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IL MISTERO DELLA MORTE DI IPPOLITO NIEVO

Il battello a vapore Ercole salpò dal molo Arsenale di Palermo il 4 Marzo del 1861, in una giornata di sole.
Tale battello, di costituzione inglese, andava sia a vapore sia a vela ed aveva una lunga storia di trasporti civili e militari
nel Tirreno.
Su di esso viaggiava Ippolito Nievo, patriota e letterario, cronista della spedizione di Garibaldi con un gruppo di
funzionari dell'amministrazione militare che l'anno prima aveva gestito le finanze nella spedizione dei Mille (anno 1860):
custodivano infatti due casse contenenti varie fatture e mezzo milione di piastre.
L'amministrazione dei Mille era finita sotto inchiesta per via di calunnie di ogni genere atte a screditare la più libera
avventura del Risorgimento, sotto le quali s'intuiva una manovra politica della Destra conservatrice che le carte presenti
sull'Ercole avrebbero completamente confutato: i conti della Spedizione, infatti, sarebbero stati sottoposti al Parlamento
piemontese.

L'Ercole salpò circa alle 12:55 quando il mare era calmo, ma il giorno dopo, alle 5 del mattino, si trovò in piena tempesta.
Alle 10, tuttavia, il mare fu di nuovo calmo. La Pompei, la nave partita tre ore dopo rispetto all'Ercole, attraccò tra il molo
Angioino ed il Piliero del porto di Napoli, ma non si ebbe traccia di alcun attracco dell'Ercole stesso.
Passarono undici giorni dove la situazione fu lasciata al suo destino, forse per motivi d'ordine o per altre ragioni, forse.
Dopo questi, il 17 Marzo 1861, nacque il Regno d'Italia.

Vi furono poi indagini, polemiche e pure un'inchiesta ministeriale, ma non si riuscì a far luce sul mistero. Fu possibile
stabilire solamente che l'Ercole, secondo gran parte della tesi, affondò presumibilmente tra Punta Campanella e le
piccole Bocche di Capri, a causa di uno scoppio delle caldaie.
Questo testimoniato dalle persone presenti sul Pompei, le quali osservarono la scena da trecento metri di distanza: la
chiglia dell'Ercole sbatteva ancora a galla, scivolando sulle onde.
Un'altra nave, inglese, intravide l'Ercole al momento di inabissarsi e, preso il punto, scrisse sul diario di bordo:
Avvistato relitto vapore alla deriva a 150 miglia da Palermo su rotta Palermo Napoli.
Cento anni dopo, quando le poste italiane emisero un francobollo commemorativo di Ippolito Nievo, suo nipote Stanislao
Nievo decise di riprendere le ricerche per chiarire un mistero che lo assillò per anni.

Stanislao Nievo, morto da poco a Roma, era un milanese, giornalista e fotografo, regista di documentari, di 47 anni, che
raccontò in un libro intitolato Il prato in fondo al mare la storia del suo zio scomparso e degli otto anni che egli passò a
cercarne traccia.
Il racconto ruota intorno ad un istante di vita e di morte in una notte di tempesta: il momento in cui le macchine di una
vecchia nave da trasporto vengono messe in funzione, le caldaie scoppiano e l'Ercole cola a picco. Quali furono le vere
cause della tragedia? È sufficiente la testimonianza del Pompei, se non è stato ritrovato manco un singolo, anche
piccolo, relitto?
Questi furono i motivi che spinsero Stanislao alla ricerca durata otto anni.
Egli rivoltò gli archivi delle emeroteche, i musei, si affidò alla parapsicologia, si spinse perfino sotto gli oceani, aiutato da
dieci uomini di mare più tre amici intimi, Radogna, Polenta e Gnetti, più due ingegneri con esperienza subacquea, Santi
e Piccard, per cercare qualche traccia, ma persino perlustrando i fondali non ci fu verso di ottenere qualche
informazione.

Addirittura Stanislao Nievo si mosse in Olanda da Gerard Croiset, un uomo di sessant'anni con curiose capacità di
veggenza, premonizione ed indagini su persone scomparse, anche impiegato dalla polizia olandese per ricerche di
persone annegate.
Quando fecero le ricerche in mare tra Punta Campanella e Capri, dopo neanche un'ora Croiset affermò, ad un certo
punto, L'Ercole è qui. Fece alcuni disegni su un foglio e poi disse a Stanislao che gli avrebbe scritto tra quindici giorni.
Dopo questi a Stanislao arrivò dall'Olanda un nastro che diceva le seguenti parole:
Il vascello è a circa 200 metri dalla roccia che ho segnato la prima volta. Si trovano i seguenti relitti: un quadrato a
cornice di ferro di circa metri 1.70; un oggetto metallico, forse una catena, a 10 metri di distanza; tronchi, pezzi d'albero
e tubi; sotto Punta Campanella c'è anche una tuta di palombaro con residui di un corpo; c'è anche un rottame di ferro
piegato e qualcosa in cemento armato con vicino una cassa contenente qualcosa di valore.
Furono fatte poi diverse nuove immersioni con diversi sommergibili, arrivando sempre più in profondità.
Purtroppo tutto ciò che si tentò di far emergere in superficie si distrusse lungo il percorso e ritornò sul fondale.
Stanislao fece un ultimo disperato ritorno alla parapsicologia, ma alla fine dovette arrendersi.
Il sommozzatore Renato Sincero, napoletano di Posillipo, disse un giorno:
Su un fondale di Punta Campanella, a circa 43-44 metri, ho visto un fumaiolo che potrebbe anche essere quello della
nave che cercavamo.

Il mistero dell'Ercole non è stato mai chiarito.

http://www.lisolaweb.com/it/a/la-nave-dei-mille-inghiottita-dal-mare

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