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CAPITOLO LA NOTAZIONE NELLA MONODIA MEDIOEVALE Ci sembre utile, dopo aver precisato le forme di notazione della musi- a polifonica dell’Ars Antiqua, dare alcune brevi notizie sulla produzione monodica profana e spirituale del Medioevo. I manoseritti rimasti dei canti profani latini che risalgono al IX, X, XI sec., ci sono stati tramandati con melodie in notazione neumatica za tigo, ¢ dato che anche il testo di questi canti non era mai obbligatorio. ¢ continuo, i tentativi di trascrizione sono sempre necessariamente ipote- tici, Soltanto per poche melodie & stata possibile la trascrizione grazie alla loro presenza in fonti posteriori con notazione diastematica, ‘Anche i canti goliardici dei “clerici vagantes” del X-XI sec., sono inizialmente in lingua latina e scritti con neumi senza tigo. Dal IX sec. in poi compaiono le “chansons de geste” dei “jongleurs” francesi, giullari di corte seabili o anch'essi vaganti che si esprimevano nel volgare del luogo, spesso accompagnandosi con uno strumento ad at- 0, in genere la viella, Le loro melosig sono quan carte scomparse ma. fine di ricostruize il loro metodo di esecuzione, é molto utile la descri- zione che si trova nel trattato Theoria di Johannes de Grocheo, scritto verso il 1300 (1). Pit, importanti sono i componimenti lirici dei trovatori della Pro- venza ¢ dei trovieri della Francia settentrionale, rispettivamente in lin gua d’oc e in lingua d’oil, che fiorirono dalla fine dell’X! alla fine del XIII secolo. Tra i primi compositori troviamo i nomi di Guglielmo IX, Conte di Poitier, di Mareabra di Guascogna, J. Rudel, Bernard de Ven- tadorn e Guiraut Riguier fra i trovatori del XII sec., e di Gace Bralé, Blandel de Nesle, Colin Muset ¢ Adam de la Halle fra i trovieri, apparve. nnenti ad un’epoca leggermente posteriore, tra la fine del XII e la prima meta del XIII secolo. I testi provenzali a noi pervenuti sono circa 2600, ma le melodie sono soltant® 264; pit: numerosi i testi dei trovieri (circa 4000), di cui riman- gono circa 1400 melodie. Per la maggior parte questo repertorio é in no- tazione diastematica non misurata, su rigo fino a B linee e con note quadrate. U problema interpretative sorto tra gli studiosi riguarda il ritmo: secondo J.B. Beck, P, Aubry e F. Ludwig, ai quali si associa F. Gennrich, si devono applicare nella trascrizione di queste melodie i canoni della mo dalita (ossia i modi ritmici), ipotesi basata soprateutto sul confronto con (2) in Rohloff, E., Media Latinitas Musica I! ~ Der Musiktraktat des Johannes de Grocheo, Lipsia, 1943, -M— esempi polifonici contenuti negli stessi manoscritti o su esempi posteriori degli stessi canti seritti in notazione mensurale, In particolare, analizzan- do alcuni passi del gia citato trattato di Johannes de Grocheo, il Beck af- ferma che le melodie medioevali dovevano essere tutte in ritmo ternario e che erano ammessi soltanto i primi tre modi (giambico, trocaico, dat- tilico acne apace in Rosie sing wal wend os ove wo nario che quello binario. Secondo J. Handschin vi devono invece essere dei limiti nell appli care dei valori ritmici alla monodia medicevale, poiché alcune melodie risultano naturali e spontanee anche con lapplicazione dei modi ritmici, altre no. E’ da osservare inoltre che i modi ritmici non si possono applicare con sicurezza anche perché lo stile delle melodie di trovatori e trovieri & spesso sillabico, e questo preclude uso frequente di ligaturae. 'J. de Grocheo distingue tra musica monodiea o profana, che defini- see “musica non pracise mensurata", ¢ musica spit part, o ‘musica mensurata”: si deve probabilmente intendere che la monodia profana dovesse essere eseguita liberamente, cosa non pit possibile nella polifonia per la necessita di far procedere insieme le parti. Ne consegue che, sebbe- he per la trascrizione in notazione moderna di queste melodie vengano generalmente addottati i modi ritmici, il risultato sari sempre approssi- tmativo, in quanto la notazione stessa non é sufficiente a dare un’idea csatta dell'esecuzione. Molte melodie rientrano tra i modi ecclesiastici, spesso in partico- lare appartengono al dorico o al misolidio, ma J. de Grocheo afferma che la musica profana non era necessariamente limitata, come quella liturgi- ca, alla modalita gregoriana. Spesso infatti il modo é modificato dall'uso li accidenti (musica fieta), accostandosi cosi ai nostri maggiore ¢ mi- nore, Nen & chiaro comunque fino a che punto fossero usati gli acciden- ti, in generale nelle trascrizioni si cerca di evitare la relazione di tritono (FA - SI), usando il SIb o il FA diesis. Spesso la VII nota della scala, quando fa cadenza, viene alterata, assumendo chiara funzione tonale. Nel seguente esempio, una melodia del trovatore Thibaut de Champa- gne (1201-1253), & possibile un accostamento col nostro modo maggio: Pt] Tet me der et tal Grat pooe! ak perce Ip ev sont tok om pee me Sh Ses pra de bee a Ri Ms Dae Var me, gels ma ent Grant mer velle ot quactil em fe owe Certamente influenzate dall'arte dei trovatori furono le forme di monodia spirituale italiane spagnucle del XIII sec. Gli inni italiani, derti “laudi spirituali", si diffusero soprattutto a seguito del movimen. to religioso popolare dei “flagellanti”, verso il 1260, gruppi di peniten. ti dapprima vaganti in continui pellegrinaggi, che si riunirono ben pre- sto in “Compagnie” © “Confraternite” e raccolsero il loro repertorio in “laudarii", antologie di canti precedentemente tramandati a voce. T pid antichi documenti di queste forme musicali sono il Laudario di Cortona, che contiene laudi sorte allineirea tra il 1270 ¢ il 1297, ¢ il Iaudario Magliabechiano di Firenze (Il, I, 122). Le laudi sono gene ralmente anonime ma il Liuzzi (1), studiandole e traserivendole, @ rit scito anche a determinare il nome di alcuni “intonatori", quali’ Garzo dell'Incisa, Jacopone da Todi, ed il frate Ugo Panzicra da Prato. La for. ma della lauda nel suo periodo di maggior fioritura (fine XIII sec.), & molto simile a quello della ballata italiana (forma strofica con “tipre- sa”) 0 del virelai francese; la sua melodia ¢ molto lineare, con solo qual- che ornamentazione, e di tipo spesso molto vicino ai nostri modi mag- lore ¢ minore Molto simili alle laudi italiane, sia per la forma che per 'argomen. to religioso, sono le spagnuole Cantigas de Santa Maria, composte pro- babilmente (almeno per il testo) da Alfonso X, che governd i repni di Castiglia e di Leon dal 1252 al 1284, Le melodie, di vario stile e carat- tere, sono certamente opera di parecchi musicisti. (1) Giursi, F., La Lauda e i primordi della melodia italiana, voll. 2, Roma, 1935. 3 CAPITOLO IV LA NOTAZIONE DEL XIV SECOLO Con il tractaro sulla musica mensurale di Francone da Colonia erano stati affermati dei principi che saranno la base di tutta la teoria musicale dei secoli successivi. Nel XIV secolo si distinguono due seuole, quella ita- liana e quella francese, ambedue, seppure con notevoli differenze, conti- Rifirci dela vcoria ranconiana eee Se infatti il trattato Ars Nova di Philippe de Vitry (dal quale prende llinome questo perlode) bla coninuastone pti tbetts dalla Hoarche tea riche di Francone, anche la notazione italiana del principio del nuovo se colo prosegue sulla stessa strada, conformemente a quella generale ten denza, visibile anche nella lingua e nella letteratura, per cui i prodotti del fa letteratura francese erano prontamente assimilati, particolarmente nell'italia nord orlental, tanto che si pus palare di una cultura anco-ve neta o francolombarda (1), L'influenza francese ft poi sempre pitt deter. minante, tanto che alla fine del secolo, forse anche in coincidenza con il rientro dei Papi dalla loro dimora in Avignone, non si parla gia pid di no. tazione italiana, ma prende il sopravvento quella francese, uniicando le due seuole, Secondo alcuni studiosi tuttavia & possibile anche una teoria oppo: sta: Ars Nova italiana, fiorita con il rinnovamento poetico fiorentino del Trecento di Dante, Petrarca e Boccaccio, pub aver influito, tramice la corte papale ad Avignone, sulla cultura della Ars Nova francese (Ab: biati). Dato comungue che il trattato di Philippe de Vitry ¢ del 1320 ¢ che il Pomerium di Marchetto da Padova é stata scritto fra il 1309 ed il 1343, le due seucle si possono considerate sorte parallelamente negli anni com- presi tra queste due date. Ci sembra quindi lecito estendere il termine “Ars Nova” anche alla cultura musicale italiana del XIV secolo (riguardo Puso del termine v. anche pag. 45), Altri documenti testimoniano la nascita di nuove tendenze nella com- posizione ¢ nell’esecuzione musicale. Il trattato Ars Novae Musicae di Johannes de Muris, matematico ed astronomo, @ del 1319 ed espone le teorie della musica mensurale, che viene cosi inserita nella cultura uffi ciale aceanto alle altee scienze. Sorgono immediatamence anche le pole miche tra “antichi” ¢ “‘moderni”: una Bolla Papale del 1324-25 condanna i “nonnulli novellae scholae discipuli”, mentre lo Speculum Musicae di Jacopo di Liegi, scritto tra il 1321 ed il 1324-25 analizza, specie negli ul- timi capitoli, i diversi aspetti dell’ars antiqua e dell’ars nova, appoggiando fa'pertesione” dalate di Francone © cordannando merodi gale cers arte (1). Y passaggio ¢ I'evoluzione dello stile dall’Ars Antiqua all’Ars Nova é Hiconoscibile nel Roman de Fauvel (2), una raccolta di 160 pezzi che va dal 1189 al 1316, comprendendo canti profani, mottetti, lis, conductus e diverse forme di canto gregoriano. Tre mottetti di questa antologia, com presi nelle interpolazioni del 1316, sono stati ateribuiti a Philippe de Vitry avendone le principali caratteristiche, di cui parleremo dettagliatamente in seguito? esempi di isoritmia e (in uno dei mottetti) la coloritura di grup- pidi note in rosso (3). Numerosi sono i manoscritti contenenti composizioni del XIV seco- lo: il pit conosciuto @ il codice Squarcialupi (4) del 1420 ca., ornato di elegantissime miniature, che costituisce una raccolta di opere dei principa- li compositori italiani dell'epoca. E’ stato perd redatto quando gia era subentrata in Italia la notazione francese. Il codice italiano 568, alla Biblioteca Nazionale di Parigi ed il codice Panciatichiano 26 della Biblioteca Nazionale di Firenze contengono com- posizioni sia italiane che francesi. II manoscritto De Rossi o Rossiano, eo- come codice Vaticano 215, é la fonte pid antica per la nota- nica italiana (si pud forse far risalie alfiniio del XIV see} Tranne che per una composizione in cui si alternano italiano e francese, esso contiene tutte opere in italiano. Agli ultimi anni del XIV secolo rsa il codiee 29987 dal British Museum di Lond, Punieo in cu sem, pre precisata la forma del brano (madrigale, ballata, caccia) ed il nome del compositore. Importantissimo per la notazione francese del XIV sec.,é il manoscritto di Ivrea, anche se databile probabilmente verso Vinizio del “400, in quanto contiene $1 composizioni dell"Ars Nova francese, (mor- tetti, brani di messe, pezzi profani e 4 canoni), alcune delle quali sono at- tribuibili con certezza a Philippe de Vitry, del quale compare anche una effigic. 1 codici di Modena (Biblioteca Estense) e di Chantilly (Museo Condé, 1047) appartengono al periodo intorno al 1400, che I'Apel definisce di “mannered notation” (5), in quanto non é pit possibile distinguere con fini geografici o nazionali tra la scrittura italiana e quella francese. (1) in Couss., Sort, 1, pag, 185 ¢ seug (2) Parigi, Bibl Nat, fe 146. (3) V.Langfors, A., Le Roman de Fauvel, Paigi, 2914.19, (4) Ficenze, Bibl. Laurensiana, pal. 87. (5) Apel, Wa, The Notation of Polyphonte Music, Cambridge, Mass, 1949, pag. 392 6 sees LA NOTAZIONE ITALIANA 11 fondamento della teria mascale dell’ Ars Nova italiana pub tro vvare nel Pomerium di Marchetto da Padova (1309-1343) (1) ¢ nel Tracta- tus practice cantus mensurabilis scritto cizea un secolo dopo da Prosdoci- mo di Beldemandis (2), che riassume il metodo della notazione italiana del Trecento, mettendone in chal vantage rispetto a quella ances. Le particolari caratteristiche della notazione italiana allinizio del se- colo furono: Taso del punetum divisionis per distinguere i gruppi di semibrevi che formavano la misura, quindi con la stessa funzione della stanghersa moderna; Ia preferenza per Pesagramma (rigo di 6 linee), mentre i francesi pre- ferivano il pentagramma; Traso, anechesso per indicare la distinzione det vari tipi di misura, di lettere callocate all’inizio della composizione. Le figure usate nella notazione italiana del XIV sec., secondo Prosdo cimo de Beldemandis, sono: duplex longs mm longs breve aioe. gt. cncame La teoria di Marchetto si basa sulla divisione della breve, che oltre ad essere perferta (divisione ternaria) o imperfetta (divisione binaria), pud a vere divisioni fino a 12 parti uguali (1) in Gerbert, Serpe, I, pag. 121 « sxe (2) im Couss, Serot., I, pag. 200 DIVISIONE ‘Binaria) ‘Tlernaria) (Qwusternaria) S(enaria) Kmperfecta) Slenaria) (erfecta) O(ctonaria) N(ovenaria) D(uodenaria) Le iniziali delle divisioni erano usate come segnature, all’inizio del ri. si usate come segnature, 0 del ri 0.0 durante la composizione, qualora intervenissera del eambiament, per indicare il valore della misura, ternaria: | 3) octoin— dodenarin Se il maggiore o minore di quanto indi avevano i valore normale (ternar © abbreviate secondo la necessits to definisce “via naturae”. Se in Ee : Vallung lento in Ma poiché in seguito alle VALORI a erfeeta pay = duodenaria Quindi la breve pud avere tre divisioni sia su base binaria che su base novenaria Inizialmente tutte le semibrevi erano indicate allo s namero di semibrev, nell'ambito di una diviione, oe monty ato dalla segnatura, le prime semibrevi io), mentre le ultime venivano allungate E’ questo il procedimento che Marchet- 36 si voleva ott verse suddivisioni la semibreve diminuiva sempre di pid il suo primitivo valore, si distinsero anche nella scrittura la semibreve major_( ¢ ), la semibreve minor (¢ ) ela minima (4). geass 21S presenta gla quest divers valor (Tav. 17),—————— La durata della nota non dipendeva perd soltanto dalla sua forma, ma anche dalle relazioni della nota stessa con le altre note comprese nel- Ja stessa divisione. Per spiegare questo concetto Marchetto, nella Brevis compilatio in arte musieae mensuratae (1), elenca l'esatta interpretazione Gelle divisioni della breve da 4 a9 semibrevi. Csi ad esempio nella divi- sione quaternaria, se vi sono tre note, una avra valore doppio delle altre e sara caudata in git: @¢¢@ = dd J. Mase visono due note, quella caudata avri valore triplo della semibreve normale: 9 @ = J. 0 Citiamo un altro esempio: se sono quattro note in una divisione novena- ria, allora una sari cauldata in sue conterrd una delle nove parti, quella che precede o che segue conterri due delle nove parti, le altre avranno valore normale: whee 21 odd beee 2 24 4 2 oppure In Tav. 18 le diverse divisioni sono riconoscibili dai caratteristici raggruppamenti dei valori eeeel sistema della notazione italiana le Jegature, le note, le pause ed i punti non differiscono molto da quelli in uso nel sistema mensurale, Gia abbiamo ricordato il punctum divisionis. Altri punti usati furono: — punetum perfectionis, usato per ricordare all'esecutore che la nota aietiedore ‘essere perfetta, ovvero ternaria: — punetum additionis, simile al precedente, aumentava di meta il va Iore-della nota Teorrisponde per puro caso, sebbene su basi diverse, al punto della notazione moderna); - ‘puncte demonstration che corrisponde ad un segno di sincopa- Fione: @ collcato prima e dopo la prima nota di un passo sincopa- tor per evitare conkisione con altri punti fw sorttuito, verso la & ne del Trecento, dal segno di sincopazione. Le pause della notazione italiana sono: (1) in Couss., Seript., IL, pag. 1 Tonga pert brevis perf. Geempiy tempo) ESS ——— semibreis Nell'ultima parte del secolo i segni della hotazione italiana furono sepiaffs de quell tenes, qual =p ‘di-misu is dele prolatio, o uso della colorisura delle nate er indicare. yassaggio da NIV"WWisioneathatera uso. dP note lasciate’n borane delle remo nella tarda notazione francese, si ova anche in'aleune conveost tioni di Francesco Landino (1325-1397), il maggior compositore tiehe no della seconda meta del Trecento. Nella trascrizione in notazione moderna i valori delle note vengono ri dotti di un quarto rispetto al valore origina maxima ” longa ys brevis we sd semibrevis og = J minima 42H semiminima 2. 2 | LA NOTAZIONE FRANCESE Lresposizione delle principali riforme della notazione francese del XIV secolo si trova nella dissertazione musicale di Philippe de Vitry,in- ttolata Ars Nova, seritiaintomo al 1320 (1), titolo che per opery del | Riemann (1907), fu poi adottato per designare witto il pertelo heveae inriato con la polifonia del Trecente Le principalicarateristiche del arte di Philippe de Vitry furono ~ la codificazione dei segni mensurali {con affermazione anche dei se. | ni pit piccoli) e dei diversi rapporti di misura (Prolazioni) (1) Couss, Seri, 1, pag. 13. 38 — Ia soloritura in rosso di gruppi di note per indicare il cambiamento di fitmo o con altre funzioni; ; — Puso dell'isoritmia e del segno di diminuzione nei mottetti Non approfondiremo il cenno fatto allisoritmia in quanto, essen- do un carattere di serittura formale, non & serettamente inerente al nostro argomento. - figure musicali dell’Ars Nova mo le stesse gid indicate— nella nove Haan so pee che perlé pause (v. page. 39 e 42) eee Aartoriga, Ta breve e la semibreve potevano essere di valore ter_ ati Binaios —trentini per designare i rapporti tra le note sono i seguenti - modus, indica il rapporto tra la maxima e la longa e tra la longa la brevis: {expus, indica il rapporto tra la brevis ¢ la semibrevis tglatio, indica il rapporto tra la semibrevis e la minima. I seguente schema (1) chiarir il significato dei termini me 1. MODUS (MAJOR) imperfectus a WI longa 4 2. MODUS (MINOR) LP perfectus Jon imperfectus perfectus a pe _— brevis oo 3. tempus 2S jet rei inpecteceam nites +04 oe 4. PRoLaTIO $4 mayor seribrevis minor ttt (2) fm Benler,H., arts Ars Nove, in MiG, Kassel, 1951, vl- Tyco 723, Per indicare il modo, il tempo ¢ la prolazione, Philippe de Vitry in trodusse dei segni particolari da porre all'inizio del rigo o durante la com Posizione nel caso vi fossero dei cambiamenti, Essi sono delle vere e pro prie segnature: modus perfectus om modus imperfectus = 7] tempus perfectum ° tempus imperfectum —¢ prolatio major e prolatio minor € Le segnature venivano poi modifieate secondo 'occorrenza In pratica le cosiderte quattro “Prolazioni codificate dai teorici dell? Ars Nova francese sono le seguenti: “1) tempus imperfectum con prolatio minor segnato ¢ 2° i - major € 43) tempus perfectum con prolatio minor segnato ° 4” = ” major” ° Queste misure fisse, in cui 2 ammessa anche la divisione binaria dei valori, si possono illustrare con il seguente schema: NA. : baud ‘es 2 SN AL _& dhe bas aa 8 nos 27 4 AV /\ /\ es A A of LB 4h ba 4a man ef, Ak “oN AN N= AN AK AR 8 secede das me i 40 Nelle compoiizioni di Guillaume de Machaut (1300 c.-1377), che fu con Philippe de Vicry il maggior compositore di questo periodo, non si trovano ancora le segnature ed i valori delle note si devono spesso dedurre dai loro aggruppamenti (Tav. 19). Nella tarda notazione del XIV sec esse invece si trovano sempre, uni- te anche all'uso di note colorate (Tavv. 20-21). L'uso delle note colorate in rosso esisteva prima della fioritura della ‘Ars Nova con diverse fanzioni: per indicare mutamento di ritmo, per dif ferenziare il “cantus planus” dal “‘cantus mensurabilis”, per indicare che la melodia doveva essere cantata all’8* superiore. Con De Vitry assunse la funzione di indicare un valore eripartito in un titmo binario, ma le note rose o neze non indicavano un preciso valore delle note, bensi solo i cambiamento da un valore binario ad uno ternario o viceversa. Pid tardi in- vece le note rosse indicarono sempre Vimperfezione e quelle nere la per. fezione UI seguente esempio contiene il tenor e il contratenordi un mottetto a 4 voci con un lungo Introitus con la scritta “nigrae sunt perfectae et rubee imperfecte” (nelle note nere alla longa corrispondono 3 brevi, in quelle rosse alla longa corrispondono 2 brevi): (le note chivse tra le parentest tratteggiate sono, nell’ originale, serite in rosso) a (se Apt) Le note “albae”, ossia vuote, ebbero inizialmente le stesse funzioni tanto che in seguito. sostituirono le rosse. Esse furono poi usate sempre pit per differenciare i diversi valori delle note: nella prima meta del ‘400 Sostituirono le nere per tutti valori dalla semiminima in su, nella seconda meta del secolo Ia semiminima perdette la coda e diventd nera, e dato che erano sempre pit frequenti le note di durata minore, si fissd la distinzione attuale tra bianche (dalla minima in su) e nere. Le innovazioni portate d: portate da Philippe de Viery, unitamente alle regol EMasead oreirale Sehconann}rhtasens Le alt nace a cale anche per i secoll sucess: nel XV ¢ nel XV1 secalo cf soltanto una ricerca di sottigliezze dovuta alle sempre mageiori esigenze del co trappunto, specie di quello flammingo. Aig " CAPITOLO V LO SVILUPPO DELLA NOTAZIONE NEI SECOLI XV E XVI Lo sviluppo della polifonia nel XV e XVI sec., dalla cosiddetta “pri ima scuola fiamminga” di Guillaume Dufay (1400 ca. - 1474) al massimo Sviluppo dello stile contrappuntistico dei compositori fiamminghi da Johannes Ockeghem (1420 ca. - 1495) a Josquin des Prez (1450 ca. - 1521), portd non solo ad una nuova concezione della musica, basata su tno sviluppo pit naturale della melodia e soprattutto su un contrappunto imitativo sempre pid complicato, ma anche all’esigenza di accrescere i se- gni di misura ¢ le possibilita di combinazioni dei ‘valor delle note. Le fonti pia importanti del '400 inoltrato sono il codice di Oxford (Bodleian Library, Canonici Misc., 213), i Mss. di Trento e di Aosta e il Ms. Q 15 della Bibliot. G.B. Martini di Bologna che contiene tra Paltro la Messa 8. Jacobi di Dufay e numerosi mottettiisoritmici ‘Abbiamo gi accennato come gia nella tarda notazione francese del XIV see, foe subentrato also delle note colorate in rosso quello delle hore bianche, In pratica si instaurd la xegola che la nota bianca indicasse iI valore ternario, quella nera il valore binario: delle sei forme di nota in uso nel canto falienics le prime quattro (maxima, longa, breve e semi- breve) furono di valore variabile a seconda del colore, mentre quelle di valore minore (minima e semiminima) rimanevano sempre nere. Questo portd all’aggiunta di nuove regole a quelle gi esistenti sul valore delle no: fe, in quanto ofa potevano variare di valore sia per il tipo di misura in cui si trovavany (perfetia v imperfetta}, sia per la posizione (rleordiamo che nella misura perfetta una nota poteva divenire imperfetta per la vicinanza di una nota di valore minore) sia peril colore (nove bianche nere). ‘Un altro elemento di variazione del valore delle note fu lo sviluppo della “teoria delle proporzioni”, nata gid nel XIV sec. ed esposta in a verse maniere da quasi tutti { teorici, ma particolarmente da Johannes de Mauris nell'Ars Diseantus (1319) (1). Il problema riguardava il rapporto tra note di valore ternario ¢ note di valore binario cantate contempora- neamente, le cui relazioni dovevano essere fissate da norme precise. A seguito anche delle tendenze della filosofia scolastica, la teoria delle pro porzioni divenne sempre pik complicata: Johannes de Maris le divide in Emque “generi, ognuno dei quali viene a sua volta diviso in varie ‘spe ie", tutte con la propria denominazione, ma sempre indicanti un partico- Jare rapporto tra luna e l'alera parte di un canto. Cosi ad esempio la pro- porzione “dupla” 4:2, B:4, etc.) indica che una nota sari, nella Htessa misura, contro duce della stessa specie ma di valore diminuito; la pro (2) in Couss., Seript., 11, pag. 68. porzione “tripla” (3:1, 9:3, etc.) indica che la nota avr di fronte tre note della stessa specie con valote diverso. Cosi per la “‘quadrupla”, la “sesquialtera”, la “sesquitrina” e tutte le successive. Nel XV sec., con la sempre maggior complicazione degli artifici con- trappuntstici, anche il sistema proporzionale raggiunse i pih altro grado, ritrovabile nei trattati teorici di Giovanni Tinctoris (1435-1511) ¢ di Guglielmo Monaco (ca. 1460) (1). Le proporzioni furono indicare con una frazione di cui la eifra superiore indicava quante note di tina parte di canto dovevano andare contro quelle di un’alira voce, indicate dalla ci fra inferiére. Cosi la “dupla” era indicata 2/1, la “tripla” 3/1, le ‘ses, ialtera” 3/2, etc. A queste proporzioni, che provocano la diminurione Ut valor delle notes aggiungono quelle con significato opposto, che Provocano, un'aumentazione del valore, denominate con ls’ particella jib” (subdupla”, “subtripla”, “subquadrupla”, ete.) ed espresse da rap. port inversi; 1/2, 1/3, 1/4 etc., Esse si trovano facilmente nei compositori fiamminghi del? ultimo periods (Ockegem, Josquin) Luso delle proporzioni nel XV e XVi sec., nonostante nel sistema di notazione ci fossero gi altri mezzi per indicare i valori diminuiti delle no. fe (diverse figure, coloritura), ¢ dovuto soprattutto al rispetto che ancora si aveva per la tradiione di conservare I"“uniti di figura’, per cui piucto, sto di mescolare lunghe con brevi o brevi con semibrevi, si preferiva sem pre contrapporre tra loro figure uguali ma di diverso valore. L’uso degli altsi segni, comprese le indicazioni di tempo {“modo”, “tempo” e “prola. zioni) ¢ le diverse forme di note, avevano forse pi che altro signifeato dh indicazioni della velocita ¢ dell'andamento del canto. La sovrapposiaio. ne poi dei diversi segni ed in particolare di “proporzioni” con “prolazio- ni”, divenne un gusto dei compositori dell’epoca, velto spesso sclo a ren. dere sempre pid! complicata e difficile la lettura del brane. Con Vinizio del XVI sec. si pud dire tuttavia che la notazione musica- le abbia raggiunto una sua forma pressoché definitiva, data la affermenene della stampa musicale (2) i cui primi esempi, italiani e tedeschi, realgons andi all'uleima parte del XV sec. sebbene limitatiu Mesall o vit eis surgici: il Graduate Costantiense visale al 1437 ca., il Missale Romanum fu earipate nel 1476, il Missale Basiliense nel 1480, tutti con metodo xilo- grafico. Te prime edizioni di musica polifonica mensurale, seguite da edizio- ni di intavolature per organo e per linto (v. Cap. sguente), furono quelle pubblicate a Venezia da Ottaviano Petrucci di Fossombrone (146.1539), con if metodo della triplice impressione a caratzeri mobili (prima il sige: poi le note, infine il testo letterario). 11 suo Harmonice Musicae Odheca- fon, una raccolta di mottetti e canzoni per lo pit: di autor! franco-fisen (1) in Couss., Script, Il, pagy. 277-288. (2) Fonti su questo argomento sono citate in Bibliografia a _— inghi, @ del 1501 (Tav. 22). Le quattro voci sono distribuite su due fac- zc secondo lo achema seguente (dall'acuto al bao) Le edizioni del Petrucci, raffinate ed accurate ma molto costose, fu- rono subito imitate da altri stampatori italiani, francesi e tedeschi, ma si cercd anche di ridurre il metodo ad una sola impressione (P. Haultin, i cui caratteri furono usati nelle edizioni parigine di P. Attaignant dal 1528 in Ai seguisa (fine XVI sec.), sopratrutto per le intavolature, fu spesso usato anche il metodo dell'incisione su rame (Simone Verovio, Roma, +1586) Ts maggior differenza tale ediioni moscali del '500 e qvelle mo- deme nella forma delle note, che continuano ad esser fatte losanga infatd la notazione comincia ad arrotondarsi nei manoscret gid in questo secolo, ma nella stampa solo alla fine del "600, nonostante alcuni tencativi recedenti (Briard e Granjon in Francia, nel °500, seguiti da qualche ita- ete prince peine soos cam ote canadien lame St lle di. J. Rosenmiiller (1682). a Nelle edizioni strumentali, come vedremo, é da notare invece, fin dallinizio del XVI sec., Paffermazione della partitura, con righi sovrappo: sie stanghette di divisione (Tay. 23), che sostituisce il precedente uso (nei manoscritti di musica polifonica vocale) di fascicoli separati per le va- rie parti.

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