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E' stata sempre assegnata, al linguaggio, una funzione essenzialmente secondaria e derivata, uno statuto inferiore, senza capire

che tutto deriva da l. Il linguaggio (seppur, esso stesso, derivato) riformula e rimodella le coordinate del reale e di tutti i processi ad esso inerenti, latenti o meno. Esso stabilisce, comanda, appunto, come tu dici. Linguaggio = comando. Forza semiotico-linguistica. Il linguaggio il substrato latente ed evidente di ogni pratica storico-discorsiva, di ogni prassi e di ogni poietica (poiesis = creazione, realizzazione). Tutto si fonda sul linguaggio. Bisogna, quindi, dare una vera e propria consistenza ontologica al linguaggio stesso. Si tratterebbe, in tal caso, di una rivoluzione ontologica pari al gesto heideggeriano sul piano dell'esistenza e dell'esserci (e Heidegger non aveva capito na mazza, fondamentalmente, assegnando una preminenza ontologica al dasein, all'essere dell'esserci, al suo Jemeinigkeit, alle sue strutture aprioriche e trascendentali, quindi, sostanzialmente, sempre al soggetto, al fottuto soggetto, solito assioma-paradigma filosofico-discorsivo del soggetto e dell'egoit che Heidegger non ha fatto altro che analizzare e riformulare da e sotto un'ottica diversa, senza discostarsi, sostanzialmente, da esso). L'io, il soggetto, in tale prospettiva, verrebbe prima del linguaggio? Mah, stronzate. E' proprio il contrario, forse. Il linguaggio fonda il soggetto, in prima istanza. Ovviamente senza cadere nell'esatto opposto, il che sarebbe sempre un gesto puramente dogmatico e speculativo. Diciamo che, in realt, soggetto (da rivalutare e ridefinire radicalmente anche questo, insieme al segno) e linguaggio (segno) si fondano reciprocamente, a vicenda. Non c' una preminenza dell'uno sull'altro. Per, appunto, si tratta semplicemente di restituire al piano semiotico-linguistico la sua dignit, il suo peso consistente, che effettivamente ha. Diciamo che soggetto e linguaggio stanno fra loro, l'uno all'altro, in un rapporto di immanenza, ecco. Non sono susseguenti o trascendenti l'uno dall'altro. L'uno non deriva dall'altro. Si fondano reciprocamente nello stesso momento. Un soggetto non esiste senza linguaggio ed un linguaggio non esiste senza soggetto. Sono, quindi, inseparabili. Sono (quasi) la stessa cosa. Cio, per dirla ancora meglio, l'enunciato precede il soggetto in quanto questo gi esso stesso enunciato (un'enunciante di un enunciato, ossia di se stesso in quanto enunciato). In tal senso, vigerebbe, in realt, un rapporto di immanenza fra soggetto ed enunciato, perch essi sono (esprimono, indicano) la stessa cosa. Non si pu distinguere l'enunciato dal soggetto e viceversa. Si rincorrono a vicenda in un'unico gesto, atto d'inscindibilit discorsivo-verbale. Il soggetto, quindi, pratica (enuncia) l'enunciato, in quanto e nella misura in cui gi esso stesso enunciato (enunciante-enunciato). Proprio come io ho detto del rapporto fra segno (che per me coincide con l'enunciato, anch'esso gi enunciato) e soggetto. E, pi in generale, fra linguaggio (come sistema di segni, e di enunciati) e soggetto. Il gesto apparentemente attivo dell'enunciazione segnica (linguistica e discorsivo-verbale) in realt gi gesto mediato, pre-condizionato e determinato, oltre che differito (nella virtualit dell'enunciazione segnica). Per seguendo il mio ragionamento il parlante (colui che enuncia) nello stesso tempo gi enunciato, gi prima di enunciare. Quindi da ci si pu ricavare che l'enunciato (come segno derivato e derivante, come insieme di fattori eterogenei) abbia una preminenza sullo stesso parlante, sul "soggetto" dell'enunciazione, che diventa oggetto dell'enunciazione stessa nella misura in cui enuncia se stesso in quanto enunciato. Esso gi un enunciato in nuce, ab origine. Appunto, semplicemente un mezzo, un canale (per usare un termine di teoria della comunicazione) come tu hai detto, e non una vera e propria fonte, nel senso primo ed originario del termine. Del resto, gi la fonte, sempre nella teoria comunicazionale, si limita a codificare il messaggio, che diventa un segnale, e quindi (la fonte) gi di per s mediazione, il mediato di un mediato, gi determinata e pre-condizionata, ENUNCIATA, seguendo tale ragionamento (enunciato = pre-condizionato). In tal caso bisogna ridefinire lo statuto stesso e la nozione di soggetto (dell'enunciazione) e del suo rapporto con l'enunciato (con il segno). Delle dinamiche tra parlante e parlato.

Io voglio dimostrare chiaramente che tra il soggetto ed il segno (che gi in s enunciato), e quindi tra il parlante ed il parlato, vi un rapporto immediato, di immanenza, senza alcun salto o trascendenza, senza alcuna frattura. E' un rapporto gi intrinsecamente determinato in s. O, per meglio dire, soggetto (dell'enunciazione) ed enunciato (segno) sono la stessa cosa. Il soggetto gi segno (enunciato), determinato e dato: noi distinguiamo le due cose per esigenze di analisi e di esposizione, per chiarire il concetto, ma in realt abbiamo a che fare con un'unica cosa. Questa la mia intuizione e questo quello che in definitiva vorrei dimostrare. A questo oggi si arrivati, secondo me.

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