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07 Giacomo Roccon
02 CREAM, PER USCIRE DALLA CRISI
Carlo Sala
08 Resi Girardello
03 THE CREAM SOCIETY
09 Barbara Taboni
Gloria Vallese
04 ARTISTICarlo Sala
10 Cristina Treppo
05 Martin-Emilian Balint
11 Giuseppe Vigolo
06 Nebojša Despotović
12 Dania Zanotto
13 Opere
La Fornace di Asolo e l’arte contemporanea. Il binomio ha funzionato benissimo con il progetto realizzato dal Gruppo Cream nell’ambito
dell’iniziativa “Arte in Rete”, voluta dalla Provincia di Treviso. La Fornace, infatti, è un luogo che rimanda alle radici profonde dell’imprenditoria
trevigiana, che non è un fenomeno sorto 40 anni fa. Non è esistito nel Veneto alcun miracolo economico, semmai un’esplosione di competenze
manifatturiere e di saperi artigianali già presenti. E quando si parla di saperi artigianali si implicano almeno due cose: a. la creatività b. una visione
sinottica del prodotto. Oggi la Fornace ospita un incubatoio di imprese che scommettono fra le altre cose sulla qualità del design. Quest’ultimo
è il ponte privilegiato fra il mondo della produzione e l’arte e la cultura. Per questo l’idea di allocare nell’esedra della Fornace l’esposizione delle
opere di un gruppo di giovani artisti, che utilizza come armi concettuali le forme espressive dei linguaggi contemporanei per anatomizzare in
chiave drammatica o ironica il nostro presente, risulta felice, sia perché è ambientata comunque in un luogo votato alla creatività, sia perché
questo antico opificio è il simbolo di quel sistema di imprese che hanno “metamorfizzato” la Marca Trevigiana, in questa complessa area
metropolitana, attraversata da flussi incessanti di merci, persone ed idee, che l’arte contemporanea tenta di sondare. Un grazie di cuore a Carlo
Sala, che è stato curatore di questa mostra, insieme a Gloria Vallese, e anima di molti degli appuntamenti di “Arte in Rete”.
Marzio Favero
Assessore ai Beni Culturali della Provincia di Treviso
La mostra Cream rappresenta una significativa occasione di ricerca e approfondimento artistico sul tema economico del momento: la crisi e le
opportunità. Un avvenimento di qualità che, non a caso, trova il suo compimento e la sua cornice all’interno dei locali suggestivi della Fornace
di Asolo. La Fondazione La Fornace dell’innovazione è nata per sostenere la nascita di imprese innovative, siano esse ospiti delle strutture
dell’incubatore o radicate nel territorio circostante. Quando si parla di nuovo, o di innovativo, non si può non parlare di cultura e di arte. È per
questo che la Fondazione, nell’ambito della mission che le è stata conferita, si occupa in modo sistematico della diffusione della cultura e dello
spirito creativo nel sistema locale. Così intesi, infatti, gli eventi culturali divengono un formidabile catalizzatore di processi innovativi e creativi,
creando quelle premesse indispensabili per realizzare un ambiente favorevole alla crescita complessiva del nostro territorio.
Il mondo dell’impresa, pur messo a dura prova da grandi cambiamenti e dalla crisi che stiamo attraversando, prende progressivamente coscienza
che la cultura e le arti, senza distinzione, non sono più optional di lusso o eventi di estemporanea finalità estetica, ma occasioni preziose per
interrogarci sui significati del presente e per offrire nuovi contributi alle opzioni future.
Francesco Giacomin
Negli spazi espositivi della Fondazione La Fornace dell’Innovazione di Asolo va in scena The Cream Society, curata da Carlo Sala e Gloria
Vallese. È una mostra di Arte in Rete nell’ambito di Reteventi 2009, network culturale ideato e coordinato dalla Provincia di Treviso, patrocinato
dalla Regione del Veneto, Comune di Asolo e dal Ministero della Gioventù. Il gruppo artistico CREAM (Creativity and Research in Arts and
Media), basato a Venezia e costituitosi nel 2007, include alcuni degli artisti italiani emergenti più interessanti del momento. Questa mostra, con
cui il gruppo rilegge con uno dei suoi caratteristici interventi site-sensitive la Fornace di Asolo, comprende opere di pittura, scultura, fotografia
e installazione, coordinate tematicamente e collegate a formare un unico tessuto. Temi unificanti sono l’ansia, la paura del presente e del futuro
generate dalla crisi mondiale.
02 CREAM, PER USCIRE DALLA CRISI
Carlo Sala
I segnali e gli elementi strutturali erano già nell’aria dal 2006, ma solo nel 2009 si è avuta una percezione diffusa della crisi economica, quando Il 2009, l’anno della grande crisi, è anche, per una singolare coincidenza, l’anno europeo dedicato alla creatività e all’innovazione. Crisi e
oramai si era abbattuta in tutte le principali economie mondiali. In un attimo pensare a quel lontano 1929, non sembrava più una semplice creatività: l’edizione 2009 di Reteventi, il network culturale di soggetti ideato e coordinato dalla Provincia di Treviso e sostenuto dalla Regione
ricognizione storica o statistica, ma un inquietante precedente con cui fare i conti. Certo la componente iniziale della crisi è stata di matrice Veneto, li mette a confronto nel titolo della sua edizione 09.
finanziaria, tramutatasi successivamente in industriale ed economica in senso lato. Ma tutto si può risolvere in tabelle macroeconomiche? L’arte, occorre dirlo subito, non ha soluzioni da proporre per la crisi. Né si presenta, come molti potrebbero aspettarsi, come attività ludica e
Probabilmente no, vi sono connessi molti aspetti sociali. Prima di tutto, nella nostra società è diffusa una grande sfiducia nel sistema stesso, che consolatoria, compensativa rispetto all’atmosfera di preoccupazione e di sconforto diffuso. Anzi. Messi a confronto con gli spazi espositivi della
è lo specchio di una cronica sfiducia in noi stessi, che avvolge gli individui di molti paesi occidentali. A livello globale, manca spesso la volontà Fornace di Asolo, alcuni degli artisti di CREAM hanno puntato decisamente agli ambienti moderni e più anonimi dell’Esedra, hanno disceso le
di guardare avanti e di credere in veri progetti strutturali, che non siano semplici soluzioni tampone. E’ impressionante come in molti sistemi scale, cercato l’ambiente sotterraneo duro e senza orpelli per ambientarvi opere che manifestano acutamente dolore e disagio, tutto lo sconforto
democratici, strumenti come i commissariamenti o le leggi d’urgenza -che sarebbero l’eccezione nei sistemi costituzionali- siano all’ordine del di questo momento difficile. È qui che Barbara Taboni, con l’installazione Portland (2009), mette in scena un corpo umano simbolicamente
giorno. Questo è un piccolo segnale di carattere formale, ma indicativo di una progettualità che latita e della mancanza di una visione di lungo lacerato, ridotto in frammenti e compresso da forti tensioni simboleggiate dai tubi Innocenti incastrati tra le pareti. Un’opera il cui forte impatto
corso. Grandi ondate monetarie sono elargite dai governi per far modificare lievemente i prodotti interni lordi. Ma basta questo? Probabilmente drammatico trae partito dalla semioscurità, dall’odore dell’umidità, dal senso di oppressione che emanano dal luogo. I frammenti corporei
no, bisognerebbe imboccare delle vie strutturali di rilancio dei segmenti che compongono il tessuto sociale, e uno di questi è certamente la compressi a terra sono di cemento: e un’impastatrice di cemento, col suo sonoro, è mostrata in un video che incrementa l’effetto già forte di
cultura. Si potrebbero porre dei facili interrogativi, su quali siano le percentuali della ricchezza creata nel nostro paese dal turismo culturale, ma questa visione, spingendo più a fondo l’idea di disgregazione dell’essere che l’opera suggerisce.
oramai sono discorsi non sufficienti. Bisogna credere nell’arte e nella cultura in genere come meccanismo che sappia smuovere la società, Un’oscura tragedia è messa in scena anche nel piccolo ambiente attiguo, dove, anche in questo caso sfruttando le suggestioni architettoniche
attivare la ricerca, rimettere in piedi un dibattito diffuso che crea innovazione. Le analisi storiche hanno spesso messo in relazione i grandi del luogo, lo scultore Giacomo Roccon presenta una situazione sgradevole quanto indecifrabile: un uomo seduto, in grandezza naturale,
cambiamenti storici e le grandi rinascite artistiche tramite una equazione troppo semplicistica che associava la concentrazione di potere, le assalito da insetti (Downtown, 2007). Una scena paurosa, repellente, difficile da spiegare, che ricorda situazioni filmiche, ma che il medium
grandi disponibilità finanziarie e quindi il nascere di grandi opere dell’ingegno. E’ ora di invertire l’ordine di fattori e cause. Dove vi è dibattito classico della scultura, rafforzato dalle suggestioni dell’architettura reale, ci trasmette con una forza e con un’immediatezza fisica che il film o
culturale, questo ha certamente un’azione diretta sull’industria con le sue applicazione pratiche e commerciali. Ma prima di tutto ha influenza la fotografia non potranno mai eguagliare. Del diverso, eppure altrettanto efficace modo di funzionare della fotografia, d’altronde, ci rendiamo
sugli uomini, sulla loro crescita e maturazione e su una nuova prospettiva colma di fiducia che sa rimettere in gioco i tasselli prima scompaginati. conto poco dopo, usciti dal cubicolo, osservando la grande foto di Cristina Treppo appesa alla parete (The Consequences of Time #67): come
Uscire dalla dogmatica stantia di pensiero, per creare nuove vie innovative in tutti i campi possibili. Una crisi che quindi in fin dei conti si rivela un magico moltiplicatore di mondi, quest’immagine che raffigura il dettaglio di un’architettura domestica ci trasporta fuori dal nostro magazzino
una crisi morale, nei confronti delle proprie certezze e della consapevolezza in noi stessi. La odierna crisi, farà emergere i veri rapporti qualitativi, sotterraneo, all’interno di una casa borghese, col soffitto a gesso e gli ornati di stucco. Ma la suggestione viaggia nei due sensi: violato
eliminando i fenomeni di sussistenza e di rendita, anche nel mondo delle arti visive. In un logo come la Fornace di Asolo, contraddistinta da dall’obiettivo fotografico, questo interno accogliente, con le sue suggestioni di piacevolezza, si rivela fragile, penetrabile, potrebbe diventare
una vocazione spiccatamente innovativa, è stata una scelta obbligata realizzare un progetto legato ad una scena artistica giovane e dinamica. tutt’uno con lo spazio dimesso e poco abitabile in cui ci troviamo; un suggerimento guidato dai grigi che accomunano questa immagine dalla
All’interno di “Arte in Rete” -il circuito di eventi legati all’arte contemporanea promosso dalla Provincia di Treviso- ho voluto invitare il gruppo cromia raffinatissima ai colori dello spazio reale. Con l’installazione Olokh (2009) di Dania Zanotto, il cui duro linguaggio oggettuale richiama gli
CREAM, fondato da Gloria Vallese, con cui ho curato questa esposizione. anni ’70 e l’Arte Povera, evadere dal sotterraneo diventa impossibile: le vere muffe che l’artista, nel suo atelier, ha coltivato per mesi all’interno di
queste grandi ciotole nere, si saldano con l’odore reale dello spazio espositivo, cui va ad aggiungersi l’accento olfattivo forte e acre delle corde e
del bitume di cui l’installazione si compone. Olokh, spiega Dania Zanotto, è un termine preso in prestito dal mondo della magia primitiva, e indica
il luogo in cui lo spirito dello sciamano sosta a riposare durante la sua discesa nel mondo ultraterreno. Gli Olokh esistono in numero di nove,
collocati sempre più in profondità nel mondo infero.
Se il piano inferiore dell’Esedra rappresenta in qualche modo quella che nell’alchimia è l’opera al nero, il momento della disgregazione e della
discesa nel profondo che precede la rinascita, al piano superiore visitiamo la “casa”, sconvolta da una vena di follia, che alcuni degli artisti di
CREAM hanno ambientato qui. La casa è il luogo che molti vivono come rifugio dalla crisi così drammaticamente palpabile nelle strade e nei
luoghi di lavoro, ma dove essa non fa che palesarsi in altri modi, con crepe e dissonanze diverse ma non meno profonde da quelle che si
manifestano nel politico e nel sociale. Ci imbattiamo anzitutto nella grande finestra aperta su un dimesso spazio urbano (Struttura del paesaggio,
2009) e nei bambini-alieni, espressionisticamente deformati, che affiorano intensissimi dal grigio o dal nero di fondo nei dipinti di Nebojša
Quando ho incontrato per la prima volta gli autori, il concetto stesso di gruppo mi ha portato a molteplici riflessioni. Pensando ad un sistema alterare il significato diretto del racconto apparente. Il fruitore si interroga, e va alla ricerca delle ambiguità che sottendono alla rappresentazione.
dell’arte dove l’individualismo è imperante tra la maggior parte degli autori, CREAM era già di per sé un tentativo azzardato. Siamo in un momento Non vi sono delle interpretazioni univoche, ma tutto è visto sotto varie dicotomie. In ogni lavoro è sottolineato il carattere effimero tra bene e
che -per alcun aspetti- evoca paradossalmente echi esistenzialistici di passata memoria. E’ cosa ovvia che in questo nuovo millennio, ogni idea male. Oppure, l’impossibilità di capire la reale essenza dell’umano rappresentato, giudizio dal quale l’autore volutamente si dissocia. Al contrario
di aggregazione mutuata dalla tradizione novecentesca è operazione impossibile da realizzare e totalmente anacronistica. Creare un contesto di tutto è rimesso al fruitore. Roccon, nei suoi lavori crea dei “palcoscenici” della realtà, con un copione in cui ognuno di noi deve scrivere un finale
scambio tra autori però, è una vera sfida. E’ innegabile che una relazionalità tra le diverse personalità artistiche si produce, pervenendo ad una differente. La produzione di Barbara Taboni sembra sospesa tra passato e presente. Nei suoi lavori vi sono spesso elementi che riflettono attorno
crescita e mutazione della ricerca, talvolta inconscia e non percepita dagli stessi autori. Anche le distanze che apparentemente si vengono a al concento di scultura iconica e per converso la volontà di negare questo aspetto dell’arte. Guardando i frammenti in cui si compongono le
creare sul piano puramente estetico, sono la somma di tanti dibattiti, magari con esiti diversi, ma pur sempre che creano delle commistioni. sue opere, vediamo come sia presente un desiderio di edificare, ma anche di decostruire. La videoinstallazione Portland, sembra l’incarnazione
I componenti del gruppo CREAM sono in un qualche modo uno spaccato sull’arte contemporanea d’oggi, essi incarnano alcuni dei modi di questa riflessione, in cui ponteggi e parti corporee scolpite si fondono in un tutt’uno per creare un equilibrio. Questo però giungendo ad
possibili di interpretare il nostro presente. un’inquietudine che rimette tutto in gioco e crea un impatto emotivo spiccato. Negli interventi di Cristina Treppo il fruitore si sente “invitato” in
Martin-Emilian Balint realizza delle installazioni in cui l’aspetto relazionale con i fruitori è di primaria importanza. Nel suo ultimo lavoro Sun Being, una sorta di casa. L’autrice conferisce anche alle location asettiche un aspetto vagamente quotidiano. Ogni installazione è denotata da una
il visitatore è invitato a entrare in contatto con l’opera sia in senso spaziale, ma soprattutto metaforico. Parte della sua produzione recente è oggettualità fatta di apparati comuni, riassemblati in chiave poetica. Queste “cose” ipoteticamente abbandonate hanno perso la loro funzione,
costituita da opere composte da elementi seriali, ripetuti in modo da sembrare un’operazione ossessiva, in realtà conseguita con estrema ma al contempo non trasmettono un senso di cessazione, esse sono il tramite per delle riflessioni di carattere intimistico, che narrano dei vari
armonia. L’autore realizza a mano gli elementi primari -quasi compiendo un rito- che nel loro sviluppo globale materializzano delle installazioni stati della vita. Giusppe Vigolo, realizza dei lavori che presentano un impianto spiccatamente scenografico. Nel suo precedente Dark Shades,
dal sapore concettuale. si scrutavano immagini non mediate, che narravano storie di guerra. Anche nel nuovo lavoro New God è utilizzata una simbologia diretta,
Nebojša Despotović è un pittore che non tende ad esiti banalmente oggettivizzanti o ad una fisicità marcata. Nei lavori attuali, la raffigurazione si prendendo a prestito un personaggio onirico/fanciullesco: un robot gigante sembra evocare incubi partoriti dalla mente di un bambino. Dietro a
è “pulita” da ogni tipo di orpello, divenendo più asciutta e fondata su una composizione minimale. Lo spettatore non è invaso da un’immagine questa immagine, si celano riflessioni che indagano ben oltre il dato apparente, creando un’analisi sui vari livelli in cui si sviluppa la comunicazione
diretta, ma è indotto ad una osservazione che pian piano si indirizza verso molteplici piani visivi. Si parte da una immagine principale, che è odierna. Dania Zanotto fonda parte della sua ricerca su miti, leggende e storie profondamente legate alla cultura dei popoli più diversi. Questi
portante per l’architettura del quadro, per poi svelare vari frammenti pittorici. Le poche figure sono caratterizzate dalla apparente banalità del sono solo un punto di partenza per una narrazione interpretata in cui echi distanti sono attualizzati ad una cultura visiva contemporanea. E’ una
soggetto, ridefinito però mediante una forte connotazione interiore dell’artista, il tutto giungendo ad un senso sospeso della scena narrata. riflessione sull’oggetto, e su ciò che ne rimane impresso. Quella invisibile -ma percepibile- aura della persona che lo ha utilizzato e si è rapportato
Nella ricerca di Resi Girardello vi è invece una connotazione ironica, che tende a stemperare parte dell’atmosfera inquieta della mostra. I suoi lavori, con esso. La componente materiale diventa simulacro, portatore di istanze ed intriso di sensazioni della persona che immaginariamente ne è
sia a livello fotografico sia performativo, la vedono camuffata nei panni di una ipotetica e improbabile nonna. L’autrice pone essenzialmente un legata. Si possono “sentirne” le inquietudini ed i palpiti emozionali di esistenze lontane nel tempo e nello spazio. La forma rappresentata non è
discorso sulla memoria in senso lato, e di come riuscire a convivere con essa. Nella performance Legàmi togliendosi alcuni capi di abbigliamento, allora il fine, ma lo strumento di un processo conoscitivo che descrive una verità “altra”. Questo però procedendo ad una forte connotazione
simboleggia lo spogliarsi dal passato, per poi continuare a filare e realizzare delle sculture, in cui si riannodano nuove relazionalità peculiari. interiore del lavoro, che non è pura narrazione antropologica o storica, bensì strumento per compiere una ricerca su se stessi, come nel recente
Giacomo Roccon è uno scultore che persegue una linea di stampo figurativo, senza mai cadere in una narrazione sterile e fine a se stessa. Anzi, In my Flesh. Opere che testimoniano crisi, inquietudine, lavori che in un qualche modo, potrebbero essere il primo passo per superare questa
nei suoi lavori -nonostante un dato espressivo che talvolta è banalmente definito iperrealista- l’autore riesce a creare delle suggestioni che sanno stato sociale ed interiore, giungendo ad una consapevolezza del presente e di se stessi.
Sun Being, 105 kusudama (origami complessi) di 30 elementi ciascuno in carta rossa, dimensioni variabili, 2009
- 13 -
05 Martin-Emilian Balint
Da sinistra:
Out of the shadow, olio su tela, 2009, insieme e particolare
Power / Power 2, olio su tela, 2009
Senza titolo, disegni a tecnica mista, 2009
Struttura del paesaggio, olio su tela, 2009
Sullo sfondo Honey, scultura di Cristina Treppo
- 13 -
06 Nebojša Despotović
Downtown, resina poliestere, stoffa, vetro, insetti, 2009
07 Giacomo Roccon
Knitting Nets, filo metallico, plexiglas, vetro, dimensioni variabili, 2009
08 Resi Girardello
Knitting Nets e Qualcosa di mia nonna, anaglifo su cartoncino da disegno, 2008-2009
- 38 -
Portland, ferro, cemento, video 7’ 36” in loop, dimensioni variabili, 2009
09 Barbara Taboni
Room#1, tappeti, sedia, sottoveste, calchi ortopedici, 2008
The Consequences of Time #67, stampa lightjet su d-bond, 2008,
con in primo piano elementi dell’installazione Olokh di Dania Zanotto
10 Cristina Treppo
Galleggiare, rete, filo, tessuto, cavi elettrici, spago, filo di ferro, poliuretano, 2009
Secrets and Lies (inside)#8, stampa lightjet su forex, 2006
The Consequences of Time#50, stampa lightjet su alluminio, 2008
Honey, poltroncine da camera, cera al miele, legno, 2008
Kid’s Bed, letto, rete, 2007
New God, carta, cartone, struttura in ferro, 2009
11 Giuseppe Vigolo
Olokh, bitume, muffa, sabbia, corda, dimensioni variabili, 2008-2009
12 Dania Zanotto
In my Flesh, foto, resina, piombo, polvere di vetro, sale, 2008-2009
13 THE CREAM SOCIETY
Opere
Martin-Emilian Balint
Sun Being
105 kusudama (origami complessi) di 30 elementi
Giacomo Roccon
Downtown
Resina poliestere, stoffa, vetro, insetti
Galleggiare
rete, filo, tessuto, cavi elettrici, spago,
filo di ferro, poliuretano
dimensioni variabili
ciascuno in carta rossa dimensioni variabili 2009
dimensioni variabili 2009
2009
Giuseppe Vigolo
Barbara Taboni
Nebojša Despotović New God
Portland Carta, cartone, struttura in ferro
Out of the shadow ferro, cemento, video 7’ 36” in loop 380 x 260 x 400 cm
olio su tela dimensioni variabili 2009
250 x 200 cm 2009
2009
Dania Zanotto
Power / Power 2 Cristina Treppo
olio su tela Olokh
30 x 35 cm Room#1 bitume, muffa, sabbia, corda
2009 tappeti, sedia, sottoveste, calchi ortopedici dimensioni variabili
159 x 127 x 79 cm 2008-2009
Senza titolo 2008
disegni a tecnica mista In my Flesh
18 x 25 cm The Consequences of Time#50 foto, resina, piombo, polvere di vetro, sale
2009 stampa lightjet su alluminio dimensioni variabili
40 x 30 cm 2008-2009
Struttura del paesaggio 2008
olio su tela
230 x 250 cm The Consequences of Time #67
2009 stampa lightjet su d-bond
120 x 156,5 cm
2008
Resi Girardello
Honey
Qualcosa di mia nonna poltroncine da camera, cera al miele, legno
anaglifi su cartoncino da disegno 150 x 74 x 120 cm
2008-2009 2008
Testi
Carlo Sala e Gloria Vallese
Referenze fotografiche
Flavio Favero
Progetto grafico
Noah design container
Massimo Anselmi, Mirella Brugnerotto, Corinna Cinel, Silvia Cortesi, Paolo De Biasi, Christian De Pol, Antonio De Tursi, Uberto Di Remigio,
Gianluca D’incà Levis, Fabio Facchi, Laura Faganello, Flavio Favero, Gerardo Gagliardi, Fiorella Girardi, Aldo Grazzi, Oreste Guerra,
Tiziano Guerra, Cristina Guitti, Salvatore Guzzo, Carolina Lio, Amerigo Manesso, Mara Mazzaro, Roberto Pozzobon, Diego Sala, Laura Sartor,
Mauro Stocco, Francesca Susanna, Joachim Thomas, Silvano Traini, Filippo Zaccaria, Daniela Zampetti, Orazio Zanotto.