Nel corso del Novecento le certezze della cultura occidentale non sono state messe in discussione solamente sul piano strettamente filosofico, ma anche in molti altri settori, a partire da quello scientifico.
Fra le molte novità radicali che caratterizzano la fisica contemporanea, accanto
alla teoria dei quanti ed alla relatività einsteiniana, meritano di essere citate due concezioni che hanno modificato il solido impianto del meccanicismo, che aveva dominato la cultura scientifica fra XVII e XIX secolo, nonché per alcuni versi il concetto stesso di verità, messo in crisi parallelamente dalle corrosive riflessioni nietzscheane.
Ci riferiamo alla possibilità di spiegazioni multiple in ambito fisico e al
principio di indeterminazione formulato da Heisenberg. La prima concezione nacque in riferimento alla spiegazione di alcuni fenomeni ottici e alla connessa questione della natura – ondulatoria o corpuscolare – della luce. Dopo molti anni di discussione, ci si rese conto che le due ipotesi non potevano essere considerate alternative e che anzi la luce doveva essere spiegata contemporaneamente in termini di corpuscoli (fotoni) e di onde: mentre infatti certi fenomeni che la riguardano possono essere interpretati solo in base alla teoria corpuscolare, altri implicano necessariamente il ricorso a quella ondulatoria.
L’idea che due spiegazioni scientifiche reciprocamente contraddittorie sul piano
logico (la luce è o non è un insieme di corpuscoli; è o non è un onda) possano e debbano essere accettate entrambe per salvare i fenomeni sconvolgeva la solidità del determinismo meccanicistico classico, che aveva sempre presupposto l’univocità dei rapporti causali e quindi delle teorie che ne rendono conto. Ma il principio di causalità venne eroso nel Novecento anche dalle considerazioni di Heisenberg, secondo il quale è impossibile determinare con precisione e contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella subatomica, in quanto l’intervento dell’osservatore – strutturalmente ineliminabile – fa sì che con quanto maggiore rigore viene definito uno dei due aspetti, tanto più imprecisa risulta la misurazione dell’altro.
Anche sul terreno della scienza, dunque, parallelamente a quanto avveniva in
altri ambiti culturali, le certezze della modernità venivano messe in discussione dalla riflessione novecentesca: si tratta, anche in questo caso, del venir meno della solidità della struttura del reale. E anche in questo caso, più che di un rifiuto o di un attacco frontale alle teorie precedenti, si tratta di una loro rivisitazione che ne ridimensiona la portata e le indebolisce nelle loro pretese di assolutezza: il principio di indeterminazione, per esempio, non nega la validità del determinismo, ma la limita a un certo livello di approfondimento dell’indagine sulla realtà, escludendone invece la piena utilizzabilità man mano che dalla dimensione macroscopica si passi a quella subatomica: e si ricordi che il medesimo discorso potrebbe valere anche per la teoria della relatività che riconosce entro certi ambiti il valore della fisica newtoniana.
Questo atteggiamento “ironico” della scienza novecentesca nei confronti di
quella moderna configura le specifiche modalità del suo distacco e al tempo stesso del suo intimo legame con essa. E’ tuttavia curioso notare che, mentre per alcuni versi la scienza contemporanea prende le distanze dalla modernità deterministica e meccanicistica – e si configura quindi come una scienza per alcuni versi “postmoderna” – essa trova interessanti corrispondenze in alcune concezioni fisiche dell’antichità, in particolare in alcune tesi di Epicuro, che pure si muoveva sotto molti aspetti nel filone inaugurato da Democrito, prototipo del meccanicismo nei primi secoli della cultura occidentale.
Anche per il filosofo ellenistico, infatti, vale il principio delle spiegazioni
multiple dei fenomeni fisici; così come della possibilità di un clinamen, di una deviazione imprevedibile e totalmente casuale nel movimento degli atomi – sia pur minima e riguardante solamente le parti minime della materia - tale da rompere le leggi del determinismo assoluto, senza peraltro mettere radicalmente in discussione l’ordine dei fenomeni naturali.
Si deve naturalmente ricordare che l’interesse di Epicuro era prevalentemente
etico: in assenza della possibilità di determinare in ogni caso con certezza l’unica spiegazione valida di uno specifico fenomeno, è bene comunque poterne avanzare alcune possibili interpretazioni, che ci consentano in ogni caso di escludere il ricorso a potenze divine e ci garantiscano con ciò la serenità dell’animo; e la declinazione incausata degli atomi è anche e soprattutto una garanzia di libertà dell’uomo e quindi della sua possibilità di scegliere un comportamento appropriato al raggiungimento del piacere e della felicità.
Ma è comunque interessante rilevare le innegabili convergenze fra le intuizioni
di questo antico pensatore e le concezioni emerse nel Novecento dalla crisi e dal superamento della fisica moderna.