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GURDULÙ

Cerchiamo perle per il sultano

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Edizioni O.M.P.
www.edizioniomp.com
Pavia, maggio 2009
ISBN 978-88-95762-09-8

Officina Multimediale Pavese


www.mupa.it
Associazione di promozione culturale
Viale Campari 83/d - Pavia

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Print Service S.r.l. - Pavia

Progetto grafico
Camillo Quadraroli - quamillo@hotmail.com

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I diritti dell’opera contenuta in questo libro appartengono ad Andrea Pacino.
L’opera è rilasciata sotto la disciplina della licenza Creative Commons Attribuzione - Non
commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5 Italia. Il riassunto e il riferimento alla
licenza sono disponibili a p. 77.
La versione digitale del presente libro è disponibile su internet all’indirizzo www.edizioniomp.com.

Iniziativa realizzata con il contributo del Comune di Pavia, settore Istruzione e Politiche Giovanili.

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Andrea Pacino

STAGIONI
illustrato da Cristina Mormile e Alessandra Lupo

Postfazione di Francesco Di Iorio

Edizioni O.M.P.

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- Vorrei che fosse inverno...
- Beh, non ci vuole molto oramai...
- Allora vorrei che fosse primavera o estate.
- Non ti piace l’autunno?
- Oh... anche l’autunno è bello. È soltanto il presente che non mi
piace.

B. Watterson, Calvin & Hobbes

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POSTFAZIONE
di Francesco Di Iorio
C’era una volta l’educazione sentimentale di una ragazza tra l’adolescenza e
l’età adulta. E c’è oggi quella di un rospo. Le suggestioni sono quelle della tra-
dizione fiabesca antica e popolare, ma nessun incantesimo ha trasformato il
principe e nessuna principessa deve imparare ad amare: c’è (solo) un rospo,
che deve imparare ad accettare se stesso.
Se molteplici possono essere gli stravolgimenti simbolici tra la versione origina-
le e la controparte qui presentata, il significato ultimo è tanto universale e atem-
porale da essere quasi l’essenza stessa di ogni favola: risolvere una situazione
di paura, inadeguatezza, solitudine.
Il valore, dalle consuetudini orali della notte dei tempi fino ad oggi, sta proprio in
questo: non nascondere i conflitti, ma affrontarli. Non si sottintendono mostri e
pericoli, non si sottintende la tristezza. La fiaba serve a sconfiggere i fantasmi:
per questo nell’immaginario collettivo le spetta il posto d’onore come racconto
prima del buio, del sonno e dei sogni di un bambino.

Se l’eroe tradizionale parte bambino e torna uomo, sviluppa cioè il cambiamen-


to attraverso il superamento dei pericoli, gli eroi di questo libro non affrontano
prove di iniziazione: hanno solo dei piccoli sogni e sembra quasi che, passate le
stagioni, la realizzazione consista nell’accettare il reale, come forza trascinante
e indipendente, non necessariamente bella, ma sicuramente effimera, mutevole
e per questo perfettibile.
Perché la realtà stessa è l’unica cosa da cui partire per renderla migliore: sol-
tanto la coscienza della propria condizione permette il cambiamento, soltanto la
delusione del sogno spezzato, di quello che c’è oggi dietro al muro, può rendere
meraviglioso quello che ci sarà domani.

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Se la fiaba come genere narrativo offre se stessa alla duplicità tra svelato e
taciuto, tra significato e significante, tra quella macchia di inchiostro che è la
parola e il sottinteso soggettivo ed emozionale, così anche i suoi personaggi
vivono di questa doppiezza: un’ambiguità dell’insoddisfazione, sospesi nella di-
mensione del non essere ancora e il desiderio che la linea della china tracci una
loro dimensione.
La ricerca del cambiamento deve per forza includere l’accettazione del proprio
stato.
E allora c’era una volta un lombrico che avrebbe voluto partecipare della meta-
morfosi della farfalla, ma ha trovato il suo posto solo precipitando a terra.
O un’insignificante goccia d’acqua alla ricerca di un’identità, di un proprio mare
personale.

Il non tempo e non spazio della fiaba, o spazio-tempo onirico del “c’era una vol-
ta”, se da un lato facilita il processo immaginativo del bambino, primo destina-
tario, dall’altro consente all’adulto di universalizzare il più possibile le metafore
in essa racchiuse.
Rendere estremamente breve il significante, come nei versi di una poesia, con-
sente di ampliarne in modo inversamente proporzionale il significato simbolico.
Ed è proprio nel simbolo che risiede gran parte della libertà e del piacere di chi
bambino non è, ma che si accosta a un genere troppo ingiustamente relegato
al dominio dell’infanzia.
Le brevi parole, i lampi di situazione, l’universalità dei personaggi consentono,
anche in maniera inconscia, la creazione di uno spazio libero immenso, da ve-
stire delle proprie fantasie, consentendo di riempire le pieghe della lettura di
tessuto emozionale.

C’era una volta un rospo che per spezzare l’incantesimo della strega doveva
farsi amare. C’era una volta una principessa pronta a rompere quell’incantesi-
mo.
E da qualche parte c’è anche una principessa infelice che, guardando il princi-
pe, pensa con nostalgia al giorno in cui si era innamorata del rospo.

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INDICE
Inverno pag. 7
Primavera pag. 23
Estate pag. 39
Autunno pag. 55
Postfazione pag. 71

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Finito di stampare nel mese di maggio 2009
presso la tipografia Print Service S.r.l. - Pavia

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