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Roberto Casalbuoni
Dipartimento di Fisica, Universit` di Firenze
a
Appunti delle lezioni date allUniversita di Firenze nella.a. 2005/2006.
Indice
Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1 Introduzione
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19
24
24
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33
34
39
43
46
53
59
60
62
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76
79
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gradi di libert`
a
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4.7.3
5 Problemi unidimensionali
5.1 La particella libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.1.1 Evoluzione temporale di un pacchetto gaussiano . . . .
5.2 Autofunzioni dellenergia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2.1 La particella nella scatola . . . . . . . . . . . . . . . . .
5.2.2 Il potenziale a delta di Dirac . . . . . . . . . . . . . . .
5.3 Equazione di continuit` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
a
5.4 Un problema di diusione: il gradino di potenziale . . . . . . .
5.5 Alcune propriet` dellequazione di Schrdinger unidimensionale
a
o
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111
114
117
117
123
125
128
130
6 Limite classico
133
6.1 La rappresentazione di Heisenberg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137
7 Loscillatore armonico
140
7.1 La soluzione dellequazione di Schrdinger per loscillatore armonico nella
o
base delle coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 145
7.2 Loscillatore armonico nella base dei numeri di occupazione (o dellenergia) 152
8 Il principio di indeterminazione
159
8.1 Il pacchetto donda con la minima indeterminazione . . . . . . . . . . . . . 160
8.2 La relazione di indeterminazione tempo-energia . . . . . . . . . . . . . . . . 161
9 Sistemi con N gradi di libert`
a
163
9.1 Prodotto tensoriale di spazi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 164
9.2 Equazione di Schrdinger per due particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . 167
o
9.3 Pi` particelle in pi` dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
u
u
9.4 Particelle identiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
9.4.1 Il caso classico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171
9.4.2 Il caso di due particelle identiche. Stati simmetrici ed antisimmetrici 173
9.5 Spazi di Hilbert per bosoni e fermioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 175
9.6 Determinazione sperimentale della statistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 177
9.7 Quando si pu` ignorare la simmetrizzazione o lantisimmetrizzazione della
o
funzione donda? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 179
10 Simmetrie
10.1 Invarianza per traslazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.2 Implicazioni dellinvarianza per traslazioni . . . . . . . . . . . . . . . .
10.3 Invarianza per traslazioni temporali . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.4 Invarianza sotto parit` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
a
10.5 Rotazioni in due dimensioni spaziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.5.1 Il problema agli autovalori per Lz . . . . . . . . . . . . . . . .
10.5.2 Problemi invarianti per rotazioni . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.6 Rotazioni in tre dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10.6.1 Problema agli autovalori per L 2 e Lz . . . . . . . . . . . . . . .
10.6.2 Autofunzioni del momento angolare nella base delle coordinate
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181
187
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196
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201
206
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. 253
Capitolo 1
Introduzione
Queste dispense sono semplicemente degli appunti utilizzati per le lezioni del corso di
Meccanica Quantistica del corso di laurea in Fisica dellUniversit` di Firenze. Per questo
a
corso ho seguito in particolare il volume: Principles of Quantum Mechanics di R. Shankar
edito da Kluver Academic/Plenum Press. A mio modesto parere questo libro rappresenta
una delle migliori introduzioni alla meccanica quantistica per la sua estrema chiarezza e
ricchezza di discussione. In questo senso queste dispense sono inutili, dato che lo studente
pu` studiare direttamente loriginale. Ci` nonostante ho ritenuto personalmente utile
o
o
raccogliere questi appunti, dato che alcune parti dello Shankar vengono omesse dal corso,
o perch trattate in altri corsi, quali la parte di meccanica classica e lintroduzione storica
e
alla meccanica quantistica, o parti applicative che verranno invece trattate nella seconda
parte del corso. Inoltre in alcuni punti (pochi) mi sono distaccato dalla trattazione dello
Shankar ed essendo delle dispense nate dalla preparazione delle lezioni, contengono forse un
maggior dettaglio di calcoli. Pertanto non c` assolutamente nessuna pretesa di originalit`
e
a
in queste note ed ovviamente ogni errore che vi sia contenuto ` da attribuire al sottoscritto.
e
Altri libri consultati per la preparazione di questi appunti sono stati Meccanica Quantistica
Moderna di J.J. Sakurai edito da Zanichelli e Meccanica Quantistica I, Principi di G.
Nardulli edito da Franco Angeli.
La sica classica, meccanica, acustica, ottica, elettromagnetismo, ecc. studia fenomeni
che sono direttamente alla nostra portata, cio` fenomeni che possiamo vedere, sentire
e
o toccare. In altri termini la sica classica ` connessa con una percezione diretta dei
e
fenomeni. Quindi, sia che uno conosca o meno la sica in senso formale, lesperienza di tutti
i giorni, a partire dallinfanzia, ci crea dei pregiudizi su come gli oggetti che ci circondano si
dovrebbero comportare e sulla loro caratterizzazione. I concetti di forza, moto, ecc. sono
in qualche modo insiti nel nostro modo di riguardare la natura, anche se non sappiamo
formulare le equazioni di Newton. Lo scopo della sica classica ` quello di cercare di dare
e
una descrizione quantitativa (cio` matematica) di quanto osserviamo e questo viene fatto
e
tramite la formulazione di leggi siche, che poi cerchiamo di estrapolare dallosservazione
quotidiana ad altre situazioni. Per esempio, il moto delle palle di un biliardo ` ben descritto
e
dalle leggi di Newton, se si estrapola questo a scala astronomica si osserva che anche il
moto dei pianeti ` ben descritto dalle stesse leggi. Questo fatto raorza lidea che questa
e
descrizione si possa applicare ad oggetti di qualunque dimensione. Quindi fu naturale,
nella seconda met` del secolo scorso, quando Maxwell, Boltzmann ed altri iniziarono a
a
studiare le propriet` atomiche e molecolari, assumere che ancora le leggi di Newton e dell
a
elettromagnetismo fornissero una buona descrizione dei fenomeni. Quindi un elettrone
era pensato come un corpuscolo molto piccolo che si poteva in pratica descrivere come
un punto materiale, assegnandone posizione e velocit` ad ogni istante. I fatti hanno per`
a
o
dimostrato che questo non ` il caso. La nostra conoscenza istintiva dei fenomeni sici non
e
sopravvive quando la si proietta nel mondo atomico. Il comportamento della materia a
questa scala non ha un corrispondente nellambito delle sensazioni che ci sono familiari.
Un esempio molto illustrativo ` il seguente: esiste un modo per superare un albero che non
e
sia quello di passargli a destra o a sinistra? La risposta classica ` ovviamente NO. Se per`
e
o
parliamo di un elettrone, i fatti sperimentali dimostrano che la risposta ` SI. Un elettrone
e
pu` passare contemporaneamente da entrambe le parti, cosi come fa un raggio di luce,
o
che viene diviso in due da un ostacolo. Questo fenomeno che suona come completamente
assurdo alla nostra intuizione ` stato vericato sperimentalmente in molti modi. Quindi
e
non dovremmo avere pregiudizi troppo radicati quando si arontano fenomeni su scale
molto diverse da quelle abituali.
`
E nelle considerazioni precedenti che sta la dicolt` del primo contatto con la meca
canica quantistica. Quando le nostre conoscenze della sica classica sono migliorate si
sono potuti studiare sperimentalmente i fenomeni a livello atomico, cosa che era preclusa
senza una adeguata conoscenza tecnico-scientica. A questo punto si ` trovato che le idee
e
applicate no a quel momento non erano pi` valide. Quindi i sici si sono dovuti formare
u
un nuovo mondo percettivo, adeguato a far diventare comuni anche quei fenomeni contrari a quello che, no a quel momento, era ritenuto buon senso. Questo processo deve
combattere con tutto il mondo delle percezioni che si ` formato in noi sin dallinfanzia
e
e quindi richiede del tempo. Una ulteriore dicolt`, ma di natura pi` tecnica e quindi
a
u
pi` facilmente arontabile, ` che la meccanica quantistica richiede in genere un tipo di
u
e
matematica diversa e pi` ranata di quanto non sia richiesto a livello classico.
u
Per concludere, ci sono due possibili modi di presentare la meccanica quantistica:
1) Metodo deduttivo. A seguito degli esperimenti eettuati e della loro interpretazione si `
e
oggi arrivati a condensare la meccanica quantistica in alcuni assiomi. Questi assiomi sono
il risultato di una serie di tentativi di spiegazione dei fenomeni, ed alla ne hanno preso
un aspetto alquanto matematico ed impadronirsi del loro uso richiede una certa quantit`
a
di lavoro.
2) Metodo storico. Per questa via si segue lo sviluppo della meccanica quantistica dagli
inizi ed in un certo modo si capisce perch` si arriva poi a formulare certi postulati. In
e
realt` c` comunque un salto logico a qualche livello. Tutto sembra pi` comprensibile
a e
u
semplicemente perch, ripercorrendo le varie fasi, ci si familiarizza con certi fenomeni che
e
diventano quindi parte del nostro bagaglio di sensazione e ci danno la condenza di capire.
Nel primo metodo si devono accettare gli assiomi come atto di fede ed il mondo
delle nostre sensazioni viene arricchito dalle applicazioni degli assiomi alle varie situazioni
siche. Una scelta netta ` molto dicile perch la ricostruzione del cammino storico non `
e
e
e
facile e come detto piena di salti logici dovuti ad intuizioni di alcuni sici, non facilmente
giusticabili.
Lapproccio storico ` stato parzialmente seguito nel corso di Quanti, pertanto adesso
e
ci dedicheremo a sviluppare piuttosto laspetto assiomatico. Faremo precedere laspetto
assiomatico da una serie di richiami di tipo matematico sugli spazi vettoriali, operatori
lineari e relative estensioni al caso innito-dimensionale. Vedremo infatti che la struttura matematica alla base della meccanica quantistica ` quella di uno spazio vettoriale
e
complesso con prodotto interno, cio` uno spazio di Hilbert.
e
In ogni caso nel capitolo 2 verr` eettuata una discussione dellesperimento di ina
terferenza di Young che, come vedremo, illustra i punti sici principali della meccanica
quantistica e che permette anche di capire lorigine della struttura matematica che sottost`
a
alla meccanica quantistica.
Capitolo 2
Lesperimento di interferenza di
Young
Lesperimento che maggiormente mette in risalto gli aspetti pi` fondamentali della
u
meccanica quantistica ` lesperimento di interferenza di Young, o esperimene
to della doppia fenditura illustrato in Figura 2.1.
Figura 2.3: Nella parte destra: cosa si dovrebbe osservare, in base alla teoria ondulatoria, guardando al microscopio le frange di interferenza prodotte nellesperimento di Young. Nella parte sinistra cosa si osserva realmente al microscopio. Nei
cerchi di sinistra losservazione di intensit` massima, mentre nei cerchi di destra
a
losservazione di tre zone di debole intensit`
a
Figura 2.4: Lanalisi dettagliata di pi` punti situati nella stessa frangia di interu
ferenza mostra che il numero medio di punti impressionati ` lo stesso, ma cambia
e
la loro distribuzione che appare del tutto casuale.
Ovviamente questo non ` un problema dal punto di vista ondulatorio dato che nel
e
caso della radiazione luminosa sappiamo che dobbiamo sommare i campi. Detta A
lampiezza del campo si ha
Aa+b = Aa + Ab
(2.2)
e dato che lintensit` luminosa ` essenzialmente il modulo quadrato del campo segue
a
e
|Aab |2 = |Aa |2 + |Ab |2 + A Ab + Aa A = |Aa |2 + |Ab |2
a
b
(2.3)
Daltra parte abbiamo anche visto che sul piano microscopico la distribuzione dellintensit` sullo schermo non ` ci` che ci si attende dallipotesi ondulatoria. Un
a
e o
passo ulteriore si pu` fare riducendo lintensit` della sorgente. Questo non avrebbe
o
a
alcun eetto sul risultato se tutto andasse come previsto dallipotesi ondulatorio.
7
a+b
a
b
F
1
F
2
Figura 2.5: Lesperimento di Young eettuato in tre condizioni diverse. Nel caso a)
` chiusa la fenditura inferiore, non si hanno frange di interferenza e si osserva un
e
massimo in corrispondenza della fenditura superiore. Il caso b) ` identico al caso a)
e
eccetto che si scambiano le due fenditure. Nel terzo caso le fenditure sono aperte e
si osservano le frange di interferenza. Sul lato destro della gura sono riportate e le
distribuzioni di intensit` ottenute chiudendo la fenditura F2 , caso a), e la fenditura
a
`
F2 , caso b). E anche riportata la somma delle due distribuzioni.
Dal punto di vista corpuscolare le cose invece cambiano, dato che al limite si
potrebbe far passare un solo fotone che potrebbe dare una sola immagine sullo
schermo e certamente non produrre una gura di interferenza. In particolare si
potrebbe cercare di capire cosa succede mandando una successione di fotoni, uno dietro laltro. Con le tecniche odierne questo ` un esperimento possibile, ma possiamo
e
invece ottenere lo stesso risultato usando elettroni. Come sappiamo dallesperimento
di Davisson e Germer anche gli elettroni mostrano un aspetto ondulatorio. Quindi
se si ripete lesperimento di Young con elettroni ci attendiamo ancora una gura di
interferenza. E questo ` proprio ci` che si trova come mostrato in Figura 2.6. In
e
o
questo caso possiamo ripetere varie volte lesperimento utilizzando numeri diversi
di elettroni, come illustrato in Figura 2.7. Vediamo che le frange si formano aumentando il numero di elettroni. Un risultato analogo nel caso della luce ` quello
e
di fotograe eettuate con pellicole poco sensibili (cio` con bassa densit` di grani),
e
a
oppure ingrandendo una determinata immagine sullo schermo di un computer. Per
un numero basso di elettroni non si ha una immagine particolare, ma piuttosto una
serie casuale di punti impressionati. Crescendo il numero degli elettroni i punti im8
(2.5)
Ovviamente, come il campo elettromagnetico soddisfa le equazioni di Maxwell, anche le funzioni donda delle varie particelle dovranno soddisfare unequazione che `
e
9
Figura 2.7: Lesperimento di Young ripetuto usando un numero crescente di elettroni. Da una immagine informe a) ottenuta con 28 elettroni si passa alla gura di
interferenza c) prodotta con 10,000 elettroni .
quella che regola la distribuzione di probabilit`. Questa equazione ` lequazione di
a
e
Schrdinger che discuteremo in dettaglio nel seguito. In questa interpretazione probo
abilistica perde di senso il concetto di traiettoria di una particella: noi non siamo in
grado di dire da dove sia passata la particella, se da F1 o da F2 ma possiamo dare
solo la probabilit` di trovarla in un certo punto dello spazio. Occorre menzionare
a
che esiste un altro punto di vista, completamente equivalente, ed ` lidea della some
ma sui cammini di Feynman. In questo caso non si rinuncia allidea di traiettoria,
ma si cambiano le regole del gioco delle probabilit`. Si assume cio` che siano le
a
e
ampiezze di probabilit` a comporsi con le regole della probabilit` classica. Per esa
a
empio per due casi esclusivi, come il passaggio da F1 o F2 , si assume che lampiezza
di probabilit` totale sia
a
a (x) + b (x)
(2.6)
dove le due ampiezze corrispondono al passaggio da F1 o da F2 . Pertanto avremo
un eetto di interferenza nella probabilit`. Come detto questo punto di vista `
a
e
completamente equivalente a quello di Born. Il solo problema ` che la matematica
e
associata ` assolutamente non banale, e sebbene nei problemi pi` attuali il punto
e
u
10
di vista di Feynamn sia il pi` usato, noi aronteremo lo studio seguendo lapprocu
cio alla Born. In ogni caso vediamo che, copiando dal campo elettromagnetico, si
devono avere ampiezze di probabilit` complesse che si possono sommare tra loro e
a
che devono obbedire una equazione donda, che per la linearit` delle ampiezze, deve
a
essere lineare, perch` la somma di due soluzioni deve essere anchessa una soluzione.
e
Pertanto la struttura matematica che emerge da queste considerazioni ` quella di
e
uno spazio vettoriale complesso (spazio di Hilbert). Sebbene molte considerazioni
sugli spazi di Hilbert siano gi` state fatte nel corso di metodi ho ritenuto utile ria
portare nel capitolo 3 una serie di denizioni e di richiami. Questo permette una
rapida consultazione ed ha inoltre il vantaggio che il materiale ` presentato propria
e
nella forma utilizzata nel testo.
11
Capitolo 3
Richiami sugli spazi vettoriali e
sui metodi operatoriali
3.1
Spazi vettoriali
v+w V
v V, se v V, F
(3.1)
vi + vj = vj + vi
vi + (vj + vk ) = (vi + vj ) + vk
vettore nullo, 0, vi + 0 = 0 + vi = vi
unico vettore, (vi ), tale che, vi + (vi ) = 0
(3.2)
Queste propriet` si sintetizzano dicendo che V ` uno gruppo abeliano rispetto alla
a
e
somma. In particolare, iii) e iv) mostrano che V possiede lelemento identit` (il
a
vettore nullo) e linverso di ogni elemento v (v).
12
(vi + vj ) = vi + vj ,
( + )vi = vi + vi
(vi ) = ()vi
1vi = vi , 1 F
F, vi , vj V
(3.3)
(a, b, c) + (d, e, f ) = (a + d, b + e, c + f )
(a, b, c) = (a, b, c)
(3.4)
Si verica subito che queste triple su F formano uno spazio vettoriale. Se F coincide
con i reali, lo spazio delle triple non ` altro che la rappresentazione in un dato
e
sistema di coordinate di un vettore reale tridimensionale. In questo spazio come si
rappresenta il vettore nullo? Ed il vettore opposto di un vettore dato?
`
E interessante notare che lo spazio costituito dalle triple della forma (a, b, 1) non
` uno spazio vettoriale (perche?), mentre le triple della forma (a, b, 0) formano uno
e
spazio vettoriale.
Facendo uso delle denizioni si dimostrano facilmente le seguenti propriet`:
a
1)
2)
3)
(3.5)
(3.6)
(3.7)
(3.8)
i vi = 0
(3.9)
i=1
vn =
i vi
(3.10)
i=1
con i = 0. Ma questa relazione signicherebbe daltro canto che gli n vettori sono
linearmente dipendenti.
Si dice che uno spazio vettoriale ` n-dimensionale, se ammette al pi` n
e
u
vettori linearmente indipendenti. Denoteremo uno spazio vettoriale n-dimensionale
su F con il simbolo V n (F ). Su tale spazio vale il seguente:
Teorema: Dati n vettori linearmente indipendenti (v1 , v2 , , vn ), ogni altro vettore v V n (F ) pu` essere scritto come combinazione lineare degli n vettori.
o
Il teorema ` vero se possiamo trovare una relazione del tipo
e
n
v +
i vi = 0
(3.11)
i=1
con alcuni degli i non nulli. Ma se questo non fosse vero esisterebbero n + 1 vettori
linearmente indipendenti contrariamente allipotesi di essere in V n (F ). Quindi almeno un coeciente tra e gli i ` non nullo. ma non pu` essere nullo, altrimenti
e
o
gli n vettori non sarebbero linearmente indipendenti. Quindi = 0 e:
v=
i vi =
i=1
i vi
(3.12)
i=1
v=
i vi =
i=1
da cui
i vi
(3.13)
i=1
(i i )vi = 0
i=1
14
(3.14)
(1,0,1)
(0,1,1)
x
(1,1,0)
y
Figura 3.1: I tre vettori dell esempio in un riferimento cartesiano.
Ma dato che i vi sono linearmente indipendenti si ha necessariamente i = i .
Ogni insieme di n vettori linearmente indipendenti in V n (F ) ` chiamato una
e
n
base in V (F ). I coecienti dellespansione di un generico vettore v in termini dei
vi sono chiamate le componenti di v in quella base. Si dice anche che V n (F ) `
e
3
sotteso da una base. Nel caso di vettori in R ` evidente che due vettori non parale
leli sono linearmente indipendenti e che la stessa propriet` vale per tre vettori non
a
paralleli e non sullo stesso piano. Vedremo pi` avanti che questo spazio altro non `
u
e
3
che V (R). Notiamo che il vettore nullo non pu` essere contenuto in un insieme di
o
vettori linearmente indipendenti. Infatti se consideriamo un insieme di tali vettori
con il vettore nullo incluso, (v1 .v2 , , vn , 0), questi vettori non sono indipendenti
perch, per esempio, 0 = v v.
e
Esempio: Dimostrare che i vettori {(1, 1, 0), (1, 0, 1), (0, 1, 1)} rappresentati in Fig.
3.1 sono linearmente indipendenti. Basta vedere se una combinazione lineare dei
tre vettori con coecienti non tutti nulli pu` o meno dare il vettore nullo, (0, 0, 0).
o
Consideriamo
(1, 1, 0) + (1, 0, 1) + (0, 1, 1) = (0, 0, 0)
(3.15)
15
(3.16)
Si verica che il determinante del sistema ` diverso da zero (vale -2) e quindi il
e
sistema ammette lunica soluzione = = = 0, ed i tre vettori sono linearmente
indipendenti.
`
E opportuno osservare che gli assiomi che deniscono uno spazio vettoriale permettono di sviluppare rapidamente il calcolo vettoriale. Consideriamo due vettori
in V 3 (R) espressi una data base (v1 , v2 , v3 ):
v = 1 v1 + 2 v2 + 3 v3
v = 1 v1 + 2 v2 + 3 v3
(3.17)
= (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) + (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) =
= (1 + 1 )v1 + (2 + 2 )v2 + (3 + 3 )v3
(3.18)
Quindi le componenti del vettore somma sono la somma delle componenti dei due
vettori. Analogamente
v = (1 v1 + 2 v2 + 3 v3 ) = (1 )v1 + (2 )v2 + (3 )v3
(3.19)
v=
i vi v = (1 , 2 , , n )
(3.20)
i=1
3.2
Un prodotto interno in uno spazio vettoriale associa a due vettori di V uno scalare
di F . Cio` ` un mapping bilineare V V F che soddisfa ai seguenti assiomi:
ee
i)
ii)
iii)
v|v 0
(= 0 se e solo se v = 0)
vi |vj = vj |vi
vi |vj + vk = vi |vj + vi |vk
16
(3.21)
= ( vj |vi ) = vi |vj
(3.22)
Uno spazio vettoriale sul quale sia denito un prodotto interno si chiama spazio
vettoriale con prodotto interno. In un tale spazio si pu` denire la norma di
o
un vettore:
|v| =
v|v
(3.23)
Un vettore si dice normalizzato o vettore unitario se ha norma pari ad uno.
Due vettori si dicono ortogonali se il loro prodotto scalare ` nullo
e
v|w = 0 vw
(3.24)
(3.25)
1,
0,
i=j
i=j
(3.26)
(3.27)
v|1 v1 + 2 v2 + 3 v3 =
3
i j vi |vj
(3.28)
i,j=1
Pertanto il risultato dipende dalle componenti nella base scelta e dalle quantit`
a
vi |vj . Nel caso di una base ortonormale si ha immediatamente
3
i i
v|v =
i=1
17
(3.29)
Notiamo che nel caso complesso, loperazione che appare nellassioma ii) ` cruciale
e
anch valga la i).
e
Una propriet` importante del prodotto interno ` quella che va sotto il nome di
a
e
disuguaglianza di Schwarz:
| vi |vj |2 |vi |2 |vj |2
(3.30)
(3.31)
vj
vi |vj
|v = vi |v = |vi |2 vj |vi
2
|vj |
|vj |2
(3.33)
Pertanto
|vi |2 |vj |2 | vi |vj |2 0
(3.34)
Dalla Eq. (3.33) segue che luguaglianza vale solo per v = 0, cio` quando vi vj
e
ossia vi e vj sono paralleli.
Unaltra importante disuguaglianza a cui soddisfa il prodotto interno ` la dise
uguaglianza triangolare:
|vi + vj | |vi | + |vj |
(3.35)
Il nome deriva dallinterpretazione geometrica illustrata in Fig. 3.2 per gli usuali
vettori in R3 .
v1 + v2
v2
v1
Figura 3.2: La gura esemplica la disuguaglianza triangolare, che per R3 equivale
allaermazione che la somma di due lati di un triangolo ` sempre maggiore del
e
terzo lato.
18
La dimostrazione ` la seguente:
e
|vi + vj |2 = vi + vj |vi + vj = |vi |2 + |vj |2 + 2Re vi |vj
Se si considera un numero complesso z = a + ib segue che
a = Re z |z| = a2 + b2
(3.36)
(3.37)
Pertanto
|vi + vj |2 |vi |2 + |vj |2 + 2| vi |vj | |vi |2 + |vj |2 + 2|vi ||vj | = (|vi | + |vj |)2 (3.38)
dove abbiamo fatto uso della disuguaglianza di Schwarz. Segue dunque la disuguaglianza (3.35).
3.3
La notazione di Dirac
ei vi
(3.39)
i=1
tutte le operazioni sui vettori si riportano ad operazioni sulle componenti vi . pertanto esiste una corrispondenza biunivoca tra il vettore v e la n-upla delle sue
componenti in una data base
v1
v2
v
(3.40)
vn
In questa base ortonormale il prodotto interno si pu` scrivere nella seguente forma:
o
v1
(3.41)
v|v =
vi vi = v1 vn
i=1
vn
dove abbiamo associato al vettore v la n-upla v1 vn . Chiaramente un vettore pu` essere rappresentato da una riga o da una colonna. Lelemento decisivo che
o
ssa la rappresentazione ` la posizione in cui compare il vettore nel prodotto interno.
e
19
(3.42)
|v
vn
e i bra che corrispondono ai vettori riga:
v| v1
vn
(3.43)
I nomi bra e ket originano dal fatto che mettendo assieme i due vettori si ottiene un
bracket, cio` una parentesi che associa alla coppia il prodotto interno1 :
e
v||v v|v
(3.44)
La rappresentazione che associa il bra al vettore v ` anche detta duale di quella che
e
ne associa il ket. Notiamo che in notazione matriciale la rappresentazione duale `
e
ottenuta tramite le operazioni di trasposizione del vettore colonna e di coniugazione
complessa. Linsieme di queste due operazioni costituisce l aggiunto. Questa
operazione in forma astratta fa passare dai ket ai bra e viceversa
(3.45)
(|v ) = |v
(3.46)
v| = |v
Si richiede anche che
|ei |i 1 iesimo posto
0
1
(3.47)
Da ora in avanti elimineremo la notazione in grassetto per i vettori allinterno dei bra e dei
ket, cio` |v |v
e
20
vi |i
(3.48)
vi i|
(3.49)
mentre i bra
v| =
i
Ovviamente ogni equazione che vale per i ket pu` essere trasformata in una equazione
o
per i bra, semplicemente prendendo laggiunto. Per esempio, consideriamo laggiunto
di |v :
v1
v1
(3.50)
|v = v1 vn v|
vn
vn
Vediamo dunque che
(|v ) = v|
(3.51)
|v = |v
(3.52)
(|v ) = v| = v|
(3.53)
Inoltre si ha anche
e quindi
Quindi una equazione del tipo
|v = |v + |v
(3.54)
implica
v| = v | + v |
(3.55)
Ripetiamo ancora che facendo il bracket di un bra con un ket (cio` prendendo il
e
prodotto interno di un vettore con un altro) si ha
v1
v|v = v1 vn =
vi vi
(3.56)
i
vn
Lortonormalit` dei vettori di base si scrive nella forma
a
i|j = ij
(3.57)
Se un ket ha la decomposizione
|v =
vi |i
i
21
(3.58)
vi j|i =
i
vi ij = vj
(3.59)
Segue lespressione
|v =
|i i|v
(3.60)
i|vi
v| =
i
v|j
i|j vi = vj
=
i
v| =
v|i i|
(3.61)
i|v
i| =
v|i i|
(3.62)
Quindi, nel prendere laggiunta di una espressione, occorre invertire i bra ed i ket
anche quando si abbia un prodotto interno.
Vogliamo ora mostrare come sia possibile, dati n vettori linearmente indipendenti, costruire un set di vettori ortonormali (procedimento di Gram-Schmidt). Iniziamo
denendo n vettori ortogonali dal set dato (|v1 , , |vn ). Poniamo
|1
= |v1
|2
= |v2
|1
1 |v2
1 |1
(3.63)
|1
1 |v3
|2 2 |v3
1 |1
2 |2
(3.64)
(3.65)
|k = |vk
i =1
|i
i |vk
,
i |i
22
k = 2, , n
(3.66)
|i
=
|i |
|i
(3.67)
i |i
Lindipendenza lineare degli n vettori iniziali ` qui usata in modo implicito. Infate
ti se fossero linearmente dipendenti la costruzione precedente si potrebbe arrestare
prima di arrivare al vettore |n .
Esercizio: dati i tre vettori
3
0 ,
|v1
0
|v2
0
1 ,
|v3
0
2
(3.68)
0=
i |vi
(3.70)
i vk |vi = k |vk |2 k = 0 k
(3.71)
i=1
0=
i=1
Consideriamo ora uno spazio V n (F ), che quindi conterr` n vettori linearmente ina
dipendenti. Il numero di vettori ortogonali non pu` essere superiore ad n, altrimeno
ti, dovendo essere linearmente indipendenti, contraddiremmo lipotesi di esser in
V n (F ). Daltra parte usando il procedimento di Gram-Schmidt, dagli n vettori linearmente indipendenti possiamo costruire n vettori mutuamente ortogonali e quindi
il teorema segue.
23
3.4
Sottospazi vettoriali
Un sottospazio di uno spazio vettoriale, che sia anchesso uno spazio vettoriale, `
e
3
detto un sottospazio vettoriale. Per esmpio in V (R) i seguenti sono sottospazi
vettoriali:
1) - I vettori lungo un asse, Vx1
2
2) - I vettori in un piano, Vxy
Evidentemente un sottospazio vettoriale deve contenere il vettore nullo e i vettori
opposti di ogni vettore. Quindi i vettori lungo lasse positivo delle x non formano
un sottospazio vettoriale.
Dati due sottospazi vettoriali V i e V j , possiamo denire un terzo sottospazio
vettoriale, detto somma diretta, V i V j prendendo tutti gli elementi di V i , quelli
di V j e le loro combinazioni lineari (per avere la propriet di chiusura rispetto
a
alladdizione). Se per esempio considerassimo Vx1 e Vy1 e prendessimo solo i vettori
nei due sottospazi, avremmo solo i vettori lungo x e quelli lungo y, ma questo non
sarebbe uno spazio vettoriale, dato che combinando due tali vettori si ottiene un
generico vettore nel piano xy. Invece la somma diretta precedentemente denita da
2
proprio Vx1 Vy1 = Vxy .
3.5
Operatori lineari
(3.72)
(3.73)
Dato che stiamo considerando spazi vettoriali gli unici operatori che hanno senso,
cio` che trasformano lo spazio vettoriale in un altro spazio vettoriale sono quelli che
e
ne preservano la struttura lineare. Gli operatori con questa propriet` sono detti
a
operatori lineari. Pi` precisamente un operatore ` lineare se soddisfa la seguente
u
e
propriet`:
a
A(|v + |w ) = A|v + A|w
(3.74)
Un operatore A pu` agire anche sui bra:
o
( v| + w|)A = v|A + w|A
(3.75)
j
i
x
i = i
2
j = k
2
k = j
2
(3.77)
(j + k) = Rx
j + Rx
k=kj
2
2
2
(3.78)
(3.79)
vi |i =
A|v = A
(3.80)
(3.81)
v = v1 i + v2 k v3 j
2
(3.82)
25
(3.83)
(A)|v = (A|v )
(3.84)
`
E importante osservare che il prodotto di due operatori in genere non ` commutae
z
R x( __ )
2
Ry ( __ )
2
z
x
x
R x( __ )
2
Ry ( __ )
2
y
y
x
e di Ry
tivo, cio`
e
A1 A2 = A2 A1
(3.85)
Unalgebra ` uno spazio vettoriale, V , nel quale sia denito il prodotto di due vettori, come
e
un mapping bilineare V V V
26
(3.87)
(3.88)
Per esempio:
(3.89)
con I loperatore identit`. Nel caso di Rx (/2) si verica subito che loperatore
a
inverso ` Rx (/2). Linverso del prodotto di due operatore ` uguale al prodotto
e
e
degli inversi, cio`
e
(AB)1 = B 1 A1
(3.90)
Infatti:
AB(B 1 A1 ) = (B 1 A1 )AB = I
3.6
(3.91)
Abbiamo visto che un vettore in una data base corrisponde ad una ennupla di numeri,
le sue componenti in quella base. Analogamente, in una data base, un operatore
lineare ` rappresentato da una matrice di n n numeri, i suoi elementi di matrice.
e
Ovviamente i valori degli elementi di matrice dipendono dalla base scelta, ma il loro
uso risulta estremamente conveniente. Abbiamo gi` osservato che un operatore `
a
e
completamente assegnato una volta che ne sia stata denita lazione sugli elementi
di una base. In particolare si possono facilmente calcolare le componenti del ket
trasformato sotto lazione delloperatore. Se
|v = A|v
(3.92)
segue
vi = i|v = i|A|v = i|A
vj |j =
j
i|A|j vj
(3.93)
Posto
Aij = i|A|j
(3.94)
segue
Aij vj
vi =
(3.95)
Quindi lazione delloperatore si pu` valutare agendo con i suoi elementi di matrice
o
sulle componenti del vettore iniziale. Nella data base il vettore iniziale ` rappree
sentato da un vettore colonna e lazione delloperatore ` semplicemente il prodotto
e
27
della matrice che lo rappresenta per il vettore colonna con la consueta denizione di
prodotto righe per colonne.
Esempio 1: Consideriamo ancora loperatore di rotazione
R Rx
(3.96)
Ricordando che
R|1 = |1 ,
segue
1|R|1
R 2|R|1
3|R|1
R|2 = |3 ,
0
1
T
0
(3.97)
1 0 0
1|R|3
2|R|3 = 0 0 1
3|R|3
0 1 0
1|R|2
2|R|2
3|R|2
R|3 = |2
(3.98)
0 1
0 0
1 0
0 0 1
1
0
1 0 0 0 = 1 T |1 = |2
0 1 0
0
0
0
0
0 0 1
1 0 0 1 = 0 T |2 = |3
1
0
0 1 0
0 0 1
0
1
1 0 0 0 = 0 T |3 = |1
0 1 0
1
0
(3.99)
(3.100)
(3.101)
(3.102)
Quindi dallespressione degli elementi di matrice possiamo ricostruire lazione delloperatore astratto sui vettori di base.
Gli elementi di matrice delloperatore identit` si calcolano immediatamente:
a
i|I|j = i|j = ij
(3.103)
Quindi loperatore identit` in una base ortonormale corrisponde alla matrice idena
tit`.
a
Ricordiamo che abbiamo dimostrato la relazione
n
|v =
|i i|v
i=1
28
(3.104)
|v =
|i i| |v
(3.105)
i=1
Questa relazione che lespressione in parentesi altro non ` che un operatore che
e
applicato al ket |v lo riproduce. Quindi si ha
n
I=
|i i|
(3.106)
i=1
`
E interessante considerare le quantit` |i i| come operatori. La loro azione ` data
a
e
da
(|i i|) |v = |i i|v = vi |i
(3.107)
Questi operatori sono deniti proiettori
Pi = |i i|
Vediamo che
(3.108)
Pi = I
(3.109)
i=1
(3.110)
Il contenuto sico di questa equazione pu` essere capito considerando gli analizzatori
o
di polarizzazione, che in pratica funzionano come proiettori, vedi Fig 3.5.
Lazione dei proiettori sui bra si ottiene facilmente
v|Pi = v|i i| = vi i|
(3.111)
0 0 0
0
(3.112)
Pi = |i i| 1 0 1 0 = 0 1 0
0 0 0
0
3
29
P
y
P
y
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Ey
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
P
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
Ey
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
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xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
(3.113)
che appunto ci dice che lunico elemento diverso da zero ` quello sulla riga i e sulla
e
colonna i.
Vediamo adesso come si rappresenta il prodotto di due operatori in termini di
matrici. Consideriamo lelemento di matrice del prodotto AB
n
Aik Bkj
i|A|k k|A|j =
(3.114)
k=1
Per arrivare al risultato abbiamo usato un trucco molto comune che consiste nellinserire loperatore identit` nella formula (3.106). Vediamo che lelemento di matrice
a
del prodotto si ottiene facendo il prodotto righe per colonne delle due matrici che
rappresentano gli operatori A e B.
Deniamo adesso l aggiunto di un operatore. Partendo da:
A|v = |v = |Av
(3.115)
(3.116)
= j|A|i
= A
ji
(3.117)
cio`
e
(A )ij = A
ji
(3.118)
(3.120)
(3.121)
A = A
(3.122)
Ogni operatore pu` essere sempre decomposto in una parte hermitiana ed in una
o
parte anti-hermitiana
1
1
A = (A + A ) + (A A )
(3.123)
2
2
hermitiano
antihermitiano
(3.124)
U = U 1
(3.125)
o, in altri termini,
Questi operatori generalizzano i numeri complessi di modulo uno, ei . Osserviamo
che il prodotto di operatori unitari ` unitario. Infatti
e
1 1
(U1 U2 ) = U2 U1 = U2 U1 = (U1 U2 )1
(3.126)
(3.128)
(3.129)
per cui se U ` una matrice reale (come deve essere se i vettori sono deniti sul campo
e
dei reali) segue
U = U 1 U T = U 1 U T U = I
(3.130)
Lultima relazione denisce una matrice ortogonale che corrisponde ad una rotazione.
`
E importante osservare che se pensiamo alle colonne di una matrice unitaria
n n come alle componenti di n vettori, questi formano un set ortonormale. Infatti,
partendo da U U = I si ha
n
ij = i|I|j = i|U U |j =
i|U |k k|U |j =
k=1
(i)
k=1
k=1
(3.131)
con componenti
(i)
vk = Uki
segue:
Uki Ukj
(U )ik Ukj =
(3.132)
n
(i) (j)
vk vk = ij v (i) |v (j) = ij
(3.133)
k=1
3.7
U v |A|U v = v |U AU |v
(3.135)
(3.136)
Ci sono delle operazioni che si possono fare sugli operatori e che sono invarianti sotto trasformazioni unitarie. Per esempio la traccia (somma degli elementi
diagonali):
n
T r[A] =
Aii
(3.137)
i=1
(3.138)
Infatti
Aij Bji =
T r[AB] =
i,j
(3.139)
(3.140)
Usando questultima si ha
T r[U AU ] = T r[U U A] = T r[A]
(3.141)
3.8
(3.142)
(3.143)
(3.146)
Pertanto, dato che abbiamo considerato tutte le possibilit` segue che gli unici autoa
valori di un operatore di proiezione normalizzato sono 0 e 1.
Esempio 3: Loperatore di rotazione R = Rx (/2). Chiaramente il ket |1 ` un
e
autovettore con autovalore 1, poich
e
R|1 = |1
(3.147)
i:
R(|2 i|3 ) = |3
3.9
i|2 =
i(|2 i|3 )
(3.149)
Equazione caratteristica
(3.150)
(Aij ij )vj = 0
(3.151)
j=1
34
ck k
0 = det|A I| =
(3.153)
k=0
ck k
P () =
(3.154)
k=1
i|W (A I)W |j vj = 0
i |(A I)vj |j =
j
(3.155)
Segue
0 = det|W (A I)W | = det|W W |det|A I|
(3.156)
e dato che W ` non singolare ritroviamo la stessa equazione valida per la vecchia
e
base.
Dal teorema fondamentale dellalgebra (ogni equazione di grado n ha n radici
reali o complesse) segue che ogni operatore in V n (C) ha n autovalori reali o complessi, non necessariamente distinti. Una volta trovati gli autovalori, gli autovettori
nella data base si determinano risolvendo lequazione agli autovalori
(Aij ij )vj = 0
(3.157)
Daltra parte, come mostreremo, non sempre gli autovettori esistono. Esistono per`
o
4
sempre per operatori hermitiani e per operatori unitari.
Esempio: Consideriamo ancora R = Rx (/2). Ricordiamo che la sua matrice `
e
(vedi eq. (3.98))
1 0 0
R 0 0 1
(3.158)
0 1 0
Pertanto
1 0
0
1 = (1 )( 2 + 1)
det|R I| = det 0
0
1
(3.159)
Quindi anche per quelli anti-hermitiani, dato che assegnato un operatore A anti-hermitiano,
loperatore iA ` hermitiano
e
35
Come gi` osservato prima, questa equazione ha una sola radice reale, +1, e due
a
immaginarie pure. Quindi il problema agli autovalori ha una sola soluzione nei reali
e tre nei complessi. Gli autovalori sono:
1 = +1,
2 = +i,
3 = i
(3.160)
v1
0 0
0
0 1 1 v2 = 0
(3.161)
0 = (R I)|v
0 1 1
v3
Risultano le equazioni
v2 + v3 = 0,
Pertanto lautovettore `
e
e se lo normalizziamo, si ha
v 2 v3 = 0 v2 = v3 = 0
(3.162)
v1
0
|v =
0
(3.163)
1
|v = 0
0
(3.164)
1i 0
0
v1
0
v2 = 0
i 1
(3.166)
0
1 i
v3
Da cui le equazioni
(1 i)v1 = 0,
iv2 v3 = 0,
v2 iv3 = 0
(3.167)
v2 = iv3
36
(3.168)
0
| = +i = iv3
v3
(3.169)
dove abbiamo introdotto una notazione molto usata che consiste nellidenticare
lautovettore con lautovalore corrispondente. Se normalizziamo ad uno, a parte
una fase, si ottiene
0
1
1
| = +i = i = (i|2 + |3 )
(3.170)
2 1
2
Analogamente
0
1
1
| = i = i = (i|2 + |3 )
2 1
2
(3.171)
Ovviamente allorch si abbiano pi` autovettori che corrispondono allo stesso autoe
u
valore la notazione qui introdotta dovr` essere modicata. Questa situazione detta
a
di autovalori degeneri o degenere tout court verr` studiata pi` in dettaglio nel
a
u
seguito.
Una propriet` molto importante degli operatori hermitiani ` che i loro autovalori
a
e
sono reali. Infatti si ha
A| = |
|A| = |
(3.172)
(3.173)
(3.174)
Notiamo che se cos non fosse, A I sarebbe invertibile. Questo grazie ad un teorema sulle
37
n1
Consideriamo poi lo spazio V1 dei vettori perpendicolari a |1 e scegliamo una
n1
base costituita da |1 e da (n 1) vettori ortonormali in V1 . In questa base si
ha
1
0
|1
(3.175)
e quindi
Ai1 = i|A|1 = 1 i|1 = 1 i1
(3.176)
1 0
0
0
Aij =
(n1)
(3.177)
(3.178)
(3.179)
1 0 0 0 0 0
0 2 0 0
0 0 0
(3.180)
Aij =
0 i 0
0 0
0 0 n
In questa base ognuno degli |i ` ortogonale ai precedenti e quindi il teorema `
e
e
dimostrato. Ovviamente questi autovettori possono essere normalizzati e quindi
formeranno un sistema ortonormale.
38
Abbiamo detto che pu` esistere pi` di una base ortonormale. Questo si verica
o
u
nel caso di degenerazione, cio` quando due o pi` autovalori sono identici. Supponie
u
amo 1 = 2 . In questo caso una qualunque combinazione lineare dei corrispondenti
autovettori ` un autovettore:
e
A(|1 + |2 ) = 1 (|1 + |2 )
(3.181)
i |A|j = j i |j
(3.183)
j |A|i = j j |i
(3.184)
(3.185)
i=j
(3.186)
Ovviamente se gli autovalori sono degeneri occorre adarsi alla costruzione della
dimostrazione del teorema precedente per costruire autovettori ortonormali.
3.9.1
Il caso degenere
Segue
1 0 1
A 0 2 0
1 0 1
(3.187)
1
0
1
2
0 = ( 2)2
det|A I| = 0
1
0
1
(3.188)
39
(3.189)
1
0
1
2 = 3 = 2
0 1
v1
v1 + v3
2 0 v2 = 2v2 = 0
0 1
v3
v1 + v3
(3.190)
(3.191)
Da cui
v2 = 0,
e normalizzando
v1 = v3
|1
1
1
= 0
2 1
(3.192)
Nel caso 2 = 3 = 2 si ha
v1 + v3
v1
1 0 1
=0
0 0 0 v2 =
0
v1 v3
v3
1 0 1
(3.193)
(3.194)
(3.195)
Infatti, come deve essere, ogni radice degenere elimina una equazione. Nel caso
dellaltro autovalore non degenere avevamo due equazioni per tre incognite, con la
terza incognita ssata dalla normalizzazione. In questo caso invece lautovettore
pi` generale dipende da due parametri (eventualmente uno da ssare in base alla
u
normalizzazione)
v1
|2,3 = v2
(3.196)
v1
Osserviamo che questi vettori sono ortogonali allautovettore non degenere (come
deve essere perch in ogni caso corrispondono ad autovalori distinti)
e
v1
1
v2 = 0
1 0 1
(3.197)
2
v
1
40
Notiamo che il generico autovettore normalizzato, corrispondente allautovalore degenere si pu` scrivere nella forma
o
v1
1
1
1
v2 =
v2 /v1
(3.198)
2
2
2 + (v2 /v1 )2
2v1 + v2 v
1
1
Il rapporto v2 /v1 pu` essere ssato a piacere e corrisponde al fatto che nello spazio
o
degli autovettori, lautovettore degenere pu` essere allineato in una qualunque dio
rezione del piano (|2 , |3 ) (vedi Figura 3.6).
| 1 >
| 2 >
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
piano degenere
| 3 >
Figura 3.6: Il piano (|2 , |3 ) corrisponde alle due direzioni degeneri e qualunque
due vettori ortonormali in questo piano costituiscono una base ortonormale con |1 .
Possiamo ssare uno dei due autovettori degeneri ssando arbitrariamente il
rapporto v2 /v1 , per esempio prendendolo uguale ad uno. Indicando con | = 2, 1
il ket corrispondente, avremo
1
1
1
| = 2, 1 =
(3.199)
3 1
A questo punto possiamo ssare laltro autovettore scegliendo v2 /v1 in modo che sia
ortogonale al precedente:
1
1
1
1
1
1 1 1 v2 /v1 =
(2 + v2 /v1 ) = 0 (3.200)
2
3 2 + (v2 /v1 )
3 2 + (v2 /v1 )2
1
41
Quindi
v2 = 2v1
e, normalizzando
(3.201)
1
1
| = 2, 2 = 2
6
1
(3.202)
U |uj = uj |uj
(3.203)
(3.204)
(3.205)
(3.206)
|ui |2 = 1
(3.207)
uj |ui = 0
(3.208)
Per i = j si ha
Per i = j
e quindi seguono entrambi i teoremi.
Nel caso degenere pu` essere seguita la dimostrazione del caso di un operatore
o
hermitiano. Lunica dierenza ` nella dimostrazione relativa agli zeri della prima
e
riga, che adesso segue dalla condizione di unitariet`. Infatti si ha
a
U U = I
(U )1j Uj1 =
|U1j |2 = 1
j
42
(3.209)
Ma dato che, selezionando il primo autovalore come per il caso di operatori hermitiani
|U11 |2 = 1
(3.210)
si ha necessariamente
U1j = 0,
3.9.2
j=1
(3.211)
(3.212)
Segue
j|U = j | j|U U |i = j |i = ij
(3.213)
(3.214)
(3.215)
vale a dire
Aij Ujk =
j
Se deniamo n vettori V
(k)
Uij j jk = k Uik
(3.216)
con componenti
(k)
vi
= Uik
(3.217)
Aij vj
(k)
= k vi
(3.218)
Pertanto questi vettori non sono altro che gli autovettori calcolati nella base originaria
(k)
U1k
v1
(3.219)
|k =
(k)
Unk
vn
43
e
A|k = k |k
(3.220)
Vediamo anche che le colonne della matrice U costituiscono gli autovettori di A. Una
rappresentazione astratta di questa aermazione ` contenuta nella rappresentazione
e
per loperatore U come
U=
|i i|
(3.221)
i
che pu` essere vericata immediatamente. Quanto sopra mostra lequivalenza tra la
o
diagonalizzazione di un operatore e il problema agli autovalori.
Esercizio 1): Dato
0 0 1
A = 0 0 0
1 0 0
(3.222)
Vericare che:
1) A ` hermitiano.
e
2) Dimostrare che gli autovalori sono 0, 1 e che gli autovettori corrispondenti hanno
lespressione
1
0
1
1
1
| = 1 0 , | = 0 1 , | = 1 0
(3.223)
2 1
2 1
0
3) Vericare che costruendo la matrice U con colonne gli autovettori di A, lespressione U AU ` diagonale e che U ` unitaria.
e
e
Esercizio 2): Diagonalizzare la matrice hermitiana
2 0
0
1
A = 0 3 1
2
0 1 3
(3.224)
Il polinomio caratteristico `
e
P () = (1 )2 ( 2)
(3.225)
= 2, 1, 1
(3.226)
0
1
| = 2 1
2 1
44
(3.227)
| = 1
v1
1
v2 =
2
2
v1 + 2v2 v
2
1
1
v2 /v1
2
1 + 2(v2 /v1 )
v2 /v1
(3.228)
Due autovettori corrispondenti allo spazio degenere possono essere scelti come
1
2
1
1
| = 1, 1 1 , | = 1, 2 1
(3.229)
3 1
6 1
Quindi la matrice U ` data da
e
3
1
3
1
1
U = 2
1
2
Si verica facilmente che
6
1
6
(3.230)
2 0 0
U AU = 0 1 0
0 0 1
(3.231)
4 1
1 2
(3.232)
(3.233)
(3.235)
1
2
2v1
v1
v1
1
=
2
1
1
(3.236)
Come si vede non si hanno due autovettori ma solamente uno. Questo ` appunto il
e
caso di una matrice non diagonalizzabile e che ha due autovalori e un solo autovettore.
45
cos sin
sin cos
(3.237)
(3.238)
P () = 2 2 cos + 1
(3.239)
(3.240)
1
i
(3.241)
1 1
i i
(3.242)
dato che la traccia ed il determinante sono invarianti sotto trasformazioni unitarie, nel caso di operatori hermitiani ed unitari, che sono diagonalizzabili con
trasformazioni unitarie, si ha
det|A| = det|U AU | = det|AD | =
(3.243)
(3.244)
3.10
Un teorema che come vedremo gioca un ruolo fondamentale in meccanica quantistica ` il seguente
e
Teorema: Se A e B sono operatori hermitiani che commutano tra loro
[A, B] = 0
46
(3.245)
(3.247)
(3.248)
(3.249)
a1
...
a1
a2
...
A
(3.250)
a2
..
am
..
.
am
La base non ` univocamente denita perch in ogni sottospazio degenere Vami (mi `
e
e
e
i
la degenerazione dellautovalore ai ) esiste una mi -innit` di basi possibili. Scegliamo
a
allora una base possibile |ai , , con = 1, , mi in ogni Vami . Avremo
i
A(B|ai , ) = BA|ai , = ai B|ai ,
(3.251)
B|ai , Vami
i
(3.252)
da cui
Ovviamente vettori che appartengono ad autospazi diversi sono ortogonali tra loro
e quindi
aj , |B|ai , = 0, i = j
(3.253)
47
B1
B2
..
(3.254)
Bm
Cio` ogni Bi ` una matrice nel sottospazio Vami e quindi di dimensioni mi mi . In
e
e
i
ognuno di questi sottospazi possiamo diagonalizzare la matrice Bi passando dalla
base originale |ai , alla base degli autostati di Bi . Questo pu essere fatto con
o
i che diagonalizza Bi . In corrispondenza possiamo
una matrice unitaria mi mi , U
denire una matrice Ui
...
(3.255)
Ui =
Ui
..
.
1
con
Ui Bi Ui = BiD ,
dim[Ui ] = dim[Bi ] = mi mi
(3.256)
b1
..
.
bm1
1
..
B
(3.257)
.
b1
..
.
mm
bm
e
a1
..
.
a1
..
.
am
...
am
48
(3.258)
Se B ` non degenere allinterno dei vari sottospazi, risulter` denita ununica base
e
a
completamente specicata dalla coppia di autovalori di A e di B. Pertanto lautovalore di B assume il ruolo dellindice . Se B ` degenere allora la base allinterno
e
dei sottospazi degneri di A non sar` completamente specicata. Per avere una
a
specicazione completa occorrono in genere pi` operatori commutanti, con la base
u
specicata dal set dei loro autovalori. In uno spazio vettoriale nito-dimensionale
` sempre possibile trovare una base di operatori (A, B, C, ) commutanti tra loro
e
e che individuano una unica base |a, b, c, . Questo set di operatori ` detto set
e
completo di operatori commutanti. Nel seguito assumeremo che un tale set
esista anche negli spazi innito-dimensionali.
Esercizio: Diagonalizzare i seguenti due operatori
2 1
1
1 0 1
A = 1 0 1 , B = 0 0 0
1 0 1
1 1 2
(3.259)
Osserviamo prima di tutto che entrambe le matrici sono hermitiane. Iniziamo poi a
discutere A. Il suo polinomio caratteristico `
e
PA () = (1 + )(2 + 5 6)
(3.260)
autovalori di A :
(3.261)
da cui
= 1, 2, 3
Per B si ha
PB () = 2 (2 )
(3.262)
= 0, 0, 2
(3.263)
3 1
1
v1
1 1 1 v2 = 0
(3.264)
1 1 3
v3
Da cui
3v1 + v2 + v3 = 0,
v1 + v2 v3 = 0,
v1 v2 + 3v3 = 0
(3.265)
che ha soluzione
v1
v2
= 1,
=2
v3
v3
La condizione di normalizzazione risulta allora
2
6v3 = 1
49
(3.266)
(3.267)
e quindi
1
1
| = 1 2
6
1
Per = 2 si ha
(3.268)
0 1
1
v1
1 2 1 v2 = 0
1 1 0
v3
(3.269)
Da cui
v2 + v3 = 0,
v1 2v2 v3 = 0,
v1 v2 = 0
(3.270)
che ha soluzione
v1
v3
= 1,
= 1
v2
v2
La condizione di normalizzazione risulta allora
2
3v2 = 1
e quindi
(3.271)
(3.272)
1
1
| = 2 1
3 1
Per = 3 si ha
(3.273)
1 1
1
v1
1 3 1 v2 = 0
1 1 1
v3
(3.274)
Da cui
v1 + v2 + v3 = 0,
v1 3v2 v3 = 0,
v1 v2 v3 = 0
(3.275)
che ha soluzione
v2
v1
= 0,
=1
v3
v3
La condizione di normalizzazione risulta allora
2
2v3 = 1
e quindi
1
1
0
| = 3
2 1
50
(3.276)
(3.277)
(3.278)
1 0 1
1
1
0 0 0 2 = 0
(3.279)
6
1 0 1
1
1 0 1
1
1
0 0 0 1 = 0
(3.280)
3 1
1 0 1
1 0 1
1
1
1
1
0 0 0 0 = 2 0
(3.281)
2 1
2 1
1 0 1
Riassumendo
B| = 1 = 0,
B| = 1 = 0,
B| = 3 = 2| = 3
(3.282)
Mostriamo ora come si sarebbe sviluppato il calcolo se fossimo partiti diagonalizzando B. Consideriamo = 0. Si ha
1 0 1
v1
0 0 0 v2 = 0
(3.283)
1 0 1
v3
da cui segue la sola equazione indipendente (ricordiamo che = 0 ` lautovalore
e
degenere)
v1 + v3 = 0
(3.284)
Pertanto gli autovettori normalizzati sono dati da
| = 0
1
1
v2 /v1
2 + (v2 /v1 )2
1
1 0
1
v1
0 2 0 v2 = 0
v3
1
0 1
(3.285)
(3.286)
da cui
v1 + v3 = 0,
2v2 = 0,
v1 v3 = 0
(3.287)
La condizione di normalizzazione da
2
2v3 = 1
51
(3.288)
e quindi
1
1
0
| = 2
2 1
(3.289)
| = 0, 1
(3.290)
2 + 2 1
e cercando poi un vettore ancora del tipo
1
1
v2 /v1
2 + (v2 /v1 )2
1
(3.291)
v2
=0
v1
(3.292)
v2
2
=
v1
(3.293)
1
1
2
| = 0, 2
2 2 + 2
(3.294)
2 1
1
1
1+
1
= 1
2 (3.295)
A| = 0, 1 1 0 1
2 + 2 1
2 + 2 1
1 1 2
Se richiediamo che questo vettore sia autovettore di A dovremo avere che il vettore
che si ottiene da A| = 0, 1 deve essere proporzionale a | = 0, 1 stesso tramite il
corrispondente autovalore . Si ottengono le seguenti due equazioni
1 + = ,
2 =
(3.296)
con soluzioni
= 2,
= 1;
= 1,
52
= 2
(3.297)
e quindi
1
1
| = 0, = 2 = 1
3 1
1
1
2
| = 0, = 1 =
6 1
(3.298)
(3.299)
Inne
1
1
0
(3.300)
| = 2, = 3 =
2 1
Ovviamente questi vettori sono tutti ortogonali tra loro. Confrontando con i risultati
precedenti vediamo che si ottengono gli stessi risultati eccetto per una fase (il segno)
diversa nella denizione di | = 0, = 1 rispetto alla eq. (3.268). Daltra
parte come abbiamo gi` detto la fase di un vettore non ` ssata dalla condizione di
a
e
normalizzazione. Inoltre mostreremo che la sica non dipende dalla scelta di queste
fasi.
3.11
m
m
k
k
x1 2 x 2
(3.302)
x2 =
m
m
Ovviamente il problema ` quello di determinare x1 (t) e x2 (t) assegnate le poe
sizioni e le velocit` iniziali. Supponiamo che le velocit` iniziali siano nulle. Pertanto
a
a
il problema diviene quello di determinare x1 (t) e x2 (t) noti x1 (0) e x2 (0). Iniziamo
riscrivendo le equazioni del moto nella forma
x1
x2
11 12
21 22
53
x1
x2
(3.303)
x2
x1
b
2k
,
m
12 = 21 =
k
m
(3.304)
(3.305)
1
,
0
|2
0
1
(3.306)
Vista la linearit` del sistema possiamo interpretare i vettori di base come spostaa
menti pari ad uno per la prima e per la seconda massa rispettivamente. Il generico
vettore
x1 (t)
1
0
= x1 (t)
+ x2 (t)
(3.307)
0
1
x2 (t)
o
|x = x1 |1 + x2 |2
(3.308)
corrisponde dunque ad uno spostamento x1 per la prima massa e x2 per la seconda massa. Questa base ha un chiaro signicato sico ma porta a equazioni del
moto accoppiate. Chiaramente il modo per disaccoppiare le equazioni ` quello di
e
diagonalizzare . Consideriamone allora il polinomio caratteristico
P () = det
k
k
k
k
m
m
= 2 + 4 + 3
k
k
m
m
2
m
m
54
(3.309)
k
k
, 3
m
m
(3.310)
Introducendo
I =
k
,
m
II =
k
m
(3.311)
(3.312)
k
k
m m
k x1 + x2
x1
=
(3.313)
m x1 x2
k
x2
k
m
m
Quindi
x1 = x2
(3.314)
e lautovettore ` dato da
e
1
2
| = I |I =
2
Analogamente per lautovalore
k
m
k
m
2
= II si ha
k
m x1
k
x2
m
k
1
1
(3.315)
x1 + x2
x1 + x2
(3.316)
da cui
x1 = x2
e
1
2
| = II |II =
2
(3.317)
1
1
(3.318)
(3.319)
avremo
|
x
2
2
(3.320)
= I |I xI (t) II |II xII (t)
55
da cui
2
xI (t) = I xI (t)
2
xII (t) = II xII (t)
(3.321)
i = I, II
(3.322)
Pertanto
|x(t) = |I xI (0) cos I t + |II xII (0) cos II t
(3.323)
xi (0) = i|x(0)
(3.324)
(3.325)
Dato che
segue
Vediamo dunque che il vettore |x(t) si ottiene dal valore iniziale |x(0) tramite
lazione dell operatore lineare dato in parentesi nellequazione precedente.
Dunque abbiamo ricondotto il nostro problema ai seguenti tre passi:
i) - Risolvere il problema agli autovalori per
ii) - Trovare i coecienti xi (0) = i|x(0) con i = I, II
iii) - Usare lequazione (3.325)
Nel caso in esame si ha
1
xI (0) = I|x(0) = 1 1
2
1
xII (0) = II|x(0) = 1 1
2
Pertanto la soluzione `
e
|x(t) = |I
x1 (0)
x2 (0)
x1 (0)
x2 (0)
1
= (x1 (0) + x2 (0))
2
1
= (x1 (0) x2 (0))
2
x1 (0) + x2 (0)
x1 (0) x2 (0)
cos I t + |II
cos II t
2
2
(3.326)
(3.327)
(3.328)
O esplicitamente
x1 (t) = 1|x(t) =
k
t
m
1
(x1 (0) + x2 (0)) cos
2
56
1
(x1 (0) x2 (0)) cos
2
k
t
m
(3.329)
3
x2 (t) = 2|x(t) =
1
(x1 (0) + x2 (0)) cos
2
k
t
m
1
(x1 (0) x2 (0)) cos
2
k
t
m
(3.330)
3
(3.331)
1
1
2 (cos I t + cos II t) 2 (cos I t cos II t)
U (t) =
(3.332)
1
(cos I t cos II t)
(cos I t + cos II t)
2
2
Loperatore U (t) ` un operatore che non dipende dallo stato iniziale e nel linguaggio
e
della meccanica quantistica ` chiamato propagatore perch propaga il sistema dallo
e
e
stato iniziale caratterizzato dal ket |x(0) allo stato al tempo t. Loperatore U (t)
non ` altro che loperatore che appare nella parentesi dellequazione (3.325)
e
U (t) = |I I| cos I t + |II II| cos II t =
|i i| cos i t
(3.333)
i=I,II
(3.334)
si riporta a risolvere il problema aglia autovalori per ed alla costruzione delloperatore U (t).
Notiamo che ci sono dei vettori che hanno una evoluzione temporale particolarmente semplice. Questi sono gli autostati di . Per esempio,
|I(t) = U (t)|I =
|i i| cos i t = |I cos I t
(3.335)
i=I,II
Analogamente
|II(t) = U (t)|II = |II cos II t
(3.336)
57
(3.339)
| = |x U (t)|x(0) = U (t)|x(0)
x
(3.340)
U (t) = U (t)
(3.341)
(3.342)
UI,I
0
II,II
0 U
o
2
I
0
2
0 II
Ui,i = i Uii ,
UI,I
0
0 UII,II
i = I, II
(3.343)
(3.344)
(3.345)
Come vedremo nel seguito del corso, lequazione che governa la meccanica quantistica, lequazione di Schrdinger, si scrive in uno spazio vettoriale nella forma
o
/
ih
|(t) = H|(t)
t
(3.346)
(3.347)
3.12
Funzioni di operatori
In questa Sezione vogliamo estendere il concetto di funzione denita sui reali o sui
complessi a funzioni di operatori. La maniera pi` semplice per denire una tale
u
funzione ` quella di considerare delle funzioni che ammettano uno sviluppo in serie
e
di potenze
cn xn
f (x) =
(3.348)
n=0
cn An
f (A) =
(3.349)
n=0
e =
n=0
1 n
A
n!
(3.350)
A
(3.351)
n
da cui
1 m
1
m=0 m!
eA
1
e
en
m
(3.352)
m! n
m=0
xn =
f (x) =
n=0
1
,
1x
59
|x| < 1
(3.353)
e deniamo
An (I A)1
f (A) =
(3.354)
n=0
m
1
1
1 1
m=0
(I A)1
=
(3.355)
m
n
1
n
m=0
(3.356)
(3.357)
n
e
iA
U =e
i
e 1
(3.358)
ein
che ` chiaramante un operatore unitario. Inoltre
e
n
i
det|U | = e
3.13
i
i=1
= eiT rA
(3.359)
60
(3.360)
Dato che le operazioni a secondo membro sono ben denite, se il limite esiste, la
derivata ` perfettamente denita. Come esempio consideriamo
e
A() = eB
(3.361)
1 e1
e1
dA()
d
d
d
n en
en
= BA() = A()B
(3.362)
Pertanto
d B
e
= BA() = A()B
(3.363)
d
Se B non ` hermitiano ma la serie esiste, possiamo calcolare la derivata tramite la
e
rappresentazione per serie
d B
d
e
=
d
d
=
n=0
n=0
1 n n
B =
n!
n=0
1
n1 B n =
(n 1)!
1 n n+1
B
= BA() = A()B
n!
(3.364)
Notiamo che dallespressione per serie di una funzione di un operatore, f (A), segue
[f (A), A] = 0
(3.365)
(3.366)
A() = CeB
(3.367)
(3.368)
61
ma
eB eC = eB + C
Analogamente
3.14
(3.369)
d B C
e e
= BeB eC + eB eC C
d
(3.370)
L
,
N +1
i = 1, , N
(3.371)
f(x)
62
f(x)
x 1x 2 x3
xN-1x N
L x
|fN
f (x1 )
f (x2 )
f (xN 1 )
f (xN )
(3.372)
Identicheremo i vettori base come ket denotati con xi , le coordinate del punto in
cui campioniamo la f (x), e avremo
0
|xi 1
(3.373)
0
I vettori base corrispondono ad una funzione che vale 1 in xi e zero negli altri punti.
Chiaramente si hanno le relazioni
N
xi |xj = ij ,
|xi xi | = I
(3.374)
i=1
|fN =
f (xi )|xi
i=1
63
(3.375)
f (x1 )
g(x1 )
(f + g)(x1 )
= + (3.377)
g(xN )
f (xN )
(f + g)(xN )
e
|(f )N = |fN
(f )(x1 )
f (x1 )
(f )(xN )
f (xN )
(3.378)
f (xi ) g(xi )
fN |gN =
(3.379)
i=1
(3.380)
|f (xi )|2
fN |fN =
i=1
64
(3.382)
f (xi ) g(xi )N
fN |gN =
(3.383)
i=1
con
L
N +1
Nel limite N si ottiene la denizione consueta di integrale
N =
f |g =
f (x) g(x)dx
(3.384)
(3.385)
Si vede facilmente che questa denizione soddisfa tutte le propriet` che deniscono
a
in generale il prodotto interno. Ovviamente ` possibile denire il prodotto interno
e
anche in altro modo. Infatti pi` in generale, se introduciamo la misura
u
d(x) = (x)dx
(3.386)
con (x) denita positiva, la seguente espressione soddisfa le condizioni per denire
un prodotto interno
L
f |g =
f (x)g(x)d(x)
(3.387)
f |g =
f (x)g(x)d(x)
(3.388)
x=x
(3.389)
Daltra parte, dato che nel passaggio dal discreto al continuo abbiamo cambiato la
denizione di prodotto scalare non potremo avere x|x = 1. Per capire cosa succede
consideriamo la relazione di completezza che vorremmo della forma
b
|x
x |dx = I
(3.390)
Da questa segue
x|x
x |f dx = x|I|f = f (x)
65
(3.391)
(3.392)
Deniamo
x|x = (x, x )
(3.393)
con
(x, x ) = 0,
x=x
(3.394)
(3.395)
(x, x )dx = 1
(3.396)
Vediamo che (x, x) non pu` avere un valore nito dato che il suo integrale su un
o
intervallo innitesimo ` nito. Inoltre il valore di (x, x ) dipende solo dal fatto che
e
x x sia nullo oppure diverso da zero. Pertanto dovremo avere
(x, x ) = (x x )
(3.397)
(x x ) = 0,
x=x,
(x x )dx = 1,
axb
(3.398)
La funzione (x)7 ` nota come la delta di Dirac. Sebbene non la si possa conside
erare come una funzione, ` per` denibile come il limite di una sequenza di funzioni.
e
o
A titolo esemplicativo consideriamo la famiglia di Gaussiane (vedi la Figura 3.10)
g (x x ) =
(x x )2
2
e
(3.399)
Queste funzioni diventano sempre pi` alte e pi` strette man mano che
u
u
0. Daltra parte lintegrale rimane sempre uguale ad uno. Infatti, consideriamo
lintegrale di una gaussiana:
+
I() =
ex dx
(3.400)
La (x) risulta ben denita da un punto di vista matematico solo nellambito delle distribuzioni,
che non sono funzioni nel senso classico, vedi il corso di Metodi Matematici della Fisica
66
g(x-x')
1
1/2
21/2
x'
Figura 3.10: La famiglia di gaussiane che denisce come limite la delta di Dirac.
Si ha
+
I () =
2
ex dx
=
0
2
2
e(x + y ) dxdy =
dde = 2
da cui
2
ey dy =
I() =
1 2 2
d e
=
2
2
ex dx =
dyey =
(3.401)
(3.402)
g (x x )dx = 1
(3.403)
(3.404)
0,
1/ ,
|x| > /2
|x| < /2
(3.405)
67
(3.406)
f (x)
1
(x) = lim
Infatti,
x = 0,
1
0 x2 +
(x) = lim
(3.407)
=0
(3.408)
mentre
11
(3.409)
0
Inoltre, inserendo un fattore di convergenza nel semipiano superiore, ed usando il
contorno mostrato in Figura 3.12
x = 0,
(0) = lim
1
dx
1
2i x + i
xi
+
1
1
1
1
dx
2i = 1
ei x =
2i
x+i
xi
2i
1
x2 +
ei x =
2
ei x =
(3.410)
La delta di Dirac ` una funzione pari (useremo la parola funzione anche se, come
e
abbiamo detto, la delta non ` una funzione in senso stretto), infatti
e
(x x ) = x|x = x |x
68
= (x x) = (x x)
(3.411)
+ i
i
Figura 3.12: Il contorno nel piano complesso usato per calcolare lintegrale (3.410).
Consideriamo adesso la derivata della funzione delta. Come si vede dalla Figura
3.13 i due salti si comportano in sostanza come due funzioni delta, per cui
(x x )f (x )dx f
x+
2
x
2
f (x)
(3.412)
df (x)
dx
(3.413)
(x x )f (x ) =
Inoltre
(x x ) = (x x)
(3.414)
eikx f (k)dk
(3.416)
1
eikx (x)dx =
2
(3.417)
1
1
eikx dk =
2
2
69
eikx dk
(3.418)
'
g(x-x')
21/2
x+
1/2
x'
1
2
eikx dk
(3.419)
Questa rappresentazione della delta ` utile anche per ottenere altre sequenze di
e
approssimanti alla delta stessa. Per esempio, integrando tra limiti niti, (a, +a)
+a
1
1
1 iax
lim
eikx dk =
lim
e
eiax =
2 a a
2 a ix
1 2i sin ax
sin ax
= lim
= lim
a 2
a x
ix
(x) =
ovvero
sin ax
a x
(x) = lim
(3.420)
(3.421)
1
(x)
|a|
(3.422)
f (x)(ax)dx =
1
a
y
1
1
(y)dy = f (0) =
a
a
a
f (x)(x)dx (3.423)
Quindi la (3.422) segue per a > 0. Nel caso a < 0, si ha a = |a| e quindi
(ax) = (|a|x) = (|a|x) =
70
1
(x)
|a|
(3.424)
(3.425)
Si ha allora
+
xi +
g(x)(f (x))dx =
g(x)(f (x))dx
xi
i
xi +
g(xi )
g(x)
1
(x xi )dx
|f (xi )|
e pertanto
(f (x)) =
i
Si ha anche
1
=
|f (xi )|
1
(x xi )
|f (xi )|
= 0,
(x )dx = = 1,
Pertanto
(3.426)
x<0
x>0
(3.427)
(3.428)
(x) =
(x )dx
(3.429)
(3.430)
+
+
d(x)
d
df (x)
dx =
[f (x)(x)] dx
(x)dx =
dx
dx
dx
+
df (x)
= f (+)
dx = f (+) [f (+) f (0)] = f (0)
(3.431)
dx
0
f (x)
3.15
A|f = |f
(3.432)
(3.433)
Nello spazio innito-dimensionale che abbiamo costruito, indicando con D loperatore corrispondente avremo
D|f = |df /dx
(3.434)
Cio` D mappa una funzione nella sua derivata. Calcoliamo lespressione
e
df (x)
dx
(3.435)
x |f dx =
x|D|x f (x )dx =
df (x)
dx
(3.436)
d
(x x )
(3.437)
dx
Siamo ora in grado di valutare le propriet` di hermiticit` di D. Si ha dunque
a
a
x|D|x =
Dx,x = (x x )
(3.438)
Dx ,x = (x x) = (x x) = (x x )
(3.439)
(3.440)
(3.441)
Lanalisi n qui fatta ` formale. Dato che si ha a che fare con distribuzioni, tutte le
e
propriet` andrebbero controllate sotto segno di integrale. Consideriamo dunque un
a
generico elemento di matrice di K, g|K|f . Anch K sia hermitiano dobbiamo
e
avere
g|K|f = g|Kf = Kf |g = f |K |g = f |K|g
(3.442)
cio`
e
g|K|f = f |K|g
(3.443)
=
=
=
x |f =
dxdx g (x)Kx,x f (x ) =
d(x x )
f (x ) =
dx
df (x)
dxg (x)(i)
dx
dxdx g (x)(i)
72
(3.444)
Daltra parte
f |K|g
dg(x)
=
dxf (x)(i)
dx
dg (x)
= i dx
f (x) = i
dx
= g|K|f + i [g (x)f (x)]b
a
=
dxg (x)
df (x)
+ i [g (x)f (x)]b =
a
dx
(3.445)
(3.446)
(3.447)
=
=
lim
x , x
x+
ei(k k )x dx =
1
lim
ei(k k )(x + ) ei(k k )x
i(k k )
ei(k k ) 1
=0
lim ei(k k )x
i(k k )
=
(3.448)
(3.449)
x|K|k = k x|k
(3.450)
k (x) = x|k
(3.451)
73
segue
x|K|x
x |k dx = i
(x x )k (x )dx = i
dk (x)
dx
(3.452)
(3.453)
k (x) = Aeikx
(3.454)
i
La soluzione generale `
e
(3.455)
Si ha
k|k
k|x x|k dx =
= |A|2
ei(k k )x dx = (2)|A|2 (k k )
Pertanto
k (x)k (x)dx =
(3.456)
1
A=
2
(3.457)
1
x|k = k (x) = eikx
2
(3.458)
1
2
dkeik(x x ) = (x x )
(3.459)
da cui
|k k|dk = I
(3.460)
Assumeremo che anche nel continuo gli autovettori di un operatore hermitiano costituiscano un set ortonormale. Nel caso in esame funzioni che si
74
espandono nella base |x con componenti f (x) = x|f si potranno espandere anche
nella base |k . Infatti si ha
f (k) = k|f =
1
k|x x|f dx =
2
eikx f (x)dx
(3.461)
eikx f (k)dk
(3.462)
e viceversa
f (x) = x|f =
1
x|k k|f dk =
2
(3.463)
(3.464)
(3.465)
`
E interessante calcolare lazione di X sulle funzioni
X|f = |f
(3.466)
Si ha
x|X|f =
Pertanto
x|X|x
x |f dx =
x (x x )f (x )dx = xf (x)
(3.467)
f (x) = xf (x)
(3.468)
X|f = |xf
(3.469)
e
Esiste una interessante relazione tra gli operatori X, che equivale a moltiplicare una
funzione per il valore di x, cio` il valore della coordinata alla quale ` calcolata, e
e
e
loperatore K, loperatore di dierenziazione rispetto a x. Questa relazione si pu`
o
trovare considerando gli elementi di matrice di X tra autostati di K
k|X|k =
1
2
d
eikx xeik x dx = i
dk
75
1
2
ei(k k)x dx
=i
d
(k k )
dk
(3.470)
Pertanto
dg(k)
(3.471)
dk
Gli operatori X e K vengono detti operatori coniugati ed in particolare hanno la
propriet` di non commutare. Infatti, da
a
k|X|g = i
X|f xf (x),
K|f i
segue
KX|f i
(3.472)
d
f (x)
dx
(3.473)
d
d
(xf (x)) = if (x) ix f (x)
dx
dx
(3.474)
XK|f ix
e
df (x)
dx
Pertanto
[X, K]|f if (x) iI|f
(3.475)
[X, K] = iI
(3.476)
o
Lo spazio delle funzioni normalizzabili alla delta di Dirac ` anche chiamato lo spazio
e
di Hilbert sico9 .
3.16
La sua costruzione matematica ` pi` complessa, vedi il corso di Metodi Matematici della Fisica.
e u
Per semplicit` abbiamo assunto la velocit` di propagazione uguale ad uno.
a
a
11
Questo ` sicamente sensato dato che le soluzioni dellequazione delle onde sono tali che la
e
somma di due soluzioni ` una soluzione e che il prodotto di una costante per una soluzione ` una
e
e
soluzione. Cio` le soluzioni dellequazione delle onde formano uno spazio vettoriale.
e
10
76
questo spazio di Hilbert ` denito in termini delle funzioni continue che si annule
lano agli estremi dellintervallo [0, L]. Possiamo identicare loperatore 2 /x2 con
K 2 . Dato che K ` hermitiano in questo spazio, altrettanto sar` il suo quadrato.
e
a
Lequazione delle onde diviene dunque
|(t) = K 2 |(t)
(3.478)
Come abbiamo gi` visto nel caso nito dimensionale, per risolvere il problema dovrea
mo eettuare i seguenti tre passi:
i) - Risolvere il problema agli autovalori per K 2
ii) - Costruire il propagatore U (t) in termini degli autovalori e autovettori di K
iii) - La soluzione del problema ` allora
e
|(t) = U (t)|(0)
(3.479)
d2
k (x) = k 2 k (x)
dx2
(3.480)
(3.481)
(3.482)
k (0) = k (L) = 0
(3.483)
Da
segue
0 = A,
0 = B sin kL
(3.484)
m = 1, 2, 3,
(3.485)
Pertanto
m
x
(3.486)
L
In questo caso gli autovettori formano un set discreto, dato che gli autovalori sono
descritti dallintero m. Possiamo determinare B dalla normalizzazione (passiamo
dalla variabile di integrazione x a y = m/L)
m (x) = B sin
L
0
12
m (x)m (x)dx = mm
(3.487)
Notiamo che m < 0 non d` soluzioni linearmente indipendenti poich sin kx = sin(kx)
a
e
77
Si ha
L
|B|2
sin
0
L
2
L
= |B|2
2
m
x sin
L
m
x
L
= |B|2
= |B|2
cos[(m m )y]dy = 0,
m=m
(3.488)
L
2
= 1 |B|2 =
2
L
(3.489)
Per m = m si ha
|B|2
e le autofunzioni sono dunque
m (x) =
2
m
sin
x
L
L
(3.490)
2
m
sin
x = x|m
L
L
(3.491)
m|(t)
(3.492)
m
m
t + B sin
t
L
L
(3.493)
m|(t) |t=0 = 0 B
=0 B=0
L
(3.494)
(3.495)
Pertanto
m
t
L
Potremo adesso ottenere il ket |(t) sfruttando la completezza
(3.496)
|(t)
|m m|(t) =
m=1
|m m|(0) cos
m=1
|m m|(0) cos m t,
m=1
78
m =
m
L
m
t=
L
(3.497)
U (t) =
|m m| cos m t
(3.498)
m=1
e
|(t) = U (t)|(0)
(3.499)
Nella base |x si ha
x|(t) = (x, t) = x|U (t)|(0) =
dx x|U (t)|x
x |(0)
(3.500)
Daltra parte
x|U (t)|x =
2
m
m
sin
x sin
x cos m t
L
L
L
m=1
(3.501)
da cui
2
m
(x, t) =
sin
x cos m t
L m=1
L
3.17
dx sin
0
m
x (x , 0)
L
(3.502)
Operatori normali
Vogliamo dare qui la condizione necessaria e suciente per diagonalizzare una matrice tramite una trasformazione unitaria. Un generico operatore A si pu` scrivere
o
nella forma
A = B + iC
(3.503)
con
1
1
A + A , C =
A A
2
2i
Chiaramente sia B che C sono operatori hermitiani. Se
B=
(3.504)
[A, A ] = 0
(3.505)
(3.506)
segue
e quindi B e C sono diagonalizzabili simultaneamente tramite una trasformazione
unitaria. Pertanto lo stesso accade per A. Viceversa supponiamo che A sia diagonalizzabile con una trasformazione unitaria U . Allora
U AU = AD
(3.507)
(3.508)
(3.509)
Pertanto
[A , A] = 0
(3.510)
Si ha dunque il
Teorema: Condizione necessaria e suciente anch un operatore sia diagonalize
zabile con una trasformazione unitaria ` che valga
e
[A, A ] = 0
o, come si dice, che loperatore A sia normale.
80
(3.511)
Capitolo 4
I postulati della meccanica
quantistica
4.1
I postulati
Meccanica Classica
Meccanica Quantistica
/
x=
,p=
ih |(t) = H|(t)
p
x
t
dove H(X, P ) = H(x X, p P ) `
e
lhamiltoniana quantistica, ottenuta dalla
hamiltoniana classica, seguendo il
postulato 2).
Notiamo che per entrambi i casi i primi tre postulati fanno riferimento al sistema a
un dato istante, mentre il quarto specica la variazione dello stato con il tempo.
Iniziamo con losservare che mentre il sistema classico ` descritto da due gradi
e
di libert` x e p, il sistema quantistico ` specicato da un vettore di stato |(t)
a
e
che, in genere, ` un vettore in uno spazio di Hilbert innito-dimensionale. Lintere
pretazione sica del vettore di stato ` fornita dai postulati 2) e 3). Abbiamo detto
e
che assegnato lo stato (x, p) (o il punto nello spazio delle fasi), in meccanica classica
ogni osservabile ` univocamente assegnata dal suo valore (x, p). Viceversa in
e
meccanica quantistica, allorch sia assegnato lo stato, per misurare una osservabile
e
dobbiamo eettuare le seguenti operazioni:
1) - Costruire loperatore hermitiano corrispondente alla variabile dinamica
tramite la regola di corrispondenza
= (x X, p P )
(4.1)
|i i |
(4.2)
(4.3)
(4.4)
ovvero che la probabilit` ` la norma quadrata della proiezione del vettore di stato
ae
sullautovettore corrispondente allautovalore misurato.
Possiamo fare alcune osservazioni:
82
| i | |2
=
2
j | j | |
| i | |2
| i | |2
=
|
j |j j |
(4.5)
|
[ | ]1/2
(4.6)
si ha
P (i ) = | i | |2
(4.7)
Questo risultato vale solo per stati normalizzabili. Il caso di vettori normalizzati alla
delta di Dirac verr` riesaminato in seguito. Ovviamente due stati paralleli | e |
a
danno luogo alla stessa distribuzione di probabilit`. Pertanto a uno stato sico non
a
` realmente associato un vettore nello spazio di Hilbert ma piuttosto una direzione o
e
un raggio. Quindi quando si parla di stato di una particella si intende tipicamente
uno stato normalizzato | = 1. Anche con questa ulteriore restrizione lo stato
| non ` univocamente ssato dato che se | ` normalizzato, anche ei | lo ` e
e
e
e
d` la stessa distribuzione di probabilit` di | . A volte questa libert` viene usata
a
a
a
per scegliere le componenti di | reali in una data base.
iii) - Nel caso in cui lo stato | coincida con un autovettore, o autostato |i
delloperatore , il risultato della misura di sar` certamente i .
a
iv) - Nel caso in cui lo stato | sia una sovrapposizione di due autostati di :
| =
|1 + |2
(2 + 2 )1/2
(4.8)
avremo
2
2
,
P (2 ) = 2
(4.9)
2 + 2
+ 2
Questo risultato va comparato con lanalisi fatta a suo tempo dellesperimento di
polarizzazione della luce1 .
P (1 ) =
83
|i i |
(4.12)
e proiettando su |j
j | =
j |i i |
(4.13)
()
()
Sji i
(4.14)
con
Sji = j |i
(4.15)
Ski Skj =
(S )ik Skj =
(S S)ij =
k |i
k |j =
i |k k |j = i |j = ij
(4.16)
cio` S ` una matrice unitaria. Questo ` generalmente vero per le matrici di trane e
e
sizione che fanno passare da una base ortonormale a unaltra ortonormale.
Esempio: Consideriamo lo spazio V 3 (R) e una base ortonormale corrispondente
agli autostati ortonormali di un operatore hermitiano , con uno stato del sistema
dato da
1
1
1
(4.17)
| = |1 + |2 + |3
2
2
2
Segue che | ` normalizzato
e
1 1 1
+ + =1
4 4 2
84
(4.18)
e quindi
1
1
1
P (1 ) = , P (2 ) = , P (3 ) =
(4.19)
4
4
2
Supponiamo adesso di avere unaltra osservabile con un set completo di autostati
dati in termini degli autostati di da
|1
|2
|3
= cos |1 sin |2
= sin |1 + cos |2
= |3
(4.20)
Avremo dunque
| =
da cui
1
1
1
(cos |1 sin |2 ) + (sin |1 + cos |2 ) + |3
2
2
2
(4.21)
1
1
1
| = (cos + sin )|1 + (cos sin )|2 + |3
2
2
2
(4.22)
e
1
(1 + sin 2)
4
1
P (2 ) =
(1 sin 2)
4
1
P (3 ) =
2
P (1 ) =
(4.23)
Ovviamente i P (i ) = 1.
Sia nei postulati che nella discussione sin qui fatta ci sono alcune ambiguit` e
a
complicazioni che adesso discuteremo:
La prescrizione = (x X, p P ) ` ambigua. Consideriamo ad esempio
e
= xp = px
(4.24)
d
(x x )
dx
(4.25)
vediamo che
P = /K
h
(4.26)
(4.27)
(4.29)
In casi pi` complessi in cui contenga prodotti di due o pi` potenze di X con due
u
u
o pi` potenze di P non esiste una prescrizione univoca ed occorre ricorrere allesu
perimento.
Loperatore ` degenere. Supponiamo di avere due autovalori degeneri 1 =
e
2 = . Come calcoliamo P () in questo caso? A questo scopo scegliamo una base
ortonormale nellautospazio V , |, 1 e |, 2 . Supponiamo poi di partire da un caso
non degenere in cui i due autovalori siano e + . Inoltre supponiamo che
| = |, 1 ,
lim | +
0
= |, 2
(4.30)
(4.31)
0 e quindi
(4.32)
(4.33)
P () = |P | = P |P
(4.34)
si ha
Pertanto il postulato 3) si generalizza semplicemente dicendo che la probabilit` di
a
ottenere lautovalore come risultato della misura di ` data da
e
P () |P |
(4.35)
| | d
(4.36)
(4.37)
| | d = | = 1
(4.38)
4.2
| =
(4.39)
= cp + / ( + )
h
= E + / ( )
h
(4.41)
Usando
E 2 = m2 c4 + c2 p2
(4.42)
(4.43)
(4.44)
1+
m2 c4 /
h
( )
2
/ 2
h
(4.45)
/
h
( + ) +
2
1+
m2 c4 /
h
( )
2
/ 2
h
(4.46)
da cui
cp =
dar` x con probabilit` uno e lo stato sar` ancora |x . Consideriamo adesso la misura
a
a
a
della posizione di una particella che si trovi in un autostato dellimpulso
|p =
|x x|p dx
(4.47)
=
misura
P |
P |P
1/2
(4.48)
(4.49)
=
misura
1
(|, 1 + |, 2 )
2
(4.50)
Se invece lo stato non ` noto, dopo la misura possiamo solo dire che lo stato
e
appartiene allautospazio V e quindi
|
=
misura
|, 1 + |, 2
2 + 2
89
(4.51)
4.3
1
| = |1 + 2|2
3
(4.52)
90
4.4
Valori di aspettazione
Abbiamo visto che una volta assegnate N particelle nello stato | (supponiamo normalizzato) ` possibile prevedere quale frazione di esse da, come risultato della misura
e
dellosservabile , lautovalore . Per questo ` necessario risolvere il problema agli
e
autovalori per da cui otterremo che la frazione desiderata sar`
a
N P () = N | | |2
(4.53)
i | i | |2 =
i P (i ) =
i
|i i i | =
i
||i i | = ||
(4.54)
= ||
(4.55)
Dunque
Osserviamo che:
1) - Per calcolare il valor medio di nello stato ` suciente conoscere lo stae
to e loperatore.
2) - Se la particella si trova in un autostato di , | , allora
=
(4.56)
1/2
(4.57)
|( )2 |
1/2
|2 | ||
|(2 2 + 2 )|
2 1/2
ovvero
=
2
91
2 1/2
2 1/2
1/2
=
(4.58)
(4.59)
Esercizio: Dati
0
1
1
Lx =
2 0
1 0
0 i 0
1
0 1 , Ly = i 0 i ,
2 0 i
1 0
0
1 0 0
L z = 0 0 0
0 0 1
(4.60)
x1
x1
1 0 0
x1
(4.61)
Lz |Lz = 1 0 0 0 x2 = 0 = x2
x3
x3
x3
0 0 1
da cui
x2 = x3 = 0
1
0
|Lz = 1
0
Quindi
Pertanto
Lx
Si ha poi
(4.62)
(4.63)
0 1 0
1
1
1 0 1 0 = 0
= 1 0 0
2
0 1 0
0
(4.64)
0 1 0
0 1 0
1 0 1
1
1
L2 1 0 1 1 0 1 = 0 2 0
x
2
2
0 1 0
0 1 0
1 0 1
(4.65)
1 0 1
1
1
1
0 2 0 0 = 1 1 0 0 0 = 1
1 0 0
=
2
2
2
1 0 1
1
0
(4.66)
Per cui
L2
x
e
Lx =
L2 Lx
x
2 1/2
L2
x
1/2
1
=
2
(4.67)
3) - Quali sono gli autovalori e gli autovettori di Lx nella base Lz ? Dato che nella
92
P () = det
0
1
= (1 2 ) = 0
(4.68)
1
1
x1 + 2 x2
1 2 0
x1
1
1
1
0 = 2 1 2 x2 = 2 (x1 + x3 ) x2
(4.69)
1
1
x2 x3
x3
0 2 1
2
Risolvendo si ha
1
1
x1 = x2 , x 3 = x2
2
2
Pertanto il vettore normalizzato ` dato da
e
1
1 2
1
|Lx = 1
2
1
(4.70)
(4.71)
Analogamente si trova
1
1
|Lx = 0 0
2 +1
1
1 2
1
|Lx = 1
2
1
(4.72)
(4.73)
93
1
2
1
2
0
0
1
1
4
(4.75)
e inoltre
P (Lx = 0) = | Lx = 0| |2 =
1
2
P (Lx = 1) = | Lx = 1| |2 =
(4.76)
1
4
(4.77)
2
1
2
1
(4.78)
1 0 0
L2 0 0 0
(4.79)
z
0 0 1
Quindi lautovalore +1 di L2 ` doppiamente degenere. Una base nellautospazio
z e
corrispondente a L2 = +1 ` chiaramente
e
z
1
|L2 = +1, 1 = |Lz = +1 0
z
0
0
|L2 = +1, 2 = |Lz = 1 0
(4.80)
z
1
Il proiettore su questo autospazio ` dato da
e
1
0
1 0 0
PL2 =1 0 1 0 0 + 0 0 0 1 = 0 0 0
z
0
1
0 0 1
(4.81)
Pertanto
1 1
1 0 0
2
2
1
1
PL2 =1 | 0 0 0 1 = 0 |Lz = +1 + |Lz = 1
2
z
2
1
1
2
0 0 1
2
2
(4.82)
2
|Lz = 1
3
(4.83)
dove con il simbolo ||.|| intendiamo la norma quadrata di un vettore. Notiamo che
la probabilit` di ottenere questo stato ` data da
a
e
||PL2 =1 | || =
z
3
1 1
+ =
4 2
4
(4.84)
1
P (Lz = 0) = ,
2
P (Lz = 1) =
1
4
(4.85)
1
||2 = ,
4
1
||2 = ,
2
||2 =
1
4
(4.86)
(4.87)
da cui
1
1
1
| = ei1 |Lz = +1 + ei2 |Lz = 0 + ei3 |Lz = 1
(4.88)
2
2
2
Se per esempio calcoliamo la probabilit` di trovare Lx = 0 in questo stato avremo
a
1
P (Lx = 0) = | Lx = 0| |2 = (1 cos(3 1 )
4
(4.89)
Quindi questa probabilit` dipende solo dalla dierenza delle fasi 3 e 1 . Infatti
a
possiamo sempre fattorizzare una fase nel nostro stato, per esempio 1 , ottenendo
| = ei1
1
1
1
|Lz = +1 + ei(2 1 ) |Lz = 0 + ei(3 1 ) |Lz = 1
2
2
2
(4.90)
1
| 2 |Lx = +1
(4.91)
1
2
mentre con 2 1 = e 3 1 = 0
1
2
1
2
1
2
95
|Lx = 1
(4.92)
4.5
Come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, per una particella in uno dato stato | una variabile dinamica non ha un valore denito a meno che lo stato non
sia autostato dellosservabile. Un tale stato ` ottenuto semplicemente misurando
e
losservabile. Latto della misura fa collassare lo stato | nellautostato | con
probabilit` | | |2 . In questa sezione estenderemo queste considerazioni al caso di
a
pi` osservabili. In particolare ci porremo i seguenti problemi:
u
`
1) - E possibile denire un sistema di ltraggio in modo da produrre uno stato
con valori deniti per due osservabili e ?
2) - Qual` la probabilit` per ottenere un tale stato?
e
a
Per il primo punto possiamo pensare di partire con uno stato | e misurare .
A questo punto il sistema si trover` nellautostato | . Se dopo questa misura
a
misuriamo immediatamente trovando lautovalore avremo:
|
(4.93)
(4.95)
di autostati simultanei (vedi sezione 3.10). Ogni vettore di questa base ha un valore
ben denito delle due osservabili.
B) - Consideriamo, per esempio gli operatori X e P . Come sappiamo
/
[X, P ] = ihI
(4.96)
/
ihI| = 0 |
(4.97)
Ovviamente
per qualunque | non banale. Pertanto X e P sono incompatibili non ammettendo
autovettori simultanei. Ogni misura che ltri un autostato di X viene distrutta da
una misura successiva di P . Come vedremo meglio in seguito questa ` la base del
e
principio di indeterminazione di Heisenberg.
C) - In alcuni casi ` possibile trovare alcuni stati (ma non un set completo) aue
tostati simultanei dei due operatori non commutanti.
Discutiamo adesso le probabilit` (non discuteremo il caso C) che ` di scarso ina
e
teresse):
A) - Supponiamo di essere nel caso non degenere. In questo caso misurando
si proietta il sistema in un autostato di che ` anche autostato di . Quindi:
e
|
|,
(4.98)
e
P () = | , | |2
(4.99)
(4.100)
|, , |
(4.101)
con
P (, ) = P (, ) = | , | |2
(4.102)
Le due osservabili sono dette compatibili perch il processo di misura della seconda
e
osservabile non altera lautovalore ottenuto per la prima. Nel caso non degenere
anche lautovettore non viene alterato. Questo pu` invece succedere nel caso deo
3
genere. A titolo esemplicativo consideriamo V (R) e due operatori e su questo
97
(4.104)
(4.105)
P |
|1 , + |2 ,
=
| P |P |1/2
( 2 + 2 )1/2
(4.106)
con probabilt`
a
P () = ||2 + ||2
(4.107)
||2
||2 + ||2
(4.108)
(4.109)
Pertanto la probabilit` non dipende dallordine delle misure nemmeno nel caso dea
genere. Daltra parte lo stato pu` cambiare. In generale possiamo dunque dire per
o
osservabili compatibili lautovalore misurato nella prima misura non cambia a seguito della seconda misura. Corrispondentemente anche lautospazio non cambia.
Daltra parte nel caso degenere sappiamo che lautospazio non determina univocamente un autovettore e quindi il vettore di stato pu` essere alterato dalla seconda
o
misura. In conclusione un processo di misura pu` essere usato per preparare un
o
sistema in un determinato stato quantico. Se siamo nel caso degenere e misuriamo
losservabile possiamo solo dire che il vettore risultante sta nellautospazio V .
Possiamo allora misurare una osservabile compatibile con , diciamo . Se questa osservabile ` non degenere nellautospazio V otterremo un vettore ben denito
e
|, , altrimenti dovremo trovare una terza variabile compatibile . Alla ne di
questo processo avremo rimosso tutta la degenerazione e avremo ottenuto uno stato
98
ben denito caratterizzato da tutti gli autovalori delle osservabili usate nella misura,
, , , :
|, , ,
(4.110)
Assumeremo che un tale sistema di osservabili compatibili esista sempre e lo chiameremo un set completo di osservabili commutanti.
B) - Se e sono incompatibili possiamo ancora specicare quale sia la probabilit` di ottenere prima e poi dalle due misure in successione, ma invertendo
a
lordine si ha
P (, ) = P (, )
(4.111)
Infatti la successione delle due misure d`
a
|
| |
| | |
(4.112)
| |
| | |
(4.113)
(4.114)
Inoltre dopo la seconda misura il sistema ` autostato della seconda osservabile mise
urata e non pi` della prima.
u
Esempio: Consideriamo un ket | nella base degli autostati, |x , delloperatore di
posizione X:
+
| =
|x x| dx =
|x (x)dx
(4.115)
La (x) ` la funzione donda che assumeremo di tipo gaussiano (vedi Fig. 4.1)
e
(x a)2
22
(x) = Ae
(4.116)
dx |x x| =
dx|(x)|2
(4.117)
Eseguendo il calcolo si ha
1 = |A|2
(x a)2
2 dx = |A|2
y2
2
e dy = |A|2
ez dz = |A|2
(4.118)
Sceglieremo
A=
1
(2 )1/4
99
(4.119)
(x)
(x a)2
1
22
e
(x) =
(2 )1/4
(4.120)
1
dP (x) = |(x)|2 dx =
e
(2 )1/2
(x a)2
2 dx
(4.121)
dx x|X|x
x | =
(4.122)
Pertanto
X = |X| =
dx x| x|X| =
dx (x)x(x)
(4.123)
Questultimo risultato vale in generale per il valor medio di una osservabile allorch
e
si usi per il calcolo il rappresentativo dello stato nella base in cui losservabile `
e
100
diagonale. Dunque
X
2
2
1
dy(y + a)ey / =
(2 )1/2
2
2
1
= a
dyey / = a | = a
2 )1/2
(
= =
(4.124)
Da cui
X =a
(4.125)
Si ha anche
(x a)2
x2
1
2 dx =
=
dx
e
2 )1/2
(
(2 )1/2
2
2
1
= a2 +
dy y 2 ey /
2 )1/2
(
X2
2
2
dy(y 2 + 2ay + a2 )ey / =
(4.126)
2
d
dyety =
dt
Pertanto
X 2 = a2 +
1
=
t
2
3
=
3
t
2
2
2
(4.127)
(4.128)
X2 X
=
2
(4.129)
d
(x x )
dx
(4.130)
segue
+
x|P | =
x|P |x
/
/
ih (x x ) (x )dx = ih
x | dx =
d(x)
dx
(4.131)
dp (x)
= pp (x)
dx
da cui
p (x) =
1
/
2h
101
ipx
h
e /
(4.132)
(4.133)
Pertanto
(p) =
p| =
p|x x| dx =
/
2h 1/2
ipx
h
e /
/
2h
ipx (x a)2
22 =
h
dxe /
(x a)2
1
22 =
e
(2 )1/4
ipa
h
e /
y2
ipy
22 =
h
dye /
ipa
h
e /
ip
y
p2 2
( + )2
/
2h
2
/2
2h =
dye
2 2
ipa p
2
/
h
e / e 2h
2 2
ipa p
2
/
h
e / e 2h
2 =
/
2h 1/2
/
2h 1/2
/
2h 1/2
/
2h 1/2
2
d( 2z)ez =
Pertanto
|(p)|2 =
/2
h
1/2
/2
h
p2 2
2
h
e /
1/4
2 2
ipa p
2
/
h
e / e 2h (4.134)
(4.135)
Vediamo che la funzione donda nello spazio degli impulsi ` ancora una gaussiana
e
/ /. Quindi
che dierisce per h
P = 0,
/
h
P =
2
(4.136)
/
A exp(ipx/h),
0,
L x L
|x| > L
(4.138)
+L
L
1
1 dx = 2L|A|2 A =
2L
(4.139)
Pertanto
(p ) = p | =
1
/
4hL
+L
/
ei(p p)x/h =
/
h
sin(p p )L
/
hL (p p)
(4.140)
4.6
Lestensione dei postulati a pi` gradi di libert` ` molto semplice e consiste nel modu
ae
icare il postulato 2) come segue:
In corrispondenza alle n coordinate cartesiane x1 , , xn della teoria classica,
esistono n operatori commutanti X1 , , Xn . In una base simultanea di questi
operatori
|x1 , , xn
(4.141)
si ha
x1 , , xn |x1 , , xn = (x1 x1 ) (xn xn )
(4.142)
| x1 , , xn | = (x1 , , xn )
(4.143)
Xi | x1 , , xn |Xi | = xi (x1 , , xn )
(4.144)
103
/
Pi | x1 , , xn |Pi | = ih
(x1 , , xn )
xi
(4.145)
Inoltre le variabili classiche dipendenti (xi , pj ) vengono rappresentate dagli operatori (modulo le ambiguit` che abbiamo discusso in precedenza)
a
= (xi Xi , pi Pi )
(4.146)
(4.147)
/
Pi ih
xi
(4.148)
Una volta eettuata questa sostituzione ` poi possibile passare ad un generico sise
tema di coordinate tramite la corrispondente sostituzione di variabili.
Esempio: Consideriamo losservabile classica
=
1 2
p + x2
2m
(4.149)
1 2
P +X2
2m
(4.150)
`
e
| = |
(4.151)
(x) = (x)
(4.152)
o pi` esplicitamente
u
/2
h
2m
+ x 2 (x) = (x)
(4.153)
Supponiamo di voler usare coordinate sferiche invece che cartesiane. Il nostro postulato richiede che si eettui il cambiamento di variabili sulla precedente equazione
agli autovalori e quindi
2
1
r2 r
r2
1
sin
104
sin
1 2
sin2 2
(4.154)
2m r2 r
1 2
(x)+r2 (x) = (x)
sin2 2
(4.155)
Se avessimo introdotto le coordinate polari nella variabile classica (4.149), avremmo
ottenuto
1
1
p2
=
p2 + 2 + 2 2 p2 + r 2
(4.156)
r
2m
r
r sin
r2
1
sin
sin
Confrontando queste due espressioni vediamo che non c` una regola semplice di
e
sostituzione
/
pr ih
(4.157)
r
cosi come per p . In eetti esistono delle regole generali per trattare i casi di
coordinate arbitrarie, ma risultano alquanto complicate e alla ne il risultato coincide con quello che si ottiene quantizzando in coordinate cartesiane e passando
successivamente ad altri sistemi di coordinate.
4.7
Lequazione di Schrdinger
o
Dopo questa lunga discussione sui primi tre postulati prendiamo adesso in esame il
4) postulato, cio` lesistenza di una equazione che determina levoluzione temporale
e
del vettore di stato, lequazione di Schrdinger
o
/
ih
| = H|
t
(4.158)
4.7.1
(4.159)
1 2 1
P + m 2 X 2
2m
2
(4.160)
Hclas =
e quindi
H=
105
Nel caso di una particella di carica q che interagisca con un campo elettromagnetico
si ha
2
1
q
Hclas =
p A(x, t) + q(x, t)
(4.161)
2m
c
In questo caso la sostituzione pu` creare ambiguit` dato che, in generale
o
a
[P , A(X, t)] = 0
(4.162)
4.7.2
q
q
q2
1
P 2 A(X, t) P P A(X, t) + 2 A 2 (X, t) + q(X, t)
2m
c
c
c
(4.163)
Iniziamo considerando il caso in cui loperatore H non abbia una esplicita dipendenza
dal tempo. In questo caso lequazione di Schrdinger
o
/
ih| = H|
(4.164)
| = K 2 |
(4.165)
(4.166)
Notiamo che in questo caso abbiamo a che fare con una equazione del primo ordine
nelle derivate temporali e quindi ` suciente assegnare la condizione iniziale |(0) .
e
Lequazione agli autovalori per H sar`
a
H|E = E|E
(4.167)
|E E|(t) =
E
aE (t)|E
(4.168)
con
aE (t) = E|(t)
(4.169)
aE (t)
/
= ih E|(t) = E|H|(t) = EaE (t)
t
106
(4.170)
aE (0) = E|(0)
Pertanto
E|(t) = e
e
Et
/ E|(0)
h
(4.171)
(4.172)
Et
i
h
|E E|(0) e /
|(t) =
(4.173)
Et
i
h
|E E|e /
(4.174)
o anche
U (t) =
E
Nel caso in cui H abbia autovalori degeneri, la somma andr` su ulteriori indici
a
che dovranno tener conto della degenerazione, cos` come se lo spettro di H (cio`
e
linsieme dei suoi autovalori) ` continuo, al posto della somma avremo un integrale.
e
Si pu` anche avere il caso di operatori con spettro sia discreto che continuo, in tal
o
caso la somma dovr` essere sostituita da una somma sugli autovalori discreti pi` un
a
u
integrale sugli autovalori continui, ecc. In particolari gli stati
Et
i
h
|E(t) = |E e /
(4.175)
sono detti modi normali o stati stazionari del sistema. Questo ultimo nome segue
dal fatto che se il sistema si trova in un tale stato, la distribuzione di probabilit` di
a
una qualunque osservabile ` costante nel tempo:
e
P (, t) = | |E(t) |2 =
Et
i
h
|E(0) e /
= | |E(0) |2 = P (, 0)
(4.176)
Loperatore di evoluzione dato in (4.174) pu` anche essere scritto nella forma
o
Ht
i
/
h
U (t) = e
(4.177)
Infatti si ha
Et
i
h
|E E|e / =
U (t) =
E
Ht
Ht
i
i
/ =e
/
h
h
|E E|e
E
107
(4.178)
dove abbiamo usato prima il fatto che gli stati |E sono autostati di H (operatore
hermitiano) e poi la loro completezza. Si verica anche immediatamente che
|(t) = e
Ht
/ |(0)
h
(4.179)
i /
/ |(0) = H|(t)
h |(0) = He
h
/
/
ih |(t) = ih e
t
t
(4.180)
(4.181)
(4.182)
Dunque levoluzione temporale di uno stato pu` essere pensata come una rotazione
o
del vettore nello spazio di Hilbert. Questo modo di pensare ore la possibilit`
a
di descrizioni diverse della dinamica. Per esempio invece di usare una base ssa
potremo usarne una che ruoti come i vettori di stato (cio` ottenuta applicando ai
e
vettori di base loperatore U (t)). In questo caso il vettore di stato appare sso,
mentre gli operatori si evolvono nel tempo. Daltro canto, avendo a che fare con una
trasformazione unitaria, gli elementi di matrice degli operatori sono invarianti. Una
tale rappresentazione ` detta rappresentazione di Heisenberg, mentre quella n
e
qui usata ` detta di Schrdinger.
e
o
Nel caso in cui lhamiltoniana dipenda esplicitamente dal tempo non c` una
e
` comunque
strategia generale ma il problema deve essere arontato caso per caso. E
possibile denire un propagatore e darne una rappresentazione formale. A questo
scopo dividiamo lintervallo temporale (0, t) in N parti di ampiezza = t/N .
Potremo scrivere per piccolo,
i
|(2)
H(0)
/ |(0)
h
(4.183)
(4.184)
|(t)
i
e
H(n)
/
h
|(0)
(4.185)
H(n)
/
h
(4.186)
n=0
e
N 1
U (t) = lim
i
e
n=0
h
U (t) = e /
H(t )dt
0
(4.187)
a meno che
[H(t1 ), H(t2 )] = 0
(4.188)
t
H(n)
i
N 1 i
H(t )dt
/ 0
/
h
h
(4.189)
T e
U (t) = lim
e
N
n=0
ed essendo il prodotto di operatori unitari ` unitaria. Inoltre se invece dellintervallo
e
(0, t) si considera (t1 , t2 ) loperatore dipende da due tempi e si ha
U (t3 , t2 )U (t2 , t1 ) = U (t3 , t1 )
(4.190)
(4.191)
e
come segue subito dalla denizione (4.186).
4.7.3
In pratica lequazione di Schrdinger viene risolta ssando una base. Dato che H
o
dipende da X e P le basi della posizione e dellimpulso risultano in genere le pi`
u
convenienti. Inoltre la tipica forma dellhamiltoniana `
e
H =T +V =
P2
+ V (X)
2m
(4.192)
e dato che spesso V (X) ` una funzione non banale, la base delle X ` di gran lunga
e
e
la pi` semplice. La base delle P ` certamente conveniente se V (X) ` una funzione
u
e
e
semplice, per esempio lineare
P2
fX
(4.193)
H=
2m
109
In questo caso si ha
base
base
|p
p2
d
/
ihf
2m
dp
|x
/ 2 d2
h
f x E (x) = EE (x)
2m dx2
E (p) = EE (p)
(4.194)
/
dove abbiamo usato x = ihd/dp nella base degli impulsi. Nel caso di un V (X)
quadratico la scelta tra le due basi ` indierente. Di fatto, come vedremo, esiste
e
una terza base di gran lunga pi` conveniente.
u
110
Capitolo 5
Problemi unidimensionali
In questo capitolo considereremo una serie di semplici problemi unidimensionali.
Sebbene questi problemi siano un p` articiali essi contengono molte delle carattero
istiche dei problemi tridimensionali. Inizieremo considerando il caso della particella
libera.
5.1
La particella libera
(5.1)
(5.2)
P2
|E = E|E
2m
(5.3)
p2
E E (p) = 0
2m
(5.4)
(5.5)
(5.6)
e inoltre
p = 2mE
(5.7)
Abbiamo dunque due soluzioni corrispondenti allo stesso autovalore E per lenergia
(doppia degenerazione)
E, +|E, =
(5.9)
dp|A|2 p
2mE
2mE =
E
(E E ) =
2m
|p|
(E E ) = |A|2 |v|(E E )
m
(5.10)
1
|v|
(5.11)
Pertanto
A=
Analogamente si trova
B=A=
1
|v|
(5.12)
Notiamo che il risultato ` equivalente a dire che le soluzioni sono gli autostati
e
dellimpulso dati da
|p = 2mE , |p = 2mE
(5.13)
In questo modo il problema della degenerazione viene eliminato, dato che assegnato
p, E ` univocamente determinato e gli stati con p 0 sono distinti. Si ha anche
e
p |p = 2mE = (p 2mE)
(5.14)
e quindi gli stati |p = 2mE e |E, dieriscono solo per la normalizzazione. Vediamo come sono correlate le relazioni di completezza nei due casi. Per gli autostati
di impulso di ha evidentemente
|p p| = I
(5.15)
112
(5.16)
Possiamo vedere come questultima relazione sia equivalente alla completezza per
gli autostati dimpulso. Infatti si ha
m
dE|E, E, | =
dE |p = 2mE p = 2mE| =
|p|
=
=
m
= dE |p = 2mE p = 2mE| +
|p|
m
+ dE |p = 2mE p = 2mE|
(5.17)
|p|
Eettuando il cambiamento di variabile E = p2 /2m, con dE = |p|/md|p| si ottiene
+
dE|E, E, | =
dp|p p| +
dp| p p| =
=
+
dp|p p|
0
dp|p p| =
0
dp|p p|
(5.18)
Pertanto la dierenza nella normalizzazione tiene conto correttamente della trasformazione da E a p. Possiamo allora calcolare il propagatore nello spazio degli
impulsi
p2 t
+
i
/
(5.19)
U (t) =
|p p|e 2mh dp
p |U (t)|p =
p 2t
p2 t
i
i
/
/
(p p)(p p )e 2mh dp = (p p )e 2mh
(5.20)
p(x x )
p2 t
i
1
/
/
h
e
e 2mh dp
/
2h
i
(5.21)
q2
2
eiqx e dq =
x
q
i
x2 2
x2 2
4 dq = e
4
(5.22)
U (x, t; x ) =
/
2h
/
2mh
it
1/2
/
2mh/(it))
/
(x x )2 2mh
2
it =
/
4h
113
m
/
2hit
1/2
(x x )2
im
/
2th
e
(5.23)
(5.24)
U (t t ) =
i
|p p|e
p2 (t t )
/
2mh dp
(5.25)
e quindi
U (x, t; x , t ) = x|U (t t )|x = U (x, t t ; x )
(5.26)
e
(x, t) =
(5.27)
Il propagatore nello spazio delle congurazioni ha una semplice interpretazione. Supponiamo di avere uno stato iniziale corrispondente ad una particella localizzata nel
punto x0 . In questo caso
(x , 0) = (x x0 )
(5.28)
e quindi
(x, t) =
(5.29)
5.1.1
Consideriamo una particella libera in uno stato iniziale caratterizzato da una funzione donda gaussiana (pacchetto donde gaussiano) e da un fattore di tipo onda
piana che fornisce, come vedremo, un valor medio dellimpulso diverso da zero:
p0 x
h
(x , 0) = e /
i
x2
2
1
e 2 = x |(0)
(2 )1/4
(5.30)
Ovviamente questa propriet` ` vera in ogni base, infatti |U (t)| ` lampiezza di probabilit`
ae
e
a
anch lo stato | al tempo t = 0 si evolva nello stato | al tempo t.
e
114
(0)|x
/
(x , 0) p0 + ih
= p0
/
(x , 0) ih
x |P |(0) dx =
x
2
(x , 0)dx =
(x , 0)dx =
(x , 0)(x , 0)dx = p0
(5.31)
(5.32)
(x, t) =
(x x )2 p0 x x
1/2 im
i
22
m
/
2ht e / e
h
e
/
(2 )1/4
2hit
dx
(5.33)
Lespressione che appare nellesponente sotto lintegrale pu` essere riscritta come
o
segue
i
x
p0 x
x2
m 2 x
1
m
p0 m
(x x )2 + i
=i
x +i
2
/
/
/
/
2
t
2
2ht
h
2ht
h
1
m
i
2
/t
x 2 (5.34)
da cui
(x, t) =
m
/
2hit
1/2
m 2
x
1
/
e 2ht
(2 )1/4
i
1
x
x
p0 m
t e 2
h
dx e /
i
1
m
i
/t
2
h
x2
(5.35)
1
2
(x, t) =
/
(2 )1/4 1 im/(ht2 )
2
(p0 mx/t) 1
2
2
/
4 1/2 im/ht
/
h
e
m
/
2hit
1/2
m 2
x
/
e 2ht
i
(5.36)
1/4
i
e
1
1
p0 x Ep0 t
(x p0 t/m)2 2
/
/
(1 + iht/(m2 ))
h
e 2
(5.37)
115
P (x, t) =
1/2
1
2
2 (1 + / t2 /(m2 4 ))
h
1
(x p0 t/m)2
2
2 (1 + / t2 /(m2 4 ))
h
e
(5.38)
Dal confronto con la densit` di presenza iniziale, vediamo che il pacchetto gaussiano
a
conserva la forma gaussiana ma con
p0
x x t,
m
/ 2 t2
h
(t) = 1 + 2 4
m
1/2
(5.39)
Pertanto si ha
p0
t
m
cio` il centro del pacchetto si muove con velocit` p0 /m ed inoltre
e
a
X =
(t)
X(t) =
2
(5.40)
(5.41)
/t
h
m
(5.42)
/
1
h
P (0) =
m
2m
e quindi
X(t) v(0)t =
/t
h
2m
(5.43)
(5.44)
1.05 1034
1016 m/sec
1.42 103 1013
(5.45)
(5.46)
5.2
Autofunzioni dellenergia
(5.47)
2m
(E V (x))E (x)
/2
h
(5.48)
dove il doppio apice sta per la doppia dierenziazione rispetto a x. Questa ` una
e
equazione dierenziale ordinaria e la continuit` del potenziale V (x) implica la cona
tinuit` di e . Se il potenziale ha una discontinuit` (salto) nita, allora anche
a
a
sar` discontinua, ma la essendo lintegrale della sar` continua. Nel caso
a
a
in cui la discontinuit` sia innita anche la potr` essere discontinua (essendo il
a
a
salto innito lintegrale esteso ad una regione innitesima attorno al punto singolare
pu` produrre unarea nita e quindi un salto nito in ), ma la sar` continua in
o
a
ogni caso. Pertanto imporremo in generale condizioni di continuit` sulla funzione
a
donda.
5.2.1
V(x)
II
- L/2
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxx
III
+ L/2
117
(5.49)
Conviene analizzare prima il caso in cui il potenziale non diventa innito ai bordi
ma uguale a un valore costante V0 , cio` V = V0 per |x| > L/2. Nella regione III
e
(ma lo stesso vale per la regione I) si ha
III =
2m
(V0 E)III
/
h
(5.50)
(5.51)
1/2
2m
(V0 E)
(5.52)
/
h
Dato che la parte in B diverge per x + e noi vogliamo soluzioni normalizzabili
dobbiamo scegliere B = 0. Segue
k=
(5.53)
III (x) 0
(5.54)
III = I = 0
(5.55)
2m
EII
/
h
(5.56)
k=
2mE
/2
h
(5.57)
(5.58)
Pertanto
AeikL/2 + BeikL/2 = 0
AeikL/2 + BeikL/2 = 0
(5.59)
Per avere soluzioni non nulle in A e B il determinante del precedente sistema lineare
e omogeneo deve essere nullo e quindi
eikL eikL = 2i sin kL = 0 kL = n,
n = 0, 1, 2,
(5.60)
(5.61)
(5.62)
A = ein B = (1)n+1 B
(5.63)
cio`
e
|x| L/2
(5.64)
|x| L/2
(5.65)
e per n dispari
n
x ,
n (x) = An ein + ein = 2An cos
L
1 =
|n (x)|2 dx = 4|An |2
+L/2
n
x dx =
L
sin2
L/2
= 4L|An |
+1/2
= 4L|An |2
+1/2
1/2
1 cos(2ny)
dy =
2
1
= 2L|An |2
2
(5.66)
n (x) =
n (x) =
n
2
sin
x ,
L
L
2
n
cos
x ,
L
L
119
|x| L/2
|x| L/2
(5.67)
(5.68)
In ogni caso
/ 2 n2 2
h
(5.69)
En =
2m L2
Notiamo che ` suciente considerare n > 0. Infatti per n = 0 si ha una soluzione
e
banale, = 0, mentre per n < 0 vale
n (x) = (1)n n (x)
(5.70)
(x)
2
-L/2
+L/2
-L/2
+L/2
Figura 5.2: Le due prime funzioni donda per la particella nella scatola.
Dunque la risoluzione del problema della particella nella scatola ci ha portato alla
condizione di quantizzazione dellenergia. Il motivo per questo risultato ` abbastanza
e
chiaro e dipende dalle condizioni al contorno del problema. Queste condizioni sono
specicatamente quelle di stato legato, cio` la richiesta che la funzione donda vada
e
a zero allinnito
lim (x) = 0
(5.71)
x
V(x)
V0
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
II
- L/2
III
+ L/2
Nella regione II la (x) sar` una combinazione di seni e coseni. Ma dato che V (x) `
a
e
ovunque nito dovremo imporre continuit` sia per la che per la nei punti L/2.
a
Questo ci d` 4 condizioni al contorno con 4 coecienti arbitrari a disposizione
a
(uno nelle regioni I e III, due nella regione II). Daltro canto la normalizzazione
di ` arbitraria e quindi si hanno 4 condizioni per tre coecienti. Quindi anche in
e
questo caso non ` possibile soddisfare le condizioni al contorno salvo per particolari
e
valori dellenergia.
Consideriamo adesso un generico potenziale tale che
lim V (x) = V
(5.74)
E < V
(5.75)
con
121
Possiamo dividere lasse delle x in tanti intervalli e approssimare V (x) con una
funzione a gradini. In ognuna di queste regioni avremo E > V oppure E < V .
Un esempio di una suddivisione ` data in Figura 5.4. Chiaramente se partiamo
e
da una approssimazione con sole tre regioni rientriamo nel caso discusso precedentemente, cio` abbiamo 4 coecienti con quattro condizioni al contorno, due per
e
ogni separazione. A causa della normalizzazione, le condizioni sono in realt` 5 e si
a
ha quantizzazione dellenergia. Il conteggio non cambia per ogni ulteriore divisione,
poich si aggiungono due nuovi coecienti per ogni nuova regione ma due condizioni
e
al contorno per ogni nuova supercie di separazione.
V(x)
V-
V+
E
x
Figura 5.4: Il generico potenziale unidimensionale con limiti V per x .
In genere, per N + 1 divisioni si ha:
E V : 2N + 3 condizioni con 2N + 2 coecienti
(5.76)
(5.78)
In questo caso si ha sempre una soluzione con energia non quantizzata. Inoltre lo
stato non ` legato. Analogamente per
e
V E
122
(5.79)
(5.80)
Corrispondentemente si hanno due soluzioni degeneri, nessuna quantizzazione dellenergia e stato non legato. La degenerazione corrisponde al fatto che la particella
pu` andare allinnito ad entrambi gli estremi.
o
Un altro punto che merita una riessione ` il fatto che lenergia dello stato
e
fondamentale (di energia pi` bassa), n = 1 per la particella nel box non ` zero, ma
u
e
/ 22
h
(5.81)
E=
2mL2
La ragione va ricercata nel principio di indeterminazione. Infatti, dato che la posizione e quindi X sono limitati, ne segue che la particella non pu` avere impulso
o
denito. In particolare, da
P2
H=
(5.82)
2m
segue
1
H =
P2
(5.83)
2m
Daltra parte si ha P = 0, sia dal calcolo diretto, sia osservando che essendo la
particella connata in una regione nita non pu` avere un impulso medio, altrimenti
o
nirebbe per andare allinnito. Pertanto
H =
1
1
(P P )2 =
P 2
2m
2m
(5.84)
L
2
(5.85)
Usando
X
e
P X
/
h
2
(5.86)
si trova
2
/2 4
/2
1 /
h
h
h
H
=
(5.87)
2
2
2m 4X
8m L
2mL2
Vediamo che lenergia nello stato fondamentale ` 2 volte il valore minimo sopra
e
calcolato.
5.2.2
(5.88)
Poich` dalla condizione (x)dx = 1 vediamo che la delta ha le dimensioni dellinverso di una
e
lunghezza, nella denizione di questo potenziale occorre inserire una quantit` a con le dimensioni
a
di una lunghezza.
123
2m
E<0
(5.89)
Qui abbiamo scelto E < 0 per porsi nelle condizioni di stato legato (vedi Figura
5.5). Nella regioni I e II il potenziale ` nullo e si hanno dunque le soluzioni
e
(x) = Aekx
regione II,
(5.90)
(x) = Bekx
regione I,
(5.91)
con
k2 =
2mE
/2
h
(5.92)
V (x)
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
x
E
II
I (x) = Aekx ,
II (x) = Aekx ,
124
(5.93)
x0
x0
(5.94)
(5.95)
2m
d
(x)dx aV0
dx
da cui
(x)(x)dx = E
(x)dx
(5.96)
/2
h
[ (+ ) ( )] = aV0 (0) + O( )
2m
Usando le soluzioni
2Ak =
ed inne
k=
(5.97)
2m
aV0 A
/2
h
(5.98)
maV0
/2
h
(5.99)
5.3
(5.100)
Equazione di continuit`
a
d
(t)|(t)
dt
/
/
= ih (t)|(t) + ih (t)|(t) =
/
/
= ih H(t)|(t) + ih (t)|H(t) = 0
(5.101)
d3 x (t)|x x|(t) =
P (x, t)d3 x
(5.102)
e quindi
d
P (x, t)d3 x = 0
(5.103)
dt
Cos` come in elettromagnetismo la conservazione nel tempo della carica elettrica
d
d
Q(t) =
dt
dt
(x, t)d3 x = 0
125
(5.104)
j(x, t)
(5.105)
(x, t)d3 x =
V
j(x, t)d3 x =
V
j dS
(5.106)
h
/
ih
=
+V
(5.107)
t
2m
/2 2
h
/
+ V
(5.108)
=
ih
t
2m
Moltiplicando la prima equazione per , la seconda per e sottraendo una dallaltra
si trova
/2
h
/
( 2 ) ( 2 )
(5.109)
ih ( ) =
t
2m
o anche
/
ih
P (x, t) =
( ) ( )
(5.110)
t
2m
e denendo la densit` di corrente di probabilit` come
a
a
j(x, t) =
/
ih
2m
( ) ( )
(5.111)
si trova
P (x, t) = j(x, t)
(5.112)
t
La conservazione della probabilit` totale si ottiene integrando questa equazione su
a
tutto lo spazio
d
P (x, t)d3 x =
j(x, t) dS
(5.113)
dt
S
Notiamo che per una (x) normalizzabile si ha
r2 drd <
126
(5.114)
e quindi
lim r3/2 = 0
(5.115)
(5.116)
(5.117)
p
p = i p
/
h
(5.118)
segue
j(x, t) =
/
ih
2m
p
p
i p p i p p
/
/
h
h
p
P (x, t) = vP (x, t)
m
(5.119)
(5.120)
p
(|A|2 |B|2 )
(5.121)
m
Come si vede non ci sono termini di interferenza tra le due onde e quindi possiamo
associare le due componenti della densit` di corrente con le due componenti di
a
con lovvia interpretazione che una parte corrisponde a unonda che si propaga con
velocit` v e laltra con velocit` v. In formule
a
a
j=
j = vPA + (v)PB ,
PA = |A |2 ,
= A + B
127
PB = |B |2
(5.122)
(5.123)
5.4
lim V (x) = 0
x+
(5.124)
Nel caso classico, se E < V0 la particella non potr` arrivare a + perch verr
a
e
riessa, mentre se E > V0 la particella viene trasmessa. In meccanica quantistica, il
carattere ondulatorio della equazione di Schrdinger conduce a fenomeni nuovi. In
o
particolare una particella con E < 0 ha una probabilit` non nulla di trovarsi nella
a
regione vietata classicamente. per esempio, se si ha una barriera di potenziale come
illustrata in Figura 5.6, in meccanica quantistica la particella pu` penetrare nella
o
zona x > 0. Questo fenomeno prende il nome di eetto tunnel. Se invece E >
V0 la particella pu` essere riessa dalla barriera. Per dimostrare questa propriet`
o
a
dovremmo risolvere un problema dipendente dal tempo, dato che si tratta di un
fenomeno di diusione. Daltra parte questa dipendenza pu` essere ignorata se
o
consideriamo autostati dellenergia. Consideriamo il potenziale di Figura 5.6. La
V(x)
V0
I
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
II
x
x+
2mE
,
/2
h
Aeik1 x + Beik1 x
Ceik2 x
2
k2 =
2m(E V0 )
/2
h
(5.125)
(5.126)
Per x < 0 la prima parte della funzione donda corrisponde allonda incidente e la
seconda allonda riessa, mentre la parte per x > 0 corrisponde allonda trasmessa.
128
Come dai calcoli della Sezione precedente si ha che le corrente di probabilit` per
a
londa incidente, londa riessa e londa trasmessa sono rispettivamente:
onda incidente :
onda riessa :
|jinc | k1 |A|2
|jrif l | k1 |B|2
onda trasmessa :
|jtras | k2 |C|2
(5.127)
k2 C
T =
=
k1 A
|jinc |
|jtras |
(5.128)
`
E opportuno osservare che la denizione dei coecienti R e T ` fatta in termini delle
e
correnti di probabilit`. Il loro valore in termini dei coecienti delle onde asintotiche
a
dipende dalla forma asintotica del potenziale. Se per esempio il potenziale va a zero
a + allora si ha k2 = k1 e T = |C|2 /|A|2 (vedi esempio successivo).
Consideriamo adesso il caso E < V0 . nel caso classico ci aspettiamo che la
particella venga riessa e mai trasmessa attraverso il gradino di potenziale. Vediamo
cosa succede nel caso quantistico. Nella regione II si ha
d2 II (x) 2m
+ 2 (E0 V0 )II (x) = 0
dx2
/
h
e la soluzione con E0 < V0 `
e
II (x) = Cex ,
2m(V0 E0 )
/2
h
(5.129)
(5.130)
(5.131)
129
(5.132)
V(x)
V0
I
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
III
II
E
x
(5.133)
/2
h
( ( ) ( )) = aV0 (0)
2m
(5.134)
maV0
/ 2k
h
(5.135)
da cui
iC i(A B) = 2SC,
S=
B
iS
=
A
1 + iS
(5.136)
da cui
R=
5.5
B
A
S2
,
1 + S2
T =
C
A
1
1
=
2
1+S
/4
1 + (m2 a2 V02 )/(h k 2 )
(5.137)
V (x)
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
xxxxxxxxx
II
Teorema: Gli stati legati in una dimensione non sono mai degeneri.
Consideriamo due soluzioni 1 e 2 corrispondenti alla stessa energia E, avremo
/2
h
+ V 1 = E1
2m 1
/2
h
+ V 2 = E2
(5.138)
2m 2
Moltiplicando la prima equazione per 2 , la seconda per 2 e sottraendo membro a
membro si trova
d
0 = 1 2 2 1 =
(1 2 2 1 )
(5.139)
dx
da cui
1 2 2 1 = costante
(5.140)
|x|
(5.141)
1
= 2 log 1 = log 2 + k
1
2
(5.142)
dove k ` una costante arbitratria. Ma questo signica che le due soluzioni dieriscono
e
di una costante moltiplicativa c = ek
1 = c2
131
(5.143)
+ V = E
2m
(5.144)
2m
+ V = E
(5.145)
Chiaramente
1
1
R = ( + ), I = ( )
(5.146)
2
2i
sono anche autofunzioni corrispondenti allo stesso autovalore E. Ma per il teorema
precedente si deve avere
I = cR
(5.147)
e quindi
= R + iI = (1 + ic)R = cR
132
(5.148)
Capitolo 6
Limite classico
In questo capitolo studieremo come si possa riottenere la descrizione classica per i
sistemi macroscopici a partire dalla meccanica quantistica. Ovviamente questo si
riferisce agli aspetti puramente quantitativi poich linterpretazione probabilistica
e
della meccanica quantistica rimane tale in qualunque limite. Daltra parte ci sono
situazioni in cui ai ni pratici certe probabilit` diventano certezze. Iniziamo allora
a
studiando levoluzione temporale del valor medio di un operatore. In generale supporremo anche che loperatore possa avere una dipendenza esplicita dal tempo. Si
ha
d
=
(t)|H(t)|(t) (t)|(t)H|(t) + (t)|(t)|(t)
(6.1)
/
/
h
h
Pertanto
d
i
(6.2)
(6.3)
`
Questa equazione ` chiamata il teorema di Ehrenfest. E interessante osservare
e
la corrispondenza formale con la formula della meccanica analitica che esprime la
variazione nel tempo di una funzione delle variabili dinamiche q e p (ed eventualmente del tempo), in termini della parentesi di Poisson della variabile dinamica con
lhamiltoniana1
d(q, p, t)
= {, H} +
(6.4)
dt
t
1
Ritorneremo in seguito su questa analogia formale che costituisce la base della cosi detta
quantizzazione canonica
133
1 2
P + V (X)
2m
(6.5)
Usando il teorema di Ehrenfest possiamo calcolare la variazione nel tempo del valor
medio della coordinata
d
i
1 2
i 1
1
/
X = [X,
P + V (X)] =
(2ih)P =
P
/
/ 2m
dt
2m
m
h
h
(6.6)
X =
m
P
dt
P
(6.7)
La regola per calcolare le derivate di H ` come nel calcolo usuale quando loperatore
e
ammette uno sviluppo in serie di potenze della variabile (operatoriale) che si sta
considerando. In modo analogo si ha
d
i
i
P = [P, H] = [P, V (X)]
/
/
dt
h
h
(6.8)
/
[P, X 2 ] = 2ih,
(6.10)
Assumendo
/
[P, X n1 ] = (n 1)ihX n2
(6.11)
segue
/
/
/
[P, X n ] = X[P, X n1 ] + [P, X]X n1 = X((n 1)ih)X n2 ihX n1 = nihX n1
(6.12)
Pertanto
V (X)
/
[P, V (X)] = ih
(6.13)
X
se
V (X) =
cn X n
(6.14)
n
Dunque
V (X)
H
d
P =
=
(6.15)
dt
X
X
Abbiamo dunque ottenuto le equazioni (6.7) e (6.15) che sono le equazioni di Hamilton per i valori medi. Cerchiamo adesso di capire come queste equazioni si riducono
134
alle equazioni di Hamilton vere e proprie nel caso di corpi macroscopici. Consideriamo uno stato simile a uno stato classico con la migliore denizione possibile per X
e P , diciamo
| = |x0 , p0 ,
(6.16)
con
X = x0 ,
P = p0 ,
X = ,
/
h
(6.17)
1
h
22
|x0 , p0 , p0 ,x0 , (x) =
e / e
2 )1/4
(
(6.18)
(6.19)
cio` dellordine di grandezza della dimensione del protone. Questo signica avere
e
una indeterminazione sullimpulso pari a
P / 1015 1034 1015 Kg m/s = 1014 g cm/s
h
(6.20)
nel caso di una particella macroscopica di massa dellordine del grammo, segue che
lindeterminazione sulla velocit` `
ae
v 1014 cm/s
(6.21)
d
H
P =
dt
X
(6.22)
(6.23)
Daltra parte questo ` vero solo se ` possibile trascurare le uttuazione, cio` se vale
e
e
e
Xn = X
(6.24)
(6.25)
d
d
V (X)
P = p0 =
dt
dt
X
Da queste due equazioni si ricava lanalogo dellequazione di Newton
V (X)
...
mx0 =
X
(6.26)
(6.27)
dxdx x0 , p0 , |x x|
V (X)
|x
X
x |x0 , p0 , =
V (x)
x0 ,p0 , (x)
x
(6.28)
V (x)
x
x0
2 V (x)
1
(xx0 )2
2!
x2
x0
3 V (x)
1
(xx0 )3
3!
x3
x0
(6.29)
V (x)
x ,p , (x) +
x x0 0 0
3 V (x)
1
=
+
Notiamo che il secondo termine della (6.29) non contribuisce perch la sua derivata
e
ha media nulla. Dunque si ha
V (X)
X
V (x)
x
V (x)
=
x
=
x0
x0
1 3 V (x)
2 x3
1 3 V (x)
+
2 x3
+
x0
x0
(X x0 )2 + =
(X 2 x2 ) +
0
(6.31)
V (x)
x
x0
1 3 V (x)
2 x3
x0
2 +
(6.32)
(6.33)
x2
(6.34)
/
h
1034
29 Kg m/s 1 gr cm/s
10
(6.35)
6.1
= x0 , p0 , |(X 2 x2 )|x0 , p0 , + x2 = 2 + x2 =
0
0
0
= ( X )2 = x2
(6.37)
0
La rappresentazione di Heisenberg
Le precedenti equazioni derivate per i valori medi degli operatori possono essere
rappresentate in modo pi` suggestivo facendo uso della rappresentazione di Heisenu
berg. In questa rappresentazione i vettori di stato vengono riportati al tempo t = 0,
mentre le osservabili diventano dipendenti esplicitamente dal tempo:
Schrdinger :
o
Heisenberg :
|(t)
= U (t)|(0) ,
(6.38)
H
(6.39)
Ricordiamo che per hamiltoniane non dipendenti esplicitamente dal tempo U (t) =
/
exp(iHt/h). Notiamo che
S
(t)|S |(t)
(6.40)
S
d 1
dU (t)
U (t) S U (t) + U 1 (t)
U (t) + U 1 (t)S
=
dt
t
dt
1
S
1
= U 1 (t)
HU (t) U 1 (t)S U (t) + U 1 (t)S HU (t) + U 1 (t)
U (t) =
/
/
t
ih
ih
S
1
= = U 1 (t)[H, S ]U (t) + U 1 (t)
U (t)
(6.41)
/
t
ih
e inne
dH (t)
i
= [H (t), HH ] +
/
dt
h
(6.42)
H
con
HH = U 1 (t)HU (t)
(6.43)
= {, H} +
dt
t
(6.44)
Questa relazione formale indusse Dirac a formulare delle parentesi di Poisson quantistiche per due osservabili generiche v1 e v2 dalla regola:
i
{v1 , v2 }op = [v1 , v2 ]
/
h
(6.45)
(6.46)
Nella pratica, a causa dei problemi gi` visti sullordine delle espressioni, tale principio
a
si applica solo alle variabili cartesiane x e y. Pertanto da
{x, p}clas = 1,
(6.47)
[X, X] = [P, P ] = 0
(6.48)
138
Passando al caso di pi` gradi di libert` vediamo che in questo modo ` possibile
u
a
e
sostituire il postulato 2) con
/
[Xi , Pj ] = ihij ,
[Xi , Xj ] = [Pi , Pj ] = 0
(6.49)
(6.50)
+ f (x)
x
(6.51)
con f (x) una funzione arbitraria. Si mostra per` che si pu` riassorbire la f (x) in
o
o
una ridenizione della base. Eettuiamo infatti il cambiamento di base
/
/
|x | = eig(X)/h |x = eig(x)/h |x
x
con
(6.52)
g(x) =
f (x )dx
(6.53)
segue
x|X|
x
/
/
/
/
x|eig(x)/h eig(x )/h X|x = eig(x)/h eig(x )/h x|X|x =
/
/
= eig(x)/h eig(x )/h x(x x ) = x(x x )
(6.54)
e
x|P |
x
=
=
=
=
=
=
dx x|P |x
x | =
x
/
/
/
dx eig(x)/h ih (x x ) (x x )eig(x )/h =
x
/
/
/
dx (x x )(x x )eig(x )/h =
iheig(x)/h
x
/
/
/
iheig(x)/h
(x x )eig(x)/h =
x
g(x)
/ (x x ) ig(x)/h
/
/
iheig(x)/h
e
=
+ (x x )
x
x
/
+ f (x) (x x )
(6.55)
ih
x
/
P ih
139
+ f (x)
x
(6.56)
Capitolo 7
Loscillatore armonico
L importanza delloscillatore armonico nello studio della sica ` dovuta al fatto che
e
ogni sistema che uttua attorno a una congurazione di equilibrio pu` essere descrito
to, in prima approssimazione, come una collezione di oscillatori armonici disaccoppiati. Da qui limportanza dello studio del comportamento di un singolo oscillatore
armonico, sia nella sica classica, che nella sica quantistica. Un singolo oscillatore
armonico costituito da una massa m attaccata a una molla di costante elastica k `
e
caratterizzato dallhamiltoniana classica
H=
1 2 1
p + m 2 x2 ,
2m
2
k
m
(7.1)
V(x)
x0
x
V( x0)
Figura 7.1: Un potenziale unidimensionale con un minimo in x0 .
Una particella nellintorno di x0 eettuer` delle oscillazioni attorno a questo
a
140
(7.3)
(7.4)
1
xII = (x1 x2 )
2
1
xII = (p1 p2 )
2
(7.7)
k
,
m
I = =
II =
3 =
k
m
(7.8)
(7.9)
1
1
ij
H=
pi pj +
xi Vij xj
2 i,j=1 mi
2 i,j=1
1
(7.10)
Sar` suciente traslare il riferimento in modo da portare il minimo nellorigine delle coordinate.
a
141
2 V (x1 , x2 , , xN )
xi xj
Vij =
(7.11)
1
2
qi =
Pi ij Pj +
ij
Vij =
1
2
m i xi
qi Vij qj
(7.12)
(7.13)
ij
mi mj Vij
(7.14)
1
2
Pi =
Pi2 +
2
Uij Pj ,
(VD )ii qi
2
(7.16)
qi =
Uij qj
(7.17)
Un esempio ` costituito da un cristallo con gli atomi che vibrano attorno alla loro
e
posizione di equilibrio. Un altro esempio ` costituito dal potenziale elettromagnetico
e
che soddisfa lequazione di DAlembert
=0
(7.18)
ak (t)eik x
(7.19)
si trova
ak |k|2 ak = 0
(7.20)
p
H
=
p
m
142
(7.21)
p=
H
= m 2 x
x
(7.22)
da cui
x + 2x = 0
(7.23)
(7.24)
La soluzione generale `
e
0
2
2
2
da cui
x=
2E
2 x2
m
(7.25)
1/2
= (x2 x2 )1/2
0
(7.26)
V(x)
_x
x0
d
|(t) = H|(t)
dt
(7.27)
con
P2
1
+ m 2 X 2
2m 2
Inizieremo lo studio a partire dallequazione di Schrdinger stazionaria
o
H=
H|E = E|E
143
(7.28)
(7.29)
(7.30)
E (x) = x|E
(7.31)
e posto
si trova
/ 2 d2
1
h
+ m 2 x2
2
2m dx
2
E (x) = EE (x)
(7.32)
d2 E (x) 2m
1
+ 2 E m 2 x2 E (x) = 0
(7.33)
2
dx
2
/
h
Nei problemi ` sempre conveniente far uso di variabili adimensionali che in qualche
e
modo siano suggerite dal problema stesso. Se poniamo x = by con [b] = , in modo
che y risulti adimensionale, si trova
m2 2 b4 2
d2 E 2mb2
y E = 0
+ 2 E
dy 2
/
/2
h
h
(7.34)
/
h
m
(7.35)
h
mE 2 mE /
E
=
2 b =
2
/
h
/
/ m
h
h
(7.36)
(7.37)
e
/
[h] = E t t1 = E
(7.38)
7.1
Per capire meglio il comportamento asintotico della soluzione consideriamo lequazione per grandi valori di y:
E y 2 E = 0
da cui
(7.41)
y2
E = Ay m e 2
(7.42)
E Ay m+2 e 2 = y 2 E
(7.43)
per y
(7.44)
(7.46)
E (y) = u(y)e 2
(7.47)
con
u(y) A + cy,
per y 0
(7.48)
per y
(7.49)
e
u(y) y m ,
145
E = u e 2 yue 2
(7.50)
y2
E = (u 2yu u + y 2 u)e 2
(7.51)
da cui
y2
E + (2 y 2 )E = (u 2yu u + y 2 u + 2 u y 2 u)e 2
(7.52)
Pertanto
u 2yu + (2 1)u = 0
(7.53)
Lidea base del metodo ` che avendo estratto il comportamento asintotico dele
la soluzione e conoscendo landamento nellintorno dellorigine sia possibile eettuare uno sviluppo in serie della soluzione nellintorno dellorigine stessa. Quindi
scriveremo
cn y n
u(y) =
(7.54)
n=0
u =
n(n 1)cn y
n2
(m + 2)(m + 1)cm+2 y m
n=2
(7.55)
m=0
ncn y n
yu =
(7.56)
n=1
e sostituendo si trova
(7.57)
n=0
2n + 1 2
(n + 2)(n + 1)
146
(7.58)
(7.59)
Dato che non vogliamo che u(y) cresca pi` di una potenza di y per y
u
dobbiamo controllare il comportamento asintotico della serie. Studiamo dunque il
rapporto cn+2 /cn
cn+2
2
(7.60)
, per n
cn
n
Notiamo che
1 2k
y2 =
e
y =
bk y k
(7.61)
k!
k=0
k=0
con
bk =
da cui
bk+2
=
bk
k
2
k
2
!
=
+1 !
k
2
k
2
(7.62)
1
2
,
k
+1
per k
(7.63)
=n+
1
2
(7.64)
(7.65)
che implica
En = / n +
h
1
2
(7.66)
`
E interessante osservare che la relazione di ricorrenza coinvolge cn e cn+2 e non cn+1 .
Pertanto possiamo risolvere le equazioni separatamente per n pari (ponendo c1 = 0)e
n dispari (ponendo c0 = 0). Ovviamente per n pari la costante c0 ` arbitraria, mene
tre tutte le altre, per n ssato, sono dettate dalla relazione di ricorrenza. Lo stesso
e
e
vale per n dispari in cui c1 ` arbitraria. Inoltre, per ogni valore di n ssato, la u(y) `
un polinomio di ordine n e verr` indicata con Hn (y). Questi polinomi sono chiamati
a
i polinomi di Hermite. Facciamo alcuni esempi:
n = 0. Si ha
1
(7.67)
2
Essendo nel caso di n pari possiamo prendere c1 = 0. Inoltre ssando c0 = 1 si ha
c2 = 0 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H0 (y) = 1
147
(7.68)
n = 1. Si ha
3
(7.69)
2
Essendo nel caso di n dispari possiamo prendere c0 = 0. Inoltre ssando c1 = 2 si
ha c3 = 0 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H1 (y) = 2y
(7.70)
n = 2. Si ha
5
(7.71)
2
Essendo nel caso di n pari possiamo prendere c1 = 0. Inoltre ssando c0 = 2 si ha
c2 = 4 (vedi equazione (7.59)). Dunque
0
H2 (y) = 2 + 4y 2
(7.72)
m
/
h22n (n!)2
1/4
mx2
/
2h Hn
e
m
/
h
1/2
(7.73)
(7.74)
= 1 rad/s,
x0 = 1 cm
(7.76)
Segue
1
1
E = m 2 x2 = 2 103 12 (102 )2 = 107 joule
0
2
2
La spaziatura dei livelli in questo caso `
e
E = / 1034 joule
h
(7.77)
(7.78)
Dunque
E
1027
(7.79)
E
I livelli sono cosi tti che in pratica ` impossibile riuscire a percepire la quane
tizzazione dellenergia. Notiamo anche che per un oscillatore di questo tipo si
ha
E
1
n=
1027
(7.80)
/ 2
h
Pertanto lenergia di uno stato macroscopico corrisponde a numeri quantici enormi.
2) - I livelli sono spaziati in modo uniforme. Questo punto ` di primaria
e
importanza ed ` la chiave per lo studio di un numero enorme di problemi. Infatti
e
la spaziatura uniforme ci permette di introdurre lidea che si possa associare a un
oscillatore una particella ttizia, detta quanto di energia (o brevemente quanto),
dotata di energia pari a / . Con questa interpretazione la quantit` nh pu` essere
h
a /
o
reinterpretata come lenergia di n quanti, ognuno di energia / . Quindi possiamo
h
pensare allo stato di energia En come a uno stato costituito da n quanti (considereremo successivamente il termine / /2). Qualora in seguito a un processo sico
h
si ecciti un oscillatore armonico facendolo passare dallenergia En allenergia En+n
si pu` pensare di aver creato n quanti, cos` come nel processo inverso di averli
o
(7.81)
Questo stato pu` essere univocamente identicato dicendo che esso ` composto da
o
e
149
n1 quanti di energia / 1
h
n2 quanti di energia / 2
h
nN quanti di energia / N
h
Un tale stato ` dunque univocamente denito dai numeri (n1 , , nN ) e potremo
e
scrivere
| = |n1 , , nN
(7.82)
Una tale base ` chiamata la base dei numeri di occupazione. Vedremo nella
e
Sezione successiva la derivazione formale di una tale base in cui tutta la trattazione
delloscillatore armonico diventa di gran lunga pi` semplice.
u
3) - Lo stato fondamentale ha energia / /2. Lo stato fondamentale non ha
h
energia nulla in quanto non esiste uno stato del tipo |x = 0, p = 0 . In denitiva `
e
una conseguenza del principio di indeterminazione.
4) - Le soluzioni hanno parit` denita. Cio` le soluzioni sono pari o dispari
a
e
rispetto alloperazione di inversione spaziale x x. Come vedremo in seguito
questo deriva dalla propriet` di simmetria del potenziale
a
V (x) = V (x)
(7.83)
5) - Le soluzioni non si annullano ai turning points. Nel caso classico le regioni al di l` dei turning point non sono accessibili e quindi a questi punti la velocit`
a
a
si annulla e successivamente cambia di segno permettendo alla particella di tornare
indietro. Nel caso quantistico, a causa delleetto tunnel, la particella ha una probabilit` non nulla di trovarsi al di l` dei turning points.
a
a
6) - La distribuzione di probabilit` della particella ` molto diversa dal
a
e
caso classico. Nel caso classico, una particella sta in un intervallo dx per un
intervallo di tempo pari a
dx
dt =
(7.84)
v(x)
dove v(x) ` la velocit` della particella nel punto x. Daltra parte la probabilit` per
e
a
a
la particella di trovarsi in un dx sar` proporzionale a dt:
a
P (x)dx
dx
v(x)
(7.85)
dx
x2 )1/2
(7.86)
(x2
0
150
Richiedendo che
+x0
P (x)dx = 1
(7.87)
1
1
2
(x0 x2 )1/2
(7.88)
x0
si trova
P (x) =
mentre quantisticamente
P (x) = |E (x)|2
(7.89)
per E normalizzata.
Esercizio: Confrontare la probabilit` classica e quella quantistica facendo uso delle
a
variabili adimensionali y e . Iniziamo dalla probabilit` classica. Ricordando che
a
(vedi equazione (7.35)) x = by con
/
h
m
b=
e (vedi equazione (7.25))
1
E = m 2 x2
0
2
segue
1
y0 = x0 =
b
con
(7.90)
(7.91)
2E
= 2
/
h
(7.92)
1
1
1
1
bdy =
dy P (y)dy
2
2 )1/2
b (y0 y
(2 y 2 )1/2
(7.93)
P (x)dx = |n (x)|2 dx =
=
1
2n (n!)2
2
1/2
1/2
2
2
ey Hn (y)bdy =
2
2
ey Hn (y)dy P (y)dy
(7.94)
= n + 1/2
(7.95)
In Figura 7.3 sono riportate le due probabilit` nei casi n = 10 e n = 21. Come
a
si vede la probabilit` quantistica oscilla attorno a quella classica. Le oscillazioni
a
crescono con il crescere di n (infatti il polinomio di Hermite Hn ha n zeri) e nel
limite classico, cio` per grandissimi valori di n, la probabilit` quantistica oscilla
e
a
cosi rapidamente che ha senso solo la sua media che risulta essere la probabilit`
a
classica.
151
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
-7.5
-5
-2.5
2.5
7.5
2.5
7.5
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
-7.5
-5
-2.5
Figura 7.3: Il confronto tra la probabilit` classica e quantistica per loscillatore ara
monico. Nella gura sono riportati i due casi n = 10 (gura superiore) e n = 21
(gura inferiore).
7.2
152
a =
a =
1
P =
/
2mh
1
P =
/
2mh
m
/
2h
m
/
2h
X+
i
P
m
i
P
m
(7.97)
(7.98)
/
h
(a + a ),
2m
P = i
/ m
h
(a a )
2
(7.99)
/
/
h
h
(a + a )2 (a a )2 =
(aa + a a)
4
2
(7.100)
`
E conveniente introdurre loperatore
N = a a
(7.101)
1
2
(7.102)
[N, a ] = [a a, a ] = +a
(7.103)
Pertanto si ha
N a = a(N 1),
N a = a (N + 1)
(7.104)
(7.105)
(7.106)
153
(7.107)
(7.108)
Dato che nel caso unidimensionale gli autostati dellenergia non sono degeneri vediamo che necessariamente a| ` proporzionale allo stato | 1 . Analogamente a |
e
` proporzionale a | + 1 . Dunque partendo da uno stato | possiamo costruire la
e
successione di stati
a| , a2 | , , ap |
(7.109)
con autovalori
1,
2,
(7.110)
Daltra parte questi numeri, essendo autovalori di N , non possono essere negativi e
quindi deve esistere un intero n per cui n = 0 e quindi
an | = 0
(7.111)
a2 |0 ,
ap |0 ,
(7.112)
|2 ,
|p ,
(7.113)
(7.114)
(7.115)
(7.116)
(7.117)
da cui
dove abbiamo usato il fatto che loperatore N ` diagonale sugli stati |n con autoe
valore n. Pertanto, dato che gli stati sono supposti normalizzati, si ha
|cn |2 = n
154
(7.118)
e scegliendo cn reale
cn =
e
a|n =
(7.119)
n|n 1
(7.120)
na |n 1
n|n
n + 1|n + 1
(7.121)
(7.122)
(7.123)
`
E conveniente esprimere il generico stato in termini di potenze di a applicate allo
stato fondamentale n = 0. Usando la (7.122) si ha
1
1
1
|n = a |n 1 =
(a )2 |n 2 = = (a )n |0
(7.124)
n
n n1
n!
Per motivi abbastanza ovvi loperatore N si chiama numero di occupazione, mentre gli operatori a ed a rispettivamente operatori di distruzione e di creazione
. La base viene detta la base dei numeri di occupazione e coincide con la
base dellenergia. In questa base si realizza matematicamente lidea dei quanti a
cui abbiamo accennato nella sezione precedente. Infatti gli operatori a ed a sono
interpretati come operatori di distruzione e di creazione di un quanto di energia / .
h
Infatti diminuendo o aumentando di uno il numero di occupazione lenergia dello
stato varia di / .
h
Le equazioni (7.120) e (7.123) ci permettono di calcolare gli elementi di matrice
degli operatori a e a
m|a|n = nm,n1 ,
m|a |n = n + 1m,n+1
(7.125)
e quindi degli operatori X e P . Daltra parte usando le espressioni di X e P
in termini di a e a e facendo uso sistematico delle propriet` algebriche di questi
a
operatori ` facile il calcolo diretto di potenze arbitrarie di X e di P . Consideriamo
e
un semplice esempio:
2|X 2 |0
(7.126)
Questo richiederebbe il calcolo di un integrale che coinvolge i polinomi di Hermite
se si usasse la base delle coordinate, mentre nella base dei numeri di occupazione
tutto si riduce ad un conto algebrico. Infatti, usando la (7.99)si ha
/
/
h
h
2|(a + a )2 |0 =
|2 (a2 + a a + aa + a2 )|0 =
2m
2m
/
/ 1
/ 1
h
h
h
0|a2 a2 |0 =
0|a(a a + 1)a |0 =
=
2|a2 |0 =
2m
2m 2
2m 2
/ 1
/ 1
/
h
h
h
2=
0|(a a + 1)aa + 1 |0 =
=
(7.127)
2m 2
2m 2
2m
2|X 2 |0 =
155
/
/
h
h
n|(a + a )2 |n =
(aa + a a)|n =
2m
2m
/
/
h
h
En
=
n|(2N + 1)|n =
(2n + 1) =
2m
2m
m 2
(7.128)
e
n|P 2 |n
/
/
mh
mh
n|(a a )2 |n =
(aa + a a)|n =
2
2
/
/
mh
mh
=
n|(2N + 1)|n =
(2n + 1) = mEn
2
2
=
(7.129)
Dato che
n|X|n = n|P |n = 0
(7.130)
segue
X 2 = n|(X n|X|n )2 |n =
En
,
m 2
En
= / (n + 1/2)
h
XP
(7.132)
/
h
2
(7.133)
Luso della base dei numeri di occupazione non ci permette solo di determinare
facilmente autovalori dellenergia ed elementi di matrice degli operatori rilevanti,
ma anche di calcolare la funzione donda. Consideriamo dunque
n (x) = x|n
(7.134)
m
i
P
x| X +
/
m
2h
|0 =
m
/
2h
x+
/ d
h
m dx
0 (x)
(7.135)
Pertanto la funzione donda dello stato fondamentale soddisfa lequazione dierenziale del primo ordine
d
m
+
x 0 (x) = 0
(7.136)
/
dx
h
Questa equazione si integra immediatamente con il risultato
m 2
x
/
0 (x) = Ae 2h
156
(7.137)
1 = |A|2
m 2
x
h
e /
(7.138)
/
h
=1
m
e quindi
0 (x) =
m
/
h
1/4
(7.139)
m 2
x
/
e 2h
(7.140)
n/2
i
x| X
P
m
|0 =
(7.141)
d
dy
y2
e 2
(7.142)
dA(t)
= [A(t), H]
dt
(7.143)
da(t)
= [a(t), H] = / [a(t), a (t)a(t) + 1/2] = / a(t)
h
h
dt
(7.144)
da (t)
/
= ha (t)
dt
157
(7.145)
e quindi
a(t) = a(0)eit ,
a (t) = a (0)e+it
(7.146)
Pertanto
/
/
h
h
(a(t) + a (t)) =
(a(0)eit + a (0)e+it ) =
2m
2m
1
= X(0) cos t +
P (0) sin t
(7.147)
m
X(t) =
In modo analogo
P (t) = P (0) cos t mX(0) sin t
(7.148)
158
Capitolo 8
Il principio di indeterminazione
Abbiamo n qui mostrato varie situazioni in cui il principio di indeterminazione
esplica i suoi eetti. Passiamo adesso a una dimostrazione formale. Infatti questo
principio, sebbene sia uno dei capisaldi sici su cui si regge la meccanica quantistica,
dal punto di vista della formulazione in termini dei postulati risulta una semplice
conseguenza del formalismo. Abbiamo gi` mostrato che due osservabili che non
a
commutano sono incompatibili, cio` non ` possibile denire un processo di misura
e
e
tale da misurare simultaneamente queste osservabili. Questo fatto, che ` appunto la
e
base del principio di indeterminazione, pu` essere espresso in modo pi` quantitativo
o
u
in termini delle indeterminazioni sulle osservabili in esame. Consideriamo allora due
osservabili hermitiane, A e B, tali che
[A, B] = iC
(8.1)
con C una terza variabile hermitiana. Supponiamo che il sistema si trovi in un dato
stato | e deniamo nuove osservabili sottraendo il valore di aspettazione delle
precedenti
A=A A , B =B B
(8.2)
Avremo
(A)2 (B)2 = |A2 | |B 2 | = A|A B|B
(8.3)
(8.4)
1
1
[A, B]+ + [A, B] |
2
2
(8.5)
dove
[A, B]+ = AB + BA
159
(8.6)
1
1
[A, B]+ + [A, B] |
2
2
1
|[A, B]+ |
4
1
| |C| |2
4
(8.7)
Da cui
1
| |C| |2
4
La disuguaglianza si riduce a una uguaglianza se e solo se
(A)2 (B)2
A| = cB|
e
|[A, B]+ | = 0
(8.8)
(8.9)
(8.10)
8.1
/
h
2
(8.12)
cio` che minimizza il prodotto delle incertezze. A questo scopo dobbiamo soddisfare
e
entrambe le equazioni (8.9) e (8.10)
(P P )| = c(X X )|
|(P P )(X X ) + (X X )(P P )| = 0
(8.13)
(8.14)
Posto
X = x,
P =p
(8.15)
d
p (x) = c(x x)(x)
dx
160
(8.16)
vale a dire
che integrata d`
a
d(x)
i
= [c(x x) + p] (x)
/
dx
h
px ic
(x x)2
/ e 2h
h /
(x) = Ae
i
(8.17)
(8.18)
(8.19)
(c + c ) |(X x)2 | = 0
(8.20)
si trova
e poich |(X x)2 | = 0 segue
e
c = c
(8.21)
(8.22)
px (x x)2
2
h
2
(x) = Ae / e
(8.23)
con
2 =
/
h
|c|
(8.24)
Vediamo dunque che il pacchetto gaussiano ` quello che corrisponde alla minima
e
indeterminazione in X e P .
8.2
Sebbene il tempo non sia una variabile dinamica, ma un semplice parametro, tuttavia
esiste una relazione di indeterminazione tempo-energia
Et
/
h
2
(8.25)
pur con interpretazione diversa dalla analoga relazione tra coordinate e impulsi coniugati. Infatti la precedente relazione va intesa nel senso che lenergia di un sistema
che sia in un determinato stato per un tempo t non pu` essere perfettamente
o
denita ma ha uno sparpagliamento pari a E. Il modo pi` semplice per mettere in
u
luce questo punto ` di considerare un atomo che venga portato in un livello eccitato
e
di energia E al tempo t = 0. Supponiamo che al tempo t = T latomo si disecciti
161
emettendo un fotone di energia / . La funzione donda del sistema sar` quindi del
h
a
tipo
Et
i
h
(t) = (t)(T t)e /
(8.26)
se assumiamo che latomo si ecciti e si disecciti istantaneamente. Questo stato non ha
per` energia denita. Questo si pu` vedere prendendone la trasformata di Fourier,
o
o
che dovrebbe essere una (E E ) se questo fosse un autostato dellhamiltoniana.
Invece si ha
Et
(E E)t
(E E)t
T i
i
/
h
i
/
/
h
h
h
dte / (t) =
e
=
1 =
e
i(E E)
0
i
/
2h
=
e
E E
(E E)t
/
2h
sin
(E E)T
/
2h
(8.27)
/
h
T
(8.28)
Un altro modo di enunciare questo punto ` quello di dire che si pu` avere violazione
e
o
della conservazione dellenergia pari a E per tempi t / /E.
h
162
Capitolo 9
Sistemi con N gradi di libert`
a
In questo capitolo considereremo con maggior dettaglio la struttura dello spazio di
Hilbert di un sistema con pi` gradi di libert`. Iniziamo dal caso pi` semplice di due
u
a
u
gradi di libert`. Questo ` caratterizzato dalle regole di commutazione
a
e
/
[Xi , Pj ] = ihij I,
[Xi , Xj ] = [Pi , Pj ] = 0,
i = 1, 2
(9.1)
Dunque potremo scegliere una base in cui gli operatori X1 e X2 sono simultaneamente diagonali:
Xi |x1 , x2 = xi |x1 , x2 , i = 1, 2
(9.2)
con normalizzazione
x1 , x2 |x1 , x2 = (x1 x1 )(x2 x2 )
(9.3)
In questa base, il generico vettore di stato sar` rappresentato dalla funzione donda
a
| (x1 , x2 ) = x1 , x2 |
Inoltre gli operatori Xi e Pi saranno rappresentati rispettivamente da
/
Xi xi , Pi ih
xi
Linterpretazione delle funzione donda ` ora che
e
P (x1 , x2 )dx1 dx2 = |(x1 , x2 )|2 dx1 dx2
(9.4)
(9.5)
(9.6)
dx1 dx2 | x1 , x2 | |2 =
(9.7)
Con un leggero abuso di linguaggio chiameremo nel seguito i due gradi di libert`,
a
particella 1 e particella 2. Ovviamente la precedente non ` la sola base possibile.
e
Altre basi possibili sono |p1 , p2 o qualunque base del tipo |1 , 2 , dove 1 e 2
sono gli autovalori di due operatori del tipo 1 (X1 , P1 ) e 2 (X2 , P2 ), che ovviamente
commutano tra loro. Lo spazio di Hilbert a due particelle che abbia una base del
tipo delle precedenti sar` denotato da V1 2 .
a
163
9.1
`
pensare agenti sullo spazio di Hilbert V1 della prima particella. E allora conveniente,
quando si usi questa interpretazione, introdurre un ulteriore indice per specicare
su quale spazio stiamo agendo con i nostri operatori. Per esempio, denoteremo gli
operatori Xi come
(1)
(2)
(9.8)
X1 X1 , X2 X2
La dierenza nelle notazioni ` che Xi sono pensati come agenti sullintero spazio di
e
(i)
e
Hilbert a due particelle, mentre Xi ` pensato come agente sullo spazio di Hilbert
Vi . In queste notazioni si hanno le regole di commutazione:
(1)
(1)
/
[X1 , P1 ] = ihI (1) ,
(2)
(2)
/
[X2 , P2 ] = ihI (2)
(9.9)
con I (1) e I (2) gli operatori identit` negli spazi V1 e V2 rispettivamente. Costruiamo
a
(1)
(2)
(1)
(2)
adesso una base di autostati di X1 e X2 . Se misuriamo X1 e subito dopo X2 ,
proietteremo il sistema in uno stato in cui la particella 1 ` certamente nello stato |x1
e
e la particella 2 nello stato |x2 . Indicheremo questo particolare stato nel seguente
modo
particella 1 in |x1
|x1 |x2
(9.10)
particella 2 in |x2
Il vettore |x1 |x2 ` chiamato il prodotto diretto di |x1 e |x2 e ` un prodotto
e
e
di vettori che appartengono a spazi diversi. Notiamo che il prodotto diretto ` lineare
e
in entrambi i vettori:
(|x1 + |x1 ) (|x2 ) = |x1 |x2 + |x1 |x2
(9.11)
Linsieme di tutti i vettori della forma |x1 |x2 costituisce una base per uno spazio
vettoriale che chiameremo V1 V2 . Notiamo che non ogni vettore di questo spazio
si pu` scrivere come un prodotto diretto di due vettori. Per esempio
o
| = |x1 |x2 + |x1 |x2 = |1 |2
(9.12)
164
(9.14)
(9.15)
Osserviamo anche che il prodotto diretto di due spazi ` cosa diversa dalla somma
e
diretta per cui vale invece
dim(V1 V2 ) = dimV1 + dimV2
(9.16)
(9.17)
(9.18)
(i)
Estenderemo adesso gli operatori Xi operanti sugli stati di particella singola ad operatori che agiscono sullo spazio prodotto tensoriale. Questi nuovi operatori saranno
denotati da
(1)(2)
Xi
(9.19)
Un modo per denire questi operatori ` di richiedere che ad esempio
e
(1)(2)
X1
(9.20)
X1
(1)
(9.21)
(1)(2)
Cio` X1
e
agisce di fatto solo sul primo ket. Pi` generalmente, dati due operatori
u
A(1) e B (2) che agiscono rispettivamente in V1 e V2 , possiamo denire il loro prodotto
diretto come
(A(1) B (2) )|x1 |x2 = (A(1) |x1 ) (B (2) |x2 )
(9.22)
Dunque potremo scrivere
(1)(2)
X1
(1)
= X1 I (2)
(9.23)
(2)
(9.24)
P2
= I (1) P2
(9.25)
(9.26)
e
(1)(2)
(A1
(1)(2) 2
(1)
(2)
(1)
(2)
+ A2
(9.27)
Questa relazione ` ovvia, dato che i due operatori commutano. Sempre in modo
e
analogo si dimostra che
(1)(2)
[Xi
(1)(2)
, Pj
(1)(2)
[Xi
/
/
] = ihij I (1) I (2) = ihij I (1)(2)
(1)(2)
, Xj
(1)(2)
] = [Pi
(1)(2)
, Pj
]=0
(9.28)
(9.29)
Dovrebbe essere chiaro a questo punto che gli spazi V1 2 e V1 V2 coincidono, che
(1)(2)
|x1 |x2 ` lo stesso che |x1 , x2 e che gli operatori Xi
e
coincidono con Xi .
Infatti |x1 |x2 e |x1 , x2 sono entrambi in corrispondenza uno a uno con i punti
del piano (x1 , x2 ), e gli operatori hanno le stesse regole di commutazione. Quindi
(1)(2)
Xi
(1)(2)
= Xi ,
Pi
= Pi
(9.30)
(9.31)
Nel seguito useremo quasi sempre la notazione a destra delle precedenti equazioni,
ma il concetto di prodotto diretto ` sia importante che utile.
e
Esiste un modo per visualizzare lidea di prodotto diretto di spazi vettoriali,
facendo uso direttamente della base delle coordinate. Consideriamo un operatore
1 che agisce in V1 con autofunzioni non degeneri
1 (x1 ) = 1 (x1 ) = x1 |1
(9.32)
(9.33)
(9.34)
c2 (1 )2 (x2 )
x
2
166
(9.35)
c1 ,2 1 (x1 )2 (x2 ) =
1 ,2
c1 ,2 x1 |1 x2 |2
(9.36)
1 ,2
c1 ,2 ( x1 | x2 |)(|1 |2 )
(9.37)
1 ,2
Da questa espressione vediamo che il nostro vettore originale | pu` scriversi come
o
| =
c1 ,2 (|1 |2 )
(9.38)
1 ,2
9.2
1 2
1 2
P1 +
P + V (X1 , X2 ) | = H|
2m1
2m2 2
(9.39)
(9.40)
H = H1 + H2
(9.41)
In questo caso
con
1 2
P + Vi (Xi ), i = 1, 2
(9.42)
2mi i
Classicamente le due particelle descritte dalle due hamiltoniane si evolvono in modo del tutto indipendente e le loro energie sono separatamente conservate, mentre
lenergia totale del sistema ` data da E = E1 + E2 . Consideriamo dunque uno stato
e
stazionario
Et
i
h
(9.43)
|(t) = |E e /
Hi =
con
H|E = (H1 (X1 , P1 ) + H2 (X2 , P2 ))|E = E|E
167
(9.44)
(9.45)
segue che si possono trovare autostati simultanei del tipo prodotto diretto
|E1 , E2 = |E1 |E2
(9.46)
con
(1)
H1 |E1
= E1 |E1
(2)
H2 |E2
= E2 |E2
(9.47)
(9.48)
E = E1 + E2
(9.49)
con
Ovviamente |E1 |E2 ci fornisce una base in V1 V2 e si ha
|(t) = |E1 e
E2 t
E1 t
i
/ |E e
/
h
h
2
(9.50)
Si possono paragonare i risultati ottenuti in questo modo con quelli ottenibili con
il metodo standard di separazione delle variabili. In questo caso, nello spazio delle
coordinate avremmo scritto lequazione di Schrdinger stazionaria nella forma
o
/ 2 2
/ 2 2
h
h
+ V1 (x1 )
+ V2 (x2 ) E (x1 , x2 ) = E(x1 , x2 )
2
2m1 x1
2m2 x2
2
(9.51)
con
E (x1 , x2 ) = x1 , x2 |E
(9.52)
(9.53)
Sostituendo si trova
/ 2 2
h
+ V1 (x1 ) E1 (x1 ) E2 (x2 ) +
2m1 x2
1
+
/ 2 2
h
+ V1 (x1 ) E1 (x1 ) +
E1 (x1 )
2m1 x2
1
+
/ 2 2
1
h
+ V2 (x2 ) E2 (x2 ) = E
E2 (x2 )
2m2 x2
2
(9.55)
(9.56)
f2 (x2 ) = E2
(9.57)
con
E = E1 + E2
(9.58)
(9.59)
(9.60)
Questo risultato coincide con quanto trovato precedentemente se valutato nella base
|x1 , x2 = |x1 |x2 .
Osserviamo che una volta trovate le soluzioni fattorizzate gli autostati pi` genu
erali sono
|E =
cE1 ,E2 E,E1 +E2 |E1 |E2
(9.61)
E1 ,E2
E (x1 , x2 ) =
(9.62)
E1 ,E2
(9.63)
In generale non si pu` fare molto, ma ci sono circostanze in cui la teoria pu` risultare
o
o
separabile se espressa in altre coordinate. Un esempio ` il caso in cui il potenziale
e
dipenda dalla coordinata relativa x1 x2 :
V (x1 , x2 ) = V (x1 x2 )
169
(9.64)
(9.65)
(9.66)
si vede subito che gli impulsi canonici associati alle nuove variabili sono
pCM = p1 + p2
(9.67)
m2 p1 m1 p2
p=
(9.68)
m1 + m2
Dato che queste variabili sono canoniche e cartesiane la regola di quantizzazione1 `
e
/
[XCM , PCM ] = ih,
/
[X, P ] = ihI
(9.69)
con tutti gli altri commutatori nulli. Lhamiltoniana classica, nelle variabili del
centro di massa e relativa ` semplicemente
e
H=
p2
p2
CM
+
+ V (x)
2M
2
(9.70)
con
m1 m2
m1 + m2
la massa totale e la massa ridotta. Quindi lhamiltoniana quantistica `
e
M = m1 + m2 ,
(9.71)
2
P2
PCM
+
+ V (X)
(9.72)
2M
2
Come si vede lhamiltoniana si separa in una parte libera del centro di massa pi`
u
una parte interagente in termini delle variabili relative. Quindi le autofunzioni
dellenergia si fattorizzano nella forma
pCM xCM
i
1
/
h
Erel (x)
E (xCM , x) =
(9.73)
e
/
(2h)1/2
H=
p2
CM
+ Erel
(9.74)
2M
Ovviamente tutta la dinamica ` contenuta in Erel (x) che ` lautofunzione dellenere
e
gia per una particella di massa ridotta e soggetta al potenziale V (x). Il moto del
centro di massa sar` descritto da unonda piana che pu` essere ignorata se lavoriamo
a
o
nel sistema del centro di massa.
Tutti i risultati sin qui trovati si generalizzano facilmente al caso di N particelle
in una dimensione. In particolare la tecnica degli spazi per N particelle ottenuti come prodotto diretto di spazi di singola particella. La parte che corrisponde
alla separabilit` dellhamiltoniana va invece esaminata caso per caso. In particoa
lare, come abbiamo visto, se si hanno potenziali quadratici si pu` sempre ridurre il
o
pronlema a N oscillatori armonici disaccoppiati.
E=
170
9.3
1 2 1
p + m 2 x 2 =
2m
2
i=1
1 2 1
p + m 2 x2
i
2m i 2
(9.75)
/ ni +
h
E = E1 + E2 + E3 =
i=1
1
2
= / n +
h
3
2
(9.76)
n=
ni ,
ni = 0, 1, 2,
(9.77)
i=1
E (x) =
Ei (xi )
(9.78)
i=1
9.4
9.4.1
Particelle identiche
Il caso classico
Deniremo particelle identiche quelle particelle che siano delle repliche esatte le une
delle altre per quanto concerne le loro caratteristiche intrinseche, cio` massa, spin,
e
momento magnetico, ecc. Per esempio due elettroni sono da considerarsi come identici. Ovviamente non ci riferiamo alle loro caratteristiche contingenti quali la loro
posizione o il loro impulso. Questa denizione rimane valida sia nel caso classico
che in quello quantistico, ma le implicazioni sono enormemente diverse nei due casi.
Classicamente ` infatti possibile, almeno in linea di principio, assegnare una dee
scrizione spazio-temporale completa di ciascuna particella del sistema. Pertanto anche particelle identiche possono essere identicate dalla loro storia spazio-temporale.
`
E come se potessimo assegnare a ognuna un segnaposto che le segue in tutta la loro
evoluzione. Dunque a livello classico non c` poi molta distinzione tra particelle
e
171
t=T
t=0
palla
palla
palla
palla
1
2
1
2
in
in
in
in
buca
buca
buca
buca
3
4
4
3
t=T
t=T
(9.79)
distinguere due particelle identiche dal fatto che le loro storie spazio-temporali non
sono identiche. Daltra parte, in meccanica quantistica non ` possibile ricostruire
e
la storia spazio-temporale di una particella in modo completo e pertanto due congurazioni che dieriscono per lo scambio di due particelle identiche devono essere
trattate come la stessa congurazione
9.4.2
(9.81)
(9.82)
(9.83)
(9.84)
Richiedendo la (9.82) si ha
da cui
= ,
(9.85)
Segue dunque
2 = 1 = 1
2`
(9.86)
173
= +,
(9.87)
= 1,
= ,
(9.88)
Una data specie di particelle deve necessariamente adeguarsi a una e una sola di
queste due possibilit`. Se cos` non fosse sarebbe possibile costruire un vettore del
a
tipo |a, b, S +|a, b, A che per` non ha propriet` di simmetria denita rispetto allo
o
a
scambio a b. Le particelle con vettori di stato simmetrici sono dette bosoni,
mentre le particelle con vettori di stato antisimmetrici sono dette fermioni.
Esempi di bosoni sono i fotoni, i gravitoni, i pioni. Esempi di fermioni sono gli
`
elettroni, i protoni, i neutroni, i quark. E uno dei risultati pi` importanti della
u
teoria quantistica dei campi il Teorema spin-statistica che asserisce che i bosoni
hanno spin intero, mentre i fermioni hanno spin semintero (vedi in seguito per lo
spin).
Dunque se misuriamo le posizioni di due bosoni con risultati x1 = a e x2 = b,
dopo la misura lo stato del sistema sar` certamente
a
| = |a, b, S = |a, b + |b, a
(9.89)
Questo risultato vale per la misura di qualunque osservabile, se misuriamo ottenendo come risultati 1 e 2 , il vettore di stato dopo la misura sar` |1 , 2 , S o
a
|1 , 2 , A a seconda che si abbiano due bosoni o due fermioni.
Notiamo che per due fermioni si ha
|, , A = |, |, = 0
(9.90)
(9.91)
Questa ` zero se
e
1 = 2
e s1 = s2
(9.92)
Pertanto due elettroni possono stare nello stesso stato orbitale, 1 = 2 , purch gli
e
spin siano diversi, s1 = s2 .
174
9.5
Gli spazi di Hilbert bosonici e fermionici sono sottospazi dello spazio a N particelle.
Nel caso particolare di due particelle si ha
V1 V2 = VA VS
(9.93)
Questa ` una banale conseguenza del fatto che un tensore a due indici si pu`
e
o
decomporre univocamente in parte simmetrica e parte antisimmetrica:
1
1
|1 |2 = (|1 |2 + |2 |1 ) + (|1 |2 |2 |1 )
2
2
(9.94)
Consideriamo adesso la normalizzazione. Per lo stato simmetrico di due particelle, con 1 = 2 la corretta normalizzazione `
e
1
|1 , 2 ; S = (|1 , 2 + |2 , 1 )
2
(9.95)
(9.96)
1 = S |S =
PS (1 , 2 )
(9.97)
distinti
distinti
(9.98)
max
(9.99)
2 =min 1 =min
distinti
+
1 =2
175
1
2
1 =2
(9.100)
(9.101)
PS (x1 , x2 ) = | x1 , x2 , S|S |2
(9.102)
e
e normalizzazione
dx1 dx2
(9.103)
2
In questo caso adottiamo la forma (9.100), con lulteriore osservazione che il contributo a x1 = x2 ` innitesimo ai ni della doppia integrazione. A volte si preferisce
e
ridenire la funzione donda come
1=
PS (x1 , x2 )
1
S (x1 , x2 ) = x1 , x2 , S|S
2
(9.104)
(9.105)
(9.106)
e
1
1
S (x1 , x2 ) = x1 , x2 , S|S = ( x1 , x2 | + x2 , x1 |)|S = x1 , x2 |S
2
2
(9.107)
(9.108)
(9.109)
S (x1 , x2 ) =
176
9.6
1
PS/A = 2|S/A (x1 , x2 )|2 = 2 (3 (x1 )4 (x2 ) 3 (x2 )4 (x1 )) =
2
2
2
= |3 (x1 )| |4 (x2 )| + |3 (x2 )|2 |4 (x1 )|2
(9.119)
avremo delle coppie (K0 , K0 ) delle coppie (K0 , K0 ) e (K0 , K0 ). Se adesso facciamo
delle misure su questo insieme ed estraiamo la probabilit` P (x1 , x2 ) troveremo che
a
in P (x, x) c` un termine di interferenza ma non cosi grande come PD (x, x). Pere
tanto il sistema deve essere contaminato da particelle che non producono termini di
interferenza. Infatti se abbiamo
n1 coppie (K0 , K0 )
n2 coppie (K0 , K0 )
n3 coppie (K0 , K0 )
(9.121)
con
N = n1 + n2 + n3
(9.122)
identiche. Per lo stesso motivo, se ignorassimo il grado di libert` di spin non potrema
mo concludere che gli elettroni non sono fermioni se ne osserviamo due nello stesso
stato orbitale. Invece potremmo procedere con un esperimento analogo al precedente. Tenendo conto del fatto che lo spin pu` prendere due valori, diciamo + e
o
(vedi nel seguito) e preparando un insieme di N coppie di elettroni avremo:
n1 coppie (+, +)
n2 coppie (, )
n3 coppie (+, )
178
(9.124)
(9.125)
Quindi, la contaminazione dovuta al fatto che elettroni con spin diverso sono da
considerarsi distinguibili porta a una distribuzione inferiore a quella per due particelle distinguibili. La conclusione sarebbe che si hanno fermioni identici ma con
contaminazione di coppie non identiche e questo ci permetterebbe di concludere che
esiste un numero quantico nascosto (lo spin).
Tutto questo si generalizza facilmente al caso di pi` particelle con il risultato
u
che esistono solo due classi di particelle, quelle con funzione donda completamente
simmetrica (bosoni) e quelle con funzioni donda completamente antisimmetrica
(fermioni). La funzione donda per i fermioni si esprime facilmente in termini del
determinante di Slater. Per esempio per tre fermioni in tre stati quantici n1 , n2 , n3
la funzione donda correttamente normalizzata `
e
n1 (x1 ) n2 (x1 ) n3 (x1 )
1
n1 (x2 ) n2 (x2 ) n3 (x2 )
n1 ,n2 ,n3 (x1 , x2 , x3 ) =
3! (x ) (x ) (x )
n1
3
n2
3
n3
3
(9.126)
9.7
(9.127)
Considerando due particelle identiche molto ben separate spazialmente ci aspetteremmo anche nel caso quantistico di poterle pensare come particelle distinte e
quindi di poter ignorare la simmetrizzazione o lantisimmetrizzazione della funzione
donda. Per esemplicare consideriamo due particelle identiche entrambe descritte
da un pacchetto gaussiano, uno centrato sulla terra, T (xT ), e laltro centrato sulla
luna, L (xL ). Se le due particelle fossero distinguibili, e lhamiltoniana che descrive
il sistema non contiene interazioni tra queste particelle, la loro funzione donda
sarebbe
(xL , xT ) = T (xT )L (xL )
(9.128)
e le probabilit` di osservare la prima particella sulla terra e la seconda sulla luna
a
sarebbero rispettivamente
P (xT ) =
(9.129)
P (xL ) =
(9.130)
179
Nel caso in cui le due particelle siano bosoni (ma lo stesso argomento vale anche
per due fermioni) la funzione donda corretta si ottiene simmetrizzando le funzioni
donda di particella singola
1
S (xT , xL ) = [T (xT )L (xL ) + L (xT )T (xL )]
2
(9.131)
e si avr`
a
P (xT ) = 2
= |T (xT )|2
+ |L (xT )|2
+ T (xT )L (xT )
+ L (xT )T (xT )
(9.132)
(9.133)
Osserviamo che tutto questo ha senso se la particella sulla luna e quella sulla
terra rimangono ben separate per tutti i valori di interesse del tempo, altrimenti
largomento cade non appena le funzioni donda hanno un overlapping apprezzabile.
Per esempio se considerassimo due bosoni che a t = 0 sono centrati uno in x = a
e laltro in x = b, potremmo distinguerli allistante iniziale, ma in questo caso si
avrebbe uno sparpagliamento delle funzioni donda in un tempo piccolissimo e quindi
non potremmo pi` distinguere le due particelle. Unaltra osservazione ` che quando
u
e
si parla di sovrapposizione di funzioni donda ci stiamo sempre riferendo a uno spazio
particolare. Nellesempio precedente le due funzioni non hanno sovrapposizione
nello spazio delle congurazioni, ma lhanno nello spazio degli impulsi, e quindi in
questo spazio non possiamo ignorare la simmetrizzazione. Se invece consideriamo
due particelle con pacchetti centrati uno a un impulso piccolo e laltro a impulso
grande si pu` ignorare la simmetrizzazione nello spazio degli impulsi ma non in
o
quello delle coordinate.
180
Capitolo 10
Simmetrie
Nel caso classico le simmetrie dellhamiltoniana hanno due importanti conseguenze:
Se la simmetria ` generata da una variabile dinamica g(q, p), questa variabile
e
` una costante del moto
e
Ogni trasformazione canonica che lascia lhamiltoniana invariata mappa le
soluzioni dellequazioni del moto in altre soluzioni. Detto in altri termini, due
esperimenti che dieriscono per una tale trasformazione portano agli stessi
risultati sici.
In questo capitolo vogliamo mostrare come queste conseguenze si trasformano nel
caso quantistico.
10.1
Dalla nostra discussione sui postulati dovrebbe essere chiaro che, nel caso quantistico, il ruolo delle variabili classiche ` giocato dai valori di aspettazione dei core
rispondenti operatori. Deniremo quindi la trasformazione corrispondente a una
traslazione come (esemplichiamo sempre nel caso unidimensionale). :
X X + ,
P P
(10.1)
|P | = |P |
(10.2)
(10.3)
(10.4)
(10.5)
T ( )T ( ) = I
(10.6)
Dal punto di vista passivo segue perch le regole di commutazione canoniche tra gli
e
operatori X e P non devono cambiare per eetto della traslazione e questo richiede
che la trasformazione sia unitaria. Consideriamo infatti due generici operatori A e
B e i loro trasformati secondo una trasformazione U :
A A = U AU,
B = U BU
(10.7)
(10.9)
= T ( )| = T ( )
dx|x x| dx =
ei g(x) |x +
x| dx =
ei g(x ) |x x | dx
(10.10)
(10.11)
(10.12)
e quindi
|P |
=
=
=
=
=
/
(x) ih
d
dx
(x)dx =
d
/
(x )ei g(x ) ih
ei g(x ) (x )dx =
dx
d
/
h
(x ) ih + / g (x ) (x )dx =
dx
d
/
(x ) ih
+ / g (x ) (x )dx =
h
dx
|P | + / |g (X)|
h
(10.13)
Vediamo che la funzione g(x) deve essere una costante, e quindi il fattore di fase ei g
si pu` riassorbire nella denizione dello stato. Pertanto
o
x|T ( )| = (x) = (x ) = x |
(10.14)
o anche
T ( )|x = |x +
x|T ( ) = x |
(10.15)
2
(10.16)
(10.17)
()
x
(10.18)
x|T ( )| = (x )
(10.19)
Inoltre da
segue
x| I i G | = (x) x|G| = (x)
/
/
h
h
Dunque
/
x|G| = ih
d(x)
dx
d(x)
dx
(10.20)
(10.21)
da cui
G=P
(10.22)
T( ) I i P
/
h
(10.23)
T (a) = lim
a
I i
P
/N
h
T ( ) = lim
i=1
Pa
i
/
h
=e
(10.24)
N
i=1
184
(1 ax/N )
(10.25)
dato che una traslazione di a + si pu` ottenere con una traslazione di a seguita da
o
una traslazione di . Pertanto
lim T (a + ) = lim 1 i P
0
0
/
h
da cui
lim
T (a + ) T (a)
i
= P T (a)
/
h
(10.26)
(10.27)
dT (a)
i
= P T (a)
/
da
h
(10.28)
(10.29)
innitesimo
|T ( )HT ( )| | 1 + i
= |H| + i
/
h
(10.30)
P
/
h
H 1i
P
/
h
| =
(10.31)
da cui
|[P, H]| = 0
(10.32)
(10.33)
(10.34)
= X + i [G, X] = X + I
/
h
185
(10.35)
Dunque
/
[G, X] = ih
(10.36)
[G, P ] = 0
(10.37)
ed analogamente
Dalla prima di queste equazioni segue
G = P + f (X)
(10.38)
(10.39)
In questo caso si denisce un sistema invariante per traslazioni quando lhamiltoniana commuta con il generatore delle traslazioni, cio`
e
[T ( ), H] = 0 T ( )HT ( ) = H
(10.40)
[P, H] = 0
(10.41)
d
P =0
(10.42)
dt
In questa formulazione la corrispondenza classica ` particolarmente evidente perch
e
e
ogni osservabile funzione delle X e delle P si trasforma in accordo a
+ = T ( )T ( )
(10.43)
= i [, P ]
/
h
(10.44)
(10.45)
o anche
Nel caso classico si ha
d
d
/
= ih |A| = |[A, H]| = 0
dt
dt
186
(10.46)
(10.47)
allora al tempo t si ha
A|, t = A(U (t)|, 0 ) = U (t)A|, 0 = (U (t)|, 0 ) = |, t
(10.48)
Pa
d
/ | = ea dx (x) =
h
n=0
10.2
(a)n dn (x)
= (x a)
n!
dxn
(10.49)
(10.50)
U(t) |(0)
T(a)
U(t)
A
U(t)
B
|(0)
T(a)
T(a) |(0)
187
p
e
H=
1
ee ep
1
|Pe |2 +
|Pp |2 +
+ ee V (Re ) + ep V (Rp )
2me
2mp
4|Re Rp |
(10.51)
(10.52)
Mentre i primi tre termini, che riguardano linterazione tra il protone e lelettrone
sono invarianti, cosi non ` per la parte di potenziale. Infatti se traslassimo solo
e
latomo di idrogeno e non il condensatore si farebbe uno esperimento diverso. Per
188
ripetere lo stesso esperimento in un posto diverso occorre non solo traslare latomo di
idrogeno ma anche il condensatore. Formalmente questo si pu` vedere descrivendo
o
il condensatore in termini delle cariche depositate sulle placche.
Tutta questa discussione si estende in maniera ovvia al caso di pi` dimensioni.
u
Per esempio, loperatore di traslazione in pi` dimensioni `
u
e
T (a) = e
aP
/
h
(10.53)
(10.54)
10.3
I i H(t1 ) |0
(10.55)
/
h
Se adesso prepariamo lo stesso stato a t = t2 , |(t2 ) = |0 , al tempo t2 + avremo
|(t2 + ) =
I i H(t2 ) |0
(10.56)
/
h
Ma per lomogeneit` del tempo due vettori a t1 + e t2 + devono coincidere
a
|(t1 + ) = |(t2 + )
(10.57)
H(t1 ) = H(t2 )
(10.58)
da cui segue
Vale a dire che H non deve dipendere esplicitamente dal tempo.
operatore il teorema di Ehrenfest richiede che
d
/
ih H = [H, H] = 0
dt
dunque
d
H =0
dt
Segue dunque la conservazione dellenergia.
189
Per un tale
(10.59)
(10.60)
10.4
p p
(10.61)
(10.62)
Quindi
| =
dx|x x| =
dx| x x| =
|x x|
(10.63)
da cui
x|| (x) = (x)
(10.64)
x|p =
/
2h
Avremo
x||p =
1
/
2h
px
h
e /
i
px
i
h
e / = x| p
(10.65)
(10.66)
cio`
e
|p = | p
(10.67)
190
(10.68)
Gli autovettori di con autovalori 1 sono detti avere parit` pari o dispari rispeta
tivamente. Quindi nella base delle coordinate
autovettori pari :
autovettori dispari :
(x) = (x)
(x) = (x)
(10.69)
Nellinterpretazione passiva
X = X,
P = P
(10.70)
(10.71)
10.5
=
y
cos sin
sin cos
x
y
(10.72)
Indichiamo questa rotazione con il simbolo R(). Richiederemo che i vettori di stato
si trasformino in accordo alla legge
U (R()) :
| =|R = U (R())|
(10.73)
R
R
=
=
X cos Y sin
X sin + Y cos
(10.74)
e analoghe per i valori di aspettazione dellimpulso. Procedendo come nel caso delle
traslazioni si vede che
U (R)|x, y = |x cos y sin , x sin + y cos
191
(10.75)
anche questa volta senza fattori di fase per avere le corrette rotazioni sugli impulsi. Per costruire esplicitamente U (R) consideriamo una rotazione di un angolo
innitesimo = . Porremo
U (R( )) = I i Lz
/
h
(10.76)
U (R( ))|x, y = |x y, x + y
(10.77)
e inoltre si avr`
a
Pertanto
U (R( ))|
dxdy|x y, x + y x, y| =
dxdy|x, y x + y, y x|
(10.78)
da cui
x, y|U (R( ))| = (x + y, y x)
(10.79)
R( ) (x, y) = (x + y, y x)
(10.80)
o
Segue dunque
x, y| I i Lz | = (x, y) i x, y|Lz | = (x, y) +
/
/
h
h
da cui
/
x, y|Lz | = ih x
y
y
x
(x, y)
x
x
y
(x, y)
(10.81)
(10.82)
(10.83)
x2 + y 2 ,
192
= arctan
y
x
(10.85)
si ha2
1
x2 + y 2
+y
x
y
Pertanto
/
, |Lz | = ih
Pertanto
U (R()) = e
da cui
y
y
x
(, )
Lz
/ = e
h
U (R())(, ) = e (, ) = (, )
(10.86)
(10.87)
(10.88)
(10.89)
(10.90)
Dal punto di vista passivo avremmo dovuto richiedere, per trasformazioni innitesime
U (R)XU (R) = X Y, U (R)Y U (R) = X + Y
(10.91)
e analoghe per gli impulsi. Dallespressione di U (( )) segue
i [Lz , X] = Y,
/
h
i [Lz , Y ] = X
/
h
(10.92)
o
/
[X, Lz ] = ihY,
/
[Y, Lz ] = +ihX
(10.93)
(10.94)
[Lz , H] = 0
(10.95)
segue
e quindi
d
Lz = 0
(10.96)
dt
Dunque ogni esperimento e il suo ruotato daranno identici risultati se il sistema `
e
invariante per rotazioni nel piano.
Abbiamo visto che (X, Y ) e (Px , Py ) si trasformano come vettori nel piano
rispetto alla trasformazione unitaria U (R) Ogni operatore della forma
V = Vx i + Vy j
2
(10.97)
Per ricavare le seguenti formule si fa uso della nota regola catena. Per esempio: / =
x/ /x + y/ /y
193
con la propriet`
a
U (R)Vi U (R) =
Rij Vj
(10.98)
j=1,2
con
cos sin
sin cos
sar` chiamato un operatore vettoriale.
a
R=
10.5.1
(10.99)
z| z
(10.100)
da cui
z
i
h
z (, ) = R()e /
(10.101)
(10.102)
dove R() ` una funzione arbitraria normalizzabile nella base polare. Notiamo che
e
in questa base
dxdy = dd
(10.103)
e quindi dovremo avere
|R()|2 d <
(10.104)
Notiamo che a dierenza delle autofunzioni dellimpulso in cui gli autovalori dovevano essere reali per avere una funzione non divergente allinnito, nel caso in esame
gli estremi angolari sono niti, (0, 2) e pertanto questo argomento non si applica.
Daltra parte loperatore Lz dovr` essere hermitiano sulle funzioni di tipo (10.102).
a
Quindi la condizione da imporre `
e
1 |Lz |2
= 2 |Lz |1
(10.105)
1 (, )
=
0
=
0
/
1 (, ) ih
=
0
/
ih
= 2 |Lz |1
/
ih
2 (, )dd =
(2 1 )dd
/
+ ih
0
dd =
2 (, )
[2 1 ]2 d
0
194
/
2 ih
1 dd =
(10.106)
Da cui
[2 1 ]2 = 0
0
(10.107)
(, 0) = (, 2)ei
(10.108)
2 z
= 2m,
/
h
e inne
z
m = 0, 1, 2,
(10.110)
+m
2
(10.111)
/
h
Ovviamente il fattore exp(i) pu` essere riassorbito nella normalizzazione e quindi
o
m (, ) = R()eim
(10.112)
(10.113)
con la normalizzazione
2
0
()m () =
m
1
2
ei(m m) = mm
(10.114)
(10.115)
195
(10.116)
1
P (2) = ,
6
P (2) =
1
6
(10.117)
Dato che il problema ` fattorizzato nella parte radiale e nella parte angolare si pu`
e
o
considerare la sola parte angolare e decomporre la parte angolare sulla base degli
autovalori di Lz
() = cos2 = | =
|m m| =
m
con
m =
0
Usando
m ()m
(10.118)
()()d
m
=
0
() cos2 d
m
1
cos = (ei + ei )
2
(10.119)
(10.120)
segue subito
1
1
1
2, 2 =
2, 2 =
2
(10.121)
2
4
4
Il vettore di stato originale decomposto nella base degli autostati di Lz ` dunque
e
0 =
1
1
1
|2 + |0 + | 2
4
2
4
(10.122)
e normalizzando
2
1
|0 + | 2
(10.123)
3
6
`
da cui si ottengono le probabilit` desiderate. E da notare che il tutto si ottiene
a
pi` semplicemente usando lespressione di cos in termini di esponenziali complessi
u
nella funzione originale
1
| = |2 +
6
(, ) = R()
1 +2i 1 1 2i
e
+ + e
4
2 4
(10.124)
10.5.2
Consideriamo adesso una particella nel piano che interagisca con un potenziale che
dipenda solo dalla coordinata radiale
V () = V (
196
x2 + y 2 )
(10.125)
2
2
+ 2
x2 y
+ V ( x2 + y 2 ) E (x, y) = E(x, y)
(10.126)
= cos
sin
x
= sin
+ cos
y
(10.127)
e con un po di calcoli
2
2
2
1
1 2
+ 2 = 2+
+ 2 2
x2 y
(10.128)
Per cui si ha
/2
h
2
1
1 2
+
+ 2 2
2
+ V () E (, ) = EE (, )
(10.129)
(10.130)
e usando la (10.113)
/2
h
2
1
1
+
2 m2
2
+ V () RE,m () = ERE,m ()
(10.131)
Evidentemente, cambiando il potenziale, solo la parte radiale della funzione donda viene modicata, mentre la parte angolare rimane la stessa. Possiamo anche
mostrare come il problema si riduca al caso di una particella unidimensionale con
potenziale modicato. Notiamo innanzitutto che la condizione di normalizzazione
per la R() coinvolge lintegrale
d|R()|2
Conviene dunque denire
1
RE,m () = E,m ()
Qui useremo per indicare la massa per non confonderla con lautovalore di Lz
197
(10.132)
(10.133)
d|E,m ()|2
(10.134)
Si ha poi
2
R() =
2
1
+
3
2
1
3 1
4 5
1
1 2
+
2
3
(10.135)
2
m2 1/4
2
2
+ V () E,m () = EE,m ()
(10.136)
(10.137)
Questo, insieme con il fatto che la regione per < 0 non ` permessa, pu` essere ine
o
terpretato come se ci fosse una barriera di potenziale innita nellorigine. Inoltre per
> 0 il potenziale si modica con laggiunta di un termine di potenziale centrifugo
repulsivo
/2
h
1
V() = V () +
m2
(10.138)
2
2
4
Infatti lultimo termine, a parte il fattore 1/4 che deriva da problemi di riordinamento e che comunque ` trascurabile nel limite classico di grandi m, si interpreta
e
come
L2
z
(10.139)
22
Se si considera una particella in moto su una circonferenza nel piano, il suo momento
angolare ` dato da
e
Lz = p = v = 2
(10.140)
e sostituendo
1
L2
z
= 2 2
2
2
2
198
(10.141)
10.6
Procediamo come nel caso bidimensionale. La rotazione delle coordinate nel caso
classico ` denita tramite la relazione
e
xi xi =
Rij xj
(10.142)
x2
i
(10.143)
Rij Rkj = ik
(10.144)
RRT = I
(10.145)
j=1,2,3
x2
i
i=1
i=1
segue
3
j=1
o in termini di matrici 3 3:
La trasformazione sui vettori di stato ` denita in termini di un operatore unitario
e
U (R):
R : | U (R)| |R
(10.146)
con la condizione
R |Xi |R =
Rij |Xj |
(10.147)
j=1
che ` equivalente a
e
3
U (R)|xi = |
Rij xj
(10.148)
j=1
Lx = Y Pz ZPy
U (Ry ) = I i Ly ,
/
h
Ly = ZPx XPz
U (Rz ) = I i Lz ,
/
h
Lz = XPy Y Px
(10.149)
Inoltre
R (x) = (R1 x)
(10.150)
dove in questo caso abbiamo indicato il vettore x con la notazione compatta matriciale
x
y
x=
(10.151)
z
199
/
[Li , Xj ] = ih
ijk Xk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.152)
k=1
dove
ijk
Dalla relazione
(10.153)
U (R)Xi U (R) =
Rij Xj
(10.154)
j=1
Rik = ik +
(10.155)
L
L
i
i
/ X + i
h
h
e / Xi e
i
/
h
e quindi
cj j Xk
ik
j [Lj , Xi ] = Xi +
j
(10.156)
cj =
ik
(10.157)
ijk
e
ijk j
Rij = ij +
(10.158)
ijk Lk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.159)
(10.160)
si trova che commuta con tutte le componenti del momento angolare. Per esempio:
[L 2 , Lx ] = [L2 + L2 + L2 , Lx ] = [L2 + L2 , Lx ] =
x
y
z
y
z
= Ly [Ly , Lx ] + [Ly , Lx ]Ly + Lz [Lz , Lx ] + [Lz , Lx ]Lz = 0
(10.161)
Quindi
[L 2 , Li ] = 0,
4
i = 1, 2, 3
(10.162)
200
(10.163)
e in particolare
[L 2 , H] = 0
(10.164)
Poich le tre componenti del momento angolare non commutano tra loro, non `
e
e
possibile trovare una base in cui si diagonalizzano simultaneamente. Sar` per`
a
o
possibile trovare una base in cui sono diagonali L 2 e una delle componenti del
momento angolare, per esempio Lz . Inoltre se il sistema ` invariante per rotazioni
e
oltre ai due precedenti operatori si potr` diagonalizzare anche H.
a
10.6.1
1
L
/
h
(10.165)
ijk Jk ,
i, j, k = 1, 2, 3
(10.166)
Jz |, m = m|, m
(10.167)
J = J
201
(10.168)
(10.169)
Notiamo che
[Jz , J ] = [Jz , Jx iJy ] = iJy Jx = J
(10.170)
(10.171)
[J 2 , J ] = 0
(10.172)
e inoltre
e
Pertanto J si comportano come operatori di creazione e distruzione degli autovalori
di Jz , mentre lasciano invariati gli autovalori di J 2 . Infatti
Jz (J |, m ) = (J Jz J )|, m = J (m 1)|, m
(10.173)
da cui
Jz (J |, m ) = (m 1)(J |, m )
(10.174)
(10.175)
(10.176)
[Jz , J ] = J ,
2
J+ J = J 2 Jz + Jz ,
J+ |, m = N+ |, m + 1 ,
[J+ , J ] = 2Jz
2
J J+ = J 2 Jz Jz
J |, m = N |, m 1
(10.179)
(10.180)
(10.181)
Vediamo che gli operatori in (10.180) sono diagonali nella base considerata e che i
loro elementi di matrice sono
, m|J+ J |, m = ( m2 + m)
, m|J J+ |, m = ( m2 m)
(10.182)
Daltra parte si ha
, m|J+ J |, m =
, m|J+ |, m
| , m|J+ |, m |2 0
, m |J |, m =
202
(10.183)
(10.184)
1/2
- 1/2 - (1/4+ )
1
+
4
(10.186)
1/2
- 1/2 + (1/4+ )
1/2
1/2 - (1/4+ )
1/2
1/2 + (1/4+ )
Figura 10.4: Le soluzioni delle condizioni 1) (pallini grigi) e 2) (pallini neri) del
testo.
Dato che ` positivo si vede facilmente dalla Figura 10.4 che le due condizioni
e
sono soddisfatte per m compreso nellintervallo
1
1
1
+m +
4
2
1
+
4
(10.187)
(10.188)
1/4 + dovr`
a
J+ |, j = 0
(10.189)
, j|J J+ |, m = j 2 j = 0
(10.190)
= j(j + 1)
(10.191)
In corrispondenza avremo
da cui
203
(10.192)
J |, = 0
j
, + J |, = 2 + = 0
j|J
j
j
j
Si ha dunque
che ha due soluzioni
(10.194)
= 1) = j(j + 1)
j(j
Da questa troviamo
(10.193)
(10.195)
= j,
j
=j+1
j
(10.196)
(10.198)
(10.199)
e segue che
Dunque vediamo che lautovalore di Jz pu` assumere sia valori interi che seminteri.
o
Ci si pu` chiedere perch nel caso bidimensionale avevamo trovato solo valori interi.
o
e
Questo ` dovuto al fatto che in tal caso abbiamo quantizzato nello spazio delle
e
congurazioni ed abbiamo richiesto che la funzione donda ritorni allo stesso valore
dopo una rotazione di 2. Per casi pi` generali in cui la funzione donda non `
u
e
semplicemente una funzione a valori complessi, ma una funzione a valori vettoriali
(basta pensare al campo elettromagnetico), la situazione ` pi` complicata, perch
e u
e
nella rotazione non basta calcolare la funzione nel punto ruotato, ma essa stessa pu`
o
subire una rotazione. In tal caso loperatore di momento angolare si divide in due
parti (vedi nel seguito), una parte di momento orbitale, che agisce sulle coordinate,
e una parte che agisce invece sulle componenti della funzione donda (parte di spin.
`
E solo sulla parte orbitale che ` richiesta la condizione che la funzione ritorni in s
e
e
dopo 2 e quindi il momento orbitale potr` avere solo valori interi, mentre la parte
a
di spin (o intrinseca) potr` avere anche valori seminteri.
a
Ritorniamo alle (10.182)
, m|J J+ |, m = m2 m = j(j + 1) m(m + 1)
5
(10.200)
Allo stesso risultato si sarebbe arrivati notando che da = j(j + 1) segue 1/4 + = (j + 1/2)2
da cui i due limiti nella (10.187) diventano j
204
da cui
| j, m |J+ |j, m |2 = j(j + 1) m(m + 1)
(10.201)
(10.202)
(10.203)
e analogamente
In genere viene adottata una convenzione sulle fasi tale che gli elementi di matrice
di Jx siano reali. Di conseguenza gli elementi di matrice di J si prendono reali e
j, m + 1|J+ |j, m =
j(j + 1) m(m + 1)
j, m 1|J |j, m =
j(j + 1) m(m 1)
(10.204)
Segue
J |j, m =
(10.205)
Cos` come abbiamo fatto per loscillatore armonico si possono costruire tutti gli stati
a partire, per esempio, dallo stato di peso pi` elevato, cio` lo stato con m = j. Si
u
e
ha
J |j, j = 2j|j, j 1
(10.206)
da cui
2
J |j, j =
3
J |j, j =
2j
2jJ |j, j 1 =
2j
2(2j 1)|j, j 2
(10.207)
Questo suggerisce
k
J |j, j =
k!(2j)!
|j, jk (10.209)
(2j k)!
(k + 1)(2j k)|j, j k 1
(10.210)
(j + m)!
J jm |j, j
(2j)!(j m)!
(10.211)
In modo del tutto analogo si potrebbe partire dal peso pi` basso m = j ottenendo
u
|j, m =
(j + m)!
J jm |j, j
(2j)!(j m)! +
(10.212)
Queste formule hanno la stessa utilit` delle analoghe relazioni trovate per loscillatore
a
armonico. Infatti a partire da queste ` facile, nel caso del momento orbitale, trovare
e
le autofunzioni nello spazio delle congurazioni.
205
10.6.2
Per studiare il problema delle autofunzioni del momento angolare ` conveniente pase
sare a coordinate polari, cos` come abbiamo fatto nel caso bidimensionale. Usando
(10.213)
e le relazioni inverse
y
Figura 10.5: Il sistema di coordinate polari usato nel testo.
r =
x2 + y 2 + z 2
= arctan
= arctan
206
y
x
x2 + y 2
z
(10.214)
1 sin
= sin cos + cos cos
x
r r
r sin
1 cos
= sin sin + cos sin +
y
r r
r sin
= cos sin
z
r r
(10.215)
/
Usando le (10.149) nello spazio delle coordinate (Pi ih/xi ) si trova
cos
+
tan
sin
= i cos
tan
= i
Jx = i sin
Jy
Jz
(10.216)
1
sin
sin
1 2
sin2 2
(10.217)
Osserviamo che gli operatori di momento angolare non dipendono dalla variabile
radiale, ma solo dalle variabili angolari. Pertanto nel valutare le autofunzioni di Jz
e di J 2 potremo ignorare la variabile radiale. Scriveremo dunque le autofunzioni
nella base delle coordinate come (indicando con invece che con j lautovalore del
momento orbitale)
x| , m , | , m = Y m (, )
(10.218)
Le funzioni Y m (, ) sono chiamate armoniche sferiche. Consideriamo allora
lautofunzione di peso massimo Y (, ) che soddisfer`
a
J 2 Y (, ) = ( + 1)Y (, )
(10.219)
Jz Y (, ) = Y (, )
(10.220)
(10.221)
(10.222)
Notiamo anche che questa equazione, insieme a quella per Jz , ` equivalente allee
2
quazione agli autovalori per J . Infatti da
2
J 2 = Jz + Jz + J J+
(10.223)
tan
J = ei
Pertanto
0 = J+ Y (, ) = ei
tan
(10.224)
Y (, )
(10.225)
F () = 0
(10.226)
d
sin
d sin sin
F () = cos
da cui
dF ()
d sin
=
F ()
sin
(10.227)
F () = c(sin )
(10.228)
Y (, ) = c(sin ) ei
(10.229)
+1
22 +1 ( !)2
(2 + 1)!
(10.230)
Pertanto
(2 + 1)!
1
c = (1)
(10.231)
2 !
4
dove la fase ` stata scelta in modo che la Y 0 (0, 0) risulti reale e positiva.Una volta
e
ricavata larmonica sferica di peso massimo si possono ricavare le altre applicando
loperatore J Notiamo che in generale si ha
J eim f () = ei(m 1)
cos
d
+m
f () =
d
sin
d
[(sin )m f ()] =
d
d
= ei(m 1) (sin )1m
[(sin )m f ()]
d cos
= ei(m 1) (sin )m
208
(10.232)
da cui
k
J eim f () = ei(m k) (sin )km
dk
[(sin )m f ()]
k
d(cos )
(10.233)
( + m)!
J m Y (, )
(2 )!( m)!
(10.234)
e inne
d m
( + m)!
eim (sin )m
(sin )2
(2 )!( m)!
d(cos ) m
(10.235)
Lespressione precedente vale per m 0. Per autovalori negativi di Jz si denisce
Y m (, ) = (1)
(2 + 1)! 1
4
2 !
Y ,m (, ) = (1)m (Y m (, ))
(10.236)
(2 + 1)( m)!
(1)m eim P m (cos )
4( + m)!
(10.237)
Diamo qui di seguito alcune propriet` dei polinomi di Legendre e delle armoniche
a
sferiche.
Polinomi di Legendre:
P (w) =
d
(w2 1)
2 ! dw
(10.238)
d|m|
P (w),
dw|m|
|m| = 0, 1, ,
(10.239)
(10.240)
(, ) = mm
(10.241)
(10.242)
Y m ( , + ) = (1) Y m (, ) (parit`)
a
(10.243)
1
Y00 (, ) =
4
(10.244)
Y1,0 (, ) =
3
cos ,
4
3
sin ei
8
Y1,1 (, ) =
(10.245)
Completezza
Y m ( , )Y (, ) =
m
=0 m=
10.6.3
1
( )( ) ( ) (10.246)
sin
1
|p| 2 + V (r),
2
r = |x|
(10.247)
(10.248)
(10.249)
come segue da
Pertanto potremo diagonalizzare simultaneamente |L| 2 , Lz e H. Lequazione di
Schrdinger stazionaria ` data da
o
e
/2
h
2
Per calcolare
(10.250)
1
+
r r
210
/
= ih
1
r
r r
(10.251)
che ha la propriet`
a
/
[r, Pr ] = ih
(10.252)
(10.253)
r0
d3 r(Pr )
(10.254)
richiede che
/
0 = ih
/
= ih
/
= ih
/
= +ih
1 d(r) 1 d(r )
+
=
r dr
r dr
0
d(r) d(r )
+
r =
d
dr r
dr
dr
0
d
/
d
dr (|r|2 ) = ih d|r|2 =
dr
0
0
d
r2 dr
d(|r|2 )r=0
(10.255)
ijk Xj Pk
(10.256)
dato che non ci sono ambiguit` nellordine dei prodotti (le coordinate e gli impulsi
a
compaiono sempre con indici diversi). Pertanto
|L| 2 =
ijk Xj Pk i m X
Pm =
(j km jm k )Xj Pk X Pm
(10.257)
jk m
ijk m
= (j km jm k )
(10.258)
Pertanto
|L| 2 =
(Xj Pk Xj Pk Xj Pk Xk Pj ) =
jk
/
/
[Xj (Xj Pk ihjk )Pk Xj (Xk Pk ihkk )Pj ] =
=
jk
/
/
= |X| 2 |P |,2 ihX P + 3ihX P
/
Xj (Pj Xk + ihjk )Pk =
jk
/
= |X| 2 |P |,2 (X P )2 + ihX P
211
(10.259)
Notiamo che si ha
/
X P = ih x
+y
+z
x
y
z
/
= ihr
(10.260)
dove si ` fatto uso delle equazioni (10.213) e (10.215). Segue dalla (10.251)
e
/
rPr = ihr
/
/
ih = X P ih
r
(10.261)
Si ottiene allora
/
/
|L| 2 = |X| 2 |P |,2 (X P )((X P ) ih) = |X| 2 |P |,2 (rPr + ih)rPr =
/
/
= |X| 2 |P |,2 r(rPr ih)Pr ihrPr = |X| 2 |P |,2 |X| 2 Pr2
(10.262)
Dunque possiamo scrivere il quadrato delloperatore dimpulso nella forma
|P | 2 = Pr2 +
da cui
H=
1
|X| 2
|L| 2
1 2
1
Pr +
|L| 2 + V (r)
2
2
2|X|
(10.263)
(10.264)
con
/ 2 2
1 1
h
r
r=
r
(10.265)
r r r r
r r2
Con questa forma dellhamiltoniana si eettua facilmente la separazione delle variabili angolari da quelle radiali. Ponendo
Pr2
/2
= h
E m (r, , ) = Y m (, )E (r)
(10.266)
si trova
/ 2 1 d2 (rE, (r))
h
+
2 r
dr2
/ 2 ( + 1)
h
+ V (r) E (r) = EE (r)
2r2
(10.267)
e introducendo
yE (r) = rE (r)
(10.268)
segue
/ 2 d2 yE, (r)
h
+
2 dr2
/ 2 ( + 1)
h
+ V (r) yE (r) = EyE (r)
2r2
(10.269)
Dunque, come nel caso bidimensionale abbiamo riportato il problema ad un problema unidimensionale nella variabile radiale. Inoltre la funzione ryE (r) soddisfa
lequazione di Schrdinger unidimensionale con un potenziale modicato
o
/ 2 ( + 1)
h
V (r) V (r) +
2r2
212
(10.270)
Come vedremo in un momento il secondo termine corrisponde al potenziale centrifugo ed ` un termine repulsivo (per = 0). Notiamo anche che poich` lhamiltoniana
e
e
originaria era hermitiana anche lespressione che abbiamo trovato in termini dellimpulso radiale deve soddisfare la stessa propriet`. Questo signica che sullo spazio
a
delle soluzioni deve essere soddisfatta la (10.253), che in termini della yE (r) signica
yE (0) = 0
(10.271)
v 2 = r 2 + r 2 2
(10.272)
e lenergia ` data da
e
1
1
E = r2 + r2 2 + V (r)
2
2
In queste coordinate il momento angolare della particella ` dato da
e
|L| = r2
(10.273)
(10.274)
e quindi
1
|L| 2
E = r2 + V (r) +
(10.275)
2
2r2
Per precisare meglio le condizioni allorigine assumiamo che landamento della
yE sia del tipo
yE (r) rs
(10.276)
con s > 0. Assumiamo inoltre che allorigine V (r) abbia al pi` una singolarit` di
u
a
tipo 1/r. Allora il termine dominante nellequazione ` il potenziale centrifugo e
e
potremo scrivere
/ 2 d2 yE, (r) / 2 ( + 1)
h
h
+
yE (r) = 0
(10.277)
2
2 dr
2r2
da cui
s(s 1) = ( + 1)
(10.278)
Questa equazione ha due soluzioni
s = + 1,
s=
(10.279)
(10.280)
Vediamo anche che al crescere di , cio` del momento angolare, la funzione donda `
e
e
sempre pi` schiacciata nellorigine, cio` la probabilit` di trovare la particella nellou
e
a
rigine ` sempre pi` piccola. Questo corrisponde al fatto classico che al crescere del
e
u
momento angolare la particella sta pi` lontana dallorigine.
u
Consideriamo adesso landamento a r . Se il potenziale non va a zero allinnito diventa il termine dominante e quindi non possiamo dire niente in generale.
Supponiamo invece che rV (r) 0 per r , allora il termine dominante ` il
e
termine che contiene E:
/ 2 d2 yE, (r)
h
= EyE (r)
(10.281)
2 dr2
La discussione ` come nel caso unidimensionale
e
E > 0. Si hanno soluzioni oscillanti.
E < 0. Si deve scegliere la soluzione esponenzialmente decrescente che corrisponde quindi a uno stato legato. Il motivo per cui anche in questo caso la
soluzione ha autovalori discreti dipende dal fatto che dovremo raccordare questa soluzione con la soluzione regolare nellorigine e questo non ` generalmente
e
possibile salvo per particolari valori dellenergia.
10.6.4
+
yE (r) = EyE (r)
2
2 dr
2r2
Introducendo la quantit`
a
k2 =
2E
/2
h
(10.282)
(10.283)
e la variabile adimensionale
= kr
si ha
d2
( + 1)
+
2
d
2
(10.284)
y =y
(10.285)
+1
d
+
d
214
(10.286)
e il suo aggiunto
d =
+1
d
+
d
(10.287)
Si vede subito che lequazione per y pu` essere riscritta nella forma
o
d d y = y
(10.288)
(10.289)
d d = d +1 d+1
(10.290)
d +1 d+1 (d y ) = (d y )
(10.291)
d y = c y +1
(10.292)
Daltra parte si ha
Per cui
Segue
(10.293)
B
y0 = cos
(10.294)
d
+1
+
d
( )
(10.295)
(10.296)
1
1
(10.297)
+1 =
Pertanto
+1
=
+1
1 d
+1
=
+1
1 d
e iterando
215
1 d
d
+1
0
0
d
d
2
(10.298)
(10.299)
B =
cos
(10.300)
= ()
Con le due possibilit`
a
A =
sin
,
si generano le funzioni
1 d
d
A j = ()
sin
cos
(10.302)
1 d
d
B n = ()
(10.301)
sin
cos
0: j
(2 + 1)!!
: n
(10.303)
(10.304)
0: n
(2 1)!!
+1
(10.305)
(10.306)
j (kr)j (k r)r2 dr =
/ 2k2
h
E=
2
(10.307)
(k k )
2k 2
(10.308)
(k k ) mm
2k 2
(10.309)
si ha
E m (r, , )E
(10.310)
La dierenza tra questi due tipi di soluzione ` che nel caso precedente si diagonale
izzano lenergia, il momento angolare e la sua proiezione lungo lasse z, mentre nel
secondo caso si diagonalizzano le tre componenti dellimpulso (questo assicura che
anche lenergia ` diagonale). Usando coordinate polari, londa piana si pu` scrivere
e
o
E (r, ) =
1
eikr cos ,
/ )3/2
(2h
k=
|p|
/
h
(10.311)
Questa espressione si pu` espandere sulla base delle funzioni precedenti E m (r, , )
o
con il risultato
ikr cos =
e
i (2 + 1)j (kr)P (cos)
(10.312)
=0
217
Capitolo 11
Latomo di idrogeno
11.1
Abbiamo gi` trattato in Sezione 9.2, nel caso unidimensionale, il moto di due corpi
a
soggetti a un potenziale che dipenda solo dalla distanza. Abbiamo visto che il
problema ` separabile facendo uso delle coordinate del centro di massa e relativa.
e
Largomento ` identico nel caso tridimensionale, per cui partendo da
e
H=
/2
h
2m1
2
1
/2
h
2m2
2
2
+ V (|x1 x2 |)
(11.1)
x = x1 x2
(11.2)
m1 x1 + m2 x2
,
m1 + m2
/2
h
H=
2M
2
X
/2
h
2
x
+ V (|x|)
(11.3)
dove
m1 m2
m1 + m2
sono la massa totale e la massa ridotta. Ponendo
M = m1 + m2 ,
(x1 , x2 , t) = CM (X)(x)e
ET t
/
h
(11.4)
(11.5)
2M
e
/2
h
2
X CM (X)
2
x
= ECM CM (X)
(11.6)
(11.7)
218
con
ET = ECM + E
(11.8)
Mentre la prima equazione fornisce il moto libero del centro di massa e quindi di
scarso interesse sico, la seconda ` identica a una equazione di Schrdinger per
e
o
una particella singola di massa uguale alla massa ridotta e soggetta al potenziale
V (|x|).
11.2
Ze2
r
(11.9)
Quindi lequazione di Schrdinger per il moto radiale relativo sar` (vedi la (10.269))
o
a
d2 y
dr2
( + 1) 2Ze2 2E
2
r2
/2
/
rh
h
y =0
(11.10)
( + 1) 2Ze2 1 2|E|
+
2
2
/2
ah
a2/
h
y =0
(11.12)
dove abbiamo preso E < 0 dato che si vuole considerare il problema degli stati
legati. Si vede che conviene scegliere
a2 =
8|E|
/2
h
(11.13)
e in particolare si ha
2Ze2
= e2
/2
ah
Z 2
e2 ,
/ 2 |E|
2h
Notiamo che
dim[a2 ] =
m
mE
=
=
2 t2
E
m 2
Z 2
/2
2h |E|
(11.14)
(11.15)
Con e indichiamo qui la carica del protone, uguale a quella dellelettrone cambiata di segno,
pari a 1.602 1019 C
219
Dunque si trova
y
( + 1) e2 1
+
2
y =0
(11.16)
1
y y =0
4
(11.17)
(11.18)
1
y =e 2 v
(11.19)
si ha
1
1
1
y = e 2 v +e 2 v
2
1
1
1
1
y = e 2 v e 2 v +e 2 v
4
(11.20)
da cui
( + 1)
e2
v v
v +
v =0
(11.21)
2
(11.22)
In questo modo abbiamo una funzione che ha un corretto comportamento sia nellorigine che allinnito, se la u ` regolare nellorigine e non diverge esponenzialmente
e
allinnito. Si ha
v = ( + 1) u + +1 u
v = ( + 1) 1 u + 2( + 1) +1 u + +1 u
(11.23)
u + 2( + 1)u u ( + 1)u + e2 u = 0
(11.24)
e sostituendo
A questo punto espandiamo la u in una serie di potenze in
ck k
u =
k=0
220
(11.25)
Da
u =
ck k
k1
ck+1 (k + 1)k
k=0
k=0
k(k + 1)ck+1 k
u =
(11.26)
k=0
(11.27)
(11.28)
ck
k
k:
(11.29)
(11.30)
Z 2
= +k+1
/2
2h |E|
(11.31)
=
da cui
e2
E = |E| =
Z 2 e4
/2
2h n2
(11.32)
dove si ` posto
e
n = + k + 1 = 1, 2,
Pertanto per n ssato i possibili valori di
(11.33)
sono
= n k 1 = n 1, n 2, , 1, 0,
(11.34)
221
(2 + 1) = 2
=0
n(n 1)
+ n = n2
2
(11.35)
Z 2 Ry
n2
(11.36)
Ry =
e4
/2
2h
(11.37)
dove
(11.38)
dq
dq
dp
e p e p
d
(11.39)
(11.40)
con
Nn =
a3 (n 1)!
2n((n + )!)3
(11.41)
Una quantit` molto conveniente da utilizzare ` il cosi detto raggio di Bohr dato
a
e
da
/2
h
(11.42)
a0 = 2
e
Infatti
Et2
(E t)2
=
=
mE
m
La quantit` a introdotta allinizio diviene
a
(11.43)
dim[a0 ] =
a2 =
8 Z 2 e4
4Z 2
= 2
n
/ 2 2h2 n2
h /
222
e2
/2
h
4Z 2 1
n2 a2
0
(11.44)
e quindi
2Z 1
n a0
La variabile adimensionale risulta dunque
a=
(11.45)
2Z r
n a0
(11.46)
`
E allora facile vedere che le prime autofunzioni dellatomo di idrogeno (Z = 1) sono
2
100 (r, , ) =
4
200 (r, , ) =
210 (r, , ) =
211 (r, , ) =
1
a0
3/2
e a0
r
e 2a0
2
a0
r
1/2
r 2a
1
0 cos
e
32a3
a0
0
r
1/2
1
r 2a
0 sin ei
e
3
64a0
a0
1
32a3
0
(11.47)
1/2
(11.48)
r
2
r2 d|n,n1,0 |2 dr r2n e na0 dr
r
r
r
2
d 2n 2 na
2 2n 2 na
2n1
0
0
r e
r e
0=
= 2nr
e na0
dr
na0
(11.49)
(11.50)
cio` per
e
r = n2 a0
(11.51)
11.2.1
Stime numeriche
Vogliamo vedere adesso i valori numerici delle quantit` di interesse per latomo
a
di idrogeno. Consideriamo per cominciare le masse delle particelle espresse in eV
(electron volts). Ricordiamo che un eV ` lenergia acquistata da una particella con
e
carica pari ad e per attraversare una dierenza di potenziale di 1 V olt. Quindi
1 eV = e 1 = 1.602 1019 J
(11.53)
Si ha (1 M eV = 106 eV )
elettrone : mc2 = 0.511 M eV ( 0.5)
protone : M c2 = 938.3 M eV ( 1000)
m
1
rapporto delle masse :
=
M eV ( 1/2000)
M
1836
(11.54)
mM
m
m+M
(11.55)
Quindi nelle stime successive approssimeremo la massa ridotta con quella dellelettrone. Consideriamo adesso il raggio di Bohr:
/2
h
a0 =
me2
(11.56)
Per il suo calcolo conviene introdurre delle quantit` intermedie quali il prodotto / c.
a
h
Si ha
/ c = 3 108 mt sec1 1.05 1034 J sec = 3.15 1026 J mt
h
(11.57)
segue
/c =
h
3.15 1026
MeV mt = 197 MeV fermi = 1973.3 eV ( 2000) (11.58)
A
1.6 1013
dove 1 =108 cm. Per quanto concerne il valore della carica elettrica conviene
A
introdurre la costante di struttura ne2
=
e2
1
=
/c
137.04
h
( 1/137)
(11.59)
/c
h
e2
2`
2000 137
0.55
A
0.5 106
(11.60)
E da osservare che lespressione per la costante di struttura ne dipende dalle unit` elettriche
a
scelte. In generale essa ` data da = e2 /(4 0 / c) ed ` adimensionale. In questo corso abbiamo
e
h
e
scelto 0 = 1/4 in modo da avere il potenziale coulombiano nella forma pi` semplice V e2 /r
u
224
me4
mc2
=
2
/2
2h
e2
/c
h
0.25 106
= 13.3 eV pi` accurato 13.6
u
1372
(11.61)
/
/ 2 e2
h
h
e =
=
= a0
mc
me2 / c
h
(11.63)
/ e2
e2
h
=
= e = 2 a0
mc2
mc / c
h
(11.64)
Per terminare, esiste un modo molto semplice per ricordare la costante di Rydberg
o, se vogliamo, lenergia dello stato fondamentale. Classicamente un elettrone ` in
e
equilibrio sullorbita se
mv 2
e2
=
(11.65)
r
r
da cui
1
e2
1
E = mv 2
= mv 2
(11.66)
2
r
2
Possiamo scrivere
1
1
v 2
E = mv 2 = mc2
(11.67)
2
2
c
Se assumiamo che il rapporto v/c sia dato da
v
=
(11.68)
c
n
si ottiene
2
me4
1 2 1 e2
= 2
E = mc 2
(11.69)
2
n /c
h
/
2h n2
Se si sfrutta la quantizzazione del momento angolare si ottiene, per traiettorie
circolari
/
mvr = nh
(11.70)
e moltiplicando per c
v
n2 /
n2
h
/
mc2 r = nhc r =
= e = a0 n2
c
mc
(11.71)
Capitolo 12
Teoria delle perturbazioni nel caso
stazionario
12.1
(12.2)
con
0
lim En = En
(12.5)
i |ni
|n =
i=0
226
(12.6)
i
i En
En =
(12.7)
i=0
(H0 + H1 )
i
i+j En |nj
|n =
i=0
(12.8)
i,j=0
(12.9)
=
p=0 j=0
i,j=0
i
p=0 p=1 p=2 p=3 p=4
Figura 12.1: Illustrazione del cambiamento di variabili nella doppia somma eettuata
nel testo.
H0 |n +
i=0
i+1
H1 |n =
p=0
i=0
pj
En |nj
(12.10)
j=0
(12.11)
i1
H0 |n + H1 |n
ij
En |nj ,
=
j=0
227
i=0
(12.12)
(12.14)
1
En = n0 |H1 |n0
(12.15)
da cui
Se invece moltiplichiamo per m0 | con m = n si trova
0
m0 |H0 |n1 + m0 |H1 |n0 = En m0 |n1
da cui
m0 |n1 =
m0 |H1 |n0
,
0
0
En Em
m=n
(12.16)
(12.17)
|m0 m0 |n1
(12.18)
Ovviamente dobbiamo ancora calcolare il termine n0 |n1 . Daltra parte se chiediamo che al primo ordine lo stato perturbato sia normalizzato avremo
1 = ( n0 | + n1 |)(|n0 + |n1 ) 1 + n0 |n1 + n1 |n0
(12.19)
Questo implica che n0 |n1 = ia con a reale. Quindi nellespansione al primo ordine
avremo
|n = |n0 + |n1 = |n0 (1 + ia) +
|m0 m0 |n1
(12.20)
m=n
Dato che a ` una quantit` del primo ordine nella perturbazione possiamo ssare
e
a
la fase di |n moltiplicando per ei , che cancella la fase nel primo termine e non
produce eetti sul secondo che ` gi` del primo ordine. Quindi
e a
|n = |n0 + |n1 = |n0 +
|m0
m=n
m0 |H1 |n0
0
0
En Em
(12.21)
(12.22)
(12.23)
| n0 |H1 |m0 |2
n0 |H1 |m0 m0 |H1 |n0
=
0
0
0
0
En Em
En Em
m=n
(12.24)
12.1.1
1 2 1
P + m 2 X 2
2m
2
(12.26)
1
(12.27)
H1 = m2 X 2
2
Ovviamente il problema ` accademico dato che la soluzione esatta si ottiene seme
plicemente sostituendo 2 con 2 + 2 . Ci` non di meno il problema serve per
o
illustrare le caratteristiche del metodo. Al primo ordine si ha
1
1
En = n0 | m2 X 2 |n0
2
(12.28)
/
h
(a + a )
2m
(12.29)
e ricordando che
X=
229
si ha
n0 |X 2 |n0 =
/
/
/
h
h
h
n0 |(aa + a a)|n0 =
n0 |(2a a + 1)|n0 =
2m
2m
m
Per cui
1
En =
1
2
(12.30)
n+
2
1
/ n +
h
2 2
2
(12.31)
e
1
0
h
En = En +En = / n +
1
2
1
+ 2 / n +
h
2
2
2
= / 1 +
h
2
2
n+
1
2
(12.32)
1
En = / 2 + 2 n +
h
2
(12.33)
4
1
/ n +
h
4
8
2
(12.34)
12.1.2
r1
r12
r2
Figura 12.2: la cinematica per un atomo ionizzato Z 2 volte e quindi con due soli
elettroni.
230
Lhamiltoniana del sistema sar` quella relativa a due elettroni nel campo couloma
biano del nucleo pi` un potenziale coulombiano repulsivo tra i due elettroni. Avremo
u
cio`
e
Ze2 Ze2
e2
V =
+
(12.35)
r1
r2
r12
La cinematica ` denita nella Figura 12.2. Assumiamo il potenziale repulsivo come
e
interazione
e2
H1 =
(12.36)
r12
e consideriamo lo stato fondamentale. La parte in H0 si separa nel problema di due
elettroni ciascuno nel campo coulombiano del nucleo e quindi lenergia dello stato
fondamentale imperturbato sar` la somma delle energie dello stato fondamentale di
a
un atomo idrogenoide. La dierenza tra un atomo di idrogeno e uno idrogenoide `
e
che nel potenziale coulombiano si ha la sostituzione e2 Ze2 e dato che lenergia
dipende da e4 segue che si pu` scrivere
o
En =
Z 2 e2
2a0
(12.37)
Z 2 e2
a0
(12.38)
r1 , r2 |Esf
Z
1
= r1 |E0 r2 |E0 =
a0
Z(r1 + r2 )
3
1 Z
a0
=
e
a0
3/2
Zr1
1
e a0
Z
a0
3/2
Zr2
e a0 =
(12.39)
d3 r1 d3 r2
Introducendo le variabili
y1 =
Z
r1 ,
a0
si trova
E1 =
1 Ze2
2 a0
Z
a0
1
2
d3 y1 d3 y2
y2 =
e2
e2Z(r1 +r2 )/a0
|r1 r2 |
Z
r2
a0
e2(y1 + y2 )
5 Ze2
=
|y1 y2 |
8 a0
231
(12.40)
(12.41)
(12.42)
Pertanto
Esf
Z 2 e2
+E =
a0
1
5
8Z
(12.43)
He
Li+
Be++
12.1.3
Z
2
3
4
Esf
-108
-243.5
-433
E1
34
50.5
67.5
Esf + E 1
-74
-193
-365.5
Eexp
-78.6
-197.1
-370.0
Regole di selezione
Le regole di selezione facilitano molto il calcolo degli elementi di matrice della hamiltoniana di interazione e quindi dei calcoli perturbativi. Le regole di selezione sono
una conseguenza dellesistenza di operatori che commutano sia con H0 che con H1 .
Supponiamo che un operatore sia tale che
[, H1 ] = 0
(12.44)
a meno che 1 = 2
(12.45)
(12.46)
Il modo pi` semplice per capire questo risultato ` osservare che H1 non cambia gli
u
e
autovalori di . Infatti
(H1 |a, ) = H1 |a, = (H1 |a, )
(12.47)
(12.48)
[Lz , H1 ] = 0
(12.49)
allora
e
a2 , m2 |H1 |a1 , m1 = 0,
232
a meno che m1 = m2
(12.50)
Questo concetto si pu` estendere al caso in cui H1 cambi in modo denito un nuo
mero quantico (vedremo in seguito le applicazioni nel caso del momento angolare).
Consideriamo, per esempio, la parit` e assumiamo
a
H1 = X
(12.51)
H1 = H1
(12.52)
allora
Pertanto H1 cambia la parit` di uno stato e i suoi elementi di matrice tra stati della
a
stessa parit` sono nulli.
a
12.2
Nel caso degenere la condizione (12.25) non pu` essere soddisfatta e la teoria pero
0
turbativa cos` come formulata precedentemente non ` valida. Se lautovalore En sul
e
quale si costruisce la teoria perturbativa ` degenere, il corrispondente autostato sar`
e
a
indicato con
0
H0 |n0 , = En |n0 , , = 1, 2, , k
(12.53)
dove lindice numera la degenerazione. Ovviamente avremo al pi` k autofunzioni
u
di H = H0 + H1 , diciamo |n, , tali che
a |n0 ,
lim |n, =
H1 0
(12.54)
(12.56)
0
1
n0 , |H1 |n0 , a = (En En )
(12.57)
Quindi
0
1
n0 , |H1 |n0 , a = (En En )a
233
(12.58)
o
1
0
n0 , |H1 |n0 , (En En ) a = 0
(12.59)
12.2.1
Eetto Stark
(12.60)
H1 = eEr cos
(12.61)
o in coordinate polari
Osserviamo anche che H1 ` dispari sotto parit`. Dato che in coordinate polari
e
a
X X corrisponde a
r r, , +
(12.62)
m
0
1 0
1 -1
1 +1
(12.63)
Ovviamente siamo nel caso degenere dato che gli autovalori dellenergia dellatomo di idrogeno
non dipendono da
234
(12.64)
2, 1, m|H1 |2, 0, 0
(12.65)
e
Ma dato che [Lz , H1 ] = 0, H1 pu` connettere solo stati con lo stesso m e quindi
o
m = m = 0. Pertanto gli unici elementi di matrice non nulli sono
2, 0, 0|H1 |2, 1, 0
0
0
H1 =
0 0
0 0
2, 1, 0|H1 |2, 0, 0
(12.66)
0 0
0 0
(12.67)
0 0
0 0
con
= eE
r3 drR20 R21
(12.68)
235
autovalore +
autovalore
(12.69)
Capitolo 13
Momento angolare intrinseco o
spin
Come abbiamo visto la teoria generale del momento angolare prevede che il momento
angolare possa assumere anche valori semiinteri, ma a parte questo risultato ` ovvio
e
che la teoria del momento angolare non si pu` ridurre al solo studio del momento oro
bitale. Infatti, in generale, la funzione donda non si ridurr` a una funzione a valori
a
complessi, ma potr` avere delle ulteriori propriet`. Basta pensare al campo elettroa
a
magnetico. Il campo elettrico e magnetico, se calcolati in un sistema di riferimento
ruotato non cambiano solo perch` ruotano le coordinate del punto considerato, ma
e
anche perch ruotano le loro componenti. Questo ` un fatto del tutto generale e che
e
e
ci conduce a separare il momento angolare in due parti, la parte orbitale, che tiene
conto della rotazione delle coordinate del punto che si sta considerando e la parte di
momento angolare intrinseco, o brevemente di spin, che tiene conto delle variazioni
che possono subire le componenti delle funzione donda. Nel caso n qui esaminato
di una funzione donda a valori complessi, questa variazione ` nulla e si dice che lo
e
spin ` zero.
e
13.1
Lo spin
Dal ragionamento fatto precedentemente segue che lo spin corrisponde a una vera
e propria variabile dinamica addizionale, per cui il vettore di stato corrispondente
ad uno spin j sar` caratterizzato da una funzione donda in una base in cui sono
a
diagonali le coordinate, il quadrato del momento di spin e la sua terza componente
j (r, m) = r; j, m| ,
m = j, j + 1, , j 1, j
(13.1)
Dunque la funzione donda dipende non solo dalla posizione ma anche da una ulteriore variabile discreta m che prende 2j + 1 valori. In questa base (la base j, m|) il
momento di spin agisce come una matrice (2j + 1) (2j + 1) e quindi si pu` pensare
o
236
j (r, j)
j (r, j 1)
j (r, m) =
j (r, j + 1)
j (r, j)
(13.2)
+j
3
| =
d3 r |j (r, m)|2
d r |r; j, m r; j, m| =
m=j
(13.3)
m=j
P (m) =
(13.4)
Prima di procedere consideriamo i casi particolari dello spin 1/2 e dello spin 1.
Spin 1/2: Dalla teoria generale del momento angolare (vedi Sezione 10.6.1) si
ha
1 1 0
Jz =
(13.5)
2 0 1
e da
1/2, 1/2|J+ |1/2, 1/2 =
3 1 1
+ =1
4 2 2
(13.6)
3 1 1
+ =1
4 2 2
(13.7)
segue
1
1
Jx = (J+ + J ) =
2
2
e
1
i
Jy = (J+ J ) =
2
2
0 1
1 0
(13.8)
0 i
i 0
(13.9)
(13.10)
e quindi date da
x =
0 1
,
1 0
y =
0 i
,
i 0
237
z =
1 0
0 1
(13.11)
Chiaramente si ha
2 = 4J 2 = 4
e
1 3
=3
2 2
(13.12)
2
z = 1
(13.13)
(13.14)
ijk k
(13.15)
(13.16)
per esempio,
[x , y ]+ = x y + y x =
=
1
(x [z , x ] + [z , x ]x ) =
2i
1
(x z x z + z x z x ) = 0
2i
(13.17)
Pertanto
[i , j ]+ = 2ij
(13.18)
Dunque la funzione donda per lo spin 1/2 ` una funzione con due componenti
e
1/2 (r) =
(r, 1/2)
(r, 1/2)
+ (r)
(r)
(13.20)
la 1/2 (r) viene chiamata spinore. Le due componenti con + e vengono dette
con spin up e spin down rispettivamente. Per un vettore di stato normalizzato le
probabilit` per spin up e spin down sono rispettivamente
a
P (+) =
spin 1: Si ha
d3 r |+ (r)|2 ,
P () =
1 0 0
Jz = 0 0 0
0 0 1
238
d3 r | (r)|2
(13.21)
(13.22)
e usando
j, m + 1|J+ |j, m = j, m|J |j, m + 1 =
segue
J =
e quindi
0 0 0
2 1 0 0 ,
0 1 0
j(j + 1) m(m + 1)
0 1 0
1
Jx = 1 0 1 ,
2 0 1 0
J+ =
0 1 0
2 0 0 1
0 0 0
(13.23)
0 i 0
1
Jy = i 0 i
2 0 i
0
(13.24)
(13.25)
Si ha
J2 = 12 = 2
(13.26)
i = x, y, z
( r, +1)
1 (r) = ( r, 0)
( r, 1)
(13.27)
(13.28)
(13.29)
(13.30)
[X, S] = 0
(13.31)
Dato che
la base |r; j, m si pu` identicare con il prodotto tensoriale della base delle coordio
nate e della base di spin
|r; j, m = |r |j, m
(13.32)
239
(13.33)
Rij xj ei S |j, m =
= |
j
+j
= |
Rij xj
j
|j, m
j, m |ei S |j, m
(13.34)
m =j
e denendo la matrice
Dj (R)m m = j, m |ei S |j, m
(13.35)
segue
+j
|j, m Dj (R)m m
Rik xk
U (R)|r; j, m = |
k
(13.36)
m =j
d3 xU (R)|x; j, m j (x, m ) =
=
m
d3 x|
(13.37)
m ,m
Rik xk
(13.38)
si trova
1
Rik xk , m )
d3 x |x ; j, m Dj (R)m m j (
U (R)| =
(13.39)
m ,m
Dj (R)mm j (
R
j (x, m) x; j, m|U (R)| =
m
(13.40)
Nella base spinoriale in cui j (x) ` un vettore con 2j + 1 componenti e Dj (R) una
e
matrice (2j + 1) (2j + 1) si scrive
R
j (x) = Dj (R)j (R1 x)
240
(13.41)
R
1 (x, 0) = 1 (x , 0)
(13.42)
(13.43)
Nel caso dello spin 1/2, possiamo calcolare facilmente loperatore di rotazione
D(1/2) (R) D(R). Infatti per una rotazione di un angolo attorno alla direzione
individuata dal versore n si ha
in S = ei 2 n
D(R) = e
(13.44)
Daltra parte
(n )2 =
ni nj i j =
ij
ni nj (ij + i
ijk k )
= |n|2 = 1
(13.45)
ij
Pertanto
(n )2k = 1,
(n )2k+1 = (n )
(13.46)
i n
e 2
=
i
k pari
1
+
k! k
i
dispari
(n ) = cos in sin
k!
2
2
(13.47)
(13.48)
| = H|
t
241
(13.49)
x; j, m| = x; j, m|H|
t
j (x, m) =
t
Hmm
m
x,
j (x, m)
(13.50)
(13.51)
dove Hmm (x, /x) ` un insieme di (2j + 1) (2j + 1) operatori dierenziali nello
e
spazio delle coordinate e
x; j, m|H|x ; j, m = Hmm
x,
(x x )
(13.52)
j (x) = Hj (x)
t
(13.53)
(13.54)
(13.55)
13.1.1
Ricordiamo qui le equazioni del moto di una particella carica in un campo elettromagnetico. La forza totale che agisce sulla particella ` data da
e
e
F = eE + v B
c
1
(13.56)
242
mx = e E + v B
c
(13.57)
(13.58)
A,
E =
1 A
c t
L
e
= mx + A
v
c
(13.59)
(13.60)
si ottiene lhamiltoniana
e
1
p A
H =pxL=
2m
c
+ e
(13.61)
E +
/
e2
eh
A 2 E + i
2
2mc
2mc
(AE ) + i
/
eh
A E + eE (13.64)
2mc
Inoltre, usando
(AE ) = A
E + (
A)E
(13.65)
si ottiene
/2
h
2m
E +
/
e2
eh
A 2 E + i
(
2mc2
2mc
A)E + 2A
E + eE = EE (13.66)
Per la verica occorre ricordare che A e sono funzioni della coordinata x della particella e del
tempo. Quindi nel calcolo delle equazioni di Eulero-Lagrange appaiono le derivate dei potenziali
che ricostruiscono i campi nelle equazioni del moto
243
A = 0, infatti
A=
1
2
i (
ijk Bj xk )
ijk
1
2
ijk Bj ki
=0
(13.69)
ijk
Inoltre
A
1
2
ijk Bj xk i
ijk
1
2
1
= B (r
2
jki Bj xk i
)=
1
BL
/
2ih
(13.70)
/2
h
2m
e2
e
A2
B L E = EE
2mc2
2mc
(13.71)
Il termine proporzionale al momento angolare orbitale ha una semplice interpretazione classica come energia di interazione con il campo magnetico di un dipolo
magnetico di momento
e
L
(13.72)
=
2mc
Questo si pu` vedere immediatamente considerando, per esempio, il moto circolare
o
uniforme di una carica. In tal caso si ha una corrente pari a
e
I=
(13.73)
T
dove T ` il periodo del moto. Ma noi sappiamo che questa corrente produce un
e
momento magnetico pari
I
= An
(13.74)
c
dove A ` larea del circuito e n la normale uscente alla supercie piano che si appoggia
e
al circuito. Quindi A = r2 con r il raggio della circonferenza. Pertanto
e r2
n
c T
=
Daltra parte
|L| = mrv = mr
3
i ijk i m
(13.75)
2r
r2
= 2m
T
T
= j km jm k e
244
(13.76)
ij ijk ijm
= 2km
e quindi
e |L|
e
n=
L
(13.77)
c 2m
2mc
Usualmente si introduce una unit` di momento magnetico il magnetone di Bohr
a
pari a (m massa dellelettrone)
=
B =
/
eh
= 0.927 1020 erg/gauss
2mc
(13.78)
(13.79)
(13.81)
HI = B =
e L
e
e
(p x) =
=
mcr3
mc r3
mcr3
245
/
eh
2 S L (13.84)
2mc
(13.85)
`
E da osservare che in questa situazione anche se partiamo da una hamiltoniana
non interagente che commuta con il momento orbitale ed il momento di spin, il
termine di interazione non commuta con nessuno dei due separatamente. Risulta
per` invariante rispetto a rotazioni indotte dal momento angolare totale
o
J =L+S
(13.86)
Infatti
[Ji ,
/
Lj Sj ] = ih
Lj Sj ] = [Li + Si ,
j
ijk Lk Sj
/
+ ih
ijk Lj Sk
=0
(13.87)
In questi casi, la base conveniente non ` quella del tipo | , m |s, sz , in cui sono
e
2
2
diagonali L , Lz . S e Sz , ma piuttosto conviene diagonalizzare L 2 , S 2 , J 2 e Jz 4 .
Infatti, in questa base lhamiltoniana precedente ` automaticamente diagonale dato
e
che si pu` scrivere
o
a
H1 = (J 2 L 2 S 2 )
(13.88)
2
Pi` in generale si pone dunque il problema di passare da una base di due o pi`
u
u
momenti angolari che commutano tra loro a una base in cui sia diagonale la loro
somma.
13.1.2
Moto di spin
|0 (t) = H0 |0 (t) ,
t
/
ih
|(t) = H1 |(t)
t
246
(13.91)
La dinamica ` molto semplice perch in questo caso lo spazio degli stati ` bidimene
e
e
sionale e il generico vettore di stato pu` essere espanso nella base
o
|1/2, 1/2 =
1
,
0
|1/2, 1/2 =
0
1
(13.92)
t
quindi a due equazioni disaccoppiate che si integrano immediatamente
(t) = (0)eit ,
13.2
B B
eB
=
/
2mc
h
(13.94)
Consideriamo due momenti angolari commutanti tra loro J1 e J2 5 e vogliamo determinare gli autovalori relativi al quadrato ed alla terza componente del momento
angolare totale
J = J1 + J2
(13.95)
Iniziamo considerando il problema agli autovalori per
Jz = J1z + J2z
(13.96)
(13.97)
(13.98)
Questi quattro operatori commutano tra loro e non ci sono altri operatori che commutino con questi quattro. La base in cui questi operatori sono diagonali costituisce
una base ortonormale alla stregua di quelle in cui erano diagonali i due momenti
5
247
(13.99)
|j1 , j2 ; j1 , j2 = |j1 , j2 ; J = j1 + j2 , M = j1 + j2
(13.100)
e
dato che esiste un solo vettore con queste caratteristiche. Mostriamo poi che J pu`
o
assumere il valore j1 + j2 1. Consideriamo gli stati con autovalore M = j1 + j2 1.
Esistono due possibili ket corrispondenti a questa possibilit`
a
|j1 , j2 , m1 = j1 1, m2 = j2 ,
|j1 , j2 , m1 = j1 , m2 = j2 1
(13.101)
(13.102)
|j1 , j2 , J = j1 + j2 1, M = J
(13.103)
ma anche
soddisfa lo stesso criterio. Vediamo cosi che j1 + j2 1 ` un possibile valore per
e
J. Possiamo ripetere questo argomento diminuendo ogni volta di 1 il valore di J.
Arriveremo cos` ad un valore minimo Jmin . Per determinare questo valore ricordiamo
che il numero di vettori in entrambe le basi deve essere pari a (2j1 + 1)(2j2 +
1). Contiamo allora, in funzione di Jmin , il numero di vettori nella seconda base.
Dovremo avere
j1 +j2
(2j1 + 1)(2j2 + 1) =
j1 +j2
(2J + 1) =
J=Jmin
j1 +j2
J=1
J=1
(2J + 1) =
J=1
Jmin 1
= 2
Jmin 1
(2J + 1)
+ (j1 + j2 ) (Jmin 1) =
J=1
(13.104)
da cui
2
Jmin = (j1 j2 )2 Jmin = |j1 j2 |
(13.105)
(13.106)
13.2.1
Coecienti di Clebsch-Gordan
|j1 , j2 ; m1 , m2 j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
(13.107)
m1 ,m2
I coecienti
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
(13.108)
si chiamano i coecienti di Clebsch-Gordan. Per quanto dimostrato precedentemente questi sono diversi da zero solo quando sono soddisfatte le condizioni:
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M = 0, se |j1 j2 | J j1 + j2
(13.109)
j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M = 0, se M = m1 + m2
(13.110)
(13.111)
(13.112)
(13.113)
|,
(13.114)
|0, 0
|1, 1
|1, 0
(13.115)
Si ha allora6
|1, 1 = |+, +
6
249
(13.116)
Quindi
J |1, 1 =
2 0|1, 0
(13.117)
3 1
+ (|, + + |+, )
4 4
(13.118)
e
(J1 + J2 )|+, + ) =
e si trova
1
|1, 0 = (|, + + |+, )
2
(13.119)
Applicando ancora J
1
=
2
1
2|1, 1 = (J1 + J2 )(|, + + |+, ) =
2
3 1
+ (|, + |, ) = 2|,
4 4
J |1, 0 =
(13.120)
(13.121)
Laltro stato che rimane da determinare |0, 0 (singoletto) si trova osservando che ci
sono solo due modi di ottenere M = 0 e quindi
|0, 0 = |+, + |, +
(13.122)
(13.123)
+ =0
(13.124)
1
singoletto |0, 0 = (|+, |, + )
2
(13.125)
Pertanto
tripletto
|1, 1 = |+, +
1
|1, 0 = (|+, + |, + )
2
|1, 1 = |,
(13.126)
(13.127)
e come per lo spin 1/2 i due coecienti sono ssati da normalizzazione e ortogonalit` con i termini aventi J = j1 + j2 . Applicando ancora J si determina la
a
catena |j1 , j2 ; j1 + j2 1, M . Si passa poi alla catena successiva in cui si hanno
pi` possibilit`, ma anche pi` condizioni di ortogonalit`. Cosi procedendo si possono
u
a
u
a
determinare tutti i coecienti di Clebsch-Gordan, a meno di fasi che restano indeterminate a causa delle condizioni di normalizzazione. Queste vengono ssate dalla
condizione di prenderli tutti reali.
Lequazione (13.107) ci permette di determinare una relazione di ricorrenza per i
Clebsch-Gordan che di fatto riassume il procedimento sopra illustrato. Applicando
ad ambo i lati di questa equazione loperatore J si ottiene
J |j1 , j2 ; J, M = (J1 + J2 )
|j1 , j2 ; m1 , m2 j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M
m1 ,m2
(13.128)
da cui
J(J + 1) M (M 1)|j1 , j2 ; J, M 1 =
=
+
m1 ,m2
j1 (j1 + 1) m1 (m1
+ j2 (j2 + 1) m2 (m2
13.3
1) j1 , j2 ; m1
1, m2 |j1 , j2 ; J, M +
1) j1 , j2 ; m1 , m2
1|j1 , j2 ; J, M
(13.129)
Operatori tensoriali
Abbiamo gi` menzionato pi` volte gli operatori vettoriali, cio` operatori, Vi , che si
a
u
e
trasformano sotto una rotazione come loperatore di posizione
U (R)Vi U (R) =
Rij Vj
(13.130)
ijk j Vk
(13.131)
jk
Ricordando che
U (R) 1 i J
251
(13.132)
segue facilmente
[Ji , Vj ] = i
ijk Vk
(13.133)
Quindi gli operatori vettoriali si possono caratterizzare in base alle loro regole di
commutazione con gli operatori di momento angolare. A partire da vettori si possono
costruire per prodotto tensoriale dei tensori; per esempio in termini di coordinate le
quantit` xi xj formano un tensore doppio simmetrico. Ci si pu` chiedere se si possono
a
o
denire simili quantit` a livello operatoriale. Osserviamo che esiste una stretta
a
relazione tra coordinate e armoniche sferiche. Per esempio, si possono riesprimere
le armoniche sferiche con = 1 in termini delle coordinate cartesiane. Si ha
Y10 =
3 z
,
4 r
3 x iy
4 2r
Y11 =
(13.134)
Quindi un vettore corrisponde a uno spin 1. Lo stesso vale per le armoniche sferiche
con superiori. Per esempio il tensore doppio xi xj ` associato con Y2m
e
15 (x iy)2
32
r2
Y22 =
(13.135)
n| , m
m
, m |U (R1 )| , m
(13.137)
Denendo
D (R)m m =
, m |U (R)| , m
(13.138)
si ottiene
Y ,m (, )D (R1 )m m
Y ,m ( , ) =
(13.139)
La matrice D (R) non ` altro che il rappresentativo della rotazione U (R) nel sote
tospazio di momento angolare , o come si dice la rappresentazione di spin . In
considerazione della relazione esistente tra le armoniche sferiche e i tensori cartesiani,
sembra naturale denire degli operatori, tensori sferici, tali che
+j
(j)
(R)Tm U (R)
(j)
j
Tm Dm m (R1 )
(13.140)
m =j
(j)
j
Tm Dm m (R)
=
m =j
252
(13.141)
(1 i
(j)
J)Tm (1
(j)
+ i J) =
Tm j, m |(1 i J)|j, m
(13.142)
m =j
da cui
+j
(j)
J, Tm ]
(j)
Tm j, m | J)|j, m
(13.143)
m =j
(j)
[J , Tm ] =
(j)
(13.144)
(j)
(13.145)
(j)
dove caratterizza gli altri numeri quantici dello stato. Quindi lo stato Tm |j , m
` un autostato di Jz con autovalore m + m . Come conseguenza si ha la regola di
e
selezione
, j , m |Tq(k) |, j, m = 0 a meno che m = m + q
13.3.1
(13.146)
Il teorema di Wigner-Eckart
Siamo ora in grado di dimostrare un teorema di grande utilit` nella pratica, il teoa
rema di Wigner-Eckart:
Gli elementi di matrice di un operatore sferico soddisfano la relazione:
(k)
,j ,m
|Tq(k) |, j, m
= j, k; m, q|j, k; J = j , M = m
, j ||Tq ||, j
2j + 1
(13.147)
solo se |j k| j j + k
(13.148)
1|Tq(k) |, j, m =
1) , j , m
(13.150)
Se confrontiamo questa equazione con la (13.129), che riportiamo qua sotto per
comodit` (per il confronto occorre sostituire nella seguente equazione ):
a
J(J + 1) M (M 1) j1 , j2 ; m1 , m2 |j1 , j2 ; J, M 1 =
=
j1 (j1 + 1) m1 (m1
1) j1 , j2 ; m1
+ j2 (j2 + 1) m2 (m2
1, m2 |j1 , j2 ; J, M +
1) j1 , j2 ; m1 , m2
1|j1 , j2 ; J, M
(13.151)
vediamo subito che queste equazioni soddisfatte dai Clebsch-Gordan e dagli elementi
(k)
di matrice di Tq sono formalmente identiche con le sostituzioni
m M, j J, j j1 , m m1 k j2 , q m2
(13.152)
Dato che entrambe sono equazioni lineari omogenee esse ammettono la stessa soluzione
a meno di un coeciente moltiplicativo che non pu` dipendere da m, m e q, visto che
o
la ricorrenza ` proprio in questi indici. In particolare vediamo che la corrispondenza
e
`
e
(k)
j1 , j2 ; m1 , m2 1|j1 , j2 ; J, M , j , m |Tq1 |, j, m
(13.153)
e quindi si ricava che
(k)
(13.155)
= RE Y m
254
(13.156)
Avremo
(1)
E2 , 2 , m2 |Rm |E1 , 1 , m1 =
(13.157)
che si pu` riscrivere nella forma
o
r2 drRE2 2 rRE1
2 , m2 |1, 1 ; m, m1
(13.158)
Infatti lintegrale delle tre armoniche sferiche non ` altro che il relativo Clebsche
Gordan.
Un risultato importante, che daremo senza dimostrazione, ` relativo al prodotto
e
di due operatori tensoriali. In una base cartesiana il prodotto di due tensori ` un
e
tensore di rango pari alla somma dei ranghi. Nella base sferica vale un risultato
analogo purch si prendano combinazioni lineari pesate con i Clebsch-Gordan. Si
e
ha che
(k
Tq(k) =
k1 , k2 ; q1 , q2 |k1 , k2 ; k, q Xq1 1 ) Yq(k2 )
(13.159)
2
q1 ,q2
255
Capitolo 14
Teoria delle perturbazioni
dipendenti dal tempo
Fino a questo momento abbiamo considerato problemi in cui lhamiltoniana non
dipende esplicitamente dal tempo. Ci sono per` molti problemi che possono essere
o
descritti da una perturbazione che ne dipende:
H(t) = H0 + H1 (t)
(14.1)
con H0 indipendente dal tempo. Mentre nel caso stazionario si ` interessati agli
e
autovalori dellhamiltoniana totale, in questo caso la questione che ci si pone ` piute
0
tosto la seguente: Se il sistema si trova nellautostato |i di H0 quale ` lampiezza
e
0
di probabilit` (o la probabilit`) di trovarlo nello stato |f ad un tempo t = 0 e per
a
a
f = i? Questo tipo di problema nasce generalmente nei problemi di tipo diusione
(o scattering) in cui si parte da uno stato iniziale preparato in un autostato di H0 .
Successivamente si perturba il sistema, per esempio facendo scatterare il sistema su
un bersaglio e inne si osserva come ` cambiato lo stato quando ormai siamo fuori
e
della regione di inuenza del bersaglio. Dunque per rispondere a questo problema
osserviamo, per iniziare, che allordine zero uno stato stazionario si evolve secondo
la legge
Ei0 t
i
/ |i0
h
|i0 e
(14.2)
Pertanto la probabilit` di trovare lo stato in un autostato diverso da quello iniziale
a
` nulla. Cerchiamo adesso di risolvere lequazione di Schrdinger al primo ordine
e
o
perturbativo. Avremo
/
ih| = (H0 + H1 (t))|
(14.3)
Possiamo espandere lo stato in autostati di H0
cn (t)|n0
|(t) =
n
256
(14.4)
Come gi` detto conosciamo levoluzione temporale degli autostati di H0 , cio` se non
a
e
fosse per H1 (t) si avrebbe
En0 t
i
/ c (0)
h n
cn (t) = e
(14.5)
Poniamo allora
|(t) =
dn (t) e
En0 t
/ |n0
h
(14.6)
con dn (t) allordine zero uguale a cn (t) e dn (0) = cn (0). Lequazione del moto diventa
/
ih H0 H1 (t) |(t) =
t
En0 t
i
/ |n0 = 0 (14.7)
h
/
ihdn (t) H1 (t)dn (t) e
n
/
ihdf (t) =
(14.8)
(14.9)
con
Ef 0 En0
(14.10)
/
h
Supponiamo adesso che al tempo t = 0 il sistema si trovi in un autostato di H0 :
f n =
|(0) = |i0
(14.11)
cn (0) = dn (0) = ni
(14.12)
dn (t) = 0
(14.13)
Pertanto
Allordine zero si ha
i
/
h
257
(14.15)
14.1
Consideriamo una semplice applicazione con H1 (t) una funzione periodica. Questo
` il caso di un atomo in interazione con una radiazione monocromatica di frequenza
e
. Quindi porremo1
H1 (t) = H1 eit
(14.16)
Considereremo anche come istante iniziale e chiederemo la probabilit` di trana
sizione al tempo t = +. A questo scopo iniziamo prendendo la perturbazione
diversa da zero nellintervallo (T /2, +T /2) con T che faremo tendere allinnito.
Si ha allora (per i = f )
i
df =
/
h
+T /2
sin(f i )T /2
i
f 0 |H1 |i0 e+i(f i )t dt = f 0 |H1 |i0
/
(f i )/2
h
T /2
(14.17)
Ricordando la (3.421) vediamo che nel limite T il secondo membro ci fornisce
una rappresentazione della delta di Dirac, quindi
2i 0
f |H1 |i0 (f i )
(14.18)
df =
/
h
Il signicato della funzione delta nel limite corrisponde alla conservazione dellenergia, dato che londa fornisce al sistema una energia pari a / . Che la conservazione
h
dellenergia si abbia solo nel limite ` una conseguenza della relazione di indetermie
nazione tempo-energia discussa precedentemente. La probabilit` per la transizione
a
i f si ottiene prendendo il modulo quadro di df :
Pif = |df |2 =
4 2 0
0 2 2
2 | f |H1 |i | (f i )
/
h
(14.19)
Daltra parte il quadrato di una funzione delta non ha signicato. Un modo per
denirlo ` di prendere il prodotto della delta per il suo valore prima del limite
e
T , cio`2
e
2 lim (f i )
T
1
2
+T /2
T /2
1
e+i(f i )t dt = lim (f i )
T
2
+T /2
dt =
T /2
T
(f i )
(14.20)
T 2
Questa ` una quantit` divergente ma ci permette di denire la probabilit` di trane
a
a
sizione per unit` di tempo come (Regola aurea di Fermi)
a
= lim
2
Pif
= 2 | f 0 |H1 |i0 |2 (f i )
T T
/
h
Rif = lim
1
(14.21)
H1 (t) dovrebbe essere un operatore hermitiano, quindi funzione solo di seni e coseni, ma il
problema si pu` riportare a combinazioni lineari di termini del tipo considerato
o
2
In modo equivalente si pu` considerare il modulo quadro della (14.17) e usare
o
lima sin2 (ax)/(ax2 ) = (x)
258