5. Leopardi, Nietzsche, Schopenhauer
Per sopravvivere all’orrore del nulla, @ necessaria l'illusione,
soprattutto quella della poesia. Il pensiero di Leopardi anticipa
integralmente il grande tema di[Nietzsche] che gli errori e le illusioni
sono condizioni indispensabili della vita. (P
4174). «Le contraddizioni palpabili che esistono in natura» mettono
in questione il fondamento stesso della ragione, il principio di non
contraddizione (P 4099), Il «misero e freddo vero», la «verité dura e
triste» rendono «dannosissima» la filosofia come pura ragione
(Dialogo di Timandro e di Eleandro - un dialogo che dunque dovra
essere letto come critica della filosofia in quanto separata dalla
poesia). Da Eschilo in avanti, per la tradizione dell'Occidente la verita
é la salvezza. Leopardi incomincia a vedere che la verita é la minaccia
o la perdizione., Mostra la direzione essenziale della strada poi
percorsa dal pensiero contemporaneo.
— Per questo egli non pud essere avvicinato a Schopenhauer. La
filosofia di Schopenhauer € ancora una teologia negativa. La
negazione della volonta di vivere, in lui, conduce dinanzi al «Nulla»;
ma questo «Nulla» — si dice nell’ultima pagina dell’ultimo libro del
Mondo come volonta e rappresentazione - non é il nihil negativum, il
nulla assoluto, ma é il Nulla «relativo», cioé relativamente al punto di
vista della volonta di vivere. Chi sperimenta questo «Nulla» puod
trovarsi nella pienezza suprema dell’Essere, cioé nella condizione
indicata dai mistici di tutti i tempi; e dal punto di vista di tale
pienezza ¢ la volonta di vivere ad apparire come l’autentico nulla. Per
Schopenhauer la colpa di Adamo ¢ di aver volute vivere. Pertanto,
Tarte ha un carattere positive, perché nega la volonta di vivere:
allontanande da essa, l’arte avvicina alla ricchezza originaria del
«Nulla», da cui la volonta di vivere ¢ separata.
Leopardi, invece, volta per primo le spalle ad ogni prospettiva
mistico-teologico-metafisica. Tutto ¢ nulla; tutto cid che esiste é nihil
negativum perché ¢ un effimero emergere dalla assoluta negativita
del nulla. E tutto cid che esiste é¢ «amor proprio», volonta di esistere
e di vivere e quindi di evitare la conoscenza annientante della propria
nullita. La colpa di Adamo é di aver voluto conoscere (P 394, sgg.).Tutto cid che esiste é l'illusione di esistere - l'illusione di non essere
un nulla. L'arte e la poesia non sono negazione della volonta di
vivere, ma la sua forma pili alta e potente; non allontanano da essa,
ma formano il suo «ultimo quasi rifugio:
6. Eschilo, la téchne della scienza e della poesia
Ma ancor prima di Leopardi, alle origini della nostra civilta, Eschilo
parla delle «cieche» speranze donate da Prometeo ai mortali. Le
«cieche speranze» - le illusioni - di vincere la morte rendono
sopportabile la vita, sono il «rimedio», il phdrmakon, contro la
disperazione dell’annientamento. Eschilo non sta dalla parte di
questo Prometeo, cioé della téchne e di quella forma di téchne che é
Villudersi: per Eschilo il tutto é dominato dalla «necessita» della
verita: «la téchne & troppo pit debole della necessita» (Prometeo
ineatenato, v. 514). La «necessita» della verita salva dal niente
l'essenza delle cose.
Leopardi vede il fallimento inevitabile di questa salvezza, e in quel
Prometeo da cui Eschilo si allontana vede la stessa «natura»
dell'uomo, l’esistenza che per sopravvivere da a se stessa cieche
speranze, illusioni, l’illusione della poesia, il profumo della ginestra.
La «necessita», che appare nella «verita» della tradizione
occidentale, & troppo pit debole della pofesis e della téchne della
poesia. E rispetto alla téchne della poesia, troppo pit debole appare
ja téchne della ragione e il paradiso razionale della tecnica.
Per la prima volta, Leopardi mostra l’impossibilita della salvezza
dal nulla: sia della salvezza a cui tende la tradizione dell’Occidente,
sia della salvezza quale @ concepita e perseguita dalla scienza e dalla
tecnica. La civilté della tecnica @ il tentativo di differire il pit
possibile il proprio annientamento. Agli inizi del secolo XIX, il
pensiero di Leopardi scorge che nemmeno il paradiso della civilta
della tecnica pud evitare il proprio annientamento. Se lo evitasse, si
presenterebbe daccapo come una delle strutture immutabili che la
visione del divenire e della nullita (cioé annientabilita) dell’essere
rende impossibili.
La visione della nullita del tutto é destinata ad annientare non solo
ogni verita eterna e immutabile, ma anche ogni volonta di potenza e
ogni téchne. L'opera del genio, la potenza della visione del nulla, @
Vultima téchne, dunque l'ultima illusione; I'ultima opera dell’uomo
che ancora per un poco potrebbe sopravvivere all’annientamento di
ogni opera e di ogni paradiso, e diventare opera «comune» degli
uomini - la téchne della poesia, in cui la «natura» trova il suo «ultimo
quasi rifugio». Nel silenzio che precede l’esplosione del nulla, le
«selve odorate» della ginestra consolano il deserto. Poi, anche questa
téchne si mostra troppo pitt debole del nulla.
7. Il genio e la parola
Il paradiso della tecnica, liberato dalle riduzioni scientistiche e