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2 I CRONACA

DI NAPOLI

martedì 1 maggio 2007

GdN

LIBERO FRA UN ANNO. ESCLUSA L'AGGRAVANTE DELL'ARTICOLO SETTE SULLE ARMI HA POTUTO
BENEFICIARE DELLA RIDUZIONE PREVISTA DAL DECRETO-MASTELLA

Indulto, sconto di pena per Alvino Frizziero


La sua pena è stata scontata di tre anni grazie all'applicazione dell'indulto su
un reato non ostativo, ovvero il porto le la detenzione di un'arma non aggravata
dall'articolo sette. Questa decisione della Cassazione, voluta fortemente dal suo
avvocato Paolo De Giorgio, ha fatto si che Alvino Frizziero, figlio del defunto
boss Orlando, potesse beneficiare dello sconto della pena previsto dal decreto
"svuota-carcere" del ministro della Giustizia Clemente Mastella. Cosicché Alvino
che aveva un fine pena datato ottobre 2011 potrà uscire ad ottobre del 2008. Il
giovane fu arrestato quando aveva 18 anni, con il cugino allora 21enne, omonimo ma
figlio di Domenico. Il duplice arresto aveva vissuto fasi piuttosto concitate
durante le quali uno dei due Alvino tentò anche di disfarsi di una pistola
gettandola da una finestra dell'abitazione posta al sesto piano di uno dei
palazzoni all'interno del parco Duca D'Aosta, in via Leopardi 130 nel quartiere
Fuorigrotta. Gesto risultato alla fine inutile, in quanto l'arma fu recuperata
dalla polizia. Il tutto avvenne durante un servizio di appostamento (gli
investigatori erano informati che forse era in atto un summit) gli agenti del
commissariato del quartiere San Ferdinando decisero di effettuare un sopralluogo
nella casa di Alvino e Domenico Frizziero. Gli agenti si divisero i compiti: una
parte circondò il palazzo mentre altri raggiunsero il sesto piano. Qui notarono la
presenza di diverse telecamere che monitoravano l'esterno, in pratica tutta l'area
intorno all'edificio. Quelli che stavano in basso notarono che uno degli occupanti
dell'appartamento, dopo avere aperto una finestra, lanciava nel vuoto un grosso
involucro di stoffa contenente una pistola calibro 7,65 con matricola abrasa,
completa di munizioni. Intervenuti tempestivamente gli agenti recuperarono l'arma,
bloccando successivamente i due Alvino Frizziero.

ALVINO FRIZZIERO __________________________________

LA SENTENZA DOPO CINQUE ANNI. SCAGIONATI GIOVANNI CIRELLA E PASQUALE ESPOSITO:


ACCUSATI DI AVER MESSO SOTTO PRESSIONE UN NEGOZIANTE DI FRUTTA

Assolti due estorsori della Torretta


La decisione dopo un rinvio dalla Cassazione. Erano stati condannati ad 8 anni e a
4 anni e 6 mesi di reclusione. La conferma in appello e la decisione della Suprema
Corte: infine la cancellazione del reato.
BRUNO PAVONE
Una battaglia legale durata cinque anni, nei quali le parti non si erano mai
arrese. Da una parte i difensori con i due imputati accusati di estorsione e
dall'altra la Procura che era finanche riuscita ad ottenere due condannate (in
primo e in secondo grado). Ma alla fine Giovanni Cirella e suo nipote, figlio
della sorella, Pasquale Esposito, sono stati assolti con formula piena per non
aver commesso il fatto dall'accusa di estorsione. È stato il lavoro del penalista
Giuseppe De Gregorio a riuscire a cancellare 12 anni di reclusione inflitti in
totale ai due imputati. Era il 2002 quando un venditore di frutta e verdura della
Torretta fu interrogato a sommaria informazione dai poliziotti che indagavano
sulle pressioni del racket nella zona della Torretta. Il fruttivendolo raccontò
una lunga storia fatta di piccole mazzette "regalate" alla "gente" del quartiere
quando lui si occupava di lotto clandestino e successivamente di continue
pressioni economiche ricevute quando decise di abbandonare i guadagni illeciti per
vendere frutta e verdura. «Non volevo dare più quella mazzetta e per questo ho
subito un'aggressione da parte di Giovanni Cirella e Pasquale Esposito». Quella
sommaria informazione fu firmata dalla vittima dell'estorsione. Scattò
l'inchiesta, partirono le manette. Era il 2002. Un anno dopo ci fu la condanna per
i due: Cirella incassò otto anni, Esposito quattro anni e sei mesi. Sentenza
questa ritoccata in appello. Ma il colpo di scena, l'asso nella manica, l'avvocato
Giuseppe De Gregorio, l'aveva conservato da tempo. Una registrazione audio fatta
negli uffici della polizia tra la presunta vittima dell'estorsione, che non sapeva
di essere registrato, e alcuni agenti. Erano passate alcune settimane da
quell'incontro dove i poliziotti avevano raccolto le sommarie informazioni e dove
il fruttivendolo aveva fatto i nomi dei suoi presunti taglieggiatori. Ebbene nella
registrazione audio si sentiva la vittima negare in modo assoluto di essere stato
aggredito e raccontava tutt'altra storia. Una differenza sostanziale nelle
ricostruzioni dei fatti. Tant'è che il giovane Cassazionista
LA MALA DELLA TORRETTA. GIOVANNI CIRELLA È STATO ASSOLTO DALL'ACCUSA DI ESTORSIONE
_______________

De Gregorio è riuscito ad ottenere una annullamento con rinvio da parte dei


giudici della Suprema Corte. Il processo in appello poteva infatti la-

sciare un buon margine per ottenere una buona sentenza. Assoluzione con formula
piena. Nel frattempo i due era stati scarcerati per scadenza

dei termini. Venerdì l'altro colpo di scena: i giudici sposando in pieno la tesi
difensiva hanno scagionato i due poiché quello che valeva ai fini processuali era
la registrazione fatta all'insaputa della vittima mentre chiacchierava con gli
agenti di polizia e non un verbale di sommaria informazione fatto senza il
rispetto delle norme previste dalla legge. Per Cirella è la seconda assoluzione in
due mesi. È stato infatti assolto dall'undicesima sezione penale del tribunale di
Napoli al processo alla camorra del Vomero dall'accusa di associazione a
delinquere di stampo camorristico. I due nonostante la clamorosa assoluzione
restano però detenuti per altri reati. Cirella per una presunta estorsione messa
segno ad una nota boutique della Torretta dove è giudicabile. Lo stesso Esposito,
dentro per una serie di presunte "pressioni" fatte a Mergellina per il controllo
degli approdi nautici.

LA FAIDA DEI VICOLI. È INDAGATO CON IL 33ENNE GAETANO RUSSO

SECONDIGLIANO. AMMANETTATI CIRO MASCOLO E GIULIO DE BIASE

Sparatoria ai Quartieri: esclusa In due fermati in via Ghisleri l'aggravante per


il ras Melotti con un chilo di droga in dosi
Raffiche di proiettili nel cuore della notte. Furono arrestati in via Taverna
Penta dopo pochi minuti dagli spari: le indagini ancora non sono state chiuse dai
pubblici ministeri della Dda.
Accuse meno gravi per il 38enne Vincenzo Melotti. La Cassazione ha riconosciuto il
lavoro difensivo dell'avvocato Riccardo Ferone escludendo dall'ordinanza di
custodia cautelare per tentato omicidio l'aggravante di aver agito per favorire la
cosca dei Russo clan dei Quartieri Spagnoli. Un risultato questo che potrebbe
avere ripercussioni decisive sul prosieguo di un eventuale processo in quanto con
l'esclusione dell'aggravante camorristica Melotti potrà beneficiare dello sconto
di pena previsto dall'indulto. Le indagini preliminari non sono state ancora
chiuse dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia. Gli spari ci
furono nel cuore della notte al centro dei Quartieri Spagnoli. In un primo momento
gli investigatori avevano ipotizzato che nel mirino fosse finito il boss Luigi Di
Biase, uno dei "Faiano", uscito la settimana scorsa per l'indulto, in quanto
abitava nella zona. Poi, come hanno potuto accertare i carabinieri della compagnia
Centro, si era trattato di un regolamento di conti in piena regola, maturato negli
ambienti della droga. La vittima designata, uno spacciatore, però, era riuscito a
sottrarsi alla pioggia di fuoco rifugiandosi in un portone di uno dei palazzi di
vico Canale a Taverna Penta, luogo dell'agguato, per fortuna trovato aperto. I due
autori della sparatoria furono assicurati alla giustizia, poco dopo. Indagati il
boss Gaetano Russo, 33 anni, detto "Ninotto", uno dei figli del ras Domenico,
meglio conosciuto come "Mimì dei cani", ucciso in un agguato nel 1999,
pluripregiudicato e ritenuto attualmente a capo dell'omonimo clan camorristico; e
Vincenzo Melotti, 38 anni, affiliato alla cosca, fratello di Umberto (all'epoca
aveva 41 anni) ammazzato la sera del 6 ottobre 2005, in via Emanuele De Deo. I due
sono stati arrestati dai carabinieri della compagnia Centro in due fasi. L'accusa
nei loro confronti resta di tentato omicidio. Oltre a dare un volto ed un'identità
ai mancati killer, dopo un rapido lavoro investigativo, i militari dell'Arma
fecero anche luce sul movente del tentato assassinio. Il raid di morte,
ipotizzarono gli investigatori dell'Arma, era finalizzato ad eliminare un pusher
che la cosca dei Russo avrebbe ritenuto "scomodo". L'azione di sangue, che solo
per una questione di millimetri non allungò la lunga lista degli omicidi di
camorra avvenuti lo scorso anno, puntava ad acquisire il controllo della vendita
di sostanze stupefacenti in una zona, appunto vico Canale a Taverna Penta, una
delle piazze attive del quartiere a ridosso di via Toledo. In sella ad una moto,
Gaetano Russo (residente in via Croce Santa Maria al Monte) e Vincenzo Melotti
(abitante nella stessa via ma di fatto domiciliato in Labriola a Scampia)
intercettato il pusher gli scaricarono addosso i caricatori delle pisto-

Oggi la convalida del fermo disposto dal pm. I carabinieri avevano notato i due in
atteggiamento sospetto mentre cedevano sostanze stupefacenti a degli acquirenti di
turno. Intercettati e ammanettati.
L'atteggiamento era inequivocabile: quelle due sagome che avevano intravisto
aggirarsi tra i palazzoni di Secondigliano, per gli investigatori, erano
spacciatori. Per questo motivo le forze dell'ordine hanno deciso di intervenire e
si sono appostati in attesa che qualcosa accadesse. E quel qualcosa è arrivato
poco dopo. Hanno visto arrivare delle persone che con fare sospetto si sono
diretti verso il portone di un palazzo e lì hanno preso un pacchetto dalle mani di
uno di loro. Era il momento di agire, il momento di fare in fretta. Le forze
dell'ordine sono entrate in azione ed hanno arrestato i due presunti spacciatori.
Si tratta di Ciro Mascolo e Giulio De Biase. I due devono rispondere dell'accusa
di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nella loro
disponibilità sono stati trovate circa 1 chilo di dosi: tutte bustine di droga
pronte per essere smerciate agli acquirenti di turno. Ovviamente i due hanno
comunque il diritto di essere considerati innocenti fino a sentenza definitiva di
condanna. Oggi, assistiti dall'avvocato Luigi Senese, si sottoporranno
all'interrogatorio di convalida del fermo disposto dal pubblico ministero di
turno. Il giudice valuterà tutti gli elementi probatori raccolti dagli
investigatori e ascolterà il difensore per poi decidere se convalidare o no
l'arresto. La zona dove i due presunti pusher sono stati arrestati è via Ghisleri
un'area da sempre sotto la lente d'ingrandimento del-

I QUARTIERI SPAGNOLI _____________________

L'AREA TRA SCAMPIA E SECONDIGLIANO ________

le. Sul luogo si recarono alcune pattuglie dei militari, allertate attraverso il
"112" della sala operativa con diverse telefonate di residenti impauriti. A
conclusione di un accurato sopraluogo i carabinieri rinvennero una decina di
bossoli. Sulla scorta di alcuni indizi emersi successivamente, non fu difficile
per gli uomini dell'Arma identificare chi avesse sparato. I carabinieri, inoltre,
durante un sopralluogo nella casa della sorella di Vincenzo Melotti a Scampia
trovavano due pistole semiautomatiche che risultarono essere state usate dallo
stesso e da Gaetano Russo per compiere il raid. Secondo inquirenti ed
investigatori l'episodio si inquadrerebbe nella guerra per il controllo delle
attività illecite, in particolare il mercato della droga, che vede due cartelli
criminali contro: i Di Biase-Terracciano-Piccirillo da una parte e i Russo-Lepre
dall'altra. Ma per la Cassazione non è così. L'avvocato Ferone ha dimostrato che
quei colpi, presumibilmente esplosi da Melotti, non erano in nome e per conto
della cosca dei Russo.

la polizia, dei carabinieri e della guardia di Finanza perché lì, secondo fonti
investigative si nascondono le più floride "piazze" di spaccio della Campania se
non addirittura del sud d'Italia e sono controllate direttamente dai clan
camorristici dell'area Nord. Per questo i blitz sono ripetuti e altrettanti sono
gli arresti che ogni giorno si mettono a segno.

MASSIMILIANO PETROZZI ERA STATO AMMANETTATO PER DROGA

Domiciliari al figlio di un boss dei Di Lauro


Era stato arrestato sabato scorso perché in possesso di alcune dosi di sostanze
stupefacenti nella zona di Scampia. Ma già da ieri il giovane è una persona libera
e tutto a meno di 72 ore dall'arresto operato dalle forze dell'ordine in una zona
ad alto tasso di criminalità. È stato il lavoro difensivo dell'avvocato Gennaro
Pecoraro ad ottenere il risultato sperato. Il giovane è ritornato a casa
nonostante le gravi accuse che pendono tutt'ora sulle sue spalle. Le indagini
infatti continueranno e Petrozzi con molta probabilità sarà sottoposto a processo
per la detenzione della sostanza stupefacente. Il giovane è il figlio di Salvatore
Petrozzi condannato con rito abbreviato ad undici anni di reclusione, pena questa
poi "limata" in appello. Era stato arrestato nel blitz condotto contro il clan Di
Lauro nell'ottobre di due anni e fu raggiunto da una ordinanza di custodia
cautelare per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio della sostanza
stupefacente nella zona di Scampia, Secondigliano e Melito.

[FAPOS]

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