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Cap.

IL MONDO SEMITICO

L'Egitto

La storia dell’uomo è la storia di una creatura alla costante ricerca di cibo. Ovunque vi fosse cibo in
abbondanza là si dirigeva e si stabiliva l’uomo. Dalle regioni interne dell’Africa, dal deserto dell’Arabia
e dalla zona occidentale dell’Asia diversi gruppi di uomini si erano diretti verso l’Egitto per
rivendicare i ricchi frutti della valle del Nilo, ogni estate resa fertile dallo straripamento del fiume e dal
suo depositare sui campi un fecondissimo strato di argilla. Dalla fusione di questi invasori era nato un
nuovo popolo: gli Egizi. Il benefico fiume dell’Egitto e gli ingegnosi sistemi di canali e pozzi utili ad
irrigare tutto il territorio, consentì all’egizio di dedicare meno tempo, rispetto all’uomo primitivo, al
lavoro necessario al sostentamento, permettendogli di impiegare le proprie energie anche per altre
attività; fu così che nella valle del Nilo, cinquanta secoli fa (4800 a.C.) si potè sviluppare una evoluta
civiltà, la cui prima e più importante conquista fu l’invenzione della scrittura, uno strumento di
registrazione visiva del linguaggio che consenta di conservare e utilizzare l’esperienza passata, un
sistema di caratteri che riproduce il suono della parola parlata: la scrittura geroglifica, una scrittura
fonetica e non pittografia come si credette fino a poco tempo fa. Ma nella valle del Nilo si imparò
anche un’altra cosa: l’arte della convivenza sociale, in quanto per scavare canali, costruire dighe ed
effettuare altre imponenti opere era necessario un lavoro di gruppo, organizzato: fu per questa
ragione che si sentì il bisogno di dar vita, per la prima volta ad uno stato, un sistema organizzato di
individui, con precisi ruoli e funzioni, la cui vita in comune fosse regolata da un sistema di norme.
Attorno al 1800 a.C. gli Egizi caddero sotto il dominio degli Hyksos, una bellicosa tribù di pastori
arabi che per quasi duecento anni furono i padroni della valle del Nilo, ma poi gli egizi di Tebe, nel
1560 a.C., si ribellarono e scacciarono gli Hyksos; novecento anni più tardi, nel VII sec. a.C. l’Egitto
perse di nuovo l’indipendenza, divenne parte del regno di Assiria, che ormai dominava tutta l’Asia
occidentale (vedi oltre); poi nel 525 a.C., l’Egitto cadde nelle mani dei Persiani di Cambise e
duecento anni dopo sotto quelle dei Macedoni di Alessandro Magno (uno dei suoi generali si
proclamò re d’Egitto e fondò la dinastia dei Tolomei); l’ultima regina d’Egitto Cleopatra (della dinastia
Tolemaica) venne spodestata, nel 30 a.C., dai Romani di Augusto: l’Egitto divenne così una
provincia romana.

La Mesopotamia

In Medio Oriente, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, si stendeva una pianura, che i greci chiamarono
Mesopotamia (“terra tra i due fiumi”), anch’essa resa fertile, come la valle del Nilo, dalla loro
presenza; una terra piena di risorse, che offriva cibo in abbondanza e che attirò popolazioni sia dalle
montagne del Nord (guerrieri indoeuropei) che dai deserti del Sud (nomadi semiti). Anche la
Mesopotamia fu quindi terra contesa da varie popolazioni, terra in cui si scontrarono varie
popolazioni e in cui solo le più forti poterono insediarsi, cosa che spiega perché la Mesopotamia
divenne patria di una stirpe fortissima di uomini, capaci di dar vita a una civiltà importante quale
quella egizia. I primi a dominare sulla Mesopotamia, nel IV millennio a.C., furono i Sumeri,
popolazione di origine incerta di pelle bianca giunti dalle montagne del Nord, quindi fatta
convenzionalmente rientrare nella categoria delle popolazioni semitiche ma molto probabilmente già
intrecciate con popolazioni indoeuropee; a loro si deve l’invenzione della scrittura cuneiforme, un
sistema di segni (a forma di cunei) in sostituzione ai geroglifici; a loro si devono anche le celebri torri
di Babele, piccole alture artificiali sulle quali posero i loro altari dotate di sentieri che salivano a
spirale. Nel 2400 a.C. vennero sottomessi dagli Accadi, una tribù semitica proveniente dal deserto
arabico, nel 2000 a.C. fu la volta di un’altra tribù semitica, gli Amoriti: il loro sovrano Hammurabi
diede al suo popolo una raccolta di leggi che rese lo Stato Babilonese l’impero meglio organizzato
del mondo antico. Poi fu la volta degli Ittiti, popolazione indoeuropea proveniente dal Nord; poi
quella degli Assiri (popolazione semitica, seguaci del dio Ashur), i quali fecero della città di Ninive il
centro di un impero vasto e temuto, che sottomise tutta l’Asia occidentale e l’Egitto fino al VII sec.
a.C., quando cioè arrivarono i Caldei, altra popolazione semitica che, col loro re Nabucodonosor,
restaurò Babilonia; nel 538 a.C. i Persiani, altre popolazioni semitiche, rovesciarono l’impero dei
Caldei; duecento anni dopo caddero nelle mani dei Macedoni di Alessandro Magno, ed infine nelle
mani dei Romani.

Gli Ebrei

Nel XX sec. a.C., una piccola tribù semitica di pastori, gli Ebrei o Giudei, abbandonò la sua terra di
origine, la terra di Ur (alla foce dell’Eufrate), alla ricerca di nuovi pascoli; respinti con forza da
Babilonia, trovarono riparo in Egitto: per più di cinque secoli vissero tra gli egizi, ma quando questi
caddero sotto il dominio degli Hyksos, una bellicosa tribù di pastori arabi che per quasi duecento
anni furono i padroni della valle del Nilo, si misero al loro servizio come agenti delle tasse o come
funzionari statali; quando poi gli egizi di Tebe, nel 1560 a.C., si ribellarono e scacciarono gli Hyksos,
ridussero in schiavitù gli ebrei, impedendone ogni possibile migrazione; finchè Mosè non organizzò
la fuga conducendoli nella piana ai piedi del monte Sinai; qui, sul Sinai, Mosè ebbe la rivelazione di
Geova, il loro dio, che gli dettò i dieci comandamenti e gli promise come patria, la Palestina; quando
gli ebrei vi giunsero la trovarono però già occupata dai Cananei, un’altra stirpe semitica, e dai
Filistei, una piccola tribù cretese cacciati dalla loro isola; in Palestina gli ebrei eressero un grandioso
tempio al loro dio e vi costruirono la loro città, Gerusalemme.

I Fenici

Anche i Fenici erano un popolo semitico, stanziatosi lungo le coste orientali del Mediterraneo;
costruirono città ben fortificate, Tiro e Sidone, e ben presto si assicurarono il monopolio del
commercio nel Mediterraneo; costruirono, infatti, basi commerciali (o colonie) in tutto il Mediterraneo,
fino a Gibilterra [la più celebre delle quali sarà Cartagine]; erano navigatori esperti e commercianti
senza scrupoli etici, desiderosi solo di realizzare grandi ricchezze; per motivi di ordine pratico
semplificarono la scrittura cuneiforme dei sumeri, presero alcuni caratteri dagli egizi e diedero vita ad
un diverso sistema di scrittura, riducendo le migliaia di segni diversi esistenti fino a quel momento
nelle 22 lettere dell’alfabeto, dalla combinazione delle quali tutte le parole potevan esser formate.
Col tempo quest’alfabeto penetrò in Grecia, dove venne modificato, e poi a Roma, dove subì ulteriori
modifiche.

Gli Egeo-Cretesi

Forse si deve includere all’interno del mondo semitico anche la civiltà degli Egeo-Cretesi, anche se
di origini incerte e misteriose, scoperta da Schliemann, precedente a quella dei Greci, invasori
indoeuropei, di almeno dieci secoli (quindi circa del XXI sec. a.C.), civiltà di intrepidi navigatori
dell’Egeo, con città altamente civilizzate, centri di intensi traffici commerciali: Cnosso, Micene, Tirinto,
Troia

Cap. II
GLI INDOEUROPEI

La decadenza del mondo semitico (Egitto, Babilonia, Assiria, Fenicia, Creta) fu segnata quando
iniziò ad apparire all’orizzonte un gruppo di popoli nuovi, dalle energie fresche: gli Indoeuropei (così
chiamati perché spinsero il loro dominio dall’India all’Europa occidentale), di pelle bianca e di lingua
diversa da quella delle popolazioni semitiche (l’antenata di tutte le lingue europee), che vivevano da
molti secoli sulle rive del mar Caspio, nelle steppe dell’Asia occidentale; da li partirono ed un gruppo
si diresse in Iran, questo è il gruppo che fu chiamato degli Ariani, un altro gruppo, invece, si
incamminò verso occidente e prese possesso delle pianure d’Europa; degli Ariani quelli che si
fermarono in Iran furon detti Medi e Persiani, altri proseguirono fino all’India, gli Indù.

I Greci

Fra gli Indoeuropei che si diressero verso occidente troviamo, sulle rive del Danubio, gli Elleni,
popoli rozzi e barbari, i quali, alla ricerca di nuovi pascoli migrarono verso sud, in direzione della
Grecia, dove sterminarono i Pelasgi, gli abitanti nativi della Grecia; il clan che aveva guidato le
avanguardie elleniche fra i monti della Tessaglia e del Peloponneso erano gli Achei; erano popoli
rozzi che vivevano di pastorizia ma ben presto appresero dagli Egei l’arte della navigazione e l’uso
delle armi in ferro; quando ebbero appresero abbastanza si rivolsero contro i loro maestri,
conquistando tutte le loro città: gli Elleni divennero così, nell’XI sec. (epoca della distruzione di
Troia), i padroni della Grecia, dell’Egeo e delle coste occidentali dell’Asia minore. Le polis greche, o
città-stato, sperimentarono la prima forma di democrazia: mentre i popoli degli Imperi di Egitto,
Babilonia o Assiria erano sudditi di un sovrano assoluto e sacro (deificato), l’ateniese o il tebano non
riconoscevano altra autorità se non la volontà dei cittadini che si riunivano in assemblea nella
pubblica piazza (agorà). All’inizio gli Achei, pastori e contadini eran tutti allo stesso livello di ricchezza
e quando nel villaggio si doveva decidere qualcosa gli anziani convocavano una assemblea nella
quale tutti potevan esprimere la loro idea per poi decidere a maggioranza. Ben presto, però, i villaggi
si trasformarono in città e a seguito dello sviluppo delle attività economiche, si venne a creare, nelle
polis greche, una forte differenziazione sociale: da un lato una maggioranza di poveri, dall’altro una
classe ristretta di possessori di beni e di terreni, i cosiddetti nobili, i quali potendosi comprare armi o
pagare soldati che combattessero per loro, riuscirono ad acquistare (appunto con la forza delle armi)
il potere politico (di prendere decisioni per la maggioranza): così durante il VII e VI sec. a.C. le polis
greche caddero preda dei tiranni. Alla lunga questo stato di cose divenne intollerabile, anche perché
le città vennero lacerate da continue lotte per il potere tra i nobili, quindi furono avanzate proposte di
riforma: gli ateniesi sentirono il bisogno di ridar vita alle antiche pratiche democratiche dei loro
antenati Achei e fissare codici di leggi che tutelassero i cittadini dagli abusi e dalle prevaricazioni dei
potenti: il legislatore Solone obbligò così tutti i cittadini ad interessarsi e a partecipare al governo
della città: iniziò così il governo del demos, cioè del popolo (anche se il diritto alla partecipazione
politica era riservata solo ai cittadini liberi, quelli nati da padre ateniese e madre ateniese). L’ideale di
vita greco, quello che ancora oggi è riconosciuto come la cifra del classicismo, era, in ogni campo
della vita, dalla politica all’etica, dall’arte alla alimentazione, la moderazione o giusta misura (aborrire
gli estremi o eccessi, che una parte non prevalga sulle altre, l’equilibrio o armonia delle forme…), che
spesso era sinonimo di semplicità, essenzialità, modestia, … le condizioni che rendono lo spirito
dell’uomo libero, ossia non schiavo dei beni materiali. I Greci, sul modello dei Fenici, da cui
appresero l’arte del commercio, strapparono a questi varie colonie commerciali, ma furon ben presto
fermati, nella loro espansione, dai Persiani, quell’umile tribù di pastori che improvvisamente si
dedicò alla guerra e conquistò la maggior parte dell’Asia occidentale: i Persiani eran notevolmente
civilizzati, non saccheggiavano e distruggevano i loro nuovi sudditi, ma si limitavano a riscuotere un
tributo annuo; quando la loro espansione toccò le coste dell’Asia minore fecero altrettanto coi Greci,
anche perché consideravano le città-stato della Grecia istituzioni politiche molto pericolose, un
pessimo esempio per i popoli che eran tenuti alla sottomissione alla potenza persiana; i Fenici
offrirono il loro aiuto ai Persiani. Lo scontro tra Persiani e Greci era inevitabile: la battaglia di
Maratona, quella delle Termopili, quella nell’isola di Salamina, … alla fine il re persiano Serse dovette
ritirarsi: così si concluse il primo scontro tra l’Europa e l’Asia a favore della prima: le due maggiori
città della Grecia, Atene e Sparta, durante la guerra si erano unite in alleanza e la cosa fu decisiva
per la vittoria. Tuttavia finita la guerra e cessata l’impellenza dell’unione Atene e Sparta riscoprirono
le loro reciproche diversità (Atene città di commerci, di affari, di scienza, d’arte, di democrazia, di
letteratura e di teatro, amante della libertà, Sparta città della totale dedizione e sacrificio alla patria,
città amante della guerra e della disciplina) e si riaccese l’antica rivalità: trent’anni durò la guerra tra
Atene e Sparta e si concluse con un disastro per Atene.
Quando gli Achei abbandonarono le rive del Danubio in cerca di nuovi pascoli e si diressero verso la
Grecia, alcuni di loro si fermarono in Macedonia dove diedero vita alla stirpe dei Macedoni. Al tempo
delle sanguinose guerre tra Atene e Sparta, Filippo, re di Macedonia, decise di intervenire e di metter
fine ad una simile guerra fratricida, unificando tutta la Grecia sotto il suo dominio; poi chiese ai nuovi
sudditi di unirsi a lui nella spedizione contro i Persiani, per restituire la visita di Serse ai Greci di
centocinquant’anni prima; Serse venne assassinato prima di partire e spettò al figlio Alessandro il
grande (l’allievo di Aristotele) portare avanti l’impresa; Alessandro, nel 334, partì: devastò la Fenicia,
conquistò l’Egitto, rovesciò l’impero Persiano, arrivando fino all’India; volle dare al suo Impero una
impronta greca, ellenistica: i popoli di quest’impero dovevano imparare la lingua greca, vivere in città
costruite sul modello greco, e costituire i centri di irradiazione della civiltà greca: la civiltà e la cultura
che ne risultò (civiltà ellenistica o Ellenismo) fu la fusione di sapienza e conoscenza greca e
asiatica, una miscela di elementi greci, persiani, egizi e babilonesi (quando poi i Romani sconfissero
l’Impero Macedone la cultura ellenistica passò in eredità a Roma e con essa la cultura ellenistica si
diffuse negli angoli più lontani del continente europeo). In Medio Oriente lo scontro tra semiti e
indoeuropei si concluse quindi con la vittoria dei secondi sui primi.

I Romani

Ben presto uno scontro tra semiti ed indoeuropei si verificò anche ad Occidente: semiti eran i
Cartaginesi, infatti Cartagine era un grande e florido emporio commerciale fenicio che dopo la
distruzione di Tiro (la madrepatria) da parte di Nabucodonosor (re di Babilonia) acquisì piena
indipendenza e divenne l’avamposto più a occidentale raggiunto dai popoli semiti. Cartagine, e le
sue colonie, era governata da una plutocrazia, un gruppo ristretto ma fortissimo di poche famiglie di
armatori, proprietari di miniere e mercanti che decidevano le sorti della loro patria considerandola
come un’impresa economica per i loro profitti; l’influenza economica di Cartagine si stava
estendendo sempre più ed ormai la maggior parte della costa mediterranea dell’Africa, la Spagna e
alcune zone della Francia divennero possedimenti cartaginesi. Ma Cartagine iniziò a tremare quando
giunse la notizia che i Romani, tribù di origine indoeuropea, fondando Roma, un piccolo villaggio
sulle rive del Tevere, si eran fatti in breve molto potenti diventando i capi riconosciuti di tutte le tribù
latine che abitavano l’Italia centrale e riuscendo ad imporsi sulla precedente civiltà, quella degli
Etruschi (originari forse dell’Asia Minore, quindi forse di origine semitica), da cui i romani impararono
i principi dell’architettura, della costruzione delle strade, delle tecniche di combattimento, dell’arte,
della cucina, della medicina, dell’astronomia; i Romani sfruttarono però anche la vicinanza di un’altra
grande civiltà, quella greca delle vicine colonie italiane (la Magna Grecia): dai greci impararono tutto
ciò che avesse una utilità pratica, l’alfabeto greco ed infine anche la loro cultura, la loro arte, la loro
letteratura, la loro religione (i cui dèi vennero ribattezzati con nomi latini). Ma i Romani, rispetto ai
Greci, avevano meno fantasia e meno pathos, preferivano invece interessarsi di questioni pratiche,
di politica e del diritto, dell’amministrazione efficiente e razionale degli affari pubblici: iniziarono così
ad affidare la gestione degli affari pubblici a due Consoli, assistiti da un consiglio di anziani (Senato),
i cui membri eran eletti tra i patrizi (cioè i nobili, gli altri erano la plebe, cioè l’insieme dei liberi
cittadini; al di fuori di questi esistevano gli schiavi): i consoli eran magistrati che gestivano il potere
assoluto (di fare le leggi, applicarle e giudicare i trasgressori); nel V sec. a.C. i liberi cittadini
ottennero l’istituzione del Tribunato, cioè di magistrati eletti dai cittadini (Tribuni), con il compito di
difendere i cittadini dalle decisioni del potere pubblico (in mano ai patrizi) ritenute ingiuste. La vera
forza di Roma poggiava sui territori rurali fuori dalle mura della città: proprio nell’amministrazione di
queste province Roma manifestò le sue eccezionali doti amministrativa: mentre gli Egizi, i Babilonesi,
e Greci pretendevano un trattato di sottomissione da parte dei barbari che conquistavano, Roma
diede la possibilità agli estranei di diventare province di Roma, cioè soci di una stessa res publica
(Repubblica), cioè di uno stesso organismo politico (con tutti i vantaggi derivanti dall’esser cittadini
di uno stato) in cambio di una fedeltà di tipo militare (cioè di combatte per Roma ogni qual volta ve
ne fosse bisogno), [d’altra parte in origine Roma era l’unica città fortificata dell’Italia centrale e fin dal
suo sorgere offriva rifugio alle altre tribù latine (es Sabini) minacciate da un attacco esterno in
cambio di una alleanza militare]; la politica romana di trattare i provinciali come cittadini, di fare
affidamento sulla cooperazione concorde e leale delle province, i cui cittadini avevano gli stessi diritti
di quelli di Roma, ottenne un grande successo e costituì il fondamento politico del futuro Impero.
Quando sia Cartagine che Roma, per motivi commerciali, puntarono le loro mire espansionistiche
sulla Sicilia, terra ricca e mal difesa, lo scontro fu inevitabile: la Prima guerra punica durò 24 anni e si
concluse con la conquista della Sicilia da parte dei Romani. La Seconda guerra punica si ebbe
quando i Cartaginesi, conquistata la Spagna meridionale (per le sue miniere d’argento) si spinsero,
alla guida di Annibale (e del suo esercito di guerrieri ed elefanti), in Francia e da qui, attraversando le
Alpi, giunsero in Italia; qui nessun generale romano riuscì a fermarlo, però, sul punto di conquistare
l’Italia, Annibale trovò l’ostilità degli italiani, fedeli a Roma: Annibale si trovò isolato e impotente: a
questo punto i generali romani ottennero facilmente la resa di Annibale; intanto Scipione (generale
romano) riconquistava la Spagna, Annibale fuggì in Asia Minore nel tentativo di aizzare siriani e
macedoni contro Roma: questo offrì a Roma il pretesto per spostare la guerra in Medio Oriente e
annettersi la maggior parte del mondo egeo: sbaragliarono i Macedoni e conquistando la Grecia e la
Macedonia (a capo delle quali venne posto un governatore romano), poi passarono alla conquista
della Siria, così l’Asia Minore divenne protettorato romano; infine Cartagine venne rasa al suolo,
bruciò per due settimane. Da questo momento, 150 a.C., per dieci secoli il Mediterraneo rimarrà
mare europeo, cioè fino a quando, crollato l’Impero romano, l’Islam non farà del Mediterraneo un
lago arabo. La politica interna di Roma, però, si stava aggravando: un censimento aveva messo in
luce che gran parte delle terre della penisola italiana era nelle mani di duecento potenti famiglie
patrizie [le guerre avevano rappresentato per i generali romani (e per le loro famiglie) un’occasione
per acquisire sempre maggior potere politico (che entrarono sempre più in Senato e in altre cariche
pubbliche) e ricchezza (anche per le ruberie e i saccheggi dei paesi conquistati), ricchezza che
veniva investita nell’acquisto di terre (latifondi) e di schiavi (delle popolazioni conquistate), sfruttati
come bestie nelle campagne; ciò costituì la rovina dei contadini (piccoli proprietari terrieri) ormai
schiacciati dalla concorrenza dei nuovi ricchi che potevano vendere i loro prodotti a prezzi inferiori];
dopo i tentativi di riforma a favore del popolo e dei piccoli proprietari terrieri di alcuni riformisti patrizi
(Tiberio Gracco e il fratello Caio Gracco), falliti per l’opposizione degli altri patrizi, seguì il periodo del
potere assoluto di Silla, generale che assunse il supremo governo di tutti i domini di Roma; poi fu la
volta di un altro generale, Pompeo, il quale istituì un triumvirato, un’alleanza privata tra tre uomini
potenti, fra i quali troviamo anche Giulio Cesare, governatore della Spagna. Cesare, per coprirsi di
gloria e acquistare maggior favore tra il popolo, varcò le Alpi e conquistò la Gallia, poi invase la terra
dei Teutoni, attraversò la Manica e occupò l’Inghilterra; Pompeo intanto, a Roma, si fece nominare
dittatore a vita, Cesare, infuriato rientrò a Roma per dare una lezione a Pompeo, questo scappò in
Egitto, qui Cesare sconfisse l’esercito egiziano e quello romano al seguito di Pompeo, ma si
innamorò di Cleopatra, che portò con sé a Roma, nel 46 a.C., il senato romano lo nominò dittatore
per 10 anni: Cesare varò riforme molto illuminate (concesse a tutti i liberi cittadini di diventare
senatori, riconobbe il diritto di cittadinanza anche alle province più lontane, riformò l’amministrazione
delle province periferiche, che le famiglie dei patrizi avevano trattato come loro proprietà private) ma
in questo modo si inimicò i patrizi influenti di Roma; questi organizzarono una congiura e lo uccisero
(le idi di marzo del 44). Scoppio una lotta per il potere tra Ottaviano (pronipote di Cesare) e Antonio
(ufficiale di Cesare), alla fine la spuntò Ottaviano il quale, non lasciatosi sedurre da Cleopatra, fece
dell’Egitto una provincia romana; il senato lo proclamò Augusto (illustre), l’esercito lo acclamò
Imperatore: la repubblica romana si era trasformata in Impero: lui e i suoi successori furono
imperatori, cioè sovrani assoluti del più grande impero mai visto sulla terra. Ottaviano assicurò ai
suoi sudditi 50 anni di pace, dedicandosi alle riforme interne; ma ormai era troppo tardi: i due secoli
precedenti avevano rovinato la classe dei contadini liberi, ormai tra le file dei mendicanti, dei
miserabili o dei braccianti sottopagati, avevano creato una burocrazia fatta di funzionari sottopagati
fra i quali la corruzione era il metodo principale per procurarsi il necessario per mantenere la propria
famiglia, avevano impostato tutta la prosperità economica dell’Impero sul lavoro degli schiavi; questi
assieme ai braccianti sottopagati e ai mendicanti delle città persero ogni interesse nelle cose di
questo mondo, che ritennero una dimora tanto misera e si interessarono sempre più alle promesse di
un futuro Regno dei cieli che Gesù di Nazaret e i suoi profeti (come Paolo) andavano predicando
(una religione dell’amore per un solo Dio, padre di tutti gli uomini e quindi della fratellanza universale,
dell’amore di tutti gli uomini come fratelli, una religione che considerava la vita terrena solo come
transitoria in attesa di una vita dopo la morte, un paradiso in cui entreranno solo i giusti, gli umili, i
caritatevoli: il Cristianesimo).

I Barbari

Intanto i Barbari, cioè popolazioni germaniche (indoeuropee) battevano alle porte delle frontire
settentrionali dell'Impero (limes): non eran più disponibili truppe romane per bloccarli, perciò si
dovettero assoldare mercenari stranieri, di nuovo barbari, il che rendeva assai incerto l'esito della
difesa; inoltre, in via di prova fu concesso ad alcune tribù di stabilirsi dentro i confini dell'Impero, ma
presto queste tribù protestarono contro gli avidi esattori delle tasse romani e quindi costituirono forti
elementi di disgregazione; fu proprio per questo che l'imperatore Costantino, nel 323, spostò la
capitale dell'Impero da Roma a Bisanzio, che ribattezzò Costantinopoli; alla sua morte i figli si
divisero l'Impero in un Impero d'Occidente e in Impero d'Oriente. Intanto oltre i confini del nord-est
dell'Impero gli Unni di Attila avanzavano verso occidente spingendo i Visigoti verso il centro
dell'Impero, finchè il loro re, nel 410, prese d'assalto Roma; tuttavia Roma crollò solo nel 476, sotto i
colpi di Odoacre, capo di un esercito di mercenari germanici che volevano spartirsi l'Italia: Odoacre
riuscì a cacciare l'imperatore Romolo Augustolo da Ravenna e si proclamò governatore di Roma; poi
fu la volta degli Ostrogoti di Teodorico, che trucidò Odoacre e prese il suo posto; infine, nel VI sec.
fu la volta dei Longobardi che fondarono un Regno italico longobardo a Pavia. Roma, la città
imperiale, occupata dai rozzi barbari cadde in uno stato di abbandono: i palazzi, le scuole vennero
saccheggiati e bruciati, la rete stradale e i ponti andarono in rovina e con essi anche i traffici
commerciali; la civiltà rischiava di scomparire dall'Occidente: è vero che essa continuò a
Costantinopoli, ma qui ci si dimenticò delle proprie origini occidentali e tutti gli interessi eran rivolti
all'Oriente: venne abbandonata la lingua e l'alfabeto latino a favore di quello greco e l'imperatore
assunse le sembianze di un despota asiatico [quando poi i missionari della chiesa bizantina
cercarono nuove terre in cui portare il nuovo messaggio guardarono ad oriente e diffusero la nuova
civiltà negli sconfinati territori della Russia]. L'Occidente rimase in balia ai barbari e una cosa soltanto
preservò l'Europa dalla distruzione completa: la Chiesa.

Cap. III

LA CHIESA

In materia religiosa il romano era sempre stato molto tollerante in quanto indifferente a tali questioni:
i fedeli delle rispettive religioni potevano liberamente professare i loro culti purchè mostrassero
rispetto esteriore per l’immagine dell’imperatore e purchè le varie sette rimanessero tra loro in pace;
ma le comunità cristiane rifutavano di praticare qualunque forma di tolleranza rispetto alle altre sette,
dichiarando che solo il loro dio era il vero ed unico dio e che tutte le altre divinità erano delle
imposture; inoltre i cristiani si rifiutavano di sottoporsi al tradizionale omaggio all’imperatore e di
rispondere alla chiamata alle armi, da qui l’iniziale persecuzione dei cristiani; tuttavia i cristiani
rappresentarono anche per l’Impero un fattore positivo: i missionari cristiani, infatti, riuscirono dove
non riuscì l’esercito imperiale: con il potere delle conversioni religiose riuscirono a fermare l’avanzata
dei barbari; così acquistarono in fretta potere nei territori occupati dai Teutoni e dai Franchi; l’Impero
si rese conto della portata dell’evento e concesse loro, in alcune province, gli stessi diritti degli altri
cittadini; il culmine si ebbe con l’imperatore Costantino il Grande, il quale, convertitosi al
cristianesimo, nel 313, riconobbe il Cristianesimo religione di Stato; anche in Oriente, a
Costantinopoli, l’imperatore Giustiniano collocò la Chiesa in posizione di dominio: questa fu la fine
dell’antico mondo greco. In Italia tanto i Longobardi quanto i Goti (dopo di loro) costituirono unità
politiche piuttosto deboli e arretrate, perciò i vescovi di Roma, i papi, riuscirono a conservare
l’indipendenza della città, e presto i resti dell’Impero sparsi per la penisola riconobbero i vescovi di
Roma come loro capi politici e spirituali (teocrazia: il capo religioso ha potere anche in campo
politico; non c’è distinzione di potere temporale e potere spirituale). A Costantinopoli, invece,
esistendo ancora l’imperatore la teocrazia assunse una fisionomia diversa: l’imperatore era il capo
supremo sia dello Stato che della Chiesa [quando poi Costantinopoli crollerà conquistata dai Turchi e
Zoe, la figlia dell’imperatore, sposerà Ivan III di Russia, l’eredità bizantina passerà ai granduchi di
Moscovia: così l’aquila bicipite di Bisanzio (ricordo dei giorni in cui l’Impero era diviso in Occidente e
Oriente) diventerà lo stemma dell’Impero Russo ed I’imperatore di Russia si chiamerà zar (cesare)].

Cap. IV

L’ISLAM

Nel VII sec. dopo Cristo, i Semitici tornarono alla ribalta, sfidando il potere dell’Occidente: gli Arabi,
di religione islamica, religione monoteistica, il cui dio era Allah e il cui profeta era Maometto, testo
sacro: il Corano, luoghi di culto le Moschee, religione che predicava la sottomissione (islam) alla
volontà di Allah, cioè accettazione rassegnata del destino voluto da Dio, l’onestà nei rapporti sociali,
il rispetto e l’obbedienza ai genitori, la carità ai poveri e ai malati, l’astensione da certi tipi di carne e
dalle bevande alcoliche, la preghiera quotidiana 5 volte al dì rivolta verso La Mecca (città sacra dove
Allah si era rivelato a Maometto): da sempre gli arabi eran stati pacifici pastori del deserto , senza
alcuna ambizione espansionistica, ma sotto la guida di Maometto e della sua parola si spingeranno
sino nel cuore dell’Europa, in Francia, minacciandone l’integrità; quale fu la ragione di
quest’espansione? Innanzitutto un motivo ideologico: uno dei dogmi dell’Islam era la guerra santa,
cioè impegnarsi con le armi per affermare nel mondo l’unica vera religione (l’Islam appunto), chi
sarebbe morto in guerra per la gloria di Allah avrebbe avuto un posto nel suo paradiso. Morto
Maometto, capo dei musulmani (califfo) divenne ‘Omar, il quale in meno di dieci anni conquistò
l’Egitto, la Persia, la Fenicia, la Siria e la Palestina. Alla sua morte il califfato divenne ereditario e alla
funzione originaria di guide spirituali i califfi aggiunsero anche il ruolo politico di governanti
dell’Impero (quindi anche nell’Islam vigeva la teocrazia). Agli inizi dell’VIII il generale musulmano
Tarik occupa Gibilterra, battè in Spagna i Visigoti, varcò i Pirenei ma venne fermato a Poitiers da
Carlo Martello (nel 732), i musulmani vennero così respinti in Spagna dove formarono il Califfato di
Cordova o Regno dei Mori, che durò per sette secoli.

Cap. V

IL SACRO ROMANO IMPERO

La battaglia di Poitiers aveva salvato l’Europa e il suo centro, l’Europa dei papi e degli altri vescovi
(che disponevano sia del potere spirituale che di quello temporale), l’Europa della Chiesa insomma,
dall’invasione dei musulmani, rimaneva però un pericolo interno: i barbari. E’ vero alcune tribù
barbariche si erano docilmente sottomesse al carisma e all’autorità del vescovo di Roma,
riconoscendolo come capo spirituale, ma altre eran pronte per irrompere all’improvviso: occorreva
che la Chiesa trovasse un alleato disposto a difenderla con la spada in caso di pericolo. Così i papi
stabilirono rapporti di amicizia con la più promettente tribù germanica del nord-ovest d’Europa: i
Franchi. I loro discendenti erano i Merovingi, questi inizialmente combatterono a fianco dei romani
contro gli Unni ma poi (col re Clodoveo) ebbero la forza di estromettere i romani divenendo
indipendenti ed espandendosi sempre più. Così il figlio di Carlo Martello, Pipino il Breve, l’ultimo dei
Merovingi e devoto al papa, venne chiamato dal papa per difendere l’Italia dai Longobardi; Pipino
accettò, scese in Italia e liberò Ravenna e altri territori dai Longobardi donandoli al papa (questi
territori formeranno uno Stato indipendente fino al 19esimo secolo: lo Stato Ponteficio), in cambio il
papa Bonifacio incoronerà Pipino re “per grazia di Dio”, una formula che rimarrà per un millennio e
che sancirà la pretesa del potere assoluto (sia spirituale che temporale) del papa: il papa, unico
intermediario tra Dio e gli uomini, dispone del potere assoluto affidatogli da Dio, “origine divina” del
potere, quindi solo lui può eventualmente concedere il potere temporale ad un re. A Pipino successe
Carlo Magno ed iniziò così la dinastia dei Carolingi: Carlo conquistò le terre dei sassoni, nella
Germania orientale, cercò di combattere i Mori in Spagna ma senza successo (qui si distinse il prode
condottiero franco Orlando). Quando poi papa Leone III venne assalito da una banda di briganti
romani Carlo Magno intervenne per salvarlo: nella notte del natale dell’800 il papa lo incoronò
Imperatore del Sacro Romano Impero. Alla morte di Carlo l’Impero venne diviso in due (trattato di
Verdun): la parte occidentale, l’antica Gallia, che divenne un regno a sé, regno di Francia, come del
resto la parte orientale, regno di Germania; la corona imperiale venne ben presto rivendicata dai
signorotti italiani, che se la contendevano (con o senza il permesso del papa): il papa si trovò di
nuovo in pericolo e questa volta chiesa aiuto al più potente dei principi germanici, il principe di
Sassonia Ottone: Ottone accettò e il papa, nel 962, lo incoronò Imperatore del Sacro Romano
Impero di Nazione Germanica, comprendente anche l’Italia del nord e l’Italia centrale; in Italia
meridionale troviamo invece i Normanni. Nel IX sec. i Normanni (“uomini del nord”) o Vichinghi
(“guerrieri”), popolazioni di stirpe germanica provenienti dalla Danimarca, dalla Norvegia, dalla
Svezia, audaci navigatori, pirati e predoni, dediti al saccheggio, piombarono sulle coste del nord, in
Inghilterra, Francia, Germania, Olanda ma anche, come si è detto, in Italia meridionale, dove
fondarono piccoli domini indipendenti: all’inizio del IX sec il re dei Franchi, troppo deboli per
combatterli, concesse a Rollo un ducato, il ducato di Normandia; nel 1066 Guglielmo di Normandia
attraversò la Manica, sconfisse gli Angli e i Sassoni, che all’epoca abitavano l’Inghilterra, e si
proclamò re d’Inghilterra.

Il Feudalesimo

In questo periodo l’Europa era circondata da pericoli esterni: a sud l’Islam, a nord i Normanni, ad est
i barbari (Unni, Ungari, Slavi, Tartari, …); inoltre né nel Sacro Romano Impero, né nel Regno di
Francia esistevano poteri forti: tanto il potere dell’imperatore quanto quello del re di Francia venivano
continuamente sfidati dai potenti signori dell’Impero e di Francia. La gente, in questa costante
condizione di pericolo, cercò protezione nei signori locali: nacquero così una quantità di piccoli
principati, ognuno governato da un duca, barone, conte o vescovo, organizzati per la difesa militare,
grazie ai loro castelli, che sorgevano su una altura vicino ai centri abitati e sempre pronti per ospitare
i cittadini in caso di attacchi; questi signori eran quindi signori-cavalieri, si impegnavano a difendere
la comunità, a proteggere Chiese e monasteri, a far rispettare l’ordine, a svolgere compiti di
funzionari pubblici (riscuotere le tasse, tenere i registri delle nascite, morti, matrimoni, funzioni che
affidava ai sacerdoti, visto che quasi sempre non sapevan né leggere né scrivere). Questi signori-
cavalieri o feudatari erano legati al re o all’imperatore da un vincolo di fedeltà (cioè giuravan loro
fedeltà) che, in cambio di un leale servizio militare (qualora fosse richiesto dal re o dall’imperatore) e
di una certa quantità di tasse (che a loro volta i signori riscuotevano dalla comunità che
proteggevano), permetteva loro di ricevere (dal re o dall’imperatore) un feudo, che amministravano (a
causa delle difficili possibilità di comunicazione) in quasi completa autonomia, come loro proprietà
privata, attribuendosi, sui loro feudi, pieni e sovrani poteri (fare le leggi e amministrare la giustizia).
Fu questo il sistema sociale, politico ed economico che dal X sec. fino al XV sec. organizzò la
società medievale e che fu chiamato Sistema Feudale o Feudalesimo.
L’ideale della Cavalleria si basavano sui valori della fedeltà e del servizio, considerando il servire,
l’umiltà (non vantarsi di sé e delle proprie azioni), l’onestà, la cortesia (le buone maniere, il rispetto ed
il riguardo verso l’altro, soprattutto se dama, la dignità della condotta), la generosità verso i bisognosi
come qualcosa di nobile e di bello; esempio emblematici di cavalieri erano: in Inghilterra Lancillotto e
gli eroi della Tavola Rotonda di re Artù, in Francia il prode Orlando. Le Crociate (risvegliando i
commerci, l’affarismo e dando vita ad una nuova classe sociale, la borghesia), l’invenzione della
polvere da sparo e l’impiego di truppe mercenarie, eclisseranno la figura del cavaliere.

La lotta tra i Poteri Universali

Anche i cosiddetti Poteri Universali, Impero e Chiesa, erano motivo di disgregazione: fino all’XI sec.
la Chiesa non aveva mai smesso di avanzare le sue pretese di un potere supremo, assoluto: il papa
(questa era l'idea ripresa strenuamente nel 1200 da Innocenzo III), essendo il rappresentante di Dio
in terra, non era solo il depositario del potere spirituale, ma anche la più alta autorità nelle questioni
mondane, la più alta autorità politica, temporale (visto che nel giorno del giudizio doveva rispondere
del comportamento di tutte le pecore del suo gregge, ed anche il re era una pecora del gregge dei
fedeli!) poteva infatti, come in realtà fino ad ora era accaduto (da Carlo Magno in poi), elevare un re
ad imperatore; questa pretesa poteva sì indisporre l’imperatore ma era mitigato dal fatto che
l’elezione del papa era una faccenda priva di regole, quindi i candidati ad imperatori potevano
scendere a Roma per appoggiare con tutta la loro influenza il candidato a loro più congeniale; nel
1059, però, le cose cambiarono: papa Nicolò II, stabilì, con un decreto, che solo i vescovi potevan
eleggere il papa (quindi senza più nessuna ingerenza del potere laico). I due poteri finirono così per
scontrarsi: la cosa non era di poco conto in quanto l’autorità del papa non era inferiore a quella
dell’imperatore, ed anzi, poteva incrinare la coesione e la stabilità dell’intero assetto sociale (ad
esempio il papa poteva sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà al loro sovrano, anzi poteva
istigarli alla ribellione, poteva opporre il veto a qualunque legge emanata da duchi re o imperatori,
poteva ordinare di far chiudere le chiese, facendo cessare battesimi, matrimoni, estreme unzioni,
insomma poteva bloccare molte funzioni della vita medievale); essendo i due poteri il punto di
riferimento di tutta la società, i sudditi si trovarono contesi e lacerati tra l’obbedienza al papa e quella
all’imperatore. Il primo scontro si ebbe tra papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV di Franconia
(episodio di Canossa, in cui Enrico è costretto umilmente a chiedere scusa al papa, per scongiurare
la minaccia che il papa potesse eleggere un nuovo imperatore); quando poi fu la famiglia degli
Hohenstaufen (o di Svevia) a conquistare il trono imperiale, fu Federico Barbarossa ad affrontare il
papa: Federico sosteneva che il potere dell’imperatore dovesse essere assoluto in quanto
proveniente direttamente da Dio, così scese in Italia per imporre il suo potere sul Papa (Alessandro
III), sui baroni Normanni del Sud e sui Comuni del Nord (che, attraverso la lotta contro la feudalità
locale, avevano appena ottenuto ampie autonomie) e quindi riunificare Germania e Italia (di fatto in
mano vuoi ai Comuni indipendenti, vuoi al papa) in un unico Impero; i comuni dell’Italia del nord però
non eran di certo disposti a cedere facilmente ad una simile rinuncia di autonomia, così si riunirono,
contro di lui, nella lega Lombarda e in quella Veneta) impedendo al Barbarossa di portare a termine il
suo progetto; sarà il figlio Federico II, nel XIII sec., cresciuto in Sicilia e influenzato dalla grande
civiltà araba, a proseguire la lotta, dominò sull’Italia meridionale sostituendosi ai Normanni (le sue
Costituzioni Melfitane sono il primo esempio di Stato accentrato e burocratizzato, utile a limitare e
controllare il potere locale dei baroni attraverso l'attività amministrativa dei funzionari imperiali) e il
suo sogno era riunificate tutta l’Italia, ma i papi (Innocenzo III, Innocenzo IV e Clemente IV) non si
arresero e forti delle loro alleanze con i baroni meridionali e i comuni italiani riuscirono a deporre
Federico e i suoi successori, consegnando i domini italiani dell’Italia meridionale agli Angioini, a
Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia, il quale trasferì la capitale del Regno di Napoli e di Sicilia da
Palermo a Napoli e insediò in tutto il meridione italiano i prepotenti baroni francesi; ma gli angioini
poi, a causa del loro malgoverno, perderanno la Sicilia, dopo una rivolta popolare (Vespri Siciliani), la
quale andrà agli Aragonesi, cioè agli Spagnoli: si ebbe così un Regno di Sicilia in mano agli
Aragonesi e un Regno di Napoli in mano agli Angioini (poi, nel 1400, anche il resto dell’Italia
meridionale andrà agli Aragonesi). La lotta tra papato e Impero proseguirà poi tra Filippo il Bello, re
di Francia, e papa Bonifacio VIII, agli inizi del '500: il re di Francia proclamava il diritto divino del re
(cioè che il potere del re derivava direttamente da Dio, senza l'intercessione del papa), il papa, da
parte sua, rispose con la Bolla Unam Sanctam, con cui ribadiva la supremazia del potere papale
(tradizione innocenziana), scontro che si concluse con il celebre schiaffo di Anagi, in cui il papa
venne umiliato dagli emissari del re di fi Francia: il papato caddè così sotto l'influenza e il controllo
della Francia: la sede del papato venne trasferita per 70 anni ad Avignone e tutti i papi di quel
periodo furono papi francesi (Cattività Avignonese). Lo scontro era oggetto di una divisione anche
nel mondo delle lettere: troviamo infatti accanto a scrittori curialisti (sostenitori dei principi della Unam
Sanctam), scritturi regalisti sostenitori del diritto divino dei sovrani (lo furono Dante e Marsilio da
Padova con la precisazione che il sovrano, riceve sì il suo potere direttamente da Dio, ma che ad
attribuire l'autorità imperiale spetta al popolo) La lotta tra papato e Impero finì solo con
l’approvazione da parte di Carlo IV di Lussemburgo della Bolla d’Oro (1356) che regolava l’elezione
imperiale riservandone il diritto ai principi di area germanica (4 laici e 3 ecclesiastici) e non rendendo
più necessaria l’approvazione papale [l’Impero coinciderà sempre più con le dimensioni e lo spirito di
uno Stato Nazionale, di matrice germanica].

La città e il Comune

Il Comune, o città medievale autogovernata, sorse gradualmente: prima gli artigiani iniziarono ad
aprire le loro botteghe nelle vicinanze del castello feudale, per ricevere protezione in caso di pericolo
e, in cambio, per soddisfare i bisogni del signore; poi, quando incominciò, con le Crociate, la corsa
verso la Terrasanta, e le città marinare (Pisa, Amalfi, Genova, Venezia) si fecero intraprendenti
organizzatrici del trasporto dei pellegrini in terrasanta, intensificando i loro traffici commerciali e
realizzando grandi guadagni, iniziò a circolare denaro (proveniente dall’Oriente) anche nei villaggi, a
questo si affiancò l’ascesa della classe borghese (ceto sociale di intraprendenti mercanti arricchiti,
che sperimentarono le prime forme di industria manufattoriera, in sostituzione dell’artigianato:
produzione su larga scala stipendiando operai e rivendita in proprio); ora nel villaggio, la classe
borghese primeggiava in ricchezza e disponeva abbastanza denaro da concedere prestiti anche ai
signori feudali; questi, infatti, pur non avendone fino ad ora fatto uso (il rapporto tra il signore e il
villaggio degli artigiani era basato sullo scambio in natura, sul baratto), si videro costretti (per le loro
esigenze) al credito; i signori non potendo garantire la restituzione del debito si videro costretti a
cedere ai borghesi del villaggio sempre più diritti sul suo suolo, fino a strappare al suo feudo un
territorio sul quale potessero governarsi in piena autonomia, istituendovi un Consiglio di mercanti
eletti dal popolo (nel Palazzo del Comune, che sorgeva, con la sua Torre, nella Piazza del Mercato),
col potere di amministrare gli affari della città, senza interferenza da parte del castello: si trattò di un
processo lento e graduale di trasferimento del potere dal castello alla città: mentre le città si
arricchivano e prosperavano, i signori feudali si impoverivano, costretti a vendere i loro latifondi,
acquistati dai borghesi arricchiti, i quali diedero origine alle prime forme di capitalismo agrario, in
sostituzione del sistema feudale: contratti di affitto coi contadini, che così si poteron rendere
autonomi, oppure di mezzadria, introduzione di nuove tecnologie per aumentare la produzione
(passaggio da una economia di sussistenza ad una economia di mercato: si produce per vendere,
per il profitto, e non solo per le esigenze vitali).
Cerchiamo ora di capire il fenomeno, più volte ricordato, delle Crociate. Nel VII sec i musulmani
avevano conquistato la Siria e la Palestina, luogo sacro per i cristiani (e per gli ebrei), tuttavia non si
erano mai dimostrati intolleranti verso i pellegrini cristiani che si recavano al sacro sepolcro; ma agli
inizi dell'XI sec. una popolazione tartara proveniente dalle steppe dell'Asia, i Turchi Selgiuchidi, si
impadronì dell'impero arabo in Asia occidentale, facendo cessare la tolleranza verso i cristiani e
interrompendo ogni traffico tra est e ovest. Alcune città italiane che avevano basi commerciali lungo
le coste dell'Asia minore e in Palestina temevano per i loro possedimenti, inoltre si cominciava a
riferire delle atrocità commesse dai turchi sui cristiani; infine, l'Europa era spesso preda di carestie e
crisi economiche, ciò provocava disoccupazione, malcontento, ribellioni, quindi l'Asia occidentale
appariva un eccellente zona di emigrazione. La Chiesa si attivò così per aizzare l'odio per gli infedeli
musulmani lanciando l'idea della Crociata in Terrasanta per recuperare il sacro sepolcro alla
cristianità. I genovesi e i veneziani si offrirono di trasportare i fedeli in Terrasanta e siccome le tariffe
eran molto alte chiesero ai crociati di combattere un po' anche per loro: in questo modo Venezia
estese notevolmente i suoi possedimenti lungo le coste adriatiche, in Grecia, nelle isole di Cipro,
Creta e Rodi. L'iniziale fervore religioso si spense alla svelta e le Crociate divennero ben presto un
grande affare: per la possibilità di estendere i propri domini in Medio Oriente, per la possibilità di
intensificare i traffici commerciali (commercio delle spezie, della seta, ....) e per l'affluenza sempre
maggiore di metalli preziosi; a seguito delle Crociate il denaro ricominciò a circolare anche in Europa,
portando alla ribalta la nuova classe dei mercanti arricchiti, i borghesi, e dando vita a quella nuova
unità politica, sociale ed urbanistica il cui nascere e svilupparsi si legava strettamente al commercio:
la città.
Contestualmente a queste nuove unità politiche (le città) anche i regni, alla fine del Medioevo,
subirono una trasformazione politico-istituzionale: i principi feudali (feudatario investito
dall'imperatore, dal re o dal papa, di sovranità, cioè di poteri giurisdizionali sui loro territori, feudi) ed
in generale la nobiltà feudale (conti, duchi, baroni, signorotti, vescovi....) era una classe in declino,
subiva la concorrenza della classe in ascesa, la borghesia, la classe ricca alla quale tanto i re quanto
gli imperatori chiedevano collaborazione e alleanza; questo avvicinamento borghesia - corte regnate
trova un suo primo sintomo nella concessione, da parte del re inglese Giovanni Senza Terra (nel
1215), della Magna Charta, un documento con cui il re riaffermava i tradizionali privilegi dei feudatari
(di disporre dei loro sudditi come di proprietà private) ma, in più, concedeva certe garanzie al
nascente ceto mercantile. Il figlio, re Enrico III, consentì poi (nel 1265) che una piccola
rappresentanza delle città fosse ammessa alle sedute del consiglio reale e partecipassero in veste di
esperti finanziari, esprimendo il loro parere per quel che riguardava l'imposizione delle tasse (visto
che erano i cittadini a doverle pagare, dato che vescovi e feudatari non avevano abbastanza oro e
argento): poco alla volta i rappresentanti dei Comuni vennero consultati su molti altri problemi e
all'assemblea dei nobili ed ecclesiastici (Camera dei Lord) sia aggiunse anche quella dei
rappresentanti dei comuni (Camera dei Comuni) trasformandosi in un vero e proprio Parlamento,
cioè un luogo in cui si discuteva prima di prendere importanti decisioni di Stato; così il potere del re
non era più assoluto ma sempre più limitato, in quanto affiancato da quello del Parlamento,
espressione dei bisogni non più solo della nobiltà ma anche della cittadinanza. Il medesimo processo
si impose anche in Spagna (le Cortes), in Francia (gli Stati Generali), in Germania (la Dieta) e nei
Paesi Bassi.
In Italia un tale sistema non esisteva ancora, era ancora frammentata in tante realtà politiche
autonome, tuttavia, in questo periodo le piccole città libere dell’Italia settentrionale, organizzate in
Comuni, con una intelligente politica di altalena tra Impero e papa (filoimperiali, o ghibellini, e
filopapali, o guelfi; stando cioè dalla parte del papa contro l’imperatore o con l’imperatore contro il
papa, a seconda delle opportunità e della convenienza), riuscirono ad accrescere il loro potere e la
loro autonomia rispetto all’uno e all’altro; a questo punto i Comuni (autogoverni cittadini fondati su di
un potere assembleare) si trasformarono in Signorie (governi monocratici, il Signore, di solito un
potente condottiero o il membro di una potente famiglia) e questi in Principati (trasmissione
ereditaria del potere, potere dinastico), miranti ad inglobare i territori limitrofi; nacquero così Stati
regionali, così potenti da esser in grado di sfidare tanto il papa quanto l’imperatore, ma sempre in
lotta tra loro, nell’intento di voler sottomettere gli stati vicini e di voler porre l’intera penisola sotto il
proprio dominio: si aprì così l’epoca delle Lotte per il predominio in Italia: i maggiori Stati italiani (il
ducato di Milano dei Visconti e degli Sforza, la Repubblica di Venezia delle ricche famiglie di
commercianti, la Repubblica di Firenze dei De Medici e il Regno di Napoli di Roberto d'Angiò e subito
dopo di Alfonso di Aragona) cercarono a turno di affermarsi sopra i loro rivali (in un vario intreccio di
alleanze) senza tuttavia riuscirvi; questa situazione di sostanziale equipotenza in cui nessuno Stato
riusciva a prevalere sugli altri venne sancita dalla Pace di Lodi (1454). Questi piccoli stati regionali
divennero il crocevia dei più importanti traffici commerciali tra l'est e il nord-ovest d'Europa: Venezia,
una Repubblica marinara sorta nel V sec, governata da un Maggior Consiglio (in cui eran
rappresentate le più ricche famiglie di mercanti della città) e da un Doge (il capo della repubblica)
[quindi una plutocrazia], fece la sua fortuna grazie al monopolio del sale (molto richiesto, in quanto
senza il sale ci si ammala), la aumentò grazie alle Crociate divenendo il crocevia tra il Medio oriente
e il nord Europa; nella Repubblica di Firenze vi era invece un governo opposto, una democrazia
realizzata grazie ad un governo comunale in cui eran presenti i rappresentanti, oltre che dei nobili e
degli ecclesiastici (Magnati), anche delle varie arti, o corporazioni (associazioni di lavoratori per
difendere gli interessi di categoria), dette Arti Maggiori e Arti Minori, ma dopo qualche secolo anche
Firenze si trasformerà in una plutocrazia, quando la famiglia dei Medici (famiglia di potentissimi
bancari) acquisterà un potere assoluto sulla città; Firenze fece la propria fortuna grazie alle
manifatture e grazie alla sua posizione geografica che le consentiva di controllare l'arteria stradale
che collegava Roma al nord Europa; Genova, altra Repubblica marinara, fece la propria fortuna
grazie ai traffici con la Tunisia e il mar Nero e per essere il crocevia verso la Francia; lo Stato
Ponteficio ricavava le sue ricchezze dalla riscossione di tasse nei suoi vasti domini; al Sud d'Italia
non esistevano nè comuni nè Repubbliche ma detenevano il potere gli Aragonesi. Le città del mar
Baltico (Amburgo, Burges, Gand, Lubecca, ...) si specializzarono nel commercio del pesce (che
riuscirono a conservare con il sale) e si riunirono nella Lega Anseatica per difendere i loro interessi
commerciali.

Cap. VI

IL RINASCIMENTO
L'uomo del Medioevo, lo Scolastico, traeva tutta la sua conoscenza dai libri, la Bibbia a cui si
aggiunsero nel dodicesimo secolo alcuni testi di Aristotele, quindi sempre in maniera indiretta, mai
direttamente cioè attraverso l'esperienza, l'osservazione [Principio d'Autorità]; questo non tanto
perchè si volesse tenere l'uomo nell'ignoranza, quanto per scongiurare il pericolo del dubbio e dello
scetticismo, insidie che la libertà di pensiero porta sempre con sè; in altre parole, l'autorità (Chiesa e
Stato) si preoccupavano, come madri premurose, della sicurezza dei loro sudditi [Paternalismo],
tanto nel campo del sapere, quanto in quello materiale: nel medioevo il servo conduceva certamente
una vita misera, non poteva aspirare a migliorare la sua condizione (nel medioevo vi era un sistema
sociale gerarchico e rigido, in cui ognuno era giusto che mantenesse il suo posto) ma del resto
poteva esser sicuro di ciò che aveva, era sicuro che il signore non lo avrebbe cacciato e l'avrebbe
sempre protetto; da parte loro i mercanti e gli artigiani si riunivano in corporazioni per scongiurare il
pericolo della competizione e concorrenza reciproca (che avrebbe fatto arricchire alcuni e fallire altri);
per altro verso erano condannate dalla Chiesa tutte quelle attività, come l'usura, che consentivano di
arricchirsi speculando; lo Stato cercava di regolare i prezzi dei mercanti e condannava il mercato
all'ingrosso (che avrebbe favorito il fenomeno dell'accaparramento, della concentrazione di
ricchezze). Questo stile di vita era indotto anche dalla persuasione che la vita terrena fosse solo un
transito temporaneo, in attesa di un Giudizio finale in cui si veniva giudicati da Dio non per le proprie
ricchezze materiali o per la propria posizione sociale ma per la rettitudine della propria esistenza
terrena; questo faceva si che la propria esistenza terrena fosse vissuta non come qualcosa di fine a
sè stesso, ma come una dimora in cui si era solo di passaggio e ci si doveva adattare con
rassegnazione e senza troppe ambizioni, sapendo che solo una condotta retta e umile avrebbe
permesso di varcare le soglie del paradiso. Infine, il Medioevo era caratterizzato da una Mentalità
Internazionale: i poteri universali (Chiesa e Impero) univano tutti gli uomini da un vincolo di
fretellanza-sudditanza che parlava un'unica lingua, al di sopra dei vari particolarismi nazionali, il
latino, la lingua ufficiale, della Chiesa, dell'Impero e della Cultura Universitaria (le Università erano
corporazioni di docenti e studenti nate nel Medioevo)
Nel Rinascimento il punto di vista sulla vita cambia: non concentravano più tutti i pensieri e gli sforzi
sulla vita che li aspettava in paradiso ma cercavano di realizzare il paradiso sulla terra; questo
obiettivo equivaleva vivere in un mondo come quello degli antichi Greci e Romani, il Mondo Pagano,
un mondo fatto di bellezze artistiche, di poesia, di letteratura, di libertà, di democrazia, di piaceri, di
gioia e di vitalità, di amore per la vita terrena, vissuta non come un semplice transito ma come la
dimora unica, quindi la sola vera possibilità di vita, questo mondo viene riscoperto, fatto rinascere,
preso a modello e ideale di vita; in questa rinascita culturale e intellettuale al latino, come lingua
ufficiale e della cultura, si affiancò il greco e questo permise di leggere direttamente in lingua
originale i classici, Omero, Platone, Aristotele, riscoprendone il significato originario
(contestualizzazione storica) al di là delle interpretazioni tendenziose (piegate a significati teologico-
religiosi, in realtà assenti in quegli autori) degli scolastici. Firenze, con la sua Accademia fiorentina (i
nuovi luoghi del sapere, in concorrenza alle università: corti di nobili e aristocratiche famiglie dove
fiorì il Mecenatismo, dare ospitalità ad artisti e letterati in cambio della loro opera), divenne il centro
dell'Umanesimo (dal rifiorire delle Humanae Litterae). Il Rinascimento è anche l'età dell'espressione:
grazie all'invenzione della stampa da parte del tedesco Gutemberg, sempre più libri vennero scritti,
stampati e la cultura iniziava a diffondersi e ad essere alla portata di sempre più persone. L'ultimo
tentativo, ormai anacronistico, di tener in vita lo spirito del Medioevo, a Firenze, fu quello del
domenicano Savonarola, il quale si presentava come il portavoce dell'ira divina per la nuova eresia
del paganesimo greco e latino, invitando i fiorentini a distruggere i simboli di quell'eresia (libri, statue,
dipinti, ...) in un "falò delle vanità"; ma ormai il medioevo era finito e il suo tentativo di rifondare a
Firenze una Repubblica etica, governata dai principi cristiani della rettitudine, dell'onesta, dell'umiltà
fallì, scontrandosi con gli interessi e gli affari dei nuovi ceti borghesi arricchiti (i Medici, potentissimi
bancari), realizzati sempre più in un clima di corruzione, malcostume e senza più scrupoli morali.
Le grandi scoperte geografiche

Altro eclatante rivolgimento del periodo rinascimentale furono le Grandi scoperte geografiche: le
Crociate avevano insegnato agli europei l'arte di viaggiare; nel '200 i fratelli Polo (mercanti veneziani)
avevano raggiunto la Mongolia, la Cina e si erano spinti fino in Giappone, terre che facevano sperare
in favolosi tesori e che avevano un prodotto assai richiesto in Europa: la seta e le spezie (all'epoca
non esisteva la conservazione col freddo, quindi la carne e il pesce si deterioravano facilmente,
dunque potevan esser mangiate solo con una abbondante spolverata di pepe o di noce moscata);
veneziani e genovesi avevano il primato in questi commerci con l'Oriente ma ora, alla fine del '400, la
via per l'Oriente era bloccata dalla presenza turca a Costantinopoli, quindi occorreva cercare un'altra
via per le Indie: furono portoghesi e spagnoli ad avviare le prime esplorazioni: il portoghese Diaz, alla
ricerca del misterioso impero del prete Gianni (leggendario sacerdote cristiano che si dicesse avesse
fondato un impero ad est) [imprese intraprese su iniziativa del re di Portogallo Enrico il Navigatore,
dell'ordine dei Templari, ordine sorto durante le Crociate], navigando, aveva raggiunto la punta
estrema medirionale dell'Africa, il Capo di Buona Speranza. Nel 1490 il regno del prete Gianni sarà
trovato da De Covilham, in Abissinia, un regno con a capo un negus nero, i cui antenati si eran
convertiti al cristianesimo, nel IV sec. A questo punto si aprì una disputa: alcuni credevano che, per
raggiungere le Indie, si dovesse continuare a navigare verso Est, doppiando il Capo di Nuova
Speranza, altri ritenevano invece che si dovesse navigare verso Ovest e, visto che la terra era
rotonda, raggiungere le Indie dalla parte opposta [in questi anni, infatti il matematico polacco
Copernico aveva dimostrato che la terra è un pianeta sferico che, come gli altri pianeti del sistema
solare, ruota attorno al sole, soppiantando così il sistema del geografo egizio, Tolomeo, che voleva
la terra al centro dell'universo, in linea con il messaggio biblico, di una terra come sede della storia
divina, luogo in cui si era manifestato Dio; la Chiesa si dimostrò molto intollerante nei confronti di
tutte quelle forme di pensiero, vuoi astronomico (Copernico, Galilei, Bruno, ...), vuoi religioso (le
eresie degli hussiti, degli albigesi e dei valdesi, che rifiutavano la proprietà privata e vivevano
secondo l'originaria povertà evangelica), che si discostava dai suoi imperativi, reprimendo le eresie
con veri e propri Tribunali dell'Inquisizioni]. Tra i sostenitori della rotta verso ovest c'era Colombo, un
navigatore genovese, figlio di un mercante, il quale, finanziato dai regnanti di Spagna (Isabella di
Castiglia e Ferdinando d'Aragona) partì nel 1492 con tre Caravelle e con un equipaggio formato in
prevalenza da galeotti (ai quali era stata offerta la libertà in cambio della partecipazione all'impresa):
dopo due mese arrivò in America Centrale (El Salvador) credendo di esser arrivato in Asia. Nel
frattempo il portoghese De Gama, doppiando il Capo di Buona Speranza, raggiunse l'India; gli italiani
Caboto (al servizio della Spagna) raggiunsero Terranova, il fiorentino Vespucci (al servizio della
spagna) raggiunse il Brasile e diede il nome di America (dal suo nome, Amerigo) al nuovo
continente, il portoghese Magellano (al servizio della Spagna) , doppiò la punta estrema dell'America
Latina, attraversò l'Oceano Pacifico, arrivò nelle isole Filippine (così chiamate in onore di Filippo II).
Da allora Spagna e Portogallo impiegarono tutte le loro risorse a sviluppare traffici con le Indie e le
Americhe; per evitare un conflitto armato papa Alessandro VI decise la cosiddetta spartizione di
Tordesillas: i portoghesi potevano fondare colonie a est del 50° di longitudine, gli spagnoli a ovest; è
per questo che tutta l'America (Centrale e Meridionale), ad eccezione del Brasile, diventò spagnola,
mentre il Brasile, l'Asia e l'Africa diventarono portoghesi, almeno fino a quando inglesi e olandesi,
disinteressandosi delle disposizioni del papa, non cominciarono, anch'essi, imprese coloniali.
L'Oceano Atlantico divenne il nuovo centro del commercio mondiale, il Mediterraneo invece perse di
valore e con esso Genova e Venezia: la civiltà si spostò, nel sedicesimo secolo, dal Mediterraneo
all'Atlantico, facendo dei paesi che si affacciavano su questo Oceano i padroni della Terra.

L'Europa nell'epoca della Riforma

Il Rinascimento fu anche un'epoca di grandi sconvolgimenti politici; ecco gli avvenimenti che
prepararono il nuovo assetto geopolitico dell'Europa: la caduta di Costantinopoli, l'Impero bizantino
cadde in mano ai Turchi; nel mondo cristiano era scoppiato un grave dissidio interno che aveva
portato a spostare la sede papale per 70 anni in Francia ad Avignone (Cattività Avignonese) e poi
a far coesistere 3 papi contemporaneamente (papa francese, quello romano e quello pisano)
[Grande Scisma d'Occidente], una spaccatura che aveva profondamente disorientato il popolo dei
fedeli, senza più una guida e un punto di riferimento univoco; la cosa aveva fatto nascere, in
Inghilterra (con Wycliffe) e in Boemia (con Huss), movimenti di riforma religiosa, ispirati ad un
ritorno alla purezza cristiana delle origini e ad una maggior equità e giustizia sociale, movimenti
dichiarati ereticali dalla Chiesa ufficiale ma che saranno importanti per l'imminente Riforma
Protestante; infine Francia e Inghilterra si combatteranno per 100 lunghi anni (Guerra dei
Cent'anni), per questioni dinastiche ma anche economiche (ci si contendeva le Fiandre, importanti
per le industrie tessili), rinsaldando il loro senso identitario e la loro autonomia nazionale (prima
confusa a causa di dinastie regnanti tra loro imparentate, col pericolo di guerre per la successione al
trono).
Nel 1500 nacque il futuro imperatore Carlo V d'Asburgo, nipote da un lato di Isabella di Castiglia e
Ferdinando d'Aragona, e dall'altro di Massimiliano d'Asburgo, imperatore del Sacro Romano impero;
quindi alla morte dei nonni Carlo V ereditava: la Germania, l'Austria, i Paesi Bassi, la Spagna, l'Italia
e le colonie americane; questa immensa concentrazione di potere fu la causa delle cosiddette Lotte
per il Predominio in Europa tra l'Impero di Carlo V d'Asburgo e la Francia di Franceso I di Valois:
la Francia, infatti, sentendosi accerchiata ad est ad ovest e a sud dalle varie parti dell'Impero,
temendo di venir schiacciata come in una morsa, tentò più volte lo scontro aperto con l'Impero
(persino arrivando ad allearsi con i Turchi musulmani e i principi potestanti tedeschi pur di indebolire
il potere dell'Imperatore); questa serie di scontri non mutarono l'assetto geopolitico dell'Europa, ed
ebbero come conseguenza solo il fatto che in Italia si alternò più volte il dominio vuoi della Francia
vuoi della Spagna, anche se alla fine fu la Spagna ad aggiudicarsi il dominio sull'Italia (Pace di
Cateau Cambresis, 1559), e la divisione dell'immenso impero di Carlo V, prima di morire, in due: i
territori tedeschi, austriaci, boemi e ungheresi che andarono al fratello Ferdinando, assieme al titolo
imperiale, ed il resto, cioè la Spagna, l'Italia, le Fiandre e le colonie americane, che andarono al figlio
Filippo II, sovrano quindi del Regno di Spagna.
Carlo V aveva tentato di tener unito l'immenso ed eterogeneo territorio del suo Impero con lo
strumento ideologico della religione cattolica (come farà anche il figlio Filippo II), impresa assai
ardua, in quanto la Chiesa era in profonda crisi [insidiata dalla corruzione (compromissione col
potere politico), dal nepotismo (favorire i parenti nell'assegnazione delle carche ecclesiastiche), dalla
simonia (vendita delle carche ecclesiastiche), dalle indulgenze (perdono dei peccati in cambio di
denaro), dal malcostume e immoralità (matrimonio di ecclesiastici, vita lussuosa di corte,
concubinato, ...)], questa crisi aveva avuto come reazione una serie di movimenti riformistici volti al
ripristino dell'originario spirito di povertà e servizio evangelico (Catari, Valdesi, Albigesi, Hussiti,
Lollardi di Wycliffe); il culmine della reazione si ebbe con la Riforma Luterana o Protestante:
mentre negli altri paesi il potere era rimasto nelle mani di autorevoli monarchie, che avevano saputo
difendere i sudditi dalla cupidigia del clero (vescovi e prelati sempre alla ricerca di denaro per la
Chiesa di Roma, che cercavano di estorcere imponendo continuamente tasse), in Germania il potere
dell'Imperatore era pressochè assente e di fatto regnava una turbolenta schiera di piccoli Principi, e
in questo senso era più esposta ai soprusi dei dignitari della Chiesa di Roma; inoltre la Germania era
la culla della stampa, il primo luogo dove iniziarono a circolare libri (il primo dei quali era la Bibbia) e
dove la gente iniziò a leggere. Martin Lutero, monaco sassone dell'ordine degli agostiniani, tradusse
in tedesco la Bibbia affinchè il popolo la potesse leggere autonomamente, inoltre si scagliò contro lo
scandalo della vendita delle indulgenze, grazie alle quali la Chiesa si arricchiva alle spalle del popolo
tedesco, protestando, nel 1517, con le "95 tesi", contro la Chiesa di Roma: lo scontro tra la Chiesa e
Lutero si era irrimediabilmente aperto: il papa scomunicò Lutero, questo ottenne sempre più
influenza sui principi tedeschi, molti dei quali abbracciarono la nuova religione riformata, il
Protestantesimo, approfittando per cacciare gli ecclesiastici ed impossessarsi dei loro possedimenti e
monasteri, aumentando così il loro potere e rendendosi politicamente sempre più indipendenti
rispetto al potere dell'Imperatore; questo trasformò la Germania in una scacchiera di migliaia di
staterelli, alcuni dei quali Cattolici altri Protestanti, in aperta lotta tra di loro [situazione sancita dalla
Pace di Augusta del 1555, concessa da Carlo V, pace che instaurò il principio del cuius regio eius
religio: si lasciavano liberi i Principi tedeschi di scegliere la religione che desideravano, obbligando
però i sudditi alla religione del loro padrone]. Il primato spirituale universale della Chiesa Cattolica era
finito e presto, con la diffusione del Protestantesimo anche in altre nazioni, l'Europa divenne un
campo di battaglia dove Cattolici e Protestanti si ammazzavano a vicenda. La Riforma si era diffusa
in Svizzera, con Calvino, nei Paesi Bassi, in Francia (con gli Ugonotti); una Riforma, poi, era in corso
in Inghilterra, dove il re Enrico VIII aveva spogliato il clero inglese di tutte le proprietà e si era
proclamato capo supremo della Chiesa Anglicana, assumendosi l'antico diritto papale di nominare
vescovi e sacerdoti. La Chiesa Cattolica reagì con il movimento della Controriforma, attuata dai
fedeli della confraternita dello spagnolo Loyola, la Compagnia di Gesù, e con i tribunali della Santa
Inquisizione. Morto Carlo V i possedimenti di Germania e Austria andarono al fratello Ferdinando,
assieme al titolo imperiale, tutto il resto, invece, andò al figlio Filippo II, fanatico e intransigente
cattolico: nonstante l'immenso regno la Spagna era in forte crisi economica: è vero che disponeva
delle immense ricchezze in oro e argento provenienti dalle colonie americane, ma queste non erano
reinvestite in attività economiche (agricoltura e manifatture) [gli spagnoli infatti disprezzavano il
lavoro e consideravano nobili solo l'arte della guerra e le attività amministrative], inoltre avevano
appena cacciato i Mori (laboriosi artigiani e mercanti) da Granada, quindi dovevano importare tutto
ciò che non producevano dall'estero; gli unici possedimenti dove intense erano le attività produttive
erano i Paesi Bassi, quindi in questi territori le imposizioni fiscali erano gravosissime; fiamminghi e
olandesi avevano per giunta aderito alla Riforma, rifutandosi di riconoscere l'autorità del papa, quindi
Filippo II inviò nei paesi Bassi lo spietato Duca d'Alba, che massacrò i leader protestanti; infine
proprio mentre gli ugonotti francesi venivano massacrati nella notte di S.Bartolomeo nel 1572 (guerra
civile di religione tra i Guisa, cattolici, e gli Ugonotti, protestanti), Filippo II ordinò l'assalto a Leida,
importante centro manufattoriero dell'Olanda: le sette province del nord dei Paesi Bassi si unirono in
una lega difensiva, l'Unione di Utrecht, Guglielmo d'Orange ne era il capo: gli olandesi, per salvare
Leida, tagliarono le dighe sconfiggendo gli spagnoli. Filippo II poi fece assassinare Guglielmo, gli
Stati Generali (assemblea dei rappresentanti delle 7 province) allora abiurarono il malvagio re Filippo
e si dichiararono sovrane sul loro territorio, proclamarono la loro Indipendenza dell'Olanda dalla
Spagna. Nel 1586 l'Invincibile Armata di Filippo II salpò in direzione dell'Olanda, ma anche
l'Inghilterra, ormai era diventata protestante (salita al trono Elisabetta, morta Maria la Cattolica o La
Sanguinaria in quanto, figlia di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, divenne moglie di Filippo II e
restaurò il Cattolicesimo in Inghilterra), quindi gli Spagnoli si trovarono nella Manica di fronte agli
Olandesi coalizzati agli Inglesi: l'Invincibile Armata fallì. L'Olanda, uscita vittoriosa dalla guerra contro
la Spagna, fondò la Compagnia olandese delle Indie orientali e la Compagnia olandese delle Indie
occidentali ed iniziò una guerra sistematica e senza quartiere per conquistare le colonie americane,
asiatiche e africane della Spagna e del Portogallo. Con Enrico IV di Borbone e il suo celebre Editto
di Nantes (1598), con il quale concedeva la libertà di culto, anche in Francia finì il periodo della
guerra civile di religione

Cap. VII

IL SEICENTO
La Guerra dei Trent'anni

La guerra tra Cattolici e Protestanti si spostò nel continente, dove scoppiò la celebre Guerra dei
Trent'anni: iniziò nel 1618 quando l'avversario dell'imperatore (cattolicissimo) Ferdinando II
d'Asburgo, il protestante Federico divenne re di Boemia: gli eserciti asburgici però si trovarono di
fronte, oltre che i Boemi, anche uno schieramento protestante formato da Danimarca, Svezia
(Gustavo Vasa) e Francia (che pur essendo regnata dai cattolici Borboni si alleò coi protestanti per la
loro rivalità nei confronti degli Asburgo). La guerra non risolse nulla e si concluse con il Trattato di
Vestfalia (1648) con il quale venne riconfermato il principio della Pace di Augusta (di un secolo
prima), cosa che rendeva l'Impero un insieme frammentato e diviso di tanti piccoli staterelli, ma che
fece per sempre finire le guerre di religione tra Cattolici e Protestanti.
L'Italia, nel seicento, subisce l'egemonia Spagnola: la Spagna regna direttamente, coi suoi vicere,
sul Regno di Napoli, di Sicilia, di Sardegna, sul Granducato di Milano e sullo Stato dei Presidi (in
Toscana), e indirettamente su tutti gli altri Stati italiani; la continua e inserobabile decadenza
economica della Spagna (prostrata dalle continue guerre, priva di attività economiche significative,
vista l'assenza di industrie manufatturiere ed il disprezzo per il lavoro) la rendeva sempre più
dipendente dall'oro e dall'argento che affluiva dalle colonie (privilegio ora sempre più insidiato da
olandesi e inglesi in rivalità con gli spagnoli per il primato marittimo e dei traffici commerciali
transoceanici) e dall'estenuante fiscalismo attuato ai danni dei possedimenti italiani; da qui il
malgoverno spagnolo in Italia, ostile nel concedere spazi di autonomia agli Stati italiani e autore di un
fiscalismo opprimente (non pochi furono i tentativi di rivolta; celebre quella di Masaniello del 1647)

La Rivoluzione Inglese

Vediamo ora il ‘600 quale rivoluzione portò in Inghilterra. Da quando il duca di Normandia, Guglielmo
il Conquistatore, nell’XI sec., conquistò l’Inghilterra, questa divenne, con Guglielmo e coi suoi
successori, i d’Angiò-Plantageneti (un ramo della casa d’Angiò, il cui capostipite era solito metter in
testa un ramoscello), una colonia della Francia; ma un po’ alla volta la colonia divenne quasi più
potente della madrepatria, si accese una aspra rivalità e alla fine, con la Guerra dei Cent’anni, ne
uscirono due nazioni distinte e autonome; l’Inghilterra poi fu dilaniata dalla guerra civile tra i nobili
(Guerra delle Due Rose), questo consentì alla corona di rafforzarsi (visto che i nobili si stavano
massacrando a vicenda) divenendo, all’inizio del ‘500, con Enrico VIII Tudor, una monarchia
fortemente centralizzata; Enrico VIII si rese autonomo dalla Chiesa di Roma e diede vita alla prima
forma di religione nazionale (Anglicanesimo), svolgendo anche funzioni di capo spirituale. Dopo
l’intermezzo di Maria la Sanguinaria (figlia di Enrico VIII), che sposò Filippo II e restaurò il
Cattolicesimo, Elisabetta (altra figlia di Enrico VIII) restaurò l’Anglicanesimo e instaurò rapporti di
alleanza con l’Olanda, abbattendo la già ricordata Invincibile Armata di Filippo II e istituendo un
blocco protestante: olandesi ed inglesi colsero il momento per intraprendere una corsa per il
possesso delle colonie americane, asiatiche e africane della Spagna e del Portogallo. Agli inizi del
‘600 salì al trono Giacomo I Stuart (figlio di Maria Stuart, regina di Scozia e poi rivale cattolica di
Elisabetta): Giacomo ereditò un paese a cui era stata risparmiata la sorte dei regni continentali,
dilaniati dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti (Guerra dei Trent’anni): l’Inghilterra si era
riformata senza guerre e questo aveva favorito enormemente il paese nella corsa coloniale,
assicurandogli un ruolo guida nel commercio internazionale che sarebbe durato più di tre secoli.
Certo gli Stuart non eran ben visti in Inghilterra, erano cattolici ed eran considerati stranieri, ma ciò
nonostante continuavano ad esercitare il loro diritto divino, amministrando il regno come vicari
dell’autorità divina, cioè in modo assoluto, senza consultare i sudditi; così la classe borghese, dei
mercanti e dei proprietari, fece della Camera dei Comuni la linea di difesa contro gli abusi della
Monarchia. Carlo I Stuart sciolse le Camere e governò da solo, da dittatore per 11 anni,
amministrando il regno come una proprietà privata; ma poi dovette riconvocare il Parlamento:
necessativa di denaro per finanziare la guerra contro i presbiterani ribelli di Scozia; a questo punto il
Parlamento presentò la Grand Remonstrance (l’elenco delle loro lamentele): ne seguì una
spaccatura: una fazione a favore della Corona e una fazione a favore del Parlamento, con a capo
Oliver Cromwell leader dei Puritani (anglicani che avevano cercato di purificare al massimo le loro
dottrine), le parti si armarono e ne seguì una guerra civile: i puritani di Cromwell vinsero e nel 1648
condannarono a morte Carlo I e con la proclamazione a lord protector di Cromwell venne instaurata
una dittatura, imponendo a tutti il credo puritano (Prima Rivoluzione Inglese). Morto Cromwell
ritornarono gli Stuart: di nuovo l’Inghilterra cadde in preda al disordine e alla paura; di nuovo due
fazioni: i sostenitori del re e dell’assolutismo, i Tories, e i sostenitori della classe borghese e della
politica parlamentare, i Whigs; per risolvere le tensioni e scongiurare un’altra guerra civile venne
chiamato Guglielmo III d’Orange dall’Olanda; questi sbarcò nel 1688, convocò il Parlamento e fu
acclamato sovrano d’Inghilterra: Seconda Rivoluzione Inglese (1688). Il paese tornò ad essere
protestante; venne inoltre approvata la Carta dei Diritti (Bill of Rights), che stabilì che il re d’Inghilterra
doveva appartenere alla Chiesa anglicana, che non aveva la facoltà di sospendere le leggi, né di
imporre le tasse senza l’approvazione del Parlamento ed infine che la responsabilità del governo
doveva appartenere al Ministro (o Gabinetto), cioè a quello che anticamente era il consigliere del re e
che ora, considerata la forza accresciuta del Parlamento doveva rappresentare la forza (Tories o
Whigs) che aveva la maggioranza al Parlamento; anzi, da questo momento il re si disinteressò
sempre più del governo e lasciò prendere tutte le decisioni di governo al Ministro. In modo quindi
pacifico, con una rivoluzione pacifica, il Parlamento sottrasse sempre più potere al re e dotò
l’Inghilterra di un governo rappresentativo; in questo modo l’Inghilterra potè evitare gli scoppi
rivoluzionari del diciottesimo e diciannovesimo secolo, che invece imperversarono in Europa.

L'Assolutismo Francese

Altra monarchia assoluta, monarchia cioè che rivendicava il diritto divino del re (amministrando il
regno come vicario dell’autorità divina, cioè in modo assoluto, senza consultare i sudditi), era quella,
in Francia, del Re Sole: Luigi XIV di Borbone. Luigi salì al trono quando gli abili cardinali Mazzarino
e Richelieu avevano appena riorganizzato l’antico regno francese nello stato più fortemente
centralizzato e assoluto d’Europa e che per l’efficientissima forma di governo e organizzazione
amministrativa sarà chiamato, durante l’Illuminismo, Dispotismo Illuminato: uno stato accentrato
che esautorava i poteri degli Stati Generali ed accentrava nelle mani del sovrano (e in quelle dei
propri collaboratori: il Mazzarino e il Richelieu) ogni potere, istituendo come diramazione del potere
centrale una efficiente burocrazia, questa ha come fine la giurisdizione del governo centrale su tutto
il territorio dello Stato, l’applicazione delle leggi centrali, il controllo del rispetto delle leggi e
l’eventuale ripristino della legalità in tutte le province; un tale sistema si servirà della collaborazione,
in veste di funzionari statali, della classe borghese, più attiva e intraprendente di quella dei nobili; i
funzionari, a differenza dei nobili feudatari, saranno stipendiati, ossia non possederanno a titolo di
proprietà privata il territorio che amministrano (distinzione tra sfera pubblica e sfera privata, assente
nel feudalesimo); l’aggettivo illuminato si riferisce alle riforme che tale stato varerà (riforme a favore
del popolo, del bene collettivo), tuttavia queste riforme saranno concesse, elargite, dal sovrano, non
proposte e approvate democraticamente dai rappresentanti del popolo, quindi il sovrano, così come
le ha concesse, le potrà in ogni momento sospendere (“tutto per il popolo, niente attraverso il
popolo!”). In politica religiosa Luigi XIV revocò l'Editto di Nantes (1685), dando vita ad una serie di
misure repressive nei confronti degli ugonotti ed emanò le Libertà Gallicane, ossia il diritto del re di
nominare prelati: atto di costituzione del Gallicanesimo, o Chiesa Nazionale Francese. Questo, da un
lato lo rese ostile al Papato, dall'altro lo rese colpevole, agli occhi delle altre potenze europee, di aver
violato il Trattato di Vestfalia (che ribadiva il principio della libertà religiosa, Pace di Augusta); da qui
l'isolamento internazionale in cui stava rischiando di cadere la Francia. Quando con la Pace di
Vestfalia, si decretò la fine del predominio asburgico in Europa, Luigi sentì che era giunto il suo
momento: sposò Maria Teresa, figlia del re di Spagna, e rivendicò per sé, come dote, il Belgio
(Guerra di Devoluzione); ciò avrebbe minacciato la sicurezza degli stati protestanti. Luigi penetrò in
Belgio, ma di nuovo gli Olandesi tagliarono le dighe. Anche la Guerra di Successione Spagnola, agli
inizi del '700, non consentì a Luigi di affermare il predominio francese in Europa: morto il re di
Spagna, Carlo II, non avendo figli maschi, fu nominato come erede Filippo, nipote di Luigi XIV:
questo avrebbe significato l'unione delle due potenze, Francia e Spagna; la cosa mobilitò quindi le
potenze europee protestanti (Inghilterra e Olanda) in una comune lega antifrancese; la pace che ne
seguì proibì a Filippo V (re di Spagna) di succedere anche al trono di Francia e lo obbligava a cedere
l'Italia del Nord all'Austria (il meridione d'Italia rimase invece dei Borboni). La lunga e inutile catena di
guerre fece emergere un nuovo principio di politica internazionale: il Principio dell’Equilibrio delle
Potenze: nello stadio di sviluppo nazionalistico raggiunto in Europa nessuna potenza era in grado di
prevalere decisamente sulle altre e di ottenere un dominio su tutta l’Europa. Mentre nel ‘500 i due
blocchi contrapposti ed equipotenziali erano l’Impero di Carlo V d'Asburgo e la Francia di Francesco I
di Valois (entrambi cattolici) [guerra anch’essa conclusa con un nulla di fatto], nel ‘600 i due blocchi
contrapposti ed equipotenziali erano gli Stati cattolici (la Francia e la Spagna, entrambe dei Borboni,
e l'Austria degli Asburgo) e quelli protestanti (l’Inghilterra e l’Olanda degli Orange).

L'ascesa della Russia

Ma nel ‘600 si ebbe l’ascesa di una nuova potenza: la Russia. Le foreste e le pianure russe erano
originariamente abitate da tribù slave, poi vennero abitati dai Normanni (Kiev), poi divennero il
campo d’azione dei missionari bizantini; poi nel ‘200 subirono le invasione dei Mongoli (Tartari) di
Genghiz-Kahn, che instaurarono un dominio violento e spietato, riducendo i contadini in schiavitù e
rimasero fino al ‘400, quando il principato di Moscovia, discendenti dei primi conquistatori normanni,
divenne abbastanza forte da ribellarsi ai tartari: tra ‘400 e ‘500 i Vasilevic (Ivan III e Ivan IV il
Terribile, dinastia che risaliva ai Normanni) rivendicarono l’eredità imperiale (sia temporale che
spirituale) di Bisanzio assumendo il titolo di Zar (cioè Cesare, vale a dire Imperatore); a questi
succedettero, nel ‘600, i Godunov (per metà di sangue tartaro): la Russia era un impero povero, così
si decise di obbligare i contadini nomadi a coltivare la terra, privandoli della libertà e legandoli per
legge alle terre da loro coltivate, che non potevano quindi abbandonare (servitù della gleba); il nuovo
impero si estese rapidamente fino alla Siberia. Alla fine del ‘600 salirono al trono i Romanov: Pietro il
Grande si formò in Europa, alla scuola politica ed economica dell’Inghilterra e dell’Olanda, rientrato
in patria diede vita ad una serie di riforme tese a occidentalizzare il suo impero: fondò una nuova
capitale, affacciata sul Baltico, quasi in segno di avvicinamento ma anche di sfida all’Occidente:
Pietroburgo; e difatti di una sfida si trattò: in una guerra contro la Svezia le strappò tutti i
possedimenti baltici, tranne la Finlandia.

L'ascesa della Prussia

Nel ‘600 emerse un’altra grande potenza: la Prussia. I soldati franchi di Carlo Magno, nell’XI sec,
avevano conquistato le terre delle popolazioni pagane slave e lituane, che vivevano tra il Baltico e i
Carpazi; sorse così lo Stato del Brandeburgo, stato di frontiera sorto per difendere i confini orientali
dell’Impero incursioni dei Sassoni; nei 4 secoli seguenti una serie di famiglie nobili esercitarono le
funzioni di governo; nel 15esimo sec emerse la famiglia degli Hohenzollern (di umili origini, venuti
dalla Germania del sud, ma grazie a matrimoni vantaggiosi divenuti principi elettori imperiali; al
tempo della riforma divenuti protestanti) che trasformò il Brandeburgo in uno dei più efficienti Stati
moderni; nel ‘600 troviamo Federico Guglielmo, detto il Re Sergente, che con un’azione di governo
saggia e attenta utilizzò tutte le forze intellettuali ed economiche per organizzare uno Stato in cui i
desideri e le aspirazioni individuali dovevano essere subordinate agli interessi della Comunità; e
dopo di lui, nel ‘700, il figlio Federico II detto il Grande, antimachiavellico (per Machiavelli il sovrano
doveva esser astuto, mentitore, simulatore, …) esempio di sovrano illuminato (anche se di un
dispotismo illuminato), servitore fedele della nazione, abolitore della tortura, riformatore del sistema
giudiziario, artefice di una amministrazione rigorosa e scrupolosamente onesta, di nuovi ed efficienti
servizi e strutture pubbliche (strade, scuole, università), inoltre mentre altrove (negli altri stati) il
bilancio era in passivo in Prussia era in attivo; insomma i cittadini per la prima volta ebbero la
sensazione che il loro denaro fosse speso bene. Nel momento della morte dell’imperatore Carlo VI
d’Asburgo, avendo questo come unica erede Maria Teresa d’Austria (che da quel momento
diventerà imperastrice d'Austria), Federico, con la scusa di qualche incerto e antico diritto, invase la
Slesia: fu il primo atto dell’ascesa della potenza prussiana (Guerra di Successione Austriaca).

Il Mercantilismo

In quest’ampia panoramica degli Stati europei del ‘600 vi e una costante: tutti gli Stati moderni del
‘600 cercarono, una volta nati, di rafforzarsi all’interno (di accentrare il loro potere, servendosi della
burocrazia, al contrario del Medioevo, in cui esistevano centri autonomi di potere, i feudi) e di
esercitare la massima influenza possibile sulla politica internazionale; l’apparato burocratico, coi suoi
funzionari stipendiati, l’esercito, la marina, … tutto ciò richiedeva denaro; ora, grazie alle scoperte
delle Americhe e dell’Estremo oriente, oro e argento circolavano in Europa (a differenza del
Medioevo), tuttavia le nazioni europee cercarono di tesaurizzare, più che far circolare, le monete di
oro e di argento, in quanto oro e argento costituivano ricchezze effettive; così si impose la teoria che
le nazioni che avevano nei loro forzieri più oro e argento erano di conseguenza le più ricche e le più
potenti; ora, per tesaurizzare oro e argento era necessario che lo Stato regolamentasse l’economia,
attraverso leggi, decreti e finanziamenti (Stato imprenditore), in modo da favorire le esportazioni
riducendo il più possibile le importazioni: da qui l’esigenza di reperire materie prime, nelle colonie
(considerate riserve d’oro, d’argento e di materie prime da spremere il più possibile), utili alle
industrie nazionali, e la ricerca di nuovi mercati di sbocco, dove vendere i prodotti dell’industria
interna: da cui l’impulso all’Imperialismo e Colonialismo e quello all’imposizione dei Sistemi
monopolistici, ossia sistemi di esclusivo commercio delle colonie con la madrepatria Questo
sistema economico fu definito Protezionismo o Mercantilismo o Colbertismo (da Colbert, ministro
francese); sistema adottato dalla Spagna, dall’Inghilterra, dall’Olanda, dalla Francia. E’ vero che
questo sistema favorì il nascere delle industrie nazionali, delle connesse infrastrutture (strade, canali,
…) e che portò ricchezze alle nazioni europee ma è anche vero che le condizioni degli operai
peggiorarono (ancora più sottopagati a causa della concorrenza con la manodopera degli schiavi),
inoltre trasformò il mondo in un enorme campo di battaglia in cui ogni nazione cercava di strappare i
mercati delle altre nazioni ed impossessarsi delle loro ricchezze. Alla fine del ‘700 l’Europa si
convertirà ad un altro sistema, teorizzato da A. Smith, detto Liberismo, o Sistema del Libero
Mercato o Economia di Mercato, regime di libertà dei commerci sia nazionali che internazionali,
abolizione dei monopoli e dell’interferenza dello Stato nell’economia (concezione dello Stato
Negativo o Guardiano), basato sull’idea che la ricchezza di una nazione risieda nella possibilità del
mercato (sia interno che estero) di autoregolarsi in base alle sue leggi interni, quelle della libera
concorrenza (legge della domanda e dell’offerta, che stabilisce il prezzo di una merce).
L'Illuminismo

L'Illuminismo è un movimento politico, culturale e intellettuale di portata europea che pervade


l'intero secolo XVIII; celebre è la definizione che il filosofo Kant dà dell'Illuminismo: "l'Illuminismo è
l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità, imputabile alla sua incapacità di valersi autonomamente
della propria ragione", definizione sintetizzata nel motto: "sapere aude", ossia: abbi il coraggio di
affidarti al lume della tua ragione; l'Illuminismo coniuga la fiducia dei razionalisti nella Ragione
Universale [ossia la ragione presente in tutti gli uomini, la quale ragione non riconosce altra autorità
che sè stessa: con la luce della ragione gli illuministi ritenevano quindi di poter dissolvere le tenbre
dell'ignoranza e della superstizione; nella tradizione infatti gli illuministi avvertono una forza ostile che
alimenta credenze e pregiudizi; la loro posizione è quindi antitradizionalista, una posizione che rifiuta
il principio di autorità (una tesi è vera e valida solo se suffragata e supportata dall'ipse dixit di una
autorità, sia essa politica, religiosa o filosofica)] con la consapevolezza dei limiti nei quali l'indagine
razionale deve mantenersi per riuscire feconda, ossia l'Esperienza degli empiristi [dunque
l'esperienza empirica, quell'esperienza che si fonda sulle impressioni sensibili, quell'esperienza di cui
si serve il metodo sperimentale, come strumento di verifica delle ipotesi teoriche, un'esperienza dal
valore antimetafisico (quindi ciò che non è dimostrabile empiricamente è solo sogno, delirio,
illusione)]. Una delle più importanti idee guida dell'Illuminismo è l'idea ottimistica di Progresso,
quindi l'Illuminismo è un'epoca di continuo fiorire di ricerche e di studi, tanto in campo scientifico e
tecnologico (si impone una visione scientifica del mondo, depurata galle spiegazioni di tipo
irrazionale e divino, fondata sui principi della appena conclusa Rivoluzione scientifica del '600: lo
sperimentalismo galileiano, la fisica atomistica newtoniana, il meccanismo cartesiano; un esempio è
la concezione evoluzionistica di Linneo: l'uomo al pari degli altri animale è il prodotto di una
evoluzione naturale; la scienza, come già era stato ribadito nel Rinascimento, non necessita più,
nelle sue spiegazioni, di punti di riferimento che rimandino al soprannaturale, ossia di spiegazioni
finalistiche, ora la natura è spiegata sulla base di principi puramente materiali, masse, forze..., e di
leggi deterministiche, di causa-effetto) quanto in quello delle scienze umane (ad es. la storiografia
del Muratori: ricostruire la storia su basi scientifiche, attraverso la ricerca dei documenti e delle fonti;
anche in questo campo il sapere si laicizza e non si parlerà più di una storia che ha come soggetto la
Provvidenza divina). L'ideale del progresso si coniuga con la volontà di diffondere il sapere, un
proposito di divulgazione delle conoscenza, delle scoperte scientifiche e delle invenzioni
tecnologiche che trova concreta attuazione nella pubblicazione dell'Enciclopedia (Dizionario
ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri) ad opera di Diderot, d'Alambert, Voltaire, Rousseau,
d'Holbach, vissuto come un impegno morale: diffondere la conoscenza per permettere al genere
umano un sempre maggior progresso, una sempre maggior autonomia ed emancipazione (tanto dai
bisogni materiali quanto dalle forme di asservimento politico e religioso) In campo religioso prevale la
Religione Naturale o Deismo (contrapposta alla Religione Positiva o Rivelata: questa predica
l'esistenza di una divinità rivelata, esistita storicamente, quindi è basata sulla fede, la religione
naturale, invece, dimostra razionalmente Dio e i principi religiosi, quindi non si basa sulla fede ma
sulla ragione: Voltaire) e l'Ateismo (dopo la lezione rinascimentale di Machiavelli, secondo cui si
doveva tener distite politica ed etica, due sfere eterogenee che non devono essere confuse, una si
interessa del comportamento l'altra dell'interiorità, d'Holbach ritiene doveroso separare anche
religione ed etica: quindi l'agire mortale non necessita più dell'adesione alla religione, e quindi l'uomo
riscopre, come ne Rinascimento, valori non più trascendenti ma terreni). L'Iluminismo ha come
protagonista la classe sociale della borghesia, una borghesia, quella del '700, conscia della propria
operosità, della propria intraprendenza, attiva e fiduciosa nei propri mezzi e nelle proprie capacità,
una borghesia individualistica, che, affermatasi socialmente ed economicamente, anela ad affermarsi
anche politicamente; la corrente politica che rispecchia questa esigenza è sicuramente il
Liberalismo inglese (Locke), liberalismo che ha una matrice giusnaturalistica: il potere politico, per
Locke, deve cessare di avere un'origine divina (il sovrano, come rappresentate della volontà di dio in
terra, riceve la propria autorità e il proprio potere direttamente da dio) per assumere quella
esclusivamente terrena e umana: il sovrano è il delegato, il rappresentante, e l'esecutore della
sovranità popolare: gli uomini si associano in uno Stato attraverso un contratto, un patto, affidando
ad un sovrano il potere politico, esercitando il quale il sovrano deve impegnarsi a garantire e tutelare
i cosiddetti diritti naturali o libertà inalienabili dei cittadini (libertà di pensiero, di culto, di espressione,
di partecipazione politica, di associazione, di proprietà privata, di iniziativa economica,...).
L'Illuminismo è anche la culla del Pensiero Repubblicano (Montesquieu): una Repubblica è per
Montesquieu uno Stato di Diritto, ossia uno Stato in cui a regnare sono le leggi, le quali valgono erga
omnes (per tutti indistintamente), e non l'arbitrio di un sovrano (questo sarebbe abuso di potere,
ossia Assolutismo): la conditio sine qua non di un sistema repubblicano è la divisione dei poteri,
ossia che i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) siano separati e autonomi (ossia detenuti da
persone diverse) e non concentrate in un'unica persona; in questo caso, infatti, la persona che
detiene il potere non è più l'esecutrice della legge ma è la legge ad essere l'esecutrice dei suoi
interessi e del suo arbitrio (abuso di potere, privatizzazione del potere pubblico). L'Illuminismo è poi
la culla della Democrazia (Rousseau): uno Stato giusto, per Rousseau, ha come compito principale
quello di assicurare ai cittadini il godimento del più importante dei beni: l'uguaglianza e la libertà;
l'uguaglianza è l'indistinzione di tutti di fronte alla legge, la libertà è invece il conformarsi, nelle azioni,
alla propria volontà; la condizione del godimento della libertà è l'istituzione di un governo
rappresentativo del popolo (in questo modo i cittadini obbedendo alle leggi avrebbero obbedito a sè
stessi); questo però non è sufficiente in quanto la società è, per Rousseau, corrotta e lacerata dalla
diseguaglianza: ora, la causa della diseguaglianza è la proprietà privata e le leggi che la tutelano,
quindi un governo giusto deve far creare le condizioni non solo per una uguaglianza di tipo formale
(giuridica) ma anche sostanziale (sociale ed economica), per questo è necessaria una politica di
riforme (Riformismo). L'Illuminismo è poi la culla del Cosmopolitismo: per il fatto che gli illuministi
considerano la ragione come una facoltà presente in tutti gli uomini (appunto una ragione
universale), si considerano quindi come cittadini del mondo, affratellati da comuni ideali al di sopra
delle frontiere nazionali; c'era però chi (Voltaire) riteneva la cosa prematura: per Voltaire il popolo è
ancora barbaro, ignorante e incapace di autogovernarsi, quindi va guidato e governato da un
sovrano che si preoccupi del suo bene concedendo riforme illuminate (Dispotismo illuminato)
Cap. VIII

LA RIVOLUZIONE AMERICANA E QUELLA FRANCESE

La Rivoluzione Americana

Gli spagnoli e i portoghesi avevano esplorato e colonizzato il nuovo mondo (America, Asia, a Africa),
ma si erano anche inimicati le popolazioni delle nuove terre, con le loro brutalità e violenze inaudite,
distruggendo i loro villaggi, le loro tradizioni, le loro culture e religioni, privandoli della libertà e
sfruttandoli come schiavi nelle loro miniere, piantagioni e manifatture (solo la Compagnia di Gesù
cercò di mitigare la violenza e lo sfruttamento delle tribù indigene, gli Indios, assistendoli, aiutandoli,
con la costruzione di villaggi, scuole, officine e a volte prendendo le loro difese contro gli spietati
Conquistadores spagnoli e portoghesi, i cui principali modelli erano Cortez e Pizzaro). Tuttavia
qualche anno dopo la scoperta dell’America da parte di Colombo, anche l’Inghilterra e la Francia
raggiunsero il nuovo continente: Caboto (italiano al servizio della marina inglese) e Verazzano
(italiano al servizio della marina francese) sbarcarono in America; da quel momento anche inglesi e
francesi fondarono colonie in America: nel ‘600 alcune sette religiose (protestanti) di dissenzienti, i
Puritani (i Padri Pellegrini) e i Quaccheri, perseguitati in madrepatria, si stabilirono in Nuova
Inghilterra, in Pensylvania e più a sud fino alla Carolina e alla Virginia: erano piccole comunità spinte
da un profondo bisogno di indipendenza dalla madrepatria (tant’è che erano fuggiti perché non
tollerati!) ed erano l’espressione della vitalità commerciale delle classi medie inglesi; le colonie
francesi, invece, rimasero sempre un possesso della madrepatria, erano insediamenti abitati da
funzionari al servizio del re di Francia e da gesuiti (agli ugonotti non si concesse la possibilità di
raggiungere l’America). Inglesi e Francesi finirono per scontrarsi e l’esito dello scontro andò a
vantaggio dell’Inghilterra (il Trattato di Parigi, 1763, sancì il dominio dell’Inghilterra sul continente
nord-americano). Come si è già detto, nel ‘600, con Guglielmo d’Orange, anche l’Olanda partecipò
alla corsa coloniale, assieme e contro l’Inghilterra, con le rispettive Compagnie delle Indie, per
strappare le colonie spagnole e portoghesi in America, Africa e Asia: queste potenze avranno buon
gioco a sostituirsi ai primi colonizzatori, in quanto vennero accolti, dalle popolazioni di quelle terre,
quasi come amici e liberatori; inglesi e olandesi erano, infatti, prima di ogni altra cosa, mercanti, i
quali, pur di ottenere ciò che desideravano (oro, argento, spezie, e altre materie prime) erano
disposti a lasciar vivere gli indigeni come volevano, tollerando i loro costumi e la loro cultura. Le
numerose guerre navali combattute tra Inghilterra e Olanda finirono con la vittoria dell’Inghilterra.
Ma veniamo ai motivi della Rivoluzione delle Colonie Americane: si è già detto che le colonie
americane erano state fondate da dissidenti inglesi per dar vita ad una società nuova, conforme ai
loro principi (puritani), e dunque per rendersi autonomi dalla madrepatria; ma la madrepatria non
smetteva di interferire negli affari delle colonie: il parlamento di Westminster approvava norme sulle
colonie senza la presenza di rappresentanti delle colonie, legavano l’economia delle colonie alla
dipendenza con la madrepatria attraverso un rigido monopolio (le colonie potevano commerciare
solo con la madrepatria). Gli americani inizialmente decisero di protestare in modo non violento, col
boicottaggio, con l’affondamento di un carico inglese di te (guerra del te), ma poi imbracciarono le
armi, mettendosi al seguito di Washington; infine, nel 1776, i rappresentanti delle colonie si riunirono
a Philadelphia e approvarono la Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America (scritta da
Jefferson): per la seconda volta (dopo la Rivoluzione Olandese) veniva solennemente proclamato il
Principio di Autodeterminazione dei Popoli (ciascun popolo è sovrano sul proprio territorio, ha il
diritto di autogovernarsi ed essere indipendente rispetto a tutti gli altri); a questo seguì l’approvazione
della Costituzione (la legge fondamentale di un certo Stato), la quale stabilì di organizzare gli USA in
una Repubblica Federale: il termine repubblica si riferisce sia alla sovranità popolare, quindi al
principio democratico, di matrice rousseauiana (attuato attraverso la rappresentanza politica dei
cittadini al Parlamento, attraverso loro delegati o deputati), che al principio (di Montesquieu) della
divisione e autonomia dei poteri statali, legislativo, esecutivo e giudiziario (per evitare l’abuso di
potere, tipico delle dittature, in cui i tre poteri sono detenuti da un’unica persona o assemblea e
quindi chi giudica non può essere imparziale, in quanto può, a seconda del suo arbitrio, cambiare le
leggi nel momento stesso in cui giudica, visto che dispone anche del potere legislativo); il termine
federale si riferisce invece ad un sistema di governo in cui più Stati autonomi, relativamente a certe
materie, (governi locali), si associano ed entrano a far parte di un sistema di governo più ampio
(governo federale) il quale ha giurisdizione in altre materie (es. politica economica, difesa, …).

La Rivoluzione Francese

Le notizie della Rivoluzione Americana raggiunsero immediatamente l’Europa e qui, in Francia,


scoppiò un’altra, più fragorosa Rivoluzione (una Rivoluzione è il rovesciamento, lo sgretolamento
improvviso di tutto ciò che fino a quel momento ha costituito l’essenza della vita sociale, religiosa,
politica ed economica di una nazione): la Rivoluzione Francese. La monarchia dei Borboni,
l’Ancien Regime, era uno Stato assoluto: dal 1614 non venivan convocati gli Stati Generali, e quindi
le redini del governo erano nelle mani della corte reale, con sede a Versailles, residenza della
dinastia reale circondata dalla nobiltà e dal clero, cioè da quei primi due Stati (in passato la classe
dei funzionari dello stato feudale; sostituiti ora, in queste mansioni, dalla più efficiente borghesia) che
conducevano una vita inutile, sfarzosa e parassitaria, classe privilegiata (che non avevano mai
pagato tasse), classe dispendiosa, di soli consumatori, che non produceva assolutamente nulla,
motivo di una continua emorragia finanziaria. La dinastia reale e i primi due Stati si mantenevano con
le tasse imposte al Terzo Stato: classe eterogenea comprendente le classi popolari, sia urbane
(operai) che rurali (contadini, braccianti), ma anche la piccola borghesia (artigiani, mercanti, …), la
media borghesia (medici, banchieri, avvocati, insegnanti, intellettuali, …) e l’alta borghesia (cioè
quella arricchita e possidente, che cercava, attraverso matrimoni misti, con i baroni impoveriti, di
acquisire titoli nobiliari), una classe intraprendente, attiva, produttrice di ricchezza e di servizi, a cui
era stata affidata l’amministrazione dello stato (burocrazia), ma che ora prendeva coscienza della
sua importanza, del fatto che fosse costretta a mantenere i nobili e il clero e del fatto che fosse
ancora priva di potere politico, potere che ora rivendicava. Il debito dello stato francese raggiunse
l’esorbitante cifra di 4 miliardi di franchi e Luigi XVI ancora una volta non ebbe il coraggio di tassare i
primi due Stati; decise invece di tassare ulteriormente il Terzo Stato, questo era esausto: i prezzi
salivano, la fame dilagava (18 milioni di affamati), la rabbia e il malcontento esplodevano in tumulti e
disordini per il pane; lo slogan, lanciato dai rivoluzionari americani “nessuna tassa senza
rappresentanza politica” si diffuse tra le classi medie e tra la plebe: la folla parigina si stava
trasformando in quella forza bruta utilizzata dai capi della rivoluzione per ottenere con la violenza ciò
che non potevan ottenere in modo legale. Nel 1789 fu necessario convocare gli Stati Generali, i
rappresentanti del Terzo Stato si fecero portavoce dei cahiers des doleances, cioè dei quaderni nei
quali i loro elettori avevano scritto le loro lamentele e le loro rivendicazioni, e fu subito scontro in
merito alla modalità con si sarebbe dovuto votare: i primi due Stati volevano che si votasse “per
Stato” (ogni Stato un voto, quindi vittoria sicura), il Terzo Stato ”per testa” (ogni deputato un voto,
quindi vittoria sicura, visto che erano numericamente superiori); il re alla fine cedette e gli Stati
Generali si trasformarono in un’Assemblea Costituente, la quale avrebbe dovuto approvare la nuova
Costituzione, l’assetto del nuovo Stato. La regina Maria Antonietta (figlia di Maria Teresa d’Austria)
organizzò la controrivoluzione, chiamando a Parigi truppe fedeli alla monarchia (da altre corti
europee, Vienna, Berlino e Madrid); appena il popolo lo seppe prese d’assalto la Bastiglia, la
fortezza prigione nella quale erano detenuti i prigionieri politici; molti nobili fuggirono all’estero, anche
il re tentò, ma venne fermato; intanto la Costituente abolì tutti i privilegi e si approvò la Dichiarazione
dell’Uomo e del Cittadino; nel 1791, approvata la Prima Costituzione, l’Assemblea Costituente si
sciolse e si formò l’Assemblea Legislativa, nella quale entrarono molti esponenti rivoluzionari, fra i
quali i più estremisti erano i Giacobini. Prussia ed Austria formarono una Coalizione Antifrancese e si
misero in marcia verso Parigi per ripristinare l’antico regime; i disordini popolari si moltiplicavano
(assalto al palazzo reale della Tuileries, dove il re fu fatto prigionieiro), i Giacobini, capeggiati da
Robespierre, Danton, Marat e Saint Just, presero in mano la situazione: sciolsero l’Assemblea
Legislativa e istituirono la Convenzione Nazionale, composta in maggioranza da estremisti, la quale
abolì la monarchia, istituì la Repubblica e condannò il re alla ghigliottina; ma l’esercito della
Coalizione Antifrancese avanzava, i capi Giacobini allora sospesero la Costituzione fino a quando
non fosse finita la guerra contro le potenze straniere: tutti i poteri andarono ad un ristretto Comitato
di Salute Pubblica, i moderati, i Girondini, vennero ben presto eliminati (fu a questo proposito istituito
un Tribunale Speciale Rivoluzionario): si aprì la fase del Terrore: la repubblica venne così sostituita
dalla tirannia, la rivoluzione si trasformò in reazione: tutti sospettavano di tutti e la Francia si
trasformò in un immenso mattatoio e alla fine anche Robespierre venne trascinato sulla ghigliottina;
con lui terminò anche il Terrore. Intanto le armate rivoluzionarie si battevano con coraggio sul Reno,
in Italia, in Belgio e in Egitto, iniziando ad esportare i principi della Rivoluzione; a Parigi fu eletto un
Direttorio composto da cinque membri al governo della Francia, Consoli della Repubblica Francese;
poi il potere cadde nelle mani di un giovane e brillante generale corso, Napoleone Bonaparte, che
divenne il Primo Console della Repubblica di Francia, cioè Console unico, nel 1799; nei quindici anni
seguenti l’Europa, grazie a Napoleone, divenne il laboratorio di molti esperimenti politici, che mai si
erano visti prima: a mano a mano che i vari paesi europei verranno “liberati” da Napoleone (liberati
dalle rispettive monarchie) in essi si formeranno Repubbliche simili a quella francese, con analoghe
Costituzioni [i principi politici della Rivoluzione francese, eran i principi del cosiddetto Liberalismo
democratico-repubblicano, compendiati nella “libertà, uguaglianza e fraternità”: il primo si riferiva a
quei diritti del cittadino considerati inalienabili, cioè la libertà di pensiero, di espressione, di stampa,
di riunione, di associazione, di proprietà, di iniziativa economica, i secondi due si riferivano
all’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge; principi che lo Stato si doveva impegnare a
realizzare e tutelare; questi principi venivano realizzati attraverso Repubbliche democratiche, cioè
rispettose del principio della sovranità popolare (o democratico-rappresentativo), del principio dello
stato di diritto (a governare sono le leggi, valevoli erga omnes, per tutti allo stesso modo, e non più il
volere e l’arbitrio di un sovrano), e del principio della divisione dei poteri (o principio repubblicano)].
Fino al 1804 Napoleone fu il grande leader della Rivoluzione Francese, sconfisse l’Austria (ad
Austerlitz), l’Italia (a Marengo), l’Inghilterra (sul Nilo) e la Russia, perché lui stesso e i suoi soldati si
sentivano gli apostoli del nuovo credo di “libertà, uguaglianza e fraternità”, amici del popolo e nemici
dei re; ma nel 1804 Napoleone si proclamò imperatore dei francesi e invitò alla sua incoronazione
papa Pio VII proprio come mille anni prima, nell’800, papa Leone III aveva incoronato Carlo Magno;
una volta al trono il leader della rivoluzione dimenticò i suoi capi spirituali, i giacobini, smise di
difendere gli oppressi e divenne invece il capo degli oppressori, tenendo i plotoni di esecuzione
pronti a fucilare chiunque osasse opporsi alla sua volontà; quando i suoi eserciti invasero la Spagna,
massacrando gli oppositori, e costringendo gli spagnoli a riconoscere un re che odiavano, la pubblica
opinione europea iniziò ad avversare sempre più Napoleone; a questo punto l’Inghilterra potè dare
un orientamento comune ai sentimenti di odio verso Napoleone e mettersi a capo di una sempre più
convinta e forte Coalizione Antifrancese: così Napoleone iniziò a perdere le sue battaglie: dopo
Trafalgar (sulla costa sud-occidentale della Spagna dove il generale Nelson annientò la sua flotta)
perse di nuovo in Russia (sconfitto dall’esercito dei cosacchi ma prim’ancora dal generale inverno)
ed infine a Lipsia e poi a Waterloo.
Cap. IX

LA RESTAURAZIONE

Il fenomeno storico-politico della Restaurazione iniziò con l’apertura del Congresso di Vienna, nel
1815: qui si riunirono i capi di governo dei principali Stati reazionari riusciti nell’impresa di aver
abbattuto l’impero napoleonico, vale a dire lo zar Alessandro, il Metternich (che rappresentava gli
Asburgo ed era il più pericoloso nemico dei principi della Rivoluzione francese), il ministro inglese
Castlereagh e il ministro francese Talleyrand inviato dai Borboni per cercare di salvare il salvabile:
l’obiettivo del Congresso era quello di ristabilire la pace in Europa, di dar vita ad un sistema
internazionale stabile, ma questo, nelle intenzioni dei partecipanti era sinonimo di Reazione, di
ripristino, nei singoli Stati europei, dei precedenti governi monarchici, degli assolutismi
prerivoluzionari, quindi di ritorno al potere delle precedenti dinastie regnanti (Principio di Legalità). Su
iniziativa dello zar Alessandro venne stipulata la cosiddetta Santa Alleanza: una alleanza degli Stati
reazionari, utile a mantenere lo status quo negli Stati restaurati, un’alleanza di Stati disposti a
soccorrersi militarmente a vicenda nel caso in uno si essi fosse scoppiata una rivoluzione (di
ispirazione liberale, giacobina, simile a quella francese) [Principio di Intervento, attuato dagli eserciti
della Quadruplice Alleanza], una alleanza fondata su di una sorta di comune fratellanza di
ispirazione cristiana, ispirazione ideologica che rinsaldava l’alleanza tra le case regnanti e la Chiesa
(Alleanza Trono-Altare): del resto il clero e i Gesuiti erano ideologicamente utili al regime, non
predicavano forse l’obbedienza e la sottomissione alle legittime dinastie? Dal Congresso di Vienna
uscì la nuova sistemazione politico-geografica dell’Europa, sistemazione che non si preoccuperà
minimamente delle aspirazioni di indipendenza nazionale dei vari popoli (Principio di
autodeterminazione dei Popoli: diritto di un popolo ad essere sovrano sul proprio territorio, a
governarsi da sé, autonomamente): sul trono di Francia tornarono i Borboni (Luigi XVIII); Olanda
(protestante, già indipendente dal ‘600) e Belgio (cattolico, non resosi indipendente come l’Olanda)
furono uniti in modo innaturale (contro la volontà delle rispettive popolazioni), anzi di proposito, per
far sì che si indebolissero a vicenda; la Polonia divenne, contro la volontà della sua popolazione, una
provincia della Russia; in Italia alcune Repubbliche napoleoniche vennero abolite e trasformate in
Principati sotto gli Asburgo; in Spagna rientrò il sovrano borbonico Ferdinando VII; la Germania dopo
la Riforma e la Guerra dei Trent’anni era diventata un mosaico di Stati (i due Regni di Austria e di
Prussia) e staterelli (granducati, ducati, principati, baronie, città libere), ora questa situazione di
divisione rendeva debole la Germania, quindi fu mantenuta, anzi sancita con l’istituzione di una
Confederazione Germanica, governata da una Dieta (dove le decisioni dovevan esser prese
all’unanimità, ciò voleva dire bloccare la presa di qualsiasi decisione) sotto la guida dell’imperatore di
Austria; ad est, nei Balcani e in Grecia, non fu fatto nulla per migliorare le tragiche condizioni delle
popolazioni slave e greche, ancora sottomesse ai Turchi ottomani.
Cap. X

IL RISORGIMENTO

Risorgimento e Romanticismo

A Vienna si incontrarono i capi dei governi europei reazionari, convinti dell’incapacità dei popoli di
autogovernarsi, di avere sovranità su loro stessi (Principio dell’Autodeterminazione dei Popoli),
cercando cioè di soffocare le aspirazioni nazionali, secondo lo schema del Dispotismo Illuminato, ma
era uno schema ormai sorpassato, inadatto ai tempi, maturi per una presa di coscienza: c’eran state
due grandi rivoluzioni (quella americana e quella francese) e nulla sarebbe mai più stato come prima;
il tentativo di riportare indietro le lancette della storia, di ritornare alle monarchie prerivoluzionarie (la
Restaurazione) quindi fallì! I principi della Rivoluzione si era irrimediabilmente radicati nella mentalità
delle masse ed il primo di essi era appunto il Diritto di Autodeterminazione dei popoli, il diritto alla
sovranità popolare sul proprio territorio, cioè il diritto alla Nazionalità; ben presto, quindi, i vari popoli
d’Europa si misero a scavare nel loro passato storico, tra le rovine dell’età feudale, alla ricerca delle
radici delle loro stirpi nazionali, della loro originaria civiltà, delle loro tradizioni culturali, in forza delle
quali ricostruire la loro identità nazionale, patriottica (Patria = terra dei padri, degli antenati); la prima
metà dell’800 fu il periodo delle grandi ricerche storiche e il risultato fu il sorgere di un nuovo
sentimento di orgoglio per i propri antenati e per la propria patria: questo coacervo di sentimenti
d’orgoglio per il proprio glorioso passato, per la propria particolarità e specificità etnica, per la propria
identità civile e culturale (particolarismo in contrasto con l’universalismo della Ragione illuministica e
di conseguenza con il suo cosmopolitismo), sfociò nel movimento culturale del Romanticismo.
Quindi per un verso il Romanticismo è un movimento di opposizione all’Illuminismo, in quanto ne
rifiuta la Ragione universale (omologante e spersonalizzante), per altro verso è una ripresa dei suoi
rivoluzionari Ideali Liberali (principio di sovranità popolare, diritto alle varie libertà); in maniera
analoga: per un verso il Romanticismo è l’ideologia della Restaurazione (in quanto è un movimento
tradizionalista, fa resuscitare le tradizioni culturali e religiose, base dell’alleanza Trono-Altare), per
altro verso è un movimento rivoluzionario (perché l’identità culturale di un popolo si fa principio
politico di nazionalità, diritto all’autodeterminazione di un popolo sul proprio territorio); quindi,
relativamente a quest’ultimo aspetto possiamo dire che il Romanticismo è l’ideologia del
Risorgimento.

Le Guerre d'Indipendenza

I primi fuochi del movimento risorgimentale si accesero in Sud America, nei primi dell’800: le colonie
spagnole dell’America Latina erano costrette ad un regime di monopolio con la madrepatria: questo
era svantaggioso per le colonie (che non potevano commerciare liberamente con altre nazioni e
quindi non potevano emanciparsi e prosperare economicamente); il loro obiettivo divenne quindi di
emanciparsi dal dominio spagnolo: scoppiò così la Guerra di Indipendenza del Venezuela (capo
della rivolta: Bolivar), a cui seguirono quelle di altri Stati del Sud America; in queste guerre i patrioti
furono aiutati sia dagli inglesi (che avevano interesse commerciare con le colonie spagnole in quanto
voleva il dominio delle rotte commerciali di tutto il mondo; a loro volta i sudamericani eran favorevoli
al libero mercato degli inglesi, che consentiva loro di trattare liberamente, di contrattare i prezzi delle
loro merci) che dagli statunitensi (i quali intravedevano la possibilità di estendere il loro dominio
politico ed economico sul Sud America). La Santa Alleanza (a cui non partecipava l’Inghilterra) era
pronta ad intervenire, così nel ’23 il presidente degli Stati Uniti Monroe pronunciò la celebre Dottrina
Monroe: “l’America agli Americani” vale a dire che l’Europa non aveva il diritto di intervenire negli
affari del continente americano. Non fu organizzata nessuna spedizione della Santa Alleanza e il
Sud America ottenne l’indipendenza; certo questa indipendenza non era una indipendenza pura, ma
limitata, una sorta di sovranità limitata: in altre parole, negli Stati liberati dal dominio spagnolo si
instaurarono delle Repubbliche che di democratico avevan ben poco, erano in realtà delle Dittature
Militari, i cui governi erano collusi con le grandi corporations statunitensi: queste fornivano
finanziamenti ai governi e garantivano l’investimento dei loro capitali nelle miniere, nelle industrie e
nelle piantagioni degli Stati del Sud America, in cambio i governi dittatoriali consentivano a queste
corporetions lo sfruttamento delle risorse e della manodopera locale (soffocando le rivolte dei
contadini e operai sfruttati con le armi).
Tentativi di rivolta furono soffocati dalla Santa Alleanza in Spagna, in Italia (rivolte organizzate dai
Carbonari, una società segreta di ispirazione repubblicana e liberale, avente come scopo la
liberazione dell’Italia del Sud dai Borboni e dell’Italia del Nord dagli Austriaci), in Russia (il Movimento
Decabrista contro lo zar); solo in Grecia, i patrioti (dell’Eteria), aiutati da arditi patrioti europei (es.
Byron per l’Inghilterra) ma poi anche da un coordinato intervento di potenze (Inghilterra, Russia e
Francia, anche perché si trattava di scacciare i musulmani dall’Europa!) riuscirono a liberarsi dai
Turchi: nel 1927 nella baia di Navarino la Santa Alleanza incassò la seconda grande sconfitta! Nel
’30 scoppiò una rivoluzione a Parigi, i Borboni furono cacciati e si voleva ritornare a una forma di
governo repubblicano; a causa delle già citate incompatibilità religiose scoppiò una rivoluzione anche
in Belgio per liberarsi dal governo olandese, rivolta che portò il Belgio all’indipendenza; la Polonia
invece non riuscì a liberarsi dei Russi; anche in Italia le rivolte furono sedate dagli austriaci.
Dopo la Rivoluzione del ’30 salì al trono Luigi Filippo (figlio del duca di Orleans, che durante la
rivoluzione francese era passato dalla parte dei rivoluzionari), ma la Francia era stanca di re (anche
se quest’ultimo sembrava essere diverso, perché figlio di un duca giacobino) e la rivoluzione del ’48
spazzò via anche lui: così tutt’Europa fu investita da una nuova ondata rivoluzionaria: in Austria il
Metternich fu cacciato, in Ungheria i rivoluzionari di Kossuth furono repressi; in Italia i patrioti furono
aiutati da re del Piemonte Carlo Alberto nella Prima Guerra d’Indipendenza ma vennero sconfitti a
Custoza e a Novara dal generale austriaco Radetzky; in Germania nacque un grande movimento
liberale a favore dell’unità politico-doganale e di un governo rappresentativo (cioè un governo i cui
membri eran scelti da un Parlamento) anche se Prussia e Austria continuavano a contendersi la
supremazia all’interno della Confederazione; tra le autorità della Confederazione si distinse il
Bismarck (uno junker, possidente terriero, che rappresentava la Prussia nella Confederazione), il
quale ben presto riuscì a dar attuazione politica alla sua innovativa idea: trasformare la
confederazione degli impotenti staterelli tedeschi in uno Stato forte e unito, guidato non più dagli
Asburgo ma dai prussiani Hohenzollern; Bismarck capì che non avrebbe realizzato il suo sogno
senza muover guerra alla sua rivale: così rafforzò l’esercito e con una scusa (la spartizione di alcuni
ducati danesi conquistati assieme all’Austria) le dichiarò guerra, sconfiggendola a Sadowa: in questo
modo la Prussia assunse la leadership della Confederazione, l’Austria si rese indipendente dalla
Confederazione. Poi, con un’altra scusa (il telegramma di Ems, una manomissione della
corrispondenza tra i due sovrani, di Francia e di Germania), Bismarck fece in modo che scoppiasse
una guerra anche contro la Francia: nel ’52 la Rivoluzione in Francia era finita e sul trono salì
Napoleone III, il quale restaurò l’Impero (Secondo Impero) proclamandosi imperatore “per grazia di
Dio e volontà del popolo” (cioè aggiunse al suo potere una connotazione nazionale); Napoleone
perse in breve tempo la guerra, perdendo l’Alsazia e la Lorena, cadde il Secondo Impero e si formò
la Terza Repubblica e, a Parigi, si diede vita ad un esperimento: la Comune di Parigi, un governo
cittadino di tipo rivoluzionario, socialista; intanto a Versailles, nel 1871, il re di Prussia (Guglielmo I)
venne proclamato imperatore del Reich Tedesco, del nuovo Stato Germanico.
Nel frattempo, nei primi anni ’60, l’Italia riusciva in parte a cacciare gli austriaci (dal Nord) e i Borboni
(dal Sud) e a dar vita ad una monarchia unita sotto la bandiera dei Savoia, grazie soprattutto ai tre
profeti dell’Unità d’Italia: Mazzini (teorico della Giovine Italia, cioè dell’ideale di una Italia unita,
repubblicana e indipendente dallo straniero, da attuare attraverso una rivoluzione armata popolare;
Gioberti, invece, avrebbe voluto una federazione di Stati italiani sotto la presidenza del papa;
Cattaneo un federalismo con ampie autonomie comunali, il cosiddetto municipalismo, …) Garibaldi
(eroe popolare, mazziniano, capo delle Camice Rosse), entrambi democratico-repubblicani, e
Cavour, il ministro della casa Savoia, quindi monarchico, quindi favorevole ad un progetto di
unificazione degli Stati italiani sotto la corona sabauda. Lo stratega diplomatico dell’Unità fu Cavour,
il quale seppe sfruttare la situazione internazionale per il progetto della futura Italia unita: Napoleone
III assieme all’Inghilterra, stava cercando di fermare l’avanzata russa verso i Balcani ancora sotto il
Sultano (avanzata pericolosa per l’intera Europa!), nella Guerra di Crimea; Cavour capì che quella
era l’occasione buona per inserire l’Italia nel gioco delle potenze europee: accordò il suo aiuto alla
Francia, stabilendo così una salda alleanza con la Francia; poi, a guerra finita, provocò
sapientemente la guerra contro l’Austria sicuro di avere l’appoggio della Francia: l’esercito franco-
italiano sconfisse gli austriaci a Magenta e Solferino: da questo momento iniziò l’annessione del
resto d’Italia (ottenuta grazie alle azioni militari dei patrioti, seguite da plebisciti con i quali il popolo
esprimeva la decisone di entrare a far parte del Regno di Sardegna: anche l’Italia Meridionale venne
liberata dai Borboni con l’impresa dei Mille di Garibaldi; infine, ultimo atto: l’occupazione dello Stato
Pontificio). L’Italia, dopo l’Unità sarà governata, in un primo tempo, dalla politica autoritaria ed elitaria
della cosiddetta Destra Storica (gli eredi del liberalismo Cavour) e, in un secondo momento dalla
politica della Sinistra Storica (De Pretis), una sinistra non socialista ma riformista che darà vita al
celebre trasformismo, un sistema di governo in forza del quale si formeranno maggioranze
governative sulla base non di comunanze ideologiche ma di accordi di programma, una prassi di
governo che di fatto alimenterà il clientelismo ed il sistema delle lobbies (intese non palesi fra classe
imprenditoriale e classe politica per sostenersi a vicenda nei rispettivi interessi: voto di scambio:
accordare il voto onde ottenere favori da politici e funzionari governativi); negli ultimi decenni del
secolo, con Crispi, si ebbe una svolta autoritaria della politica della Sinistra Storica e si fecero
sempre più intense le simpatie e l’alleanza con la Germania del Bismarck.
Cap. XI

LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Durante le Crociate i borghesi delle città erano riusciti ad accumulare ricchezze con i traffici
commerciali tra Occidente e Oriente, rivaleggiando coi nobili e cavalieri medievali, e alla fine
assumendo u ruolo primario non solo nell’economia ma anche nella politica delle città; la Rivoluzione
Americana e Francese, poi, furono le rivoluzioni del Terzo Stato, cioè della borghesia, quella classe
attiva e intraprendente che ora si vedeva riconosciute anche diritto politici e sociali (le libertà
propugnate dal Liberalismo e Liberismo); questa nuovo ceto sociale fu artefice quindi di un’altra
rivoluzione, la Rivoluzione Industriale, nel momento in cui decise di investire le sue risorse
economiche nella costruzione delle fabbriche, luoghi adibiti alla produzione in serie (catena di
montaggio, ogni operaio svolge una sola mansione, al contrario del lavoro artigianale in cui il
lavoratore segue tutte le fasi della lavorazione del prodotto, dal reperimento della materia prima alla
decorazione del prodotto finito), produzione che impiega la forza motrice delle macchine (e questo
grazie alle scoperte scientifiche e tecnologiche del fine ‘700 - inizi ‘800: Watt inventa la macchina a
vapore, impiegata sia nei trasporti, locomotiva e battelli, sia nelle industrie tessili, il telaio meccanico;
Volta la pila elettrica, Faraday la dinamo, Edison la lampadina, Morse il telegrafo, Bell il telefono,
Marconi la radio); le città si circondarono di squallidi e miseri suburbi, dove vivevano masse di
proletari, operai sfruttati 14 ore al giorno nelle fabbriche; questi cercarono di organizzarsi in
associazioni (sindacati) per rivendicare migliori condizioni di lavoro, ma i capitalisti, grazie alle loro
ricchezze, erano in grado di esercitare notevoli pressioni sui politici, inducendoli ad approvare leggi
che proibivano le associazioni operaie, in nome del Liberalismo e della tutela della “libertà”
dell’operaio di poter vendere liberamente sul mercato del lavoro la propria forza lavoro, come se si
trattasse di un libero mercato in cui le parti sociali (lavoratore e imprenditore) si regolassero da sè
senza l'intromissione dello Stato; la nuova classe imprenditrice chiedeva che lo Stato non si
occupasse dell'economia, che questa si regolasse in base ai suoi principi interni (legge della
domanda e dell'offerta, valevole non solo per la compravendita delle merci ma anche per la
compravendita della forza lavoro), chievano che lo Stato "laissez faire" (lasciasse fare, con le parole
del ministro francese delle finanze di Luigi XVI, Turgot); parole ripetute da Smith e dalla sua teoria
del Libero Mercato (Liberismo): la ricchezza di una nazione dipende dalla libertà di proprietà, di
iniziativa economica e dalla libera concorrenza del mercato. I capitalisti ne trassero immensi
guadagni e, in Inghilterra, si attivarano perchè fosse esteso il diritto di voto anche ai quei recenti
centri industriali, che non avevano ancora rappresentanza politica: in questo modo (Reform Bill del
1832) gli industriali iniziarono ad assumere potere anche all'interno del Parlamento.

La Guerra di Secessione Americana

Il primo attacco al disumano sistema di lavoro che imperava in tutto il mondo avvenne in America: la
schiavitù era stata introdotta in America dagli spagnoli, all'inizio ai danni delle popolazioni indigene
per il lavoro nelle piantagioni e nelle miniere, poi queste furon sostituite dai negri dell'Africa,
fisicamente più resistenti; storie di crudeltà incredibili arrivarono sempre più numerose in Europa, qui
sosero movimenti abolizionisti della schiavitù: a metà dell'800 la schiavitù venne abolita in Inghilterra,
Francia, Portogallo, Olanda, Russia e infine anche negli Stati Uniti: qui infatti la schiavitù risultava
essere persino anticostituzionale (la Dichiarazione di Indipendenza aveva infatti fissato il principio
che "tutti gli uomini nascono uguali e liberi") ma negli Stati del Sud continuava ad essere la regola
per i negri, si diceva che senza gli schiavi negri non sarebbe stato possibile coltivare il cotone; gli
Stati del Nord facevano pressioni affinchè la schiavitù fosse abolita anche al Sud e alla fine, con
l'elezione a presidente di Lincoln (convinto abolizionista), si venne alla guerra: la Guerra di
Secessione Americana: gli Stati del Sud si separarono dall'Unione e seguirono 4 anni di guerra
civile tra Stati del Nord abolizionisti e Stati del Sud schiavisti; alla fine vinsero i nordisti e nel 1863
venne proclamata da Lincoln la emancipazione di tutti gli schiavi.
Riformisti e Socialisti

In Europa, però, pur essendo la schiavitù abolita, i proletari vivevano in condizioni disperate: di due
tipi furono i tentativi politici di risolvere questo problema: quello dei Riformisti, cioè di quegli uomini
politici che si battevano per far approvare riforme a favore dei lavoratori (leggi di regolamentazione
dei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro) senza proporsi l'abbattimento del sistema capitalistico, il
quale anzi andava salvaguardato visto che era fonte di benessere, questi furono attivi soprattutto in
Inghilterra, dove eran detti Radicali (perchè volevan riforme radicali), e grazie al loro operato e alle
riforme approvate grazie ad essi l'Inghilterra potè evitare la devastazione delle rivoluzioni che invece
invasero l'Europa continentale; e quello dei Socialisti, i quali non volevano limitarsi a far approvare
riforme ma volevano una rivoluzione del sistema politico, economico e sociale, l'abbattimento del
sistema capitalistico e la sua sostituzione con un sistema diverso, comunista, basato sull'uguaglianza
non solo giuridica (uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) ma anche economia e sociale dei
cittadini: società senza più classi e senza più il potere dello Stato, società basata sull'abolizione della
proprietà privata, sulla autogestione dei lavoratori e sulla comunione dei mezzi di produzione; erano
queste le idee tanto del socialismo utopistico (Owen, Furier, Blanc...) quanto del socialismo storico-
dialettico (Marx ed Engels); da qui la nascita del Partito Socialista e della Prima Internazionale
Socialista (organo di coordinamento dei partiti socialisti delle varie nazioni, onde realizzare il
socialismo su scala mondiale).

Cap. XII

LA PRIMA GUERRA MONDIALE


Alla fine dell'800 le potenze europee cessarono di essere solo potenze politiche e divennero anche
immense potenze economiche: il costante aumento dell'industrializzazione in Inghilterra, Germania e
Francia induceva queste nazioni ad azioni imperialistiche nei confronti di altri continenti: il
reperimento di materie prime e la creazione di mercati di sbocco per l'esuberante industrializzazione
(i cui prodotti non riuscivano ad essere riassorbiti dal mercato interno) portò queste nazioni ad
estendere la loro influenza in Africa ed Asia (il Congresso di Berlino del 1878 sancì la spartizione,
quasi geometrica, cioè senza tener conto delle esigenze e volontà delle popolazioni autoctone, delle
zone di influenza europea in Africa e Asia), dando vita ad una rivalità internazionale, soprattutto tra le
nazioni a maggior sviluppo industriale (Inghilterra e Germania), per assicurarsi il dominio
commerciale sui mari. Quindi una delle cause della I Guerra Mondiale fu proprio la Rivalità
Inghilterra-Germania; un'altra rivalità molto forte era quella tra Germania e Francia, per motivi
territoriali (la Francia aveva infatti perso l'Alsazia e la Lorena); vi era poi l'irrisolta Questione
Balcanica: Tanto la Russia quanto l'Austria ambivano ad avere uno sbocco sul mare, ossia nei
Balcani; qui la situazione era, anche per altre questioni, esplosiva (tant'è che si può parlare di
"polveriera balcanica"): al Congresso di Berlino era stata affidata all'Austria l'amministrazione della
Bosnia-Erzegovina, naturalmente contro le aspirazioni nazionali del suo popolo, che invece avrebbe
voluto rientare a far parte di uno Stato PanSlavo, assieme ad altre nazioni balcaniche (in testa la
Serbia), quindi in Bosnia nacque un forte Movimento Irredentista Serbo (avente come centro
organizzativo la Serbia e come obiettivo l'indipendenza dall'Austria ma anche dall'Impero turco, per
quelle nazioni ancora sotto l'impero Ottomano): s'accese infatti in Bosnia, a Sarajevo (con
l'assassinio dell'arciduca austriaco Franceso Ferdinando, da parte di uno studente irredentista
serbo), nel 1914, la prima scintilla che fece scoppiare la Grande Guerra: l'Europa si spaccò in due
blocchi contrapposti: gli Imperi Centrali (Germania e Austria) e le potenze dell'Intesa (Inghilterra,
Francia e Russia); si aprirono due fronti: quello occidentale (Francia e Inghilterra contro Germania) e
quello Orientale (Germania contro Russia), a cui si aggiunse poi quello italiano (Italia contro Austria),
quando l'Italia entrò in guerra, passando dalla parte dell'Intesa (prima infatti era nella Triplice
Alleanza, con Germania e Austria, per le simpatie nutrite da Crispi nei confronti di Bismarck), nel
tentativo di recuperare i territori del nord ancora irredenti.

La Rivoluzione Russa

Nel '17 in Russia scoppiò la Rivoluzione Bolscevica: l'Armata Rossa di Lenin occupò il Palazzo
d'Inverno, abbattè il governo Zarista (presa violenta del potere, attraverso le armi) e lo sostituì con
una "dittatura del proletariato" e uno Stato Comunista [nazionalizzazione delle industrie e delle
banche, autogestione della produzione, sia agricola (previa distribuzione delle terre ai contadini) che
industriale, attraverso i Soviet, consigli dei lavoratori, eliminazione degli avversari politici, quindi
sopravvivenza al governo di un unico partito, quello comunista, istituzione di una polizia politica, la
Ceka].

La fine della guerra

La fine della guerra, conclusasi con la vittoria delle potenze dell'Intesa, fu accelerata dall'intervento
(a fianco delle potenze dell'Intesa) degli Stati Uniti: questi volevano impedire che la Germania (già
temibile come potenza economica) si impadronisse politicamente dell'intera Europa (divenendo così
un temibile avversario), inoltre avevano interessi economici che le potenze dell'Intesa vincessero la
guerra: avevano effettuato ingenti prestiti agli Alleati durante la guerra (oltre ad essere i principali
esportatori in Europa di prodotti agricoli; l'economia europea era infatti stata in buona parte
riconvertita in una "economia bellica") quindi se gli alleati non avessero vinto non avrebbero potuto
restituire i prestiti all'America.
A guerra conclusa il presidente americano Wilson, onde scongiurare per il futuro ulteriori conflitti,
gettò, coi suoi celebri 14 punti, le basi teoriche degli accordi di pace: fra questi l'importantissimo
Principio di Autodeterminazione dei Popoli (che avrebbe tutelato le nazioni da future guerre di
invasione), principio base del Diritto Internazionale, e contestualmente l'istituzione della Società delle
Nazione (l'antesignana dell'ONU), il primo esperimento di una società sovranazionale incaricata di far
valere e rispettare quell'importante principio; tuttavia la debolezza di quest'organo internazionale
risiedeva nell'esser percepito dall'Europa come un atto di intromissione americana nella politica di
casa propria (tant'è che l'America non vi entra) e nel non disprorre di nessun mezzo coercitivo (per
far rispettare i suoi principi) fuorchè quello delle sanzioni economiche. Dagli accordi di pace
nacquero nuove nazioni indipendenti: la Polonia, l'Ungheria, la Cecoslovacchia, la Jugoslavia.

Cap. XIII

IL PRIMO DOPOGUERRA E LE DITTATURE EUROPEE

I Totalitarismi
Visto che, oltre gli USA, nemmeno la Russia partecipò alla Società delle Nazioni, dato che nessuna
nazione europea condivideva il modello comunista, l'Europa iniziò ideologicamente a spaccarsi in
due rispetto alle due neonate SuperPotenze rimaste al di fuori della Società delle Nazioni: chi a
favore degli ideali politici ed economici degli USA (Liberalismo e Liberismo) e chi a favore degli ideali
politici ed economici dell'URSS (Dittatura e Comunismo); naturalmente fu solo un accenno di inizio,
le potenze europee non si schierarono ancora nei due blocchi contrapposti della Guerra Fredda, ma
quel che è certo è che il primo dopoguerra fu l'epoca dei Totalitarismi o delle Dittature [dittatura è
un sistema di governo in vengono aboliti i principi democratici (principio della sovranità popolare o
della rappresentanza popolare: cioè che il potere di governo sia l'espressione della volontà popolare,
manifestata liberamente, senza pressioni, tramite regolari elezioni; e principio della pluralità di
governo: cioè che il potere di governo sia rappresentativo, cioè tenga conto, anche delle minoranze
e delle opposizioni), i principi repubblicani (divisione e autonomia dei tre poteri, legislativo, esecutivo
e giudiziario) e quelli liberali (in base al quale esistono inalienabili libertà, o diritti, concernenti la sfera
privata, che non ammettono ingerenze da parte dello Stato: libertà di opinione, di espressione, di
associazione, di proprietà, di iniziativa economica, di appartenenza etnica e culturale, etc.)].

Lo Stalinismo

In Russia dopo Lenin troviamo Stalin: per eguagliare o superare la potenza economica dell'USA
Stalin diede vita ai piani economici quinquennali, un progetto di industrializzazione forzata e
massiccia, milioni di piccoli proprietari terrieri (a cui era stata distribuita la terra durante la rivoluzione
e consentito di coltivarla autonomamente con la Nuova Politica Economica di Lenin) furono
espropriati con la forza (massacrati se si opponevano) e costretti a trasformarsi in operai delle
industrie di Stato; Stalin divenne il capo unico e induscusso del Partito Comunista e dell'intera
politica sovietica, visto che la politica del partito unico aveva preso il posto della prassi democratica
(principio della pluralità): tanto gli oppositori quanto gli avversari vennero o reclusi o esiliati o eliminati
fisicamente o deportati nei campi di lavoro (gulag); fu l'epoca dello Stalinismo.

La Grande Depressione Statunitense

L'altra superpotenza, gli USA, con la politica di Harding, diede il via ad una gara sfrenata per
sfruttare tutte le forme di impresa economica: sperperi, illegalità, speculazioni e corruzione si
diffusero nel paese, nelle alte sfere come in basso; il calderone della Borse di Wall Street continuò a
gorgogliare allegramente fino al '29, quando di colpo traboccò spegnendo la fiamma che lo
alimentava: in quell'anno infatti crollarono i titoli della Borsa di New York e l'intera economia cadde in
una crisi drammatica. Che cos'è la Borsa valori? E' un luogo di contrattazione internazionale (visto
che ormai, col telegrafo e col telefono l'economia si era già internazionalizzata) in cui "agenti di
cambio" (cioè banchieri che concedono prestiti alle industrie e alle imprese) offrono al miglior
offerente, mettono all'asta, "quote di titoli ", cioè parti del prestito (da loro concesso all'imprenditore)
per realizzarne guadagni, speculazioni (la quota di un titolo ha un valore variabile: dipende cioè dalla
domanda e dell'offerta, la quale a sua volta dipende dall'andamento economico, dai profitti, di
quell'impresa: più l'impresa è prospera più i titoli hanno valore; la speculazione si realizza comprando
il titolo per poi rivenderlo quando il suo valore è aumentato). Perchè i titoli crollarono? Perchè
l'economia statunitense iniziò ad entrare in una fase di recessione: gli USA durante la I Guerra
Mondiale era il pincipale esportatore di prodotti agricoli in Europa, ma ora la guerra era finita e le
economia europee erano in ripresa e non necessitavano più, come prima, di importazioni.

Il Nazismo
La Grande Depressione Statunitense ebbe un effetto domino anche sulle maggiori potenze europee
(il disastro fu internazionale in quanto l'economia era divenuta internazionale), in primis sulla
Germania: la perdente Germania si diede una Repubblica (Repubblica di Weimar) di ispirazione sia
socialdemocratica che liberale (in altre parole non si volevan scontentare nè la classe dei lavoratori,
nè la classe dei conservatori junker); ma il tentativo non fu di esito felice, scontentò infatti sia i
socialisti più radicali, gli Spartachisti (Luxemburg e Liebneckt), che volevan in Germania una
Rivoluzione Comunista sul modello sovietico (movimento che fu represso nel sangue), sia i
conservatori nazionalisti (gli junker, che non ne volevan sapere di rivoluzioni socialiste), sia il nuovo
Partito Nazionalsocialista o Partito Nazista di Hitler, che raccoglieva i malcontenti ed i rancori della
classe media, la piccola e media borghesia, ostile alla politica arrendevole dei socialdemocratici di
Weimar, accusati di aver accettato (a Versailles) una resa troppo svantaggiosa (restituzione
dell'Alsazia e Lorena alla Francia, occupazione del bacino minerario della Rur, pagamento di
ingentissime riparazioni di guerra ai vincitori), una resa di cui ora il popolo stava pagando le
conseguenze: una economia al tappeto, una svalutazione alle stelle, disoccupazione, povertà, fame:
Hitler promise ai tedeschi una rivincita, una riscossa, il ritorno alla Germania forte, potente e
prospera di un tempo: per persuadere la nazione Hitler utilizzò due argomenti: la Germania poteva
diventare la dominatrice del mondo in quanto i suoi abitanti erano i discendenti di una razza pura, gli
Ariani (un particolare ceppo indoeuropeo), una stirpe eletta, gli antichi dominatori dell'Occidente,
razza onesta e laboriosa, che ora avevano bisogno di quello "spazio vitale" loro necessario per far
valere la loro superiorità sugli altri popoli; ma il popolo tedesco si stava indebolendo, stava sempre
più per essere contaminato dalla vile tempra degli ebrei, razza di astuti speculatori, usurai, i quali
divennero il capro espiatorio dell'attuale rovina della Germania, assieme ai comunisti (accusati con il
loro egualitarismo sociale ed economico di voler omologare e livellare tutti i popoli, impedendo che
l'identità migliore, quella ariana, prevalesse come era giusto che fosse, di voler annullare il Volk
germanico, lo Spirito tedesco, l'insieme delle tradizioni, della cultura e della mitologia nordica, di voler
impedire che la selezione naturale dei popoli e delle razze facesse il suo corso, in una sorta di
darwinismo razziale); alla morte del vecchio presidente Hindenburg, Hitler assunse la carica sia di
cancelliere che di presidente, dichiarandosi il fuhrer del nuovo Reich Tedesco: iniziò l'epoca del
Nazismo: si sbarazzò di chiunque bloccasse il suo cammino, si alleò con il ceto degli industriali,
tradizionalmente conservatori, abolì le libertà democratiche istituite dalla Repubblica di Weimar, varò
le leggi razziali (leggi di Norimberga), dando vita ad una lotta senza quartiere contro ebrei e
comunisti, procedendo alla loro eliminazione sistematica (molti intellettuali e scienziati ebrei
migrarono in altri paesi più liberali, come gli USA: con Einstein se ne andò pure la formula che
avrebbe posto la bomba atomica nelle mani dell'America, anzichè della Germania); questo quadro
delirante si sarebbe dovuto concludere con l'invasione della Russia. Perchè? La spiegazione ci viene
da uno dei principi basilari della geo-politica (quell'impostazione storica che studia le relazioni tra
politica e geografia): il continente Eurasiatico (la zona di diffusione degli antichi abitatori del
continente, gli Indoeuropei) può essere diviso in un cuore e in un margine, ora, chiunque riesca a
dominare il cuore e abbia accesso al mare dominerà il mondo; questo cuore del continente è la
Russia (d'altra parte da lì partirono i primi Indoeuropei per poi espandersi in tutto il continente).

I contraccolpi sull'Inghilterra

Anche l'Inghilterra risentì della crisi internazionale; da tempo l'Impero Britannico non era più
l'indiscusso dominatore del mercato internazionale, era stato soppiantato dagli Stati Uniti (fu proprio
approfittando della Grande Guerra, che vide impegnate le maggiori potenze europee, che gli USA
assunsero la leadersheap dei traffici mondiali); il primo sintomo tangibile della perdita della centralità
dell'Inghilterra fu la soppressione del Gold Standard (nel '31): fino a quando la Gran Bretagna fu
quella grande potenza mondiale che i suoi avversari conoscevano la sua moneta, la sterlina, fu
imposta come moneta di riferimento (l'unica moneta che poteva esser scambiata con l'oro) e tutte le
altre monete dovevano regolarsi sul suo valore (valore a cambio fisso), ma quando anche l'Inghilterra
entrò in crisi si passò ad un sistema del tutto diverso: il sistema della inconvertibilità della moneta con
l'oro: il valore di una moneta non era più determinato dal suo corrispondere ad una certa quantità di
oro bensì dalla domanda e dall'offerta: più una moneta era richiesta più il suo valore aumentava
(proprio come accadeva per i meccanismi di borsa), la qual cosa dipendeva dall'andamento degli
scambi commerciali, degli investimenti e quindi dall'andamento della produzione economica; sistema
istituito dagli USA dopo la Crisi del '29: per superare la crisi gli USA avevano infatti visto fuoriuscire
dai propri confini ingenti quantità di oro, quindi per gli USA il Gold Standard non era più un sistema
conveniente. Inoltre, altri motivi della crisi inglese: l'India, con il movimento nonviolento
indipendentista di Gandhi stava cercando di rendersi autonoma dalla madrepatria; la Palestina, già
inglese (l'avevano sottratta ai turchi), nel '17 fu dichiarata "focolare nazionale ebraico" (dichiarazione
di Balfour) e l'incremento dell'immigrazione ebraica iniziò ad incontrare sempre più ostilità da parte
delle popolazioni arabe (islamiche) che abitavano la Palestina e che si vedevano scacciati dagli
Ebrei Sionisti (movimento che si batteva per la costituzione di uno Stato ebraico di Israele).

L'Imperialismo Asiatico

Nel giro di tre secoli il Giappone da antico Impero medievale divenne una grande potenza
industriale: come tutte le grandi potenze industriali la sua politica estera finì per avere una tendenza
imperialistica, espansionistica (le ragioni si sono già viste: sovrapproduzione e ricerca di mercati di
sbocco, reperimento materie prime, sovrappopolazione e ricerca di colonie di popolamento):
l'Imperialismo Asiatico fu sostenuto anche da una religione (lo Scintoismo) che si prestava molto
bene allo scopo (una religione per cui l'Imperatore era una sorta di Dio in terra e morire per lui in
guerra rappresentava un onore): il Giappone si espanse a danno della Cina (conquistando Formosa
e la Corea) e della Russia (conquistando la Manciuria).

Il Fascismo

In Italia, nel ’21, si era appena concluso il biennio rosso (un periodo di accesi scontri di classe, con
insurrezioni, occupazione delle fabbriche e delle campagne; azioni organizzate dai partiti di sinistra:
socialisti e comunisti) e Mussolini, un ex socialista, diede vita, con l’appoggio degli industriali e degli
agrari (che volevano scongiurare, per il futuro, ogni altro possibile tentativo di rivoluzione) al Partito
Fascista (dal nome del "fascio" simbolo di potere dell'Antica Roma Imperiale), inaugurando una
dittatura (il Fascismo) che durò 20 anni: una dittatura che abolì le libertà democratiche fondamentali
(un es. per tutti: furono introdotti i reati di opinione e il Fascismo divenne l'unico partito legittimo, tutti
gli altri eran fuori legge) e le principli prassi repubblicane (un es, per tutti: il Gran Consiglio del
Fascismo si sostitì completamente al Governo del Regno); la crisi del '29 non risparmiò l'Italia e
Mussolini la affrontò con un sistema economico autarchico (rigido protezionismo, ruolo direttivo del
governo nel mondo economico attraverso il sistema corporativo: assenza di libertà di iniziativa
economica e di libera contrattazione lavoratori - datori di lavoro); Mussolini intensificò sempre più i
rapporti di amicizia e alleanza con Hitler: anche Mussolini volle fare dell'Italia un Impero (come nel
periodo del glorioso Impero Romano): i suoi occhi caddero sull'Abissinia (Etiopia), il paese
extraeuropeo più povero di difese: l'invasione ebbe luogo e Mussolini proclamò il re d'Italia
imperatore d'Etiopia.

La Guerra Civile Spagnola e il Franchismo

Il segno tangibile dell'alleanza tra il duce e il fuhrer fu l'azione congiunta di Germania e Italia durante
la Guerra Civile in Spagna: nel '30, vinse le elezioni il Fronte Popolare (coalizione di partiti di sinistra)
e la Spagna diventò una Repubblica Popolare, sbarazzandosi del governo dittatoriale di De Rivera
(al quale eran stati affidati pieni poteri da Alfonso XIII di Borbone): tuttavia il fronte opposto dei
Nazionalisti, composto dai militari (la Falange del generale Franco) e dai clericali, cercò di riprendere
il potere: si aprì una lunga e sanguinosa guerra civile che durò tre anni e che vide mobilitate la
Germania e l'Italia, in aiuto ai Falangisti, e i Russi, in aiuto ai Repubblicani (Francia e Inghilterra non
intervennero, in quanto temevano una possibile presenza russa in Spagna; nemmeno gli USA
intervennero, anzi vendevano armi ai falangisti); alla fine vinsero i Falangisti, Franco divenne il
Caudillo, cioè il dittatore della Spagna: iniziò l'epoca del Franchismo. La guerra civile spagnola fu
chiamata la prova generale della Seconda Guerra Mondiale; fu infatti in questo quadro che si
delinearono i nuovi schieramenti: si formo l'Asse Roma-Berlino-Tokyo, un Patto anti-Comintern
(anticomunista) tra Germania, Italia e Giappone.

Il New Deal

Cosa provocò negli USA la crisi del '29? Mentre in Europa e in Russia portò alle Ditatture (Fascismo,
Nazismo, Franchismo, Comunismo) in America portò, con il presidente Roosevelt, al New Deal, cioè
al nuovo corso dell'economia statunitense: riprendendo le idee economiche dell'inglese Keynes, la
nuova politica economica americana abbandonava lo sfrenato liberismo del precedente periodo e si
faceva carico di una oculata regolamentazione statale del mondo economico; il risultato fu: una serie
di riforme economiche [legge antitrust, cioè antimonopoli (un sistema economico è fecondo, cioè
assicura profitti per gli imprenditori e prezzi vantaggiosi per i consumatori, solamente grazie alla
libera concorrenza, questa però è possibile solo dove non vi sono monopoli), e istituzioni di alcune
aziende statali, cioè a conduzione statale] e sociali [una legislazione sociale, cioè a favore dei
lavoratori, della tutela sindacale, della salute e dei pensionati... detta anche Welfare State, o Stato
del benessere].

Verso la Seconda Guerra Mondiale

Ottenuto il saldo controllo della Germania, Hitler, nel '38, procedette all'annessione dell'Austria
(Anschluss); poi, con il pretesto di voler rientrare in possesso della regione dei Sudeti (nel quale
vivevano 3 milioni di tedeschi), invase la Cecoslovacchia occupando quella regione.
Intanto le truppe giapponesi dilagavano su grandi aree della Cina; al comando del generale
nazionalista Chiang Kai-Shek l'esercito cinese combattè un'accanita battaglia difensiva.
Nel '39 Hitler assicurato del non intervento dell'URSS (stipulando un patto di non aggressione tra
Germania e Russia: il patto Ribbentrop-Molotov, un patto che lasciò sbalorditi i comunisti di
tutt'Europa e che si spiega solo con l'accordo segreto sotteso al patto stesso: la restituzione alla
Germania dei comunisti tedeschi rifugiatisi in Russia nel '33) mosse all'invasione della Polonia;
Francia e Inghilterra capirono che Hitler, se avesse continuato così, avrebbe conquistato tutt'Europa,
quindi si schierarono dalla parte della Polonia e dichiararono guerra alla Germania: la Seconda
Guerra Mondiale era scoppiata.
Cap. XIV

LA SECONDA GUERRA MONDIALE

La Seconda guerra mondiale si aprì dunque con l'invasione della Polonia, il primo atto del progetto
imperialistico di Hitler, il Pangermanesimo: i territori occupati non devavan esser altro che serbatoi di
forza lavoro e di materie prime, da sfruttare per il benessere e la prosperità del popolo eletto, quello
tedesco, della razza pura, quella ariana.
Piegata la Polonia si aprì un fronte in Occidente che vedeva contrapposte la linea Maginot (la linea
fortificata francese, obsoleta e inefficace di fronte alla potente aviazione tedesca, la Luftwaffe e la
tattica della Blitzkrieg, guerra lampo) alla linea Sigfrido (linea difensiva tedesca); Hitler come primo
passo del piano di invasione dell'Inghilterra ordinò di occupare Norvegia e Danimarca, in modo da
accerchiare l'Inghilterra ed assicurarsi basi e porti nel Mare del Nord: la Danimarca fu piegata in
fretta, la Norvegia resistette; Hitler aggirò la linea Maginot, occupò il Belgio, l'Olanda e il
Lussemburgo ed infine la Francia, Parigi fu occupata; iniziarono i borbandamenti sulle città inglesi:
Chamberlain venne sostituito da Churchill, l'aviazione britannica (RAF) reagì prontamente e rispose
ai bombardamenti; Roosevelt decise il pieno appoggio all'Inghilterra, approvò la legge "affitti e
prestiti", che facilitò le forniture belliche agli alleati, poi si incontrò con Churchill e i due stesero la
Carta Atlantica, la quale fissava i punti fondamentali di quella che sarà la carta delle Nazioni Unite
(ONU), condannando qualunque forma di guerra di invasione, di espansione territoriale: 26 nazioni
sottoscrissero i principi della Carta Atlantica. Gli italiani di Mussolini intanto procedevano a nuove
invasioni: nel '39 invase l'Albania, ma in nessuna delle sue mosse successive Mussolini seppe
cavarsela da solo e dovette sempre chiedere aiuto a Hitler: nel '40 mossero dalla Libia (loro colonia
conquistata nell'epoca giolittiana) verso l'Egitto ma qui vennero respinti dagli inglesi e dovettero
chieder aiuto ai tedeschi (generale Rommel); poi mossero dall'Albania alla conquista della Grecia ma
anche qui dovettero chiedere aiuto a Hitler; infine gli inglesi riuscirono a cacciare gli italiani persino
dalla loro colonia etiopica. Infine Hitler passò all'atto finale: l'operazione Barbarossa: l'invasione
dell'URSS: ma a Stalingrado i tedeschi furono fermati, inoltre si imbatterono, come un secolo prima
era accaduto a Napoleone, nel miglior alleato della Russia: il generale inverno; infine i Russi
avevano trovato un nuovo alleato: gli USA. Questi avevano congelato tutte le proprietà e gli interessi
giapponesi in USA (visto che il Giappone era coinvolto a pieno titolo nelle iniziative dell'Asse): il
Giappone rispose attaccando , a sorpresa, di notte, la base americana di Pearl Harbor, nelle isole
Hawaii. Il Giappone stava realizzando il suo progetto di egemonia asiatica (era già nel nord-est della
Cina, aveva conquistato le Filippine, le isole Marianne, le Indie orientali olandesi, l'Indocina francese,
la Thailandia e minacciava l'India); gli USA misero tutta la loro potenza industriale al servizio bellico
(da li a poco sarebbe uscita dai laboratori americani la micidiale bomba atomica!); gli americani
sbarcarono in Nord Africa in soccorso agli inglesi: da qui iniziò la riscossa: dopo la vittoria in Nord
Africa gli Alleati sbarcarono in Sicilia e iniziarono a liberare l'Italia dai nazisti e dai fascisti (l'Italia
infatti, con Mussolini, non era diventata altro che una provincia della Germania, anzi uno stato
cuscinetto della Germania); il Fascismo cadde (Mussolini cercò poi di ricostruire un nuovo Stato
fascista a Salò: Repubblica di Salò) e il generale Badoglio firmò l'8 settembre del '43 l'armistizio;
iniziò così in Italia la cosiddetta Resistenza o Guerra di Liberazione che vedeva da una parte i
fascisti ed i nazisti e dall'altra gli alleati con i Partigiani (partiti di sinistra, liberali e repubblicani)
scontrarsi per due anni in una guerra civile senza quartiere. Per allentare la tensione sul fronte
orientale Stalin aveva chiesto agli alleati di aprire un nuovo fronte ad occidente: con lo sbarco degli
alleati in Normandia (il celebre D-Day) furono accontentati; così fu possibile liberare anche la Francia
(la resistenza fu organizzata dal generale populista De Gaulle). A est intanto i sovietici continuavano
ad avanzare: l'Armata Rossa entrò in Romania, poi in Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia (tutti Stati
che divennero Stati satelliti dell'Unione Sovietica, cioè Stati a regime comunista); intanto il
maresciallo comunista Tito liberava Jugoslavia e dava vita ad uno Stato comunista sotto il suo
regime dittatoriale; infine l'Armata Rossa entrava in Austria e Germania. Nel '45 i "tre grandi"
(Roosevelt, Churchill e Stalin) si riunirono a Yalta (in Crimea) per decidere l'attacco finale a Hitler:
Hitler ormai accerchiato si suicidò; la Cina di Chiang Kai-Shek riuscì a liberarsi dai giapponesi; gli
USA diedero il colpo finale sganciando le due micidiali Bombe Atomiche: una su Hiroshima e l'altra
su Nagasaki: la Seconda Guerra Mondiale era finita
Cap. XV

IL SECONDO DOPOGUERRA E LA GUERRA FREDDA

L'ONU e la Guerra Fredda

Nonostante il totale fallimento della Società delle Nazioni durante il primo dopoguerra si decise di dar
vita all'ONU, l'Organizzazione delle Nazioni Unite, una organizzazione internazionale permanente
grazie alla quale regolare pacificamente (con lo strumento della diplomazia internazionale) le
controversie tra gli Stati, onde scongiurare lo scoppio di ulteriori conflitti armati; una organizzazione
dotata di una Assemblea Generale (organo decisionale), di un Consiglio di Sicurezza (organo
esecutivo), di una Corte internazionale di Giustizia (organo giudiziario) e di una forza militare (i
"caschi blu"); a Norimberga venne istituito un tribunale per il processo dei capi nazisti accusati di
"crimini di guerra e crimini contro l'umanità"; Per sviluppare la propria economia gli USA avevano
bisogno di nazioni con cui commerciare, perciò avviarono un piano di aiuti finanziari rivolto
soprattutto (ma non esclusivamente) agli Alleati che avevano beneficiato dell'intervento americano
durante la Resistenza: il Piano Marshall: tale piano era una forma molto sottile di ricatto: gli USA
avrebbero concesso aiuti finanziari alle nazioni appena uscite dalla guerra (fondi utili alla
Ricostruzione) in cambio di una certa "fedeltà" politica: che il governo di quegli Stati non fosse un
governo di Sinistra, filosovietico [questo fece delle Nazioni beneficiarie del Piano delle "Nazioni a
sovranità limitata": il caso dell'Italia è emblematico: per quanto l'elettorato potesse essere a
maggioranza di sinistra, i servizi segreti italiani, di concerto con quelli americani, misero sempre in
atto strategie volte ad impedire al paese di dotarsi di un governo di sinistra: la "strategia della
tensione" è una di quelle: creare un clima di disordine, tensione e addirittura terrore (attraverso
bombe e stragi) per giustificare l’emergenza di un governo autoritario, di destra]. Al Congresso di
Bretton Woods, negli USA, vennero creati il Fondo Monetario Internazionale, per regolare i
meccanismi finanziari internazionali, e la Banca Mondiale, la quale aveva la funzione di concedere
prestiti per la ricostruzione postbellica [questi prestiti eran e sono però concessi a determinate
condizioni: ad es. che le economie dei paesi beneficiari fossero di stampo liberista, il che voleva e
vuole dire: disponibilità ad accettare investimenti delle multinazionali statunitensi, vantaggiose
politiche fiscali per le multinazionali, assenza di norme sulla salvaguardia dell'ambiente e della salute
dei cittadini, assenza di norme per la tutela sindacale e contro lo sfruttamento... e dunque politiche
nazionali solidali a queste condizioni; da qui il problema di nazioni "a sovranità limitata" e del
prevalere degli interessi economici su quelli politici e sociali]. Le nazioni che rientrarono nell'orbita
statunitense si organizzarono in una organizzazione militare internazionale in funzione antisovietica e
anticomunista: la NATO (Organizzazione del Trattato NordAtlantico) [in cui rientravano, oltre gli USA,
Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Norvagia, Francia, Gran Bretagna, Germania dell'Ovest,
Italia, Irlanda, Grecia, Turchia. Quanto ai paesi balcanici essi entrarono sempre più nell'orbita
dell'Unione Sovietica, alle direttive di Stalin [anche questi paesi, naturalmente, eran paesi a sovranità
limitata, anzi governati da vere e proprie dittature di tipo comunista], tranne la Jugoslavia di Tito, che,
pur essendo comunista, si mantenne indipendente dall'URSS; alla NATO i paesi sovietici e
filosovietici contrapposero una analoga organizzazione militare internazionale: il Patto di Varsavia [in
cui rientravano, oltre all'URSS, Albania, Bulgaria, Ungheria, Romania, Cecoslovacchia, Polonia,
Germania dell'Est]. Si aprì così l'epoca della Guerra Fredda, ossia della contrapposizione tra le due
superpotenze e i loro alleati (paesi satelliti), tra due sistemi politici ed economici (Liberalismo,
Liberismo, Capitalismo Privato americano da un lato, Totalitarismo, Comunismo, Capitalismo di Stato
dall'altro), tra due forze militari (NATO e Patto di Varsavia) e tra due arsenali, entrambi dotati di
bombe atomiche. La Guerra contro il comune nemico nazista aveva temporaneamente messo tra
parentesi le rivalità tra i due sistemi politico-economici, anzi USA e URSS erano finiti per allearsi; ma
ora che il nemico non c'era più rivalità riesplosero (un po' come accadde ad Atene e Sparta). La
Guerra Fredda fu un'epoca dai vari e tristi capitoli che coinvolse l'Europa e il mondo intero in una
serie interminabile di tensioni e di guerre.

La divisione della Germania

La Germania venne divisa in due: una Repubblica Federale a Ovest (FDR), filooccidentale, e una
Repubblica Democratica a Est (DDR), filosovietica; a Berlino i sovietici eressero un muro che la
divideva in una parte Est, filosovietica, e in una parte Ovest, filoamericana, un muro che divenne il
simbolo della Guerra Fredda. Mentre i tedeschi dell'Ovest, con gli aiuti americani, riuscirono nel
miracolo di ricostruire in breve un paese devastato e raggiungere un livello di benessere uguale a
quello degli altri paesi europei, le condizioni di vita dei cittadini della Germania dell'Est erano assai
più misere: il paese, rientrando nel sistema comunista, non era potuto decollare economicamente
come nell'Ovest.

L'Europa dell'Est e la Russia

Le differenze di condizioni di vita, a loro volta riflesso di sistemi economici e politici differenti,
garanzia nell'Occidente di ripresa e di benessere, nell'Est di arretratezza e di oppressione, furono le
scintille che portarono, negli anni '50, nei paesi dell'Est europeo allo scoppio di rivolte popolari
anticomuniste e antisovietiche: rivolte contro i governi fantoccio (cioè non eletti democraticamente
dal popolo ma imposti da Mosca) scoppiarono nella Germania dell'Est, in Polonia, in Ungheria (tutte
represse nel sangue dall'Armata Rossa sovietica); queste rivolte, sebbene fallite, mostrarono il grado
di insofferenza vissuto dai paesi satelliti dell'URSS.
In URSS dopo Stalin, nel '55, Chruscev si allontanò dalla "linea dura" di Stalin, abbandonò la rigidità
e l'inflessibilità del precedente regime dittatoriale, ridusse le spese per gli armamenti, cercando di
accrescere la produzione di beni di consumo, infine cercò di migliorare le relazioni diplomatiche con
l'Occidente e tesse i primi accordi diplomatici per la limitazioni delle armi nucleari tra USA e URSS;
con il suo successore, Breznev, che rimase in carica fino all'81, invece, vi fu un ritorno indietro:
dissidenti e oppositori del regime vennero di nuovo perseguitati; nel '79 l'Armata Rossa sovietica
intervenne in Afganistan per reprimere la rivolta anticomunista al regime filosovietico (rivolta dei
musulmani mujaidin); poi fu la volta della Polonia, dove l'Armata Rossa represse il movimento
Solidarnosc (il suo leader era Walesa), un movimento politico-sindacale che voleva un socialismo dal
volto più umano, ciò rispettoso delle libertà democratiche (e non dittatoriale come quello sovietico).

La Decolonizzazione

Gli anni '50 furono anche gli anni della Decolonizzazione dell'Africa; per alcuni di questi paesi (come
nelle ex colonie britanniche) il processo di indipendenza nazionale significò la transizione da governi
coloniali a governi a partecipazione popolare, in altri, invece, la corruzione continuava (un po' come
in America Latina) a mantenere in vita dittature militari che si facevano strumento politico degli
interessi economici delle potenze Occidentali (soprattutto per lo sfruttamento delle materie prime) più
che di quelli delle popolazioni locali: questo bloccò il processo non solo di emancipazione politica
dell'Africa ma anche di ripresa economica; l'Africa continuerà ad essere Terzo Mondo (serbatorio di
risorse per i paesi dell'Occidente industrializzato); infatti USA, URSS vennero incontro ai paesi del
terzo mondo con programmi di aiuto e di sviluppo, ma naturalmente si trattava di un'arma a doppio
taglio: aiuti in cambio dell'entrare a far parte delle rispettive zone di influenza (nella logica della
Guerra Fredda).
In Oriente si ebbe una larga diffusione dell'influenza sovietica, soprattutto in quei paesi che eran
state colonie delle potenze occidentali: nell'ansia di liberarsi dal giogo dell'Occidente, dal suo sistema
di sfruttamento economico e di cattività politica (le potenze coloniali infatti non si accontentavano di
imporre monopoli commerciali a questi paesi ma li privavano pure della libertà politica, con pressanti
ingerenze politiche), salutarono i sovietici come loro liberatori e quindi vennero attraversati da
insurrezioni e rivolte di stampo comunista. Un es. per tutti: quello della Cina (vedi oltre). L'India
ottenuta l'indipendenza dalla Gran Bretagna dovette affrontare un ulteriore conflitto interno: quello
dei musulmani pakistani che volevano costituire uno Stato Pakistano indipendente dall'India
hinduista: dopo sanguinose lotte lo ottennero.

La Cina di Mao

La guerra contro il Giappone aveva messo temporaneamente tra parentesi le rivalità interne tra
Nazionalisti e Comunisti, che riemersero subito dopo la liberazione: i Comunisti di Mao Tse-Tung, nel
'45, spalleggiati dai sovietici abbatterono il governo reazionario e dittatoriale dei Nazionalisti di
Chiang Kai-Shek. Con Mao iniziò un periodo di collettivizzazione forzata ancora più radicale di quella
di Stalin; mentre la Rivoluzione Russa istituì un comunismo operaio, industriale, quella Cinese istituì
un comunismo contadino, agrario, una rivoluzione non solo economica e politica ma anche culturale,
la quale aveva come fondamenti l'antioccidentalismo e la diffusione delle idee comuniste (il celebre
"libretto rosso" di Mao), la qual cosa si sposò con l'eliminazione sistematica di tutti i dissidenti del
regime: la Cina stava diventando con Mao la terza grande potenza (dopo USA e URSS), e stava
quindi contendendo alla Russia la guida dei paesi comunisti, quindi i rapporti tra i due iniziarono
sempre più ad incrinarsi, soprattutto quando la Cina, con il "grande balzo in avanti", impegnò tutte le
sue risorse in un rapido processo di industrializzazione. Nel '76, alla morte di Mao, salì al potere
Deng Xiao-Ping: la Cina abbandonò il modello rigidamente comunista e concesse maggiore libertà di
iniziativa economica sia nel settore industriale che in quello agricolo, inoltre migliorarono i rapporti
con gli USA e l'URSS

Il Giappone

In estremo Oriente il Giappone fece passi da gigante verso la ricostruzione e l'espansione


economica attraverso la cooperazione con l'Occidente: il Giappone si trasformò in uno dei tre poli del
capitalismo mondiale, assieme ad Europa Occidentale e USA. Così la posizione degli USA
nell'economia mondiale cambiò: le industrie automobilistiche e dell'elettronica vacillarono di fronte
alla spietata concorrenza dei prodotti giapponesi e tedeschi, spesso tecnologicamente superiori e di
prezzo inferiore.

Il Maccartismo, la Guerra in Corea e quella in Vietnam

In USA, negli anni '50, la propaganda e l'ideologia anticomunista aveva raggiunto livelli da vera e
propria "caccia alle streghe": era il fenomeno del cosiddetto Maccartismo. Eisenhower, con la sua
politica del contenimento comunista, finalizzata a bloccare la diffusione del comunismo, fece sapere
che gli USA eran disposti ad intervenire in Asia contro la presenza sovietica (è la cosiddetta Dottrina
Eisenhower).
Altro capitolo della Guerra Fredda fu la Guerra in Corea: la Corea era stata divisa in una Repubblica
popolare del Nord, filosovietica e occupata dall'URSS, e in una Repubblica del Sud, filooccidentale,
occupata dagli USA: la rivalità tra le due Repubbliche scoppiò, nel '50, in una guerra tra nordcoreani
e sudcoreani che mobilitò i due schieramenti internazionali (da una parte gli USA e l'Europa e
dall'altra l'URSS e la Cina) e fu uno dei tanti capitoli della guerra fredda; la stessa cosa avvenne con
la Guerra in Vietnam: a metà degli anni '50 il Vietnam era stato diviso in due: Vietnam del Nord,
filocomunista presieduto da Ho Chi Minh e un Vietnam del Sud, filoamericano presieduto da Dinh
Diem: nel '59 l'America impedì lo svolgersi delle elezioni che avrebbero potuto portare a un Vietnam
unito, così iniziò la guerra tra i guerriglieri comunisti del nord (vietcong) e i marines americani; nel '70
la guerra si estese anche alla Cambogia, dove i vietcong avevano trovato rifugio; alla fine vinsero i
vietcong e nel '75 tutto il Vietnam era in mano ai comunisti.
Anche gli USA, come l'URSS, hanno pesanti responsabilità nelle vicende degli altri Stati: nel '73 un
colpo di stato militare in Cile (voluto dalla CIA, i servizi segreti statunitensi) rovesciò il governo
socialista di Allende, democraticamente eletto, sostituiendolo con la dittatura militare di Pinochet; in
America Latina anche altre dittature militari erano appoggiate dagli USA: in Argentina, in Brasile, in
Guatemala, in Salvador, in Nicaragua; ma anche in Asia: nelle Filippine e in Corea.

La Questione Palestinese

La Questione Palestinese si faceva sempre più spinosa: i Sionisti insistevano per formare uno
Stato indipendente ebraico, la Lega Araba (lega dei paesi arabi) minacciava di opporsi con le armi a
questo tentativo; nel '48 l'ONU proclamò la nascita dello Stato ebraico di Israele: la guerra con gli
arabi scoppiò immediatamente e gli ebrei, forti degli aiuti americani, ebbero subito la meglio e
consolidarono le loro posizioni (le usurpazioni precedenti); ora molti arabi palestinesi nati nelle terre
poi occupati da Israele, vivevano da profughi, da rifugiati in Libano o in Cisgiordania; questi rifugiati
ora complottavano per distruggere Israele e ritornare nelle loro terre occupate; le stesse nazioni
arabe del Medio Oriente e del Nord Africa si rifiutavano di riconoscere il nuovo Stato Ebraico, anche
loro volevano distruggerlo e l'Egitto di Nasser assunse il ruolo di paese guida del mondo arabo (dal
'52 al '70): l'URSS appoggiò gli arabi, gli USA appoggiarono Israele:la posta in gioco erano i
giacimenti petroliferi della penisola araba e del Nord Africa, il controllo del Canale di Suez e il
dominio militare nel bacino del Mediterraneo. L'appoggio militare americano dato a Israele nella
guerra del Kippur (giorno della festività ebraica), nel '73 (guerra vinta dagli israeliani), indusse i paesi
arabi, come strumento di guerra nel conflitto arabo-israeliano, a decretare l'embargo petrolifero (cioè
il blocco delle vendite del petrolio all'Occidente): i prezzi di tutti i derivati del petrolio andarono alle
stelle, mettendo in crisi l'economia occidentale; il petrolio fece del Kuwait un paese straricco e gli
arabi divennero grandi proprietari immobiliari in Occidente. Tre milioni di profughi palestinesi
formarono un popolo senza terra che vivevano sparsi nei territori arabi vicini oppure nei campi
profughi del Libano o della Cisgiordania: in questa situazione disperata acquistò sempre più forza
l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina, il cui leader era ed è Arafat) che colpì
Israele con l'arma del terrorismo; i terroristi dell'OLP attaccavano gli israeliani, Israele rispondeva
bombardando Beirut o massacrando innocenti nei campi profughi in Palestina (massacro di Sabra e
Chatila)

Il Fondamentalismo Islamico

Nel '79, in Iran lo scià di Persia (mantenuto al trono grazie agli aiuti americani) venne rovesciato da
una rivoluzione che portò al potere l'ayatollah Khomeini, il leader religioso che fondò uno stato
islamico fondamentalista (un regime dittatoriale di tipo teocratico), che nutriva un odio implacabile per
l'America e gli americani.

L'Italia e l'Unione Europea

L'Italia nel '46 indisse un referendum popolare e si trasformò in una Repubblica; accettando gli aiuti
al Piano Marshall rientrò nell'orbita statunitense, nella NATO, insomma nel sistema internazionale
anticomunista; negli anni '70 l'Italia fu attraversata da un'ondata di terrorismo di estrema sinistra
(Brigate Rosse) e di estrema destra; il primo voleva l'abbattimento del capitalismo, il secondo,
invece, di concerto con i servizi segreti italiani e americani (e più in generale della NATO),
cercavano, con stragi efferate, di impedire nel paese una svolta a sinistra ("strategia della tensione":
la strategia consisteva infatti nell'attribuire alla sinistra la responsabilità delle stragi creando così un
clima di emergenza che giustificasse una svolta autoritaria del governo, un governo di destra; un
esempio per tutti: la bomba a di Milano, a p.zza Fontana del ’69, è stato provato che è opera della
CIA!).
Intanto, nel '50, nasceva il Consiglio d'Europa, il primo abbozzo della futura Unione Europea; così
nel '58 nasceva la Comunità Economica Europea (CEE), una organizzazione sovranazionale per lo
sviluppo delle attività economiche, con l'eliminazione delle tariffe doganali tra i paesi membri, il libero
movimento dei capitali e del lavoro e l'auspicio (nei progetti dei suoi ideatori, il francese Schuman e
l'italiano De Gasperi) di una futura unione anche politica e di difesa (per rendersi autonomi dalla
dipendenza USA).
Nel '75 in Spagna moriva il dittatore Franco e re Juan Carlos favorì la transizione pacifica alla
democrazia; la stessa cosa accadde in Grecia, che a metà degli anni '70 riuscì a liberarsi della
dittatura militare di destra di Papadopulos (voluta dagli USA per tutelare le loro basi militari in quel
paese strategico); in Irlanda del Nord si intensificò la lotta terroristica dell'IRA, l'Esercito repubblicano
irlandese, cattolico, per cacciare i protestanti inglesi dal Nord
Cap. XVI

LA FINE DELLA GUERRA FREDDA

Il crollo dei Sistemi Comunisti

La Guerra fredda finì quando il sistema comunista, tanto in URSS quanto nei paesi satelliti, crollò;
due sono le cause fondamentali: il sistema economico comunista non riusciva a garantire lo stesso
benessere offerto dal sistema liberista occidentale e non riusciva a garantire quelle libertà
democratiche essenziali (libertà di pensiero, di espressione, di partecipazione politica, di iniziativa
economica) che l'Occidente aveva da tempo riconosciuto come essenziali alla dignità dei popoli.
A metà degli anni '80 in Unione Sovietica la crisi economica interna si aggravava: l'economia
sovietica, economia comunista (cioè pianificata dal partito), era infatti indirizzata ad incrementare
l'apparato militare (in competizione con quello degli USA) più che a favorire la produzione dei beni di
consumo; Gorbaciov, diventato segretario del partito, annunciò il suo programma di governo: la
Perestrojka, un progetto di ristrutturazione dell'economia sovietica per renderla più produttiva e per
garantire una certa distribuzione dei beni di consumo, dando maggior libertà alla proprietà privata,
favorendo gli investimenti dei capitali occidentali in URSS, rivendicando un maggiore pluralismo
democratico all'interno della politica sovietica e allentando lo stretto nodo della censura, insomma
correggendo le storture della dittatura comunista con una sapiente apertura al liberismo e al
liberalismo; così verso la fine degli anni '80 un po' in tutta l'URSS, negli Stati baltici (Lituania,
Estonia, Lettonia), in quelli a sud (Ucraina, Georgia, Armenia), e negli Stati dell'Europa dell'Est,
l'opposizione democratica prese coraggio, chiedendo riforme democratiche e liberali e a volte (negli
Stati baltici e in quelli del sud dell'URSS) unendosi ai gruppi nazionalisti, che volevan l'indipendenza
dall'URSS; Gorbaciov fece sapere che l'URSS non sarebbe intervenuta per reprimere questi
movimenti, quindi gli Stati dell'Est si allontanarono, l'uno dopo l'altro dal comunismo, abbattendo i
rispettivi regimi: nell'88 l'Ungheria, nell'89 la Polonia e la Germania dell'Est, dove fu abbattuto il
celebre Muro di Berlino, nel '90 libere elezioni si espressero per la riunificazione delle due Germanie;
poi fu la volta della Cecoslovacchia, della Bulgaria, della Romania e dell'Albania; la Lituania si
dichiarò indipendente dall'URSS e a lei seguì l'indipendenza di altre ex Repubbliche sovietiche. Il
collasso improvviso dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est accellerò le richieste di cambiamento in
URSS: per la prima volta furono ammessi al Congresso dei deputati partiti anche non comunisti (in
segno di apertura al pluralismo democratico), Gorbaciov fu esiliato a seguito di un tentato golpe di
conservatori, ma la sua linea fu proseguita dal riformista Eltsin, con il quale l'URSS si aprì
all'economia del libero mercato: la cosa fu alquanto dolorosa perchè con la liberalizzazione del
mercato sia interno che esterno i costi dei beni di prima necessità triplicarono (sia per la fine del
controllo dei prezzi da parte dello Stato che per la concorrenza dei prodotti stranieri); inoltre
l'indebolimento dell'autorità dello Stato (inevitabile in uno Stato liberale, "negativo" appunto) lasciò
spazio ad una ondata di grande e piccola criminalità. Con la fine del comunismo, inoltre, riesplosero
le rivalità tra i vari popoli e gruppi etnici, primi costretti a vivere in forzata armonia dall'autorità
repressiva dello Stato: questo divenne tragicamente evidente in Jugoslavia, dove serbi, croati e
bosniaci formavano i tre principali gruppi etnici, ognuno con la propria religione (ortodossa, cattolica
e musulmana): i Serbi dominavano la Federazione Jugoslava, controllando i poteri fondamentali e
l'esercito, e quando la Slovenia dichiarò l'indipendenza, e dopo di lei la Croazia e la Bosnia, scoppiò
una feroce guerra civile, in cui la pulizia etnica e il genocidio furono la regola.

Le ripercussioni internazionali

Il crollo dei sistemi comunisti ebbe ripercussioni anche in Italia: i partiti del centrosinistra al potere,
prima balurado contro il "pericolo" comunista in Italia, persero le protezioni e le immunità di cui
avevano fino ad ora goduto: una inchiesta giudiziaria mise a nudo una fitta rete di corruzione tra
mondo politico e mondo imprenditoriale (Tangentopoli) spazzando via un'intera classe politica.
Anche la Cina di Deng si era aperta al libero mercato, ma sul fronte delle libertà politiche ben poco
era cambiato dai tempi di Mao; così nell'89, a Pechino, si delineò un nutrito movimento popolare che
chiedeva riforme in senso democratico e liberale: un milione di persone scese in piazza, fu
ripristinata la legge marziale e i carri armati dell'esercito, in P.zza Tienanmen represse con la
violenza la protesta.
Il solo paese comunista che sopravvisse, al di fuori dell'Asia, fu Cuba, in mano a Castro: gli USA da
anni praticavano uno spietato embargo (anche di farmaci e di altri generi di prima necessità) nei
confronti dell'isola, nel tentativo di favorire un rovesciamento del regime di Castro; con la Caduta
dell'URSS comunista Cuba si trovò privata anche degli aiuti sovietici.
In Argentina, Cile, Paraguay si riuscirono ad abbattere le dittature militari di destra, volute dagli USA,
e si avviò un processo di democratizzazione; l'opposto avvenne in Nicaragua, dove i contras di
destra, finanziati dagli USA, scatenarono la guerra civile contro i sandinisti comunisti al governo
(Ortega), e a Panama, dove gli USA rovesciarono il governo del narcotrafficante Noriega favorendo
la nascita di un governo di loro gradimento.
Nell'80 si aprì tra Iran e Iraq una guerra durata 8 anni per la supremazia in Medio Oriente; la lunga
guerra contro l'Iran di Khomeini aveva portato l'Iraq di Saddam Hussein sull'orlo del fallimento; per
impossessarsi degli importanti giacimenti petroliferi, che avrebbero risollevato la sua economia,
Saddam invase il Kuwait; gli USA, dietro delibera dell'ONU, intervenne con bombardamenti e con
uno spietato embargo (simile a quello cubano).
Nel '92 12 paesi europei firmarono il trattato di Maastricht, per la pianificazione e il coordinamento
economico degli Stati membri della Unione Europea (UE) e per l'istituzione di una nuova ed unica
moneta europea (l'euro).
Di fronte alla sfida economica dell'Unione Europea il Congresso degli USA votò il NAFTA, l'accordo
per il libero scambio tra USA, Canada e Messico, con il proposito, per il futuro di estenderlo a tutto il
mondo, in modo da sancire ed estendere al mondo intero il principio del libero mercato, ossia la
deregulation del mercato (ossia l'abolizione delle norme legislative e dei controlli delle autorità
pubbliche sulle aziende private e sui loro investimenti); per perseguire tale obiettivo venne istituito il
WTO, l'organizzazione mondiale del libero commercio, una organizzazione sovranazionale che ha il
potere di condizionare le politiche nazionali dei singoli Stati col ricatto dell'estromettere quel paese
dal "gioco" dell'economia globale [un espropriazione di fatto delle varie sovranità politiche ed
economiche dei paesi ed una supremazia dell'economia sulla politica]
Settanta secoli di storia

5000 a.C. - 2000 d.C.

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