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rancesco Gaprrett, II Sud e I'Islam, Bari, 1967. Possiamo ormai considerare Francesco Gabrieli_ come Vintegratore di Michele Amari, la cui «Storia dei Musstlmani in Italia » campeg- giava negli studi sull'Islam del secolo scorso. I rapporti dell"Italia Me- ridionale, della Sicilia soprattutto ma anche della Puglia, col mondo arabo, e quelli di Venezia con i Turchi, furono studiati a fondo dal- TAmari con le conoscenze che allora potevano aversi, ei suoi volumi posero a loro volta tanti separati problemi storici su tutta la vita me- diterranea, A un secolo dalla loro pubblicazione questi volumi resistono alla critica, € uno studioso della levatura del Nallino che, nel ristampare Vopera ne fece trent’anni addietro un‘attenta revisione, diede il debito risalto all'incrollabile solidita dei fondamenti documentari di cui l'Amari si era giovato. Peri Jules Gay, nella sua opera @L'Hulie médirionale et 'Em- pire bysuntin », attinse si alle stesse fonti amariane per quanto con- cerneva POriente, ma allargd assai pid il suo sguardo a quelle greco- i pose deliberatamente da un angolo visuale libero da preven- zioni contro la Hamata Bisanzio, di cui anzi tentd la riabilita- zione. IL problem in sommo grado la storia del nostro Sud, ricordiamo per incidenza che Giustino Fortunato ne aveva avuto, ed latine e 304 Rassegna hibliogralica li osservé: che «1'Impero di Bisanzio, Jo, Soprav= una volta, Vintuizione, Infatti ¢; per tutto un millennio, solo in tutto il decaduto mondo rom visse libero e civile alla orrenda eta delle invasioni barbariche », onde é una vera ingiustizia « parlarne sprezzantemente dentro ¢ fuori le scuo- le», E, dopo il Gay, il Vasilev intese con la sua opera ricostruire i rapporti bizantino-arabi giovandosi delle duplici € ricchissime fonti. Francesco Gabrieli, derivante da vecchio ceppo salentino ¢ docente ordinario di lingua e letteratura araba nell’Universita di Roma fu istra- dato dal padre Giuseppe, di venerata memoria, nel campo degli studi arabo-islamico. Conoscitore come pochi della civilt’ isla- petto storico ¢ letterario insieme, il Gabrieli ¢ autore di volumi che, yenuti via via alla luce entro vent'anni, yodono vasto € meritato credito in Italia e all'estero: dalla « Storia e civilta mu- sulmana» ¢ dalla « Storia della letteratura araba» a @Gli Arabia, a « Storici arabi delle Crociate », ad « Aspetti della civilté: arabo-islamica » ora al volume ¢ L.'Islim nella storia», che « Dedalo-libri » pubblica ottima edizione, e in cui egli raccoglie i suoi studi degli ultimi anni. Davvero integra l’Amari, nel senso che tien conto, naturalmente, di tutto quanto € stato prodotto, in questo campo, dopo di lui, € attinge a fonti allora inesplorate. Gid il volume del Gabrieli « Storici arabi delle Crociate », pubbli- cato dall’Einaudi, destd a suo tempo il pi grande interesse. Era la prima volta che si vedevano le Crociate dall'altra parte in modo cosi completo, ed era come se tanti veli si squarciassero all'improvviso, com- presi quelli sulla famosa Crociata di Federico I. Faceva senso leg- xere, per esempio, che la notte dellarrivo dello Svevo a Gerusalemme il Cadi Shams ad-din dispose che i muézzin non facessero Vappello alla preghiera per riguardo al sovrano. Ma, quando al mattino entro da lui, Federico gli domandé in tono perentorio perché mai la preghiera mu- sulmana non fosse stata fatta secondo il solito. I Cadi confess che era stato lui ad impedirlo « per riguardo © rispetto verso Vostra Mac- st», Ma l'Imperatore replico: ire cosi mio magiore scopo nel pernottamento a Gerusalemme era di sentire l'ap- pello alla preghiera dei musulmani e ka lore lode a Dio durante la notte ». Episodio che ha—occorre dirlo?— un inconfondibile significato: ecco dunque quale era, il sostanza, lo © con cui I'Imperatore condu- la sua Crociata in nome del Cristianesimo. Egli era, pid che altro, so di penetrare nel mondo islamico, nel misticismo iskumico. ‘ederico I —dicevano i suoi inservienti di nme agli stor rici_ arabi— «era di pel rosso, calvo, miope: stato uno schiavo, nor sarebbe valso seicento dirham». E gli storici arabi_ riassumono cosi le loro impressioni: «Era evidente dati suoi discorsi che era un materialista, che del Cristianesimo faceva semplice gioco ». Negli anni posteriori, € precisamente nell'agosto 1261, uno di que- sti storiei, Gimil ed-din, fu ricevuto da re Manfredi a Barletta. « Ebbi pid volte a intrattenermi con lui — dice —e lo travai un uomo distinto, umico delle scienze dialettiche © conoscitore a memoria dei dieci libri di geometria di Euclide ». Poi soggiunge: « Vicino al paese in cui ri siedevo (cio? Barletta), cera una citth a nome Lucera, i cui abitanti sul_ mondo. mica sotto | Rassegna bibliografica 305 son tutti musulmani dellisola di Sicilia (« saraceni»): li, a Lucera, si tiene la pubblica preghiera del venerdi, si professa apertamente il culto musulmano. Questa citth @ cosi dal tempo dell’Imperatore padre di Manfredi. Egli aveva intrapreso cola la costruzione di un Istituto scientifico perché si fossero coltivati tutti i rami delle scienze specula- tive; e la maggior parte dei suoi familiari e funzionari di corte erano musulmani, e nel suo campo si faceva apertamente I'appello alla pre- phiera e Ia preghiera canonica stessa ». Insomma il Corano invece del ingelo. Cosi tutta la retorica, in auge specie nel secolo scorso, sulla lotta degli Svevi contro la Chiesa di Roma, si dissolve innanzi a queste pre- cise testimonianze. Come poteva la Chiesa permettere che, attraverso uli Svevi, Maometto, con Ia dura disciplina islamica e con la tentatrice cultura islamica, avesse il soprayvento in una zona del nostro Sud, che poteva allargarsi come macchia d’olio? E peraltro— aggiungiamo noi — Ia futura e lontana units politica della penisola non sarebbe stata com- promessa, forse per sempre, se l'unith religiosa si fosse spezzata? Questi dunque i problemi, di superiore rilievo, che il Gabrieli pose nel suo volume « Storici arabi delle Crociate ». Ma per noi del Sud Italia ha particolare valore anche l'odierno suo lavoro € L’Islim e la sua storia», «Che ne sappiamo — egli si domanda a un certo punto—di questa Puglia musulmana dei tempi oscuri, di cui cosi avidamente vorremmo sapere? ». Le notizie che potevano aversi dai cronisti latini ed arabi le aveva gia raccolte, scrutate, spremute ai suoi tempi l'Amari; ma il flagello della fluttuante guerriglia terreste navale con cui I’Iskim tormenté nell’Alto Medio Evo le coste del Mez- zogiorno, specie della Puglia, ¢ la violenza con cui irruppe con le sue forze in antiche citth come Bari, Taranto, Brindisi, Lecce. Oria, e, sin @allora, Otranto, meritano davvero uno studio pit approfondito. Per fortuna, sull’Emirato di Bari abbiamo avuto di recente un lavoro. schiaratore, ciog quello del prof. Giosue Musca. Ma i musulmani che volevano impiantare un solido Stato loro, tutto loro, nell'Italia del Sud ¢ i bizantini che resistevano allassalto erano in fondo due impotenze ; € peraltro, mentre Ii Sicilia, fortemente islamizzata, finiva col godere i lati positivi di quella civilt, come il progresso agricolo € commerciale © Vordinata vita sociale, il Mezzogiorno continentale era soltanto loro campo di battaglia edi rapina. Occorreva una forza nuova a spezzare lequilibrio di quelle due impotenze, ed essa fu la conq' normanna: la quale, é ben noto, non solo restitui la Sicilia alla civilta cristiana e la fece fulcro dello « Stato opera d'arte >, ma unificd nella sicurezza e nella prosperith tutto il Merzogiorno, allontanando per sempre il pericolo arabo, e iniziando a sua volta grandiosi piani di controffensiva e penetrazione verso Orient cid sorretta, non dimentichiamolo, dall’azione di eminenti_ statisti e strateghi meridional, tra cui in un certo momento primeggiarono Maione, il forte ministro di Guglielmo I, € suo fratello Stefano da Bari, uno dei pit grandi uomini di mare dell'epoca, Ed € xloria imperitura —ben dice il Gabrieli —di Ruggero I ¢ dei due Guglielmi Vaver ac- coppiato alla politica di prestigio edi potenza ta pitt illuminata tol- 0 306 Rassegna bibliografica lera inza_religiosa, sociale e culturale, promuovendo cosi una circola- zione di beni materiali e spirituali nei suoi confini, che I'Italia meri- dionale ricorderi sempre con onore. Passano i secoli, ¢ si giunge alla tragedia di Otranto del 1480. come si sa, una delle pagine pit alte © suggestive della storia di Puglia ¢ d'Italia, ¢ il Gabrieli la rivendica con giusto orgoglio di salentino me- more e devoto. L’ambigua parte avuta allora da Venezia & da lui con- amente illustrata; e, al tempo stesso in cui ricorda sull’assedio otran- ino I'epico poemetto dialettale del De Dominici, che ha udito ragazzo recitare dalla voce commossa dei padri, egli ci fa conoscere, ed primo a farlo, un celebre ghase, cioe un breve ed espressivo componi: mento lirico dovuto al contemporaneo poeta turco Yaheza Kemal, in cui freme, @ proposito di Otranto, tutta laltezza dell'imperialismo mu- sulmano, che dalle coste pugliesi volgeva il suo cupido sguardo a Roma, sede del Papato. La storia ela poesia ci insegnano ad ascoltare nche il yrido di vittoria del nemico, ma intanto il Gabrieli rivede con Vocchio della mente Primaldo, Meroe, ritto sulla torre di Otranto sino alla totale consumazione del martirio, rivede ed esalta tutti i Martiri della fede, rivede infine le volte cadenti del cenobio di San Nicola di sole, € i suoi tesori manoseritti tagliuzzati e dispersi dai musulmani Davvero fu lotta, quella di Otranto, combattuta in nome di tutta a vilt& cristiana M.\

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