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Criminologia: Dinamica del delitto e classificazione dei delinquenti
Criminologia: Dinamica del delitto e classificazione dei delinquenti
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Ebook377 pages16 hours

Criminologia: Dinamica del delitto e classificazione dei delinquenti

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Il presente lavoro parte dal tentativo di definire che cosa sia “delitto”, si passa a studiare l'uomo delinquente nel suo aspetto somatico e in quello psichico per trattare poi specificatamente della delinquenza secondo il sesso e l'età; ci si volge, in seguito, all'esame del fattore ambientale o, meglio, dei vari fattori ambientati. Espone, poi,  le sintetiche conclusioni che possono trarsi dai precedenti esami e cioè: “Come agiscono, simultaneamente, sullo stesso individuo, da un lato, quei caratteri somatici e psichici precedentemente esaminati e studiati, e dall' altro, la pressione ambientale nelle sue varie forme, anche precedentemente analizzate, risultando dal tutto la condotta criminale?”. E come da tale esame può trarsi — se possibile — una classificazione dei delinquenti? A tale proposito, più largo cenno è fatto per le categorie: minorenni, politico-sociali, sessuali. Qualche pagina, poi, è aggiunta per far menzione delle novità — o ritenute tali — che nello studio dell'uomo delinquente e della pressione ambientale ebbero a delinearsi in questi ultimi tempi. Né si dimentica, per chiudere, il tema (ben raramente trattato) concernente la folla dei “malfattori” che non abitano le carceri.
LanguageItaliano
PublisherStargatebook
Release dateFeb 18, 2019
ISBN9788832520668
Criminologia: Dinamica del delitto e classificazione dei delinquenti

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    Criminologia - Alfredo Niceforo

    Criminologia

    Dinamica del delitto e classificazione dei delinquenti

    Alfredo Niceforo

    Prima edizione digitale 2017 a cura di David De Angelis

    Indice

    AL LETTORE

    CAPITOLO PRIMO - PRESSIONE AMBIENTALE E FILTRO PERSONALE

    CAPITOLO SECONDO - LA DINAMICA DEL DELITTO

    CAPITOLO TERZO - DALLA DINAMICA DEL DELITTO ALLA CLASSIFICAZIONE DEI DELINQUENTI REATTIVI RIVELATORI

    CAPITOLO QUARTO - ALCUNE SPECIALI CATEGORIE A) MINORENNI

    CAPITOLO QUINTO - ALCUNE SPECIALI CATEGORIE B) POLITICI E POLITICO-SOCIALI

    CAPITOLO SESTO - ALCUNE SPECIALI CATEGORIE C) DELITTI E DELINQUENTI SESSUALI

    CAPITOLO SETTIMO - CONSENSI E RECENTI CONFERME NUOVI METODI E NUOVE ESPLORAZIONI

    CAPITOLO OTTAVO - E I MALFATTORI?

    AL LETTORE

    Il presente volume fa seguito ai cinque precedenti volumi qui sotto rammentati. Per quanto ognuno di essi sia, per così dire, autonomo, nel senso che possa venir letto e consultato senza che sia necessario leggere anche gli altri, sono essi tuttavia collegati tra loro nel senso che si seguono in logico ordine: partendo dai cenni storici e dall'esposizione di vecchi e nuovi programmi, e dal tentativo di definire che cosa sia delitto, si passa a studiare l'uomo delinquente nel suo aspetto somatico e in quello psichico per trattare poi specificatamente della delinquenza secondo il sesso e l'età; ci si volge, in seguito, all'esame del fattore ambientale o, meglio, dei vari fattori ambientati. Ora, il presente volume espone le sintetiche conclusioni che possono trarsi dai precedenti esami e cioè: Come agiscono, simultaneamente, sullo stesso individuo, da un lato, quei caratteri somatici e psichici precedentemente esaminati e studiati, e dall' altro, la pressione ambientale nelle sue varie forme, anche precedentemente analizzate, risultando dal tutto la condotta criminale?. E come da tale esame può trarsi — se possibile — una classificazione dei delinquenti? A tale proposito, più largo cenno è fatto per le categorie: minorenni, politico-sociali, sessuali. Qualche pagina, poi, è aggiunta per far menzione delle novità — o ritenute tali — che nello studio dell'uomo delinquente e della pressione ambientale ebbero a delinearsi in questi ultimi tempi. Nè si dimentica, per chiudere, il tema (ben raramente trattato) concernente la folla dei malfattori che non abitano le carceri.

    Senza dubbio, la grave mole di tanti volumi susseguentisi, per nulla ha il valore del suo peso: il lettore, in ogni modo — se avrà pazienza — leggerà... e giudicherà.

    CAPITOLO PRIMO - PRESSIONE AMBIENTALE E FILTRO PERSONALE

    Pressione, da parte dell'ambiente, nel determinare l'umana condotta, criminale o no, ma anche influenza e pressione della personalità congenita o, quanto meno, possibilità di reazione da parte dell'individuo. In qual modo, di fatto, si combinano tali forze confluenti? Risposta è data nelle pagine che seguono, pagine in cui il criminalista troverà motivi per comprendere e interpretare la condotta criminale risultante dalla convergenza (in dosi disuguali, volta a volta, secondo i luoghi, i tempi e soprattutto gli individui) della pressione ambientale e della reazione individuale.

    - 1. - Opposizione all'ambiente psichico. Refrattari, isolati, resurrezione degli istinti egoistici.

    Frattanto, ripetiamo: si dica pure che l'ambiente materiale e psichico funziona da spietato livellatore di tutti gli elementi umani — illusi della propria autonomia intellettuale e altra — che Io compongono e dei quali è tiranno; ma in tal caso, e se la legge in questione toccasse effettivamente tutti quei componenti, come spiegare il perpetuo sorgere, nel seno di ogni gruppo, ieri, oggi, domani, di nuove idee, idee che non sono dunque ancora idee socializzate? Idee cioè che hanno, per così dire, l'insegna di cui già si vantava TOMMASO CAMPANELLA, quella campana, appunto, che suona per svegliare e per contradire, dalla leggenda: Non tacebo... mai tacerò. Come spiegare, ad esempio, che, in epoca assai più lontana del non tacebo, in tempi in cui ogni uomo si inchinava riverente ai sacrifici insanguinanti gli altari, di fronte alla uniformità e alla remissiva passività psichica dei più, sorgesse chi nei suoi canti apertamente si opponesse a tanta credulità e a tanto inutile sangue? Non è religiosa pietà, cantava Lucrezio, questa che insanguina gli altari, che vera pietà religiosa è il poter con pacato animo le cose tutte contemplare: sed maggi pacata posse omnia mente tueri (Libro V, 1201, del De natura rerum). DIOGENE andava cercando l'uomo, con la sua lampada in pieno giorno, e non lo trovava: mai Io troverebbe anche vagando attraverso le vicende tutte dell'Umanità, invece che tra il suo popolo -- se ogni individuo fosse un semplice calco in gesso prodotto dallo stampo dell'ambiente; ma di fatto, la lanterna di DIOGENE trova non infrequentemente il suo uomo.

    Anche a ragione — passando a toccare altro punto della medesima questione — dell'isolamento psichico a cui gli individui possono abbandonarsi, sia a motivo del proprio temperamento, sia per artificio voluto da autoconsolazione e da difesa psichica (chi si isola si procura, quando ne è il caso, la soddisfazione di sentirsi maggiore di ciò che effettivamente egli è, poichè si allontanano o spariscono i punti di confronto) l'uomo si stacca a poco a poco dal gruppo e dal luogo stesso ove vive, trasmigra in altre sfere abitate da esseri, reali o irreali che siano, ben diversi dai primitivi suoi conterranei e si trova quindi in grado, automaticamente, di sciogliersi dai legami psichici che lo avvincevano ai sentimenti, alle idee e agli uomini del proprio originario ambiente. Il solitario, senza andare troppo oltre, diventa necessariamente un originale e un non conformista. Diamo perciò anche ad esso un punto nel cercare, come facciamo, le prove della resistenza che la personalità fa alla pressione dell'ambiente materiale e psichico. I miei pensieri non appartengono più ad alcun Signore, perchè sono caduto in disgrazia... Essi mi appartengono lasciò detto il PONTANO.

    D'altra parte, quante volte il teatro della vita sociale, così apparentemente ben regolato, ove ogni quinta e ogni scenario ai trova al proprio posto e ogni personaggio recita la parte che ha dovuto imparare a memoria, è messo a soqquadro da qualche improvviso e drammatico sovvertimento! Ora, in quei momenti, l'attore non cessa forse di recitare? Più non appare che l'uomo — abbandonato a se stesso e a tutte le caratteristiche della sua personalità profonda, istintiva, biologica. Segno è che l'uomo mai è stato cancellato dall'opera minatoria di socializzazione imposta dall'ambiente sociale-psichico. Tutta la pressione ambientale, cioè, ha lavorato su qualità individuali biologiche, personali, che mai si spensero, or accese, or sotto la cenere, quali — come si elencò da qualche psicologo — le tendenze egoistiche, il voler vivere, nutrirsi, riprodursi, sopraffare, asservire (specie dopo essere stato asservito) ecc., talchè si potè persino sostenere essere il sociale non già la causa, ma la risultante di tali caratteri individuali. Se la pressione sociale e in particolare la fatale coercizione prodotta dall'ambiente psichico fossero complete, già da tempo l'individuo -vale a dire la somma di forze biologiche di cui sopra (voler vivere, nutrirsi, ecc.) — più non esisterebbe; sarebbe scomparso l'uomo... quasi realizzandosi l'aureo sogno di ARTURO SCHOPENHAUER: la scomparsa dell'Umanità. Ciò non accadde, nè accadrà, poichè l'individuo -- l'individuo biologico, con la sua carne, il suo sangue e le sue ossa — sempre ritorna.

    Non basta ricordare, sia la costante formazione degli spiriti non conformisti, sia la refrattarietà che si forma grazie al voluto isolamento, sia il perpetuo ritorno (evidente nei grandi casi di patologia sociale) dell'Io biologico; si veda ancora quel che può dirsi nei riguardi di un'osservazione di ordine generale concernente ciò che ci piace chiamare: l'Io quale filtro personale. Ecco, infatti.

    - 2. - Un filtro personale: l'Io biologico.

    Ma ciò che più conta come essenziale argomentazione nel dibattito che ci occupa — almeno così sembra a chi scrive — è il fatto della congenita diversità biologica esistente da uomo a uomo, anche tra gli uomini più simili e somigliantisi... come gemelli (gli Adelfi del teatro antico). In forza di tale congenita diversiti, ogni uomo sente l'ambiente psichico in cui vive, soltanto come può sentirlo, data la sua congenita natura e quindi il suo proprio potere di assorbimento e di reazione. La natura congenita, biologica, dell'Io è un filtro attraverso cui deve passare l'ambiente, filtro le cui maglie presentano da soggetto a soggetto differenze sia pure impercettibili, ma sempre presenti ed efficienti.

    - a) Testimonianze.

    Diceva, maneggiando la parola come il cesello, BENVENUTO, di uno scultore suo malevolo rivale e invidioso che tutto criticava: Sùbito a' sua dispiacevoli occhi, sebbene le cose sono in sopralativo grado tutto bene, sùbito le si convertono in un pessimo male (Libro II, cap. 70). E si potrebbe dire, analogamente, che anche ciò che è brutto e malvagio non appare tale all'occhio compassionevole di creatura dolce o ad occhio amoroso: Ad amore sovente, o Polifemo, quel che bello non è, bello rassembra, cantava TEOCRITO. Sicchè ben ne risulta che le cose del di fuori (ambiente psichico nel nostro caso) sono da un individuo viste soltanto come i suoi occhi le vedono. Nello stesso modo, individui esposti al medesimo ambiente avverso, o sottoposti a un medesimo trattamento, sono ben lungi dall'aver medesima sorte e medesime reazioni: corrente d'aria e improvviso raffreddamento esterno passano inavvertitamente per alcuni mentre producono in altri questa o quella malattia. Si chiedeva LUCREZIO: Perchè lo stesso cibo a taluno par dolce mentre per altri è amaro? E rispondeva: La ragione sta nel fatto che tutti gli animali che prendono cibo, come sono di fuori differenti ed hanno contorno vario e vario tessuto, così sono anche internamente diversi l'uno dall'altro per la struttura dei loro semi (Libro IV, 613 e seguenti) tanto è vero che lo stesso cibo par diverso secondo che tu sia o non sia in buona o in cattiva salute, con febbre o senza.

    Anche i più diversi attori, sul palcoscenico del teatro (e ciò che stiamo per dire vale puranco per il palcoscenico della vita), possono recitare la medesima parte — il monologo di Amleto, per esempio — ma quale diverso effetto produrrà la recitazione fatta dal povero saltimbanco o quella dovuta al grandissimo tragico! Si addice a questa nostra notazione la parabola della seminagione, gettata in luoghi (individui) diversi, e cioè or tra i sassi, or in terra clemente, quando tuttavia nella seminagione si simboleggi la pressione e il suggerimento dato dall'ambiente, mentre nel sasso o nella terra clemente, si raffiguri la congenita e sì diversa natura — dura come la pietra, o sensitiva e recettiva — dei singoli individui. Se il seme (l'insegnamento, la suggestione, la pressione ambientale) cade lungo la strada, è calpestato e gli uccelli dell'aria lo divorano; se cade sul sasso, si dissecca appena nato; se cade tra le spine, viene da esse soffocato; se cade invece sul buon terreno, fruttifica cento per uno... aliud cecidit secus viam... aliud cecidit, supra petram... aliud cecidit inter cecidit in terram bonam: hortum fecit fructum centuplum (LUCA, VIII, 4 e seguenti). Chi volesse trasportare nel campo psicologico e sociologico la bella immagine dell'antico testo di cui sopra, potrebbe osservare, tra i commenti, che il più degli uomini toccati dalla seminagione è ricettivo e la mèsse, anche se mediocre, verrà; pochi o meno frequenti sono gli assai ed estremamente ricettivi, da un lato, e i meno ricettivi — o per nulla — dall'altro. Il che vale così per la buona seminagione, fatta di buon seme, quanto per la cattiva: anche la cattiva seminagione sarà senza frutto nei meno ricettivi, ma esagerata, nel suo raccolto, presso i più adatti e i più ricettivi.

    - b) Letture suggestive e filtro personale.

    Di qui si veda come debba interpretarsi la dottrina di coloro che alcune particolari ed eccezionali forme di condotta dell'uomo quali il suicidio, la delinquenza vera e propria, la immoralità del costume, sogliono in toto attribuire a questo o a quel dannoso insegnamento e in particolare a questa o a quella lettura. I troppo ingenui e i persecutori del libro affermano che VOLTAIRE con i suoi sarcastici scritti ha fatto gli increduli volteriani, che GOETHE col suo Werther ha moltiplicato i vertheriani suicidi (come il FOSCOLO con il suo Ortis), che BYRON col Manfredo ha creato in folla uomini dal romanticismo fosco e ribelle, che il LEOPARDI suscita con ogni sua lettura un pessimista leopardiano, che TOLSTOI dà vita con ogni sua pagina a un tolstoiano e, persino, che MURGER con le figure e le figurine dei suoi romanzi trasforma i suoi giovani lettori in giovani della bohème. In tal modo, ad esempio, si lamenta con insistente piagnisteo Louis PROAL nel suo Le crime et le suicide passionnels (Paris, 1900) addossando, inoltre, la colpa del diffuso mal costume muliebre alla frenetica lettura — da parte femminile — dei romanzi e romanzacci a base di adulterio o casi analoghi. La quale frenetica lettura, sia da noi detto tra parentesi, più che altro mostrerebbe la forte debilità mentale delle lettrici, debilità mentale a cui caso mai — si deve tanto la lettura su detta, quanto l'amore dell'avventura. Ma i meno ingenui, pur riconoscendo che deplorevole effetto possono più di una volta portare letture e insegnamenti di tal genere, potrebbero con assai ragione rispondere che per giungere ai lamentati estremi del suicidio, del delitto, del mal costume, o come che sia ad una accentuata irregolarità della condotta, da semplici letture, occorre già essere... ciò che la lettura produrrà; vale a dire che occorre già essere in fieri un suicida, un disonesto, ecc. ecc...

    Elegante trattazione del problema fu fatta già da tempo da SCIPIO SIGHELE in un capitolo, dal titolo: «La suggestione letteraria», della sua opera: Letteratura tragica (Milano, 1906) in cui si agita anche la questione: è il costume che genera la letteratura, o la letteratura che genera il costume? La letteratura infame è la diretta ripercussione della immoralità del secolo... o viceversa? L'egregio Autore inclina per una soluzione che mostra, o cerca mostrare, l'interdipendenza dei due fenomeni. Inoltre, le citate pagine danno in larga copia esempi di reali tragedie o drammi — suicidi ed omicidi — dell'epoca, in cui i tragici o drammatici protagonisti ripetono esattamente gesti che con chiara evidenza furono a loro ispirati da letture romanzesche o analoghe. Ma non si tratta forse, in tal caso, di individui che, già più degli altri, risentivano l'influenza della suggestione suicida od omicida o altra consimile, perchè ad essa già costituzionalmente preparati, o anche perchè di mentalità debole o debolissima che facilmente accetta l'imposizione dal di fuori? Come che sia, nel discutere quanto sopra, nuove interrogazioni si affacciano: Quale la responsabilità degli scrittori? Quale la responsabilità di quella letteratura giornalistica che il SIGIIELE chiama la letteratura dei processi? Problemi di ieri, come si vede, che sono anche problemi di oggi.

    - c) Persino gli automi. E anche il parlare e la scrittura...

    A illustrare, insistendo, le sopra dette nostre osservazioni, valga ancor questo. I puri ambientisti hanno foggiato tale rappresentazione da farlo figurare come giocattolo uscito a migliaia e migliaia di. esemplari costruiti in serie dalla medesima fabbrica; ognuno di cotali uomini artificiali si muove credendosi dotato di movimenti propri, laddove il moto è dato da ruote uguali per tutti e ugualmente fabbricate in serie. Cambia la fabbrica, attraverso il tempo o i luoghi, e cambiano i personaggi; tante diverse fabbriche e tante diverse masse (bianche, azzurre, rosse...) di figurine. Tanti gruppi, dunque, di automi diversi, semplicemente perché usciti da fabbriche diverse. Medesimo intaglio, medesima pittura, medesime uniformi e medesimi atteggiamenti. Sia pure; l'immagine di cui abbiamo rivestito l'idea fondamentale degli ambientisti non è affatto da tenere in dispregio, ed essa, anzi, aiuta a vedere e a comprendere molte scene della vita individuale e sociale, ma occorre sùbito aggiungere: a meglio guardare da vicino quegli automi si vedrebbe come il sigillo della medesima fabbrica non abbia realmente agito in modo uguale su tutti. Differenze si dànno nelle rifiniture di ciascuno di essi, nella intensità del colore... nel modo di funzionare, soprattutto, dei singoli meccanismi interni e — staremmo per dire — nella durata della vita di ciascuno di quegli uomini. Anche in tali casi allora, l'individualità, se è lecito servirsi di tale espressione, non si fa forse sentire?

    Ancora: con argomento forse più vivace e netto dei precedenti, si veda quel che accade per il linguaggio e per gli individui che parlano la medesima lingua. È incontrastata cosa che la lingua ogni lingua comunemente parlata — è imposta dal di fuori (famiglia, altri gruppi, ecc.) all'individuo insin dal nascere di questo; per cotale ragione, tutti gli individui che furono sottoposti a una medesima, necessaria e naturale imposizione di tal genere, parlano la medesima lingua, ma... ognuno a suo modo. Ognuno ha la sua personale pronuncia (personale, diciamo, e non: dialettale) e il suo proprio modo di far suonare — o balbettare — le parole, dalla musicalità alla monotonia; ognuno ha il suo dizionario più o meno largo di parole da adoperare e comprendere, e qualcuno, anzi, fa specialissima scelta delle parole del dizionario generale (senza dire di coloro che giungono sino alla creazione artistica di nuove parole) fermandosi alle meno comuni e alle più splendenti, mentre altri non sa servirsi che di frasi fatte, messe in circolazione dal momento. Diversificano, poi, di gran lunga gli uomini che parlano la stessa lingua (usciti, dunque, dalla medesima fabbrica) per il modo con cui ciascuno di essi compone il periodo, parlato o scritto. Ora, quali sono le ragioni di tutta questa varietà, nel seno della unicità della lingua? Non cade dubbio che per alcune delle sopra dette caratteristiche — per esempio, per la ricchezza del dizionario individuale — l'ambiente culturale o altro ha la sua forza, ma per tante altre, neppur cade dubbio che hanno da ricercarsi le cause nelle vive differenze biologiche e psichiche, in gran parte congenite, tra uomo e uomo.

    Medesima osservazione può farsi nei riguardi della scrittura. Il modello su cui si insegna a scrivere è uguale per tutti i bimbi che si apprestano a imparare e copiare, ma quel modello si trasforma — per così dire — passando attraverso la personalità in formazione del bimbo; la pedagogia e la grafologia hanno da tempo notato che la differenziazione da bimbo a bimbo si fa già nella copia e nella grafia delle aste e delle più semplici lettere. Il modello è unico, ma le personalità sono molteplici, talchè in molteplici aspetti sì presenta il risultato.

    In ultima analisi, non a torto si chiedono oggi gli psichiatri e gli psicanalisti: Perchè mai in una famiglia di neuropatici (unicità, dunque, di un ambiente) un figlio reagisce all'ambiente familiare con l'isteria, un altro con una nevrosi da repressione, il terzo con una psicosi e il quarto, apparentemente forse, non reagisce affatto? E rispondono -- proprio come già avevamo risposto da tempo chiamando in causa le reazioni dell'individuo e le sue particolari disposizioni (C. C-. Jim%) tanto diverse da soggetto a soggetto.

    - 3. - Uomini-umbrae e uomini non-umbrae.

    Tenuto debito conto, come cerchiamo di fare, dell'influenza ambientale psichica da un canto e delle singole reazioni individuali dall'altro, è di non lieve importanza, tra i non pochi problemi che sorgono al sèguito di tale notazione, quello che riesce a far vedere come gli individui possano da chi li guarda e li studia distinguersi secondo i gradi diversi della loro ricettività. Si conceda pure esistere la legge generale in ragione della quale idee e sentimenti dell'individuo risentano dell'ambiente psichico; ma ciò si fa in misura assai diversa da individuo a individuo collocandosi da un lato gli individui assolutamente passivi (uomini-ombre, come altrove li abbiamo chiamati, e cioè senza corpo, ma semplici ombre di cose esterne, umbrae rerum), e a poco a poco vengono poi a disporsi quelli che con sempre minore passività ricevono l'imposizione sino a giungere a coloro, infine, che addirittura la ritorcono verso il punto di partenza e prendono persino l'iniziativa di controbatterla. Della prima categoria di personalità (umbrae) e anche di quelle che immediatamente seguono (quasi umbrae) si suole dir male assai da parte di coloro che figurano nell'ultima categoria o nelle ultime (non umbrae), biasimandosi, ad esempio — come fa il filosofo volano — presso costoro la stolta credulitate, la quale è orba e tenta il cammino tastando col bastone... e avendo per compagna perpetua la viltade e dappocaggine (Dialogo terzo dello Spaccio ecc.). Aveva, prima, già detto il Poeta che la maggior parte degli uomini vivono... a guisa di pargoli, e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori... perocc'hanno chiusi gli occhi della ragione... (Convivio, I, 4). Eppure, così aspramente giudicando, non si tiene ben presente il fatto della utilità sociale, diciamo pure, di questa massa di facilmente permeabili, necessaria (tra l'altro) a compiere prima o dopo, quale strumento, i disegni e le aspirazioni di cui coloro stessi che hanno mosso tale biasimo si fecero i portatori. In ogni modo, quella massa fornisce con la sua elasticità, con la sua adattabilità e con la sua normalità, il materiale che serve di cemento o sostegno alla normale esistenza della vita social.

    - 4. - La bilancia e i pesi; la trama e il ricamo; e ancora la calamita.

    Quasi a conclusione vorremmo esprimere sinteticamente il nostro pensiero — il quale ben comprende così l'importanza dell'ambiente psichico quanto quella dell'individuo preso da quell'ambiente — col dire che l'ambiente psichico fornisce all'individuo i pesi ch'egli deve adoperare e che gli servono di spinta e controspinta, ma l'individuo stesso è la bilancia su cui quei pesi vengono a collocarsi: ora, dato che in un determinato ambiente sempre si tratti dei medesimi pesi, le bilance che si trovano in quel medesimo ambiente sono tutte, per congenita fattura, l'una più o meno diversa dall'altra. E allora, tanti gli individui, tanti i risultati delle operazioni di pesatura.

    Potremmo anche dire in altra maniera: l'ambiente psichico fornisce all'individuo la trama o canovaccio e anche — ammettiamo pure — la falsariga del disegno da trapuntarsi su quel canovaccio, ma l'individuo, seguendo più o meno da presso le indicazioni del disegno, vi ricama a suo modo e soprattutto adoperando le tinte che più a lui sembrano convenire per dar colore a quelle forme.

    Torni il lettore, anche, a quell'immagine che abbiamo altrove esposto (capitolo XII, paragrafo 2 del precedente volume sotto l'indicazione di: l'immagine della calamita, e anche là troverà rappresentazione del meccanismo che — in particolare con riferimento alla condotta criminale — governa la reciproca azione dell'ambiente sull'individuo e dell'individuo nei rispetti dell'ambiente. Di natura diversa è il pulviscolo, metallico o non metallico (individui), sparso su un piano, mentre la calamita (pressione ambientale) attira soltanto quella parte del pulviscolo che, di natura metallica, le è più vicino: di mano in mano che la calamita si fa più forte e potente anche il meno vicino pulviscolo, metallico, rimane attratto e cede... laddove rimane insensibile il resto del pulviscolo, non metallico... a meno che forte turbine (travolgente forza ambientale) tutto disperda.

    Torneremo ancora su immagini di tal genere tra breve, nel parlare della così detta dinamica del delitto, ricorrendo puranco ad altre immagini.

    Non si veda, dunque, l'ambiente senza l'individuo, nè l'individuo senza l'ambiente. E si tengano ognor presenti le caratteristiche e i destini dei tanto diversi individui che vanno dai ciecamente ricettivi — anime morte, potresti dire? — ai più reattivi — anime vive, potresti dire? — per i quali ultimi è da vedersi l'attività loro agire con l'animo che vince ogni battaglia.

    CAPITOLO SECONDO - LA DINAMICA DEL DELITTO

    Si è visto, nel precedente capitolo, in qual modo possa intendersi la simultanea azione dei congeniti fattori biologico-individuali da un lato e dei fattori ambientali, dall'altro; le indicazioni or date conducono naturalmente e automaticamente a esaminare e comprendere il meccanismo con cui agisce la così detta dinamica del delitto poichè, appunto, in quel meccanismo agiscono quelle cause, o concause, o fattori, o forze, tanto di ordine biologico-individuale, quanto quelle di ordine esterno o ambientale, o mesologico, di cui si è detto. Esaminiamo, dunque, un po' da vicino il meccanismo di tale dinamica.

    Si parla oggi non poco di una dinamica del delitto... ma non è senza meraviglia che si sente dire non essersi ancora dai criminalisti (allusione alla Scuola italiana di criminologia) studiato il problema della dinamica del delitto; e si leggono in proposito, oggi, parole che suonano così: Della dinamica dell'azione delittuosa non si sono preoccupati i seguaci della Scuola positiva, ecc. ecc. con conseguente dichiarazione che soltanto qualche innovatore Lenta oggi rimediare scientificamente all'oblio. Proprio vero? Si ignora, certamente, o si dimentica, ciò che già in proposito fu pronunziato mezzo secolo fa e ancor più. Vogliamo non tanto alludere a quel trattato che BRUNO BATTAGLIA scriveva nel 1886 sotto il titolo, appunto: La dinamica del delitto e in cui l'Autore distingueva, alle fonti del delitto, le cause — come egli diceva — di ordine politico-sociale, da un lato, e quelle di ordine costituzionale-organico-psichico, (pur insistendo sulla prevalenza, quasi esclusiva, delle prime) quanto a tutte le ricerche, generiche e specifiche, condotte dalla nostra Scuola italiana sulla causazione del delitto considerato, questo, sia come condotta di tale o tale altro soggetto, sia come fenomeno di massa. Tornando sul tema e richiamando ciò che già da tempo da chi scrive o da altri fu indicato ed esemplificato, diremo quanto segue. È da distinguere, innanzi tutto, in fatto di dinamica del delitto, una teoria generale di siffatta dinamica, e una dinamica particolare riferentesi — quest'ultima — caso per caso a ogni delinquente e da esaminarsi con l'ausilio della teoria generale.

    - 1. - Dinamica generale e dinamica particolare.

    - a) La teoria generale costituisce una traccia generica del modo con cui si produce la condotta criminale; essa dirà — come già si leggeva nelle pagine dei nostri criminalisti della fine dello scorso secolo e del principio del presente — che, ad esempio, la condotta criminale è da concepirsi come la risultante di un sistema di forze da suddividersi in: biologico-individuali da un lato e ambientali dall'altro; si aggiungeva, poi, un elenco delle prime e un elenco delle seconde ma facendo al tempo stesso notare che in alcuni individui prevalgono le prime mentre in altri le seconde. Vi è, ripetiamo — e sia detto di passaggio -- da fare alte meraviglie quando si legge, in pagine che portano la data 1949, che è necessario ricorrere all'altissima autorità di modernissimi critici per sapere che la dinamica dell'azione ambientale (nel delitto) è inscindibile da quella della personalità; sono due aspetti di una sola dinamica che deve essere considerata da chi vuole comprendere il significato di un'azione delittuosa. E vi è ancor più da meravigliarsi quando, in aggiunta a ciò che precede, si legge che finalmente la Scuola tedesca dei nostri dì (che senza dubbio si abbellisce di grandi nomi) ha provato che non può scindersi lo studio del delitto da quello dell'autore stesso e cioè... dell'uomo delinquente, da cui a permettere la comprensione dell'atto delittuoso, cooperano la conoscenza della personalità criminale, l'accertamento delle sue disposizioni, lo studio dell'ambiente in cui il reo è cresciuto e di quello in cui il delitto si è maturato. E allora, che cosa diventano L'uomo delinquente del LOMBROSO, 1876, La natura morbosa del delitto, del VIRGILIO, 1874 e i Nuovi orizzonti, del FERRI, 1881? (Si legga tutta la storia di siffatta nuovissima idea nei nostri Cenni storici, capitolo I del primo volume della presente Criminologia, nuova edizione, Milano, 1949).

    - b) La teoria particolare, per contro, di una dinamica del delitto, tenendo presenti le leggi fondamentali della teoria generale, esamina, caso per caso, delitto per delitto e delinquente per delinquente, in qual modo le sopra dette forze hanno agito sull'individuo stesso poichè in alcuni individui prevalgono le une (mentre le altre sono persino assenti o quasi), laddove in altri individui prevalgono le altre, sicchè a rigore potrebbe dirsi non esistere due azioni criminose, anche esteriormente identiche, che per la composizione specifica del loro particolare dinamismo si sovrappongano l'una all'altra.

    Qualche delucidazione, ora, su a) e su b).

    - 2. - La dinamica generale: il simbolo del parallelogrammo delle forze.

    Il primo concetto trovò sua esposizione in quelle pagine che a tale proposito chi scrive volle dedicare al parallelogrammo della criminalità. Nella Memoria: La sociologie criminelle (lezione tenuta all'Università di Losanna nell'ottobre del 1901 e poi pubblicata nella Rivista La Scienza sociale, Palermo, 1902) e subito dopo nel nostro volume: Guia para el estudio de la criminologia (Madrid, 1903) si diceva: Assai bene possono comprendersi le regole che governano la genesi della criminalità richiamando quelle che in meccanica governano il parallelogrammo delle forze; un qualsiasi corpo, collocato sotto la pressione di forze diverse che lo spingono in direzioni diverse, più non ubbidisce esclusivamente a questa o a quella di siffatte forze, ma segue una direzione costituita dalla diagonale del parallelogrammo che può essere costruito sulle linee di tali forze, diagonale che è la risultante.., e quindi la condotta.

    A proposito delle quali forze (endogene ed esogene) facevamo notare: 1) esse sono ripartibili in tre categorie e cioè: cosmico-geografiche, biologico-individuali, ambientali (da suddividersi, ciascuna di esse, in tante sottocategoric); 2) da tenersi presente che esiste spesso interdipendenza tra le forze di ordine biologico-individuale e quelle di ordine ambientale, vale a dire che le prime possono esercitare influenza sulle seconde e viceversa; 3) in dati individui, tuttavia, prevalgono le forze biologico-individuali mentre in altri accade il contrario, e proprio da questo terzo punto può sorgere suggerimento più che legittimo per una prima e generica classificazione dei criminali, e cioè: criminali endogeni e criminali esogeni.

    Concetti ripresi e illustrati in successivi scritti e particolarmente nell'ultimo capitolo della nostra Enquéte judiciaire seientifique (Paris, 1907; edizione tedesca, 1909) in cui, fatta rapida rassegna delle varie categorie di forze di ordine interno e di ordine esterno, agenti sull'umana condotta — e anche breve cenno sulle diverse scienze o sistemi di scienze che studiano separatamente siffatte forze, come a dire la biologia generale, l'antropologia, la psicologia, la psichiatria, ecc., da un lato, e la meteorologia, la geografia sociale e le varie scienze

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