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Altruismo, misticismo, aberrazioni
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Ebook170 pages2 hours

Altruismo, misticismo, aberrazioni

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Altruismo, misticismo, aberrazioni: Maggio 2017. Padre Miguel è stato ucciso mentre teneva messa. Nessuno riesce a spiegarsi un crimine tanto efferato contro un uomo di chiesa, soprattutto perché il sacerdote era molto devoto, pieno di carità cristiana e di amore. Cosa nascondeva per essere ucciso in modo così violento? Un mistero che si snoda tra segreti e fede, sacro e profano nella bella città di Torino.
LanguageItaliano
Release dateMay 31, 2019
ISBN9788830606319
Altruismo, misticismo, aberrazioni

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    Altruismo, misticismo, aberrazioni - Nicola Cieri

    aberrazioni

    I

    Aprile 2017

    Padre Miguel, prete argentino, la mattina di quel venerdì Santo della prima Pasqua trascorsa a Torino, alle otto sta girovagando nel quartiere di Porta Palazzo. Guardando tanti poveri che chiedono la carità, non può fare a meno di ripensare alla sua fanciullezza. Figlio di emigranti, i suoi vivevano solo con la paga del padre operaio. I giocattoli, Miguel, se li costruiva da solo. Fantasticava e rifletteva. Amava la mamma Lidia, affettuosa e premurosa. Fanciullo di animo puro, si sentiva bene quando, insieme alla madre e la sorella Rosita, si recava nella chiesa di San Nicolas de Bari a Buenos Aires. Già a dieci anni pensava che, in questo mondo, non esiste niente di più gratificante che fare del bene agli altri. Dai primi di febbraio è in Italia e va in giro per le strade di Torino a volte senza meta. Cerca di curiosare dappertutto. Vuole capire come vivono gli italiani. Di fronte alle bellezze artistiche rimane estasiato. A volte, resta per ore seduto su una panchina d’una piazza a contemplare le persone che, frettolose e indaffarate, hanno nei volti segni di sofferenza, di ansia, d’insoddisfazione. Si affannano per cercare il benessere, la felicità, un mondo di piaceri e ricchezza che dovrebbe riempire la propria solitudine.

    Miguel, ragazzo molto dotato fisicamente, da giovane, col suo sguardo magnetico e la sua sensibilità, affascinava le ragazze e qualsiasi donna. A sedici anni aveva avuto anche una cara amica, Silvia, con la quale aveva dei rapporti non solo d’amicizia. Ma quando entrava in una chiesa, guardando il volto della Madonna, dei Santi, di Gesù, il suo cuore si trasformava. La sua mente aveva un solo pensiero: fare del bene. L’ascolto della messa era per lui un godimento intimo impareggiabile, un momento di calma e astrazione, di felice contemplazione.

    Quel venerdì Santo, alle quattro del pomeriggio, era nella chiesa del Beato Giuseppe Allamano e stava meditando, da solo, seduto su uno sgabello. Ad un certo punto, una donna gli stava chiedendo: «Padre, perché piange?»

    «Non so... Credo che non riuscirò mai ad essere un Santo...»

    Maggio 2017

    A Torino, le chiese dove poter partecipare alla messa del sabato alle cinque di sera sono rare, forse inesistenti. L’unica è quella del Beato Giuseppe Allamano di Corso Ferrucci.

    È chiamata Chiesa del Fondatore perché, in una cappella laterale, vi è il sepolcro del Beato Giuseppe Allamano. È un luogo di pellegrinaggio. Si nota subito il sarcofago di pietra d’Istria, scolpito da Giordano Pavesi in occasione della collocazione della salma dell’Allamano nel 1938.

    Egli è raffigurato nell’atteggiamento d’inviare i figli e le figlie nelle missioni. Il sarcofago è avvolto da una cupola bianca suddivisa in quattro spicchi che fanno pensare all’universo, con riferimento alla dimensione missionaria del suo ministero sacerdotale. Sul fondo si nota una vetrata policroma in cui sono rappresentati: l’icona della Vergine Consolata, il mondo sormontato dalla Croce, che richiama la passione del Beato per l’evangelizzazione delle genti, la figura di Allamano, col dito puntato sulla scena e la scritta sottostante: "Prima Santi poi Missionari".

    Inoltre appare la casa madre dei Missionari, collegata a quella delle Missionarie della Consolata.

    Questo luogo emana serenità. Il candore che circonda il sarcofago dona una sensazione di pace, quasi una pausa spirituale nel frastuono della vita quotidiana (Sant’Agostino diceva: "Dio dona alla Chiesa i corpi dei Santi come richiamo alla preghiera").

    Giuseppe Allamano, nato a Castelnuovo Don Bosco (Asti) nel 1851, morì a Torino nel 1926.

    Ebbe San Giovanni Bosco come insegnante e San Giuseppe Cafasso per zio. Ordinato prete a 22 anni, Giuseppe Allamano fu rettore del Santuario più caro ai Torinesi, la Consolata. Volle fondare un istituto dedicato all’annuncio ad gentes. Nacquero così nel 1901 i Missionari della Consolata e, nel 1909, le suore. Prima missione: il Kenya. Giuseppe Allamano viene fatto beato nel 1990.

    I Missionari della Consolata, sacerdoti e laici consacrati, si dedicano all’evangelizzazione dei popoli. Sono presenti in Africa (Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Etiopia, Gibuti, Kenya, Mozambico, Tanzania, Sud Africa), in America latina (Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, Messico, Venezuela), e in Europa (Italia, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Spagna). La Sede centrale è a Roma. Qualche anno fa la congregazione contava 232 case, 992 religiosi, 777 dei quali sacerdoti.

    Quel Sabato, 13 Maggio 2017, è molto piovoso e in chiesa i fedeli sono pochi. Sta celebrando messa un giovane prete sudamericano, un argentino, padre Miguel. Nel modo di parlare ha inflessioni che richiamano la lingua spagnola. Spesso nella chiesa di Corso Ferrucci, che non è una parrocchia, arrivano dei sacerdoti stranieri che rimangono in Italia solo dei brevi periodi, per compiti da assolvere nel nostro paese o per imparare l’italiano. Dopo la Comunione, alla quale partecipano circa venti persone, padre Miguel riporta la pisside delle ostie al tabernacolo girando le spalle agli astanti.

    In quel momento una strana persona, con una tuta blu, mascherata e truccata come se fosse il giorno di Carnevale, con estrema celerità, si avvicina fino a pochi metri dall’altare e spara cinque colpi di pistola fuggendo poi dalla chiesa. I presenti sono terrorizzati e vedono il prete che stramazza al suolo. Subito accorrono sia l’aiutante laico all’altare che quelli che fanno parte della corale. Il sacerdote non dà segni di vita. Viene chiamata un’ambulanza ma il medico non può che constatare la morte del giovane religioso.

    Il cadavere verrà trasportato provvisoriamente nell’obitorio dell’Ospedale Maria Vittoria, non lontano dalla chiesa.

    Tutti s’interrogano sul misterioso omicidio. Padre Miguel era un sacerdote molto ligio ai doveri, simpatico e affabile con tutti. Giunto in Italia qualche mese prima, inviato dalle autorità ecclesiastiche di Buenos Aires, aveva visitato tutte le bellezze di Torino: Palazzo Madama, il Museo del Cinema, altri musei storici, Stupinigi, tutte le chiese barocche, le belle case in stile Liberty nella zona di Via Cibrario, i parchi principali della città e tutto quello che caratterizza questo luogo storico, apprezzato da tutti gli studiosi.

    Miguel ha un cognome italiano: Barazzutti. Suo padre era originario di S. Daniele del Friuli, il paese dei prosciutti, sua madre è piemontese.

    Egli doveva rimanere in Italia per cinque mesi, a disposizione dei preti missionari della Consolata e soprattutto per perfezionare il suo italiano. Infatti gli era stato dato l’incarico di curare a Buenos Aires una comunità di figli d’italiani con problematiche di vario genere: carcerati, prostitute, genitori in gravi difficoltà economiche.

    La polizia, dopo aver esaminato il passaporto del sacerdote, si adopera per informare i suoi parenti: dei genitori, è in vita solo la madre, il padre è morto in un incidente stradale undici anni prima. Barazzutti Guido, così si chiamava, in Argentina lavorava in una grande industria produttrice di carta e guadagnava il necessario per mantenere la famiglia, formata dai due genitori più due figli, un maschio, Miguel, e una femmina, Rosita.

    Miguel, fin da piccolo, aveva dimostrato una sensibilità fuori dal normale. Era molto preso dall’ambiente religioso che frequentava la madre Lidia: la "Parroquia de San Nicolas de Bari" in Avenida Santa Fe – Barrio Recoleta – Buenos Aires.

    La famiglia Barazzutti abitava proprio in quel Viale Santa Fe e non lontano da quella chiesa.

    Miguel, dopo aver terminato gli studi secondari, era entrato nel "Seminario metropolitano di Buenos Aires" dove aveva completato gli studi di Teologia per diventare sacerdote.

    Dopo aver ricevuto la consacrazione, era stato inviato nella diocesi di San Justo, che comprende circa un terzo del distretto di La Matanza nella provincia di Buenos Aires. All’inizio aveva aiutato diversi parroci in varie parrocchie, poi, dopo la morte d’un prete della Chiesa di San Nicolas de Bari, era stato chiamato per rimpiazzarlo ed era rimasto in modo continuativo in quella comunità. Il parroco della chiesa di San Nicolas si chiama Diego Horacio Garcia.

    In una zona periferica di Buenos Aires è nata una comunità che accoglie giovani problematici che devono essere rieducati dopo aver commesso un reato. Sono figli d’ italiani, abbandonati da genitori irresponsabili. Padre Miguel aveva celebrato la messa, per più d’un anno, nella cappella annessa a quell’istituto benefico. I ragazzi di quella comunità si esprimono per lo più in italiano, lingua che padre Miguel conosce in modo sommario. Infatti i suoi genitori italiani avevano appreso molto bene lo spagnolo(castigliano) e in casa sua si parlava solo questa lingua.

    Il parroco aveva in mente di affidare quell’organizzazione a padre Miguel. Egli conosce molto bene il Santuario della Consolata di Torino. Alcuni anni prima, per più di tre mesi, era stato ospite dei missionari facenti capo alla chiesa del Beato Giuseppe Allamano di Corso Ferrucci, nella stessa città. Per telefono aveva preso accordi e aveva avuto l’assicurazione che padre Miguel sarebbe stato ricevuto nella stessa comunità. Il giovane sacerdote, però, arrivato in Italia, aveva preferito il piccolo alloggio fornitogli dalla zia Laura, nella zona di Porta Palazzo.

    Lidia, madre di Miguel, è nata a Torino. Viene da una famiglia originaria di Cuneo. Aveva conosciuto il futuro marito, per caso, proprio a Cuneo, mentre stava facendo il servizio militare. Si erano innamorati e sposati nel 1976. Subito dopo erano partiti per l’Argentina, dove Guido era stato assunto nella stessa ditta in cui lavorava il fratello Giulio.

    La zia Laura ha tre anni meno della mamma. Suo marito, Carlo, proprietario d’un grande negozio di abbigliamento in Via Milano, è morto d’infarto tre anni fa. Aveva solo sessant’ anni. Per zia Laura è stato un immenso dolore che, ancora adesso, non riesce a superare.

    Padre Miguel ha tre cugini, Lucio, Paolo e Federica, nati a due anni di distanza, l’uno dall’altro.

    Lucio e Federica sono molto bravi nella gestione del negozio, mentre Paolo, il più piccolo, ha preferito svolgere altri lavori che, ancora adesso, risultano saltuari e di dubbia moralità.

    Paolo, a trentadue anni, è ancora un sognatore e pensa di fare soldi in altri modi: si reca spesso in Romania, dove dice di esplicare un’attività imprenditoriale ma ha già avuto problemi con la Polizia che lo ha arrestato per commercio di droga. È rimasto in carcere due anni. Paolo, giovanissimo, ha conosciuto Aneta, una ragazza rumena molto bella, con la quale convive. Ha una figlia di 12 anni, Lorina.

    Il defunto marito di Laura, Carlo Ferrero, viene da un’agiata famiglia torinese, proprietaria di numerose attività commerciali. Laura e Carlo, al momento del matrimonio, possedevano già una casa molto grande, sempre in Via Milano. Il piano terra, adibito a negozio, ha una superficie di quasi trecento metri quadri. Ci sono poi ancora tre piani, formati da tre grandi appartamenti.

    Nella parte sinistra del negozio, era stato ricavato un monolocale di 40 metri quadri, con bagno. L’appartamento veniva utilizzato da Laura per gli ospiti. Miguel lo aveva trovato magnifico e comodo per lui, permettendogli di avere una maggiore indipendenza. A pranzo mangiava da solo, in un bar o in qualche fast food, un panino e della frutta, la sera cenava con la zia, la famiglia di Paolo e gli altri due cugini, Lucio e Federica, entrambi non sposati.

    Sono trascorsi quindici giorni dalla morte di Padre Miguel. Gli organi di stampa torinesi, i quotidiani italiani, i notiziari televisivi ne hanno parlato con grande clamore. La Polizia e i Carabinieri del quartiere Cit Turin sono interessati alla soluzione di quest’omicidio, inspiegabile e oscuro. Sono stati interrogati decine di persone, conoscenti di quel prete argentino, frequentatori della chiesa del Beato Giuseppe Allamano.

    Al funerale, oltre alla madre Lidia e la sorella Rosita, venuti espressamente da Buenos Aires, hanno partecipato, numerosi preti e suore missionarie della Consolata, le autorità comunali, il vescovo di Torino. Poiché la chiesa del Fondatore Allamano non celebra esequie, la cerimonia è stata svolta nella Chiesa di S. Alfonso, scelta per la vicinanza all’ospedale Maria Vittoria, dove era stata messa la salma. La commozione degli astanti è stata eccezionale. La madre Lidia e la sorella Rosita, insieme ai cugini e la zia, si sono stretti in un dolore immenso. Lidia e Rosita hanno pianto per tutta la cerimonia. Il corpo è stato tumulato nel cimitero Centrale di Torino, dove la famiglia Ferrero possiede una grande cappella.

    Premesso che il sostituto procuratore Anselmi ha già concesso il permesso d’interrogare alcuni testimoni e conoscenti del morto, dopo aver egli stesso eseguito alcune indagini, oggi, alla stazione dei Carabinieri di Corso Appio Claudio, c’è un testimone presente alla messa celebrata da Padre Miguel nella tragica circostanza. Si chiama Giorgio Masina.

    Il Comandante Calogero Trosci gli chiede: «Lei era seduto in una delle ultime file della chiesa. Cosa ha visto in particolare?»

    «Mi sono girato una volta e ho notato una strana figura indecifrabile. Indossava una tuta scura. Poteva essere sia una donna che un uomo, truccato in modo esagerato: capelli lunghissimi, barba e baffi, occhiali molto scuri, di altezza superiore alla media. Non si era seduto. Dopo la comunione, si è avvicinato all’altare e ha sparato. Immediatamente è fuggito alla velocità d’un fulmine. Alcuni anziani, seduti nell’ultima fila, hanno subito cercato d’inseguire l’assassino ma, appena fuori, non sono riusciti a individuarlo. Si era volatilizzato...»

    Giorgio abita nella zona di Via Cialdini, non lontano dalla chiesa. È un pensionato. Ha lavorato per quarant’anni alla Fiat, come impiegato amministrativo. È religioso e, insieme alla moglie Teresa, ogni sabato sera assiste alla messa.

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