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MOMENTO DELLA DETERMINAZIONE

DEL DANNO E MORA DEL DEBITORE


Sommario: 1.1. Il momento della determinazione del danno extracontrattuale. 1.1.1.
Concezione reale e concezione patrimoniale del danno, tempo del danno e tempo della
sentenza. 1.1.2. Momento della determinazione del danno e teoria della differenza.
1.1.2.1. La tesi di Tedeschi. 1.1.2.2. Causalit alternativa ipotetica e momento
della determinazione del danno: le tesi di Tedeschi e Trimarchi. 1.1.3. Risarcimento
in forma specifica e momento della determinazione del danno. 1.2. Il momento della
determinazione del danno da inadempimento. 1.3. La determinazione del danno al
momento in cui lo stesso si produce contrasta con il criterio dellid quod interest e integra unaestimatio rei: confutazione. 1.3.1. La determinazione del danno al momento
in cui lo stesso si produce contraddice la teoria della differenza: confutazione. 1.4.
La possibilit per il danneggiato di chiedere la reintegrazione in forma specifica impedisce la determinazione del danno al momento in cui lo stesso si produce: confutazione.
1.5. Prestazione risarcitoria e situazione di mora: il danno si determina al momento in
cui lo stesso si produce. 1.6. Mora del danneggiante e interesse del danneggiato a disporre del credito risarcitorio. 1.6.1. Il problema del cumulo del lucro cessante principale con il lucro cessante secondario. 1.6.1.1. Precisazione del problema: il risarcimento del lucro cessante principale dipendente incompatibile con il risarcimento del
lucro cessante secondario. 1.6.2. La mora come fattore di selezione degli interessi tutelati.

1.1. In relazione al danno extracontrattuale, la dottrina si divide tra


coloro che ritengono che il momento della sua determinazione sia quello in
cui lo stesso si produce (1), e coloro che, invece, individuano il momento della
stima nel tempo della pronuncia della condanna giudiziale al risarcimento (2).
( 1 ) Chironi, Colpa extracontrattuale, v. II, in La colpa nel diritto civile odierno, Torino
1906, 338; Scaduto, I debiti pecuniari e il deprezzamento monetario, Milano 1924, p. 184
ss.; Giusana, Il concetto di danno giuridico, Milano 1944, p. 115 e p. 116; Pestalozza, Valore e valuta, in R. d. comm., 1944, I, p. 214 ss.; Gentile, Il risarcimento del danno da fatto illecito e la svalutazione della moneta, in F. pad., 1948, I, p. 130 ss.; Ferri, Tendenze
giurisprudenziali in tema di svalutazione monetaria, in Riv. it. scienze giur., 1949, p. 419,
e ora in Scritti giuridici, v. I, Napoli 1990, p. 721.
( 2 ) Tedeschi, Il danno e il momento della sua determinazione, in R. d. priv., I, 1933, p.
254 ss.; Id., Il momento della determinazione del danno, in R. d. comm., 1934, I, p. 239 ss.;
Pacchioni, Diritto civile italiano, Parte seconda Diritto delle obbligazioni, v. IV, Dei delitti
e quasi delitti, Padova 1940, p. 118; Gaeta, Sul momento cui va riferita la valutazione del
danno da risarcire, in G. it., 1945, I, 2, p. 105 ss.; Capozzi, Risarcimento dei danni e svalutazione della moneta, in D. e giur., 1945, p. 75; Raffaelli, Intorno al momento della determinazione del danno, in F. pad., 1946, p. 89 ss.; Mas Dari, Svalutazione monetaria e risarcimento del danno, in G. it., 1946, I, 2, c. 197; Greco, Debito pecuniario, debito di valore e svalutazione monetaria, in R. d. comm., 1947, II, p. 114; Auletta, Revocatoria fallimentare ed obbligo di corrispondere il valore del bene alienato, in F. pad., 1956, III, p. 57
ss.; Scognamiglio, Risarcimento del danno, in Nov. D. it., XVI, Torino 1969, p. 14 ss.; De
Cupis, Il danno Teoria generale della responsabilit civile, v. I, Milano 1979, p. 306 ss. e p.
359 ss.; Patti, Danno patrimoniale, in Dig. disc. priv. sez. civ., v. V, Torino 1989, p. 90

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Lopinione di chi scrive che la determinazione del danno debba essere


effettuata in relazione al momento in cui lo stesso si produce. In questo lavoro
si cercher di dimostrare come a questa soluzione conducano i principi e le
regole del nostro sistema di responsabilit e fra queste, non secondariamente,
la norma di cui allart. 1219 comma 2o n. 1, la cui importanza, non solo in
questambito, stata forse sottovalutata.
La tesi secondo cui laestimatio deve essere compiuta al momento della
sentenza o, pi precisamente, in relazione alle cognizioni che a quel tempo si
posseggano, argomentata in chiave sia empirica che dogmatica.
Dal primo punto di vista, la determinazione del danno in un tempo diverso da quello della pronuncia giudiziale, inteso quale ultimo momento disponibile a questo fine, viene percepita come unimmotivata limitazione, la
scelta di una visuale pi angusta da parte di chi ne ha a disposizione una pi
ampia. Se il giudice ha la possibilit di valutare le conseguenze dellevento
dannoso sino alla pronuncia della condanna giudiziale non si vede perch dovrebbe circoscrivere la sua cognizione ad un determinato e precedente periodo.
Si ricorda, inoltre, come laddove appaia probabilisticamente fondato che,
quale conseguenza dellevento lesivo, possano verificarsi in futuro dei pregiudizi per lattore, il giudice risarcisce danni non ancora venuti ad esistenza e lo
fa sulla base di quella valutazione e quantificazione ipotetica del danno che i
dati di cui dispone al tempo della sentenza gli suggeriscono. Il ragionamento,
in altre parole, il seguente: se si risarciscono anche i danni futuri e, quindi,
si stimano effetti dannosi che ancora non si sono verificati, sarebbe incoerente
compiere laestimatio in un momento precedente a quello della pronuncia
della sentenza e, cos, non tenere conto di quegli effetti dannosi che, invece, si
sono gi prodotti (3). Il tempo non pu essere, infatti, tra i fattori che condizionano la selezione del danno risarcibile (4); ed il mezzo per evitare che lo
stesso venga, surrettiziamente, a svolgere tale funzione fissare laestimatio al
momento della sentenza.
Ben pi complicate le argomentazioni che motivano questa soluzione da
un punto di vista teorico.
ss., in particolare p. 104; Franzoni, Il danno risarcibile, in Trattato della responsabilit civile diretto da Franzoni, Milano 2004, p. 118 ss.
( 3 ) Cfr. De Cupis, op. cit., p. 306 ss. e p. 370 ss.
( 4 ) Secondo De Cupis, op. cit., p. 308, per il solo fatto che il legislatore si preoccupato di enunciare dei limiti rispetto al rapporto di causalit, ha sancito lulteriore limitazione della prevedibilit, ecc., pu arguirsi, a contrario, che nessuna limitazione sussiste nellordinamento giuridico riguardo alle circostanze di tempo: cosicch anche ci ch posteriore al verificarsi del fatto dannoso va preso in considerazione dal giudice al fine di determinare il contenuto del danno risarcibile; non v limite, vale a dire, al potere di cognizione
del giudice, dovendo egli cercare di determinare con la maggiore precisione possibile lentit del danno da risarcire, senza omettere alcun elemento capace di contribuire a questo risultato .

PARTE II - COMMENTI

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1.1.1. La scelta di compiere laestimatio in relazione al momento della


pronuncia giudiziale considerata, dai fautori di questa tesi, come un corollario della stessa nozione di danno accolta nel nostro ordinamento.
La concezione cui ci si richiama quella di un danno patrimoniale e non
reale, concreto e non astratto, quantificato come differenza di patrimoni (ipotetico versus reale) e non come unaestimatio rei (5). In che modo dallaccoglimento di questa nozione di danno giuridicamente rilevante dovrebbero sortire
delle implicazioni sul terreno dellindividuazione del momento rilevante per la
sua determinazione?
Si ritiene che una stima del danno compiuta in relazione al tempo in cui
lo stesso si verifica darebbe sostanza ad una quantificazione del pregiudizio
espressione di una concezione reale ed astratta del danno oramai superata e
recessiva (6).
Nel momento in cui il danno si produce non si potrebbe valutare altro
che limpatto dellevento dannoso sul singolo bene (interesse) leso. Unaestimatio cos circoscritta sarebbe incapace di cogliere la reale portata che quel
determinato danno ha per quel singolo danneggiato, cos come di proiettare
levento pregiudizievole nel complesso sistema degli accadimenti e dei rapporti che danno consistenza al patrimonio di un soggetto.
In altre parole, una stima compiuta in relazione al tempo in cui il danno
si prodotto si ridurrebbe ad una valutazione del valore o della diminuzione
del valore del bene leso (nel caso, rispettivamente, di perimento o danneggiamento dello stesso), e non sarebbe, perci stesso, in grado di individuare appieno lentit delle conseguenze dellevento dannoso, comportando una determinazione parziale o, finanche, artificiale delle stesse. Una valutazione del
danno coincidente con la stima del bene leso (aestimatio rei) risulterebbe, infatti, stereotipa: considerato un certo bene ed un certo evento dannoso, loggetto della prestazione risarcitoria sarebbe il medesimo chiunque sia il titolare
dellinteresse leso. Il danneggiato non si vedrebbe compensato, quindi, dellid
quod interest (7) ma di una somma che rappresenta, solo in astratto, il valore
dellutilit perduta.
Questo , essenzialmente, il ferro di lancia dei sostenitori dellaestimatio
al momento della pronuncia giudiziale: lopposta soluzione, da una parte sarebbe espressione di una ormai superata concezione reale del danno (inteso
( 5 ) In generale sulla nozione di aestimatio rei, sui criteri oggettivi e soggettivi di misura
del danno, sullid quod interest e la differenztheorie v. lampia ricognizione di Franzoni, op.
cit., p. 99 ss.
( 6 ) Cfr. Salvi, Il danno extracontrattuale modelli e funzioni, Napoli 1985, in particolare p. 23 ss., p. 43 ss. e p. 97 ss.; Id., Il risarcimento del danno in forma specifica, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti, a cura di Mazzamuto, Napoli 1989, p. 576 e p. 577;
Patti, op. cit., p. 94 ss.
( 7 ) Sulla nozione di id quod interest v., per tutti, Betti, voce Id quod interest, in Nov.
D. it., v. VIII, Torino 1962, p. 133.

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quale lesione materiale di un bene) (8), dallaltra tradirebbe lidea del danno
considerato come conseguenza.
Se la scelta si pone fra compiere laestimatio in relazione al momento in
cui il danno si produce ovvero in cui si pronuncia la condanna al risarcimento, dalla declinazione della nozione di danno presa in esame deriverebbe chiara lindicazione per il momento della sentenza. Se il danno conseguenza esso
va valutato in relazione allultimo momento che le regole del diritto processuale rendono disponibile. Da una valutazione del danno compiuta in relazione al momento in cui lo stesso si produce sortirebbe, infatti, una stima astratta nello schema dellaestimatio rei e non concreta nel paradigma dellid quod
interest e della teoria della differenza (9).
1.1.2. Andiamo ora, pi pragmaticamente, a prendere in esame le
conseguenze pratiche di questa soluzione.
Stimare il danno al momento della sentenza significa tenere conto, sino a
questo tempo, delle variazioni di valore che abbiano investito linteresse tutelato
tanto in positivo quanto in negativo. Ci, implicitamente, significa ritenere che il
danneggiato in mancanza dellevento lesivo avrebbe continuato, per tutto il periodo che intercorre dal momento in cui il danno si produce a quello della pronuncia, ad essere titolare di quellinteresse, giovandosi del suo apprezzamento o
subendone il deprezzamento. Ci ancora significa, ma questo punto verr approfondito nel prosieguo, che la sostituzione tra linteresse pregiudicato ed il credito
risarcitorio avviene soltanto con il formarsi del giudicato di condanna.
In questo modo ogni variazione in positivo del valore dellinteresse leso
nuovo danno, come tale risarcibile. Si noti come non si faccia riferimento, in
questa ipotesi, al verificarsi di una nuova conseguenza del decorso causale innescato dallevento dannoso, bens ad una semplice variazione (positiva nel
caso in esame) del valore della lesione gi compiutamente individuabile ed individuata in un momento precedente (quello del prodursi del danno).
Volendo esemplificare, pensiamo alla tela di De Chirico squarciata dal ladro inetto. Se il valore del dipinto, che al tempo dellazione era 100, sale a 200
al momento della pronuncia della sentenza di condanna, tale variazione non
deriva causalmente dallatto dannoso ma espressione di un cambiamento della quotazione dellartista sul mercato delle opere darte (10). Stimando il danno
al momento della pronuncia la conseguenza di tale accadimento, affatto estraneo allevento dannoso, verrebbe posta a carico del danneggiante, cos come
graverebbe, invece, sul danneggiato un eventuale deprezzamento dellopera.
( 8 ) Cfr. Rotondi, Dalla Lex Aquilia allart. 1151 cod. civ. Ricerche storico - dogmatiche, in R. d. comm., 1916, p. 942 ss.
( 9 ) V. Mommsen, Beitrge zum Obligationenrecht. Zur Lehre von dem Interesse, Braunschweig 1855, p. 11 ss.
( 10 ) Cfr. H. Mazeaud-L. Mazeaud-A. Tunc, Trait thorique et pratique de la responsabilit civile dlictuelle et contractuelle, III, Paris 1960, p. 569 ss.

PARTE II - COMMENTI

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Pensiamo poi se a distanza di tempo dallazione dannosa, ma prima della


sentenza, si scoprisse che la tela era un falso, oppure consideriamo lipotesi
che limmobile, in cui il dipinto si trovava, poche ore dopo il fatto sarebbe interamente perito a causa di un incendio dovuto al pessimo funzionamento
dellimpianto elettrico. In entrambi i casi, se il momento dellaestimatio fosse
quello della sentenza, nessun risarcimento sarebbe dovuto al danneggiato:
considerare o meno levento dannoso non produrrebbe differenza sulla consistenza del patrimonio dello stesso.
Tenere conto delle variazioni in positivo del valore dellinteresse leso dal
momento in cui il danno si produce a quello in cui si giudica sulla domanda
risarcitoria sarebbe un portato dellidea di danno come conseguenza e della
teoria della differenza patrimoniale come sistema per esprimerne la quantificazione. La teoria della differenza implica un giudizio su quella che sarebbe
stata la consistenza del patrimonio del danneggiato nel caso in cui levento
dannoso non si fosse verificato. Oggetto della stima la consistenza che il patrimonio del danneggiato ha in seguito alla lesione confrontata con quella che
lo stesso avrebbe avuto laddove il fatto o atto dannoso non avesse avuto luogo. Si tratta, quindi, del confronto fra una situazione ipotetica ed una reale.
evidente che il momento prescelto per la stima del danno sar proprio
quello in cui effettuare tale confronto e, cambiando il tempo preso in considerazione, muteranno, probabilmente, anche i termini del paragone, sia reali
che ipotetici.
Potr esservi, come abbiamo visto, un apprezzamento od un deprezzamento del valore dellinteresse leso; un guadagno che non si realizzi a causa
dellevento dannoso (lucro cessante); un guadagno che, al contrario, venga
conseguito proprio a causa dellevento dannoso (compensatio lucri cum damno); cos come potrebbe verificarsi un evento cui sarebbe, comunque, conseguito il danno, se lillecito di cui si giudica non vi avesse gi dato causa (il
problema della cosiddetta causalit alternativa ipotetica).
1.1.2.1. Gli autori che ritengono il pregiudizio debba essere stimato in
relazione al momento della sentenza non traggono, solitamente, tutte quante
le conseguenze che dalladesione a questa tesi deriverebbero (11).
Proprio a tal proposito, sembra interessante prendere in esame gli scritti
del Tedeschi (12).
Base dellimpostazione di questo Autore la netta assunzione di una no( 11 ) interessante, ad esempio, notare come De Cupis, op. cit., p. 363 ss., nellampia
trattazione dedicata al momento della determinazione e valutazione del danno, non faccia
mai riferimento allipotesi di un deprezzamento dellinteresse leso, dal tempo in cui il danno si produce a quello della pronuncia giudiziale. Fissando laestimatio alla sentenza, al
danneggiato, in questo caso, verrebbe accordato un risarcimento inferiore a quello che lo
stesso si sarebbe visto liquidare valutando il danno al momento del suo prodursi.
( 12 ) Tedeschi, Il danno e il momento della sua determinazione cit.; Id., Il momento della determinazione del danno cit.

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zione di danno come conseguenza concreta, operante sul patrimonio di un


soggetto in modo tale da poter affermare che lo stesso, qualora il fatto lesivo
non avesse avuto luogo, avrebbe avuto una consistenza diversa da quella che
ha nel momento in cui si giudica. Il tempo in cui pronunciata la sentenza
riguardato quale limite meramente esterno, imposto dalle necessit del diritto
processuale, alla cognizione delle conseguenze di cui fu foriero levento dannoso e delle vicende che, ugualmente, si sarebbero verificate prescindendo da
esso (13).
Se il danno concreta conseguenza, una stima compiuta al momento in
cui lo stesso si produce ne tradisce la nozione, rendendo il danno risarcito diverso dal danno risarcibile, non concreta conseguenza bens astratta ipostatizzazione.
Il caso in cui il pregiudizio si atteggi quale danno emergente sembra porre un problema allaffermazione di questa tesi. Per quale ragione, infatti, la
sottrazione di unutilit gi presente in un patrimonio non dovrebbe essere
stimata in relazione al tempo in cui si verifica? Perch uneventuale stima
compiuta in quel momento dovrebbe rappresentare unastrazione?
Tedeschi, consapevole della possibile obiezione, analizza allora il fondamento della distinzione tra danno emergente e lucro cessante, tra danno presente e danno futuro.
Premessa la considerazione del patrimonio come insieme di utilit, attuali o potenziali, il valore di un cespite patrimoniale sarebbe dato dalle utilit,
dai servizi diretti o indiretti che dallo stesso si possano trarre. Il valore di un
immobile inutilizzato sarebbe rappresentato, ad esempio, dai canoni conseguibili attraverso uneventuale locazione dello stesso o dal prezzo che si ricaverebbe dalla sua alienazione. Cos, in caso di perimento di questo immobile
a causa di un illecito, il risarcimento sarebbe quantificato in base ad una valutazione delle utilit che dallo stesso il danneggiato avrebbe potuto ottenere.
In questo modo, il danno emergente verrebbe ad essere compensato in
quanto causa di lucro cessante e danno futuro. Il danno emergente sussiste
in quanto si ritenga che dal bene danneggiato il soggetto avrebbe ritratto servizi diretti o indiretti, come dicono gli economisti, commoda e utilitates, come
dicevano gli scrittori di diritto comune; si riduce anchesso, in definitiva, a lucro cessante e danno futuro (14).
La distinzione tra danno emergente e lucro cessante, cos come quella tra
danno presente e danno futuro, avrebbe semplicemente la funzione di esprimere un differente grado di probabilit intorno al verificarsi del danno.
In questo senso, come se con levento dannoso si ponesse unipotesi di
( 13 ) Tedeschi, Il danno e il momento della sua determinazione cit., p. 265, spiega: dicendo che il giudice deve determinare il danno come gli appare al momento della sentenza
si vuol semplicemente dire che, salvo ci che deriva dalle regole processuali, non v limite
posto alla sua possibilit di cognizione, che di tutti i fatti influenti sullan o sul quantum
del danno che gli constino egli deve tener conto .
( 14 ) Tedeschi, op. ult. cit., p. 257 e p. 258.

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lavoro circa il prodursi del danno. Nei casi di danno emergente la possibilit
che lipotesi riceva una conferma sarebbe massima, progressivamente pi incerta quando si discuta di lucro cessante o di danno futuro.
Secondo Tedeschi non vero dunque che si dica certo il danno perch
avvenuto, incerto perch futuro, ma piuttosto che si dice avvenuto il danno
che si considera certo, futuro quello incerto. Lattualit non riguarda il danno, che sempre presente in quanto si valuti il patrimonio capitalizzando i
commoda e utilitates che si prospettano toccare al suo titolare, sempre futuro
in quanto quei commoda e utilitates toltigli dallevento dannoso non gli sarebbero, naturalmente, toccati che in prosieguo; lattualit riguarda soltanto
la nostra cognizione, che pu avere, o no, sufficienti elementi per determinare
se e quale danno vi sia (15).
Il pregio del ragionamento del Tedeschi quello di ricondurre la questione del momento rilevante per laestimatio nellalveo di una riflessione di pi
ampia portata sul concetto di danno e sulla sua determinazione. Anche lesame del fondamento della distinzione tra danno emergente e lucro cessante,
danno presente e danno futuro, pur potendo apparire stravagante, si spiega in
questottica.
come se al momento del verificarsi dellevento lesivo si formulasse
unipotesi sul danno, ipotesi che pu apparire pi o meno probabile a seconda
che ci si trovi di fronte ad un danno emergente o, invece, ad un lucro cessante. Se levento dannoso ha leso un interesse che gi era ricompreso nel patrimonio del danneggiato, con elevata probabilit si pu considerare che questo
non potr giovarsi di quelle utilit che il cespite danneggiato o venuto meno
avrebbe prodotto. Se si tratta, al contrario, della lesione di un interesse ancora potenziale, di cui, al momento del danneggiamento, non si pu essere certi
sarebbe entrato nel patrimonio del danneggiato, il grado di probabilit del
verificarsi delleffetto dannoso inferiore e, cos, pi accentuatamente nei casi
di cosiddetto danno futuro.
In questa chiave si spiega lopinione secondo cui il danno emergente si riduce in fin dei conti a lucro cessante e danno futuro, e, in generale, che il
danno sempre futuro. Che conseguenze ha questo ragionamento sulla questione del tempo della stima del danno?
Se al momento del danneggiamento si formula unipotesi, questa andr
verificata nel tempo, quantomeno fino al momento della pronuncia della condanna giudiziale al risarcimento.
1.1.2.2. Nel tempo che va dal momento in cui si verifica levento dannoso a quello della sentenza numerosi possono essere i fattori che vengano ad
incidere sul giudizio intorno allan e al quantum del risarcimento. Dallo stesso evento dannoso potrebbe derivare unoccasione di arricchimento per il
danneggiato, caso in cui quellipotesi inizialmente formulata sul contenuto del
( 15 ) Tedeschi, op. ult. cit., p. 258 e p. 259.

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danno dovrebbe essere rivista, infatti la differenza tra il patrimonio con e senza levento dannoso verrebbe in questo modo ad assottigliarsi, cos come, corrispondentemente, dovrebbe ridursi la somma necessaria a compensare il pregiudizio.
Pensiamo, poi, alleventualit in cui, dopo il fatto lesivo, si verifichi un
evento alternativo rispetto a quello causa del danno ma capace, esso solo, di
produrre il medesimo risultato pregiudizievole. Una tale evenienza, secondo
Tedeschi, dovrebbe portare a smentire lipotesi di danno inizialmente avanzata, in base alla considerazione che tra il patrimonio com (a seguito dellevento di cui si giudica) e come sarebbe stato (in mancanza dello stesso) non
vi sarebbe, a questo punto, alcuna differenza: la diminuzione patrimoniale si
sarebbe ugualmente prodotta, ancorch per una causa differente ed alternativa rispetto a quella in atto (16).
La questione della rilevanza della causalit alternativa ipotetica si intreccia con quella del tempo della stima del danno (17).
Un esempio render pi chiaro ci che si intende dire. Pensiamo al caso
di unauto che venga completamente distrutta in un incidente stradale. Il
giorno dopo quello in cui si verifica levento dannoso, il garage in cui il veicolo, abitualmente, trovava ricovero si incendia a causa di una fuga di gas; laltra vettura di propriet del danneggiato, ivi parcheggiata, rimane carbonizza( 16 ) Cfr. Tedeschi, op. ult. cit., p. 268 e p. 269, che scrive: Cos alcuno guasta un oggetto, che perisce poi incendiato; taluno ferito, ma poi, indipendentemente da ci, per un
accidente muore. Si potr ammettere la pretesa del guastatore o del feritore a non risarcire
il danno che sarebbe avvenuto pur senza il guasto o la ferita, e a non prestare quindi che,
eventualmente, il danno che deriva al patrimonio del danneggiato per quel periodo di tempo in cui egli ha posseduto loggetto guasto anzich intero, vissuto ferito anzich sano? Al
Ferrini e al Polacco pare conforme alla logica giuridica che la risarcibilit del danno non
venga meno perci che il danno stesso era inevitabile, la qual opinione , del resto, generalmente condivisa. Noi per non possiamo accettare largomento del Polacco, che al momento
del danneggiamento sia avvenuta una sostituzione delloggetto danneggiato con la obbligazione diretta a risarcirne il valore, obbligazione avente a suo oggetto danaro, cosa quindi
che numquam perit; poich, per gli argomenti esposti, non possiamo considerare decisivo
quel momento per la determinazione del danno. E, ben lungi dal sembrarci conforme alla
logica giuridica, il principio ci parrebbe contrario alla definizione del danno accolta dallo
stesso Polacco: la differenza tra il valore attuale del patrimonio, e quello che esso presenterebbe invece ove levento dannoso non fosse intervenuto. Orbene, dato che, seppure
levento dannoso in questione non fosse intervenuto, il patrimonio attuale non sarebbe, in
ipotesi, perci diverso da quello che , non sembra che vi sia luogo a parlare di danno risarcibile, secondo quello stesso concetto .
( 17 ) Osserva Realmonte, Il problema del rapporto di causalit nel risarcimento del
danno, Milano 1967, p. 119 e p. 120, nota 21, che tra gli autori che accolgono un concetto di danno riferito allintero patrimonio del danneggiato non vi accordo circa il momento
al quale far riferimento per valutare lesistenza del danno risarcibile. Secondo alcuni [...]
tale momento coincide con quello in cui il danno liquidato e conseguentemente, per costoro, le cause alternative ipotetiche intervenute prima della liquidazione sono rilevanti. Altri
[...], invece, ritenendo che, per stabilire se il danno lamentato dallattore sia risarcibile, occorre aver riguardo al momento in cui esso si verifica, riconoscono la rilevanza solo delle
cause alternative ipotetiche intervenute prima che il danno si sia prodotto .

PARTE II - COMMENTI

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ta. Ora, altamente probabile che, laddove lincidente stradale non fosse avvenuto, anche la prima vettura si sarebbe trovata nel garage al momento dellincendio e, quindi, sarebbe in ogni caso perita anche in mancanza dellevento sulla cui efficienza dannosa ci stiamo interrogando.
Lalternativa chiara: il risarcimento va escluso in base alla considerazione che, anche laddove lincidente stradale non avesse avuto luogo, il perimento dellautomobile si sarebbe comunque verificato, ovvero, limitandosi allesame del reale processo di causazione del danno, si deve obliterare il decorso causale ipotetico e compensare il danneggiato del pregiudizio subito?
La risoluzione del problema, non banale, abbraccia diverse questioni; ci
che qui interessa mostrare le implicazioni legate alla scelta di determinare il
danno in uno od in un altro momento.
Se si guarda al perimento dellautomobile per come si verificato, hic et
nunc, fuor di dubbio che lincidente stradale ne rappresenti la causa, la condicio sine qua non, e che, pertanto, il giudizio di responsabilit si debba concludere con la condanna al risarcimento di colui alla cui condotta lincidente
deve essere imputato. Questo modo di impostare il giudizio di responsabilit
sottende una concezione reale del danno, inteso come lesione materiale di un
bene della vita. In questottica il problema del momento della stima neppure
si pone: se il danno si estrinseca nella lesione materiale di un bene, la sua valutazione economica dovr essere compiuta nel momento in cui la lesione
stessa si produce. Abbiamo visto come in dottrina una valutazione del danno
cos caratterizzata prenda il nome di aestimatio rei.
Muovendo, al contrario, da una concezione patrimoniale del danno, la
questione del momento in cui compierne la stima diventa centrale. Se danno
c in quanto vi sia una differenza tra la presumibile consistenza del patrimonio del danneggiato, laddove levento dannoso non avesse avuto luogo, e la
reale entit dello stesso a seguito della lesione, la constatazione che il pregiudizio, sotto lazione di una causa alternativa, si sarebbe prodotto anche in
mancanza dellevento di cui si giudica, porta realt e ipotesi sul patrimonio
del danneggiato a coincidere (18).
Sembra naturale, a questo punto, chiedersi perch risarcire il proprietario del veicolo quando lo stesso sarebbe perito comunque. Una riparazione
accordata in questipotesi non si risolverebbe in un ingiustificato arricchimento del danneggiato?
Conviene ora fare un passo indietro e tornare sulla tesi per la quale compiere laestimatio in relazione al momento in cui il danno si produce darebbe
sostanza ad una valutazione in astratto e non in concreto sullesistenza e la
quantificazione del danno.
Quando si dice che al momento dellevento dannoso sarebbe possibile,
semplicemente, formulare unipotesi sul danno, si fa riferimento, in una logi( 18 ) Cfr. Trimarchi, Condizione sine qua non, causalit alternativa ipotetica e danno,
in R. trim. d. proc. civ., 1964, p. 1431 ss., in particolare p. 1439 ss.

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ca patrimoniale del pregiudizio, ad unipotesi su quella che sarebbe stata la


consistenza del patrimonio del presunto danneggiato in mancanza dellevento
lesivo. Cos si sostiene che anche in quella che appare lipotesi pi conclamata
di danno, quella del danno emergente, si debbano considerare le utilit che
sarebbero, realmente, entrate nel patrimonio del danneggiato laddove la lesione del bene non avesse avuto luogo.
Si pensi al caso della distruzione dellunica copia di un importante reperto
archeologico scomparso. Al tempo in cui avviene lazione lesiva (causa, appunto,
di un danno emergente) si pu stimare che il patrimonio del danneggiato, se
levento non avesse avuto luogo, avrebbe continuato a ricomprendere anche quel
valore rappresentato dalla copia del reperto. Al tempo del fatto sarebbe stato,
quindi, ipotizzabile un danno, ad esempio, di 100, pari al valore di mercato che
lopera aveva in quel momento. Immaginiamo, per, che di l a poco fosse stato ritrovato il reperto originale, il valore della copia, laddove ancora esistente ed integra, si sarebbe ridotto a zero. Ancora, pensiamo al caso in cui tempo dopo la distruzione della copia, la dimora che la ospitava fosse stata rasa al suolo da un terremoto; il destino della nostra sfortunata opera non sarebbe cambiato cos come
non sarebbe stata diversa la consistenza del patrimonio del danneggiato anche in
mancanza dellevento dannoso. Ovvero consideriamo leventualit che, dopo il
fatto lesivo, un archeologo avesse scoperto altre copie del medesimo reperto; la
nostra, se ancora intatta, non avrebbe perduto totalmente il suo valore che, per,
sarebbe presumibilmente scemato, poniamo da 100 a 20.
Casi di questo genere dimostrerebbero la necessit di compiere la stima
del danno non in relazione al momento in cui lo stesso si produce bens al
tempo della pronuncia giudiziale. Lipotesi che si pu formulare al momento
del danneggiamento potrebbe, infatti, essere in seguito smentita: il patrimonio del danneggiato che, inizialmente, si riteneva avrebbe continuato a contare su di un valore di 100 dato dalla copia del reperto, sarebbe stato ridimensionato proprio di 100 a prescindere dallevento dannoso, sia nel primo che
nel secondo caso esemplificato. Nel terzo, invece, il danneggiato avrebbe continuato a contare sul valore dellopera, non pi per 100 ma 20, e anche cos
lipotesi iniziale, seppure meno radicalmente, avrebbe ricevuto una smentita.
Stimare il danno al tempo in cui questo si produce, ossia tenere ferma
lipotesi iniziale, significherebbe fare astrazione nella determinazione e quantificazione del pregiudizio, allontanandosi dalla nozione di danno, concreta
differenza patrimoniale, accolta nel nostro ordinamento.
Torniamo ora alla domanda che ci eravamo posti circa la rilevanza della
causa alternativa ipotetica. Insomma, perch risarcire un danno che il titolare
dellinteresse leso avrebbe in ogni caso subito?
Secondo Trimarchi il danno deve essere comunque compensato perch,
al tempo in cui agisce la causa alternativa, il diritto al risarcimento gi parte del patrimonio del danneggiato (19).
( 19 ) Trimarchi, Causalit e danno, Milano 1967, p. 165 ss.

PARTE II - COMMENTI

255

Nel momento in cui il danno si produce, infatti, allinteresse leso dallevento pregiudizievole si sostituirebbe il diritto alla somma che equivale al
valore della diminuzione patrimoniale subita ed in relazione a quel momento
valutata. Il tempo dellaestimatio sarebbe quello in cui nasce lobbligazione
da liquidare, pertanto si tratta del tempo in cui il danno si produce.
Dal momento stesso in cui sorge, il credito al risarcimento, ancorch illiquido, un diritto di cui il titolare pu disporre, ad esempio cedendolo o costituendolo in pegno, e della cui attuazione corre il rischio determinato dalla
possibile insolvenza del debitore (20). Non pensabile che il creditore sia, allo
stesso tempo, esposto anche al rischio del bene perduto. Il pericolo per il danneggiato sarebbe, in questo caso, duplice: da una parte quello dellinadempimento dellobbligazione da parte del debitore; dallaltra quello del bene in relazione al cui valore loggetto della prestazione risarcitoria determinato.
Al momento in cui il danno si produce e sorge lobbligo di risarcirlo,
quella che sar (in caso di danneggiamento) o che sarebbe stata (in caso di
perimento) la sorte del bene leso non pi affare del danneggiato, sul quale
gi incombono i rischi del credito nato con la funzione di compensare il danno derivato da quella lesione. A quanto detto conseguirebbe, pacifica, lirrilevanza della causa alternativa (21).
Vi sarebbe, per, un distinguo da operare fra lipotesi di danno emergente e quella di lucro cessante. A differenza della prima, in cui della causa alternativa ipotetica non si dovrebbe tener conto in nessun caso, nellipotesi di lucro cessante, invece, la causa alternativa avrebbe rilevanza se si verificasse
dopo levento dannoso ma prima del momento in cui il mancato guadagno sarebbe stato conseguito. Fino a questo momento, infatti, vi sarebbe non una
certezza ma soltanto una probabilit di danno e, quindi, se avesse luogo un
evento che avrebbe fatto mancare quella possibilit di guadagno anche a prescindere dal fatto dannoso, di quellevento, di quella causa alternativa di danno si dovrebbe tenere conto.
Ci non si porrebbe, del resto, in contrasto con la tesi della sostituzione,
al tempo in cui il danno si produce, tra linteresse leso ed il diritto al risarcimento, poich in caso di lucro cessante il danno si concretizza soltanto nel
( 20 ) Cfr. Patell-Weil-Wolfson, Accumulating damages in litigation: the roles of uncertainty and interest rates, in Journal of Legal Studies, vol. XI, June, 1982, p. 341 ss.
( 21 ) Spiega Trimarchi, op. ult. cit., p. 173, che la Differenztheorie impone il confronto
fra lo sviluppo causale effettivo e quello ipotetico, il valore della differenza variabile col
tempo; e poich si vuole fissare un momento in cui il danno possa venire definitivamente
valutato, si ritenuto di farlo coincidere con quello in cui la liquidazione avviene: le cause
alternative ipotetiche intervenute prima di quel momento sono rilevanti, irrilevanti quelle
successive . Secondo Trimarchi, al contrario, nel momento in cui il danno si verificato
il credito del risarcimento si sostituisce al bene perduto o al guadagno non conseguito; fin
da questo momento, il danneggiato pu valutarlo, pi o meno approssimativamente, e regolarsi di conseguenza. Il credito gi esigibile; non liquido, ma la mancanza di liquidit,
che secondo la concezione pi moderna non impedisce neppure la mora del debitore, ancor
meno potr impedire al creditore di disporre del credito .

256

RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

momento in cui si sarebbe dovuto conseguire il guadagno e risulta ormai


certo (o meglio altamente probabile) che lo stesso non potr pi essere ottenuto.
1.1.3. Si deve, ora, considerare che la tesi che individua il momento
della stima del danno al tempo della pronuncia della sentenza di condanna al
risarcimento stata argomentata anche, e forse soprattutto, in base al rilievo
che il danneggiato pu ottenere dal giudice di veder tutelata la sua pretesa
anche in forma specifica (22). In questipotesi, la sentenza che decide sul risarcimento condanna il danneggiante debitore alla consegna di un bene identico
a quello perduto o alla prestazione di una somma capace di permetterne lacquisto o la riparazione.
Quindi, sia nel caso in cui il danneggiante, ottemperando alla condanna,
acquisti un bene identico a quello perduto sia laddove presti una somma di
denaro idonea a questo fine, la reintegrazione dellinteresse leso fa riferimento
al valore dello stesso al tempo della pronuncia della sentenza o delladempimento dellobbligazione di risarcimento.
Pertanto, se tra il momento in cui il danno si prodotto e quello in cui si
pronuncia la sentenza (o si esegue la prestazione) il valore dellinteresse leso
si sia accresciuto, il danneggiato beneficer di questo incremento. Poich il risarcimento per equivalente deve assicurare una tutela non meno intensa della
reintegrazione in forma specifica e questa consente al danneggiato di giovarsi
del positivo mutamento del valore dellinteresse tutelato, anche la riparazione
per equivalente deve portare al conseguimento del medesimo risultato, che si
ottiene stimando il danno al momento della pronuncia della sentenza di condanna.
( 22 ) Di particolare interesse il punto di vista di Nicol, Gli effetti della svalutazione
della moneta nei rapporti di obbligazione, in F. it., 1944-1946, p. 41 ss., secondo cui se
si tiene presente che il risarcimento in denaro deve ottenere un risultato praticamente
equivalente a quello della reintegrazione in forma specifica, si pu osservare che il danno
pu avere una duplice natura: esso infatti pu o consistere direttamente nella perdita o
nel mancato acquisto, da parte della vittima dellillecito, di una somma di denaro, la cui
entit determinata o determinabile al momento in cui ha luogo la perdita o il mancato
acquisto, ovvero consistere nella perdita (totale o parziale) o nel mancato acquisto di un
bene diverso dal danaro, rispetto al quale la somma di danaro che viene pagata a titolo di
risarcimento ha una funzione strumentale e solo indirettamente compensativa, in quanto
deve fornire al danneggiato la possibilit pratica di reintegrare il bene oggetto della lesione o di neutralizzare gli effetti della lesione medesima . Nella prima ipotesi non pare
dubbio che loggetto dellobbligazione di risarcimento sia rappresentato da quella stessa
somma di denaro di cui il danneggiato stato privato. Per la determinazione dellentit di
tale somma va quindi tenuto presente il momento in cui la privazione effettivamente avvenuta, ossia il momento in cui il danno si verificato . Invece, nellipotesi in cui il danno consiste nella perdita o nel mancato acquisto di un bene diverso dal denaro sarebbe sicuro che la somma di denaro che deve essere pagata al creditore sia quella necessaria e
sufficiente, al momento del pagamento (o al momento della sentenza, se la liquidazione
viene fatta in sede giudiziale), per riparare il danno verificatosi nella sfera patrimoniale
del creditore .

PARTE II - COMMENTI

257

Nella tesi che individua nel modo di riparazione del danno in forma specifica un argomento per sostenere, nel quadro della tutela per equivalente,
laestimatio al tempo della sentenza, si pu riconoscere lidea che il danneggiato conservi, fino al formarsi del giudicato di condanna, un diritto al bene
leso e che, quindi, la sostituzione tra linteresse pregiudicato ed il credito al risarcimento avvenga soltanto con il giudicato.
Questo modo di intendere la situazione giuridica che si crea a seguito dellevento dannoso opposto a quello dei sostenitori della tesi che individua nel
tempo in cui il danno si produce il momento rilevante per procedere alla sua
determinazione e valutazione. Nel momento in cui il danno si produce, infatti,
il diritto al risarcimento prenderebbe il posto del diritto (o interesse) leso, e,
pertanto, in relazione a questo momento che si dovrebbe determinare loggetto della prestazione riparatoria, individuando la somma che esprima il valore del pregiudizio.
1.2. Il ragionamento sin qui svolto per il danno extracontrattuale vale
anche per il danno da inadempimento, salvo che, in questo caso, tra coloro
che non ritengono quello della sentenza il momento rilevante per valutare il
danno, si registra una gamma pi ampia di opinioni circa il tempo dellaestimatio (23).
Le differenti tesi giocano tutte sulla differenziazione dei casi in cui un interesse del creditore alla prestazione inadempiuta ancora ravvisabile da
quelli in cui, al contrario, vi oramai, per necessit o per scelta, soltanto la
pretesa di una tutela risarcitoria. Da una parte, vi sono le ipotesi in cui il creditore chiede lesecuzione in forma specifica della prestazione non eseguita
puntualmente o il creditore contraente fedele chiede la manutenzione del
contratto. Dallaltra, si tratta dei casi in cui il creditore chiede il risarcimento
del danno, perch la prestazione divenuta impossibile per causa imputabile
al debitore, o il creditore contraente fedele chiede il risarcimento del danno
e la risoluzione del contratto.
Laddove sia domandata lesecuzione coattiva dellobbligazione o la manutenzione del contratto e il debitore non ottemperi alla sentenza di condanna, il danno da inadempimento andrebbe stimato in relazione al momento
della pronuncia giudiziale (24). Laddove, al contrario, non sussista pi un
interesse del creditore alla prestazione, laestimatio, secondo alcuni, dovreb( 23 ) Ritiene, coerentemente, che anche il danno da inadempimento si determini al momento della pronuncia giudiziale Tedeschi, Il momento della determinazione del danno cit.,
p. 239 ss. Nello stesso senso Bianca, Dellinadempimento delle obbligazioni, in Comm. Scialoja-Branca, sub artt. 1218-1229, Bologna e Roma 1979, p. 318 ss. V. in questo senso, in
riferimento al momento della stima del danno da risoluzione, lampia analisi di Luminoso,
Il momento da prendere a base per la determinazione e la stima del danno da risoluzione,
in Resp. civ., 1989, p. 1067 ss.
( 24 ) Cfr. Mengoni, Inadempimento delle obbligazioni, in Temi, 1946, p. 566 ss., e in
particolare p. 579 ss.; Barbero, Sistema del diritto privato italiano, II, Torino 1962, p. 75.

258

RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

be avvenire al momento della scadenza dellobbligazione (25), secondo altri


al tempo in cui ladempimento sia divenuto impossibile e, pertanto, in caso
di domanda di risoluzione per inadempimento o di risoluzione di diritto, al
momento della domanda giudiziale o del verificarsi della causa di risoluzione (26).
Lidea di fondo che il danno andrebbe valutato nel momento in cui al
credito alla prestazione si sostituisce il credito al risarcimento, cambia semplicemente, nellopinione dei singoli autori, il tempo in cui si ritiene ci avvenga (27).
Vi , infine, chi considera il danno debba essere stimato nel momento in
cui si produce (che potrebbe non coincidere n con quello della scadenza
dellobbligazione, n con quello della domanda di risoluzione e via dicendo) (28).

( 25 ) Cfr. Carnelutti, Nuove osservazioni sul rischio del cambio in caso di inadempimento del debito in moneta estera, in R. d. comm., 1929, I, p. 46 ss., secondo cui con il
risarcimento il creditore ottiene un equivalente di ci che gli era dovuto; e poich la equivalenza, almeno per le cose che mutano di valore, deve riferirsi a un momento del tempo,
conviene aggiungere: un quid rappresentante il valore di ci che era dovuto nel momento in
cui lobbligo doveva adempiersi. Appunto la possibilit delle variazioni di valore nel tempo
una delle ragioni, per cui le due sanzioni possono offrire al creditore un diverso vantaggio:
sotto questo aspetto giova pi lesecuzione quando il valore della cosa, medio tempore, sia
aumentato; giova pi il risarcimento nel caso opposto. Anche da questo lato si spiega la libert di scelta, che lart. 1165 c.c. lascia al creditore, tra la risoluzione del contratto e lesecuzione , p. 47; Nicol, op. cit., p. 51 e p. 52.
( 26 ) Cfr. Mengoni, op. cit., p. 580; Barbero, op. cit., p. 77.
( 27 ) Secondo Nicol, op. cit., p. 52, se si pone mente al fatto che, verificatosi linadempimento in senso stretto, preclusa da quel momento la possibilit, sia per il creditore
sia per il debitore, di rispettivamente chiedere ed eseguire la prestazione in forma specifica
e che perci, a seguito della estinzione dellobbligazione primaria (e non si pu dubitare che
qui si abbia una vera e propria estinzione di essa), lobbligazione di risarcimento, che sorge
al posto di quella, deve servire a reintegrare la perdita che consegue al definitivo venir meno dellaspettativa della prestazione in forma specifica, si deve, a mio parere, concludere
che in quel momento il diritto del creditore al risarcimento si definitivamente consolidato
nellequivalente pecuniario del suo sacrificio e non deve subire alcuna ulteriore modificazione . De Cupis, op. cit., p. 364, nota 62, ritiene che alla tesi di Nicol sembra potersi
opporre che, nel momento in cui viene definitivamente meno laspettativa alla prestazione,
il creditore comincia (solamente comincia) a subire un danno proporzionato alla misura
(che suscettibile di evoluzione) dellinteresse corrispondente alla stessa prestazione. Modificata nel suo oggetto (trasformato in prestazione risarcitoria), lobbligazione assicura al
creditore una utilit equivalente a quella, sacrificata, della prestazione originaria; e tale
equivalenza va intesa alla stregua degli sviluppi propri della utilit sacrificata. Il danno che
il giudice ha davanti a s, nel momento in cui procede alla sua liquidazione, corrisponde a
quella che nello stesso momento sarebbe stata, per il patrimonio del creditore, lutilit della
prestazione gi dovuta dal debitore: questo danno, cos inteso, che va risarcito, se si vuol
mantenere ferma la funzione reintegratrice del risarcimento .
( 28 ) Ferri, op. loc. cit.; Valcavi, Il tempo di riferimento nella stima del danno, in questa
Rivista, 1987, II, pp. 44, 61, 63 ss.

PARTE II - COMMENTI

259

1.3. Abbiamo visto che il principale argomento usato, in varie forme,


dai sostenitori della tesi secondo cui il danno andrebbe stimato al momento
della sentenza, che la scelta di un momento diverso, come quello in cui il
danno si produce, darebbe sostanza ad una valutazione astratta del pregiudizio, non porrebbe cio il danneggiato nella condizione nella quale lo stesso si
sarebbe trovato in mancanza dellevento dannoso.
Esamineremo ora la fondatezza delle ragioni per cui unaestimatio al momento del verificarsi del danno non porterebbe al conseguimento di questo risultato, pertanto alla realizzazione della funzione della tutela risarcitoria.
Nellipotesi in cui, nel tempo che intercorre dal danneggiamento alla sentenza, vi fosse un aumento di valore dellinteresse leso, una stima dello stesso
al momento della produzione del danno determinerebbe una quantificazione
della prestazione risarcitoria incapace di soddisfare la sua funzione compensativa. Non tenendo conto della variazione in positivo del valore dellinteresse
tutelato, la stessa, infatti, non sarebbe in grado di reintegrare il patrimonio
del danneggiato nello stato in cui questo si sarebbe trovato, al momento della
sentenza, laddove levento dannoso non avesse avuto luogo. In altre parole, se
il bene perduto aumenta di valore cresce la differenza patrimoniale e questa
crescita deve influire sulla quantificazione del risarcimento, in caso contrario
si minerebbe la funzione compensativa dello stesso.
Dati i presupposti sulla base dei quali formulata, questa conclusione
condivisibile. Il problema, per, proprio rappresentato dallaccettazione dei
presupposti del ragionamento. chiaro, infatti, che se la differenza patrimoniale stimata in relazione al momento della pronuncia della sentenza, una
valutazione del pregiudizio che non tenga conto dellaumento del valore dellinteresse leso fino a questo momento determinerebbe una quantificazione
della riparazione incapace di soddisfare la funzione compensativa della tutela
risarcitoria.
anche chiaro, per, che questo rilievo nulla aggiunge al discorso sullindividuazione del tempo rilevante per la stima del danno. Se la differenza
patrimoniale si calcola al momento della sentenza, la valutazione compiuta in
un momento diverso comporter un risultato contrario al criterio differenziale. Perch, per, la differenza patrimoniale dovrebbe essere stimata al momento della sentenza?
Si risponde: perch altrimenti, cio con una valutazione del pregiudizio al
momento della produzione del danno, non del calcolo della differenza patrimoniale si tratterebbe bens di unaestimatio rei.
Largomento non sembra convincente: se il danno si estrinseca nella perdita di un bene (danno emergente) la stima dello stesso integrer sempre
unaestimatio rei, qualunque sia il momento in cui viene effettuata.
La provocazione di Tedeschi, secondo cui il danno emergente si risarcisce
in quanto causa di lucro cessante e danno futuro, coglie un elemento di verit
nella misura in cui per stimare il danno emergente, ad esempio la perdita di
un bene, si fa riferimento al valore di mercato dello stesso e, pertanto, al gua-

260

RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

dagno che si conseguirebbe da una sua eventuale alienazione. Daltra parte,


per, anche laddove se ne considerasse il valore di mercato al momento della
sentenza (la vendita del bene a quel tempo), la quantificazione del risarcimento non cesserebbe di essere unaestimatio rei. Senza contare, poi, che non
vi alcuna ragione per cui ci si dovrebbe riferire ai valori di mercato del tempo della pronuncia giudiziale e non a quelli del momento in cui la perdita del
bene si verifica.
Non la circostanza che si stimi il danno nel momento in cui questo si
produce, invece che nel momento della pronuncia della condanna al risarcimento, che fa prendere alla valutazione compiuta la forma dellaestimatio rei
invece che del calcolo dellid quod interest. La stima del valore del bene perito sulla base del suo prezzo di mercato integra sempre unaestimatio rei. La
scelta, quale metodo di quantificazione del danno risarcibile, della teoria della differenza non esclude in alcune ipotesi, come nei casi di danno emergente,
che la stima assuma questa forma.
A ben vedere, daltra parte, laestimatio rei e il calcolo dellid quod interest non possono essere, oggi, posti in contrapposizione, essendo la prima parte del secondo pi ampio e completo sistema di quantificazione.
1.3.1. Torniamo alla nostra questione del perch la stima dovrebbe
avvenire al momento della sentenza.
Altra risposta, variante sul tema della prima, che una determinazione
del danno nel momento in cui lo stesso si prodotto esprimerebbe una semplice stima dellinteresse leso e non una valutazione globale delle conseguenze
dellevento dannoso sul patrimonio del danneggiato, risultato che sarebbe, invece, garantito da unaestimatio al momento della sentenza.
Anche questo argomento non sembra, per, persuasivo. Confonde, infatti, laccadimento che esito del decorso causale innescato dallevento dannoso
con la variazione della sua misura (cio del suo prezzo), elemento di per s
non ricollegabile al fatto fonte di responsabilit.
In altre parole, lobbligazione risarcitoria deve essere quantificata in modo da compensare la differenza (in negativo) tra quella che sarebbe stata la
consistenza del patrimonio del danneggiato in mancanza dellillecito e quella
che a seguito dello stesso, attraverso la determinazione di tutti i danni causati dalla condotta lesiva, anche quelli prodottisi a distanza di tempo dal primo procedere del decorso causale.
Per determinare e valutare tali danni non affatto necessario portare
laestimatio al momento della pronuncia della sentenza, tale determinazione e
valutazione potr avvenire nel momento in cui ogni singolo danno (emergente
o lucro cessante) si produce. Il tempo della stima sar quello in cui viene meno unutilit gi presente nel patrimonio del danneggiato (danno emergente),
ovvero quello in cui il danneggiato avrebbe realizzato un guadagno verso il
quale aveva maturato unaspettativa (lucro cessante).
La quantificazione della differenza patrimoniale si otterr, cos, a seguito

PARTE II - COMMENTI

261

delle varie stime operate, come un giudizio generale nutrito da differenti valutazioni singolari (che, poi, ciascuna integri o meno unaestimatio rei dipender dal fatto che il pregiudizio consista o meno nella lesione dellinteresse su
di un bene).
La determinazione del pregiudizio al momento del suo prodursi non contrasta con la nozione di danno accolta nel nostro ordinamento, fondata sulla
teoria della differenza patrimoniale. La scelta di questo tempo per effettuare
laestimatio non implica, infatti, una valutazione astratta del pregiudizio proprio perch non manca di considerare tutti i danni, conseguenza dellevento
dannoso, che si siano prodotti fino al momento della pronuncia della condanna al risarcimento. La differenza con una stima del danno condotta in relazione a tale (ultimo) momento risiede nel fatto che, perseguendo tale soluzione, non solo si tiene conto di tutti gli effetti lesivi verificatisi ma anche della
variazione nel tempo del valore di mercato dei corrispondenti interessi.
Laccoglimento della teoria della differenza patrimoniale quale criterio di
quantificazione del danno risarcibile non implica, quindi, n che laestimatio
avvenga in relazione al momento della sentenza e, in conseguenza di ci, neppure che si tenga conto dellevolversi della valutazione di mercato dellinteresso leso dal tempo in cui si verifica leffetto lesivo (e si procede a determinarne
lentit) al tempo in cui si forma il giudicato di condanna alla riparazione.
Nella tesi che individua nella pronuncia della condanna giudiziale al risarcimento il riferimento temporale per il compimento della stima del danno,
si pu cogliere una contraddizione tra lobbiettivo perseguito e gli argomenti
che dovrebbero motivarne il raggiungimento. Da una parte, infatti, si considera la soluzione della stima alla sentenza come lunica in grado di garantire
un esito del giudizio di responsabilit e, specificamente, una quantificazione
del risarcimento conforme alla concezione patrimoniale del danno accolta nel
nostro ordinamento. Dallaltra, per, si critica la tesi che vuole laestimatio al
momento del danno evidenziando, in particolare, come questa scelta depotenzierebbe lefficacia compensativa della tutela per equivalente, a fronte del
possibile apprezzamento nel tempo dellinteresse tutelato.
Insomma, ci si ispira ad una concezione patrimoniale del pregiudizio ma
si sostiene la necessit di seguire landamento del mercato dellinteresse pregiudicato sino al momento della pronuncia sulla pretesa risarcitoria. Si propugna una concezione patrimoniale del danno muovendosi, per, in una logica reale. Nellipotesi di pregiudizio che si estrinseca nella perdita di un bene
(caso in cui pi evidente la riflessione che si sta conducendo), emerge nitidamente lidea che il diritto del danneggiato non abbia quale contenuto tanto
la compensazione della perdita patrimoniale subita quanto il bene stesso, o
meglio quella somma che ne consenta la reintegrazione nel patrimonio.
1.4. Ci trova chiara conferma nelluso che viene fatto del confronto
tra risarcimento per equivalente ed in forma specifica. La stima al momento
della sentenza , infatti, motivata in particolare con la necessit che la tutela

262

RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

per equivalente garantisca al danneggiato un risultato analogo a quello assicurato dalla tutela specifica. I termini del ragionamento sono stati gi illustrati, se ne vaglier ora la fondatezza.
Laestimatio del danno, nella tutela per equivalente, dovrebbe avvenire
al momento della sentenza per garantire al danneggiato una riparazione di
intensit uguale a quella che riceverebbe da una reintegrazione in forma specifica. Prima di verificare se la tutela specifica possa realmente costituire un
parametro sulla base del quale conformare la compensazione per equivalente,
sembra utile chiedersi se ed in quali termini si ponga, in relazione al risarcimento di cui allart. 2058, la questione del momento della stima del danno.
Cominciamo con il distinguere il danno inteso nella sua materialit, come
lesione fisica di un bene della vita, dal danno riguardato come differenza che,
a causa di quella lesione, si sia determinata nel patrimonio del danneggiato
tra quella che sarebbe stata la consistenza dello stesso, ad un determinato
momento, laddove non vi fosse stata lazione del fatto dannoso, e quella che
ne la consistenza nel tempo considerato, verificatosi levento pregiudizievole.
Se si guarda al danno come lesione materiale di un bene della vita, non si
pu che avere riguardo al momento in cui la lesione stessa si prodotta per
determinare le conseguenze del fatto dannoso: la misura dellalterazione materiale di un bene non influenzata dal mutevole andamento del mercato.
Non che una lesione materiale non possa aggravarsi (pi difficile, invece, che
si ridimensioni), ma laggravamento la manifestazione della reale entit della conseguenza dellevento pregiudizievole, pertanto in questo momento
(quello dellaggravamento) che deve considerarsi realmente prodotto il danno
(in tutte le sue potenzialit).
Al contrario, se si guarda al danno come differenza patrimoniale, la scelta del momento dellaestimatio diventa, come abbiamo visto, ben pi complessa. Si deve considerare, infatti, che il bene leso ha un prezzo soggetto a
variazioni, che dipendono dagli scambi di cui i beni appartenenti alla medesima categoria sono fatti oggetto, e a seconda, perci, che si scelga luno o laltro momento per operare quella valutazione ipotetica sullentit del patrimonio del danneggiato in mancanza dellevento dannoso, lesito della stessa
soggetto a notevoli variazioni.
La differenza, quindi, tra una valutazione reale e una patrimoniale del
danno sta nel fatto che, nella seconda, la variazione del valore del bene leso
(dellentit del danno) dal momento in cui lo stesso si prodotto ad un momento successivo non pu considerarsi manifestazione del compiersi delle
conseguenze del decorso causale, bens semplicemente come espressione della
variabilit della valutazione di mercato del bene da stimare. Icasticamente si
potrebbe dire che non la stima che segue il danno ma il danno che segue la
stima.
In altre parole, quel cespite patrimoniale che in un momento t (quello del
prodursi del danno) ha prezzo x, in un momento successivo t2 pu veder cre-

PARTE II - COMMENTI

263

scere il proprio valore a 3x per poi, in un ipotetico momento t3, deprezzarsi a


2x. Ci che si vuole dire che, invece, un mutamento della lesione materiale
del bene legato allo sviluppo del decorso causale (innescato dal fatto dannoso), e, quindi, seguire le variazioni del manifestarsi della lesione materiale ha
il senso di determinare il momento in cui il danno si produce nella sua pienezza.
In una concezione reale del danno, infatti, il mutamento dimensionale
dellentit dello stesso esprime il pieno compiersi del decorso causale dopo
una sua prima manifestazione iniziale: il momento in cui la lesione si aggrava
, nuovamente, momento della produzione del danno (rispetto ad un primo
momento di produzione del danno). Lo stesso significato non si pu dire abbia il seguire il mercato del bene danneggiato o distrutto: ad ogni differente
momento dosservazione prescelto cambia lentit della stima, senza che vi sia
un criterio per stabilire quale sia la valutazione che pi delle altre esprima la
portata delle conseguenze dellevento dannoso. Ad un diverso momento corrisponde una differente stima, la scelta del momento della stima determina il
contenuto della stessa.
Pensiamo, ora, al possibile contenuto dellordine risarcitorio ex art.
2058: la prestazione di un bene identico a quello perduto, la riparazione del
bene leso, ovvero la dazione di una somma in grado di permettere al danneggiato la sostituzione o la riparazione (o di compensarlo nel caso egli abbia,
autonomamente, provveduto alluna o allaltra).
Il risarcimento in forma specifica ha la funzione di reintegrare il danneggiato di un valore duso, perduto a causa della distruzione o della lesione del
bene provocata dallevento pregiudizievole. Loggetto della riparazione determinato in base ad una stima reale del danno, che definisce lentit della lesione cui reagire per ripristinare la funzione duso compromessa. Il fatto che
le conseguenze dellevento dannoso siano eliminate dal danneggiato (poi compensato dal danneggiante) e non direttamente da questultimo, non cambia il
parametro che fissa loggetto della reintegrazione, rappresentato dalla stima
reale del danno.
Che ruolo ha, in questo quadro, quella che potremmo definire la stima
patrimoniale del danno?
Ex art. 2058, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore, il giudice pu disporre che il risarcimento avvenga
solo per equivalente. La stima patrimoniale del danno, criterio di quantificazione della tutela per equivalente, svolge, in questo caso, la funzione di semplice parametro nel giudizio sulleccessiva onerosit della tutela specifica. Il
momento in relazione al quale la stima patrimoniale del danno andr effettuata sar quello in cui il danneggiato abbia sostituito o riparato il bene leso
ovvero quello in cui la riparazione o la sostituzione siano compiute dal danneggiante.
Come si rilevato, coloro che sostengono laestimatio al momento della
sentenza supportano la loro tesi con la considerazione che, con la tutela speci-

264

RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

fica, il danneggiato riceverebbe un bene sostituto di quello perduto per il suo


valore al momento della pronuncia giudiziale. Come si vede, nellipotesi in cui
sia stato il danneggiato a provvedere alleliminazione delle conseguenze dellevento dannoso, il momento della stima patrimoniale, in relazione al quale
ha luogo il confronto fra le due forme di tutela, tender ad essere diverso da
quello della pronuncia giudiziale. Lo stesso, a rigore, dovrebbe potersi dire
anche per il caso in cui sia il danneggiante a porre in essere la reintegrazione.
In questipotesi, per, non si potr aver riguardo al momento in cui il danneggiante ponga effettivamente in essere la reintegrazione (in quanto successivo
alla celebrazione del processo), ma si dovr considerare quello in cui il giudice ne pronunci la condanna.
In caso di risarcimento in forma specifica, quindi, il problema della scelta
del momento rilevante in cui compiere laestimatio (patrimoniale) non si pone, conta soltanto il tempo in cui venga operata la sostituzione o la riparazione del bene leso. Ci non suscita meraviglia, nel quadro di questa forma di
tutela, infatti, naturale che laspetto patrimoniale, il valore di mercato del
bene, sia subordinato allaspetto reale, il valore duso del bene, oggetto della
reintegrazione.
Il riferimento al valore di mercato del bene leso chiaramente ancillare,
non vi una questione sul momento in cui stimarlo, che sar per forza di cose
quello in cui avviene la reintegrazione o quello della sentenza (per la ragione
esposta), e lo stesso riferimento alla stima patrimoniale avr puramente la
funzione di consentire il giudizio ex art. 2058 comma 2o, finalizzato alla decisione sulla forma di tutela di accordare al danneggiato nella fattispecie concreta.
In conclusione, il fatto che nellipotesi di risarcimento in forma specifica
il momento della stima patrimoniale del danno possa coincidere con quello
della pronuncia della condanna giudiziale, non un argomento che pu essere utilizzato per sostenere, in relazione al risarcimento per equivalente, che il
momento dellaestimatio debba coincidere con quello della sentenza. Il tempo
della stima patrimoniale del danno, in caso di risarcimento in forma specifica,
segue le rationes proprie di questa forma di tutela in cui, al contrario, centrale la stima reale del pregiudizio.
Nel nostro ordinamento, a fronte di un unico evento dannoso, vi sono due
possibili modelli e modi della riparazione: uno per equivalente pecuniario,
principale e prioritario (29), laltro in forma specifica. Sono modi di reazione
al pregiudizio che guardano al danno in modo differente, nel primo come differenza patrimoniale negativa, nel secondo come compromissione di un valore
duso (30); hanno coerentemente una funzione diversa, nelluno la compensa( 29 ) Cfr., per tutti, Salvi, Il danno extracontrattuale cit., p. 38 ss.
( 30 ) Di contrario avviso Castronovo, Il risarcimento in forma specifica come risarcimento del danno, in Processo e tecniche di attuazione dei diritti cit., p. 481 ss., secondo cui
lalternativit rispetto al risarcimento per equivalente, con la quale il r.f.s. introdotto

PARTE II - COMMENTI

265

zione della diminuzione patrimoniale, nellaltro la reintegrazione della funzione duso perduta; muovono da una stima del danno differentemente orientata, stima reale versus stima patrimoniale; si quantificano, qualora abbiano
entrambi ad oggetto una somma di denaro, in modo diverso (art. 2058 comma 2o) (31).
Quanto detto mostra lerrore sotteso allopinione secondo cui laestimatio, nel risarcimento per equivalente, dovrebbe avvenire al momento della
sentenza poich, in caso contrario, al danneggiato verrebbe garantita una riparazione meno intensa di quella assicurata dalla tutela specifica, che comporterebbe la prestazione di un bene identico a quello perduto per il suo valore al tempo della pronuncia. La quantificazione del risarcimento, nella tudallart. 2058, non consente del resto di ritenere che diverso sia il danno da risarcire, ma
impone invece di pensare al danno come a una lesione giuridica una volta per tutte definita, le cui conseguenze materiali potranno di volta in volta trovare risoluzione nel mezzo risarcitorio che il danneggiato riterr di scegliere. Tale conclusione imposta, oltre tutto,
dallart. 2043 il quale ponendo il danno ingiusto quale elemento oggettivo della fattispecie
generale dellillecito, cui, nel rispetto del meccanismo previsto dallart. 2058, si potr reagire con luno o laltro rimedio risarcitorio, impone di qualificarlo requisito unitario che non
consente distinzioni, per di pi imposte dallesterno come accadrebbe se il danno risarcibile
fosse inteso alla maniera di funzione, come tale variabile, del rimedio risarcitorio di volta in
volta prescelto. Una prospettiva del genere [...] appare viziata da uninversione logica in
quanto deriva lessenza di un fenomeno da presunte differenze di conseguenze laddove solo
unaccertata diversit del fenomeno pu giustificare la diversit delle conseguenze , p.
500.
( 31 ) Cfr. DAdda, Il risarcimento in forma specifica. Oggetto e funzioni, Padova 2002,
in particolare p. 121 ss., che, al termine di una lunga analisi sul problema della maggiore
onerosit della tutela specifica rispetto a quella per equivalente, conclude: a questo
punto chiaro il modello risarcitorio che ci sembra pi rispondente alle scelte normative operate dal nostro legislatore. Questultimo, disciplinando sul modello tedesco il risarcimento
in forma specifica a fianco della compensazione del danno per equivalente, ha inteso provvedere alla tutela del soggetto danneggiato in due modi: garantendogli la scelta tra la tutela
dellinteresse a conservare il proprio patrimonio nella consistenza che avrebbe avuto senza
laccadimento lesivo e la salvaguardia dellintegrit dei singoli beni distrutti od alterati dalla condotta illecita. E, poich la soddisfazione dei diversi interessi impone di frequente oneri diversi per il danneggiante, il nostro sistema di responsabilit civile consente anche condanne risarcitorie diversamente quantificate. [...] quindi alla luce di questa facolt concessa al danneggiato che si spiega la nozione di eccessiva onerosit di cui al capoverso
dellart. 2058 c.c. Se infatti, nel caso di danno materiale o concreto, due sono le vie di tutela concesse alloffeso; se tale duplicit di tutela si spiega con i diversi interessi sorti in capo al danneggiato a seguito dellaccadimento dannoso; se ancora si considera che la rilevanza normativa dei due diversi interessi delloffeso postula il rilievo di due diverse nozioni
di danno; allora appare comprensibile perch a fronte del medesimo accadimento pregiudizievole possano seguire condanne risarcitorie diverse, perch volte a soddisfare interessi diversi, quanto ad onerosit per il danneggiante. E poich di frequente la riparazione in natura ha ad oggetto le somme di denaro necessarie alle opere di reintegrazione da effettuarsi
ormai a cura delloffeso si comprende perch il risarcimento pecuniario in forma specifica sia sovente condanna che pur avendo sempre ad oggetto somme di denaro, si distingue
da quella (per sua natura pecuniaria) volta al risarcimento per equivalente , p. 204 e p.
205. V., nello stesso senso, Salvi, Il danno extracontrattuale cit., p. 33 ss.; Id., Il risarcimento del danno in forma specifica cit., in particolare p. 590 ss.

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tela per equivalente, non deve essere parametrata alla tutela specifica; al
contrario il risarcimento in forma specifica che sar accordato al danneggiato solo alla condizione che non si riveli eccessivamente oneroso per il debitore rispetto a quello per equivalente. Questo non deve garantire la medesima tutela della reintegrazione di cui allart. 2058, perch garantisce una
tutela, e soddisfa una funzione, differenti, la cui realizzazione pu anche essere, e spesso sar, pi conveniente per il debitore di quella della riparazione
in forma specifica (32).
Infine, per pignoleria, si deve anche precisare che non sempre la tutela
specifica comporta la reintegrazione di una funzione duso per il suo valore al
momento della sentenza. risarcimento in forma specifica anche la prestazione della somma che il danneggiato abbia speso, anche in un tempo prossimo allevento lesivo e lontano da quello della pronuncia, per eliminarne le
conseguenze dannose. Si tratta di tutela specifica perch la somma spesa dal
danneggiato, rimborsata poi dal danneggiante, determinata in funzione della reintegrazione di un valore duso.
1.5. Sin qui abbiamo esaminato il perch n la concezione patrimoniale del danno, n la teoria della differenza, n la necessit di determinare e
stimare tutte le conseguenze dellevento dannoso, n il paragone tra tutela per
equivalente e tutela in forma specifica, impongano una stima del danno al
momento della pronuncia di condanna al risarcimento.
Non abbiamo, per, spiegato ancora, se non indirettamente, perch il
danno dovrebbe essere stimato in relazione al momento in cui lo stesso si produce. La ragione risiede nella presenza di alcuni indici nelle norme e nel sistema che, univocamente, conducono a questa soluzione.
Lart. 1173 ci dice che, oltre che dal contratto e da ogni altro atto o fatto
idoneo a produrle, le obbligazioni derivano da fatto illecito. Non basta, per,
che si verifichi la lesione di un diritto o di un interesse che lordinamento reputi meritevole di tutela perch lillecito sia fonte di unobbligazione risarcitoria (33). Gi la semplice lettura delle norme di cui agli artt. 1223 (la perdita
subita e il mancato guadagno sono risarcibili in quanto conseguenza immediata e diretta dellinadempimento o del ritardo), 1225 (il risarcimento li( 32 ) Cfr. Scognamiglio, Il risarcimento del danno in forma specifica, in R. trim. d. proc.
civ., 1957, p. 201 ss., in particolare p. 240 ss.
Contra Castronovo, La nuova responsabilit civile, Milano 2006, p. 826, che scrive:
Ritenere cio che le spese necessarie alla reintegrazione in forma specifica possano essere
diverse dal quantum di danno risarcibile per equivalente significa non intendere che il risarcimento, quale che ne sia la forma, non pu che reintegrare la sfera giuridica del danneggiato, pregressa ed eventuale, nello stato in cui si sarebbe trovata ove lillecito non si
fosse verificato. Ne consegue che il costo delle opere materiali per realizzare tale risultato,
se pu essere inferiore al costo del danno nel qual caso sar necessaria la combinazione,
per il residuo, con il risarcimento per equivalente non potr mai essere superiore, perch
un risarcimento che sia superiore al danno da risarcire una contraddizione in termini .
( 33 ) V. Rodot, Il problema della responsabilit civile, Milano 1964, p. 107 ss.

PARTE II - COMMENTI

267

mitato al danno che poteva prevedersi), 1226 (se il danno non pu essere
provato nel suo preciso ammontare), 1227 (se il fatto colposo del creditore ha
concorso a cagionare il danno, il risarcimento diminuito secondo [...] lentit delle conseguenze che ne sono derivate), 2043 (qualunque fatto doloso o
colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto), 2046 (non risponde delle
conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacit di intendere o di volere), scevra da qualsiasi concettualizzazione, ci rende noto che accanto alla
lesione del diritto o dellinteresse meritevole di tutela, come sua conseguenza,
deve essersi prodotto un danno, nozione come abbiamo visto variamente definibile e concepibile.
Lillecito di cui allart. 1173 dar origine ad unobbligazione (avente
funzione risarcitoria) nel caso e nel momento in cui produca, quale conseguenza immediata e diretta, un danno (34). La fondamentale disposizione dellart. 1219 comma 2o n. 1 stabilisce, poi, che la costituzione in mora non necessaria quando il debito deriva da fatto illecito (lo stesso fonte di obbligazioni ex art. 1173).
Il quadro completo: nel momento in cui il danno si produce nasce lobbligo di risarcirlo ed in quello stesso momento la prestazione del risarcimento
(in una concezione patrimoniale del pregiudizio) dovrebbe compensare la differenza negativa determinatasi, nel patrimonio del titolare dellinteresse leso,
quale conseguenza dellevento dannoso.
Nel momento in cui il danno dovrebbe essere compensato deve anche essere stimato. Il fatto che, concretamente, il risarcimento venga prestato in un
momento successivo (probabilmente successivo ad una sentenza di condanna
avente questo oggetto) non cambia le cose, poich la differenza patrimoniale
negativa che si produrr quale conseguenza della mora del debitore dovr, a
sua volta, essere compensata ex art. 1224 comma 1o e 2o.
Avendo la mora i caratteri di un illecito permanente, il danno, conseguenza del ritardo, potr dirsi pienamente prodotto soltanto nel momento
della cessazione della situazione di mora e, quindi, con ladempimento dellobbligazione primaria di risarcimento. In relazione a questo momento potr
essere pienamente stimato il danno causato dallillecito secondario e lobbligazione secondaria di risarcimento potr trovare definitiva determinazione.
( 34 ) Il linguaggio usato volutamente semplificatorio. Rileva Realmonte, op. cit., p. 85
e p. 86, che qualora si prenda in considerazione il pregiudizio consistente nella perdita o
nella diminuzione di valore del bene stesso, non si tarda a scorgere come esso non sia una
realt del mondo esteriore che si aggiunga allevento naturalistico e dal quale possa dirsi
causata. [...] Non per nulla esatto ritenere che intercorra un rapporto di causalit tra questi eventi [cio il perimento o il deterioramento di un bene, n.d.r.] e la perdita del valore. Al
contrario essa altro non che la valutazione sul piano economico della distruzione o del deterioramento del bene. Le modificazioni della realt che importano un mutamento in pejus
del valore di un bene si qualificano dannose. Nelle ipotesi prospettate il danno si risolve
tutto nella portata economica delle suddette modificazioni costituendone una qualifica. Esso, al pari di una valutazione espressa in termini di bellezza, utilit, bont e cos via, sta ad
indicare una particolare qualit di determinate realt del mondo esteriore .

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RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

Dalla norma di cui allart. 1219 comma 2o n. 1 si devono trarre tutte le


implicazioni di cui la stessa foriera: se lordinamento considera il debitore in
mora dal momento stesso in cui il danno si produce, ci significa non solo che
da quel momento il creditore danneggiato vanta il diritto alla compensazione
del pregiudizio subto (argomento, del resto, ricavabile gi dagli artt. 1173 e
2043), ma anche che, in relazione a quel momento, si cristallizza la valutazione di quel pregiudizio.
Lidea, fra gli altri, di Carnelutti e Trimarchi che in quel momento avvenga una sostituzione tra il diritto leso ed il diritto al risarcimento suggestiva, ma si attaglia bene soltanto alle ipotesi di perimento del bene e di conseguente estinzione del diritto sullo stesso, non anche, ad esempio, ai casi di
semplice danneggiamento in cui, obiettivamente, il credito al risarcimento si
affianca al diritto leso, che pure continua ad esistere.
Torniamo ora alla questione dellincremento di valore dellinteresse leso
dal tempo in cui il danno si produce a quello della sentenza. Stimando il danno
nel momento in cui questo si produce, il danneggiato non beneficer dellapprezzamento dellinteresse leso e questo risultato sembra, ad alcuni, minare la
funzione di integrale riparazione del pregiudizio della tutela risarcitoria.
Sennonch, nel momento della produzione del danno, il danneggiato diviene titolare del credito al risarcimento, al cui adempimento il debitore danneggiante deve immediatamente provvedere (35). Non si pu pensare che il
creditore possa approfittare dellincremento di valore dellinteresse leso e, al
contempo, ricevere gli interessi ed il risarcimento del maggior danno eventualmente subito ex art. 1224.
Se potesse ancora contare sullinteresse pregiudicato non vanterebbe il
diritto al risarcimento, se potesse beneficiare dellapprezzamento del bene leso
non potrebbe pretendere la tutela di cui allart. 1224. Qualora lobbligazione
di risarcimento si fosse estinta con il puntuale adempimento del debitore, il
creditore non si gioverebbe n dellincremento di valore n delle somme cui
gli d diritto lart. 1224.
( 35 ) Cfr. Cass. 20 giugno 1990, n. 6209, in G. it., 1991, I, 1, c. 1227 ss., con nota di
Valcavi, Sul risarcimento del danno da illecito o da inadempienza e di quello per il ritardo
con cui prestato lindennizzo. Ritiene la Corte che nel risarcimento per equivalente che
costituisce il principale strumento per la reintegrazione del patrimonio, occorre distinguere
il danno da inadempimento, da quello per il ritardo con cui lindennizzo prestato e che
hanno tra loro piena autonomia sotto il profilo concettuale e della diversa disciplina positiva. Ci si ricava dallart. 1223 c.c. che prevede il risarcimento del danno per linadempimento o per il ritardo usando unespressione avente un chiaro significato disgiuntivo e non
aggiuntivo. La diseconomia che grava sul danneggiato non va liquidata con riferimento al
valore corrente al momento della liquidazione, ma al valore del bene cos come stimato con
riferimento al momento del verificarsi del danno. Il diritto di credito del danneggiato insensibile alle eventuali successive sorti positive o negative del bene. Ove lequivalente non
prestato nel momento in cui il diritto al risarcimento sorto, si verifica la inadempienza
dellobbligazione di prestare puntualmente lindennizzo. La diseconomia che deriva dalla
mancata prestazione dellequivalente, consiste nella perdita di quella utilitas che il creditore avrebbe tratto dalla somma originariamente dovuta al posto del bene perduto .

PARTE II - COMMENTI

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In definitiva, non ci si pu chiedere come il danneggiato, in mancanza


dellevento dannoso, avrebbe approfittato dellapprezzamento del bene e,
contemporaneamente, come il creditore avrebbe impiegato la somma equivalente al valore di quellinteresse, laddove fosse stata prestata puntualmente.
Certo, seguendo questa impostazione, potrebbe accadere che lincremento del valore dellinteresse leso, non fruibile dal creditore, sia superiore agli
interessi ed al risarcimento dei maggiori danni che lo stesso potr ottenere.
Questo un rischio che incombe sul creditore della prestazione risarcitoria. Si
deve, per, tenere conto che, a fronte di questo rischio, il creditore potr evitarne un altro, quello che si concretizzerebbe nellipotesi in cui il valore dellinteresse leso, al posto di crescere, subisse un deprezzamento.
Allo stesso modo, il creditore potr evitare il rischio, ancor pi grave,
rappresentato dal verificarsi di una causa alternativa che avrebbe comunque
cagionato il danno, anche in mancanza dellevento dannoso grazie al quale egli ottiene il risarcimento di un pregiudizio che, altrimenti, avrebbe gravato sul suo patrimonio e che, invece, cos viene traslato su quello del danneggiante.
Come si vede, laestimatio al momento del danno pu provocare degli
svantaggi rispetto a quella effettuata al momento della sentenza, come pu
comportare dei vantaggi, anche notevoli. Lessenziale, in ogni caso, che stimare il danno in relazione al momento in cui lo stesso si produce corrisponde
al sistema di reazione al danno disegnato dal nostro ordinamento.
1.6. Come rilevato, gli artt. 1173 e 2043 costruiscono un sistema in
cui al prodursi del danno ingiusto consegue la nascita di unobbligazione che
ha la funzione di compensare la differenza negativa che, in relazione a quel
momento, il patrimonio del danneggiato faccia registrare. Lart. 1219 comma
2o n. 1 aggiunge al sistema un ulteriore tassello: il presidio dellinteresse del
danneggiato creditore ad ottenere ladempimento dellobbligazione dovuta
e, attraverso esso, dellinteresse ad usare della somma oggetto della prestazione risarcitoria.
Fino al momento in cui le parti non si accordino per quantificare la somma dovuta o, come solitamente accade, fino alla pronuncia della condanna al
risarcimento potrebbe aversi una situazione di oggettiva incertezza sul quantum debba essere prestato dal debitore per estinguere lobbligazione. In mancanza della norma dellart. 1219 comma 2o n. 1, il ritardo nella prestazione
del risarcimento troverebbe, verosimilmente, una giustificazione nellilliquidit dellobbligazione, che impedirebbe la costituzione in mora del debitore (36).
( 36 ) In generale, dubbio se la liquidit costituisca un presupposto della mora del debitore. V., a questo riguardo, le analisi di Natoli, Lattuazione del rapporto obbligatorio, IV,
Milano 1964, p. 159 ss.; Benatti, La costituzione in mora del debitore, Milano 1968, p. 91
ss.
Considerato che la quantificazione della prestazione risarcitoria, e ancor prima la stessa
nascita di unobbligazione avente questo oggetto, materia di controversia tra le parti, chi

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RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

Non solo la prestazione, seppure esigibile dal momento del prodursi del
danno, entrerebbe nel patrimonio del danneggiato soltanto dopo la pronuncia
giudiziale, ma, ci che pi conta, le conseguenze negative della mancata disponibilit della somma dovuta rimarrebbero a carico del creditore. Nellipotesi che si sta tratteggiando, linteresse del danneggiato allequivalente del
pregiudizio subto rimarrebbe in secondo piano sino al tempo della condanna
al risarcimento (37).
Lart. 1219, superando il principio in illiquidis non fit mora quando il
debito deriva da fatto illecito, porta, invece, questo interesse in primo piano
fin dal momento in cui il danno si produce e sorge lobbligo di porvi riparo.
Non si deve sottovalutare la scelta del legislatore, considerandone le implicazioni limitate, semplicemente, ai modi di costituzione in mora del debitore. Sin dal momento in cui, nel patrimonio del danneggiato, si determina una
differenza negativa ingiustificata, questi deve poter contare su quella somma
che s lequivalente del pregiudizio stimato ma si configura come una nuova
utilit di cui disporre. Lart. 1219 comma 2o n. 1, stabilendo lautomatica costituzione in mora del danneggiante che non adempie lobbligo di compensare
il danno arrecato, pone a carico del debitore le conseguenze negative, presunte e reali (art. 1224 comma 1o e 2o), sofferte dal creditore per la frustrazione
delle nuove possibilit di intrapresa offerte dal risarcimento.
1.6.1. La tutela con cui lart. 1219 presidia linteresse del creditore a
disporre della somma oggetto della prestazione risarcitoria, anche nel periodo
che separa il momento in cui il danno si prodotto da quello in cui se ne decide giudizialmente la riparazione, influenza, ancorch indirettamente, lo
stesso contenuto della tutela del danno principale.
Questa affermazione pu, a prima vista, sembrare oscura; il caso, quindi, di concretizzarne il significato con alcuni esempi.
Pensiamo allipotesi in cui il danno consista nella distruzione di un prezioso francobollo. Poco tempo dopo lillecito, al danneggiato viene offerta una
scrive ritiene che, in mancanza della disposizione dellart. 1219 comma 2o n. 1, il danneggiante non potrebbe essere considerato in mora fino alla costituzione in giudizio.
( 37 ) Spiega Benatti, op. cit., p. 101, che risponde ad un canone fondamentale della
vita di relazione che il patrimonio del danneggiato sia completamente reintegrato dalle conseguenze pregiudizievoli causate dallillecito. Questo gli toglie la disponibilit di un bene: al
suo posto lordinamento attribuisce un diritto di credito verso il danneggiante. Fino a quando non determinato lammontare della somma che deve essere corrisposta a titolo di risarcimento, il danneggiato privato del godimento di quella somma qualora nulla gli sia corrisposto dal danneggiante, mentre se avesse ancora la disponibilit del bene, potrebbe ricavarne utilit e vantaggi. Proprio per evitare di porre il soggetto leso in una situazione peggiore di quella in cui si troverebbe ove non avesse sofferto alcun danno, lart. 1219, comma
2o, n. 1, costituisce automaticamente in mora il danneggiante fin dal tempo del fatto illecito
indipendentemente dalla liquidit del debito, in modo da far decorrere sin da quel momento gli interessi sulla somma dovuta per il risarcimento, compensando il danneggiato del
mancato sfruttamento della somma stessa .

PARTE II - COMMENTI

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somma per esporre ad una mostra il prodotto filatelico. Per avere un quadro
completo della fattispecie, si deve aggiungere che il nostro danneggiato solito investire tutti gli importi di un certo rilievo su cui pu contare in un fondo
di investimento che gli assicura un rendimento del 8% in ragione danno sulle
somme investite.
Il proprietario del francobollo pu ottenere il risarcimento del lucro cessante rappresentato dalla cospicua somma che gli sarebbe stata prestata laddove, potendo ancora disporre del francobollo, ne avesse permesso lesposizione? Pu lavido danneggiato ottenere anche, ex art. 1224 comma 2o, la
compensazione del lucro che, laddove il risarcimento fosse stato puntualmente prestato, avrebbe conseguito investendo lequivalente del valore del francobollo, al tasso del 8% in ragione danno, per il tempo che separa il momento
della produzione del danno da quello della sua riparazione con ladempimento dellobbligo risarcitorio?
In definitiva, pensabile che il danneggiato possa, contemporaneamente,
contare sul francobollo e sulla somma che equivale al valore del francobollo e
cos ottenere, insieme, il risarcimento di quanto avrebbe guadagnato usando
delluno e dellaltra?
La risposta certamente negativa, il risarcimento deve assicurare la compensazione dellingiustizia subita, questa non pu diventare loccasione per
un ottimo affare.
Lart. 1219 comma 2o n. 1 d rilievo allinteresse del danneggiato a disporre della somma oggetto della prestazione risarcitoria sin dal momento in
cui la stessa esigibile. Conseguenza di questa scelta del legislatore che dal
momento in cui il danno si produce il creditore, proprio per il fatto di poter
contare sulla somma equivalente al valore dellinteresse leso, non pu pretendere anche il risarcimento di quanto avrebbe conseguito se avesse continuato
a disporre del bene perduto nel periodo intercorso tra il momento del verificarsi del danno e quello della riparazione.
Il problema quello dellincompatibilit fra il risarcimento del lucro cessante (mancato guadagno ottenibile con lesposizione del francobollo) conseguenza del danno emergente subito dal danneggiato (distruzione del francobollo) ed il risarcimento del lucro cessante (mancato investimento del risarcimento del danno principale) conseguenza della mora del debitore.
Si potrebbe, criticamente, obiettare che sostenendo tale incompatibilit si
finirebbe per negare tout court la risarcibilit del lucro cessante tutte le volte
che questo sia il portato di un danno emergente. Il danno da lucro cessante si
produce in un momento successivo a quello in cui si verifica il danno emergente, tempo in cui sorge il diritto del danneggiato alla prestazione della somma equivalente al valore del bene perduto ed a partire dal quale il danneggiato pu ottenere il risarcimento dei mancati guadagni che avrebbe tratto dalla
disponibilit della stessa somma. Ritenendo che, in riferimento al periodo che
separa il momento in cui il danno si produce da quello della pronuncia della
condanna al risarcimento, non siano risarcibili, allo stesso tempo, le somme

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RIVISTA DI DIRITTO CIVILE - 3/2010

che si sarebbero guadagnate sfruttando lequivalente del bene perduto e quello che avrebbe fruttato il bene stesso, si finirebbe, secondo la possibile critica,
per negare sistematicamente il risarcimento del lucro cessante cagionato dallindisponibilit dellinteresse leso, considerato, appunto, che questa specie di
danno si produce sempre in un tempo successivo rispetto a quello in cui si verifica il danno emergente, periodo in relazione al quale sarebbero risarcibili
solo i danni conseguenza della mora.
Levocazione di questa obiezione consente di precisare meglio la tesi che
si sta tentando di dimostrare. Larricchimento, in quanto tale ingiustificato
nellambito della tutela risarcitoria, che il danneggiato trarrebbe dal cumulo
della compensazione di quello che potremmo definire il lucro cessante principale con il lucro cessante secondario si verifica soltanto nellipotesi in cui
laspettativa di guadagno conseguibile dallo sfruttamento del bene perduto
sorga soltanto dopo la lesione. Nellipotesi in cui, al contrario, il danneggiato
si fosse gi assicurato questa possibilit di lucro prima del perimento del bene, nessun arricchimento e, quindi, nessuna incompatibilit sussisterebbe.
Si intende dire che, se il danneggiato avesse concluso il contratto per
lesposizione del francobollo prima della distruzione dello stesso, potrebbe ottenere sia il risarcimento di quanto promessogli dal gallerista sia i danni per il
mancato investimento della somma, equivalente al valore perduto, non prestata puntualmente al momento dellillecito.
Al contrario, se lofferta di esposizione fosse giunta al danneggiato soltanto successivamente alla distruzione del bene, questi non potrebbe contare
che sul risarcimento del lucro cessante provocato dalla mora nellesecuzione
della riparazione.
La differenza tra le due ipotesi risiede nel fatto che, nella prima, laspettativa di guadagno, ottenibile grazie allimpiego del bene, gi entrata nel
patrimonio del danneggiato, quale oggetto di un diritto di credito, al momento del perimento dello stesso. La considerazione di questo possibile guadagno,
pertanto, contribuisce senzaltro a quantificare il valore dellutilit perduta a
causa dellevento dannoso e, quindi, la differenza patrimoniale negativa determinatasi.
Il danno da lucro cessante si produce, anche in questa ipotesi, in un momento successivo a quello in cui si verifica il danno emergente da cui deriva,
cio nel momento in cui il guadagno atteso sarebbe stato conseguito. Certamente in questo secondo momento, quale momento di produzione del danno
(da lucro cessante), che lo stesso deve essere stimato (38). Il fatto che la valu( 38 ) Il rilievo attribuito allaspettativa di guadagno maturata dal danneggiato prima del
verificarsi del danno emergente non toglie che il lucro cessante debba, comunque, essere
stimato in relazione al momento in cui il guadagno sarebbe stato conseguito.
Laspettativa, in altre parole, deve necessariamente essere verificata. Pensiamo al caso
in cui la mostra filatelica si fosse dovuta svolgere a LAquila in quella che, poi, sarebbe diventata la settimana successiva al terremoto. A prescindere dalla distruzione del francobollo laspettativa sarebbe rimasta delusa: il lucro non sarebbe stato conseguito in ogni caso.

PARTE II - COMMENTI

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tazione del lucro cessante debba essere effettuata nel momento in cui lo stesso
lucro sarebbe stato conseguito, e, pertanto, in un momento successivo rispetto
a quello in cui si prodotto e deve essere risarcito il danno emergente, non
impedisce, per, di considerare quel guadagno gi entrato nel patrimonio del
danneggiato al momento del perimento del bene. Soprattutto, per ci che qui
interessa, non rende incompatibile il risarcimento di quellaspettativa di guadagno (da verificare, poi, e stimare in relazione al momento in cui lo stesso
sarebbe stato conseguito) con il risarcimento del guadagno che, nel medesimo
periodo, avrebbe assicurato linvestimento della somma equivalente al valore
del bene perduto in quanto tale, cio del danno emergente.
1.6.1.1. Conviene ora fare un passo indietro ed indagare il fondamento di questa incompatibilit tra il risarcimento del lucro cessante, la cui aspettativa sorge solo dopo il perimento del bene, ed il risarcimento del lucro cessante conseguenza della mora del danneggiante nelladempiere lobbligo di
prestare lequivalente del bene considerato.
Si detto che il problema di questo cumulo si pone a seguito della scelta
compiuta dal legislatore, con la norma dellart. 1219 comma 2o n. 1, di considerare in mora il debitore del risarcimento dal momento in cui si verifica il
pregiudizio, ponendo cos sin da allora in primo piano linteresse del danneggiato a disporre del suo credito. Si deve, per, precisare meglio in quali ipotesi una risarcibilit del lucro cessante che abbiamo chiamato principale pu
dar luogo ad un ingiustificato arricchimento del danneggiato.
A questo fine dobbiamo introdurre una nuova distinzione, tra lucro cessante autonomo e lucro cessante dipendente.
Degli esempi renderanno immediatamente chiaro ci che si intende dire.
Guardiamo al caso di un famoso chirurgo che, investito sulle piste da un incauto sciatore, per tre mesi non potr usare il suo prezioso braccio destro. In questa
fattispecie si rileva la sussistenza di un danno non patrimoniale rappresentato
dal danno alla salute, estrinsecantesi nella lesione allintegrit fisica (danno
biologico, risarcibile ex artt. 2059 c.c. e 32 Cost.), e di un danno patrimoniale
consistente tanto nelle spese sostenute dalla vittima per curarsi (danno emergente), quanto nei guadagni che questa avrebbe realizzato qualora, come di consueto, avesse potuto prestare la propria attivit professionale (lucro cessante).
Quella che si sta descrivendo unipotesi di lucro cessante autonomo,
poich il danno da perdita di reddito non conseguenza di uningiusta perdita di un bene patrimoniale, di un danno emergente, ma entrambi, danno
emergente e lucro cessante, sono conseguenze, fra loro autonome, della lesione del diritto alla salute.
Non cos nella fattispecie del francobollo, in cui la mancata percezione
del corrispettivo dellesposizione del prodotto filatelico diretta conseguenza
della distruzione dello stesso. In questipotesi, come in tutte quelle in cui
levento dannoso si sostanzi nella distruzione di un bene, il lucro cessante, invece, dipendente dal danno emergente.

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Il problema che stiamo affrontando nasce dal fatto che, quando il lucro
cessante dipendente, ammetterne in tutti i casi il risarcimento pu comportare un ingiustificato arricchimento del danneggiato, che verrebbe compensato, al contempo, della mancata possibilit di trarre guadagno dal bene perduto (a causa dellevento dannoso) e dalla somma che equivale al valore del bene perduto (a causa della mora).
La soluzione che proponiamo quella di consentire il cumulo del risarcimento del lucro cessante che abbiamo definito principale e dipendente con
il risarcimento del lucro cessante che abbiamo definito secondario soltanto
nei casi in cui laspettativa di guadagno sia sorta prima del perimento del
bene.
Questa soluzione, che nasce dallesigenza di rispettare gli artt. 1223,
1219 comma 2o n. 1 e 1224 senza tradire il principio per cui il risarcimento
non deve attribuire al danneggiato n pi n meno dellequivalente del valore
perduto, trova la sua legittimazione normativa nellart. 2056 comma 2o, che
chiama il giudice allequo apprezzamento delle circostanze del caso nella valutazione del lucro cessante.
Da questimpostazione certamente deriva un restringimento del perimetro della risarcibilit del lucro cessante principale dipendente rispetto al lucro
cessante principale autonomo.
Torniamo alla fattispecie della frattura subita dal famoso chirurgo. Prima del verificarsi dellevento dannoso, sullagenda del professionista erano
previsti, per il trimestre successivo, cento interventi. Durante il periodo di
convalescenza, per, altri venti pazienti contattarono la clinica privata, in cui
il chirurgo prestava la propria opera, per prenotare un intervento con il prestigioso specialista ma, a causa della malattia del nostro, dovettero rivolgersi
ad un suo collega. Avr diritto il danneggiato allequivalente del corrispettivo
di cento o di centoventi operazioni? Non v, in questipotesi, alcuna ragione
per cui debbano ritenersi risarcibili soltanto i mancati guadagni la cui aspettativa sia sorta prima del verificarsi dellevento dannoso, pertanto il chirurgo
si vedr risarcito anche il lucro che avrebbe conseguito dagli interventi richiesti dopo lincidente e rifiutati a causa dello stesso.
Diversamente, nellipotesi di lucro cessante dipendente, saranno risarcibili solo i mancati guadagni la cui aspettativa sia maturata prima dellevento
dannoso, che, in questo caso, consiste nella distruzione di un bene. Non si pu
non considerare, infatti, che il creditore si vedr comunque compensato, anche soltanto con lattribuzione degli interessi legali, per non aver potuto disporre, a causa della mora nelladempimento della prestazione risarcitoria,
della somma equivalente al valore del bene perduto.
Non si pu risarcire il danno che consegue allindisponibilit della somma dovuta a titolo di risarcimento e, contemporaneamente, risarcire anche il
danno conseguenza dellimpossibilit di disporre del bene in relazione al cui
valore quantificata la predetta somma. Se non fosse venuta meno la titolarit di un interesse non sarebbe sorta la titolarit di un altro interesse, tutelare

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dai danni che conseguono alla lesione di ciascuno interesse significa ritenere il
danneggiato titolare di entrambi.
Una questione interessante stata risolta dalla Cassazione in una fattispecie di inadempimento di un contratto preliminare (39). Il promissario acquirente, ottenuta una pronuncia costitutiva degli effetti del definitivo non
concluso, chiedeva il risarcimento dei danni subiti nel periodo in cui, a causa dellinadempimento, non aveva potuto disporre dellimmobile. La Cassazione, accogliendo il motivo di ricorso della parte inadempiente, censura la
sentenza dappello che, nel riconoscere al danneggiato il risarcimento del lucro cessante, non aveva tenuto conto del fatto che, nel periodo dellinadempimento, la parte adempiente aveva conservato il prezzo della compravendita.
Il risarcimento, quantificato in riferimento al valore locativo dellimmobile, doveva essere, pertanto, ridotto in considerazione del vantaggio rappresentato dalla possibilit di disporre della somma dovuta a titolo di corrispettivo. Non si pu accordare al danneggiato una tutela fondata sul falso presupposto della contemporanea disponibilit dellimmobile e della somma che ne
rappresenta il corrispettivo.
In questo caso abbiamo una mora non nelladempimento dellobbligazione risarcitoria bens nellesecuzione di unobbligazione contrattuale. Qui
la mora del debitore conserva al creditore loggetto della controprestazione
e pone il problema di conciliare la tutela per lindisponibilit della prestazione attesa con il vantaggio tratto dalla disponibilit della prestazione
promessa.
1.6.2. Un problema simile sorge anche nel rapporto tra obblighi restitutori e obblighi risarcitori conseguenti alla risoluzione del contratto per inadempimento (40).
Come noto, da una parte, lefficacia retroattiva della risoluzione comporta la nascita dellobbligo di restituzione delle prestazioni ricevute in esecuzione del contratto poi sciolto; dallaltra, il contraente fedele pu ottenere dalla controparte il risarcimento degli eventuali danni che abbia subito per la
mancata o difettosa esecuzione delle obbligazioni nate dal contratto. In questa sede, chiaramente, non interessa analizzare quale sia il contenuto delle restituzioni, se vi siano differenze a seconda che lobbligazione incomba sulla
parte adempiente o su quella inadempiente, pi in generale quali siano i rapporti tra restituzioni e risarcimento. Si vuole, semplicemente, portare lattenzione sulle considerazioni svolte da un Autore riguardo alla questione del mo( 39 ) V. Cass. 28 gennaio 1987, n. 792, in Rep. F. it., 1987, voce Danni civili n. 153, p.
735, e nella sua integralit online in De Jure.
( 40 ) Sulla questione v., in generale, Belfiore, Risoluzione per inadempimento e obbligazioni restitutorie, in Scritti in onore di Giuseppe Auletta, II, Milano 1988, p. 244 ss.; Dadda, Gli obblighi conseguenti alla pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento
tra restituzioni e risarcimento, in questa Rivista, 2000, II, p. 529 ss.

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mento della nascita dellobbligo di restituzione delle prestazioni ricevute in


esecuzione del contratto poi risolto (41).
Luminoso ritiene che questobbligo, tanto se riferito alla parte adempiente quanto se rivolto a quella inadempiente, nasca con la risoluzione del contratto in forza del quale le prestazioni furono eseguite. Rifiuta, in particolare,
la tesi che, in considerazione dellefficacia retroattiva della risoluzione, sostiene che lobbligazione restitutoria sia sorta nel momento stesso in cui la prestazione venne eseguita. Pur non obliterando la regola della retroattivit delleffetto risolutorio, lAutore pone laccento sulla natura costitutiva della sentenza di risoluzione e, conseguentemente, sul fatto che, nel momento in cui la
prestazione fu eseguita, la sua ricezione da parte del creditore non era indebita ma costituiva attuazione del rapporto obbligatorio e del contratto che ne
era fonte.
Luminoso rafforza la sua conclusione ritenendo che, qualora si giudicasse
lobbligo di restituire la prestazione ricevuta sorto nel momento stesso dellesecuzione, da quel tempo laccipiens sarebbe in mora nelladempimento
dellobbligo medesimo. La mora dellaccipiens che, per pura comodit, identifichiamo con la parte che poi si riveler inadempiente, produrrebbe, allora,
un ingiustificato arricchimento a favore della parte adempiente.
Si deve tenere conto, infatti, che questultima potr chiedere il risarcimento del cosiddetto danno da risoluzione, determinato in funzione della
tutela dellinteresse positivo, individuabile nel guadagno che il contraente
fedele avrebbe tratto dallesatto adempimento della controprestazione. La
mora del contraente infedele, nella restituzione della prestazione eseguita
da quello fedele, di fatto attribuirebbe a questo, accanto allinteresse positivo, anche il risarcimento di una voce di interesse negativo, rappresentata
dai guadagni che il danneggiato avrebbe conseguito qualora non si fosse
avventurato nellaffare poi naufragato per linadempimento della controparte (42).
Considerare, quindi, laccipiens in mora sin dal momento in cui ricevette
la prestazione dalla controparte significa tutelare sia linteresse positivo che
( 41 ) V. Luminoso, Della risoluzione per inadempimento, in Comm. Scialoja-Branca, sub
art. 1453, Bologna e Roma 1990, in particolare p. 412 ss.
( 42 ) Perfettamente simmetrico il ragionamento svolto da Cass. 20 aprile 1994, n. 3750,
in Rep. F. it., 1994, voce Danni civili n. 80, p. 759, che statuisce: A seguito della pronuncia di risoluzione di una compravendita immobiliare in ragione del mancato pagamento del
prezzo da parte del compratore, il venditore adempiente, conseguendo con la restituzione
del bene solo in parte la riparazione del pregiudizio subito, con riguardo al danno emergente, ha diritto allulteriore risarcimento connesso alla mancata disponibilit dellimmobile,
cio il reddito che avrebbe potuto ricavare ove il bene fosse rimasto nella sua disponibilit
(lucro cessante), determinabile con riferimento al valore locativo dellimmobile maturato
nel periodo di tempo intercorrente tra la data della consegna allacquirente e quella della
sua restituzione, ma non pu pretendere in aggiunta a tale risarcimento il reddito da mancato reinvestimento del prezzo della compravendita, a lui non corrisposto, perch ci comporterebbe un ingiustificato duplice risarcimento dello stesso danno .

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quello negativo (43) del contraente non inadempiente; risarcirlo, a titolo diverso, sia per quanto non ha guadagnato dal contratto, per linadempimento di
controparte, sia per quanto non ha guadagnato utilizzando la somma di denaro, il bene o la propria opera professionale (a seconda delloggetto della
prestazione da restituire) in una differente iniziativa economica. Cio risarcirlo per quanto non ha guadagnato per aver concluso il contratto.
Vediamo, quindi, che la mora nelladempimento dellobbligo di restituzione porta in primo piano, sin dal momento in cui la prestazione fu eseguita,
linteresse del creditore a disporre delloggetto della restituzione, ma la tutela
di questo interesse incompatibile con quella dellinteresse ad ottenere dal
contratto il vantaggio programmato.
Luna tutela esclude laltra. Se un soggetto ha a disposizione la somma di
100, decide di impiegarla concludendo un contratto da cui atteso un guadagno di 20 e rifiuta di concluderne uno che gli frutterebbe un lucro di 15, non
pu in caso di risoluzione vedersi tutelato, per linadempimento di controparte, con il risarcimento di 20 e, per la mora di controparte nelle restituzioni,
con il risarcimento di 15.
Infatti, se si considerasse lobbligo di restituzione sorto sin dal momento
in cui la prestazione fu eseguita e si ritenesse il debitore in mora da quel tempo, questi, ex art. 1224 comma 2o, dovrebbe risarcire il creditore per il danno
determinato dallimpossibilit di disporre della somma dovuta, quantificabile,
nella fattispecie esemplificata, nel guadagno di 15 che lo stesso avrebbe tratto
dallaffare propostogli. La tutela dellinteresse a conseguire il guadagno che
unipotetica disponibilit delloggetto della restituzione avrebbe potuto garantire confliggerebbe, per, con la tutela dellinteresse ad ottenere il vantaggio
di 20 realmente programmato con la concreta conclusione del contratto inadempiuto.
Altrimenti, il contraente non inadempiente si vedrebbe compensato non
solo per quanto avrebbe guadagnato dalla fedele esecuzione del contratto stipulato, ma anche per quanto avrebbe guadagnato dalla conclusione di un
contratto diverso.
Lart. 1458 c.c. appresta una disciplina solo parziale degli effetti della risoluzione, soprattutto nulla prevede, espressamente, sulla questione del momento in cui sorgono gli obblighi di restituzione e, conseguentemente, sulla
mora nelladempimento degli stessi. Levidenziata incompatibilit fra le tutele, che seguirebbe ad una certa declinazione della regola della retroattivit degli effetti della risoluzione (riguardo al momento in cui nascono gli obblighi
restitutori), pu essere evitata con una differente ricostruzione della complessa fattispecie.
Lart. 1219 comma 2o n. 1, invece, tutela espressamente il diritto del
( 43 ) O meglio, per essere pi precisi, significa compensare una parte dellinteresse negativo, che pu avere un perimetro pi ampio, potendo, ad esempio, ricomprendere anche le
spese sostenute per giungere alla conclusione del contratto.

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danneggiato a disporre della somma dovuta a titolo di risarcimento sin dal


momento in cui il danno si prodotto. In questo caso, quindi, non sul meccanismo della mora che si pu incidere (escludendolo) per evitare la descritta
incompatibilit fra le tutele, bens, come proposto, sulla risarcibilit del lucro
cessante principale dipendente, accordandone la compensazione solo nei casi
in cui laspettativa di guadagno sia sorta prima del prodursi del danno emergente.
Verificatosi levento dannoso, nellipotesi in cui il pregiudizio consista
nella perdita di un bene, sorge il problema del modo in cui tutelare il danneggiato nel periodo della durata del processo. Vi sono, sostanzialmente, due
possibili soluzioni: la prima guarda al profitto ricavabile dallutilizzo del bene
perduto; la seconda alle possibilit di guadagno aperte dalla disponibilit della somma equivalente al valore del bene perduto (44). Il legislatore, con la
norma di cui allart. 1219 comma 2o n. 1, ha scelto la seconda.
La mora, obbligando il debitore a compensare i danni subiti dal creditore
per lindisponibilit della prestazione attesa, tutela linteresse di questultimo
a disporre delloggetto della prestazione. Quando la mora si verifica nelladempimento di unobbligazione risarcitoria pu crearsi una sovrapposizione fra due interessi: quello a disporre del risarcimento e quello ad essere compensato delle utilit che il bene perito avrebbe prodotto.
La mora, al contempo, crea e risolve il problema posto da questa sovrapposizione, operando una selezione fra gli interessi tutelabili. Dal momento in
cui il ritardo qualificato si verifica, linteresse tutelato diviene necessariamente quello rispetto alla cui indisponibilit la mora stessa assicura una compensazione.
come se la mora costituisse uno spartiacque tra la valutazione delle
conseguenze pregiudizievoli prodotte dallevento dannoso e la valutazione
delle conseguenze pregiudizievoli prodotte dallindisponibilit della riparazione resa necessaria da quellevento. La linea di demarcazione tra i due giudizi
di responsabilit corre nel momento in cui il danno principale si produce.
in questo tempo che, per evitare la paventata sovrapposizione di interessi, il
danno deve essere stimato.
( 44 ) Cfr. Fisher e Romaine, Janis Joplins Yearbook and the Theory of Damages, in
Journal of Accouting Auditing & Finance, 1990, v. 5, n. 1/2, p. 145 ss., che cos trattano la
questione: The violation took place at a single point of time, time 0. It involved the destruction of an asset whose value at that time is clearly known as Y. Hence, had damages
been assessed at time 0, an award of Y would have made the plaintiff whole. Unfortunately, however, the processes of justice take time, and the award is to be made at time t >
0. How (if at all) should the plaintiff be compensated for this fact?
At first glance, it may seem that the plaintiff is entitled to interest at its opportunity
costo f capital, r. After all, had the plaintiff received Y at time 0, it would have invested the
funds, receiving presumably its average rate of return. Hence, by time t, the plaintiff would
have had Ye, so this is the amount that would make it whole. Another version of this argument would compensate the plaintiff at the rate it reasonably expected to earn on the destroyed asset , p. 146.

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PARTE II - COMMENTI

La compensazione delle utilit che il bene perduto avrebbe prodotto nel


periodo della mora deve lasciare il posto al ristoro dei danni cagionati, in quel
tempo, dallindisponibilit della somma equivalente al valore del predetto bene. La risarcibilit di quello che abbiamo definito lucro cessante principale
dipendente si restringe, conseguentemente, alle ipotesi in cui il credito o
laspettativa del guadagno fossero sorte prima del verificarsi del pregiudizio.
Nicola Rizzo
Dottore di ricerca e assegnista
nellUniversit di Pavia

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