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ORGANISATION DES JEUNES TRAVAILLEURS RVOLUTIONNAIRES

IL MILITANTISMO, STADIO SUPREMO DELL'ALIENAZIONE

Les Mauvais Jours Finiront

IL MILITANTISMO, STADIO SUPREMO DELL'ALIENAZIONE


ORGANISATION DES JEUNES TRAVAILLEURS RVOLUTIONNAIRES1 (1972)

Sull'onda del movimento delle occupazioni del Maggio '68, si sviluppata a sinistra del Partito Comunista e della CGT 2 una congerie di piccole organizzazioni che si richiamano al trotzkismo, al maoismo e all'anarchismo. Malgrado la scarsa percentuale di lavoratori che hanno raggiunto i loro ranghi, queste organizzazioni pretendono di contendere a quelle tradizionali il controllo della classe operaia, di cui si proclamano l'avanguardia. L'ingenuit di simili pretese pu far sorridere. Ma sorridere non basta. Occorre andare oltre, e comprendere per quale ragione il mondo moderno produce questi burocrati estremisti: strappare il velo della loro ideologia, per scoprirne l'autentico ruolo storico. I rivoluzionari devono smarcarsi quanto pi possibile dalle organizzazioni gauchistes3, e mostrare come, lungi dal minacciare l'ordine del vecchio mondo, la loro azione possa soltanto, nel migliore dei casi, determinarne un ricondizionamento. Cominciare a criticare queste organizzazioni, significa preparare il terreno al movimento rivoluzionario che dovr liquidarle, pena l'esserne liquidato. La prima tentazione quella di demistificare le ideologie di cui fanno sfoggio questi gruppi, svelandone l'arcaismo o l'esotismo (da Lenin a Mao), e di mettere in evidenza il disprezzo per le masse che si cela dietro la loro demagogia. Ma un simile approccio risulterebbe ben presto noioso, considerata la moltitudine di organizzazioni e di tendenze esistenti, ciascuna delle quali rivendica una propria originalit ideologica. D'altronde, ci equivarrebbe a collocarsi sul loro stesso terreno. Pi che le idee, conviene criticare il tipo di attivit che queste organizzazioni dispiegano al servizio delle proprie idee: il militantismo. Se critichiamo in termini generali il militantismo, ci non significa che
1 L'OJTR, costituitasi nel 1970, non era inizialmente che una sorta di organizzazione di base del Parti Socialiste Unifi (PSU). Ben presto, tuttavia, fu attratta dalle tesi dellInternazionale Situazionista e, dopo meno di un anno dalla sua fondazione, ruppe con il PSU e con il tradizionale stile di intervento delle minoranze rivoluzionarie [cfr. il volantino A Bas Le Proletariat/Vive Le Communisme]. Nel 1972, pubblic lopuscolo Le Militantisme, stade suprme de lalination. Claude Guillon, sul suo sito, riferisce che dopo la pubblicazione, gli esponenti dellOJTR furono fatti oggetto di vere e proprie persecuzioni. Non solo da parte del PSU, che imbast contro di loro un autentico processo politico, ma anche dei gruppi maoisti e trotzkisti, che giunsero a fare ricorso alla violenza fisica pur di impedire la diffusione dell'opuscolo. 2 Confdration Gnrale du Travail, sindacato francese tradizionalmente legato al PCF (Parti Communiste Franais). 3 Il termine gauchiste indica originariamente le tendenze che negli anni '20 e '30 criticarono la Terza Internazionale, pur non rompendo radicalmente con essa (ad esempio i trotzkisti). Negli anni '60 e '70 il suo significato viene esteso sino a includere l'intera galassia dei gruppi extraparlamentari, nella fattispecie maoisti, trotzkisti e operaisti.

misconosciamo le differenze esistenti tra l'attivit delle diverse organizzazioni. Tuttavia crediamo che malgrado o proprio a causa della loro importanza, queste differenze non possano essere spiegate se non cogliendo alla radice il significato dell'attivit militante. I diversi modi di militare sono soltanto risposte divergenti a una medesima contraddizione fondamentale, della quale nessuno detiene la soluzione. Decidendo di fondare la nostra critica sull'attivit militante, non sottostimiamo il ruolo che le idee ricoprono nel fenomeno del militantismo. Semplicemente, nella misura in cui queste idee vengono propugnate senza essere collegate all'attivit, diventa importante sapere che cosa esse dissimulano. Mostreremo lo iato che esiste tra questi due momenti, metteremo in connessione le idee con l'attivit e sveleremo l'impatto che quest'ultima ha sulle idee: cercare dietro la menzogna la realt di chi mente, per comprendere la realt della menzogna. Se vero che la critica del militantismo un compito fondamentale della teoria rivoluzionaria, essa non pu essere esplicata che dal punto di vista della rivoluzione. Gli ideologi borghesi possono tacciare i militanti di essere canaglie pericolose, idealisti manipolati, consigliare loro di impiegare meglio il proprio tempo andando a lavorare o in vacanza al Club Mditerrane. Ma non possono attaccare il militantismo alla radice, in quanto ci equivarrebbe a mettere in luce la miseria di qualsivoglia attivit permessa nel quadro dell'attuale societ. La critica del militantismo inseparabile dalla costruzione delle organizzazioni rivoluzionarie; non solo in quanto le organizzazioni militanti dovranno essere combattute senza tregua, ma anche perch la lotta contro la tendenza al militantismo dovr essere condotta nel seno delle organizzazioni rivoluzionarie stesse. Questo senza dubbio a causa del fatto che queste organizzazioni, almeno all'inizio, rischiano di essere composte in buona parte da ex-militanti pentiti; ma anche perch il militantismo si basa essenzialmente sull'alienazione in cui noi tutti siamo implicati. L'alienazione non pu essere eliminata con un colpo di bacchetta magica: il militantismo la particolare trappola che il vecchio mondo tende ai rivoluzionari. Ci che diciamo dei militanti drastico e senza appello. Noi non siamo effettivamente disposti ad accettare alcun compromesso con costoro. Non si tratta di rivoluzionari che sbagliano o di rivoluzionari a met, ma di individui che rimangono al di qua della rivoluzione. Questo, tuttavia, non significa in alcun modo che: 1) poniamo noi stessi fuori dall'oggetto della nostra critica: se teniamo a essere chiari e netti, innanzitutto riguardo a noi stessi; 2) condanniamo i militanti in quanto individui e facciamo di questa condanna una questione morale. Non si tratta di ricadere in una separazione tra buoni e cattivi. Non sottovalutiamo la tentazione del: pi sbraito contro i militanti, pi dimostro di non essere tale e mi pongo al riparo dalla critica!

IL MASOCHISMO Facciamo lo sforzo di andare oltre la noia che emana naturalmente da ogni militante. Non accontentiamoci, tuttavia, di decifrare la fraseologia dei volantini e dei discorsi. Interroghiamolo, piuttosto, sulle ragioni che lo hanno spinto proprio lui, personalmente alla militanza. Non c' domanda che possa imbarazzare maggiormente un militante. Nel peggiore dei casi, egli si perder in chiacchiere interminabili sull'orrore del capitalismo, la miseria dei bambini del Terzo Mondo, le bombe a frammentazione, il carovita, la repressione etc. Nel migliore, spiegher che avendo preso coscienza il militante tiene molto a questa famosa presa di coscienza della vera natura del capitalismo, ha deciso di lottare per un mondo migliore, per il socialismo (quello vero, non l'altro!). Entusiasmato da questa prospettiva esaltante, non ha resistito alla tentazione di gettarsi sulla manovella del ciclostile pi vicino. Cerchiamo di analizzare la questione pi da presso e spostiamo il nostro sguardo non pi su ci che il militante dice, ma su ci che effettivamente vive. Esiste una contraddizione palese tra ci che egli afferma di desiderare e la miseria e l'inefficacia di ci che fa. Lo sforzo al quale si sottopone e la dose di noia che capace di sopportare non lasciano dubbi: il militante innanzitutto un masochista. Non soltanto osservando la sua attivit difficile credere che possa sinceramente aspirare a una vita migliore, ma il suo masochismo non presenta alcun tratto di originalit. Se vero che alcuni perversi dispongono di un'immaginazione capace di ignorare la miseria delle regole del vecchio mondo, non certo questo il caso del militante! Egli accetta, in seno alla sua organizzazione, l'esistenza della gerarchia e dei leaders dei quali vorrebbe sbarazzare la societ. E l'energia che spende si plasma spontaneamente sul modello del lavoro poich il militante fa parte di quella categoria di persone per le quali otto o nove ore di abbrutimento quotidiano non bastano. Allorch il militante tenta di giustificarsi, rivela soltanto la povert della sua immaginazione. Non in grado di concepire una forma di attivit diversa da quella dominante. Per costui, la separazione tra seriet e divertimento, tra mezzi e fini, non legata a un'epoca storica determinata. Queste categorie diventano eterne e immutabili: si potr essere felici in futuro, soltanto sacrificandosi nel presente. Il sacrificio senza ricompensa di milioni di militanti operai appartenenti alle generazioni dell'epoca staliniana, non solleva in lui il minimo dubbio. Non vede come i mezzi determinino i fini e che, accettando di sacrificarsi oggi, non si fa che preparare i sacrifici di domani. Non si pu non rimanere colpiti dalle innumerevoli somiglianze che avvicinano il militantismo all'attivit religiosa. Vi si ritrovano le medesime attitudini psicologiche: spirito di sacrificio, ma anche intransigenza, volont di convertire il prossimo, spirito di sottomissione. Queste somiglianze si estendono al dominio dei riti e delle cerimonie: prediche sulla disoccupazione, processioni per il Vietnam, riferimenti ai testi sacri del marxismo-leninismo, culto dei simboli (bandiere rosse). Le chiese
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politiche hanno anch'esse i loro profeti, i loro grandi sacerdoti, i loro convertiti, le loro eresie, i loro scismi, i loro praticanti (militanti) e non-praticanti (simpatizzanti). Ma il militantismo rivoluzionario soltanto una parodia della religione. La ricchezza, la follia, la dismisura dei progetti religiosi gli sfuggono. Esso aspira alla seriet, vuole essere ragionevole, crede di potersi conquistare il Paradiso in terra. Ma nemmeno questo gli concesso: Ges Cristo resuscita e ascende al cielo, Lenin marcisce sulla Piazza Rossa... Se il militante pu essere assimilato al credente per ci che concerne il candore delle sue illusioni, conviene considerarlo sotto tutt'altro punto di vista per quel che riguarda la sua reale attitudine. Il sacrificio della carmelitana che si rinchiude in un convento a pregare per la salvezza delle anime, ha delle ripercussioni estremamente limitate sulla realt sociale. Viceversa, il sacrificio del militante rischia di avere delle conseguenze esiziali. IL DESIDERIO DI PROMOZIONE Il militante parla molto di masse, la sua azione incentrata su di esse: si tratta di convincerle, di far loro prendere coscienza. E nondimeno egli separato dalle masse, dalle loro potenzialit di rivolta. E questo perch separato dai suoi stessi desideri. Il militante avverte l'assurdit dell'esistenza che ci viene imposta. Decidendo di militare, egli tenta di riempire lo scarto esistente tra i propri desideri e ci che effettivamente ha la possibilit di sperimentare. una reazione contro la miseria della sua vita. Ma egli si inoltra su una strada senza uscita. Seppure insoddisfatto, il militante incapace di riconoscere e di far fronte ai propri desideri. Se ne vergogna! Questo lo conduce a rimpiazzare la promozione dei propri desideri con il desiderio della propria promozione. Tuttavia i sensi di colpa che nutre sono tali da non poter prendere in considerazione una promozione gerarchica all'interno del sistema. O piuttosto, egli pronto a lottare per elevare la propria posizione, soltanto se si convince che ci non ha nulla a che fare con il suo tornaconto personale. Il militantismo gli consente di elevarsi, di mettersi su un piedistallo, senza che questa promozione appaia agli altri, e a lui stesso, per ci che realmente . (Dopotutto anche il Papa non che il servitore dei servitori di Dio!) Mettersi al servizio dei propri desideri non significa rinchiudersi nel guscio del privato, non ha nulla a che vedere con l'individualismo piccolo borghese; al contrario, non pu passare che attraverso la distruzione della corazza egoistica nella quale ci imprigiona la societ borghese, e lo sviluppo di un'autentica solidariet di classe. Il militante che pretende di mettersi al servizio del proletariato (gli operai sono i nostri padroni, dice Geismar)4 non fa che porsi al servizio dell'idea che egli possiede degli interessi del proletariato. Cos, con un un paradosso che soltanto apparente,
4 Alain Geismar, leader della Gauche Proletarinne (GP), organizzazione di matrice maoista nata nel 1969. L'organizzazione fu sostenuta da intellettuali del calibro di Jean-Paul Sartre, Louis Althusser e Michel Foucault. Si sciolse nel 1973.

mettendosi autenticamente al servizio di se stessi, si possono aiutare davvero gli altri e questo su una base di classe. Viceversa, quando ci si mette al servizio degli altri, non si fa che difendere una posizione gerarchica personale. Militare non significa dedicarsi alla trasformazione della propria vita quotidiana, rivoltarsi direttamente contro ci che ci opprime. Al contrario, significa abbandonare questo terreno, l'unico a essere davvero rivoluzionario (a patto che si sia consapevoli che la nostra vita quotidiana colonizzata dal capitale e retta dalle leggi della produzione mercantile). Il militante si politicizza nella misura in cui alla ricerca di un ruolo che lo ponga al di sopra delle masse. Che questa attitudine prenda, volta a volta, le sembianze dell'avanguardismo o dell'educazionismo, non cambia la sostanza della faccenda. Non si tratta pi del proletario che non ha da perdere che le proprie illusioni: il militante ha un ruolo da difendere! In periodo rivoluzionario, allorch tutti i ruoli si sgretolano sotto la spinta del desiderio di vivere senza limitazioni, il ruolo del rivoluzionario cosciente quello che meglio si adatta a sopravvivere. Attraverso la militanza, il rivoluzionario cosciente d un spessore alla propria esistenza, la sua vita ritrova un significato. Ma questo significato egli non lo esperisce in s stesso, nella realt della propria soggettivit, bens nella subordinazione a necessit che gli sono esteriori. Allo stesso modo che nel lavoro, egli sottomesso a un fine e a regole che gli sfuggono; militando obbedisce alle necessit della storia. Evidentemente, non si possono porre tutti i militanti su uno stesso piano. Vi sono tra essi anche molti ingenui che, non sapendo come impiegare il proprio tempo libero, spinti dalla solitudine e ingannati dalla fraseologia rivoluzionaria, si sono smarriti. Costoro coglieranno il primo pretesto per allontanarsi. L'acquisto di una televisione, l'incontro dell'anima gemella, la necessit di fare straordinari al lavoro per comprare l'automobile, decimano i ranghi dell'armata dei militanti! Le ragioni che spingono a militare non sono caratteristiche solo della nostra epoca. E a grandi linee sono le stesse per i militanti sindacali, cattolici e rivoluzionari. Il riapparire di un militantismo rivoluzionario di massa legato alla crisi attuale delle societ mercantili e al ritorno della vecchia talpa rivoluzionaria. La possibilit di una rivoluzione sociale sufficientemente seria, affinch i militanti se ne possano occupare. Il tutto rafforzato dal crollo delle credenze religiose. Il capitalismo non necessita pi di sistemi di compensazione religiosi. Pervenuto alla sua maturit, esso non ha pi bisogno di offrire un supplemento di felicit nell'aldil, ma deve offrire tutta la felicit qui, sulla terra, nel consumo delle sue merci materiali, culturali e spirituali (l'angoscia metafisica fa vendere!). Superate dalla storia le religioni, i fedeli non hanno pi da passare che all'azione sociale o al... maoismo. Il militantismo gauchiste coinvolge essenzialmente individui appartenenti a categorie sociali in via di proletarizzazione accelerata (liceali, studenti, personale socio-educativo etc.), che non hanno la possibilit di lottare concretamente per dei vantaggi a breve termine, e per i quali diventare davvero rivoluzionari implicherebbe mettersi in discussione, da un punto di vista personale, in modo radicale. L'operaio
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molto meno complice, rispetto al proprio ruolo sociale, dello studente o dell'educatore. Militare, per questi ultimi, una soluzione di compromesso che permette loro di puntellare un ruolo sociale vacillante. Essi ritrovano nel militantismo l'importanza personale perduta a causa del deterioramento del loro status sociale. Dicendosi rivoluzionari, occupandosi della trasformazione dell'insieme della societ, evitano di occuparsi della trasformazione della propria condizione e delle proprie illusioni personali. Nell'ambito della classe operaia, il sindacalismo detiene di fatto il monopolio del militantismo, e assicura al militante soddisfazioni immediate e posizioni i cui privilegi si possono misurare concretamente. L'operaio che si lascia tentare dal militantismo, si volger con maggiore probabilit verso di esso. Del resto, anche i comitati di lotta anti-sindacali hanno la tendenza a trasformarsi in una sorta di neosindacalismo. L'attivit politica per i militanti operai soltanto il prolungamento dell'attivit sindacale. Il militantismo affascina poco gli operai, e in modo particolare le giovani leve, che sono costituite dai proletari pi disincantati riguardo al proprio lavoro e alla propria vita in generale. Poco tentati nell'insieme dal sindacalismo, lo sono ancor meno da un gauchisme che propone loro soltanto benefici fumosi. Detto questo, quando nella tormenta rivoluzionaria il regno della merce e del consumo si sgretoleranno, il sindacalismo, la cui credibilit si basa sulla rivendicazione, sar pronto pur di sopravvivere a trasformarsi in militantismo rivoluzionario. Esso riprender le parole d'ordine pi estremiste e sar allora molto pi pericoloso degli attuali gruppi gauchistes. Gi vediamo la CFDT5, sull'onda del Maggio '68, mescolare la parola d'ordine dell'autogestione al suo incomprensibile linguaggio neo-burocratico! IL LAVORO POLITICO Il militante consacra il tempo libero che gli obblighi professionali e scolastici gli concedono, a ci che egli stesso definisce il lavoro politico: occorre stampare e distribuire volantini, comporre e attaccare manifesti, partecipare alle riunioni, prendere contatti, preparare incontri etc. Tuttavia non sono queste azioni, considerate isolatamente, a caratterizzare il lavoro del militante. Il semplice fatto di redigere un volantino al fine di stamparlo e distribuirlo, non pu essere considerato in se stesso un atto militante. Se esso diviene tale, perch si inscrive nel contesto di un'attivit che possiede una logica peculiare. nella misura in cui non rappresenta un prolungamento dei suoi desideri, bens obbedisce a una logica che gli estranea, che l'attivit del militante si avvicina al lavoro. Come il lavoratore non lavora per s, il militante non milita per s: il risultato della sua azione non pu essere misurato con il piacere che egli ne trae. Lo sar dunque attraverso il numero di ore dedicate all'attivit politica, il numero di volantini
5 Confdration Franaise Dmocratique du Travail. Sindacato dispirazione cristiana, fiancheggiava il Partito socialista. Radicalizz strumentalmente le proprie posizioni in seguito alle lotte del '68, anche in virt dell'afflusso di militanti gauchistes.

distribuiti etc. La ripetizione, la routine dominano l'attivit del militante. La separazione tra esecuzione e decisione rafforzano l'aspetto funzionariale di questa attivit. Ma se il militantismo assomiglia al lavoro, non vi pu essere assimilato. Il lavoro l'attivit sulla quale si fonda il vecchio mondo: esso produce e riproduce il capitale e i rapporti di produzione capitalistici. Il militantismo non che un'attivit secondaria. Se vero che il risultato del lavoro e la sua efficacia, per definizione, non sono commisurati alla soddisfazione del lavoratore, hanno per il vantaggio di essere misurabili in termini economici. La produzione mercantile, per mezzo del denaro e del profitto, crea i suoi campioni e i suoi strumenti di misura. Essa possiede una logica e una razionalit, che impone al produttore e al consumatore. Viceversa, l'efficacia del militantismo, l'avanzare della rivoluzione, non hanno ancora trovato criteri di misura. La loro verifica sfugge ai militanti e ai loro dirigenti (nell'ipotesi, ovviamente, che questi ultimi si preoccupino ancora della rivoluzione!). Ci si riduce dunque a contabilizzare il materiale prodotto e distribuito, il reclutamento, le azioni portate a termine; tutte cose che evidentemente non servono a dare la misura di ci che si vorrebbe misurare. In modo del tutto naturale, si giunge a considerare ci che misurabile come un fine in s. Immaginate un capitalista che non trovando mezzi per determinare il valore della sua produzione, decidesse di ripiegare sulla misurazione della quantit di olio consumata da alcune macchine. Coscienziosamente, gli operai verserebbero olio nelle tubature per fare progredire... la produzione. Incapace di perseguire il fine che proclama, il militantismo non pu che santificare il lavoro. Applicandosi con scrupolo a emulare il lavoro, i militanti non si trovano nella posizione di comprendere le prospettive aperte, da un lato, dal disprezzo sempre pi diffuso per tutte le costrizioni sociali e, dall'altro, dal progresso della conoscenza e della tecnica. I pi intelligenti tra loro si uniscono al coro degli ideologi della borghesia modernista, nel chiedere la riduzione degli orari di lavoro o l'umanizzazione della ripugnante attivit. Che parlino in nome del capitale o della rivoluzione, costoro si dimostrano incapaci di andare oltre la separazione tra tempo di lavoro e tempo libero, tra attivit dedicata alla produzione e attivit consacrata al consumo. Se siamo costretti a lavorare, la causa non naturale, bens sociale. Lavoro e societ di classe sono inscindibili. Il padrone vuole che lo schiavo produca, poich soltanto ci che viene prodotto pu essere appropriato. La gioia, il piacere che si possono trovare in una qualsiasi attivit, non possono essere capitalizzati, trasformati in denaro dal capitalista. Quando lavoriamo siamo totalmente sottomessi a un'autorit, a una legge esteriore, e la nostra unica ragion d'essere ci che produciamo. Ogni fabbrica un racket, dove si succhiano il nostro sudore e la nostra vita, affinch possano trasformarsi in merci. Il tempo di lavoro quel tempo in cui dobbiamo non gi soddisfare direttamente i nostri desideri, bens sottometterci, in attesa della compensazione ulteriore rappresentata dal salario. esattamente il contrario del gioco, dove lo svolgimento e il ritmo di ci che si fa sono dettati dal piacere che si trova nell'attivit. Il proletariato,
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emancipandosi, abolir il lavoro. La produzione delle derrate necessarie alla nostra sopravvivenza biologica, non sar pi allora che il pretesto per la liberazione delle nostre passioni. IL REGNO DELLA RIUNIONE Uno dei tratti caratteristici del militantismo la quantit di tempo dedicata alle riunioni. Sorvoliamo sui dibattiti riguardanti le grandi questioni strategiche: dove sono presenti nostri compagni in Bolivia? A quando la prossima crisi mondiale? La costruzione del partito rivoluzionario sta avanzando? Limitiamoci a rivolgere la nostra attenzione alle riunioni concernenti il lavoro quotidiano. forse qui che la miseria del militantismo fa pi che altrove sfoggio di s. Fatta eccezione per qualche caso disperato, sono i militanti stessi a lamentarsi del numero di queste riunioni che non fanno fare un passo avanti. Sebbene i militanti amino riscaldarsi tra loro, non possono non soffrire della contraddizione evidente tra la loro volont di agire, da una parte, e il tempo sprecato in vane discussioni, in dibattiti senza via d'uscita, dall'altra. Essi sono condannati all'impasse nella misura in cui criticano il riunionismo, senza rendersi conto che a essere in questione l'attivit militante nella sua totalit. Il solo modo di eliminare il riunionismo diventa allora la fuga in un attivismo sempre meno a contatto con la realt. Che fare? Come organizzarsi? Sono queste le problematiche che sottendono e sono all'origine delle riunioni. Ora, tali questioni non possono in nessun caso essere risolte nella misura in cui, laddove i militanti se le pongono, lo fanno separandole dalla propria vita. La risposta non pu essere cercata in una riunione, poich il problema non viene posto da chi ne detiene la soluzione concreta. Ci si pu riunire e discutere per ore, spremersi le meningi, ma tutto ci non baster a far nascere il supporto pratico che manca alle idee. Laddove tali questioni per il proletariato rivoluzionario rappresentano una banalit, poich per esso i problemi dell'azione e dell'organizzazione si pongono concretamente, sono parte della sua stessa lotta quotidiana, per i militanti diventano il problema. Il riunionismo il complemento necessario dell'attivismo. In effetti, il problema che viene posto sempre lo stesso: come fondersi con il movimento delle masse, pur restando separati da esso. La possibile soluzione del dilemma consiste: o nel fondersi realmente con le masse ritrovando la realt dei propri desideri e la possibilit della loro realizzazione, oppure nel rafforzare il proprio potere in quanto militanti, e nello schierarsi dalla parte del vecchio mondo contro il proletariato. Gli scioperi selvaggi dimostrano che questo rischio esiste! Nel rapporto con le masse, il militantismo riproduce le sue tare interne, e in particolare la tendenza al riunionismo. Si radunano e si contano delle persone. Per alcuni, come l'AJS6, farsi vedere e contarsi diventa l'apogeo dell'azione! I problemi dell'azione e dell'organizzazione, separati dal movimento reale, si trovano meccanicamente a essere separati anche gli uni dagli altri. Le diverse
6 Alliances des Jeunes pour le Socialisme. Organizzazione giovanile dei trotzkisti lambertisti dell'epoca.

organizzazioni gauchistes incarnano questa separazione. Troviamo, da un lato, presso i maoisti e l'ex-GP7, il polo dell'azione, e dall'altro, presso i trotzkisti e la Ligue Communiste, quello dell'organizzazione. Si feticizzano ora l'una ora l'altra, per uscire dall'impasse in cui il militantismo si trova a causa della sua separazione dalle masse. E ciascuno difende la sua particolare idiozia, facendosi beffe dell'orientamento dei gruppi concorrenti. LA BUROCRAZIA Le organizzazioni militanti hanno invariabilmente un carattere gerarchico. Alcune di esse non soltanto non lo nascondono, ma hanno piuttosto la tendenza a farne un vanto. Altre si accontentano di parlarne il meno possibile. Infine, vi sono alcuni piccoli gruppi che cercano di negare questa evidenza. Proprio come riproducono, o meglio scimmiottano il lavoro, le organizzazioni militanti hanno bisogno di padroni. Non potendo costruire un'unione a partire dai problemi concreti che li riguardano, i militanti sono naturalmente portati a credere che l'unificazione delle decisioni non possa derivare se non dall'esistenza di una direzione. Non immaginano che una verit condivisa possa sgorgare da una molteplicit di volont particolari di uscire dalla merda; tale verit deve perci essere mediata e imposta dall'alto. Essi si rappresentano dunque la rivoluzione come lo scontro tra due apparati statuali gerarchizzati, l'uno borghese, l'altro proletario. Non sanno nulla della burocrazia, della sua autonomia e della maniera in cui risolve le proprie contraddizioni interne. Il militante di base crede ingenuamente che i conflitti tra i dirigenti si riducano a conflitti di idee, e che l dove gli si dice che c' unit ci sia effettivamente unit. Il suo orgoglio quello di aver saputo scegliere l'organizzazione o la tendenza che possiede la direzione migliore. Aderendo a questa o quella chiesa, egli adotta un sistema di idee cos come si indossa un abito. Non avendone in nessun modo verificate le basi, egli sar pronto a difenderne tutte le conseguenze e a rispondere a ogni obiezione con un incredibile dogmatismo. In un'epoca in cui persino i preti sono dilaniati da crisi spirituali, il militante conserva la sua fede. Alcune organizzazioni tradizionali cercano di attuare delle forme organizzative parallele pi o meno permanenti. Esse sperano, appellandosi all'autonomia proletaria, di recuperare, o quanto meno influenzare, persone che altrimenti si sarebbero loro sottratte. Si possono citare il Secours Rouge 8, l'OJTR9 e le Assemblee operai-contadini del PSU. Ma anche certi giornali indipendenti o legati a organizzazioni che pretendono di esprimere soltanto il punto di vista delle masse rivoluzionarie o di gruppi autonomi di base. Citiamo qui i Cahiers de Mai, Le technique en lutte, Loutil des travailleurs. L dove si rifiuta di porre tanto le questioni dell'organizzazione quanto
7 Cfr. Nota 5. 8 Organizzazione contro la repressione fondata nel 1970, sulla base di un appello lanciato da Jean-Paul Sartre, in seguito alla dure condanne subite da alcuni esponenti della Gauche Proletarinne. 9 Cfr. Nota 1.

quelle teoriche, col pretesto che il momento della costruzione del partito rivoluzionario non ancora maturo o in nome di uno spontaneismo paccottiglia (noi non siamo un'organizzazione, ma un'aggregazione di bravi compagni, una comunit etc.), si pu essere sicuri della presenza della burocrazia e spesso anche di un'ideologia maoista. Il vantaggio del trotzkismo che il suo feticismo dell'organizzazione lo costringe a mettere da subito in chiaro le proprie intenzioni: esso recupera dichiarandosi. Il vantaggio del maoismo (non parliamo qui del maoismo puro e archeo-stalinista, del tipo Humanit Rouge 10) che crea le condizioni del suo proprio superamento: a forza di giocare il ruolo degli equilibristi del recupero, i maoisti finiranno per cadere. OGGETTIVIT E SOGGETTIVIT I sistemi di idee adottati dai militanti variano a seconda dell'organizzazione, ma sono tutti minati dalla necessit di mistificare la natura dell'attivit che si nasconde dietro di essi e la separazione dalle masse. Allo stesso modo, si trova invariabilmente, al cuore delle ideologie militanti, la separazione tra oggettivit e soggettivit, concepita in termini meccanici e astorici. Il militante che si mette al servizio del popolo, bench non neghi che la sua attivit possiede delle motivazioni soggettive, rifiuta di accordare loro importanza. Ad ogni modo, ci che soggettivo deve essere eliminato in favore di ci che oggettivo. Il militante, rifiutando di essere mosso dai propri desideri, costretto a invocare la necessit storica considerata come alcunch di esteriore al mondo dei desideri. Grazie al socialismo scientifico, forma cristallizzata di un marxismo degenerato, crede di poter scoprire il senso della storia e di adattarvisi. Egli si ubriaca di concetti il cui significato gli sfugge: forze produttive, rapporti di produzione, legge del valore, dittatura del proletariato etc. Tutto questo gli permette di rassicurare se stesso sulla seriet della propria attivit. Ponendosi fuori dalla critica del mondo, si condanna a non capire nulla del suo funzionamento. La passione che non riesce a esprimere nella sua vita quotidiana, la trasferisce nella partecipazione immaginaria allo spettacolo rivoluzionario mondiale. Il mondo ridotto al rango di un teatro di Pulcinella dove si affrontano buoni e malvagi, imperialisti e antiimperialisti. Egli compensa la mediocrit della sua esistenza identificandosi con le stars di questo circo mondiale. Il culmine del ridicolo stato certo raggiunto con il culto del Che. Economista delirante, pietoso stratega, ma in compenso bel ragazzo, Guevara avr avuto almeno la consolazione di vedere ricompensato il suo talento hollywoodiano con un record nella vendita di poster. Che cos' la soggettivit se non ci che residua dell'oggettivit, ci che una societ fondata sulla produzione mercantile non pu integrare? La soggettivit dell'artista si oggettiva nell'opera d'arte. Per il lavoratore separato dai mezzi e dall'organizzazione della produzione, la soggettivit ridotta al rango di manie, a puro fantasma: ci che
10 Organizzazione maoista, strettamente allineata alle posizioni del governo cinese, nucleo del futuro Parti Communiste Marxiste-Lniniste (PCML).

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si oggettiva lo fa per mezzo del capitale, e diviene esso stesso capitale. L'attivit rivoluzionaria, tanto quanto il mondo che prefigura, supera la separazione tra oggettivit e soggettivit. Essa oggettiva la soggettivit e investe soggettivamente il mondo oggettivo. La rivoluzione proletaria rappresenta l'irruzione della soggettivit! Non si tratta di ricadere nel mito della vera natura umana, dell'eterna essenza dell'uomo che, repressa dalla Societ, cercherebbe di riemergere. Ma se la forma e la natura dei nostri desideri cambiano, essi non si riducono al bisogno di consumare questo o quel prodotto. Determinata storicamente dall'evoluzione della produzione mercantile, la soggettivit non si piega in alcun modo alle necessit del consumo e della produzione. Per recuperare i desideri dei consumatori, la produzione mercantile vi si deve continuamente adattare; ma essa incapace di soddisfare la volont di vivere, realizzando totalmente e direttamente i nostri desideri. Avanguardia della provocazione mercantile, le vetrine sono sempre pi spesso sottoposte alla critica del pav! Coloro che rifiutano di considerare la realt dei propri desideri in nome del pensiero materialista, rischiano di non accorgersi della potenza dei nostri desideri che li travolger. I militanti e i loro ideologi sono sempre meno in grado di capire la loro epoca e aderire alla storia. Incapaci di distillare un pensiero che sia almeno un po' moderno, si riducono a frugare nelle pattumiere della storia per recuperare ideologie che gi da tempo hanno dato prova del loro fallimento: anarchismo, leninismo, trotzkismo etc. Per rendere il tutto pi digeribile, lo condiscono con un po' di maoismo o di castrismo mal compresi. Essi si richiamano al movimento operaio, ma confondono la sua storia con la costruzione del capitalismo di Stato in Russia o con l'epopea burocraticocontadina della Lunga Marcia in Cina. Si pretendono marxisti, ma non comprendono che il progetto marxiano dell'abolizione del lavoro salariato, della produzione mercantile e dello Stato, indissociabile dalla presa del potere da parte del proletariato. I pensatori marxisti sono vieppi incapaci di riprendere l'analisi delle contraddizioni fondamentali del capitalismo inaugurata da Marx, e rimangono invischiati sul terreno dell'economia politica borghese, rimasticando insulsaggini sulla legge del valore-lavoro, la diminuzione tendenziale del saggio di profitto, la realizzazione del plusvalore. Malgrado le loro pretese, non capiscono nulla del movimento del capitalismo moderno. Sentendosi obbligati a utilizzare un vocabolario marxista, di cui non conoscono le modalit d'uso, si privano di quelle poche possibilit di analisi che restano all'economia politica. Le loro ricerche non valgono quelle di un qualunque discepolo di Keynes. MILITANTI E CONSIGLI OPERAI Le organizzazioni militanti si autonomizzano rispetto alle masse che pretendono di rappresentare. Esse sono conseguentemente portate a pensare che non sia la classe operaia a fare la rivoluzione, bens le organizzazioni della classe operaia. Si tratta
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dunque di rafforzare queste ultime. Il proletariato diventa al limite una sorta di materia bruta, il concime sul quale pu sbocciare la rosa rossa del Partito Rivoluzionario. Le necessit del recupero esigono che non si parli troppo di questo aspetto pubblicamente; ed qui che nasce la demagogia. L'autonomia dei fini delle organizzazioni militanti deve essere dissimulata (a questo serve l'ideologia). Si proclama a gran voce di essere al servizio del popolo, che non si agisce in vista del proprio interesse, e che se per un breve momento si costretti a prendere e gestire il potere, non se ne abuser. Una volta che la classe operaia sar stata ben educata, ci si affretter a rimetterlo nelle sue mani. La storia dei consigli operai dimostra che le cosiddette organizzazioni operaie hanno sistematicamente cercato di fare il proprio gioco e di togliere le castagne dal fuoco. Questo, naturalmente, con le migliori intenzioni. Per salvaguardare il proprio potere, esse hanno cercato di circoscrivere, recuperare e distruggere le forme autonome di organizzazione che il proletariato di volta in volta si dava: soviet territoriali, comitati di fabbrica etc. I soviet russi sono stati manipolati, e successivamente liquidati, dal partito e dallo Stato bolscevico. Nel 1905, Lenin non accorda loro alcuna importanza. Nel 1917, viceversa, egli proclama: tutto il potere ai soviet!. Nel 1921, dopo avere fornito il trampolino per prendere il potere, i soviet sono diventati un peso: gli operai e i marinai di Kronstadt, che chiedono soviet liberi, sono schiacciati dall'Armata Rossa. In Germania, il governo socialdemocratico dei commissari del popolo si incarica di liquidare i consigli in nome della rivoluzione. In Spagna, sono ancora i comunisti che si incaricano della distruzione delle forme di potere popolare. Questo avrebbe dovuto permettere di condurre con maggiore efficacia la lotta contro il fascismo! Ogni esperienza storica ha confermato l'antagonismo che oppone il proletariato rivoluzionario alle organizzazioni militanti. L'ideologia pi estremista pu dissimulare la posizione pi controrivoluzionaria. Se alcune organizzazioni, come la Lega di Spartaco e la CNT-FAI anarco-sindacalista, si sono potute battere al fianco del proletariato rivoluzionario fino alla disfatta comune, nulla prova che queste stesse organizzazioni non avrebbero cominciato a lottare per imporre il proprio potere, una volta sconfitto l'avversario11. I militanti, pur essendosi ritirati nel chiostro della politica, restano individui sociali, e in quanto tali sono sottoposti all'influenza del loro ambiente. Quando quest'ultimo si surriscalda, molti possono passare nel campo della rivoluzione. Si sono persino visti delegati sindacali prendere la testa di un sequestro! Ma la diserzione di massa dei militanti sar tanto pi probabile, quanto pi i consigli e i rivoluzionari consiliari saranno forti. Il movimento pu essere aiutato nei suoi successi dai rinforzi provenienti dalle file delle organizzazioni militanti. Ma in caso di errori o di sbandamenti, l'ago della bilancia potrebbe tornare a pendere dalla parte di queste ultime: le organizzazioni militanti saranno rafforzate dall'apporto di proletari in cerca
11 Per una critica del ruolo opportunistico, quando non apertamente controrivoluzionario, svolto in realt da queste due organizzazioni, si vedano: DENIS AUTHIER, JEAN BARROT, La sinistra comunista in Germania (1918-1921), La Salamandra, Milano, 1981 e GILLES DAUV, Quand meurent les insurrections.

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di rassicurazione. La liquidazione dei consigli operai stata resa possibile dalla loro debolezza, dalla loro incapacit di applicare al proprio interno le regole della democrazia diretta e di prendere effettivamente nelle proprie mani tutto il potere, schiacciando gli altri poteri che sopravvivevano al di fuori di essi12. Le organizzazioni militanti non sono che la debolezza del proletariato esteriorizzata, che si rivolta contro il proletariato stesso. I lavoratori commetteranno ancora degli errori. Non troveranno subito la forma adeguata del loro potere. Ma meno le masse si faranno illusioni sul militantismo, pi il potere dei consigli avr possibilit di svilupparsi. Screditare e ridicolizzare i militanti: ecco il compito che spetta fin d'ora ai rivoluzionari. Questo compito sar portato a termine dalla critica in atto rappresentata dalla nascita delle organizzazioni consiliari. Queste organizzazioni sapranno senz'altro fare a meno di una direzione e di un apparato burocratico. Prodotto della solidariet dei lavoratori combattivi, esse saranno delle libere associazioni di individui autonomi. E mostreranno per mezzo delle loro idee, ma soprattutto attraverso il loro comportamento nel corso delle lotte, che non rischiano in nessun caso di perseguire interessi distinti da quelli del proletariato nel suo complesso. Lo sviluppo del capitalismo moderno, che si traduce nell'occupazione dell'intero spazio sociale da parte della merce, nella generalizzazione del lavoro salariato, ma anche nel deterioramento dei valori morali e nel disprezzo del lavoro e delle ideologie, porter a un'intensificazione della violenza dello scontro. I proletari andranno molto pi lontano, e lo faranno molto pi rapidamente rispetto al passato. Se alcune organizzazioni militanti hanno potuto un tempo svolgere un ruolo rivoluzionario, oggi questo non pi possibile. Nel corso delle imminenti grandi battaglie della lotta rivoluzionaria, queste organizzazioni sono destinate a diventare rapidamente sempre pi controrivoluzionarie.

12 Per una critica da un punto di vista radicale dell'ideologia consiliare, democratica e autogestionaria cfr., ad esempio, GILLES DAUV, Le Roman de nos origines. Alle origini della critica radicale, Quaderni di Pagine Marxiste, Milano, 2010.

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