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ASSOCIAZIONE CIVICA PORTA NUOVA – VASTO

www.portanuovavasto.it

COMUNICATO STAMPA 17 Settembre - 22 Ottobre ’05

PUNTA PENNA: UNA QUESTIONE AMBIENTALE.

Il mistero delle emissioni inquinanti a Punta Penna. Anche quest’estate ne hanno parlato i gior-
nali; ma non è una novità. Si verificano ogni anno, per tutto l’anno, da decenni. E neppure riguarda-
no solo Punta Penna: sono avvertibili spesso sino alla periferia della città. Dopo venti, trenta anni e
più, restano ancora ufficialmente un mistero: non se ne conosce la natura, l’intensità e (men che
meno) la fonte. E’ il mistero delle emissioni inquinanti di Punta Penna.
Una questione ambientale. Un mistero che, tuttavia, non sta da solo. Esso non è che la punta emer-
gente, il risultato ultimo di una situazione ambientale lasciata per decenni, e tuttora, colpevolmente
fuori controllo. Di una politica urbanistica, in particolare, che senza colpo ferire ha lasciato accosta-
re e convivere, in un fazzoletto di terra, una zona residenziale, un insediamento industriale e un’area
naturale protetta. Perché questo possa accadere, e duri, occorre il consenso di tutta la classe politica
locale. Ma non basta. Occorre anche un sistematico occultamento della verità; e una costante disap-
plicazione delle leggi. E’ precisamente ciò che sino ad ora è accaduto; e che tenteremo, punto per
punto, di illustrare.

1. Aria di Punta Penna.


I primi –e sino ad ora unici- rilevamenti della qualità dell’aria nella zona di Punta Penna sono stati
compiuti dalla centralina mobile dell’ARTA nel periodo tra il 14 Gennaio e l’11 Febbraio 2004. Ne
avevamo già parlato in alcuni comunicati precedenti; vale la pena di tornarci. La foto che accompa-
gna la relazione mostra il camioncino dell’ARTA acquattato dietro il muro di cinta del faro, in modo
da ricevere da questo il massimo schermo rispetto alla zona industriale. Non solo: durante tutto il
periodo dei rilevamenti, hanno dichiarato i residenti, il cattivo odore era sparito1. “Non appena il
furgone è ripartito, i miasmi sono tornati. Ed è esattamente quello che temevamo2”. Se non è stata
un’aperta presa in giro, certo vi somiglia molto. Nonostante ciò, nei risultati ottenuti dai 29 giorni di
rilevamento vi sono alcuni dati interessanti:
1) Per il benzene: “in alcuni giorni i valori massimi si sono verificati nelle ore notturne o nel
primo mattino, soprattutto quando il vento spirava da Sud o da angolazioni vicine”: il che è
strano. Grave però è il dato che riguarda:
2) lo stirene3. “Eccetto che in aree altamente inquinate,” scrivevamo lo scorso Gennaio in un
nostro comunicato citando l’OMS, “le concentrazioni di stirene nell’aria ambiente sono in
genere inferiori a 1 μg/m3”. “In un ambiente urbano inquinato e nel raggio di 1 km da indu-
strie che lavorano lo stirene, la [sua] concentrazione può raggiungere i 20-30 μg/m 3 [micro-
grammi al metro cubo]”. In Piazza Verdi, a Vasto, l’ARTA ha rilevato una concentrazione
media di stirene pari a 9,6 μg/m3, con picchi fino a 24,7 μg/m3. A Punta Penna la concentra-
zione media rilevata è stata quasi il doppio: 18,3 μg/m3, con un massimo orario fino a 36,1
μg/m3.4

1
“Fino a quando nella zona è rimasto il furgone mobile dell’Arta, il fenomeno non si è mai presentato” (Il Centro,
19.5.04). Dichiarazioni ribadite su Il Centro del 12.7.04.
2
Il Centro, 19.5.04 .
3
Lo stirene origina principalmente da attività industriali e, in misura minore, dal traffico veicolare. Le conoscenze su
questa sostanza non sono ancora tali, sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità, da consentire di tracciare un
quadro certo della sua tossicità sull’uomo. Sono stati accertati effetti genotossici, neurologici e sullo sviluppo; non an-
cora certa appare la sua cancerogenicità. Non sono stati ancora introdotti limiti di legge all’inquinamento da stirene.
Nonostante le promesse dell’allora assessore Desiati5 non vi sono stati altri rilevamenti.
Lo scorso 22 Febbraio la Giunta regionale aveva approvato6 -nell’ambito di un faraonico program-
ma regionale, il Piano regionale triennale di tutela e risanamento ambientale 2005/2007- un consi-
stente programma di spesa (27 milioni di euro) per interventi nell’intera regione; per il solo settore
“aria” sono stati stanziati 2 milioni e 800 mila euro. “Sono state previste azioni mirate e coordinate
che verranno attuate mediante la concessione agli enti locali di contributi fino al 70% delle spese
preventivate7”. Era prevista, in particolare, l’installazione di ben 4 centraline fisse nel solo territorio
di Vasto, e di 2 a San Salvo 8 (nell’intera regione se ne prevedevano 88), per una spesa complessiva
di 150.000 euro, dei quali 105.000 finanziati dalla Regione per “affidamento diretto in seguito a
presentazione di progetto”.
“Una grande operazione politico-amministrativa sull’ambiente, la prima nella storia della regione
Abruzzo che in questo modo si pone all’avanguardia tra le regioni italiane”, aveva dichiarato l’as-
sessore Desiati9. Da allora del Piano si sono perse le tracce. Ci piacerebbe avere notizie dall’attuale
assessore regionale all’Ecologia, Franco Caramanico, e dal capogruppo regionale dei Verdi, Walter
Caporale, che in altre occasioni si sono dimostrati sensibili al problema.

2. L’insediamento industriale.
A Punta Penna è situata, com’è noto, anche una zona industriale. Tra gli altri, sono presenti in essa
alcuni stabilimenti soggetti a una specifica normativa. Questi non saranno qui considerati per se
stessi, ma solo in relazione alle responsabilità derivanti all’autorità pubblica dalla loro presenza nel-
l’area industriale. Quegli stabilimenti sono:

2.1. Lo stabilimento della “Industrie chimiche Puccioni” S.p.A. Lo stabilimento Puccioni produ-
ce, com’è noto, fertilizzanti per l'agricoltura. Nel suo genere è uno dei maggiori in Italia, producen-
do circa il 15% del fabbisogno nazionale con punte, in specifici settori, superiori al 30%10. E’ classi-
ficato come industria insalubre di I classe11. Queste industrie, dispone l’art. 216 del Testo Unico
delle Leggi Sanitarie12, “debbono essere isolate nelle campagne e tenute lontane dalle abitazioni”.
Precisamente così l’autorizzazione comunale, il lontano 29 Ottobre 1963, descriveva l’impianto:
“una fabbrica [sita] in aperta campagna e lontana dalle abitazioni”. La situazione è da tempo evi-
dentemente mutata; e da tempo avrebbe dovuto porre al Comune di Vasto (e ai partiti) il problema

4
A proposito dello stirene: qualcuno forse ricorderà che il fenomeno della cosiddetta nube tossica di San Salvo (a pro-
posito del quale è ancora in corso un procedimento giudiziario) fu all’epoca attribuito proprio all’emissione, dai camini
della Marelli, di vapori contenenti stirene. Ebbene, la prima rilevazione della presenza di stirene nella zona –da cui tutto
il resto si originò- proveniva da una relazione del Laboratorio di Salute Ambientale dell’Istituto Mario Negri Sud: Inda-
gine analitica sui fenomeni di inquinamento atmosferico nel comune di San Salvo (Luglio-Ottobre 1994). In essa si af-
ferma testualmente che “è stato possibile stimare la presenza dello stirene nell'ordine delle decine di nanogrammi per
metro cubo”. Nella tabella allegata questa quantità viene ulteriormente precisata: “stirene (5-50 ng.)”. Questo è stranis-
simo. Si consideri, infatti, che un nanogrammo è pari a un miliardesimo di grammo; e un microgrammo (μg) a un milio-
nesimo. Espresso in nanogrammi, quindi, il dato medio rilevato a Punta Penna (18,3 μg/m 3 ) darebbe la fantastica cifra
di 18.300 nanogrammi: 366 volte maggiore del dato rilevato dal Mario Negri Sud a San Salvo nel 1994. Sono cifre che
fanno pensare. Tutti i tentativi che abbiamo compiuti fino ad ora per venire a capo di questa incredibile stranezza –pur
confermando le cifre- non hanno sortito a tutt’oggi esito alcuno.
5
“La prima cosa da fare, per valutare la qualità dell'aria nella città di Vasto ed essere credibili nelle affermazioni, è
programmare altri rilevamenti” (27 Gennaio 2005).
6
Regione Flash n. 7,”Tutela ambientale: Desiati, via libera a Piano di 27 mln”, 22 Febbraio 2005.
7
Ib.
8
Il Centro, 27.2.05; TRSP 24.2.05.
9
Regione Flash, cit.
10
Fonte: www.puccioni.it.
11
Così l’autorizzazione del Comune di Vasto del 29 Ottobre 1963. Le classi sono solo due. Alla prima appartengono gli
impianti potenzialmente più pericolosi.
12
RD 27.07.1934 n. 1265.
della compatibilità dell’impianto con l’insediamento residenziale (le case ATER) che sorge negli
immediati paraggi.
Il problema, naturalmente, non è stato posto. E, di conseguenza, neppure è stata presa in considera-
zione la sua soluzione, così come è prospettata dalla legge: “L'attivazione di un'industria, iscritta
nella prima classe, può essere permessa nell'abitato solo se l'interessato ne dimostri l'innocuità
alla salute del vicinato per i nuovi metodi introdotti o le speciali cautele adottate 13”. Così la legge;
e così anche una recente sentenza del TAR delle Marche14.
Non risulta che il Comune di Vasto (il diretto interessato), in quarant’anni, abbia mai richiesto una
siffatta dimostrazione; né che abbia mai incaricato altri enti (l’ARTA, o la ASL, ad esempio) di in-
dagare nel merito15.

2.2. Lo stabilimento della Fox Petroli S.p.A.. Lo stabilimento e deposito di oli minerali della Fox
Petroli S.p.A., attivo già dal 1996, è il maggiore in Italia nel suo settore 16. E’ classificato come uno
stabilimento a rischio di incidente rilevante17.
Che cosa sono gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. A seguito del gravissimo incidente
accaduto nel 1976 presso l’impianto Icmesa-Givaudan di Seveso, in Lombardia, la Comunità Euro-
pea ha emanato, nell’arco di poco più di un ventennio, ben tre direttive18 finalizzate alla prevenzione
del rischio industriale. In base ad esse si definiscono “stabilimenti a rischio di incidente rilevante”
quelle industrie o depositi che, sia per tipo e quantitativo di sostanze pericolose utilizzate, sia per
processi produttivi impiegati, potrebbero causare “un evento quale un'emissione, un incendio o
un'esplosione di grande entità”[…]“che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per
la salute umana e/o per l'ambiente, all'interno o all'esterno dello stabilimento, e in cui intervenga-
no una o più sostanze pericolose19”. In Italia (a Giugno 2005) gli stabilimenti a rischio sono 1116;
di questi 468 sono definiti ad alto rischio20. Lo stabilimento vastese della Fox Petroli è per l’appun-
to uno stabilimento classificato ad alto rischio di incidente rilevante.
13
DPR 8 Novembre 2001, Regolamento di semplificazione del procedimento di classificazione delle industrie insalu-
bri, art. 4. La legge ripropone una formulazione già presente nell’art. 216 del TULS.
14
La sentenza si riferisce ad un’azienda nella zona di insediamento della quale, precisamente com’è nel nostro caso, è
intervenuto negli anni un mutamento della destinazione urbanistica. “In considerazione del riferito intervenuto muta-
mento della destinazione urbanistica della zona di insediamento […] bisogna convenire che la stessa non è più isolata
nella campagna, con la conseguenza che la sua permanenza in un contesto residenziale-produttivo e, quindi, abitato, è
condizionata comunque all’introduzione di metodi di lavorazione ed a speciali cautele per evitare che il suo esercizio
arrechi nocumento alla salute dei vicini, come previsto dal citato art.216 del R.D. n.1265 del 1934”. E ancora: “In con-
siderazione dell’attuale destinazione urbanistica della zona e della qualifica di industria insalubre di prima classe che
caratterizza l’impianto in questione, nonché della contestuale presenza nelle vicinanze dello stesso di numerosi nuclei
abitativi, l’iniziativa assunta dall’Autorità comunale di imporre un adeguamento dei sistemi produttivi, al fine di atte-
nuare gli inconvenienti igienico-sanitari […] nei riguardi degli abitanti delle abitazioni vicine, appare conforme alla
legge, oltre che opportuna”. T.A.R. Marche, Ancona – 3 marzo 2004, n. 104. Si veda anche: Cons. Stato, Sez. V, 5 feb-
braio 1985, n. 67.
15
E’ vero che l’azienda si è dotata nel 2002 di un sistema di gestione ambientale conforme alla norma UNI EN ISO
14001 Ed. ’96. Ciò però non pare qui di particolare rilievo, posto che: 1) L'ente di certificazione (BVQI Italia S.P.A) è
un soggetto privato, accreditato da un altro soggetto privato (Sincert); 2) Non è prevista in UNI EN ISO 14001 la cosid-
detta dichiarazione ambientale, ossia il documento che fornisce al pubblico o ad altri soggetti interessati informazioni
sull’impatto e sulle prestazioni ambientali dell’azienda (la quale dichiarazione è invece presente nelle certificazioni
EMAS). Detto in due parole: “Il processo è un miglioramento continuo, però un miglioramento rispetto a che cosa, se
noi non siamo in grado di sapere qual è lo stato attuale della nostra area?”: Maurizio Calabrese, (Legambiente, Comi-
tato Scientifico Regionale) in: La gestione sostenibile delle aree industriali –strumenti e prospettive- Atti del Convegno,
Atessa, 28 Aprile 2004.
16
Fonte: Agenzia delle Dogane, “Biodiesel: assegnazione del contingente per l’annualità’2003-2004”, Roma, 13 Feb-
braio 2004. Alla Fox Petroli risulta assegnato un contingente di 110.000 tonnellate/anno.
17
Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, “Inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di
causare incidenti rilevanti”, Aprile 2005.
18
1982/501/CE (Seveso I); 1996/82/CE (Seveso II); 2003/105/CE (Seveso III).
19
1996/82/CE art. 3, comma 5.
Il D. Lgs. 334/99. La materia, in Italia, è normata dal D. Lgs. 334 del 17 Agosto 1999 (e successivi
decreti attuativi), che recepisce la direttiva Seveso II21. Esso dispone, a carico della Pubblica Ammi-
nistrazione, tre ordini di obblighi principali, che riguardano:
1) Il controllo dell’urbanizzazione. In relazione alla “necessità di mantenere le opportune di-
stanze tra stabilimenti e zone residenziali22” il D.M. 9 Maggio 2001 (uno dei decreti attuati-
vi della 334/99) prevede:
a) per il Comune:
- la predisposizione di un elaborato tecnico (detto allegato rischi rilevanti - RIR)
che, come variante generale della pianificazione urbanistica, determini le aree di
danno e individui la vulnerabilità ambientale;
- ove necessario, la modifica degli strumenti urbanistici, in funzione dei requisiti
minimi di sicurezza.
b) per la Provincia:
- l’inclusione nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) di una
specifica disciplina in merito.
Nessuna di queste misure risulta essere stata adottata. Delle competenze provinciali nel me-
rito si è occupata di recente la sezione abruzzese di Legambiente23: “È un obbligo tassativo24
della Provincia delimitare e pianificare le zone interessate da queste attività a rischio”.
Questo obbligo, prosegue il documento, è stato “ignorato completamente”.
2) L’adozione delle migliori tecniche disponibili. L’art. 14, 6° comma, della 334/99 prevede
che “in caso di stabilimenti esistenti ubicati vicino a zone frequentate dal pubblico, zone re-
sidenziali e zone di particolare interesse naturale” [a Vasto, nei pressi dello stabilimento
Fox, si ritrovano tutt’e tre le tipologie: il porto, le case ATER, la riserva regionale –nonché
sito SIC- di Punta d’Erce] “il gestore deve, altresì, adottare misure tecniche complementari
per contenere i rischi per le persone e per l'ambiente, utilizzando le migliori tecniche dispo-
nibili. A tal fine il Comune invita il gestore di tali stabilimenti a trasmettere, entro tre mesi,
all'autorità competente le misure che intende adottare”. Dal Comune di Vasto non risulta sia
mai partito un siffatto invito.
3) La diffusione delle informazioni alla popolazione. L’art. 22 del decreto 334/99 prevede:
a) per la Regione:
- “La regione provvede affinché il rapporto di sicurezza e lo studio di sicurezza inte-
grato siano accessibili alla popolazione interessata”.
b) per il Comune:
- “4. Il comune ove è localizzato lo stabilimento soggetto a notifica porta tempestiva-
mente25 a conoscenza della popolazione le informazioni fornite dal gestore […] di
cui all'allegato V”. [Si tratta della Scheda di informazione sui rischi di incidente ri-
levante per i cittadini ed i lavoratori, che il gestore, a norma di legge, deve aver pre-
sentato entro il 13 ottobre 200026].
20
In Abruzzo gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante sono 22 (7 in provincia di Chieti), dei quali 9 ad alto ri-
schio (3 in provincia di Chieti, 2 dei quali nel vastese).
21
La Seveso III avrebbe dovuto essere recepita entro il Luglio 2005. Anche in questo caso il governo italiano non ha ri-
spettato i tempi.
22
D.Lgs. 334/99, art. 14, comma 1.
23
Maurizio Calabrese e Luzio Nelli (Legambiente), Osservazioni al Piano Territoriale delle Attività Produttive della
Provincia di Chieti, Giugno 2005.
24
Il neretto è nel testo.
25
Neretto nostro.
26
Essa deve contenere almeno: nome e indirizzo della società; responsabile dello stabilimento; indicazioni e recapiti di
amministrazioni, enti, isitituti, uffici o altri enti pubblici, a livello nazionale e locale a cui si è comunicata l'assoggettabi-
lità alla normativa, o a cui è possibile richiedere inforniazioni in merito; descrizione della/delle attività svolta/svolte nel-
lo stabilimento/deposito; descrizione del territorio circostante (ricettori sensibili - quali: scuole; ospedali; uffici pubblici;
“5. Le notizie di cui al comma 4 sono pubblicate ad intervalli regolari e […] devono
essere aggiornate dal sindaco”.
“6. Le informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e sulle norme di comporta-
mento da osservare in caso di incidente sono comunque fornite dal comune alle per-
sone che possono essere coinvolte in caso di incidente rilevante. Tali informazioni
sono riesaminate ogni tre anni e, se del caso, ridiffuse e aggiornate. Esse devono es-
sere permanentemente a disposizione del pubblico. L'intervallo massimo di ridiffu-
sione delle informazioni alla popolazione non può, in nessun caso, essere superiore
a cinque anni. ”
Il Comune di Vasto non ha mai portato a conoscenza della popolazione la Scheda di infor-
mazione sui rischi di incidente rilevante. Le notizie in essa contenute non le ha parimenti
mai pubblicate. Le informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e sulle norme di com-
portamento da osservare in caso di incidente non sono mai state fornite alle persone che pos-
sono essere coinvolte. Infine esse (nonostante l’ammirevole disponibilità degli uffici tecnici
comunali) non risultano reperibili, e pertanto non sono affatto a disposizione del pubblico.
Forse non tutti sanno che, su un caso analogo (de iure, ovviamente non de facto), è già inter-
venuta una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Lo stabilimen-
to in questione è il tristemente noto Petrolchimico di Manfredonia, uno stabilimento ad alto
rischio di incidente rilevante. Per “assenza d’informazione della popolazione sui rischi cor-
si e sui provvedimenti da adottare in caso di incidente in una industria chimica” la Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo27, il 19 Febbraio 1998, ha condannato lo Stato italiano, per
violazione dell’articolo 8 della Convenzione Europea, al pagamento di “10.000.000 di lire
italiane a ciascuna ricorrente per il danno morale subito”. “Le ricorrenti [un gruppo di
quaranta donne, NdR] sono rimaste” così ha motivato la Corte, “nell’attesa di informazioni
essenziali che avrebbero permesso loro di valutare i rischi che potevano derivare, su di loro
e sui loro congiunti, dal fatto di continuare a risiedere nel territorio del comune di Manfre-
donia, un comune esposto al pericolo nel caso di incidente all’interno dello stabilimento.
La Corte constata, quindi, che lo Stato convenuto è venuto meno al suo obbligo di garantire
il diritto delle ricorrenti al rispetto della propria vita privata e familiare, violando così l’ar-
ticolo 8 della Convenzione28”.

2.3. Considerazioni. Certamente non vogliamo paragonare Vasto a Manfredonia; però è bene ricor-
dare che col rischio industriale non si scherza. Purtroppo, l’impressione che dalla disamina della
situazione locale si ricava è che, al contrario, vi sia stata negli anni –sul piano politico, non su quel-
lo tecnico- una palese, e grave, sottovalutazione del problema. La Seveso II dalle nostre parti non è
ancora arrivata. Auguriamoci solo che le circostanze non costringano i nostri amministratori ad ac-
corgersene quando sarà ormai troppo tardi.

3. Un episodio accaduto al porto.


E’ di ieri 4 Ottobre un articolo di stampa secondo il quale l'iter procedurale per l'autorizzazione ai
lavori di dragaggio del porto di Punta Penna “è stato arrestato dalla sopraggiunta richiesta da par-
te del Ministero dell'Ambiente di un approfondimento delle analisi sui fanghi risultanza del dragag-

luoghi di ritrovo, ecc.-, altri impianti industriale presenti, ecc.), nel raggio di 5 km; sostanze e preparati soggetti al DPR
175/88 [sostanze pericolose]; natura dei rischi di incidenti rilevanti; tipo di effetto per la popolazione e per l'ambiente;
misure di prevenzione e sicurezza adottate.
27
Sentenza del 19 febbraio 1998 sul ricorso n° 14967/89 presentato da Guerra ed Altri contro Italia.
28
Qualcuno forse ricorderà che nello stabilimento era occorso nel Settembre 1976 un gravissimo incidente chimico, per
il quale un processo penale è ancora in corso. A chi volesse saperne di più si consiglia la lettura del libro: “I fantasmi
dell’Enichem”, di Giulio Di Luzio (prefazione di Gianfranco Bettin), Baldini Castoldi Dalai Editore.
gio”29. “La decisione del Ministero”, prosegue l’articolo, “è stata determinata anche dalla presen-
za in zona della riserva di Punta Aderci […] inevitabili i mugugni di imprenditori e operatori por-
tuali”. Questo episodio, che non ha alcun rapporto diretto con quello che stiamo per narrare, con-
sente nondimeno, insieme ad esso, di apprezzare appieno la necessità e persino l’opportunità econo-
mica, nel lungo periodo, di un puntuale rispetto delle leggi anche in materia ambientale.

3.1. Un incidente. Talvolta un singolo episodio getta luce su un intero contesto. Lo scorso Dicem-
bre la stampa locale riportò la notizia di un militare della Guardia di Finanza, in servizio al porto di
Punta Penna, rimasto intossicato per avere “inalato soda e fosfato d’ammonio nel corso di alcune
operazioni di scarico dei minerali dai mercantili30.” “In seguito all’episodio”, proseguiva il giorna-
le, “l’ARTA ha effettuato un sopralluogo per verificare la compatibilità delle operazioni di scarico
di sostanze minerali con la salute delle persone.”
Ci si sarebbe aspettato un seguito… Invece sui giornali la cosa finì lì e nessuno ne parlò più. Vedia-
mo cosa accadde.

3.2. Le prescrizioni dell’ARTA. Dopo quell’episodio l’ARTA –dipartimento sub-provinciale di S.-


Salvo-Vasto- inviò alle autorità competenti31 ben due relazioni, datate l’una 21.12.04 e l’altra
10.02.2005. In esse, in sintesi, venivano avanzate le seguenti osservazioni:
1) “I sopralluoghi, interessanti tipologie diverse di scarico e carico merci, hanno non solo ri-
levato l’abbondante produzione di polveri, ma anche la non idoneità attuale dei dispositivi
posti in essere per il loro contenimento32”. “E’ evidente che quanto sopra comporta il tra-
sporto delle polveri anche in aree adiacenti non interessate dai lavori, ivi incluso il bacino
portuale”.
2) Le polveri risultano composte (ma la “disamina non [è] esaustiva”) da alcune sostanze non
pericolose33; e da una, il Carbonato di Sodio “incluso tra le sostanze pericolose, classificato
come categoria di pericolo «Irritante» (Xi) e, in particolare, «Irritante per gli occhi»
(R36)”. La relativa scheda di sicurezza (aggiungiamo noi) prescrive, tra i consigli di pru-
denza, quello di: Non respirare le polveri (S22).
3) “Relativamente al rilascio di polveri, evento insito nelle lavorazioni tipiche del porto di Va-
sto”, prosegue l’ARTA, la legge34 “prevede che per le movimentazioni in parola «...devono
essere installati impianti di aspirazione e depolverizzazione... ».”
4) Nelle more, “fatta salva l'adozione di mirati accorgimenti da adottare durante le operazioni
di scarico del Carbonato di Sodio, per i quali ci si riserva di esprimere specifico parere”,
vengono indicate alcune “minimali prescrizioni”, quali: “protezione integrale, con teli o al-
tro, dell'ambiente marino; sospensione dei lavori, qualora le ricadute delle emissioni di pol-
veri coinvolgessero aree esterne al perimetro del cantiere di lavoro; pulizia continua, con
mezzi idonei, dei piazzali di lavoro; obbligo di utilizzo dei DPI (Dispositivi di Sicurezza In-

29
“Fanghi sospetti a Punta Penna stop alle operazioni di dragaggio”: Il Messaggero, 4.10.’05.
30
“Porto, finanziere intossicato”, in: Il Messaggero, 17.12.’04.
31
Il Comandante dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Vasto, l’Ufficio Sanità Marittima di Pescara, il Dipartimento di
Prevenzione –Servizio IESP e Servizio PSAL- della AUSL Lanciano-Vasto, il Comandante della Guardia di Finanza di
Vasto.
32
Il neretto è del testo. Il passo così prosegue: “In particolare, i silos-tramogge risultano alquanto piccoli, rispetto
alle benne e ai camion, sono da manutenzionare e non dispongono di adeguate paratie atte ad evitare gli spargimenti.
Si conferma l’assoluta inidoneità attuale del sistema di deposito a terra (vasca in ferro) del materiale e contestuale ca-
rico.Infatti, sia durante il ribaltamento del cassone del camion che all'atto del prelievo della benna, si genera un visto-
so rilascio di polveri. Parimenti copiose le emissioni prodotte durante la movimentazione della sansa. […] Inoltre, si è
avuto modo di osservare che diversi mezzi provvedono al trasporto senza i necessari teli di protezione e che non sempre
la ripulitura del piazzale è contestuale al carico-scarico”.
33
Solfato di Potassio, Fosfato di Calcio, Solfato di Ammonio, Superfosfato singolo granulare, Fosfato Monoammonico,
Fosfato Diammonico, Fosfato Syriano, Cloruro di Potassio e argilla.
34
Il DM 12.07.1990, Allegato 6, comma 6.3.
dividuali, NdR) per chiunque, a qualsiasi titolo, abbia a frequentare il sito di lavoro; ade-
guamento volumetrico delle tramogge; chiusura del vano di carico; chiusura mobile dell’a-
pertura superiore della tramoggia; realizzazione di una struttura mobile per lo scarico a
«terra» ed il successivo carico; riempimento dei cassoni non eccedente la sagoma e coper-
tura degli stessi.”

3.3. Le leggi interessate. La situazione così delineata mette capo a due differenti ordini di questio-
ni, e ai relativi controlli:
a) Una questione ambientale, annosa, legata al rispetto del DM 12.07.1990: Linee guida
per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori
minimi di emissione. La verifica di questo spetta all’ARTA. “A riguardo”, si legge nella
relazione, “vale ricordare che compito dell'ARTA è, tra gli altri, quello di accertare il ri-
spetto di quanto dianzi richiamato circa le disposizioni di cui al DM 12.07.1990, ovvero
ipotesi di reato” 35. La cosa è importante per un doppio ordine di fattori:
- per la prevenzione dell’inquinamento delle acque interne al bacino portuale, e delle
zone ad esso limitrofe;
- per la tutela della salute di quanti, nella stagione estiva, frequentano la vicina spiag-
gia o il molo dove sono ancorate le imbarcazioni da diporto; nonché di quanti a Pun-
ta Penna risiedono stabilmente.
b) Una questione sanitaria, non richiamata espressamente nella relazione, che rimanda al
D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25, Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della
salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante
il lavoro; e che concerne per l’appunto la tutela della salute dei lavoratori. “Relativa-
mente alle notizie fornite in merito al manifestarsi di problemi di salute di lavoratori do-
miciliati in area portuale”, scrive l’ARTA, “si torna a sottolineare che le verifiche di
competenza attengono alle figure mediche pertinenti (Medico competente ovvero sanita-
rio similare)”.

3.4. Considerazioni. Può darsi che alcune di queste prescrizioni siano state effettivamente realizza-
te. Quello che è certo è che, dopo otto mesi, ad oggi non risulta che l’adozione delle misure richie-
ste sia stata mai verificata dalle autorità competenti. Restiamo in attesa di sviluppi ulteriori.

4. Punta d’Erce.
La zona di Punta Aderci, si legge in un documento ufficiale della precedente amministrazione pro-
vinciale36, “è caratterizzata dalla presenza di notevoli oggetti e attività differenti e confliggenti che
complessivamente non conferiscono, così come organizzati, una precisa identità al luogo”. Pare
proprio il minimo che si possa dire. Abbiamo visto che nella zona, contigui l’uno all’altro, stanno le
case ATER, il porto, la zona industriale. Ma ci sono anche, definiti entro perimetri in parte ma non
del tutto coincidenti37, il Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e la Riserva Naturale Regionale
Guidata di Punta d’Erce.

35
Questo nella relazione del 21.12.’04. La successiva del 10.02.’05 sembra tuttavia voler attribuire i compiti di control-
lo alla Capitaneria: “Attesa l’ovvia necessita di procedere a controlli ed in considerazione della specifica competenza
territoriale, voglia la S.V. attivare, se e quando necessario, idonea vigilanza con il personale di Circomare Vasto”.
36
Provincia di Chieti –Settori Urbanistica e Pianificazione Territoriale- Progetto Speciale Territoriale della Fascia Co-
stiera, Interpretazioni preliminari (bozza), luglio 2002, pag. 50.
37
Per questo sono diverse anche le loro aree: il SIC, secondo il formulario standard compilato a cura della CE, ha una
superficie di ha 317; la Riserva Regionale, secondo il Piano di assetto Naturalistico (PAN), “occupa una superficie di
285 ettari”.
4.1. Il sito SIC. Proposto nel Giugno 1995 e ratificato lo scorso 25 Marzo il SIC IT7140108 Punta
Aderci-Punta della Penna figura da allora nell’Elenco dei Siti di importanza comunitaria per la re-
gione biogeografica continentale38. Nel formulario standard, a cura del Ministero dell’Ambiente –
Servizio Conservazione della Natura- esso risulta così descritto: “Il sito costituisce uno dei rari
tratti costieri abruzzesi che ha mantenuto formazioni dunali. Ha valore paesaggistico per l'esisten-
za di scogliere assai rare sulla costa abruzzese. Le fitocenosi e le specie vegetali sono residuali ed
in pericolo di scomparsa. Il sito ha perciò un elevato valore ambientale per la rarità delle specie e
degli habitat e costituisce un riferimento didattico per lo studio di comunità costiere abruzzesi”. Per
quanto sopra il sito è stato classificato quale habitat naturale prioritario: così, secondo la Direttiva
Habitat39 sono detti “i tipi di habitat naturali che rischiano di scomparire […] e per la cui conser-
vazione la Comunità ha una responsabilità particolare”. In quanto habitat naturale prioritario il
sito gode del grado massimo della protezione comunitaria prevista per i SIC. Riassumiamo somma-
riamente le misure di protezione previste dalla direttiva:
a) “Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare il degrado degli habitat natura-
li e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state
designate” (art. 6, comma 2).
b) “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito
ma che possa avere incidenze significative su tale sito […] forma oggetto di una opportuna
valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del
medesimo. […] Le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o pro-
getto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in
causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica” (art. 6, comma 3).
c) “Gli Stati membri garantiscono la sorveglianza dello stato di conservazione delle specie e
degli habitat […] tenendo particolarmente conto dei tipi di habitat naturali e delle specie
prioritari” (art. 11).
La normativa italiana40 ha delegato tutte queste attribuzioni alle Regioni. Con l’istituzione della Ri-
serva Regionale di Punta Aderci la Regione Abruzzo dovrebbe, almeno sulla carta, avere sostanzial-
mente adempiuto a questi obblighi. Ciò per la parte del SIC –la maggiore- che ricade nel perimetro
della riserva. Ne esiste però un’altra (32 ettari), non compresa nel perimetro della Riserva Regiona-
le. Questa, sfiorando lo stabilimento della Fox Petroli, segue il tracciato della costa dal porto al tor-
rente Lebba fino ad oltrepassare punta Vignola; per essa non risulta che la Regione Abruzzo abbia
adottato mai –in dieci anni- alcun provvedimento di tutela. Anzi.

4.1.1. Il porticciolo turistico. “In possesso di tutte le autorizzazioni”41, ma sprovvisto sino ad ora
dei fondi pubblici necessari alla sua realizzazione (circa otto milioni di euro), nono della serie sulla
costa tra Pescara e Termoli42, attende ormai da otto anni di essere realizzato un porticciolo turistico
di 518 posti-barca (ampliabili fino a 650), proprio alla foce del torrente Lebba. “Oltre ai posti bar-
ca la struttura prevede uffici, locali commerciali, servizi e una sede per le attività sociali e del Cir-
colo nautico di circa 3mila metri quadri. Settecento, invece, sono i parcheggi” 43. Oltre ad avere tut-
te le autorizzazioni il progetto gode altresì dell’appoggio esplicito –e, come si dice, trasversale- di
gran parte della classe politica locale: hanno già assicurato il proprio consenso l’ex assessore regio-

38
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, Elenco dei Siti di importanza comunitaria (SIC) per la regione
biogeografica continentale, ai sensi della direttiva 92/43/CEE. Decreto 25 marzo 2005 (G.U. n. 156 del 7.7.2005). L’at-
to che il D.M. ha ratificato è la Decisione della Commissione Europea del 7 Dicembre 2004 (2004/798/CE).
39
Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminatu-
rali e della flora e della fauna selvatiche, art. 1 lettera d).
40
DPR 8 Settembre 1997, n. 357, come modificato dal DPR 12 Marzo 2003, n. 120 (art. 7, comma 2; art. 4, comma 1).
41
Così Il Centro dell’11.3.05; la notizia è ribadita dallo stesso giornale il 7.5.05.
42
Gli altri otto, progettati, realizzati o in fase di realizzazione si trovano a: Pescara (porto canale), Pescara (marina),
Francavilla, Ortona, Fossacesia, S. Salvo, Montenero, Termoli: un porto ogni 11,9 chilometri.
43
Il Centro 17.9.05.
nale Massimo Desiati (AN), il consigliere regionale Giuseppe Tagliente (FI), l’ex assessore provin-
ciale Giacinto Mariotti (AN), il sindaco Filippo Pietrocola (AN); ma lo scorso anno si è dichiarato
“d’accordo anche il neo assessore provinciale Luciano Lapenna [DS]”44. Unica voce dissonante
quella di Giuseppe Giangiacomo (FI), commissario uscente del Coasiv: “l'approdo turistico andrà
spostato […] quella della foce del torrente Lebba e' stata una scelta davvero infelice”45. Può darsi
che egli non abbia tutti i torti. E ciò per almeno tre ordini di considerazioni:
1) Il porto turistico, secondo il progetto, dovrebbe sorgere a pochi metri dallo stabilimento del-
la Fox Petroli, un’impianto (l’abbiamo visto) ad alto rischio di incidente rilevante. Abbiamo
visto anche che di questi impianti si occupa la cosiddetta direttiva Seveso II. Questa prescri-
ve, all’art. 12: “Gli Stati membri provvedono affinché nelle rispettive politiche in materia di
controllo dell'urbanizzazione, destinazione e utilizzazione dei suoli […] si tenga conto degli
obiettivi di prevenire gli incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze. Essi [gli stati mem-
bri, NDR] perseguono tali obiettivi mediante un controllo […] dei nuovi insediamenti attor-
no agli stabilimenti esistenti […] qualora l'ubicazione o gli insediamenti possano aggravare
il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante”. La normativa nazionale46 attribuisce
alla pianificazione provinciale le principali competenze in merito. Abbiamo visto anche, tut-
tavia (al punto 2.2.), che la pianificazione provinciale ignora del tutto l’intera questione de-
gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante. Ne deriva una semplice conseguenza: qualo-
ra, perdurando l’assenza di una pianificazione provinciale in merito, si desse nondimeno il
via all’insediamento, si aprirebbe la possibilità di un ricorso alla Commissione Europea per
l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia per violazione dell’art. 12 della suddet-
ta direttiva Seveso II.
2) L’area del progetto ricade nel bel mezzo del SIC, e per di più di un SIC cosiddetto priorita-
rio. Può darsi che il progettista, architetto Umberto Gammieri, lo ignorasse. Sta di fatto che
le sue recenti dichiarazioni, secondo le quali “nel sito scelto […] non c’è vegetazione di
pregio”47 contraddicono nel modo più diretto il formulario standard, per il quale –al contra-
rio- esso ha “elevato valore ambientale per la rarità delle specie e degli habitat” (vedi so-
pra). Prima di un intervento, quale la costruzione di un porto turistico, che avrebbe un im-
patto distruttivo su una parte consistente del SIC, è pertanto necessario, a norma del citato
art. 6, comma 3 della direttiva Habitat, l’avvio di un procedimento di valutazione di inciden-
za ambientale. La competenza in merito spetta non al Comune, ma alla Regione48. A meno
che il procedimento non sia stato tenuto segreto, non risulta che la Regione sia stata investita
in merito. Qualora si procedesse egualmente, anche qui si aprirebbe la possibilità di un ricor-
so alla Commissione Europea per l’avvio di una procedura di infrazione contro l’Italia. Ri-
cordiamo che, per un caso simile (ma non identico: il ricorso verteva sulla direttiva 85/337,
questo sarebbe sulla 92/43, e pare più grave) l’Italia è stata già condannata dalla Commissio-
ne Europea49: ci riferiamo al porticciolo turistico di Fossacesia.
3) E i fondi? Riferiscono i giornali50 che, per il reperimento dei fondi, la cooperativa cui il pro-
getto fa capo fa affidamento “sui contributi dell’Unione Europea”. Tra le tante incongruen-
ze di questa vicenda questa ci pare la maggiore: l’Unione Europea dovrebbe finanziare un
progetto destinato a distruggere una parte rilevante di un Sito di Interesse Comunitario; e
che, oltre a ciò, violerebbe in un sol colpo due sue direttive… Ciò appare francamente para-
dossale.

44
Il Centro 3.9.04.
45
TRSP, 14.2.’05.
46
DM 9 Maggio 2001, art. 3.
47
Il Centro 17.9.05.
48
LR n. 26, 12 Dicembre 2003, art. 1, 1° comma.
49
Sentenza della Corte Europea (Sesta Sezione) del 2 Giugno 2005.
50
Il Centro, 24.6.04: “Appello alle istituzioni per i fondi UE”.
4.2. La Riserva Regionale. La Riserva Naturale Regionale Guidata di Punta Aderci è stata istituita
con la Legge Regionale n. 9 del 20 Febbraio 1998. L’art. 3 di questa legge affida al Comune di Va-
sto la predisposizione del relativo Piano di Assetto Naturalistico (PAN) che ne fissi i vincoli, ne re-
goli l’accesso e la fruizione, lo doti infine di un comitato di gestione. Il Piano, la cui stesura fu affi-
data per la parte recnica alla cooperativa Cogecstre di Penne, fu approntato sin dal 1999. Approvato
con delibera n. 18 del 28 Febbraio 2000 dal Consiglio Comunale di Vasto, esso attende da allora di
ottenere l’approvazione dell’assemblea regionale la quale, secondo l’art. 4, sarebbe dovuta interve-
nire entro 180 giorni. Valgono nel frattempo le Norme transitorie di salvaguardia di cui all’art. 9,
che bloccano, o dovrebbero bloccare51, tutti gli interventi di trasformazione interni alla riserva. Que-
ste, tuttavia, si applicano esclusivamente all’interno del perimetro della riserva. Per le zone limitrofe
l’art. 4, ultimo comma, demanda al PAN il compito di “definire e regolamentare anche una fascia
di rispetto o area contigua”, nella quale vigono vincoli specifici, ma meno restrittivi. Il Consiglio
Comunale di Vasto, nella stessa seduta del 28 Febbraio 2000, ne ha deliberato una riduzione52, suc-
cessivamente accolta dal Comitato Tecnico Scientifico Regionale. Ridotta o meno che sia, la fascia
di rispetto non avrà alcun valore, e di conseguenza non potrà sortire effetto alcuno sino all’approva-
zione, da parte del Consiglio Regionale, del Piano di Assetto Naturalistico. E’ questa, tre le altre,
una delle ragioni per cui ne sarebbe altamente raccomandabile una sollecita approvazione. La legge
prevedeva 120 giorni, e sino ad ora, 5 anni non sono bastati. Ci si può chiedere la ragione di tanto
ritardo

4.2.1. Uno strano PAN. L’art. 1953. Per capire bene occorrerebbe vedere la tavola della cosiddetta
zonazione (ovvero partizione in zone) della Riserva, che qui non possiamo tecnicamente riprodurre:
il lettore dovrà accontentarsi di una descrizione. La Riserva è stata dunque divisa in 16 diverse
zone, ognuna con una propria destinazione d’uso. Le zone denominate da B1 a B7 fanno parte del
perimetro vero e proprio della Riserva, quelle da R1 a R9 della fascia di rispetto. Ad ogni zona cor-
risponde sulla mappa una diversa colorazione.
Osservata con attenzione, la mappa riserva una caratteristica singolare. Nei pressi di una nota disco-
teca è disegnata sulla mappa un’area perfettamente rettangolare, di dimensione di 660 metri per
104, totalmente avulsa dal contesto. Ad essa è stata attribuita una categoria specifica, che si riscon-
tra solo in quel punto della Riserva Regionale: “Zona B6 - area di rilevante interesse paesaggistico
da riqualificare già destinata ad uso industriale”. Effettivamente il luogo si trova in una posizione
magnifica. Della zona B6 si occupa l’art. 19 del Piano, che per apprezzare appieno occorre leggere
integralmente:
“Art. 19
B6 - Interventi urbanistico-edilizi, usi ed attività nelle aree di rilevante interesse paesaggistico da
riqualificare già destinate ad uso industriale.
Sono ammessi:
a) interventi di restauro ambientale - paesaggistico atti al ripristino dei suoli parzialmente occupati
dalla viabilità;
b) modifica della viabilità esistente;
c) realizzazione di “strutture leggere” qualificate architettonicamente e nel design (strutture lignee,
di metallo, di tipo misto o tensostrutture facilmente rimovibili) da destinare a usi ludico-ricreativi o
piccoli punti ristoro che abbiano complessivamente:
- una superficie coperta del lotto non superiore al 30%;

51
Non vogliamo qui tornare sulle polemiche che hanno interessato lo scorso anno la costruzione, decisa dal Comune su
fondi Pit, di alcune infrastrutture. Segnaliamo solo che giungono di tanto in tanto notizie di costruzioni abusive, ad ope-
ra di privati, all’interno del perimetro della riserva. Un paio di casi sarebbero stati rilevati a Motta Grossa.
52
Una “drastica” riduzione, secondo i DS: Il Centro, 14.9.03.
53
Quella che narreremo qui di seguito è in buona parte una mera esposizione di dati acquisiti da altre associazioni locali
(WWF e ARCI), che qui vogliamo ringraziare. Nostra è invece ovviamente ogni eventuale responsabilità.
- blocchi architettonici aventi una superficie non superiore a mq 200; sono ammessi a riguardo
composizioni di più blocchi architettonici [non viene specificato quanti, NDR] purché intervallati
da spazi verdi;
- un’altezza massima, al filo di gronda, pari a m 4,00; tensostrutture o architetture aventi strutture
tecnologiche complesse, ferma restando la qualità architettonica, possono essere realizzate previo
parere dell’Ente gestore della Riserva, anche senza il rispetto del limite di altezza do m 4,00.
Detti interventi possono includere spazi da destinare a giardini o spazi da destinare a parcheggio
alberato e/o interrato; quest’ultimo deve avere pavimentazione come definito nell’art. 26.”
Questo è l’articolo 19. Tra le tante considerazioni possibili (che lasciamo al lettore) ne interessa qui
una sola: l’articolo sembra la descrizione, anche piuttosto dettagliata, di un progetto già pronto per
essere realizzato, e di impatto rilevante. L’attuale assessore provinciale al Turismo, Lapenna, aveva
parlato, orsono due anni, di “un vestito fatto su misura per influenti personaggi cittadini”54: ci sem-
bra ben detto. Tanto più che ben due progetti, per la realizzazione di due distinti villaggi turistici55,
risulterebbero effettivamente insistere sull’area. Uno di questi ricade precisamente nella zona B6.
L’approvazione del PAN, invece che consentire una maggiore e più accorta protezione della Riserva
stessa, avrebbe così seriamente rischiato di aprire le porte ad un intervento speculativo senza prece-
denti. L’amministrazione comunale vastese dell’epoca ha dato forse in questa occasione una delle
peggiori prove di sé, anteponendo apertamente l’interesse privato a quello pubblico.

4.2.2. Com’è andata a finire. Date queste condizioni, è abbastanza ovvio che le associazioni am-
bientaliste locali, e con esse l’opposizione di sinistra presente nella scorsa legislatura in Consiglio
Regionale, facesse il possibile perché il Piano non fosse approvato… Finì che, nella seduta del 4
Novembre 2004, l’allora assessore regionale all’Ambiente, Desiati (AN), presentò due emendamen-
ti, uno dei quali sopprimeva quasi totalmente l’art. 19, destinando la zona B6 a “orto botanico e vi-
vaio” 56. Il tutto fu rispedito in commissione per approfondimenti, e da allora non se n’è saputo più
nulla. Nel frattempo, da sei mesi, in Regione è cambiata la maggioranza. Chiediamo a tutte le forze
politiche: non sarebbe l’ora di approvare finalmente il PAN, magari all’unanimità, visto l’accordo
sostanzialmente raggiunto ormai da un anno?

4.3. Considerazioni. Nel formulario standard (aggiornato al Settembre 2003) il sito SIC di Punta
D’Erce è definito come ”sito fortemente vulnerabile, minacciato da infrastrutture turistiche, ecces-
siva viabilità e ruderalizzazione della flora”. Abbiamo visto che la minaccia proviene da due fronti.
E che, in entrambi i casi, il ruolo della politica, e del ceto politico locale in particolare, risulta essere
determinante. Crediamo sarebbe opportuno un incontro tra l’attuale assessore regionale all’Ambien-
te, Franco Caramanico, la nostra associazione, e le maggiori associazioni ambientaliste locali.

5. Epilogo. Inquinamento atmosferico, insediamento industriale, scarichi portuali,


area protetta di Punta Aderci: ciascuno di questi temi configura di per sé, e tanto più
nel loro insieme, una vera e propria questione ambientale. Si tratta però di intendersi:
questione ambientale significa in questo caso anzitutto questione civile. Senza un’a-
deguata informazione non vi può essere controllo da parte dei cittadini; e, senza con-

54
Il Messaggero, 14.9.2003.
55
Il Tempo, 4.8.’04.
56
Questo è il testo integrale dell’emendamento: Emendamento n. 1 Art.19 delle Norme tecniche di attuazione "B6 - In-
terventi urbanistico-edilizi, usi ed attività nelle aree di rilevante interesse paesaggistico da riqualificare già destinate
ad uso industriale". Questo articolo è così sostituito:"Sono ammessi: interventi di restauro ambientale-paesaggistico
atti al ripristino dei suoli parzialmente occupati dalla viabilità e la realizzazione di orto botanico e vivaio all'interno
del perimetro della Riserva; nell’area di protezione vigono le norme del Piano Territoriale del Consorzio (verde attrez-
zato)". Il secondo emendamento stralciava le pagg. 107 e 108; ma non è il caso che ce ne occupiamo ora.
trollo, non vi può essere, alla lunga, rispetto della legalità, e di conseguenza neppure
dell’ambiente.
In tanto esiste a Punta Penna una questione ambientale in quanto esiste nella no-
stra società politica e civile una questione di informazione e di legalità. In una
parola, una questione di civiltà.

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