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OGIA. Cinque lezioni. Bruno Mondadori, Milano 1995. A cura di Elio Franzini.

La
presente edizione riproduce il testo del seguente volume: E. Husserl, "L'idea della
fenomenologia", a cura di M. Rosso, il Saggiatore, Milano 1988 (ed. 1 198 1). E'
vietata la riproduzione, anche parziale o a uso interno o didattico, con qual siasi
mezzo, non autorizzata. L'editore potr� concedere a pagamento l'autorizzazio ne a
riprodurre una porzione non superiore a un decimo del presente volume. Le r
ichieste di riproduzione vanno inoltrate all'Associazione Italiana per i Diritti di
Riproduzione delle Opere a Stampa (AIDROS) SOMMARIO. L'OPERA "L'idea della
fenomenologia". L'AUTORE Edmund Husserl. Avvertenza. L'IDEA DELLA FENOMENOLOGIA.
Linea argomentativa delle lezioni. Lezione 1. Lezione 2. Lezione 3. Lezione 4.
Lezione 5. Primo inserto. Secondo inserto. Terzo inserto. PROFILO CRITICO. 1. I
temi fondamentali della fenomenologia. 2. L'idea della fenomenologia nel pensiero
di Husserl. 3. Il pensiero di Husserl dopo L'idea della fenomenologia. 4. I nuovi
problemi della fenomenologia. 5. Prospettive fenomenologiche. Glossario. ***
L'OPERA. L'IDEA DELLA FENOMENOLOGIA. - La fenomenologia e lo stile filosofico di
Husserl. Edmund Husserl si dedic� all'insegnamento per gran parte della sua vita,
dal 1887,
quando ottenne la libera docenza ad Halle, sino al 1933, anno in cui, a causa d
ell'avvento del nazismo, venne allontanato dall'Universit� di Friburgo (era infatt
i di origine ebraica). Ma anche in seguito egli non cess� di trasmettere il suo me
ssaggio filosofico attraverso la forma orale: dalle conferenze tenute a Vienna e a
Praga nel 1935 nasce infatti l'opera che pu� essere considerata il suo testamen to
spirituale, "La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale ". Lo
stile della lezione � quindi del tutto connaturato a Husserl, che � sempre molto
attento alla sua funzione di docente universitario, il quale non solo deve 'spie
garsi' ma deve anche, e soprattutto, venire 'compreso'. La sua attivit� didattica �
intensa, al di l� dei doveri, perch� egli sa che solo attraverso la lezione
l'analis i del testo filosofico riceve una pubblica prova, una verifica dei suoi
livelli di comprensibilit�. Ma la lezione, lo stile della lezione, � anche parte
della fenom enologia stessa, ne � quasi l'immagine e il paradigma: il pensiero non
pu� essere fi ssato in sistemi astratti, in dogmi precostituiti, in pregiudizi
ingenui. Il pen siero ha la stessa mobilit� dello sguardo, non pu� limitare i
propri orizzonti e dev e quindi girare intorno agli oggetti, approfondirne la
visione, interrompere il cammino solo per riprenderlo con l'aiuto di nuovi
risultati. E questo, evidentem ente, � anche il ritmo di una lezione, che vuole
andare "alle cose stesse", come l 'intera fenomenologia, ma che a tempo stesso
muove il pensiero nella progression e dell'analisi, non giunge mai a conclusioni
definitive, che non possano cio� veni re riprese e ridiscusse in altre lezioni. In
questo senso, "L'idea della fenomenologia", che raccoglie cinque lezioni tenu te da
Husserl a Gottinga nel 1907, � un esempio eccezionalmente emblematico dello stile
del pensiero husserliano, del suo naturale conformarsi alla dimensione del la
lezione. Siamo di fronte, con questa breve opera, a un testo di grande import anza,
sia per lo sviluppo interno del pensiero di Husserl sia per i suoi specifi ci
contenuti filosofici. Ma siamo soprattutto di fronte a un testo che, forse pr oprio
per la sua forma, abbatte un mito ancora duro a morire: quello della diffi colt�
del pensiero di Husserl. La lezione � peraltro un genere filosofico relativame nte
nuovo, che letterariamente si afferma solo a partire dall'idealismo tedesco,
quando, pur fra contrasti e polemiche (si pensi a quella che oppose Schopenhaue r a
Hegel), la figura del filosofo tende a coincidere con quella del docente uni
versitario. Si verifica cos� un fenomeno gi� ben conosciuto nelle scuole platoniche
e aristoteliche: i testi filosofici si dividono in 'esoterici' (riservati cio� agl
i scolari) ed 'essoterici' (aperti invece ai non iniziati). Solo che, nei suoi e
siti finali, tale fenomeno si capovolge: sono cio� i testi 'esoterici', quelli che
derivano dalla lezione, dalla comunicazione orale, a essere pi� comprensibili, me
ntre le opere rivolte al pubblico, che non hanno la mediazione della presenza pa
rlante del filosofo-professore, risultano pi� complesse e terminologicamente pi�
osc ure. Anche in questo senso lo stile dell'"Idea della fenomenologia" �
emblematico: si t ratta senza dubbio di un testo 'scolastico', ma � proprio questo
il motivo che ne favorisce la leggibilit�, presentando un Husserl che sa essere al
tempo stesso chi aro e preciso, alieno da quelle raffinatezze terminologiche che
caratterizzano a ltri suoi lavori non 'scolastici'. Vi � un ulteriore elemento da
sottolineare, per ch� ben spiega i 'modi' della filosofia husserliana. Infatti,
nelle lezioni dell'" Idea della fenomenologia", Husserl, come ogni buon professore,
prepara una "line a argomentativa", una serie di temi che dovranno essere spiegati,
uno schema deg li argomenti che le singole lezioni dovranno approfondire. Ma, come
ogni insegna nte ben sa, gli schemi sono fatti soprattutto per essere trasgrediti
nel momento in cui si parla, guardando i volti degli ascoltatori, seguendo le linee
del pen siero che la parola scritta non aveva saputo e potuto prevedere. Cos�
accade anche a Husserl: pi� volte, nel corso delle lezioni, egli modifica i suoi
intenti, tant o che finisce per riscrivere la "Linea argomentativa" al termine
delle lezioni, aggiungendovi problemi nuovi, quei problemi che probabilmente solo
la comunicazi one orale aveva fatto in lui sorgere e sviluppare. E' cos� che,
attraverso lezioni , e in queste lezioni, Husserl giunge a dare la prima veste
teorica definita al suo pensiero. Analizzeremo ora i temi e la struttura del testo.
- Dalle "Ricerche logiche" all'"Idea della fenomenologia". Se nella prima grande
opera di fenomenologia, le "Ricerche logiche" (1900-01), s i pu� forse
intravvedere, almeno allo stato potenziale, la quasi totalit� dei futuri temi
husserliani, � indubbio che l'immagine della fenomenologia, oltre che il suo
specifico bagaglio di termini, viene stabilita proprio nei testi 'didattici' po
steriori alle "Ricerche logiche", che vanno dall'"Idea della fenomenologia" al p
rimo volume delle "Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenol
ogica" (1913). Dopo le "Ricerche logiche", testo in cui Husserl raggiunge, per cos�
dire, la matu rit� filosofica, e introduce problemi che studier� per l'intero arco
della sua ricer ca, egli � infatti insoddisfatto dei risultati raggiunti. In
particolare ritiene i nsoddisfacente il fatto che la dottrina dell'intenzionalit�,
che costituisce il no cciolo del suo pensiero (� infatti la teoria che dovrebbe
descrivere l'essenza ste ssa della vita conoscitiva e della sua incessante
attivit�), non sia esplicitament e connessa a una teoria della soggettivit� pura, a
una teoria della coscienza. Nelle "Ricerche logiche" vi � senz'altro il tentativo
di definire gli ambiti di ta le coscienza che, anche se mai nominata, � qui
presentata come l'insieme del fluss o dei vissuti, come "percezione interna" o come
l'intenzionalit� stessa. Husserl r itiene per� che in questi abbozzi definitori vi
sia uno spazio ancora troppo ampio per equivoci soggettivistici (o, come dir�,
"psicologisti"), come se la ricerca s ull'essenza della conoscenza potesse venire
limitata all'indagine dei meccanismi soggettivi del pensiero. Si possono forse cos�
spiegare i passi successivi della fenomenologia proprio come esigenza di superare i
residui ingenui che un'indagin e non ancora pienamente 'fondata' ha in s�.
L'obiettivo della ricerca husserliana � dunque il rigore, la definizione di criteri
di scientificit� che garantiscano la v alidit� oggettiva del discorso filosofico,
che consentano di mostrarne l'assoluta fondatezza e di respingere ogni forma di
'pregiudizio'. A questo scopo si rivela fondamentale per Husserl confrontarsi non
solo con le correnti che caratterizza no il dibattito filosofico del suo tempo, ma
anche con le grandi tradizioni di p ensiero del Seicento e del Settecento, che
hanno dato luogo a paradigmi filosofi ci (il razionalismo, l'empirismo, il
criticismo) nei quali sono affrontati i gra ndi temi dell'io, della conoscenza,
dell'oggetto. E' a queste stesse fondamental i questioni che Husserl intende dare
una risposta, radicalmente nuova e definiti va. Assumono dunque un'importanza
centrale, per gli sviluppi della fenomenologia , la meditazione sul senso del
"cogito" cartesiano, o, meglio, di quella linea d i pensiero sul problema dell'io
nella conoscenza che va da Cartesio a Kant, come pure la riconsiderazione dei temi
dell'empirismo, con la sua fondamentale esige nza di ricondurre la conoscenza a
'concreti' atti soggettivi: Husserl rimedita i nsomma l'intero spettro del problema
gnoseologico cos� come esso � nato e si � svilupp ato nelle grandi tradizioni della
filosofia seicentesca. Questi rapidi cenni consentono gi� di intravvedere i
principali nodi tematici dell '"Idea della fenomenologia": il problema della
"coscienza", quello del "metodo" e, infine, la questione del legame tra la sfera
"immanente" della coscienza e qu ella, "trascendente", dell'oggetto da conoscere. -
La struttura dell'"Idea della fenomenologia". In primo luogo Husserl enuncia in un
breve testo la linea argomentativa delle pr oprie lezioni. In queste poche, ma
straordinariamente dense, pagine introduttive , che sono intitolate appunto "Linea
argomentativa delle lezioni", Husserl pone tutti i problemi fondamentali del
proprio pensiero. Qui sono infatti formulate l e domande cui Husserl tenter� di
dare una risposta per i successivi trent'anni, qu i � implicitamente dichiarata la
fondamentale 'scommessa' del suo pensiero: quella cio� di utilizzare in modo
radicalmente nuovo le grandi tradizioni della filosofi a moderna. Husserl introduce
subito il tema delle lezioni, il cui scopo sar� quell o di individuare le
condizioni di possibilit� di una scienza della conoscenza, che sappia risolvere in
modo univoco e definitivo tutte le questioni relative al co noscere, e ci� grazie a
un metodo radicalmente innovativo, il metodo della fenomen ologia. A ci� segue
l'elencazione, altrettanto decisiva, dei "tre gradini" che dev e percorrere una
filosofia fenomenologica. Essa deve cio� considerare: 1. il problema del rapporto
conoscitivo tra immanenza e trascendenza, che deriva
da Locke e Hume; 2. il problema del metodo: vera e propria eredit� cartesiana; 3.
il problema di una ragione costitutiva delle cose, che consegue dalla rimedit
azione della filosofia kantiana. A questi passi iniziali, chiariti, come vedremo,
nella "Linea argomentativa", se guono le cinque lezioni. Prima di analizzare la
struttura delle lezioni � per� utile precisare quali siano state le vicende della
composizione dell'opera. Come di consueto, Husserl non si era posto in modo
prioritario il problema della pubblicazione (che per lui � sempre secondario
proprio perch� privilegia la dimensi one del 'pensiero in atto'). Ma, come in
verit� spesso accade con le sue opere, an che l� dove l'intenzione di pubblicare
non � diretta ed esplicita, la preparazione d el testo � ugualmente molto accurata
e meditata. Infatti, la "Linea argomentativa" viene scritta dopo l'ultima lezione,
precisamente la sera del 2 maggio 1907. E dal momento che in queste pagine troviamo
elementi di pensiero non contenuti nel la quinta e conclusiva lezione, possiamo
ragionevolmente ipotizzare che Husserl volesse lasciare testimonianza di temi che
aveva chiarito oralmente senza metter li per iscritto. Egli infatti, ancora una
volta seguendo le sue abitudini, aveva stenografato il testo delle lezioni, testo
che in seguito, ma in date non preci sabili, aveva postillato con alcune note a
margine. Le lezioni furono tenute in un arco temporale molto ristretto, cio� dal 26
aprile al 2 maggio 1907. Testimonia nza del fatto che Husserl ritenesse molto
importanti i nuclei teorici di queste lezioni � l'esigenza che, a un certo punto
del suo pensiero, egli sent� di 'recupera rle'. E infatti, tra il 1923 e il 1926,
il suo assistente dell'epoca, Ludwig Lan dgrebe, ne fece un'accurata trascrizione.
Se nella "Linea argomentativa delle lezioni", come abbiamo visto, Husserl chiari
sce l'orizzonte metodologico e argomentativo della fenomenologia, nelle cinque l
ezioni, di cui ora analizzeremo rapidamente la struttura, egli ne articola tutti i
temi fondamentali. La "prima lezione" ha ancora una funzione genericamente
propedeutica: vuole cio� d eterminare la specificit� dell'atteggiamento
fenomenologico, un atteggiamento che va essenzialmente distinto da un modo di avere
rapporti con le cose ingenuo o "n aturale", privo dunque di un vero e proprio
valore conoscitivo. Conseguenza di questa indagine iniziale � la messa in luce
della "novit�" della feno menologia, cui si accompagna una ridefinizione dei
compiti e dei contenuti della filosofia in quanto "scienza". La "seconda lezione",
se prosegue alcune delle intenzioni introduttive (va ricor dato comunque che
l'intera "Idea della fenomenologia" � un'introduzione, nel senso che � una
chiarificazione preliminare che Husserl compie non solo per il suo pubb lico ma
anche per se stesso), gi� conduce su un tema nodale per l'intero pensiero di
Husserl: il problema della sospensione del giudizio, o dell'"epoch�". Nel corso
dell'analisi del testo, potremo notare, rilevando che questi termini sono utili
zzati quasi come sinonimi, che Husserl si occupa pi� dei contenuti filosofici che
della terminologia; in questo caso il contenuto 'forte' � che il nuovo metodo feno
menologico deve possedere un terreno certo e indubitabile: tutto ci� che si config
ura come estraneo a questo terreno di assoluta certezza va 'messo fra parentesi' ,
operando una sospensione del giudizio. Si tratta allora di "descrivere" quelle
operazioni capaci di dischiuderci, di farci apparire con chiarezza questo terre no.
Siamo senza dubbio all'interno di un tema cartesiano dove, tuttavia, � ormai t
otalmente venuto a mancare l'orizzonte metafisico di Cartesio (infatti il richia mo
alla "sostanza pensante" avrebbe fatto inevitabilmente ondeggiare, a parere d i
Husserl, fra due estremi scorretti: la psicologia e il realismo ontologico). L a
ricerca di un terreno di "certezza" - di certezza conoscitiva - � dunque conness a
al tentativo di delineare il rapporto che il metodo nuovo della fenomenologia deve
istituire tra l'io e il mondo, tra l'immanenza e la trascendenza. In questo senso
la "terza lezione" � una diretta prosecuzione della precedente e s viluppa il tema
dell'"epoch�", che molti commentatori husserliani (ma non certo Hu
sserl) caricheranno di equivoci. L'"epoch�" infatti non si rivela qui come l'intim
o segreto della fenomenologia, bens� soltanto come la sua premessa di metodo. L"ep
och�" � ci� che consente di superare una visione ingenua della trascendenza intesa
com e mondo 'esterno', 'fuori di me', affermando invece che a essa si pu� giungere
sol tanto attraverso una via immanente, cio� attraverso l'attivit� della coscienza.
In q uesta 'sospensione' del trascendente consiste, tra l'altro, secondo Husserl,
il significato della filosofia di Hume. Possiamo ora trarre gi� una conclusione su
qu esto breve testo: le sue argomentazioni, ancor prima che accanto agli altri scri
tti del periodo (le lezioni sul tempo e sullo spazio che Husserl tiene dal 1905 al
1907), vanno poste nel quadro di una pi� generale esigenza di metodo. Husserl t eme
cio� che molti dei temi che aveva in precedenza considerato avrebbero rischiat o,
nell'isolamento in cui erano stati presentati, di generare equivoci sul senso della
fenomenologia. E' allora alla ricerca di questo senso fondativo che si ri volge la
sua attenzione. Per cui, in questa terza lezione, egli innesta quel pro cesso che
da Hume lo porta verso Kant, cio� verso i temi dell'"essenza" e dell'"a priori":
perch� sono questi gli strumenti concettuali che permettono di distinguer e il
"fenomeno puro" (quello, appunto, della fenomenologia) dal "fenomeno psicol ogico"
(che invece � proprio della concezione del suo maestro, il filosofo austria co
Franz Brentano, e che Husserl ha ormai rigettato). E' all'interno di questo p
ercorso che le questioni logiche relative all'essenza dei fenomeni si connettono ,
per evitare ogni possibile fraintendimento, alla nuova questione della "pura c
oscienza". Questa coscienza (che Husserl pone ancora tra virgolette) non ha lega mi
con la tradizione dell'idealismo tedesco (che in questi anni egli conosce sol o in
modo superficiale) ma, molto pi� semplicemente, � il punto di arrivo del metodo
fenomenologico e, al tempo stesso, il punto di partenza per poter svolgere ci� ch e
la fenomenologia �, cio� "descrizione delle essenze di fenomeni puri". Ma la
descrizione non pu� essere una 'contemplazione' astratta. E per questo motiv o che,
nella "quarta lezione", Husserl si dedica ad analizzare il carattere 'ope rativo'
della coscienza, quella che chiama (con un termine che deriva da Brentan o ma che
ridefinisce integralmente) "intenzionalit�". Questo termine, che era stat o
utilizzato con altri significati nella scolastica medievale, � il vero e proprio
cuore della fenomenologia, il suo nucleo: chiarificarlo significa penetrare nel la
parte pi� viva e originale del pensiero di Husserl. Intenzionalit� � infatti la vit
a della coscienza, la sua capacit� di instaurare un "nuovo" rapporto conoscitivo c
on il mondo circostante, che sfugga a quei pericoli che Husserl individua nelle
filosofie che l'hanno preceduto (a partire proprio da quella di Brentano). Husserl
definisce la fenomenologia come uno sguardo chiarificatore mirato all'es senza
delle cose: essenza che pu� essere soltanto "per noi", posta cio� nell'orizzon te
intenzionale della coscienza. La "caratteristica esclusiva" della fenomenolog ia,
come Husserl chiama questo aspetto, deve tuttavia venire a sua volta chiarif icata
in quanto metodo, e di questo si occupa la quarta lezione: proprio perch� un a
descrizione che tanto si � ispirata a Hume non sia ricondotta ai moduli operativ i
dell'empirismo, non sia cio� confusa con una concezione esclusivamente soggettiv
istica, parziale e limitata, tendente allo scetticismo. La "quinta lezione" ha, a
questo punto, un tema quasi obbligato: � una ricerca "co stitutiva", cio�
l'applicazione del metodo delineato nelle precedenti lezioni a un territorio
particolare. Ma un territorio che mostri al tempo stesso quali siano le basi
"fondative" della fenomenologia. Husserl non pu� sottrarsi a un passo di tal
genere. Se infatti le ricerche sul metodo e sull'intenzionalit� hanno condotto a
focalizzare l'attenzione sull'"immanenza" (cio� sull'esperienza interna, anche se
Husserl continua a ritenere ambigua quest'ultima espressione), il primo terri torio
di esperienza che deve essere portato su questo piano immanente non pu� esse re
scelto a caso. Deve infatti rappresentare il presupposto di qualsiasi costitu zione
possibile, deve essere quell'elemento che � presente nell'"apprensione di og ni
possibile oggetto". Per questo motivo la quinta lezione � dedicata al problema del
"tempo", che � la condizione necessaria per qualsiasi "percezione interna", co me
gi� Kant aveva prospettato nella prima parte, l'estetica trascendentale, della
"Critica della ragion pura" (il tempo, ricordiamo, � qui la forma dell'intuizione
interna). Husserl riprende, in questo caso, osservazioni e termini caratteristici
delle le zioni sul tempo del 1905-06: ma la concisione del discorso � in grado di
offrirgli una forza che non troviamo l� dove il problema � pi� estesamente
trattato. Il tempo, la questione-tempo, si pone cos� in Husserl come il presupposto
esperienziale dell a fenomenologia, rivelando che questa deve essere in primo luogo
considerata in quanto "filosofia dell'esperienza". La percezione, nella quale "si
costituisce l 'originario oggetto temporale", � dunque, per Husserl, il centro di
qualsiasi prob lematica costitutiva: ne � il punto di partenza, da cui la
conoscenza non pu� presci ndere. La fenomenologia, per sua intrinseca natura,
proprio perch� � una filosofia della de scrizione, non pu� avere una 'conclusione'.
Allo stesso modo, neppure delle lezion i di fenomenologia possono condurre a
risultati fissi e dogmatizzati. E' tuttavi a possibile, come Husserl fa nelle
ultime pagine dell'opera, delineare ci� che del la fenomenologia � il nucleo
tematico centrale: e qui Husserl trova una brillantez za definitoria che � molto
rara nell'ambito della sua produzione scientifica. Egli afferma che la
fenomenologia pu� definirsi come ricerca sull'"essenza della conos cenza". Ma in un
senso nuovo e ben preciso: in quanto descrizione della correlaz ione tra atto del
conoscere e oggetto della conoscenza. Questo problema non � psic ologico o
individuale, n� deve avere nascosti significati antropologici: la "riduz ione" -
cio� l'apparato di metodo della fenomenologia - permette di limitarsi alle
questioni della "conoscenza in generale", senza alcun riferimento a interessi p
arziali, alle soggettivit� che occupano una certa posizione nel mondo, all'io empi
rico che ha relazioni con un ambiente 'positivo' e pragmatico. E' in tal modo che,
nelle ultime righe dell'"Idea della fenomenologia", Husserl presenta quello che
possiamo considerare il "programma della fenomenologia", il programma cio� di una
filosofia che, nel suo centrarsi sull'esperienza, vuole esse re in primo luogo una
descrizione del 'farsi' stesso del senso. E il senso n� si f a n� si d� identico
una volta per tutte: il senso ha strati, forme, figure eccetera. Cos� la
fenomenologia deve guardare (cio� descrivere) e approfondire (cio� afferrarne le
essenze) tutte le fondamentali figure della conoscenza, connesse a tutte le
fondamentali figure di oggetti presenti nel nostro mondo circostante. E' questa
"correlazione nell'esperienza" il tema conoscitivo che Husserl vuole chiarificar e
in queste lezioni. Un tema che, in definitiva, si presenta come "fenomenologia
generale della ragione". Si pu� allora dire che, in questo senso, la fenomenologi a
non si identifica affatto con il suo metodo: il metodo costituisce semplicemen te
il filo conduttore per le indagini su campi specifici, sulle loro particolari t�
essenziali. Su questa strada va ancora sottolineato il senso del termine "idea",
che troviam o nel titolo delle lezioni. Molto spesso, infatti, nella tradizione
filosofica, esso ha un significato piuttosto generico, quale 'concetto', 'forma'
eccetera. I n Husserl va invece considerato nel suo senso specifico e originario,
che lo con nette all'etimologia greca. 'Idea' � infatti derivato dal verbo "idein",
che signi fica 'vedere'. Inoltre, a partire da Platone, 'idea' � pressoch� sinonimo
di un'altr a parola che ha la medesima radice, cio� "eidos" ('forma'), ovvero quel
che Husser l traduce con "essenza" ("Wesen"). Husserl allora, quando utilizza il
termine "i dea", vuole sottolineare entrambi questi aspetti. Intende cio�
manifestare che si deve in primo luogo andare alla ricerca dell'essenza della
fenomenologia. Ma il fatto che l'idea richiami la "visione" indica anche che
l'essenza cui si mira � se mpre e comunque il correlato di un atto di visione, di
un 'vedere'. Con "L'idea della fenomenologia" Husserl intende dunque evidenziare la
trama essenziale dell a fenomenologia stessa, senza la quale ogni possibile ricerca
costitutiva, anche corretta, non potrebbe ritenersi 'fondata'.

L'AUTORE. Edmund Husserl nasce l'8 aprile 1859 a Prossnitz, in Moravia, da una
famiglia eb
rea di estrazione medio-borghese. Dopo avere compiuto gli studi e conseguito la
licenza presso il liceo di Olm�tz (nel 1876) si iscrive all'Universit� di Lipsia,
se guendo i corsi di matematica e di fisica. Nel 1878 si trasferisce all'Universit�
d i Berlino, dove studia matematica avendo come maestri i famosi Kronecker e Weier
strass. Con quest'ultimo, ma all'Universit� di Vienna, nel 1883 discute una tesi s
ul calcolo delle variazioni. E' a Vienna che conosce Franz Brentano, di cui iniz ia
a seguire i corsi. Questo incontro risulter� fondamentale per lo sviluppo del p
ensiero di Husserl. Nel 1886 egli si converte alla religione evangelica e nel 1887
sposa una giovane maestra, anch'ella di origine ebraica e convertita. Sempre nel
1887 ottiene la libera docenza all'Universit� di Halle con lo studio "Sul concetto
di numero". Vie ne cos� nominato "Privatdozent" presso questo ateneo, in cui
lavorer� sino al 1901 c on grande intensit� e notevole impegno didattico. Il
periodo di Halle risulta molt o produttivo per Husserl. Infatti, nel 1891, pubblica
la "Filosofia dell'aritmet ica", dove molto evidente � l'influsso brentaniano,
innestatosi sui precedenti stu di matematici. Nel 1900 esce il primo vero e proprio
lavoro di fenomenologia, ci o� il primo volume delle "Ricerche logiche", i
fondamentali "Prolegomeni alla logi ca pura". Nel 1901 viene pubblicato il secondo
volume delle "Ricerche logiche", che comprende sei ricerche, in cui si articolano i
primi temi costitutivi della fenomenologia. Sempre nel 1901 Husserl � nominato
professore straordinario all'Uni versit� di Gottinga (ma dovr� attendere sino al
1906 per divenire professore titolar e). Durante il periodo di Gottinga Husserl, in
primo luogo attraverso l'attivit� d idattica, per lo pi� dedicata ai grandi
classici della filosofia moderna, dar� un pr imo assetto definitivo al suo
pensiero. Non sempre il suo lavoro � finalizzato all a pubblicazione: ma egli
scrive ugualmente, con il consueto metodo stenografico, migliaia di pagine di
analisi fenomenologica. Scrive anche i suoi corsi univers itari, all'interno dei
quali hanno grande importanza le lezioni tenute tra il 19 05 e il 1907 sul problema
del tempo, sull'idea della fenomenologia e sulla cosa spaziale. In questo periodo
instaurer� anche stretti rapporti scientifici con alli evi di Theodor Lipps, che
lavoravano nella vicina Universit� di Monaco. Nel 1911 H usserl pubblica l'articolo
"La filosofia come scienza rigorosa", in cui polemizz a sia con lo storicismo di
Dilthey sia con una visione positivista della scienza e della filosofia. Nel 1913
pubblica il primo volume delle "Idee per una fenome nologia pura e per una
filosofia fenomenologica". Gli altri due volumi che compo ngono l'opera usciranno
dopo la sua morte. Si evidenzia cos� una metodologia di ri cerca cui Husserl
rimarr� fedele per tutta la vita: pi� che concentrarsi su lavori ' finiti', da
pubblicare, egli preferisce dedicarsi alla concreta indagine filosof ica, che
origina migliaia di pagine, non sempre di facile decifrazione. Alla mor te di
Husserl saranno ben quarantamila le pagine del suo archivio (all'interno d el quale
si pongono, naturalmente, molti corsi universitari stenografati). Nel 1916, anno in
cui muore in guerra il figlio minore (episodio che lo segner� em otivamente per
l'intera esistenza), Husserl viene chiamato all'Universit� di Fribu rgo. Qui
incontra il giovane Martin Heidegger, che diverr� suo assistente e che, n el 1928,
gli subentrer� nella cattedra. Il contrasto con Heidegger si manifesta ne l 1927
quando, dovendo scrivere in collaborazione la voce "Fenomenologia" per l'
"Enciclopedia britannica", i due autori si renderanno presto conto della diffici le
conciliabilit� dei loro punti di vista. Tuttavia il fondamentale lavoro di Heid
egger, "Essere e tempo", che esce nel 1927, e dove pure � ben evidente il contrast
o con il maestro, � dedicato a Husserl. Nel 1928, a cura di Heidegger, ma raccolte
da un'allieva di Gottinga, Edith Stein, escono le "Lezioni sulla fenomenologia
della coscienza interna del tempo" (si tratta delle lezioni tenute nel 1905-06).
Husserl non � molto soddisfatto di tale lavoro e poco dopo la pubblicazione cessa
no definitivamente i rapporti scientifici e personali con Heidegger. Nel 1929 pu
bblica "Logica formale e trascendentale", un'opera scritta in pochi mesi, quasi a
ribadire pubblicamente, di fronte a nuove 'eresie', alcune linee fondamentali del
lavoro 'inedito'. Sempre nel 1929 Husserl tiene alla Sorbona di Parigi le no te
lezioni dal titolo "Meditazioni cartesiane", che verranno pubblicate in franc ese
nel 1931. Nel 1930 pubblica la "Postilla alle "Idee"", un breve scritto in c ui
implicitamente polemizza con alcune critiche rivolte al suo pensiero. Nel 193 3,
all'avvento del nazismo, Husserl viene radiato dal corpo accademico in quanto
ebreo (insieme con il figlio Gerhart, professore di diritto, che emigrer� negli S
tati Uniti). Reintegrato in seguito a vivaci proteste internazionali, verr� defini
tivamente allontanato nel 1936. Nel 1935 Husserl si reca a Vienna e a Praga per
tenere quelle conferenze sulla crisi dell'umanit� europea che costituiranno il nuc
leo originario dell'ultima grande opera, "La crisi delle scienze europee e la fe
nomenologia trascendentale". Le prime due parti di questo lavoro saranno pubblic
ate nel 1936-37 sulla rivista 'Philosophia' di Belgrado. Il 27 aprile 1938 Husse rl
muore a Friburgo e qui viene cremato; le sue ceneri saranno portate l'anno su
ccessivo a Lovanio, in Belgio. Lovanio diverr�, gi� a partire dall'anno seguente,
il centro degli studi husserliani . Temendo infatti la loro distruzione a opera dei
nazisti, padre H.L. van Breda, protagonista di un infaticabile e preziosissimo
lavoro, trasferisce all'Univers it� di Lovanio l'archivio dei manoscritti di
Husserl, proteggendoli anche dopo l'i nvasione nazista del Belgio. A opera dello
stesso van Breda e degli ultimi assis tenti di Husserl, L. Landgrebe ed E. Fink, �
subito avviata l'opera di trascrizion e e di preparazione per la stampa di tali
inediti. Con il patrocinio dell'Unesco ha avvio nel 1950 la pubblicazione delle
opere complete di Husserl, in una coll ana dal titolo "Husserliana". Anche se muta
leggermente nei vari curatori, il cr iterio di questa edizione � tendenzialmente
uniforme. Infatti, intorno a un'opera gi� pubblicata Husserl vivente, o ancora
inedita ma comunque 'compiuta' (come appu nto "L'idea della fenomenologia" o le
lezioni sulla cosa), sono organizzati i ma teriali affini che si possono ritrovare
nell'ampio corpus manoscritto.

AVVERTENZA. "L'idea della fenomenologia" � stata pubblicata per la prima volta nel
1950, come secondo volume della "Husserliana", con il titolo "Die Idee der
Ph�nomenologie. F�nf Vorlesungen". Il curatore � Walter Biemel, l'editore Martinus
Nijhoff dell'Aia. La prima edizione italiana � stata pubblicata dalla casa editrice
il Saggiatore di Milano nel 1981, a cura di Marino Rosso. Rosso riprende e rivede
il lavoro di t raduzione che era stato fatto dal suo maestro Andrea Vasa,
dell'Universit� di Fire nze, scomparso improvvisamente nel 1980. In una
"Avvertenza" il curatore dichiar a di avere sistemato dal punto di vista stilistico
la traduzione di Vasa e di av ere contestualmente risolto alcuni problemi di
traduzione che erano rimasti irri solti. Ne � risultato un lavoro di grande
importanza e seriet� scientifica. La traduzione del testo dell'"Idea della
fenomenologia" che qui presentiamo � quel la dell'edizione Vasa-Rosso, di cui
tuttavia non riproduciamo l'apparato di Note critiche, per favorire la leggibilit�
didattica del testo. L'edizione del Saggiat ore � preceduta da una "Introduzione"
di A. Vasa (pagine 9-40), che � uno scritto di grande importanza, al quale
rimandiamo. Esiste anche una traduzione francese di questo lavoro, curata da A.
L�wit e pubbli cata nel 1970 dalla P.U.F.

E. Husserl. L'IDEA DELLA FENOMENOLOGIA. Cinque lezioni. LINEA ARGOMENTATIVA DELLE


LEZIONI. * I numeri tra parentesi quadra si riferiscono ovunque all'impaginazione
dell'ed izione tedesca [nota di M. Rosso]. (*) [3] Pensiero naturale, nella vita
come nella scienza, noncurante delle diffi colt� circa la possibilit� della
conoscenza - pensiero filosofico, definito dal pren dere posizione sui problemi
circa tale possibilit�. Gli imbarazzi in cui si impigl
ia la riflessione sulla possibilit� di una conoscenza che colga le cose stesse: co
me pu� la conoscenza divenire certa di un suo accordo con le cose che sono in s�,
co me pu� "coglierle"? Che importa alle cose in s� dei movimenti del nostro pensare
e d elle leggi che li regolano? Esse sono leggi del nostro pensare, leggi
psicologic he. - Biologismo, (1) leggi psicologiche come leggi di adattamento.
Controsenso: riflettendo nel modo naturale sulla conoscenza e inquadrandola, ins
ieme col suo operato, nel sistema di pensiero naturale proprio delle scienze, ci si
imbatte sulle prime in teorie seducenti, che finiscono per� ogni volta in una
contraddizione o controsenso. - Tendenza all'aperto scetticismo (2). Gi� quel
tentativo, di una presa di posizione scientifica di fronte a questi probl emi, pu�
esser chiamato gnoseologia (3). Si fa in ogni caso strada l'idea di una g
noseologia come di una scienza che sciolga le difficolt� che qui ci stanno dinanzi
e fornisca un'ultima, chiara, e quindi in se stessa univoca e diretta intuizion e
dell'essenza della conoscenza e della possibilit� del suo operato. - La critica
della conoscenza in questo senso � la condizione della possibilit� di una
metafisica (4). Il metodo della critica della conoscenza: quello fenomenologico;
fenomenologia: la dottrina generale delle essenze, in cui si inquadra la scienza
che ha per ogg etto l'essenza della conoscenza. Ma che specie di metodo � questo?
Come pu� stabilir si una scienza della conoscenza quando la conoscenza in assoluto
� posta in questi one riguardo al suo senso e al suo operato? Quale metodo pu�
condurre a questo sco po? - A. Primo gradino della considerazione fenomenologica.
[4] 1) Sul cominciare stesso ci si trova a dubitare seriamente che una tale scie
nza sia affatto possibile. Se essa pone in questione ogni conoscenza, come pu� com
inciare, visto che ogni conoscenza scelta come punto di partenza resta, anch'ess a,
posta in questione? Eppure questa � una difficolt� solo apparente. Per il fatto c
he "� posta in questione", la conoscenza non � n� negata n� presentata come
qualcosa di cui si debba dubitare in tutti i sensi. La questione verte su certe
capacit� che l e vengono attribuite, mentre � ancora indeciso perfino se le
difficolt� riguardino t utti i possibili tipi di conoscenza. In ogni caso, se la
gnoseologia vuole dirig ersi sulla possibilit� della conoscenza, deve avere
conoscenze - intorno a possibi lit� di conoscenza - che siano indubbiamente tali,
anzi conoscenze nel senso pi� pre gnante, a cui la fondatezza ["Triftigkeit"] sia
connaturata, conoscenze - intorn o alla propria possibilit� di conoscenza - la cui
fondatezza sia assolutamente ind ubbia. Se � divenuto oscuro e dubbio in che modo
la fondatezza della conoscenza si a possibile, e se siamo portati a dubitare che
una cosa simile sia possibile, do bbiamo cominciare con l'avere davanti agli occhi
casi indubbi di conoscenze, o d i possibili conoscenze, che colgano effettivamente
o possano cogliere i loro ogg etti di conoscenza. All'inizio non ci � lecito
accettare nessuna conoscenza come c onoscenza, altrimenti non avremmo proprio
nessuno scopo perseguibile o, il che � l o stesso, nessuno scopo sensato. Qui � il
dubbio cartesiano (5) che ci offre un avvio: l'essere della "cogitatio", del
vissuto nel momento in cui lo si vive, e nel semplice riflettervi sopra, � ind
ubitabile; il diretto, guardante, (6) afferrare e possedere la "cogitatio" � gi� un
conoscere, le "cogitationes" sono le prime datit� assolute. 2) A questo si riannoda
in modo naturale la prima riflessione gnoseologica: In che consiste, in questi
casi, l'inquestionabilit�, e per contro, in altri casi di pretesa conoscenza, la
questionabilit�? Perch� in certi casi la tendenza allo sce tticismo, e l'eterna
domanda "come si pu� cogliere nella conoscenza un essere?", e perch� nel caso delle
"cogitationes" questo dubbio e questa difficolt� non si pongo no? [5] Sulle prime
si risponde - e questa � appunto la risposta pi� a portata di mano con la coppia di
concetti, o di parole, immanenza e trascendenza. (7) La conosc enza guardante che
si ha della "cogitatio" � immanente, la conoscenza che compete alle scienze
obbiettive - a quelle della natura e dello spirito, ma a ben riflet tere anche alle
scienze matematiche - � trascendente. Nelle scienze obbiettive sus
siste la problematicit� della trascendenza, cio� la questione: come pu� la
conoscenza andare oltre se stessa, come pu� cogliere un essere che non sia dato di
trovare ne ll'ambito della coscienza? Questa difficolt� viene a cadere quando si
tratta della conoscenza guardante della "cogitatio". 3) Sulle prime si � inclini, e
lo si d� per ovvio, a interpretare l'immanenza come i mmanenza materiale e
addirittura, in senso psicologico, come immanenza positiva: (8) nel vissuto di
conoscenza in quanto realt� positiva, o nella coscienza indivi duale cui il vissuto
appartiene, si troverebbe anche l'oggetto di conoscenza. Ch e nella medesima
coscienza e nel medesimo reale "adesso" l'atto di conoscenza po ssa trovare e
cogliere il suo oggetto, questo lo si d� per ovvio. L'immanente � in m e, dir� qui
il principiante, il trascendente fuori di me. A una pi� attenta considerazione,
tuttavia, immanenza materiale e immanenza nel se nso della datit� diretta (9) che
si costituisce nell'evidenza si separano. Ci� che � m aterialmente immanente vale
come indubitabile solo in quanto non rappresenta nul la d'altro, o non "intende"
nulla "oltre" s�, poich� ci� che qui viene inteso � anche da to direttamente in
senso pieno e in modo del tutto adeguato. Inizialmente nessun altro modo di datit�
diretta viene ancora preso in considerazione, oltre a quello del materialmente
immanente. 4) Sulle prime, quindi, la distinzione non vien fatta. Il primo gradino
della ch iarezza � insomma questo: quel che � materialmente immanente o, ci� che
qui vuol dire lo stesso, quel che � dato direttamente in modo adeguato, � fuori
questione, mi � leci to farne uso. Del trascendente (non materialmente immanente)
non mi � lecito fare uso, e quindi devo effettuare la riduzione fenomenologica,
l'esclusione di ogni posizione ["Setzung"] trascendente di realt� (10). [6] Perch�?
Se non mi � chiaro in che modo la conoscenza possa cogliere qualcosa che la
trascende, qualcosa che non � dato direttamente ma � "inteso oltre", certamente
nessuna delle conoscenze o scienze trascendenti potr� aiutarmi a ottenere chiarezz
a. E chiarezza � quel che voglio, voglio comprendere la possibilit� di quel
cogliere , e cio�, se prendiamo in attenta considerazione il senso di ci�: voglio
arrivare ad avere dinanzi agli occhi l'essenza della possibilit� di quel cogliere,
portare ta le essenza a datit�, guardandola. Un guardare non si lascia dimostrare;
il cieco c he vuole arrivare a vedere non vi arriver� attraverso dimostrazioni
scientifiche; le teorie fisiche e fisiologiche dei colori non danno alcuna
chiarezza guardante sul senso del colore come lo ha chi vede. Se dunque la critica
della conoscenza �, come risulta indubitabilmente dal nostro esame, una scienza che
sia tutta ed e sclusivamente intesa a far opera di chiarimento, e nei confronti di
ogni modo e forma di conoscenza, allora non pu� far uso di nessuna scienza di tipo
naturale; ( 11) essa non deve riferirsi ai loro risultati, ai loro accertamenti di
realt�; que sti rimangono per essa in questione. Tutte le scienze sono per essa
solo fenomen i di scienza ["Wissenschaftsph�nomene"]. Ogni suo siffatto rifarsi a
esse rapprese nta una fallace "met�basis". (12) Questa arriva a darsi, del resto,
solo attravers o uno slittamento del problema, fallace ma certo spesso difficile da
evitare: qu ello dalla spiegazione scientifico-naturale, di tipo psicologico, della
conoscen za come fatto naturale, al chiarimento della conoscenza riguardo alle
possibilit� essenziali del suo operato. Per evitare questo slittamento e rimanere
saldamente fermi col pensiero al senso della domanda intorno a quella possibilit�,
occorre d unque la riduzione fenomenologica. Questa dice: tutto il trascendente
(ci� che non mi � immanentemente dato) va provvisto di un indice di nullit�, cio�
la sua esistenza , la sua validit�, non va posta come tale ma, al pi�, come
fenomeno di validit� ["Gelt ungsph�nomen"]. (13) Di tutte le scienze, per esempio
dell'intera psicologia, dell 'intera scienza della natura, posso disporre solo come
di fenomeni, e non, dunqu e, come di sistemi di verit� che valgano per me, da usare
quali punti di partenza a titolo di premesse o anche solo di ipotesi. Il vero e
proprio senso di questo principio � dunque la costante richiesta di starsene
saldamente alle cose che sono in questione qui, nella critica della conoscenza, e
di non mescolare i problemi che si trovano qui con tutt'altri problemi. Il
chiarimento di possibilit� di cono scenza non si trova sulle vie della scienza
obbiettiva. Portare a evidente datit� diretta la conoscenza, e voler guardare con
ci� l'essenza del suo operato, non sig nifica dedurre o indurre o calcolare o altro
del genere, non significa derivare con fondamento cose nuove da cosa gi� date, o
che valgano come date.
- B. Secondo gradino della considerazione fenomenologica. Occorre a questo punto un
nuovo piano di considerazioni per portare a un pi� alto livello di chiarezza
l'essenza dell'indagine fenomenologica e dei suoi problemi. 1) Per prima cosa,
anche la "cogitatio" cartesiana ha bisogno della riduzione fe nomenologica. Non il
fenomeno psicologico che si d� nell'appercezione e nell'obbie ttivazione
psicologica � realmente una datit� assoluta, ma solo il fenomeno puro, qu ello
ridotto. L'io che esperisce, l'io-oggetto, l'essere umano nel tempo cosmico , cosa
fra le cose eccetera, non � una datit� assoluta, e non lo � quindi neppure il v
issuto inteso come suo vissuto. Noi abbandoniamo definitivamente il terreno dell a
psicologia, (14) anche di quella descrittiva. Con ci� viene anche ridotta la dom
anda che inizialmente ci urgeva: come io, questo essere umano, possa cogliere ne i
miei vissuti un essere in s�, all'esterno - diciamo -, fuori di me, e simili; al
posto di questa complessa domanda, gi� fin dall'inizio polisensa e, a causa della
sua carica trascendente, equivoca, sottentra ora la pura domanda di fondo: come pu�
il puro fenomeno di conoscenza cogliere qualcosa che non gli sia immanente, c ome
pu� l'assoluta datit� diretta della conoscenza cogliere una non-datit�-diretta
(15 ) ["Nicht-Selbstgegebenheit"], e come si deve intendere questo cogliere?
Contemporaneamente si riduce il concetto di immanenza materiale: questa non comp
orta pi� l'immanenza positiva, l'immanenza nella coscienza dell'essere umano e nel
fenomeno psichico positivo. 2) Una volta che abbiamo fenomeni direttamente
guardati, sembra che abbiamo con ci� anche una fenomenologia, una scienza di questi
fenomeni. [8] Ma appena cominciamo da questo lato, avvertiamo una certa
ristrettezza, il c ampo dei fenomeni assoluti - presi nella loro individualit� -
non sembra sufficien te a soddisfare le nostre intenzioni. Che cosa possono
fornirci i singoli sguard i, per quanto possano portarci a datit� diretta, e in
tutta sicurezza, delle "cogi tationes"? Che sul fondamento di questi sguardi si
possano eseguire operazioni l ogiche, stabilire confronti e distinzioni, si possa
concettualizzare, predicare, appare sulle prime ovvio, bench� ci siano dietro tutto
questo nuove oggettivit�, co me risulter� pi� avanti. Ma anche concessa questa
ovviet� e non volendo pi� discuterla, non � dato vedere come si lascerebbero
compiere asserzioni universalmente valide c ome quelle che qui ci occorrono. Una
cosa sembra per� soccorrerci: l'astrazione ideante. (16) Essa ci offre univers
alit� che permettono di capire, specie, essenze, e con ci� sembra detta la parola
ri solutiva: dopotutto noi cerchiamo una chiarezza guardante intorno all'essenza de
lla conoscenza. La conoscenza rientra nella sfera delle "cogitationes", cos� noi d
obbiamo - guardando - innalzare le sue oggettualit� universali alla coscienza d'un
iversalit�, e una dottrina dell'essenza della conoscenza diverr� possibile. Noi
comp iamo questo passo rifacendoci a una considerazione di Descartes sulla
percezione chiara e distinta.(17) L'"esistenza" della "cogitatio" � garantita dalla
sua asso luta datit� diretta, dalla sua datit� nella pura evidenza. Dovunque poi
abbiamo pura evidenza, puro guardare e afferrare relativi a un'oggettivit�, in modo
diretto e autentico, l� noi abbiamo gli stessi diritti, la stessa indiscutibilit�.
Questo pass o ci ha fornito una nuova oggettivit� come datit� assoluta,
l'oggettivit� d'essenza, e poich� gli atti logici, che si manifestano nel discorso
enunciativo sulla base di ci� che si scorge, da principio rimangono inosservati,
emerge subito a questo pun to il campo degli enunciati d'essenza, e dei rispettivi
stati di cose generali, dati nel puro guardare. In modo quindi dapprima non
separato dai singoli casi di datit� dell'universale. 3) Con questo abbiamo gi�
tutto? Abbiamo la fenomenologia, pienamente delimitata, e il fatto, chiaro e ovvio,
di possedere ci� che ci occorre per una critica della conoscenza? E siamo in chiaro
circa i problemi che sono da risolvere? [9]. No, il passo che abbiamo compiuto ci
spinge pi� avanti. Prima di tutto ci rende ch iaro che l'immanenza materiale (come
la rispettiva trascendenza), � solo un caso s peciale del pi� ampio concetto di
immanenza in generale. Assolutamente dato e mate rialmente immanente ora non sono
pi� tutt'uno, in modo ovvio e inavvertito; infatt i l'universale � assolutamente
dato ma non � materialmente immanente. La conoscenza
dell'universale � qualcosa di individuale, � sempre un momento nella corrente della
coscienza; ma l'universale stesso, che � dato in essa con evidenza, non � qualcosa
d i individuale, ma appunto qualcosa di universale, che perci�, in senso materiale,
� trascendente. Conseguentemente il concetto di riduzione fenomenologica acquista
una determinaz ione pi� precisa e pi� profonda e un senso pi� chiaro; non gi�
esclusione di ci� che � mater ialmente trascendente (forse addirittura in senso
empirio-psicologico), ma esclu sione del trascendente in assoluto, come di
un'esistenza da accettare, ovvero es clusione di tutto ci� che non � evidente
datit� in senso schietto, assoluta datit� del p uro guardare. Ma naturalmente
rimane valido tutto quello che dicevamo: validit� e realt� di fatto,
scientificamente ottenute per induzione o deduzione, o derivate a partire da
ipotesi, da fatti reali o da assiomi eccetera, restano escluse e amm issibili solo
come "fenomeni", e allo stesso modo resta naturalmente escluso ogn i ricorso a
qualsiasi "sapere", a qualsiasi "conoscenza"; l'indagine deve appunt o mantenersi
nel campo del puro guardare, ma non perci� fermarsi al materialmente immanente;
essa � indagine nella sfera della pura evidenza, e precisamente indagin e
d'essenza. Noi abbiamo anche detto che il suo campo � l'a priori nell'ambito del
l'assoluta datit� diretta (18). Insomma, il campo � ora caratterizzato cos�; � un
campo di conoscenze assolute, per il quale l'io e il mondo e Dio e le molteplicit�
matematiche e tutte le altre possib ili oggettivit� della scienza rimangono in
sospeso, conoscenze che non dipendono d unque da tali oggettivit�, conoscenze che
valgono quel che valgono, che si sia sce ttici o no rispetto a quelle. Tutto ci�
resta dunque assodato. Ma il fondamento di tutto ci� sta nell'afferrare il senso
dell'assoluta datit�, dell'assoluta chiarezza dell'esser-dato, che esclude ogni
dubbio che abbia senso, ovvero, in una parola , il senso dell'evidenza che guarda
assolutamente e afferra direttamente. [10] N ella scoperta di questa evidenza
consiste in certa misura il significato storico del dubbio cartesiano. Ma scoprire
e lasciar cadere fu in Descartes tutt'uno. ( 19) Noi non facciamo nulla pi� che
intendere in modo puro e condurre conseguenteme nte avanti quanto era gi� contenuto
in quell'antica intuizione. - E' in questo con testo che noi ci siamo polemicamente
confrontati con l'interpretazione psicologi stica dell'evidenza come sentimento. -
C. Terzo gradino della considerazione fenomenologica. Ora occorre tuttavia un nuovo
piano di riflessioni, per sollevarci a un pi� alto l ivello di chiarezza sul senso
della fenomenologia e della problematica fenomenol ogica. Fin dove arriva la datit�
diretta? E' ristretta alla datit� della "cogitatio", e del le ideazioni che la
colgono nel mondo della generalit� ["generell"]? Fin dove essa arriva, <arriva> (*)
la nostra sfera fenomenologica, la sfera dell'assoluta chi arezza o dell'immanenza
in senso schietto. * Le parentesi uncinate indicano, qui e in seguito,
un'integrazione dell'editore tedesco [nota di M. Rosso]. Siamo stati condotti un
poco pi� nel profondo, e nel profondo giacciono le oscurit� e nelle oscurit� i
problemi. All'inizio tutto sembrava semplice e tale da non richiederci affatto un
lavoro m olto difficile. Il pregiudizio dell'immanenza come immanenza materiale,
come se tutto dipendesse appunto da questa, si pu� ben rifiutare, ma all'immanenza
materia le sulle prime si rimane tuttavia attaccati, almeno in un certo senso.
Sembra su lle prime che la considerazione d'essenza "[Wesensbetrachtung"] non abbia
che da cogliere nel modo della generalit� ci� che � materialmente immanente nelle
"cogitatio nes", e da stabilire i rapporti che sulle essenze si fondano; una facile
cosa, d unque, apparentemente. Si esercita la riflessione, si guarda indietro ai
propri atti, si lasciano valere i loro contenuti materiali cos� come sono, purch�
sottopost i a riduzione fenomenologica; e questa sembra l'unica difficolt�. E a
questo punto , naturalmente, non rimane nient'altro che elevare ci� che si guarda
alla coscienz
a d'universalit� (20). La cosa diviene per� meno agevole quando ci mettiamo a
guardare le datit� pi� da vicin o. Per prima cosa: le "cogitationes", che noi
prendiamo, in quanto semplici dati t�, per qualcosa di niente affatto misterioso,
nascondono ogni sorta di trascenden ze [11]. Se noi osserviamo pi� da vicino e
facciamo ora attenzione a come nel vissuto, poni amo, d'un suono, anche in s�guito
a riduzione fenomenologica, si contrappongono l' apparenza e ci� che appare, e si
contrappongono nel bel mezzo della pura datit�, e q uindi dell'autentica immanenza,
diveniamo diffidenti. Poniamo che il suono duri: abbiamo, data nell'evidenza,
l'unit� del suono e della sua estensione temporale, con le sue fasi temporali, con
la fase "adesso" e con le fasi "passato"; e d'alt ra parte, se esercitiamo la
riflessione, abbiamo il fenomeno del durare del suon o, che � anch'esso qualcosa di
temporale, ha la sua fase "adesso" di volta in volt a in atto e le fasi "esser-
stato". E in una fase "adesso" di tale fenomeno, pres a tra le altre, non c'�
oggettualmente solo l'adesso del suono stesso, ma l'adesso del suono � solo un
punto in una durata di suono (21). Questo accenno basta gi� - dettagliate analisi
saranno in s�guito dedicate ai nostri compiti speciali - per renderci attenti al
fatto nuovo: il fenomeno della perce zione del suono, e proprio della percezione
evidente e ridotta, richiede all'int erno dell'immanenza una distinzione fra
l'apparire e ci� che appare. Abbiamo dunqu e due datit� assolute, la datit�
dell'apparire e la datit� dell'oggetto, e l'oggetto, all'interno di questa
immanenza, non � immanente nel senso materiale, non � una porz ione ["St�ck"]
dell'apparire: le fasi passate della durata di suono sono infatti a ncora adesso
oggettuali, e tuttavia non materialmente contenute nell'adesso dell 'apparire.
Insomma, quello che abbiamo riscontrato a proposito della coscienza d
'universalit�, il suo essere una coscienza nella quale si costituisce una datit�
dir etta che non � contenuta nell'effettualit� materiale ["im Reellen"] e che non �
dato a ffatto trovare come "cogitano", lo riscontriamo anche nel fenomeno della
percezi one (22). Al livello minimo d'indagine, nello stato di ingenuit�, pare
sulle prime che l'evi denza sia un mero guardare, uno sguardo insostanziale dello
spirito, uno e lo st esso da ogni parte e privo in s� di ogni differenza: il
guardare guarda appunto le cose, le cose sono semplicemente l�, e l� nella
coscienza, nel guardare davvero evi dente, e il guardare si dirige appunto
semplicemente su di esse. [12] O, con un' immagine presa dall'altra capacit�
sensoriale: c'� un diretto afferrare o prendere o indicare qualcosa, che
semplicemente �, ed � l�. Ogni distinzione <�> quindi nelle cose , che sono per s�,
e da s� presentano differenze. Quanto diverso risulta, a un'analisi pi� precisa, il
guardare le cose! Si mantenga pure, sotto il nome di attenzione, l'indescrivibile
guardare privo di differenz iazioni: si rivela comunque che non ha propriamente
nessun senso parlare di cose che siano semplicemente l�, e richiedano solo di
essere osservate; si rivela al c ontrario che questo "semplice esser l�" � certi
vissuti di struttura specificata e v ariabile, quali percezione, fantasia, ricordo,
predicazione, e cos� via; e che in essi le cose non sono - diciamo - come in un
guscio o in un vaso, ma vi si costi tuiscono, (23) e non � dato affatto
ritrovarvele materialmente. L'"esser dato dell e cose" vuol dire il loro
presentarsi ["sich darstellen"] cos� e cos� in quei fenome ni (l'esser
rappresentate ["vorgestellt sein"]). Ma non � che allora le cose, anco ra una
volta, esistano per s�, e "spediscano all'interno della coscienza i loro ra
ppresentanti ["Repr�sentanten"]". Una cosa simile non pu� venirci in mente
nell'ambi to della riduzione fenomenologica; invece le cose sono, e sono date
direttamente , e lo sono nell'apparenza e in virt� dell'apparenza; esse sono o
valgono s� come se parabili individualmente dall'apparenza, per quel tanto che
questa o quella sing ola apparenza (coscienza di datit�) non � rilevante, ma
essenzialmente, secondo l'es senza, ne sono inseparabili. Si mostra quindi da ogni
parte questa meravigliosa correlazione tra fenomeno di conoscenza e oggetto di
conoscenza. (24) Ora noi po ssiamo notare che il compito della fenomenologia, o
piuttosto il campo dei suoi compiti e delle sue ricerche, non � affatto una cosa
cos� banale come se si avesse s olo da guardare o soltanto da aprire gli occhi. Gi�
nei primi e pi� semplici casi, n elle forme inferiori di conoscenza, si fanno
incontro alla pura analisi e alla c onsiderazione d'essenza le pi� grosse
difficolt�; � facile parlare in generale della c
orrelazione, ma molto difficile mettere in chiaro il modo in cui un oggetto di c
onoscenza si costituisce nella conoscenza. [13] E adesso il compito � pur questo:
approfondire tutte le forme di datit� e tutte le correlazioni, nell'ambito della p
ura evidenza o della datit� diretta, e su tutte esercitare l'analisi chiarificatri
ce. E naturalmente non entrano allora in considerazione solo i singoli atti, ma
anche le loro formazioni complesse, i loro contesti di accordo e disaccordo e le
teleologie che qui vengono in luce. Questi contesti non sono agglomerati, ma un it�
combinate in modo tutto particolare, quasi combacianti, unit� di conoscenza che
come unit� conoscitive hanno i loro unitali correlati oggettuali. Quindi anche que
sti contesti sono da annoverare tra gli atti di conoscenza, e i loro tipi sono t
ipi di conoscenza, e le forme che vi trovano luogo sono forme di pensiero e di i
ntuizione (non intendendo qui l'espressione in senso kantiano). (25) Vale ora la
pena di seguire passo passo le datit� nelle loro diverse modalit�, quelle autentich
e e quelle non autentiche, quelle semplici e quelle composte, quelle che si cost
ituiscono per cos� dire d'un sol colpo e quelle che vengono costruendosi, per loro
essenza, solo gradualmente, quelle che valgono in modo assoluto e quelle che ne l
processo conoscitivo si appropriano una datit� e una piena validit� solo attravers
o un incremento illimitato. Su questa strada arriviamo anche a comprendere, infine,
come si possa cogliere n ell'atto di conoscenza l'oggetto positivo trascendente
(come si possa conoscere la natura) quale � intenzionato da principio, e come il
senso di questa intenzione si riempia gradualmente nel crescente contesto di
conoscenza (solo che tale con testo abbia le forme appropriate che appartengono
appunto alla costituzione dell 'oggetto esperienziale). Comprendiamo allora come
l'oggetto esperienziale costit uisca in modo continuo, e come proprio questo modo
di costituzione gli sia presc ritto: comprendiamo che l'oggetto esige per sua
essenza proprio una tale costitu zione graduale. E' chiaramente su questa strada
che si trovano le forme metodolo giche determinanti per ogni scienza e costitutive
delle forme di datit� di ogni sc ienza, e qui si trova anche il modo di chiarire la
teoria della scienza, e con c i�, implicitamente, il chiarimento di tutte le
scienze; ma certo solo implicitamen te, vale a dire che la critica della conoscenza
sar� abilitata a criticare ogni si ngola scienza e con ci� abilitata alla propria
utilizzazione metafisica, quando qu esto enorme lavoro di chiarimento sar� stato
fatto [14]. Questi sono dunque i problemi della datit�, i problemi della
costituzione di ogget tualit� d'ogni specie nella conoscenza. (26) La fenomenologia
della conoscenza � sci enza dei fenomeni di conoscenza del doppio senso, da una
parte delle conoscenze come apparenze, rappresentazioni, atti di coscienza, in cui
si presentano queste o quelle oggettualit� e se ne diviene consapevoli
(passivamente o attivamente); e dall'altra parte � scienza di queste oggettualit�
stesse in quanto in tali forme si presentano. La parola fenomeno ha un doppio senso
per via dell'essenziale corre lazione fra l'apparire e ci� che appare. (27) "Phain�
menon" vuol dire propriamente ci� che appare, e tuttavia � usato di preferenza per
l'apparire stesso, per il fenom eno soggettivo (se � permessa questa espressione
che si presta a essere fraintesa in modo grossolanamente psicologico). Nella
riflessione diviene oggetto la "cogitatio", l'apparire stesso, e questo fa vorisce
il formarsi dell'equivoco. Infine non occorre sottolineare di nuovo che quando si
parla di indagine sugli oggetti di conoscenza e sui modi della conosce nza, si
intende sempre un'indagine d'essenza, che evidenzia nel modo della gener alit�,
nella sfera della datit� assoluta, il senso ultimo, la possibilit� e l'essenza
dell'oggettualit� della conoscenza e della conoscenza dell'oggettualit�.
Naturalment e la fenomenologia generale della ragione deve anche risolvere i
problemi parall eli della correlazione fra valutazione e valore eccetera. (28) Se
la parola feno menologia venisse usata in modo cos� largo da comprendervi <l'>
analisi di ogni da tit� diretta, verrebbero con ci� a confluire dati che pure sono
privi di connessione : analisi delle datit� sensibili secondo le loro diverse
specie, e cos� via; l'eleme nto comune si troverebbe allora nell'aspetto
metodologico dell'analisi d'essenza in quanto condotta nella sfera dell'evidenza
immediata.
LEZIONE 1. "Atteggiamento naturale di pensiero e scienza [17]. Atteggiamento
filosofico (ri flessivo) di pensiero [18]. Le contraddizioni della riflessione
sulla conoscenza nell'orientamento naturale [20]. Il doppio compito della vera
critica della con oscenza [22]. La vera critica della conoscenza come fenomenologia
della conoscen za [23]. La nuova dimensione della filosofia; il suo proprio metodo
di contro al la scienza [24]." In lezioni precedenti ho distinto fra scienza di
tipo naturale e scienza filosof ica: la prima sgorga dall'atteggiamento naturale
dello spirito, la seconda dall' atteggiamento filosofico (29). L'atteggiamento
naturale dello spirito � ancora ignaro d'ogni preoccupazione di cr itica della
conoscenza. Nell'atteggiamento naturale dello spirito noi siamo rivo lti, sia
nell'intuire sia nel pensare, verso le cose che ci sono date di volta i n volta, e
date in modo del tutto ovvio, anche se in diversa guisa e diversi mod i d'essere, a
seconda della fonte conoscitiva e del piano conoscitivo in questio ne. Nella
percezione, per esempio, una cosa ci sta davanti agli occhi, in modo a ffatto
ovvio; essa � l�, in mezzo alle altre cose, viventi e prive di vita, animate e
inanimate, e quindi in mezzo a un mondo che in parte cade sotto la percezione, come
le cose singole, in parte � anche dato nelle connessioni della memoria, e da qui si
estende verso l'indeterminato e lo sconosciuto. A questo mondo si riferiscono i
nostri giudizi. Sulle cose, sulle loro relazioni e i loro mutamenti, sulla
dipendenza funzionale di tali mutamenti e sulle leggi del mutamento, noi costruiamo
enunciati, parte individuali e parte universali. Noi esprimiamo ci� che la diretta
esperienza ci fornisce. (30) Seguendo le motivaz ioni dell'esperienza, concludiamo
da ci� che abbiamo direttamente esperito (percep ito o ricordato) al non esperito;
generalizziamo, e riportiamo poi di nuovo la c onoscenza universale ai casi
singoli, oppure, come nel pensare analitico, deduci amo da conoscenze universali
nuove universalit�. Le conoscenze non seguono semplic emente ad altre conoscenze
nel modo di un vuoto allinearsi: entrano l'una con l' altra in rapporti logici,
conseguono una dall'altra, si "accordano" reciprocamen te, si confermano, come a
rafforzare il loro peso logico. D'altra parte le conoscenze entrano l'una con
l'altra anche in rapporti di contr addizione e di conflitto: non si accordano tra
loro, sono tolte via da una conos cenza pienamente confermata, abbassate a semplici
pretese di conoscenza. [18] Fo rse le contraddizioni sgorgano dalla sfera di leggi
della pura forma predicativa : possiamo essere incorsi in qualche equivocazione,
aver seguito qualche sofisma , esserci ingannati nel contare o nel calcolare. E se
le cose stanno cos�, ristabi liamo l'accordo formale, sciogliamo le equivocazioni,
e simili. Oppure le contra ddizioni disturbano il contesto di motivazioni che
sostiene l'esperienza: ragion i empiriche entrano in conflitto con altre ragioni
empiriche. Come ce la caviamo allora? Ebbene, mettiamo sulla bilancia le ragioni
per le diverse possibili dec isioni e spiegazioni, e le pi� deboli devono cedere
alle pi� forti, che poi, a loro volta, varranno finch� appunto resisteranno: cio�
finch� non debbano sostenere una sim ile lotta contro nuove motivazioni di
conoscenza che una pi� larga sfera di conosc enze pu� introdurre. Cos� progredisce
la conoscenza natural

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