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Club Alpino Italiano

Sezione di Roma

Corso avanzato di escursionismo 2007


direttore del corso AE Alessandro Maria Ponti

Cartografia e orientamento

di Cristina Cimagalli

Club Alpino Italiano


Sezione di Roma
Corso avanzato di escursionismo 2007

Cartografia e orientamento
di Cristina Cimagalli

La forma della Terra

figura 1
La Terra vista dal satellite (in prospettiva come
fosse vista dal Sole)

La constatazione della sfericit della Terra (fig. 1), contrariamente a quello che
comunemente si ritiene, una conquista molto antica: viene fatta risalire addirittura a Pitagora, il
celebre filosofo, astronomo e matematico greco vissuto nel VI secolo a. C. Un paio di secoli dopo
un altro astronomo greco, Eratostene (IV sec. a. C.), calcol con notevole approssimazione la
lunghezza del meridiano terrestre e dunque la circonferenza del nostro pianeta.
Agli inizi del XVIII secolo, per, lo scienziato inglese Isaac Newton mise in discussione
lipotesi che la Terra fosse una sfera, dimostrando che essa era leggermente schiacciata ai poli: si
trattava di un ellissoide, dunque (fig. 2).

La teoria attuale, nata non solo da approfonditi studi geometrico-matematici, ma anche dalla
possibilit di sfruttare punti di osservazione e di calcolo esterni alla Terra stessa (i satelliti), che
questo pianeta non n una sfera, n proprio un ellissoide preciso, ma una forma talmente
irregolare da non corrispondere a nessun solido geometrico definito. La forma della Terra stata
dunque definita geoide: e geoide vuol dire proprio una cosa a forma di Terra. Bisogna dire per
che la differenza tra il geoide e lellissoide davvero minima, dellordine di poche decine di metri:
dunque i cartografi, per praticit, impostano i loro calcoli come se la Terra fosse un ellissoide,
chiamato WGS 84, il cui raggio medio di circa di 6.370 chilometri1.
figura 2
Differenza tra ellisse e circonferenza. O
il centro di entrambe; AB il diametro
della circonferenza e lasse maggiore
dellellisse; CD lasse minore dellellisse
(notare lo schiacciamento ai poli); F e
F sono i due fuochi dellellisse.
interessante notare che la somma delle
distanze dei fuochi sullellisse (FE+FE)
sempre costante.

Per individuare un punto preciso sulla superficie terrestre si pensato, fin dallantichit, di
tracciare idealmente su di essa un certo numero di linee virtuali: meridiani e paralleli, che insieme
formano il cosiddetto reticolato geografico (fig. 3a e b). Ciascun meridiano (dal latino meridies,
mezzogiorno) unisce il polo N e il polo S con una linea che tocca tutti i punti della superficie
terrestre che hanno lo stesso mezzogiorno; tutti i meridiani hanno quindi la stessa dimensione e si
congiungono tra loro ai poli. I paralleli sono invece (lo dice il nome stesso) paralleli allequatore,
ovvero alla massima circonferenza terrestre equidistante tra i poli; i paralleli dunque sono tutti
paralleli anche tra di loro e vanno decrescendo di dimensione man mano che dallequatore si
avvicinano ai poli.

figura 3a

figura 3b

Per la precisione, lasse maggiore dellellissoide WGS 84 di 6.378.137 m, lasse minore di 6.356.752 m. Il massimo
discostamento del geoide dallellissoide di circa -100 m nel Sud dellIndia e + 70 m nel Nord dellAustralia.

Il meridiano che passa per la localit di Greenwich, vicino a Londra, dal 1884
convenzionalmente considerato il meridiano di riferimento. La distanza di un punto dal meridiano di
Greenwich (longitudine) si misura generalmente in gradi sessagesimali, indicando se si a E o a
O di esso: ad esempio, il meridiano fondamentale che passa da Roma (Monte Mario) a long. E
122713. Il punto di riferimento per i paralleli invece lequatore, rispetto al quale bisogna
specificare se si a N o a S; anche per i paralleli lunit di misura il grado sessagesimale, e la
loro distanza dallequatore viene detta latitudine. La latitudine del meridiano di Roma Monte Mario
lat. N 415531,49; il punto P nella fig. 3b, per fare un altro esempio, ha le seguenti coordinate:
long. E 30, lat. N 60.

Cartografia
Per le esigenze pratiche dei grandi viaggi su terre e soprattutto su mari poco conosciuti
nacque la necessit di compilare carte geografiche che fossero di aiuto per lorientamento. Ma
trasformare in un disegno su una superficie piana qualcosa di sferico unimpresa irta di problemi
matematici. Ce ne possiamo rendere conto osservando le figure 4-6. Paragonando la Terra a
unarancia (fig. 4), se cerchiamo di rendere appiattita la sua buccia come fosse una carta
geografica sar impossibile rendere la continuit di tutta la sua superficie: essa non potr che
separarsi inevitabilmente in spicchi o in parti pi o meno regolari (figg. 5-6).

figura 4

figura 5

figura 6

Naturalmente i problemi cartografici sono molto pi complicati di cos. (Bisogna poi


specificare che in realt le rugosit della Terra, dallEverest alla Fossa delle Marianne, sono
assai meno rilevanti di quelle presenti sulla buccia di unarancia: il paragone pi calzante sarebbe
addirittura quello con le microscopiche asperit di una palla da biliardo...).
Nella lunga storia della cartografia sono stati studiati molti modi per risolvere il problema della
proiezione di un solido sferico su una superficie piana. Pu sembrare strano, ma il metodo oggi
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considerato pi valido fu ideato da un matematico del Cinquecento, Gerhard Kremer (1512-1594),


che aveva latinizzato il suo nome in Mercator e che a nostra volta italianizziamo in Mercatore.
Immaginiamo di avvolgere a cilindro un cartoncino intorno a un pallone da basket che
raffiguri la Terra, e di proiettare sul cartoncino tutti i punti del reticolo geografico lasciando inalterati
gli angoli retti che le linee formano tra di loro. Mercatore aveva posizionato il cartoncino in
verticale, avvolgendolo intorno allequatore (fig. 7a); modernamente invece lo si considera in modo
trasverso, cio in orizzontale, tangente a un meridiano (fig. 7b). Per questo tale proiezione viene
detta proiezione Universale Trasversa di Mercatore (U.T.M.).

figura 7a
Proiezione diretta di Mercatore

figura 7b
Proiezione trasversa di Mercatore

Il risultato sar assolutamente corrispondente alla realt nel punto in cui il cartoncino tocca il
pallone (la striscia verticale punteggiata, che chiameremo fuso), ma sempre pi deformato man
mano che ci si allontana verso Est e verso Ovest (fig. 8).

figura 8
Proiezione U.T.M.

Lesempio risulta ancora pi chiaro se al pallone-Terra sostituiamo un volto umano (fig. 9):
ecco come apparirebbe su una carta geografica secondo loriginaria proiezione di Mercatore, non
trasversa ma diretta (fig. 10): in questo caso sono le porzioni pi a N e pi a S (cranio e mento) ad
essere decisamente deformate.

figura 9

figura 10

Ecco infine la proiezione U.T.M. della Terra. Si pu vedere che nel meridiano di tangenza
(quello di Greenwich, al centro della carta) la riproduzione molto fedele alla realt. Per, man
mano che ci si sposta a E o a O (non pi a N e S perch qui usiamo la proiezione trasversa, non
quella diretta come nelle figg. 9-10), la deformazione diviene sempre pi intollerabile: si osservino
ad esempio le Americhe, del tutto irriconoscibili.

figura 11
Proiezione U.T.M.
della Terra

Quale pu essere la soluzione? La risposta sembra molto semplice, anche se ci vollero molti
anni prima che venisse formulata: se la proiezione fedele solo nel fuso centrale della carta,
usiamo solo un fuso per volta. Il procedimento questo: si divide convenzionalmente la superficie
Terra in 60 fusi, ciascuno dellampiezza di 6 (ampiezza molto piccola che consente di non avere
deformazioni percepibili nella relativa proiezione; v. fig. 12). Si posiziona quellideale cartoncino
cilindrico illustrato nella fig. 7b in modo che sia tangente al centro di un fuso (ipotizziamo il fuso 1)
e si traccia la proiezione solo della superficie contenuta in quel fuso: la proiezione di questa piccola
striscia sar assolutamente fedele. Poi (v. fig. 13) si gira leggermente il cartoncino, in modo che
esso diventi tangente al centro del fuso 2, e si traccia la fedele proiezione di questo nuovo fuso; e
cos via, fino ad avere la proiezione di tutti e 60 i fusi che abbracciano i 360 della circonferenza
terrestre. Questo sistema fu ideato dal geografo tedesco Karl Friedrich Gauss nel 1821, per una
carta dellHannover, e lievemente modificato dallitaliano Giovanni Boaga nel 1947.

figura 12

figura 13

Ai fusi sono state aggiunte le fasce, che suddividono la superficie terrestre in orizzontale: ne
abbiamo 10 a N dellequatore e 10 a S, ciascuna contraddistinta da una lettera dellalfabeto (fig.
12). Le calotte polari non sono interessate dal sistema dei fusi e delle fasce ma seguono un altro
criterio di proiezione pi adatto per esse.
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Dallintersezione di fusi e fasce si possono individuare le zone, denominate con il numero del
fuso e la lettera della fascia (fig. 14).

figura 14

figura 15

Ecco dunque nella fig. 15 la rappresentazione dellItalia, che si estende prevalentemente tra i
fusi 32 e 33 e le fasce S e T; solo la penisola salentina sporge per pochi chilometri nel fuso 34. La
parte dellAppennino centrale pi frequentata dai soci del Cai di Roma giace nella zona 33T.
La cartografia di tutto il territorio nazionale italiano prodotta e gestita dallIstituto Geografico
Militare (I.G.M.); su di essa si basano tutte le altre carte topografiche stampate a fini commerciali
da altri editori (Tabacco, S.E.L.C.A., il Lupo ecc.).

figura 16

Come mostra la fig. 16, la vecchia serie delle carte I.G.M., avviata fin dagli anni successivi
allunit dItalia, divisa in 285 fogli alla scala di 1:100.000 (ovvero 1 cm sulla carta corrisponde a
100.000 cm nella realt, cio a 1 km). Ciascun foglio a sua volta spartito in quattro quadranti,
indicati con numeri romani in senso orario partendo dal quadrante in alto a destra; i quadranti sono
stati stampati delle stesse dimensioni dei fogli, ingrandendone dunque il contenuto fino alla scala
di 1:50.000. A loro volta i quadranti sono stati divisi ciascuno in quattro tavolette, indicate con il
punto cardinale in cui si situano allinterno del quadrante (NE, SE, SO, NO) e la localit pi
rilevante contenuta in essa; le tavolette sono state stampate delle stesse dimensioni dei quadranti,
in modo da farle ancora pi particolareggiate, con una scala di 1:25.000. Questa la scala ideale
per lescursionismo, perch un centimetro sulla carta corrisponde a soli 250 m nella realt: cos
possibile disegnare sulla carta una grande quantit di dettagli del territorio. In conclusione, per
indicare una particolare tavoletta I.G.M. bisogna indicare il foglio in numeri arabi, il quadrante in
numeri romani e la tavoletta con il suo orientamento e il titolo: ad esempio, F. 12 II SE Cortina
dAmpezzo. Le tavolette 1:25.000 sono state realizzate tra il 1946 e il 1965.
Recentemente lI.G.M. ha avviato la redazione di una nuova serie di carte, dato che in molti
casi quelle vecchie non corrispondono pi alla realt: in pi di mezzo secolo nuove strade sono
state aperte, nuovi insediamenti umani hanno modificato il territorio, vecchi sentieri sono caduti in
disuso e scomparsi, i confini di boschi e vegetazione si sono alterati e cos via. La nuova serie, a
sei colori e ancora non completata, sar divisa in 652 fogli in scala 1:50.000, a loro volta ripartiti
ciascuno in quattro sezioni in scala 1:25.000 (fig. 16).
Dopo tutte queste spiegazioni pu sorgere una domanda: ma perch necessario compilare
carte geografiche? Oggi che c la possibilit di avere fotografie particolareggiate da aerei o
satelliti, non sarebbe pi pratico servirsi di quelle?
La risposta no, perch anche le aerofotografie devono misurarsi con il problema di fondo
della cartografia: rappresentare su una superficie piana qualcosa che piano non . Si osservi la fig.
17a, che mostra la fotografia aerea del Corno Grande.

figura 17a
Vetta Occidentale
del Corno Grande

figura 17b

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Si possono chiaramente notare tre grandi e insormontabili difetti di questo tipo di immagine. Il
primo la deformazione prospettica: ci che pi lontano dallobiettivo del fotografo risulta pi
piccolo di ci che gli pi vicino, come avviene in qualunque fotografia (immaginiamo per un
attimo a quanto risulterebbe pi grande lala dellaereo rispetto al massiccio del Gran Sasso se
essa venisse inquadrata nella foto...). Il secondo elemento di disturbo costituito dallombra delle
montagne, degli alberi o di qualsiasi costruzione umana: si veda nella fig. 17a come lombra del
Corno Grande renda illeggibile gran parte del ghiacciaio del Calderone. Anche lombra non si pu
eliminare, perch di giorno sempre presente a tutte le latitudini, tranne che a mezzogiorno
sullequatore2. Il terzo problema costituito dal fatto che da una foto non si pu evincere con
chiarezza landamento altimetrico, ovvero a che quota precisa di altitudine sono i vari punti del
terreno; si veda quanta maggior chiarezza e abbondanza di informazioni fornisca la carta I.G.M.
1:25.000 riprodotta nella fig. 17b.
Le aerofotografie, dunque, agevolano molto il lavoro del cartografo ma non possono
sostituirlo del tutto.
Per posizionare sulle carte con assoluta precisione ci che c nella realt bisogna ricorrere
alla geodesia (v. fig. 18). Si deve partire dalla cosiddetta base geodetica: la linea che unisce due
punti di cui sappiamo con assoluta certezza sia lubicazione che la distanza tra di loro, misurata
con aste rigide o nastri flessibili (punti B e G della fig. 18a). Con laiuto della geometria e in
particolare della trigonometria si pu sapere con precisione la posizione del punto A, purch esso
sia visibile sia da B che da G. Infatti esiste un teorema secondo cui i lati di un triangolo sono
proporzionali ai seni degli angoli opposti; poich noi conosciamo lampiezza di tutti e tre gli angoli
(di quelli in B e in G perch ci stiamo sopra; quello in A possiamo calcolarlo perch la somma
totale degli angoli di un triangolo sempre 180), possiamo arrivare con facilit a stabilire la
lunghezza dei lati del triangolo. Con questo metodo, che si chiama triangolazione, possiamo
posizionare nello spazio anche il punto A, che verr detto punto trigonometrico. Ecco il significato
di quei bolli in metallo che spesso vediamo sulle cime dei monti (fig. 18b), talvolta non proprio sul
punto pi alto ma su un punto visibile dalla valle: essi individuano i punti trigonometrici, che anche
sulla carta sono segnati con il simbolo di un triangolo con un punto al centro.
E cos, partendo da sole otto basi geodetiche (una in Lombardia, una nel Friuli-Venezia
Giulia, una in Toscana, due in Puglia, una in Calabria, una in Sicilia e una in Sardegna), stato
possibile misurare tutto il territorio italiano di triangolo in triangolo: perch ogni lato del primo
triangolo tracciato, una volta conosciuto con precisione, pu essere usato come base per un

Questo sarebbe lunico caso in cui il sole, trovandosi allo zenit cio sulla verticale perfetta, non causa
alcuna ombra sulla superficie terrestre. Ma se laereo del fotografo, per evitare un effetto prospettico, si
posiziona anche lui allo zenit, proietter inevitabilmente la propria ombra sul terreno; in conclusione, non si
pu realizzare alcuna foto aerea della Terra senza ombre.

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triangolo successivo (fig. 18c). La compilazione di questa rete geodetica inizi con lunit dItalia e
fu terminata nel 1919.
figura 18c

figura 18a

figura 18b

Il problema dei tre Polo Nord


Prima di passare alla trattazione di come fatta e di come si legge una carta topografica,
bisogna affrontare un ultimo problema: cos il Polo Nord, punto fondamentale per lorientamento?
Non stupisca laffermazione che, di fatto, ci sono tre Poli Nord.

figura 19

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Il primo il Polo Nord geografico: quel punto della Terra che sta allestremit superiore
dellasse di rotazione terrestre, e verso cui convergono convenzionalmente tutti i meridiani. Il
secondo il Polo Nord magnetico, quello verso cui punta lago della bussola. La posizione del Polo
Nord magnetico non coincide quella del Nord geografico, perch determinata dal campo
magnetico terrestre e non dalla rotazione del pianeta. Per di pi non fissa, ma fluttua nel tempo:
attualmente a circa 1600 km dal Polo Nord geografico, langolo che si forma tra i due poli detto
declinazione magnetica (fig. 19).
Infine, il terzo Polo Nord quello cartografico, cio quello indicato dalle linee del reticolato
inserito nelle carte topografiche. Si guardi di nuovo la fig. 12: il fuso ha una forma, appunto,
affusolata, in cui tutte le infinite linee verticali che lo compongono convergono verso un unico
punto: il Polo Nord geografico. Si guardi invece la fig. 17b: il reticolato cartografico ha tutti angoli
retti, e le linee verticali sono tutte parallele tra di loro. Volendo essere estremamente precisi
bisognerebbe dire che esse puntano ciascuna verso un suo proprio Nord: una sola di esse, quella
sul lato della carta, punta verso il vero Nord geografico.
Allatto pratico, per, la differenza tra il Nord geografico e quello cartografico davvero
infinitesimale, e quindi trascurabile. Anche quella tra Nord geografico e Nord magnetico, per chi sta
in Italia, del tutto irrilevante, perch dellordine di circa 2: gli errori che possiamo commettere
nellorientamento con la bussola durante unescursione sono di gran lunga pi consistenti (diverso
sarebbe il caso se dovessimo colpire con precisione chirurgica un bersaglio molto lontano: ma
per fortuna non il nostro caso...). Comunque, a lato delle carte I.G.M., nate per scopi militari,
indicato sia langolo tra il Nord geografico e quello magnetico (denominato ) che quello tra il Nord
geografico e quello della quadrettatura della carta (denominato ; fig. 20).

figura 20

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Varie tipologie di carte


Esistono in commercio varie tipologie di carte topografiche, che differiscono per il tipo di
informazioni che danno e quindi per la loro destinazione. Intanto, escludiamo dalla nostra
panoramica le carte in scala molto piccola, come le carte geografiche (da 1:1.000.000 in su:
servono a raffigurare Stati o continenti: ad esempio le carte politiche) e le carte corografiche (da
1:150.000 a 1:1.000.000: ad esempio le carte stradali), perch quasi inutili ai fini escursionistici.
Anche le piante e mappe, che hanno una scala maggiore di 1.10.000, ci servono a poco, perch
generalmente limitate a piccole porzioni di terreno o solo ai centri abitati (ad esempio il Tuttocitt).
Quelle che servono agli escursionisti sono le carte topografiche, la cui scala va da 1:10.000 a
1:150.000; la nostra preferenza, come detto sopra, sar per quelle che utilizzano la scala di
1:25.000.
Ecco la pi tipica di queste carte, quella prodotta dallI.G.M., messa a confronto con la carta
stampata dalleditore S.E.L.C.A. di Firenze per il Club Alpino Italiano (figg. 21a e b)

figura 21a

figura 21b

La carta CAI si basa sui dati I.G.M., ma vi inserisce elementi utili allescursionista: i sentieri
sono evidenziati in rosso e ne indicata la numerazione, i rifugi vengono segnalati con un apposito
disegno su fondo giallo e i colori pi vivaci dellintera carta contribuiscono alla sua chiarezza.
Per mostrare una tipologia di carta differente, osserviamo una carta geologica dellEtna
messa a confronto con una carta topografica 1:50.000 della stessa zona (figg. 22a e b): i colori
della carta geologica, come risulta da apposita legenda qui non riprodotta, non stanno a
rappresentare unanaloga colorazione nella realt, ma connotano le successive colate di lava di
epoche diverse.

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figura 22a

figura 22b

Lettura della carta topografica


Ovviamente, una delle sfide pi difficili della proiezione su un piano di qualcosa che piano
non consiste proprio nella raffigurazione dellaltimetria: cio far capire con immediatezza al
lettore se e dove il terreno sale o scende.
Gi Leonardo da Vinci us una tecnica di ombreggiatura per rendere il rilievo dei monti, in
una carta del percorso del fiume Arno da Firenze a Pisa, in Toscana, del 1503 ca. (fig. 23).

figura 23

Anche oggi si usa ombreggiare valli e monti, come se la luce provenisse da NO (attenzione:
questa una convenzione cartografica, originata forse dal fatto che sul tavolo del cartografo la
luce proviene generalmente dal lato sinistro in alto. Non bisogna dunque basarsi sulla carta per
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sapere se il pendio che dovremo attraversare sar assolato o no, perch nella realt la luce del
sole non potr mai provenire da Nord-Ovest!).
Ma accanto a questo effetto pittorico si usano segni molto pi precisi, detti curve di livello o
isoipse: ogni 25 m di dislivello (nelle carte 1:25.000) si congiungono con una linea sottile tutti i
punti che hanno la stessa altitudine, creando una serie di linee curve ciascuna delle quali giace
sempre allo stesso livello. un po come se tagliassimo la terra a fettine dello stesso spessore e le
disponessimo una sopra laltra. Prendiamo ad esempio un monte con due elevazioni separate da
una sella (fig. 24a) e lo tagliamo a fettine di 25 m di altitudine ciascuna (fig. 24b).

figura 24a

cima A

cima B
sella

figura 24b

Poi rimettiamo queste fettine una sullaltra, a strati sovrapposti (fig. 25a). Per, guardando
solo questa figura, in assenza di ombreggiature, non sappiamo se gli scalini tra uno strato e laltro
sono crescenti o decrescenti: in linea teorica potrebbero anche essere scalini digradanti verso due
depressioni vicine. Si rende allora necessario inserire in qualche punto significativo la quota
altimetrica (fig. 25b). In questo modo appare chiaro che i bordi esterni giacciono al livello del mare
(0 m) e che man mano si sale verso le due piccole cime separate da una sella (notare anche il
segno di punto trigonometrico sulla cima di 143 m). Le isoipse corrispondenti alle centinaia di metri
vengono marcate con un tratto pi grosso (vengono definite curve direttrici).

cima A
sella
figure 25a e b

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cima B

Ecco alcune esemplificazioni di come vengono resi i principali profili altimetrici con il sistema
delle curve di livello.

figure 26a e b

figure 27a e b

figure 28a e b

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figure 29a, b, c, d

Come si pu osservare nei quattro esempi della fig. 29, pi le curve di livello sono ravvicinate
pi vuol dire che si sale velocemente da uno scalino allaltro: ci sta a indicare che il pendio
piuttosto ripido. Il contrario accade se le curve sono piuttosto distanti tra loro. Si tratta, in fondo,
della differenza tra quegli antichi, lunghissimi scaloni adatti ad essere percorsi anche da persone a
cavallo (si pensi alla scalinata del Campidoglio, a Roma) e le scalette ripidissime delle vecchie
case di paese o dei campanili, in cui si sale di molti metri in poco spazio lineare.
chiaro che in tal modo la distanza effettivamente percorsa non corrisponde a quella lineare
o planimetrica, cio a quella segnata sulla carta: a parit di metri percorsi, pi il pendio ripido
meno spazio occupa sulla carta. Lo si pu vedere chiaramente nella fig. 30:

figura 30

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se percorro il tratto A-B di 141 m e contemporaneamente salgo di 100 m di dislivello, sulla carta,
che riporta tutto su un piano, il tratto sembrerebbe di soli 100 m. Quindi il calcolo della lunghezza
dei percorsi escursionistici, che si pu fare facendo scorrere sulla carta lapposito strumento a
rotellina o usando semplicemente un pezzetto di filo o spago, va rettificato tenendo conto anche
del dislivello percorso (anche a occhio, senza bisogno di utilizzare per ogni salita il teorema di
Pitagora...). Daltronde, per calcolare leffettivo impegno fisico di unescursione molto pi
significativo conoscerne il dislivello che la lunghezza chilometrica.
Se, come nella fig. 30, la distanza planimetrica (cio quella segnata sulla carta) di 100 m e
contemporaneamente il dislivello di altri 100 m, si dice che la pendenza del 100%; se la salita
pi graduale questo numero scender in proporzione, e viceversa. Come si vede nella parte
inferiore della stessa fig. 30, possiamo usare due diverse scale per valutare la pendenza: quella
pi usata per la circolazione veicolare percentile (pensiamo ai cartelli stradali che avvisano, nelle
salite ripide per le auto, che affronteremo una pendenza del 10%, fig. 31),

figura 31

mentre in escursionismo e soprattutto alpinismo e scialpinismo si preferisce calcolare la pendenza


in gradi: una pendenza del 100% corrisponde a un angolo di 45 e cos via.
Sapere la pendenza di un pendio assolutamente indispensabile quando si affronta
lambiente innevato, perch tra i 27 e i 45 c il massimo pericolo di valanghe. Un metodo
empirico ma efficace per calcolare velocemente una pendenza illustrato nella fig. 32:

figura 32

se incrociando ad angolo retto due bastoncini della stessa lunghezza si arriva a toccare il pendio
da entrambe le parti vuol dire che esso giace a 45. Se questo accade quando il bastoncino

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orizzontale si incrocia con laltro esattamente alla sua met (da segnare sul bastoncino con nastro
adesivo o altro metodo), il pendio a 27. Ogni inclinazione intermedia da considerare a rischio.
Il calcolo del profilo altimetrico pu essere utile anche per sapere se da un certo punto (ad
esempio un sentiero o un paese) ne visibile un altro (ad esempio una vetta) o se elevazioni
intermedie ne impediscono la visuale. La fig. 33 mostra come bisognerebbe fare per realizzare un
lavoro di precisione: se io sono in A e voglio sapere se posso vedere B traccio una linea retta tra i
due punti; riportando su un foglio appoggiato sopra la carta quali isoipse si attraversano nel tratto
AB (linee verticali). Le traccio sul foglio anche in orizzontale, e unendo i punti dincontro fra linee
verticali e orizzontali posso delineare il profilo altimetrico del segmento in esame. Cos mi render
conto che da A non potr mai vedere B perch in mezzo c unelevazione che me lo nasconde.

figura 33

Naturalmente, sar ben difficile che sia davvero necessario effettuare unoperazione cos
complicata: non siamo certo geodeti... Con un po di esercizio, ci si abitua a fare un rapido calcolo
a occhio.
Un altro elemento molto importante delle carte la simbologia usata. Una delle differenze
fondamentali con le aerofotografie proprio il fatto che le carte sono una rappresentazione
simbolica della realt: ed proprio questo a renderle cos chiare. Facciamo qualche esempio.
Finch un sentiero corre lungo un prato esso chiaramente visibile dai rilevamenti
fotografici. Ma basta che esso entri nel bosco per scomparire del tutto dalla nostra vista; la carta
invece, con il suo apposito simbolo di linea pi o meno tratteggiata (v. fig. 34), pu continuare a
seguirlo anche nel fitto della vegetazione. Ci sono poi altre cose che sfuggono alle fotografie: ad
esempio, un piccolo rifugio che si mimetizza in una pietraia, o ancor di pi una sorgente, tanto
impercettibile quanto preziosa. Ecco che allora, convenzionalmente, tutti i manufatti umani sono

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indicati con simboli di dimensioni ben maggiori del reale e le sorgenti con la figura stilizzata di una
gocciolina azzurra e la lettera P se si tratta di una sorgente perenne.

figura 34

Un altro simbolo assai importante quello che indica di quali essenze arboree costituito un
bosco (fig. 35).

figura 35

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Questo non serve solo per sapere se aspettarci la luminosit della faggeta o la cupezza della
lecceta, ma anche per ragioni di sicurezza: i larici ad esempio, a foglia caduca bench conifere,
creano in autunno un tappeto di aghi che pu diventare un pericoloso letto di scorrimento per una
valanga, come lerba non falciata.

Orientamento
A questo punto dovremmo saper leggere una carta. Questa la cosa pi importante per
lorientamento. Se a casa, prima dellescursione, riusciamo a osservare con calma tutte le
particolarit dellitinerario che vogliamo percorrere, possiamo sapere in anticipo tutto ci che ci
aspetta: non solo le bellezze da osservare, ma tutto ci che ci pu essere utile per orientarci senza
difficolt, come ad esempio punti di riferimento significativi, entrate e uscite dal bosco, cambio di
versante, incroci con sentieri che possono trarci in inganno e cos via allinfinito. Si pu dire
scherzando che, come nella chiromanzia, leggere le carte predice il futuro...

figura 36

Ipotizziamo di voler fare il giro del monte Godi, nel Parco Nazionale dAbruzzo, da passo
Godi (v. fig. 37). Dobbiamo lasciare la strada asfaltata, segnata in giallo, allaltezza del segno di Y
sulla carta (v. anche la freccia sulla fig. 38), e l imboccare il sentiero Y1.

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figura 37

Sulla carta tutto chiaro, ma nella realt dellampio pianoro si pone il primo problema: per
dirla con Tot, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare?

figura 38

punto Y della
carta
(partenza del
sentiero)

Tutti noi abbiamo dovuto affrontare qualche volta il problema dellorientamento, o in prima
persona o per spiegarlo agli altri. Ipotizziamo che un amico ci chieda come si fa, a Roma, ad
andare da piazza Venezia al Colosseo. Il primo passo da fare trovare un punto di riferimento
chiaro, univoco, che non dia adito a dubbi: Hai presente a piazza Venezia lAltare della Patria?
Quel grosso (e brutto...) monumento tutto bianco con la tomba del Milite Ignoto? S?. Poi, rispetto
a quel punto di riferimento gli indichiamo la direzione da seguire: Ecco, mettiti davanti allAltare
della Patria, in modo che tu ce labbia di fronte, e prendi la grossa strada che parte proprio a
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sinistra del monumento, via dei Fori Imperiali. In fondo troverai il Colosseo. Volendo essere
ancora pi precisi, dato che a sinistra pu essere un po vago, potremmo aggiungere: Se la
piazza fosse un orologio e il bianco Altare fosse situato alle ore 12, tu devi andare nella direzione
delle ore 11.
Quali elementi abbiamo dato dunque allamico? Un punto di riferimento chiaro e, rispetto a
quello, in che direzione deve muoversi. Pi precisa lindicazione della direzione pi si riduce il
margine di errore possibile.
Nellorientamento in montagna quale sar il punto di riferimento pi univoco e preciso
possibile? Il Nord, indicatoci sia dalla bussola che dalla carta (ricordiamo che si stabilito che la
differenza fra i tre Nord in pratica irrilevante). Per trovare la nostra destinazione con assoluta
precisione non ci accontenteremo di dire a sinistra, e nemmeno a ore 11, ma dovremo trovare il
valore in gradi dellangolo tra il Nord e la nostra direzione; questo angolo si chiama azimut3.
Ritorniamo a passo Godi e consultiamo la carta, per capire quale sar lazimut che dovremo
seguire.

figura 38

Come abbiamo detto sopra, le linee verticali del reticolato geografico puntano tutte
convenzionalmente verso il Nord: nella fig. 38 ne abbiamo evidenziato la direzione con la freccia
rossa. Il sentiero da prendere parte inizialmente con la direzione sottolineata con la freccia verde,
proprio in modo simile a come via dei Fori Imperiali si situa in rapporto allAltare della Patria. Per
calcolare langolo, ci serviremo della bussola come di un goniometro.

Questo termine, come molti altri molto usati in matematica e astronomia quali zenit o nadir, di origine araba. Le
nostre radici culturali, in campo filosofico-scientifico, provengono in gran parte dal mondo arabo: basti pensare al
concetto di zero, ideato dagli arabi e sconosciuto alla grande civilt greco-romana.

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direzione del Nord

N della ghiera, da
ruotare verso Nord

lato lungo della bussola, da


allineare con la direzione del
sentiero
linee rosse della capsula, da
allineare con le linee verticali
dalla carta

figura 39

Appoggiamo la bussola sulla carta in modo che uno dei suoi lati lunghi si posizioni
esattamente nella direzione del sentiero (fig. 39, freccia verde); poi ruotiamo la ghiera nera in
modo che la lettera N, che indica il Nord, punti verso lalto, cio verso il Nord della carta. In questa
operazione ci aiuteranno le sottili righe rosse del quadrante della bussola: attraverso la plastica
trasparente possiamo controllare se esse sono parallele alle linee verticali del reticolato della carta.
A questo punto abbiamo trovato qual langolo tra il Nord e la direzione da prendere: ce lo
segnala, sul bordo nero della ghiera, la direzione della freccia rossa dipinta sulla placchetta della
bussola (cerchiata in azzurro nella fig. 39): in questo caso, langolo di 308, cio pi o meno
Nord-Ovest. Allatto pratico, non necessario sapere e memorizzare il numero preciso dei gradi:
se non ruotiamo pi la ghiera della bussola esso rimarr fissato sulla bussola stessa. In questa
prima fase non cimporta dove sia nella realt vera il Nord: noi stiamo nella realt virtuale della
carta, e dobbiamo solo calcolare langolo tra il Nord sulla carta e il sentiero sulla carta. Quindi, per
ora trascureremo del tutto la direzione indicata dallago magnetico della bussola.
Giunge per il momento di passare alla seconda fase. Una volta conosciuto lazimut sulla
realt virtuale della carta, dobbiamo riportarlo nella realt vera: necessario cio trovare lazimut
tra il vero Nord e il vero sentiero. Senza assolutamente ruotare la ghiera della bussola, in modo
da non perdere lazimut trovato, ruotiamo tutta la bussola finch la punta rossa dellago magnetico
che indica il vero Nord non si vada a sovrapporre alla lettera N della ghiera, e quindi il Nord
vero coincida con quello virtuale (fig. 40).
direzione da prendere, indicata dalla freccia rossa
sulla placchetta della bussola
lago magnetico coincide con la N nera della ghiera

lazimut rimasto invariato

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figura 40

A questo punto, la freccia rossa sulla placchetta della bussola ci indicher la vera direzione
da prendere.
Tutto ci, spiegato a parole, sembra unoperazione un po difficile; con pochissimo esercizio
ci si rende conto invece della sua estrema semplicit e facilit. In fondo, si tratta solo di trovare
lazimut sulla carta e di riportarlo nella realt...
Ed ecco quindi cosa succede a passo Godi (fig. 41), sia pure visto da una prospettiva
lontana: la freccia rossa indica dove il Nord reale, la freccia verde la direzione che prenderemo.

figura 41

punto di partenza, dove ci


troviamo a fare lazimut

possibile fare anche loperazione inversa. Stiamo sul sentiero, vediamo di fronte a noi la
vetta di un monte (fig. 42) e vogliamo sapere che monte .

figura 42

Questa volta prendiamo lazimut nella realt vera: puntiamo con la freccina rossa della
placchetta della bussola la vetta del monte (freccia verde nella fig. 42) e ruotiamo la ghiera finch
la lettera nera N non coincida con lago magnetico. In tal modo abbiamo trovato langolo tra
loggetto che vogliamo conoscere e il vero Nord. Poi prendiamo la carta, e appoggiamo su di essa
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la bussola, sempre senza pi ruotare la ghiera. Posizioniamo il lato lungo della bussola nel punto
dove sappiamo di stare e facendo perno su quello ruotiamo tutta la bussola, senza modificare
lazimut, in modo che la N nera punti verso lalto e le righine rosse del quadrante siano parallele
alle linee verticali della quadrettatura della carta. A questo punto il lato lungo della bussola punter
verso la direzione del monte, che possiamo identificare facilmente con la Serra Capra Morta.

figura 43

Nord della
carta e N nera
della bussola
coincidono

Serra Capra
Morta

Questa operazione non solo utile per appagare la nostra curiosit, ma anche per avere
conferme continue, passo dopo passo, della nostra posizione.
importantissimo sapere sempre dove ci troviamo: se aspettiamo a consultare la carta nel
momento in cui temiamo di esserci persi, potremmo non raccapezzarci pi.
Cos lungo lescursione cercheremo sempre di ritrovare nella realt quei particolari del
terreno che la carta ci suggerisce, e viceversa:
impluvio

figure 44a, b e c

entrata nel bosco

un impluvio sassoso, il passaggio del sentiero in un lembo di faggeta (fig. 44a, b e c), e cos via.
Per far ci non c bisogno di usare bussola e altimetro, ma solo losservazione del territorio e la
nostra capacit di lettura della carta.

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Ogni tanto, per, opportuno avere conferme dagli indispensabili strumenti che ci siamo
portati appresso: bussola e altimetro. Loperazione di stabilire con esattezza in quale punto preciso
ci troviamo si chiama fare il punto.
I manuali prescrivono di farlo nel seguente modo: poich un punto lintersezione tra due
rette, se stabiliamo due rette di cui sappiamo con sicurezza la direzione noi staremo allincrocio di
tali rette (triangolazione classica). Con un esempio tutto pi chiaro (fig. 45).

figura 45

Ci troviamo nella zona cerchiata in azzurro, ma non sappiamo con precisione dove: se
sbagliamo direzione potremmo non raggiungere pi la strada sterrata in basso a destra. Vediamo
per nettamente due cime. Facciamo lazimut di quella pi a Ovest (quota 1816 m), calcolando
langolo tra il Nord (freccia rossa) e la direzione della vetta: per vederla sotto quella precisa
angolazione ci troveremo necessariamente lungo la freccia verde di sinistra. Ma a quale distanza
dalla vetta? Se facciamo lazimut anche della vetta pi a Est (quota 1803 m, freccia verde di
destra), non potremo che trovarci nel punto di intersezione delle due frecce.
Nella pratica escursionistica, per, non sempre necessario ricorrere a questo sistema
azimut + azimut, che tra laltro presuppone una buona visibilit atmosferica e almeno due punti di
riferimento identificabili con sicurezza.
Possiamo sostituire uno dei due azimut con qualcosa di pi facile osservazione, in modo da
accelerare loperazione.
Infatti, se sappiamo a quale quota ci troviamo, attraverso lindispensabile aiuto dellaltimetro,
possiamo fare a meno di calcolare il secondo azimut: se laltimetro ci dice che siamo a quota 1550
m noi ci troveremo nel punto di intersezione tra la linea determinata dallazimut della prima cima
(freccia verde di sinistra) e la curva di livello dei 1550 m, ovvero nello stesso punto calcolato in
precedenza (metodo azimut + curva di livello).

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figura 46

La curva di livello pu essere sostituita da una linea ancora pi semplice: il sentiero (fig. 46).
Se (se!) siamo certi di trovarci lungo un determinato sentiero, ma non sappiamo esattamente in
quale punto, basta trovare lintersezione tra lazimut di un punto di riferimento chiaro (la solita cima
della figura precedente) e il sentiero. In questo caso laltimetro non avrebbe potuto esserci di aiuto,
perch la sterrata che stiamo percorrendo (lo si vede dalla carta) lungamente pianeggiante.
Pu darsi il caso, per, in cui sia impossibile ricorrere allazimut di qualcosa situato lontano
da noi, perch c poca visibilit, o siamo in un bosco fitto. Come fare? Possono essere le stesse
curve del sentiero a offrirci le due linee necessarie alla triangolazione (fig. 47).

figura 47

Se ci troviamo in una curva del sentiero e calcoliamo langolo formato dalla curva, attraverso
la misurazione dellazimut del tratto precedente e di quello seguente, possiamo ritrovare facilmente
la nostra posizione sulla carta: sar ben difficile, infatti, che uno stesso sentiero abbia due curve
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esattamente con la stessa angolazione! Questo pu accadere pi che altro in una serie di tornanti;
ma in questo caso sar laltimetro a risolvere gli eventuali dubbi. Questa tecnica si chiama doppio
azimut convergente. In un sentiero nel bosco conviene trovare conferma della nostra posizione
controllando il nuovo azimut ad ogni cambio di direzione del sentiero.
Un ulteriore metodo ancora pi semplice, e pu fare a meno della bussola (fig. 48):

figura 48

sempre nel caso in cui siamo sicuri di stare su un determinato sentiero, basta consultare
laltimetro: lintersezione tra la linea del sentiero e la curva di livello a cui siamo ci indicher la
nostra posizione.
Tutti questi metodi vanno usati con grande frequenza, scegliendo di volta in volta quello pi
opportuno, in modo da sapere sempre dove siamo.
Esiste anche un ultimo metodo, da usare prevalentemente in quei casi dove non esiste un
sentiero visibile, come in ambiente innevato: la tangente alla curva di livello (fig. 49).
Questo metodo si pu realizzare in due modi. In entrambi, la prima linea di riferimento la
curva di livello, da rilevare come al solito mediante laltimetro. Poi facciamo avanzare un
compagno, sempre lungo la stessa curva di livello, in modo da calcolare lazimut della sua
direzione, come se ci trovassimo in un percorso in linea retta. Questa linea, sulla carta, risulta
tangente alla curva di livello in un punto solo, che il punto in cui ci troviamo (v. riquadro in alto
della fig. 49). Forse pi semplice il secondo metodo: stabilita la curva di livello su cui ci troviamo,
calcoliamo la direzione della massima pendenza del pendio. Anche questa una linea che sulla
carta ha molte probabilit di trovarsi in un punto solo (v. anche foto grande nella fig. 49)4.

Talvolta si usa anche il metodo di orientare la carta: si ruota tutta la carta in modo che le linee verticali del suo
reticolato siano parallele allago magnetico della bussola: a questo punto realt vera e virtuale coincidono. Questo
metodo non troppo raccomandabile, innanzitutto perch spesso obbliga a capovolgere la carta, creando difficolt di
lettura, e poi perch, evitando la misurazione dellazimut, pu spingere a uneccessiva approssimazione. Pu essere utile

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figura 49

A questo punto dovremmo essere capaci a fare il punto con grande tranquillit e celerit, in
modo da realizzare quanto si diceva sopra: sapere sempre dove siamo, senza aspettare di trovarsi
nei guai!
Per sempre possibile che i guai trovino noi; nel qual caso meglio essere preparati anche
a fronteggiare situazioni difficili. Ad esempio, potremmo trovarci col buio o con la nebbia a dover
trovare con precisione un determinato punto: nel caso della fig. 50, un ponticello su un torrente.

figura 50

Se calcoliamo il suo azimut da dove ci troviamo, linvolontaria imprecisione insita sempre


nelle azioni umane potrebbe non farci giungere esattamente a bersaglio; in questo caso, dove
andare? Il ponte sar a destra o a sinistra? Non possiamo saperlo, e ci toccher andare a tentativi

invece quando, arrivati in un punto panoramico, si vogliano riconoscere velocemente le cime circostanti senza effettuare
tanti calcoli.

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che potrebbero farci perdere un bel po di tempo. Conviene invece introdurre un errore volontario:
prendiamo deliberatamente un azimut pi a sinistra (nel caso illustrato dalla fig. 50) del punto da
raggiungere. Una volta arrivati al torrente, baster seguirlo per un breve tratto verso destra per
ritrovare il ponticello che ci permetter di giungere al paese. Naturalmente, per seguire questa
teoria dellerrore volontario, necessaria una linea chiara e definita che ci guidi dallerrore al
bersaglio giusto: un torrente, una linea di cresta, il margine di un bosco, un altro sentiero e cos
via.
Per a volte pu risultare difficile seguire un azimut preciso, se non c il riferimento di un
sentiero e non c visibilit. Il metodo classico consiste nel mandare avanti due compagni, in modo
che quello centrale copra sempre la visuale di quello davanti: si ha cos la certezza di procedere in
linea retta. Bisogna naturalmente correggere la loro marcia, se necessario, consultando in
continuazione la bussola tenuta in orizzontale davanti a noi (fig. 51).

figura 51

Un altro metodo, se si ha un numeroso gruppo da condurre, pu essere quello illustrato dalla


fig. 52.

figura 52

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Si manda avanti un compagno, fino al limite della visibilit; quando questi si ferma, si riallinea
con gesti prestabiliti la sua posizione sul giusto azimut nel caso in cui vi si fosse discostato. A
questo punto tutto il gruppo pu raggiungerlo e si riavvia di nuovo loperazione per il tratto
successivo. Ad andare avanti pu essere anche laccompagnatore del gruppo, che in questo caso
si riallinea da s calcolando lazimut inverso rispetto al gruppo (cio langolo rispetto al Sud e non
pi al Nord).
Per accelerare ulteriormente loperazione e non lasciare il gruppo fermo troppo a lungo (pu
esservi freddo, notte, nebbia, e con linattivit cresce la paura...), nel primo tratto laccompagnatore
si avvia prendendo con s quasi tutti i membri del gruppo. Una volta terminato il primo tratto e
riallineatosi con quelli che aspettano, lascia una persona a fare da palo, chiede a quelli rimasti
fermi alla partenza di raggiungere il palo e riparte subito con il resto del gruppo. Giunto al nuovo
limite di visibilit, laccompagnatore ferma il gruppo e si riallinea con il palo. Lascia a tenere la
nuova posizione un secondo palo e invita il primo palo e i suoi compagni a raggiungerlo, mentre
egli con il resto del gruppo continua per il terzo tratto e cos via. In tal modo il gruppo sempre in
movimento, tranne di volta in volta chi deve fare da palo, e non si hanno tempi morti di attesa. Se
si lascia un solo componente del gruppo al punto di partenza del primo tratto e ci si porta dietro
tutto il resto del gruppo di n persone, i tratti da percorrere prima che finiscano i pali da lasciare e
sia necessario ricominciare il giro da capo saranno n 1.
Se prima della partenza abbiamo studiato bene il percorso sulla carta, non dovremmo
trovarci di fronte a ostacoli imprevisti; per questa eventualit, anche per causa di forza maggiore,
pu sempre accadere. Come fare, anche in questo caso?
La soluzione pi classica proposta dai manuali tanto semplice in teoria quanto difficile da
realizzare nella pratica (fig. 53): si aggira lostacolo seguendo linee ad angolo retto (calcolate con
la bussola), contando i passi effettuati in modo da farne tanti in una direzione quanti nellaltra e
poter cos riallinearsi perfettamente con la precedente direzione di marcia.

figura 53

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Quando possibile conviene per, studiando la carta, trovare punti di riferimento pi chiari e
inequivocabili di un azimut o di un numero di passi che, fatti in salita o discesa, possono avere
lunghezze anche molto differenti.
Si osservi la fig. 54. Se ci troviamo in corrispondenza del punto in alto a sinistra, fuori
sentiero, e dobbiamo raggiungere le auto parcheggiate in basso a destra, oltre il torrente, in caso
di cattiva visibilit pu essere utile approfittare di quei sentieri che ci offre la natura stessa, invece
di imbarcarci in complicate e fallibili operazioni con lazimut. Solo allinizio dobbiamo basarci
unicamente sulla bussola, e avviarci lungo lazimut che ci far raggiungere il torrente; un errore
anche di molti metri non sar importante: il torrente l a sbarrarci la strada. Poi seguiamo il
torrente fino al limitare del bosco. Il terzo tratto ci vedr seguire il bordo del bosco fino a incrociare
il Sentiero del Buon Ritorno che ci condurr alle auto. Avremmo anche potuto seguire il torrente
dentro il bosco fino al ponte del sentiero, ma il percorso nel fitto della vegetazione avrebbe potuto
essere poco agevole.

figura 54

Fidarsi bene, ma...


Per concludere, poich si qui sottolineata lassoluta e imprescindibile importanza di carta,
bussola e altimetro, bisogna per segnalare alcune possibili cause di errore dovute allutilizzo di
questi strumenti.
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Le carte, soprattutto quelle della vecchia serie I.G.M., possono riflettere una realt che non
esiste pi, come si detto sopra; viceversa, la nuova serie a volte trascura di segnare tracce di
sentiero ancora presenti. Oppure, caso pi raro, possono contenere errori, soprattutto nella
sottolineatura dei sentieri in rosso, che non si adeguano con precisione a quelli reali.
La bussola, dal canto suo, non sensibile solo al campo magnetico terrestre, ma ad ogni
campo magnetico e massa metallica anche piccola: bisognerebbe stare lontani almeno 1 m da
piccozze, martelli, chiodi ecc.; 3 m da telefonini, GPS, radio trasmittenti e altre apparecchiature
elettroniche; 10 m da recinzioni metalliche e reticolati; 20 m da automobili e altri veicoli; addirittura
60 m dai cavi dellalta tensione.
Si possono vedere nella fig. 55a-d i risultati di un esperimento. Preso lazimut sulla carta (fig.
55a, ci si avvicinati a un traliccio dellalta tensione, avendo cura che carta e bussola rimanessero
nella stessa direzione. Man mano che ci si avvicinava, lago magnetico della bussola si spostava
(fig. 55b). Giunti sotto il traliccio (fig. 55c), lago formava addirittura un angolo retto rispetto al vero
Nord (fig.55d).

figura 55a e b

figura 55c e d

Anche laltimetro pu essere soggetto a errori, e anche questo verr dimostrato con un
piccolo esperimento. Un altimetro, sulla scrivania di una casa romana, segna una quota di 30 m;
sono le ore 16.56 (fig. 56a).
figura 56a, b e c

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Proviamo a metterlo nel congelatore, per vedere se la variazione di temperatura pu alterare


la correttezza della misurazione. Alle ore 17.20 (fig. 56b) laltimetro ha raggiunto una temperatura
di -4.8 e laltitudine indicata scesa a 0 m (lapparente sfocatura della foto dovuta allistantaneo
appannamento del quadrante quando si apre lo sportello del congelatore).

figura 56d ed e

Passa pi di unora, e la temperatura ha oltrepassato il limite dei di 10 sotto zero oltre il


quale il termometro di questo apparecchio non pu pi rilevarla; dovremmo essere intorno ai -15,
una temperatura che nella montagna invernale si pu raggiungere non raramente. Laltitudine a
questo punto si completamente ribaltata: non pi 30 m sopra il livello del mare, ma 30 m sotto
tale livello.
Nel caso di sbalzi termici dunque necessario, come suggerito dal fabbricante, tenere
laltimetro al polso e non attaccato allo spallaccio dello zaino, in modo che il calore del nostro
corpo possa mantenere costante la temperatura dellapparecchio.

Bibliografia
Alletto Franco, Topografia e orientamento, Club Alpino Italiano, Bologna 1988
Baldacci Osvaldo, Cartografia geografica, Libreria Medica Universitaria, Roma s. d.
Lamory Jean-Marc, Sorienter. Carte Boussole G.P.S., Les guides IGN, Libris, Seyssinet 2001
Teodori Luca, Cartografia e orientamento, dispense per il 1 Corso di formazione per Accompagnatori
Sezionali di Escursionismo, s. e., Roma 2004

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