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Il giocatore di beach tennis generalmente è misogino. Palleggia con moglie e figli più che altro per dovere, per
preservare la pax famigliare ed in particolare per accumulare quella quantità di “bonus” che gli consentiranno
poi di giocare con gli amici divertendosi spensieratamente (“Insomma, non stai
mai qui con me, sei sempre là che giochi con quei tre cialtroni!” “Ma come, dai,
se tu ed io abbiamo giocato assieme quasi per un’ora, mi pare nel settembre del
2006…”).
“Palleggiare con la moglie” è una definizione onomatopeica nel senso più largo
del termine, almeno dal punto di vista del marito.
Ma, escludendo i soli giocatori (me compreso, così mi tiro fuori) che – per
motivi anagrafici – questo tipo di torneo possono ormai giocarlo solo in coppia
con la badante moldava, è indubbio che con il doppio misto nel normogiocatore
maschio scatta qualcosa di particolare. E questo anche a causa del fatto che
mogli o compagne di lunga data un doppio misto con il marito/compagno non
accetteranno di giocarlo mai; il rischio è di scatenare antichi e malsopiti
rancori che porterebbero ad un repentino degrado del rapporto.
Sfortunatamente la totalità delle ragazze che accettano di giocare il doppio misto sono seguaci ortodosse
della dottrina filosofica del “Nonteladoismo”.
I principi filosofici sono noti, quindi mi pare superfluo addentrarsi in chiarimenti. Peraltro, anche quelle che
fino a qualche tempo fa aderivano al “Nonteladoismo
critico” (qualche remota speranza poteva baluginare a
seguito di approfondimenti e revisioni dottrinali), ora
sono passate tutte al “Nonteladoismo Scientifico” (in
sostanza, per principio non se ne parla neanche).
Da tutto questo deriva l’amara considerazione che quella del doppio misto sia una formula purtroppo destinata
irrimediabilmente a morire.