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DARIO PALERMO LA “PROSTRATA URBS”: IL TERRITORIO DI NOTO NELL’ OPERA DI TOMMASO FAZELLO (estratto da Contributi alla Geografia Storica dell’ agro netino, Atti delle “Giornate di Studio”, Noto 29-30-31 maggio 1998) LS.V.N.A. DARIO PALERMO. LA “PROSTRATA URBS”: IL TERRITORIO DI NOTO NELL’OPERA DI TOMMASO FAZELLO alla memoria di mio padre “Sopra la gran fonte del fiume Assinaro si vede una certa mole sassosa ed aspra, ... ed @ naturalmente di sito fortissima, e cinta di fosse intorno intorno, ¢ per lo spazio di via di un miglio e mezzo & circondata di rupi asprissime. Quivi & posta l’antica citta di Nea. Al tempo di Tommaso Fazello Noto, la Noto dell’Alveria, @ citta viva e fiorente; ma dalla sua descrizione, il cui suggestivo incipit, che apre il capitolo I del libro IV della prima deca’, abbiamo voluto citare nella traduzione ottocen- tesca “in lingua toscana” del padre Remigio Fiorentino’, quasi nulla traspare della citta a lui contemporanea. L’occhio del Fazello @ attirato in primo luogo - come d’altronde nella mi- gliore tradizione periegetica dell’antichita - dal contesto naturale ¢ da quei pochi resti dell'antico che ancora oggi possono indurre l'archeologo a scalare le imper- vie pendici dell'Alveria, € cio’ dalle testimonianze superstiti della cittd siculo- greca e poi romana di Neaiton-Netum’. Della Noto dei suoi tempi, della fforida citta medievale ¢ rinascimentale che di 1 a poco pid di un secolo sara rasa al suolo dal sisma*, il domenicano di Sciacca ricorda solo che essa é la diretta discendente della citta di Ducezio: e a supporto di questa identificazione egli pud paradossalmente addurre come ele- mento di prova I’odio pervicace che i netini di allora nutrivano per i vicini siracusani, elevando audacemente a verita storica quello che testimonia solo di una delle tante dispute campanilistiche del tempo, delle quali, come era spesso consuetudine, si cercavano le radici nella storia pid antica. FAZELLO, De Rebus Siculis Decades Duo, Palermo 1558. Le nostre citazioni sono attinte dall'edizione commentata da V. AMICO, (Catania 1749-1753. ? Della storia della Sicilia Deche Due, del R.PM. Tommaso Fazello siciliano, tradotte in lingua toscana dal P.M. Remigio Fiorentino, 1, Palermo 1817, p. 290. * Sull’insediamento antico v. V. La ROSA, Archeologia sicula e barocea. Per la ripresa del problema di Noto Antica, in Atti e Memorie ISVNA, I, 1971, pp. 43-102. Ib., Per la Neai- ton ellenistica: saggio di scavo nella zona det Ginnasio, in Atti e Memorie ISVNA, XIX-XX, 1988-89, pp. 75-104. Per una sintesi sulle pro- blematiche del sito e sulle esplorazioni che 1o hhanno riguardato vedi AR. MAROTTA D'A- GATA - L. ARCIFA - V. LA ROSA, Noto, s.v., in Bibl. Top. Colonizz. Greca in Italia, XM, Pisa- Roma 1993, pp. 409-417. “Sulla cittA medievale ¢ rinascimentale cfr. L. ARCIFA, Appunti per una leitura del tessuto urbano di Noto Antica, in Ati e Mem. ISVNA, XVI. 1985, pp. 81-113; Ib., Osservazioni sul- Vimpianto urbano di Noto in.eta medievale, in Corrado Confatonieri, Noto 1992, pp. 45-63. 139 Solo marginalmente la menzione di una via - la via plana’ - o di alcune chie~ se - Sant’Elia, San Giovanni - ricordano al lettore che l’ambiente che racchiude i resti antichi 2 quello di una cittA abitata. Ma gli stessi nomi delle chiese servono solamente a ricordare che esse occupano il posto di precedenti edifici di eta an- tica, le cui murature e colonne erano ancora a quel tempo distinguibili al di sotto delle costruzioni medievali®, Per il resto, l'unico monumento medievale ricor- dato dal Fazello in connessione con la cittd di Noto & la badia cistercense di Santa Maria dell’ Arco, di fondazione federiciana. Allopera di Fazello risale inoltre la prima menzione della famosa iscrizione con la menzione dei veaw{oxot ‘lepavetor, ora nel Museo Civico di Noto’, che egli ricorda collocata “sopra la porta di una casa”, certamente, nonostante le per- plessita del principe di Biscari, che la vide su di un masso crollato dopo il sisma del 1693°, scolpita nella roccia che sovrastava l’ingresso di una delle camere ipogeiche che dovevano appartenere all’edificio del ginnasio, una delle princi- pali opere pubbliche della citt& tardo-ellenistica’. Oltre ai resti conservati nell’area della citta, & perd tutto il territorio di Noto ad essere particolarmente ricco di antichit&. Esso, secondo la testimonianza del Fazello, si estende ad Pachynum usque, comprendendo percid l'intera cuspide meridionale dell’isola. Allla sua conoscenza, ¢ alla identificazione dei centri e dei monumenti antichi che vi si trovano numerosi, la lettura dell’opera di Tommaso Fazello ha sempre fornito un contributo fondamentale, costituendo spesso la premessa di ricerche ¢ scoperte che vi si sono effettuate, ‘Ad una menzione fazelliana risale infatti per esempio |’identificazione di uno dei monumenti antichi pit insigni ¢ meglio conservati del territorio, ¢ ciot il tempio ellenistico di San Lorenzo Vecchio, che I’acuto occhio di Giuseppe A- gnello seppe individuare nel 1948 nascosto fra le strutture della chiesa bizantina ¢ della fattoria settecentesca che ancora oggi lo inglobano”. Il tempio 2 I'unico elemento ormai riconoscibile di un notevole complesso di antichita, la cui sola testimonianza & per noi proprio il testo di Fazello, che ri- corda nell’area la presenza dei resti gid allora distrutti di un oppidum jacens. Dalla sua descrizione si pud dedurre I’esistenza di costruzioni, di sepoleri ¢ di una grande cripta, sottostante al tempio medesimo e probabilmente da ricolle- 3 La Rosa, p. 99, pianta a tay, VI n. 9. * La Rosa, p. 84 seg. sulla chiesa di S. Elia RINI (ed.), Rupes Loquentes, Roma 1992, pp. 452-455. ft. ID, La chiesa di S. Elia a Noto Antica, in Annuario scolastico del novantennio 1897- 1987, Liceo-Ginnasio statale A. Di Rudini, Noto 1988, pp. 119-138. TG XIV, 240; da ultimo G. MANGANARO, Iscrisioni “rupestri” di Sicilia, in L. GASPE- 140 * |, PATERNO CASTELLO principe di BISCARI, Viaggio per tutte le antichita della Sicilia, Na- poli 1781, pp. 83:84. ® LaRosa, Archeologia, cit, p. 87, tay. XIV. "9G, AGNELLO, S. Lorenzo Vecchio presso Pachino, in Boll. d’Arte, 1, 1948, p. 63 see. gare alla chiesa bizantina’’. Altri indizi di insediamenti antichi sono ricavabili dal testo fazelliano: e molti di essi sono ancora appena conosciuti o mai toccati dall'indagine archeologica. Quello su cui il periegeta pid si ferma é I’insediamento detto della Cittadella dei Maccari su di una penisola sul mare a sud di Vendicari, investigato da Paolo. Orsi il quale vi individud l’esistenza di una citta e di sepolcreti di eta tardo an- tica e bizantina, con monumenti ancora riconoscibili fra i quali una piccola chie- sa bizantina a pianta centrale"; il Fazello attribuisce a torto a questo insedia- mento il nome antico di Imachara 0 Machara. Vogliamo ricordare ancora la spettacolare conferma di una notizia fazelliana circa la presenza di resti antichi nella contrada da lui indicata con il nome arabo di Yadedi, ogei Caddeddi, laddove le indagini di Giuseppe Voza hanno rivelato esistenza di un vasto complesso di etd romano imperiale al cui centro era la villa omata di splendidi mosaici oggi conosciuta con il nome di Villa del Tel- Jaro”, . ‘Molti altri potrebbero ancora essere i siti menzionati dal Fazello come sedi di resti antichi che meriterebbero una visita dell’archeologo. Fra di essi ricordiamo per esempio, per rimanere nello stesso entroterra di Eloro, il colle di Joye, oggi Gioi, sede di plures... veteris habitationis ruinae. Notevoli elementi di interesse presenta il testo di Fazello anche per quel che riguarda il ricordo di-monumenti antichi oggi scomparsi. Ci sembra a questo proposito particolarmente significativo il caso di quelle costruzioni che egli de- finisce pyramides orbiculariae. E facile capire a quale tipo di costruzione il Fazello si riferisca, in quanto il termine & da lui usato per descrivere un monumento ancora oggi esistente, e cio® la colonna detta della Pizzuta di Eloro, per secoli ritenuta senza un preciso mo- tivo il trofeo commemorativo della battaglia dell’Assinaro' ¢ che oggi sap- piamo, dopo le indagini di Orsi'’, essere semplicemente il monumentale sema esterno di un sepolcro a camera ipogeica, presumibilmente riservato ad un im- portante personaggio dell'et di Ierone II'*. Possiamo cos! comprendere che nel lessico fazelliano il termine pyramis si riferisce al basamento a gradoni, forma comune anche ad altri tipi di monumenti ™ yi, p.67. Mfr. da ultimo G. UGGERI, Sui “Mausollia” % pOrst, in Not. Scavi, 1898, pp. 36-37; 1b, Sicilia Bizantina, Roma 1942, p. 31; R.A. WILSON, Sicily under the Roman Empire, Warminster 1990, p. 229. ™G. Voza, I mosaici delta “Villa del Tel- taro”, in Archeologia nella Sicilia sud-orien- tale, Napoli 1973, p. 175 sgg., tavy. LVI-LIX: Ib. in Kokalos, XXI-XXI, 1972-73, pp. 190- 192; ivi, XXIF-XXIL, 1976-77, pp. 572-574; WILSON, Sicily cit. p. 206 seg. del Pachino, in Ann, Lecce, IV, 1967-69. pp. 83-97, con bibliografia precedente. "SP. Orsi, J.- Campagna di scavo det 1899, in P. Onst- M. T. CURRO - E. MILITELLO-V. PISCIONE, Eloro, in Mon. Ant, 1966, col. 264 "FG, UacER, Sui “Mausollia” del Pachino, cit, p. 91, pensa invece che il sepolero iero- niiano possa essere una tarda aggiunta al mau- soleo commemorativo del V secolo. 141

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