Un esercito di spazzaturai
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Book preview
Un esercito di spazzaturai - Lorenzo Fontana
a cura di Franco Forte
Lorenzo Fontana
Un esercito di spazzaturai
Romanzo breve
Prima edizione giugno 2015
ISBN 9788867758180
© 2015 Lorenzo Fontana
Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.
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Indice
Il libro
L'autore
Un esercito di spazzaturai
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
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In questa collana
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Il libro
Firenze 1849: una città occupata, un generale ucciso e un condannato a morte da salvare.
Firenze, giugno 1849. Un giovane fiorentino viene condannato a morte per l'omicidio di Manfred Von Reichelt, generale dell'esercito austriaco che sta occupando la città. Il padre del ragazzo chiede aiuto a Rigo Piccini, ufficiale della guardia nazionale da poco disciolta, che si lancerà in un'indagine all'apparenza impossibile nella Firenze risorgimentale, tra principi stranieri e magnifiche dame, nobiluomini avvinazzati e artisti dall'immenso talento. Con pochissimo tempo a disposizione e senza alcun potere ufficiale, Rigo si troverà di fronte al muro innalzato dagli invasori, comandati dall'inflessibile feldmaresciallo d'Aspre. Per abbatterlo dovrà ricorrere ai servigi di un esercito molto meno famoso: quello degli spazzaturai.
L'autore
Lorenzo Fontana è un ingegnere lucchese, classe '74. Nei Gialli Mondadori ha pubblicato i racconti Il manutengolo e Un gioiello per signori. I racconti brevi Simbiofono e Prime fughe di un ribelle sono stati pubblicati sulla rivista Writers Magazine Italia. Altri si possono trovare nelle antologie Tutti i mondi di Mondo9, Il magazzino dei mondi, 365 Racconti Horror, 365 Racconti sulla fine del mondo e 365 Storie d'amore, tutte edite da Delos Books. In Delos Digital è apparso con il racconto di fantascienza Guantoni rossi.
Dello stesso autore
Lorenzo Fontana, Guantoni rossi Chew-9 ISBN: 9788867753536
1
Firenze, 2 giugno 1849
Una coppola bisunta, un paio di occhiali con una lente crepata e tre coltelli corrosi dalla ruggine, buoni nemmeno per tagliare un filo di cotone. Con questo misero bottino Orlando rientrò nel quartiere San Frediano dopo un'intera notte di lavoro, passata a rovistare nell'immondizia all'improbabile ricerca di oggetti di valore.
Appoggiò il carretto dalle ruote sbilenche contro il muro di casa. Prelevò la roba e la infilò nell'uscio, richiuse la porta e nel primissimo chiarore del mattino si avviò a piedi verso le zone più ricche della città, maledicendo il destino che gli aveva lasciato in serbo il peggior mestiere del mondo: lo spazzaturaio. Degradante e faticoso, ma soprattutto infruttifero al punto da costringerlo ad aggiungervi attività più redditizie, come il furto e il borseggio.
Traversò Ponte Vecchio ancora deserto, rasentando le ricche botteghe serrate da robusti chiavacci e protette da massicci tavolati in legno. Gettò uno sguardo al nastro del fiume, che brillava di un indefinibile colore metallico, e imboccò la salita che conduceva al Forte Belvedere: una zona isolata, dove non era raro incrociare ricconi distratti o troppo ubriachi per accorgersi delle sue malandrine attenzioni.
Impugnò il randello e si mosse al riparo delle ombre che i filari di cipressi gettavano sul selciato di sampietrini, una lunga macchia scura che lo avrebbe nascosto agli occhi delle sue vittime finché non fosse stato troppo tardi, per loro.
Peccato che in giro non si vedesse anima viva.
Sentì il nervoso montare su dalle viscere, alla stessa velocità con cui risaliva il piccolo colle. Il secondo corpo d'armata dell'esercito austriaco aveva invaso Firenze, imponendo un coprifuoco che di notte impediva alla gente di uscire di casa, e a lui di alleggerirli dei loro averi, lasciandolo con la scarsella vuota come le parole d'amore di una baldracca. Imprecò in silenzio e attaccò a maledire: iniziò da se stesso, poi passò agli stranieri e infine si dedicò al resto degli esseri che popolavano il creato, in un crescendo di furore che lo rese come cieco.
Ritrovò la vista all'improvviso, quando di lato al forte, in un ampio spiazzo da cui si dominava la città, notò una macchia scura, immobile sul selciato. Troppo grande per un cane e troppo minuta per un cavallo, poteva appartenere soltanto a un uomo. Orlando si immobilizzò e scrutò dall'ombra nell'ombra. Non vide movimenti, così si lanciò allo scoperto, sperando che l'ubriaco avesse con sé qualcosa di valore. In pochi balzi coprì la distanza. Si chinò sul corpo. Con prudenza scostò il mantello scuro che ne avviluppava le forme, scoprendo una divisa da militare zeppa di medaglie. E di lacerazioni. Un rivolo di sangue scuro sgorgava dalla bocca dell'ufficiale austriaco, stendendosi sotto di lui in una pozza che si perdeva tra le fessure delle pietre.
Non si azzardò a perquisirlo e si voltò per scappare ma, ancor prima che potesse scegliere da che parte fuggire, alcune grida ruppero il silenzio, e in un attimo fu accerchiato da quattro soldati austriaci a spade sguainate.
– Was ist passiert?
Orlando non capiva il tedesco, o qualunque lingua fosse. Scosse la testa.
– Non sono stato io – disse. – L'ho trovato così!
Le sue giustificazioni non furono neanche ascoltate, e le lame rimasero puntate su di lui, lucide e brillanti anche alla luce incerta dell'alba. Allora si sbracciò, gesticolò, nel disperato tentativo di far intendere ciò che non era in grado di comunicare a parole, ma continuarono a ignorarlo.
Uno di loro si chinò per soccorrere l'uomo a terra. Allungò le mani e scosse la figura che rimase immobile. Poi imprecò.
– Er is tot!
Orlando non ebbe bisogno di traduzioni per capirne il significato. E che era finito nei guai.
2
L'ufficiale della Guardia Nazionale Federigo Piccini rientrò dalla perlustrazione di Firenze, che continuava a eseguire nonostante il suo corpo d'armata fosse stato da poco disciolto. Ormai lo faceva per abitudine e, soprattutto, per combattere l'insonnia che lo affliggeva peggio di una malattia venerea.
Era ancora presto, e quando svoltò l'angolo di via Malcontenti trovò un uomo massiccio che batteva i pugni contro il portone di casa sua, quasi volesse abbatterlo. E gridava: – Capitano! Capitano Rigo!
La città si stava svegliando, ma dalle finestre ancora chiuse filtravano le proteste dei vicini più fortunati, coloro che per un motivo o per l'altro non erano costretti a levarsi troppo presto. Andate a berciare a casa vostra! C'è gente che dorme! Oh briai!
Accelerò il passo e mise una mano sulla spalla dell'uomo, zittendolo. Il chiasso cessò in un attimo. La fioca luce della lampada illuminò il viso sconvolto di Biagio Tarchiani, che spalancò gli occhi come di fronte a un miracolo, neanche fosse comparso l'Arcangelo Gabriele.
Rigo non amava le intrusioni nella sua vita privata, e se fosse stato giorno sarebbe rimasto in strada, ma vista l'ora e il baccano creato decise di parlare al chiuso. Aprì la porta e lo fece accomodare in cucina.
Conosceva il capo degli spazzaturai per via di una vecchia indagine, quando era ancora un poliziotto. L'aveva accusato di fronte alla moglie dell'omicidio di una povera ragazza della quale l'uomo si era suo malgrado invaghito, salvo poi ammettere l'errore e scusarsi, ma la rappacificazione della coppia era stato un processo lungo al quale aveva dovuto dare il proprio contributo. Era nato così una specie di rapporto di collaborazione che Rigo sfruttava quando aveva bisogno di informazioni particolari, dettagli che la polizia granducale non era in grado di reperire, nodi investigativi