ho volutamente escluso. Cosa che ho fatto anche con i neon. Giovanni: E molto interessante che in questo lavoro sia passata da unoperazione a una rappresentazione materiale. In realt un lavoro figurativo e non un lavoro astratto. Giulia: Non ho mai pensato a un lavoro astratto. Giovanni: Se penso al lavoro di Icaro si pu dire che abbia una valenza astratta nel suo comporsi di materiali, mentre il tuo lavoro ha una valenza profondamente figurativa. Giulia: Non ho mai agito in modo astratto. Non ho mai utilizzato i materiali in modo astratto. Se il muro era in equilibrio il muro era in equilibrio, se il neon si spegneva era il neon che si spegneva.
Giulia
Cenci,
Fino
quasi
la
fine .
Proiezione
della
luce
dalla
finesta
alle
16.15,
legno,
vetro,
maniglia,
chiavistelli,
2012.
Giulia Cenci, Fino quasi la fine. Proiezione della luce dalla finesta alle 16.15, legno, vetro, maniglia, chiavistelli, 2012
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