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TESI DI LAUREA IN
RELATORE CANDIDATO
AGOSTINO ZIINO ALFONSO D’AVINO
MATR. 0021003
CORRELATORE
GIORGIO SANGUINETTI
CHITARRA
Novecento. pag. 49
“Sérénade à l’inconnue” è il titolo del secondo movimento del Capriccio per chitarra
e flauto scritto da Haug nel 1963. Ho scelto questo titolo come introduzione alla mia
Il mio interesse per Hans Haug è iniziato nel 2000, anno del centenario della nascita
del compositore. Ne ebbi notizia per la prima volta attraverso il Manuale di storia
della chitarra curato da Angelo Giardino. Rimasi sconvolto nel constatare come un
compositore che avesse scritto tanta e varia musica per chitarra, ottenendo anche
Le motivazioni di tanto oblio potevano essere soltanto due: o la sua musica era
talmente brutta, per cui nessuno voleva suonarla; o stava accadendo – per l’ennesima
chitarristi stava per cancellare un capitolo, a mio parere importante, della storia della
I
Decisi dunque di verificare personalmente quale delle due possibili cause fosse reale.
Mi procurai tutti gli spartiti per chitarra di Haug… decisi che bisognava fare
qualcosa.
Fui particolarmente colpito dal Concertino per chitarra e piccola orchestra e riuscii
un’impresa facile. Dovetti confrontarmi con obiezioni del tipo << Ma a chi vuole che
Il mio interesse per Haug non si fermò alla celebrazione del centenario. Volevo
saperne di più su quel “compositore minore” e sulla sua arte “sconosciuta”. La mia
ricerca ha compiuto passi da gigante grazie a due figure con le quali sono entrato in
contatto. Si tratta di Angelo Gilardino, attualmente uno dei personaggi più attenti alla
ricerca storiografica sulla musica per chitarra del Novecento; e Jean-Luois Matthey,
Tengo a specificare che questo mio lavoro è finalizzato a richiamare l’attenzione dei
miei colleghi chitarristi sulla musica per chitarra di Haug, ma non va trascurata la
titanica produzione che questo compositore ha destinato anche agli altri strumenti.
II
Capitolo primo
La biografia1
Figlio di Hans Haug e di Bertha Bosshardt, Hans Haug è nato il 27 luglio 1900 a
Basilea. Frequentò la scuola primaria e quella secondaria di Basilea, dove suo padre
Già da bambino sviluppò un interesse spontaneo per le belle arti, che si manifestò
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Gran parte delle notizie biografiche ivi contenute provengono da una documentazione privata, redatta dal Prof.
Matthey quale testo di presentazione del “Catalogue de l’oeuvre de Hans Haug (1970)”, gentilmente inviatami a seguito
di precedenti contatti telematici.
1
suo ombrello al guardaroba, quale pegno per la sua impossibilità di pagare il biglietto
Questa passione per le belle arti ha, molto più tardi (nel 1951), ispirato al nostro
compositore uno dei suoi balletti più originali, Melos, indubbiamente autobiografico.
Nel 1915, poco prima della sua Cresima (apparteneva ad una famiglia protestante),
suo padre - temendo per lui le angherie di una carriera artistica - lo piazza in
Questo sarà il suo primo contatto con il paese romanzo, che egli amerà per tutta la sua
vita. Nella chiesa di Chatillens, suona l'organo senza aver probabilmente ricevuto
Ad Oron, Haug scopre il gusto della lettura. Una mattina, nel castello della città, il
custode lo trova dormiente sul divano della biblioteca; si era addormentato mentre
2
J.-L. MATTHEY, Hans Haug – Catalogue du fonds déposé à la B.C.U. de Lausanne (1968) – Textes de présentation,
pag.5, Losanna, 1970.
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I.2. La formazione
Nel 1917, Haug volta le spalle alla banca, torna alla sua città natale ed entra in
Petri, ed Ernest Levy, suo insegnante di piano. A Zurigo Haug segue anche i corsi di
Ferruccio Busoni.
grandi professori, quali il Dott. Walter Courvoisier con il quale studia composizione,
In questo periodo, siamo negli anni del primo dopoguerra, la vita non è facile. Per
sovvenire ai bisogni, gli studenti devono lavorare duramente. Haug dovrà, come
molti suoi colleghi di studi, lavorare la terra della campagna bavarese. Arrivata la
3
A Monaco Haug compone qualche pagina di musica da camera. Numerosi
manoscritti per tenore e orchestra raggruppati sotto il titolo Von Pagen und
Tra i poeti che ispirarono Haug, citiamo i nomi di Richard Dehmel e di Joseph von
Eichendorff.
attività principale.
Nel 1924, terminati i suoi studi, comincia la sua attività a Grenchen e a Solothurn,
dove è nominato maestro e direttore della banda municipale - per la quale compone
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marce ed ouvertures - del coro misto e di quello femminile. Parallelamente anche il
E' nel corso delle innumerevoli repliche con questi Ensembles che Haug acquisterà
Dal 1928 al 1934, Radio-Basilea gli affiderà il posto di vice-direttore della propria
nella scelta dei soggetti per le sue opere sceniche. I sonetti di Michelangelo gli
ispirano una cantata, i testi di Poliziano un'opera balletto, quelli di Goldoni un'opera.
l'orchestra del Kursaal che gli darà il piacere di allestire numerosi spettacoli con
Josephine Baker.
A Ginevra Haug fa del jazz e della musica leggera, generi nei quali lascia ugualmente
documentari, pubblicità; la varietà è già una grande costante della sua opera.
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Dal 1935 al 1938, Haug dirige l'orchestra di Radio-Sottens (Radio Suisse Romande),
che gli viene affidata dal suo fondatore Gustave Doret. Questo incarico sarà per lui
particolare egli tiene dei memorabili concerti con Paderewsky, molto elogiati dalla
pubblico di Losanna le opere popolari del repertorio vocale, fonda il coro " La
Chanson romande". Nel 1936, un altro animatore della vita musicale della Svizzera
Lällekeenig, opera che testimonia l'umore col quale il nostro compositore coltiva il
Nel 1942, succedendo a Herman Lang, Haug riprende la direzione del coro di
volte il coro sarà chiamato all'estero. Per esempio nel 1950, in occasione del
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duecentesimo anniversario della morte di Bach ottenne alla Scala di Milano un
grande successo.
Nel 1944 rompe con la Svizzera tedesca e si installa a Rivaz. Da allora, romando di
con suo suocero, Paul Budry, scrisse L'Annèe vigneronne; con C.F. Landry propone
Terre du Rhone.
Losanna.
piano.
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Prima del 1950 Haug era considerato un musicista di formazione svizzero-tedesca, la
effetti Haug dirigeva di persona le opere che scriveva, né vi erano altri interpreti che
Dopo la fine della guerra, privato di un incarico fisso come direttore d’orchestra, egli
cambiò residenza e dedicò la maggior parte del tempo alla composizione. Stabilitosi a
Losanna e nei suoi dintorni immediati, sempre più influenzato da Arthur Honegger e
dalla nuova musica francese e italiana, egli venne da quel momento considerato un
compositore della Svizzera francese, al quale non erano affatto estranee le influenze
Abbiamo notato come Haug avesse lasciato la Svizzera tedesca a favore di quella
francese già nel 1944, ma abbiamo scelto il 1950 come data spartiacque nella vita
artistica di Haug perché è da questo momento in poi che egli concentra tutte le sue
Chigiana di Siena nel 1951. Nel 1954 la sua opera radiofonica La colombe ègarèe
vince il Premio Italia. Il 1956 è l’anno della consacrazione: l’opera Orphèe riceve il
Le périod romand è dunque il periodo in cui Haug vive immerso nella natura, dalla
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Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti Vol.3°, voce Haug, Hans, pp.476-7.
8
L’attività di direttore d’orchestra si riduce a sporadici impegni con l’orchestra di
archivi RAI. Una prima registrazione risale al 31 ottobre 1956: Haug dirige
l’orchestra e il coro della RAI di Roma; il programma prevede fra l’altro l’esecuzione
della Passacaglia dello stesso Haug. Una seconda registrazione è del 13 giugno 1962;
Haug dirige l’orchestra della RAI di Milano, in programma è previsto anche il suo
Tra i suoi allievi citiamo il maestro d'orchestra Armin Jordan, il compositore Jean
Svizzera romanda e Robert Mermound che così parla del suo insegnante: " Hans
avuto la generosa idea di far venire ad ogni lezione uno dei musicisti dell'orchestra
Nel 1960 Haug abbandona l’insegnamento e lascia Losanna. Trascorre gli ultimi anni
della sua vita nella città di Belmont, comunque non distante dalla più grande città che
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Proprio del 1960 è un articolo della “National – Zeitung”4, scritto in occasione del
della prima produzione artistica di Haug, ma allo stesso tempo l’entità del suo
successivo allontanamento.
teatrali - della città di Basilea, che hanno completamente ignorato le opere teatrali del
<<…Forse sarebbe anche ora di verificare, in modo oggettivo, perché negli ultimi
anni si è sentito così poco di Haug, perché, per esempio, il teatro – il vero dominio
suo figlio talentato…>>. Molte delle prime opere di Haug ebbero a Basilea la loro
prima rappresentazione. <<…ed ora che abbiamo a disposizione Die Narren, tratto da
4
Una copia dell’articolo, in cui non compare il nome dell’autore, mi è stata gentilmente inviata dal Prof. Jean-Louis
Matthey.
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un lavoro di Goldoni, una delle sue opere comiche più divertenti (eseguita in prima
da Radio Ginevra nella versione francese) a Basilea non incontra più nessun
interesse!…per l’ennesima volta viene dimostrato che il profeta non viene mai
d’orchestra stabile, senza teatri che rappresentassero le sue opere, abbia deciso di
rifugiarsi nella più “accogliente” Svizzera francese, dove gli si offriva la possibilità di
motivi politici, non meglio precisate. Chissà che queste traversie non fossero anche la
articolo?
Il 15 settembre 1967, Haug soccombe alla malattia nella clinica "La Source" di
svizzera contemporanea.
11
(Hans Haug est mort: necrologio dalla Gazette de Lausanne. Sam.16
septembre 1967)
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I necrologi ci parlano di un Hans Haug versatile ed eclettico… « un umanista che si è
espresso interamente nella sua opera in cui unisce, con talento molto personale ed una
sensibilità vibrante, lo spirito del Rinascimento e le scoperte più audaci della tecnica
moderna ».
<<Haug ha trovato il tono e l’espressione giusti nei campi più svariati lasciando
un’eredità enorme nel mondo strumentale, sinfonico, vocale, nonché teorico. La sua
produzione va dalle musiche per film ai giochi radiofonici, dai balletti alle opere
buffe, scritte con abilità e sensibilità, per cui possedeva in misura superiore la
Non vanno dimenticati i suoi scritti teorici. Dovrebbe essere abbastanza noto il suo
scritto Für Feinde Klassischer Musik. Alcune opere letterarie sono rimaste
Infine ricordiamo i suoi studi sulle corrispondenze tra musica e pittura, realizzati in
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I.5. L’incontro con Segovia e la chitarra.
In ragione della profonda conoscenza della sua arte, Haug prese parte a numerose
Inoltre, fece la conoscenza di solisti di fama internazionale, tra cui Andrès Segovia,
Competition, 1956: per la prima volta la chitarra è ammessa alla competizione. Da sinistra verso destra: José de
Azpiazu, Hermann Leeb, Alexandre Tansman, Luise Walker, Henri Gagnebin, Andrés Segovia e Hans Haug).
Nella foto vediamo Haug come componente della giuria del Concorso Musicale
chitarra si sta ritagliando nelle sale da concerto mondiali per opera di Segovia, lo
di un giovane concorrente di quindici anni di nome John Williams, che allora non
vinse, ma che oggi conosciamo come uno degli astri del concertismo mondiale.
5
Foto e informazioni scaricate dalla pagina web di Han Jonkers nel link: “A Swiss Homage to Andrés Segovia”.
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I componenti della giuria sono alcuni tra i più grandi compositori e concertisti,
composizione alla Chigiana di Siena, nella categoria “pezzi per chitarra solista” con
la sua Cavatina, lo stesso anno in cui Haug vinse per la categoria “Concerti con
chitarra”.
Da non sottovalutare la figura di Henri Gagnebin, che come Haug, Frank Martin,
Segovia, dedicando alcuni suoi lavori alla chitarra. Ci ricorderemo di alcuni tra questi
Infine, continuando a riferirci alla foto di cui sopra, li vediamo seduti uno accanto
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Vennero presentati venticinque lavori. Il presidente di giuria era Gorge Enescu, tra gli
altri membri vi erano Riccardo Brengola, Gaspar Cassadò e Andrés Segovia. I premi,
assegnati nell’agosto del 1951, non videro nessun vincitore nella categoria
del 1952. Le promesse furono mantenute nei confronti della Cavatina di Tansman,
Prese lezioni di chitarra con Josè de Azpiazu dal 28 ottobre 1953 al 27 gennaio 1954
Preludio (che Segovia chiamerà poi Postludio), furono scritti in questo periodo8.
In una lettera del 19 settembre 1954 inviata a Gagnebin, Segovia si scusa per aver
studiato un solo brano del compositore, perché impegnato con lo studio di altri brani
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“Guitar Review”, No.13, 1952
7
informazioni tratte dall’agenda di José de Azpiazu, fornite da Maria Guadalupe Azpiazu ad Han Jonkers.
8
HAN JONKERS, A Swiss Homage to Andrés Segovia, 1996.
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di Villa-Lobos, Tansman, Haug, Rodrigo, Torroba e Castelnuovo-tedesco. Il pezzo di
registrò, assieme al Postludio, per la Decca (DL 9832). Furono gli unici lavori di
Nel 1961, a dieci anni dalla composizione del Concertino, Segovia chiederà ad Haug
per chitarra sola Prélude, Tiento e Toccata. Non risultano testimonianze di una
prevalentemente per telefono. È però evidente che il rapporto tra i due era giunto ad
un alto grado di stima reciproca. Vi sono addirittura voci che vogliono i due
ogni misterioso legame non documentabile in questa sede, appare evidente che ormai
Segovia - che dieci anni prima non aveva eseguito il Concertino per chitarra e
consacrandolo come uno dei compositori che la storia della chitarra ha ribattezzato
come “segoviani”.
Ai pezzi per chitarra sola fin qui citati, vanno aggiunti altri due brani Étude (Rondo
fantastico) e Passacaglia pubblicati per la prima volta nel 2003 dalla Bérben a
9
GRAHAM WADE, Segovia: A Celebration of the Man and his Music, Allison & Busby, London, 1983.
10
Rivelazione fattami da Angelo Giardino durante una conversazione telefonica.
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seguito del loro provvidenziale ritrovamento da parte di Angelo Giardino
Haug compose altri brani cameristici con chitarra, frutto di legami con altri
concertisti dell’epoca. Nel 1956 conobbe Luise Walker al concorso di Ginevra (vedi
foto). Frutto di questo incontro fu la Fantasia per chitarra e pianoforte, terminata nel
Nel 1963 Haug scrisse il Capriccio per chitarra e flauto, dedicato al duo Werner
Risale al 1966 il Concerto per flauto, chitarra e orchestra.11 Scritto nella residenza di
Belmont l’anno prima della sua morte, il concerto non risulta essere mai stato
eseguito finora.
Haug usò la chitarra anche in altri lavori come: Variazioni su un tema di Jacques
Offenbach (per orchestra); Don Juan à l’étranger (opera comica); Berceuse pour les
(tragicommedia); Tag ohne Ende (“Giorno senza fine”, musica per film).
11
Non risulta che il concerto sia stato mai eseguito, né registrato. I diritti sono gestiti dalla casa editrice Henn di
Ginevra. Il brano, non essendo pubblicato, sarebbe eseguibile solo noleggiando la partitura presso la suddetta casa
editrice.
Il prof. J.L. Matthey mi ha gentilmente inviato, per fini di studio, una copia del manoscritto della riduzione per chitarra,
flauto e pianoforte, facente parte del fondo “Hans Haug” custodito presso la BCU (Biblioteca Cantonale e Universitaria)
di Losanna.
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Capitolo secondo
Il catalogo dell’opera
Si è già visto nel precedente capitolo come Haug fosse un compositore eclettico e
versatile, capace di cimentarsi con i più svariati generi di musica (persino jazz e
blues, o colonne sonore per film), in grado di comporre per molteplici ensembles,
Nel presente capitolo ci imbatteremo nella vastissima ed eterogenea mole della sua
informazioni circa le opere che più ci interessano nella nostra ricerca: opere divenute
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più celebri di altre o che ci aiutano a definire la presenza eventuale di uno stile
compositivo.
Rinviamo anche l’analisi accurata delle opere per chitarra, che sarà affrontata nei
successivi capitoli.
Madame Haug - Budry rimise, nel 1968, alla Biblioteca Cantonale ed Universitaria di
Il fondo musicale Hans Haug è costituito dall'insieme del materiale formante l'opera
fotografiche.
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Il catalogo è stato realizzato nel 1970 dal Sig. Jean-Louis Matthey nell’ambito della
l’edizione1.
Il catalogo raccoglie 182 titoli d’opera contrassegnati dalla sigla MUH e da numeri
di appartenenza.
camera».
Vengono inseriti in questa categoria di musica da camera anche alcuni brani per
comprensibile, visto che furono gli strumenti ai quali Haug si dedicò nei primi anni
1
Prefazione del Catalogo a cura di Jean-Pierre Clavel (Direttore della B.C.U. nel marzo 1971).
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della sua formazione. Ciò giustifica anche il fatto che la maggior parte della musica
da camera scritta negli Anni Venti sia dedicata proprio a questi due strumenti, ai quali
Ad eccezione di una Suite per oboe e viola (MUH20), tutti i brani che prevedono
strumenti diversi dal piano o dagli archi, sono stati composti dopo il 1950, quindi in
Il fatto che la chitarra sia l’unico strumento - estraneo alla formazione strumentale del
con Segovia e al fascino che tale figura esercitò, col suo strumento, sul compositore
svizzero. Si tratta di brani scritti per il grande concertista spagnolo, per la cui stesura
Gli altri strumenti utilizzati da Haug nella musica d’insieme, oltre agli archi, il piano
per flauto, clarinetto in la, violino e arpa). L’organo e il trombone tenore sono citati
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II.3. Musica vocale.
La sezione dedicata alla musica vocale conta tredici titoli (da MUH 29 a MUH 41).
La maggior parte dei brani sono per tenore con accompagnamento di piano, a volte
orchestra. Uniche eccezioni sono Hanferlied (MUH35 per basso e piano o arpa),
Deux chants puor voix d’alto et quatuor à cordes (MUH37) e Der Traurige Page
Tutti i brani di questa sezione sono stati scritti tra gli anni 1918 e 1925. Escludendo i
brani del 1925, scritti a Granges/Soleure, tutti gli altri risalgono agli anni della
composizioni per tenore di questo periodo fossero destinate proprio a questo tipo di
attività.
generatrice di queste pagine musicali. I testi sono tratti da scrittori ai quali Haug
sembra molto legato: Eichendorf, Goethe, Dehmel e Michelangelo, per citarne solo
alcuni.
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II.4. Concerti.
Il primo concerto riportato dal catalogo è rimasto incompiuto. Dal titolo Musique
dicitura in italiano “quasi concerto”. Avremo modo di notare come la parola “quasi”
ricorra spesso nei sottotitoli e nelle didascalie usati dall’autore: è come se egli volesse
sottolineare un certo grado di indefinitezza presente nella sua musica e che le sue
Nel 1924 Haug scrive il suo primo Concerto per violino e piccola orchestra dedicato
Risale a due anni dopo il Concerto per violoncello e orchestra. Esiste di questo
concerto anche la versione per banda, adattamento fatto probabilmente da Haug per
poter eseguire il suo concerto con la banda municipale di Granges, che allora
dirigeva.
Bisognerà attendere il 1938 per avere un nuovo concerto. Questa volta lo strumento
solista è il pianoforte. Haug compose il concerto nel maggio del 1938 alla Maison du
sua moglie. Nel 1945 scriverà un Concerto per flauto e piccola orchestra, nel 1947
una trascrizione per pianoforte e orchestra del Rondò per due pianoforti in Do
maggiore op.73 di Chopin. Tutti i restanti nove concerti furono scritti dopo il 1950.
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Tra questi l’orchestrazione de l’Elégie pastorale per oboe e piano, già visto nella
Quasi per un gioco ironico del destino, l’ultimo concerto, scritto poco prima di
La sezione comprende sedici lavori realizzati tra il 1927 e il 1964. Alcuni di essi sono
tratti da altre opere dello stesso autore. È il caso di Don Juan à l’étranger (MUH 59),
ouverture dell’omonima opera comica; della Sarabande pour orchestre (MUH 64)
tratta dall’oratorio Ariadne; Une Femme disparait (MUH 65), suite sinfonica dal film
Michelangelo; Dies Irae (MUH 72) dal balletto Das Lob der Torheit. La Symphonie
pour cordes (MUH 61), tratta dal Quartetto n°3, è rimasta incompiuta.
Le Variations sur un thème de Jacques Offenbach (MUH 70) sono state scritte a
Belmont nel 1961. L’organico prevede l’utilizzo della chitarra, ma va sottolineato che
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si tratta di un’orchestra di musica leggera, nella fattispecie, l’orchestra leggera di
II.6. Balletti.
Haug scrisse sette balletti tra il 1947 e il 1962. I soggetti di questi lavori ci forniscono
dell’autore.
(“L’Indifferent” di Watteau”)
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Il seguito della storia è pura fantasia. Il quadro era stato rubato da un pittore esaltato.
sonno del pittore, prende vita ed esce dal suo quadro. Al risveglio del pittore la
riconsegnare la donna al pittore e riguadagnare il suo posto nel Louvre. Preso ancora
dall’eccitazione per l’avventura vissuta, coinvolge in una danza altri personaggi dei
quadri, ma l’arrivo del guardiano ristabilisce l’ordine nella galleria, che ricade nel suo
un’atmosfera da sogno. Infatti è proprio il momento del sonno del pittore che
evento fantastico, e il fatto che tale soggetto sia stato scelto da Haug per la
realizzazione del suo primo balletto ci conferma il grande amore del compositore per
le arti figurative; propensione che abbiamo avuto modo di sottolineare già nel primo
capitolo e che ricompare ancora più evidente nel secondo balletto da lui scritto:
Mélos.
Composto nel 1951 a Losanna, con libretto di Marie Laure, presenta chiari riferimenti
autobiografici. Il giovane protagonista esita tra le arti, proprio come il giovane Haug,
e decide infine di consacrarsi alla musica, dopo aver percorso un cammino, che
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passeggiatrice Scultura, il passeggiatore Pittura, il passeggiatore Architettura, il
arti come dei passeggiatori. Poesia, Scultura, Pittura e Architettura sono personaggi
in movimento, che il giovane incontra lungo il suo cammino. È curioso notare come
gli altri tre personaggi, il Muratore (maçon), il suo apprendista, e Melodia, siano
invece indicati come personaggi non in movimento: quasi dei punti di riferimento o
accostamento.
Nel 1959 Haug porta a termine nella sua villa di Belmont il balletto Nausicaa, tratto
composto di uomini e donne, che viene affiancato ai ruoli parlati di Pallas Athéna
ingenua; Ulisse, con voce virile e patetica. Interessante questa esplicita richiesta del
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deve riflettere la sensibilità interiore dei personaggi e allo stesso tempo specificarne il
ruolo e la funzione nella vicenda. Sembra quasi che l’elemento acustico, vocale, vada
ad assumere quella funzione che nella tragedia classica spettava alle grosse maschere
I ruoli danzati sono quelli di Pallas Athéna, Nausucaa, Ulisse, due giovani
Le parti recitate furono adattate alle tre versioni, tedesca, francese e italiana.
La vicenda narrata prende il via col naufragio di Ulisse e il suo salvataggio da parte
della dea Athéna. Ulisse sfinito, si arena sulla spiaggia e si addormenta. Nausicaa,
allontana con la sua gioiosa scorta. Rimasto solo, Ulisse prega con fervore Athéna di
Sempre a Belmont, Haug termina, nel 1961, il balletto in tre atti Das Lob der Torheit.
curata dallo steso Haug. Il catalogo ci rinvia al libretto per conoscere i ruoli danzati,
forse per una questione di spazio, vista la grande quantità di energie umane
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dell’orchestra appare subito ben più folta rispetto ai balletti precedenti. Ad essa si
grandioso e conferisce al balletto un tono epico, confermato dalla sua stessa struttura
e articolazione.
Al prologo – ouverture segue il primo atto che porta il titolo “Le grandi pazzie di
questo mondo”. Il secondo atto propone tre leggende. In realtà si tratta della
Magie des sons (MUH77); Le Voile d’or (MUH78); La Chaste Suzanne (MUH79).
Questi tre balletti portano tutti la data del 1962. Intuiamo dunque che la data 1960-61
indicata dal catalogo per Das Lob der Torheit è relativa al prologo – ouverture, al
primo atto e probabilmente al terzo. Il secondo sarà dunque terminato nel 1962 e ciò
giustifica anche la data della prima rappresentazione, 1963. Sarebbe apparso strano
che un’opera su commissione fosse stata rappresentata ben due anni dopo essere stata
terminata.
Passiamo ora ad inquadrare con più attenzione le tre leggende che costituiscono il
secondo atto. Si tratta degli ultimi lavori che Haug dedica al genere del Balletto.
La magie des sons, anche proposto col titolo di “Pan e Apollon”, è un balletto satirico
della durata di 12’45. i ruoli danzati sono quelli di Pan, Apollo, Mida, Thmolos,
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I personaggi mitologici, fauni, ninfe, satiri e sileni, circondano Pan che, attraverso il
suo flauto, incanta il suo pubblico col suo stile dodecafonico. Apollo, accompagnato
una disputa musicale. Il pastore Thmolos farà da arbitro. A turno, Pan e Apollo
Il concorso prosegue. Pan trionfa, le ninfe danzano davanti a Mida che manifesta la
sua approvazione. Apollo si vendica facendo crescere delle orecchie d’asino a Mida
che riconosce il Dio e implora il suo perdono. Apollo se ne va, malizioso, seguito
Ciò che più ci fa riflettere in questa ri-proposizione del mito di Pan e Apollo è l’aver
estetico. La contrapposizione sembra essere non più quella tra Pan e Apollo, ma tra lo
Pan potrebbe essere letta come metafora della fortuna avuta dalla dodecafonia nella
16’ prevede i ruoli danzati di Venere, Vulcano, Marte, Giove, Apollo, Mercurio e le
Ninfe.
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Venere dorme, contemplata da giovani donne e da suo marito Vulcano, il dio del
Venere che si sveglia. Vulcano ritorna e Venere, raggiante, danza con lui. Marte,
Ma Vulcano fa gettare su di loro una rete d’oro che li imprigiona. Giove, divertito
dalla disputa, interviene ordinando a Vulcano di liberare gli amanti che si separano
La Chaste Suzanne, della durata di 18’, prevede i ruoli danzati di: Suzanne; Joakim,
suo sposo; due anziani; il giovane profeta Daniel; il seguito di Suzanne; qualche
Due anziani giudici del popolo cercano invano di sedurre Suzanne, sposa del re
Joakim. Sorpresi, essi accusano Suzanne di adulterio con un giovane evaso. Essi si
l’accusata a morte. A questo punto appare il profeta Daniel che svela le menzogne dei
I soggetti utilizzati per Das Lob der Torheit, tratti dal mito classico e da quello
dell’esistenza umana. Il titolo del primo atto denuncia le follie del mondo nonché la
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natura effimera dell’esistenza umana. I tre racconti mitici del secondo atto si
ciò che è bello e ciò che è brutto. In “Le voile d’or” a contrapporsi sono la fedeltà e la
medievale, di cui non esiste alcun cenno nelle Sacre Scritture, viene sostituito dalla
Terra, come il Purgatorio, può essere vista come un luogo di transito, ma può anche
essere vissuta come un Paradiso o come un Inferno a seconda dei valori, giusti o
La prima fu Don Juan a l’etranger. Opera comica in due atti su testi di Dominik
Müller. Scritta nel 1930. I ruoli parlati sono quelli di un ballerino spagnolo, un
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conferenziere, un ragazzo del vagone ristorante. Ruoli muti: una ballerina spagnola e
un’elegante signora. I ruoli cantati, col loro registro vocale sono i seguenti:
- Else soprano
- Manke basso
- Hanke basso
- un poliziotto baritono
- coro.
Accanto alla corposa orchestra, abbiamo un’orchestra di scena con strumenti tipici
della musica leggera: sax soprano, contralto e tenore, tromba, trombone e tuba,
un’esilarante commedia.
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A Siviglia, Don Juan tenta di sedurre Else, una bionda tedesca, che di primo acchito
gli resiste. Siccome la donna lascerà la Spagna la sera stessa in treno con suo marito,
Allora Else dichiara il suo amore a Don Juan e gli cede, per essere subito dopo
abbandonata per una bella sconosciuta. Più tardi in un caffè – concerto parigino Don
ballerina spagnola. È lo stesso Don Juan a pronunciare la morale della vicenda: “…al
sud come al nord, le donne sono le donne, esse amano i forti e gli audaci.” In questo
momento una spettatrice da una loggia del teatro chiama Don Juan, gli dichiara il suo
Madrisa è un’opera popolare in tre atti scritta a Basilea nel 1933 su libretto di
fidanzati si scambino le loro promesse di matrimonio dinanzi alla “mazze”, una sorta
di figura mitologica. Mentre Joerg respinge Lena, una creatura ideale, Madrisa, si
presenta a Wendel, un povero pastore che non ha mai osato posare gli occhi su una
fanciulla del villaggio. Madrisa sposa Wendel a condizione che questi non le faccia
mai domande circa la sua origine. Presto il potere soprannaturale di Madrisa, subito
ben accolto dagli abitanti del villaggio (lei ha fatto riconciliare Joerg e Lena), la fa
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considerare come una strega. Wendel stesso la prega di rivelare la sua origine.
Tra il 1953 e il 1954 Haug scrive a Losanna Le miroir d’Agrippine, opera in tre atti
attuato da Nerone. Infatti, per ottenere il potere assoluto, Nerone fa assassinare sua
specchio che Agrippina portava sempre al polso. Questo specchio diviene per Nerone
la persecuzione della sua coscienza. Esso riflette tutte le immagini dei crimini da lui
L’Orphée è, tra le opere di Haug, quella che riscosse maggior successo. La prima
con l’Orchestra della Suisse romande diretta dallo stesso compositore. Quest’opera
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varrà ad Haug, nel 1956, il Premio della “Società degli autori e compositori
drammatici”.
Euridice e sono cantati in latino nella buca dell’orchestra. Il libretto, la cui versione
francese è stata realizzata da Daniel Anet, è tratto dalla Favola di Orfeo di Poliziano.
corpo di ballo.
- Orphée baritono
- Pluton basso
- Proserpine soprano
- Mopsus tenore
- Aristée tenore
- Tirsis soprano
- Mercurio basso
37
Les Fous è un’opera comica tratta dal Fanfano, re dei matti di Carlo Goldoni. Il testo
Budry. Scritta a Belmont nel 1957, della durata di un’ora e quarantacenque minuti,
l’opera fu messa in scena per la prima volta nel 1959 presso Radio-Genève con la
La vicenda narra di Fanfano, il re dei folli, che riceve nel suo regno sei personaggi
che intendono divenire suoi sudditi. Dopo diverse avventure si scopre che il Regno
dei Folli è il mondo stesso e chi si crede folle è in realtà saggio, mentre chi si crede
38
Le Souper de Venise è un’opera in un atto unico scritta a Belmont nel 1965. Il testo
minuti, l’opera fu rappresentata alla Radio Suisse romande nel 1966, dall’Orchestra
Vi sono solo due ruoli cantati. Quello di Wanda, soprano, e Serge, baritono.
In un salotto veneziano, Wanda riceve Serge per una cena galante. I due personaggi
sembrano non sapere nulla l’uno dell’altra. Poco a poco si apprende che Wanda è
convinta di aver attirato in una trappola il principe Ivan di Mostar, che deve uccidere.
farlo scappare. A questo punto Serge le svela di non essere il principe Ivan, bensì una
tutte tra il 1938 e il 1945. La prima di queste è un’operetta in tre atti in dialetto
svizzero-tedesco composta nel 1938 dal titolo Liederlig Kleeblatt. L’orchestra non è
un’orchestra di scena.
A tale opera segue, nella stesura del catalogo, siamo al numero d’opera MUH89,
39
Annely us der Linde è un’operetta popolare, anch’essa in dialetto svizzero-tedesco.
Composta a Basilea nel 1940 su testo di Albert Roesler e dello stesso Haug, della
durata di due ore e mezza circa, vede, come Liederlig Kleeblatt, la presenza di
un’orchestra di scena.
Segue Barbara, operetta in tre atti, su testo di Gustav Hartung e Kurd Heine, tratta da
1942. Le ultime due operette furono composte entrambe a Rivaz nel 1944 e 1945. La
prima, Leute von der Strasse, è ancora in tedesco su testo di Emil Hegetschweiler; la
II.8. Oratori.
scritto a Granges nel 1927. Si tratta del Te Deum per voci soliste, coro misto, tre
trombe, tre violoncelli e tre timpani. Durata di venti minuti, dedicato a Cuno Amiet,
Ariadne è un oratorio per voci soliste, coro e orchestra su testo di Emil Ludwig
40
1942. Prima esecuzione a Basilea nel 1943. I ruoli recitati sono quelli di Teseo,
Nel 1943 Haug compone la prima versione dell’oratorio Michelangelo per voci, coro,
orchestra e organo. La prima esecuzione fu fatta a Solere nel 1944. I ruoli cantati
sono quelli di Michelangelo, baritono, e una Voce mistica, soprano, affiancati da tre
(MUH99) è del 1958, tradotta in francese da Géo Blanc. Dura quaranta minuti, a
Nel 1944, Haug compone a Rivaz la Grande Année vigneronne. I testi sono di Paul
Budry. Si tratta di un insieme di sei cantate per piccolo coro, strumenti e una voce
Octobre.
La Cantate gastronomique per voci soliste, coro e orchestra è del 1958. Tratta da La
41
II.9. Giochi radiofonici.
I giochi radiofonici rientrano in un genere musicale, che testimonia come Haug fosse
Come abbiamo avuto già modo di sottolineare nel primo capitolo, egli ricevette, nel
Il primo, Charlie Chaplin, fu composto nel 1930 a Granges e trasmesso nello stesso
come un film sonoro senza video, per orchestra e voce recitante. I testi furono scritti
celebrazioni del primo agosto. Scritto a Rivaz nel 1944, su testi di Benjamin
Aguet, mandata in onda nel 1946 da Radio Losanna e scritta da Haug durante il suo
soggiorno a Lonay.
42
Leucosia è un gioco radiofonico con testi di Maurice Budry tratti da alcuni brani
Radio Losanna.
racconto dei tempi della Creazione. Composto e trasmesso a Losanna nel 1951 con
una durata di circa mezz’ora. I ruoli cantati sono quattro: “L’uccello senza nome”,
soprano leggero; “Aidim, il primo uomo”, tenore; “Kali, la prima donna”, soprano;
diverse.
Nel 1953 Haug scrisse a Losanna la Colombe égarée. Il lavoro venne commissionato
e trasmesso da Radio Basilea, che ancora detiene la proprietà della partitura. L’anno
quattro versioni dei testi: inglese; tedesca, curata da Walther Franke-Ruta; francese,
due orchestre.
I lavori successivi furono tutti composti a Belmont: Fiesco nel 1958; Die Heilige
Johanna nel 1959. Pigeon vole, musica per la fantasia radiofonica di Jean Goudal
tratta da una novella di Diderot, è del 1961. Jaakobs Traum risale al 1964. Le gardien
43
intermezzo di Miguel de Cervantès; fu scritta nel 1966. Conclude la sezione del
La sezione contiene diciannove lavori. I primi sei sono dei Festivals scritti tra il 1935
e il 1954. Tra essi segnaliamo Lällekeenig, per solisti, coro e orchestra, su testo di
coro, ottoni e percussioni, Peuple, marche dans la lumière! Fu composto nel 1962 a
Le Passage de l’ètoile è una musica di scena per il lavoro letterario di Jean Villard-
Gilles, scritto a Losanna nel 1950 e rappresentato a Mézières al teatro Jorat nel
44
Justice du Roi è una tragicommedia del 1963, divisa in tredici frammenti, tratta da
Tra i lavori riportati in seguito nel catalogo segnaliamo una Berceuse pour les canons
tratta da abbozzi di Offenbach dal titolo Hoelle auf Erden; Der Fländrische
Totentanz del 1937; e un’opera del 1920, Der Tor und der Tod, su testi di Hugo von
Hoffmannstahl.
essere colonne sonore per film, spot o documentari. È interessante notare come
questa sia la sezione più corposa dell’intero catalogo. Non sono certo questi i lavori
che hanno reso Haug celebre agli occhi dei suoi contemporanei o che suscitano il
lui una importante risorsa economica e rappresentano per noi una preziosa
dopoguerra. Gli anni in cui Haug vive sono gli anni degli sviluppi tecnologici che
portano alla nascita e alla diffusione del cinematografo, della radio e della
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televisione, senza dimenticare lo sviluppo dell’industria discografica. Questi
diventano gli strumenti di comunicazione più importanti della seconda metà del
tali strumenti come forma di diffusione della propria arte, ma soprattutto come fonte
composizioni che pochissimo hanno a che vedere con la propria arte, ma, in un
mondo in via di ricostruzione a seguito del secondo conflitto mondiale, l’arte deve
percorrere una nuova strada che possa condurre alla popolarità e alla diffusione dei
propri lavori. Probabilmente nel caso di Haug questa seconda ipotesi è più adattabile
ai suoi lavori destinati alla radio, la prima - invece - sembra meglio conciliare con la
Concludiamo segnalando, tra tutti i titoli riportati dal catalogo in questa sezione, il
numero d’opera MUH136, Pacem in terris. È la colonna sonora del film di Michel
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II.12. Riflessioni.
dedicato all’opera complessiva di Haug, è la scelta dei titoli e delle forme operata dal
confronti delle forme e degli ideali sonori romantici, almeno per quanto concerne la
all’interno di forme che prediligono un trattamento molto libero del materiale sonoro
sembrano essere una costante del suo stile compositivo. Avremo modo di evidenziare
questi aspetti in una fase di analisi dettagliata della musica per chitarra, ma una
artistico nel quale Haug fu inserito, e su eventuali influssi esterni che condizionarono
47
Capitolo terzo
In questo capitolo daremo uno sguardo al contesto storico, culturale e artistico in cui
nella prima metà del Novecento, per focalizzare poi la nostra attenzione su quanto
accadeva in Svizzera nello stesso periodo. Il campo di osservazione si andrà via via
Haug in quanto suoi maestri, amici o colleghi, che possano in qualche modo,
48
Concluderemo passando in rassegna alcuni compositori “segoviani”, ossia quei
contemporanei di Haug che scrissero musica per chitarra, orbitando attorno alla
tensioni internazionali che sfoceranno nel primo conflitto mondiale. Questo stato di
l’esaurimento della concezione di tonalità così come i secoli XVIII e XIX l’avevano
intesa.
Il sistema tonale viene posto in dubbio: non è più ritenuto in grado di contenere le
idee creative dei vari autori, i quali – in piena indipendenza fra di loro – tentano vie
nuove e diverse. Il carattere di unità della musica in occidente, perpetuatosi sin dal
49
Si viene a creare, agli inizi del XX secolo un vero e proprio labirinto fatto di nuove
quella terra promessa che è la nuova musica. Molti di questi nuovi sistemi musicali si
manifesteranno come delle strade senza uscita, ossia delle vie individuali, seguite da
suo “accordo mistico” tendente ad abbattere le barriere della tonalità; Alois Haba e
l’introduzione della poetica dei quarti di tono; Ferruccio Busoni e il suo classicismo
Tra i musicisti di inizio secolo si percepisce il senso della crisi della civiltà
sente estraneo alla propria epoca, vive una condizione di isolamento rispetto al gusto
del pubblico, alle regole del mercato editoriale o alle istituzioni scolastiche. Le
organizzarsi in cenacoli di artisti con un salotto in cui riunirsi, una sala nella quale
esibirsi abitualmente in concerto e magari una rivista che ne divulghi le idee. Non
sempre però le nuove poetiche musicali derivano dal dibattito o dal confronto tra
1
CLAUDIO GREGORAT, Sguardo panoramico sullo sviluppo dei sistemi musicali dall’inizio del ‘900 ad oggi, saggio non
ancora pubblicato, gentilmente inviatomi dall’autore.
50
antroposofiche, come nel caso di Skrjabin o del giovane Satie, appartenente al gruppo
dei Rosacrociati.
All’interno di questo complesso labirinto formatosi nella prima metà del Novecento,
La prima consiste nella creazione di stili musicali in relazione agli idiomi nazionali
folklorici. La seconda, che può essere definita col termine neoclassicismo, consiste
nella nascita di vari movimenti che mirano a introdurre le nuove scoperte della prima
parte del secolo in sistemi musicali ancorati ai principi, alle forme e alle tecniche del
La terza strada, che è anche l’unica a poter essere definita come una vera e propria
“espressionismo musicale”.
Agli inizi del XX secolo, lo studio del materiale folklorico fu intrapreso con l’utilizzo
conservata con l’uso poco ortodosso della tradizionale notazione musicale, la quale
non era in grado di riportare con esattezza le peculiarità stilistiche e proprie delle
prassi esecutive di certi canti. Con l’avvento del fonografo fu possibile registrare i
materiali musicali e conservarli senza alcun rischio di filtrare la genuinità della loro
51
origine. Nasce così l’etnomusicologia, disciplina che darà un impulso notevole allo
sviluppo di nuove tendenze musicali che sentivano l’influsso della musica popolare.
L’Europa centrare fu l’ambiente ideale per lo sviluppo dei primi vasti studi scientifici
fecero seguito gli ungheresi Zoltàn Kodàly (1882-1967) e Béla Bartók (1881-1945).
Quest’ultimo coprì un ruolo di primo piano sotto vari aspetti, da quello della ricerca
di materiale folklorico sul campo, all’attività di esecutore e didatta, a quella - per noi
il caso del balletto “Pulcinella” (1920) e dell’opera buffa “Mavra” (1922) con i quali
Stravinskij entrava nel periodo “neoclassico” della sua produzione, attuando una
stravinskiano assume già ai suoi esordi il duplice aspetto della ricostruzione rispettosa
52
e della caricatura irriverente. Una contraddizione, mai risolta, che troverà il suo
Al gusto neoclassico sono riconducibili anche buona parte delle opere di Erik Satie e
del “Gruppo dei Sei”, di cui fu guida spirituale. Le innovazioni più consistenti
presenti nella musica di Satie sono riscontrabili prevalentemente nella sua produzione
viene abolita la barra di divisione delle battute; non vengono messe le alterazioni in
alternate con altre, anch’esse sempre uguali, oppure trasposte ad altezze differenti. La
partecipazione di Satie alla setta misteriosofica della Rose-croix (per questo gli amici
una componente rilevante anche per la produzione musicale di Arthur Honegger, uno
Tailleferre, il critico Henri Collet aveva intitolato il proprio articolo “I Cinque russi e
53
andava ad indicare un cenacolo di artisti legati da una stretta amicizia e che
regolarmente o a casa di Milhaud o al caffè Gaya nel sofisticato locale “Le boef sur le
le loro opere pianistiche con preferenza nella piccola Salle Huyghens e si videro ben
rappresentati dal manifesto di Cocteau “Le coq et l’Arlequin” tanto da pubblicare dal
1920 articoli sulla rivista “Le coq”, in cui ciascuno scrisse le sue cattiverie contro i
comuni nemici. Vorremmo evidenziare, tra i Sei, la figura di Milhaud per la tecnica
della politonalità spesso ricorrente nelle sue opere. Lo stesso Milhaud fornisce una
spiegazione semplice dell’uso di accordi politonali: “Il loro suono soddisfa il mio
orecchio; un accordo tonale quando è tenue è più sottilmente dolce e quando è forte è
musica politonale è quella musica in cui, attraverso l’analisi visiva della partitura, si
può verificare il percorso simultaneo di più linee melodiche o più piani armonici,
Una serie di defezioni e litigi smembrò il gruppo dei Sei tra il 1923 e il 1925: Durey e
critico ed impresario Louis Laloy, di cui Satie si considerava nemico giurato perché
gli sembrava incarnasse la concezione mercantile in musica. Alla morte di Satie, nel
54
Un ultimo componente della corrente neoclassica, seppure non per la totalità della sua
1927 al 1937), la Yale University (dal 1940 al 1953) e l’Università di Zurigo (dopo il
disorientato e disorientante della nuova musica tedesca degli Anni Venti. Liquidò ben
presto però questi suoi trascorsi espressionisti con l’opera Cardillac del 1926 e
sviluppò, negli anni seguenti, una personale poetica dell’artigianato musicale e della
Gebrauchsmusik, ossia musica d’uso. Agli inizi degli Anni Trenta operò un’ulteriore
Egli tentò di elaborare una teoria nel suo Manuale di composizione, pubblicato a
Magonza fra il 1937 e il 1939, secondo la quale i centri tonali venivano stabiliti
conservava una posizione di primato come centro focale del flusso cadenzale. La
tonalità era per Hindemith inevitabile in musica come la legge di gravità lo è per il
mondo fisico; egli sosteneva che i tentativi di evitarla erano non soltanto inefficaci,
ma che il loro risultato era il caos. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale,
55
composizione musicale rappresentasse un simbolo di ordine più elevato, appartenente
furono opere come Harmonie der Welt (Armonia del mondo) del 1957 in cui viene
messa in scena la figura di Keplero alle prese con il problema di conciliare la Bibbia
l’armonia del mondo. Nella nuova versione del ciclo Das Marienleben vi è una
dominante Si alla sua natura terrestre, la sottodominante La alla sua natura divina e
altre tonalità ad altre idee secondo il loro grado di vicinanza alla tonalità centrale di
Mi2.
successori, tra cui Webern, lo stile dodecafonico e il suo naturale confluire nella
Scuola di Darmstadt, fino ad arrivare alle tendenze successive, rivolte alla musica
elettronica. Tutto ciò meriterebbe una trattazione ben più ampia di quella che, per
2
DONALD JAY GROUT , Storia della musica in Occidente, Feltrinelli, Milano 1984.
56
avallarono dal punto di vista teorico con le idee sostenute nella Harmonielehre di
Schoenberg del 1911 e negli scritti apparsi in “Der blaue Reiter”, almanacco curato
da V. Kandinskij e Fr. Marc, edito a Monaco nel 19123 >>. Spesso si identifica
morto”.
della tonalità, il rinnovamento della melodia, la liberazione del ritmo dalla costrizione
formale, il rifiuto dell’ordine a favore dell’intuizione. Tutto ciò era già stato
pienamente raggiunto nel 1912, l’anno del Cavaliere Azzurro e del Pierrot Lunaire.
Ben presto ci si rese però conto che il rifiuto della forma come veicolo di
3
DUSE UGO, Per una storia della musica del Novecento e altri saggi, Torino, 1981.
57
Secondo Webern “si ritorna alla forma perché altrimenti non si comunica l’idea
musicale, anzi, al limite, senza forma non c’è nemmeno idea musicale”.
metodo di comporre con dodici suoni che non stanno in relazione tra loro; in realtà
dodecafonia, così come si presenta nella sua forma più matura, ossia con Webern, è
un metodo che mette in relazione tra loro i dodici suoni del totale cromatico, non per
un loro interno organizzarsi dettato dalle esigenze espressive mutanti di volta in volta,
rifiuto della poetica espressionista – torna ad essere considerato da Webern, non più
Nel segno di Webern nacque una nuova avanguardia che assunse l’appellativo
Francoforte. Nel 1946 era stato qui fondato l’Istituto Kranischstein con lo scopo di
Hindemith, che diresse i corsi estivi del 1947, l’Istituto doveva diventare un centro
per lo studio di quella musica messa al bando per oltre dieci anni e che si identificava
con l’atonalismo degli anni Venti e Trenta, e solo in misura modesta con la
dodecafonia, nei confronti della quale i musicisti più anziani manifestavano ancora
58
un certo disorientamento. Le cose cambiarono sensibilmente, a partire dal 1948, con
giovani compositori ben più agguerriti nella tecnica dodecafonica rispetto ai loro
rigoroso tra gli strutturalisti darmstadtiani, a segnare nel 1956-57 una svolta storica
all’interno della corrente post-weberniana. Nella Terza sonata per pianoforte del
1957 si incontra l’applicazione rigorosa e coerente del principio aleatorio che segnerà
affida alcune scelte di carattere propriamente compositivo. Una pratica analoga era
già stata sperimentata negli Stati Uniti sin dal 1950-51 con alcuni lavori di Morton
Feldman e John Cage. Quella statunitense è però una pratica aleatoria che si
accidentali gli esiti combinatori della materia sonora. L’alea europea, invece,
Darmstadt nel 1957, contrappone alla struttura chiusa della musica precedente, una
59
struttura virtuale resa aperta dalla presenza di un labirinto di circuiti possibili. Al
che non implica la rinuncia da parte del compositore alla responsabilità degli esiti
una serialità timbrica nell’ambito della pratica dodecafonica4, fino ad approdare alla
introduce nel pensiero musicale del Novecento un nuovo parametro, il timbro, su cui
nella sensibilità musicale occidentale che hanno agito su tutti i parametri musicali
impasti timbrici, già presenti nelle opere di Debussy, Ravel, Bartòk e altri musicisti
dei primi decenni del XX secolo non abbiano favorito l’avvento di una nuova
4
ENRICO FUBINI, Il pensiero musicale del Novecento e le avanguardie, in « MusicaIncerta » a cura di Arturo Tallini, Ut
Orpheus Edizioni , Bologna 2000.
60
sensibilità intervallare. Certamente sterile sarebbe una disputa finalizzata a chiarire
cosa si sia avuto prima, ma resta fermo il fatto che nelle molteplici correnti musicali
del secolo si è andati alla ricerca di nuovi effetti timbrici anche attraverso un uso
È il caso della chitarra e dell’importanza che tale strumento riveste oggi nella musica
conoscenza delle immense potenzialità timbriche dello strumento grazie alla presenza
di grandi interpreti come Segovia. E’ uno strumento ancora tutto da scoprire, al quale
i grandi compositori dei canali ufficiali della “musica che conta” hanno iniziato a
tale strumento, progressi resi ancor più evidenti dal confronto con la considerazione
di cui lo strumento godeva, nell’ambito della grande musica, nel corso del XIX
secolo. Berlioz fu uno dei pochi a citare la chitarra nel suo Grande Trattato di
rumoroso, come ancora ad eseguire da sola pezzi più o meno complicati ed a più
61
parti, donde ne risulta un delizioso e reale effetto se l’esecuzione è affidata a veri
artisti >>.
Ci venga consentito di sostenere che l’iperbole evolutiva dello strumento e della sua
letteratura musicale si completa col superamento da parte del chitarrista di quello che
strumento paragonabile a quello di certi oboisti musulmani che non possono vivere
senza portare l’oboe nella tasca interna e gli fanno dei regali, come gli orecchini,
III.2. In Svizzera.
presenza di quattro aree linguistiche: tre per le lingue romanze (francese, italiano e
romancio) e una per la lingua tedesca, suddivisa essa stessa in numerosi dialetti
5
Intervista pubblicata sul n.31, aprile 1980, de Il Fronimo.
62
culturale, affatto alterata dalle innegabili e costanti influenze culturali provenienti
Se i libri di storia delle grandi nazioni vicine riportano frequentemente notizie circa
menzioni riguardo ad un ruolo centrale della Svizzera nei capitoli dedicati alla
musica. Fanno eccezione nomi come quello di Notker Balbulus, legato alle vivaci
1563), musicista e umanista che ha lasciato alla storia della musica trattati di
indiscutibile valore. Dovremo attendere fino al XIX secolo per ritrovare il nome di un
musicista svizzero degno di rilievo come quello di Hans Georg Nägeli (1773-1836),
compositore e pedagogo ricordato per il suo importante ruolo nello sviluppo della
La fine del XIX secolo vide apparire i primi compositori svizzeri di importanza extra-
1927), Hans Huber (1852-1921), Hermann Suter (1870-1926), Fritz Brun (1878-
capofila della scuola detta di Monaco, Ernest Bloch (1880-1959) conosciuto persino
negli Stati Uniti, Othmar Schoeck (1886-1957), primo compositore ad aver raggiunto
una fama internazionale senza aver lasciato il suo Paese, per terminare con Frank
Martin (1890-1974), la cui figura occupò nel corso del Novecento un ruolo di
63
Il XX secolo si apre con una situazione musicale in Svizzera sicuramente
nel vasto oceano in tempesta della musica occidentale. Era evidente che bisognava
diffusa tra i maggiori musicisti dell’epoca: …<< Nos musiciens ont, à côté de leurs
intérêts immédiats et locaux, des intérêts communs, tant matériels que moraux, et ces
intérêts ils ne pourront les défendre efficacement que par l’union. Les questions
d’école doivent être laissées de côté : que chacun de nous conserve son originalité, sa
école nationale ! N’est-il pas l’image fidèle de notre groupement de vingt-deux petits
Braun (1870-1954). Questa prima A.M.S. era riservata ai musicisti della regione di
Basilea, ma i suoi fondatori intendevano invitare i musicisti delle altre città svizzere a
seguire l’esempio fino a giungere, finalmente, alla creazione di una vera e propria
64
Il 30 giugno 1900 erano presenti quarantacinque musicisti alla prima Assemblea
Gustav Arnold, deceduto pochi mesi più tardi. Gli statuti dell’Associazione adottati
nel corso delle prime due Assemblee generali, non hanno subìto modifiche sostanziali
per lo studio, la discussione e la difesa dei loro interessi comuni, sia materiali che
musica nazionale. A questo scopo essa fornisce ogni anno ai compositori svizzeri
l’occasione di far conoscere le loro opere durante la Fête des Musiciens Suisses e
perfezionare i loro studi. Vengono istituite delle borse di studio per solisti e
svizzeri dei pezzi imposti in vista delle prove eliminatorie del concorso.
Lo spirito di fratellanza che deve regnare tra i membri dell’AMS implica che si vada
scopo fu istituita nel 1916 una Cassa di Soccorso che ha l’obbligo di fornire sussidi ai
65
Dal nostro punto di vista l’attività dell’AMS copre un ruolo di vitale importanza: il
diano loro la possibilità di far conoscere i propri lavori e la tutela, anche giuridica, dei
della vita musicale in Svizzera e alla creazione di quel contesto culturale ed artistico
Nel corso della prima metà del Novecento cresce in maniera esponenziale il numero
di città svizzere dotate di una propria orchestra. Tra le più importanti citiamo
l’Orchestre de la Suisse Romande (OSR), fondata e diretta per molti anni da Ernest
Per quanto riguarda i cori, la situazione è a dir poco prodigiosa. Oltre ai cori ritenuti
componenti, che sono quelli legati ai grandi teatri o alle emittenti radio-televisive, si
formano in Svizzera una miriade di cori più o meno amatoriali, frutto di una
tradizione consolidatasi a partire dalla titanica opera del già citato Nägeli.
Cresce anche il numero di Festivals organizzati nelle diverse città svizzere. Il più
66
1909. Il Festival Internazionale di Lucerna e la sua orchestra composta dai migliori
solisti svizzeri sorgono per la prima volta nel 1938. Seguiranno il Festival de
luce il Premio mondiale del disco di Montreux. E poi ancora Les Semaines musicales
specializzate come la <<Revue Musicale Suisse>> che per 123 anni, dal 1861 al
francese possiede ancora oggi una propria rivista musicale, la <<Revue musicale de
Suisse Romande>> che prosegue l’iniziativa dei <<Feuilles musicales>>, fondati nel
andarono via via affermando nella Svizzera di inizio secolo nuove generazioni di
compositori, che raggiunsero la notorietà anche all’estero, i cui nomi possono essere
inseriti all’interno di correnti musicali formatesi sulla scia di quanto avveniva, nello
stesso periodo, nel resto d’Europa. Nel XIX secolo la vita musicale in Svizzera era
67
I compositori svizzeri del XIX secolo si era dedicati principalmente alla musica
camera, sinfonica, l’oratorio e l’opera. Il suo stile sarà caratterizzato dalle influenze
romantiche di Schumann, Brahms e Richard Strass. Tra gli altri compositori che,
come Huber, possono essere raggruppati nella corrente del tardo romanticismo,
citiamo Hermann Suter, allievo di Huber, la cui carriera segue, quasi identicamente
l’evoluzione di quella del suo maestro, così come il suo stile compositivo.
Ernest Bloch seguì una via originale studiando a Ginevra, nella sua patria dunque,
negli Stati Uniti e creò uno stile nel quale si fondono tardo romanticismo con impulsi
fama e considerazione mondiali. Come lui lo sarà Frank Martin (1890-1974), la cui
gran parte degli stili musicali che interessarono la musica del XX secolo. Alcune sue
opere furono legate alle tendenze tardo romantiche proprie dei compositori fin qui
citati, ma la sua produzione andrà ben oltre ed avremo modo di esaminarla meglio nei
successivi paragrafi, visto che Martin compose alcuni brani per chitarra e la sua
6
FRITZ MUGGLER, Musique et vie musicale en Suisse, Imprimerie Moderne de Sion, 1984, pag.12.
68
figura, seppur in via marginale, sarà introdotta tra la schiera dei compositori
parte, anch’egli, della schiera dei compositori tardo romantici. Nacque a Basilea nel
1875, nel 1902 si recò a Monaco per divenire discepolo di Ludwig Thuille. Alla
I compositori finora citati non si mostrarono molto aperti alle novità musicali, così
come, alla nascita della “nuova musica” negli Anni Venti e Trenta del XX secolo,
non ci furono molti compositori svizzeri pronti a seguire la via aperta da Hindemith o
fu una vera e propria scuola in Svizzera. Frank Martin ha dedicato una parte
importante della sua produzione artistica a questo stile ed influenzò la produzione del
suo allievo Peter Mieg, in cui la semplicità dello stile classico è ancora più evidente e
Con Ernst Levy, nato a Basilea, si ha a che fare con un altro tipo di neo-classicismo
che si serve di elementi stilistici tanto medievali che moderni, rielaborati in maniera
69
molto personale. Fu anch’egli uno dei maestri di Haug. Rinviamo una trattazione più
Molti dei compositori che scrissero secondo lo stile neo-barocco adottarono anche, in
alcune loro opere, lo stile neo-romantico, vale a dire che essi composero nel quadro
propria del sistema tonale. Tra questi compositori ricordiamo Heinrich Sutermeister,
dodecafonico a partire dal 1949. Egli fu seguito nel 1954 da Albert Moeschinger e nel
nel 1896 e stabilitosi in Svizzera nel 1933, si dedicò alla dodecafonia solo a partire
dal 1937, dopo un lungo dibattito interiore. Uno dei suoi allievi, Rolf Liebermann, si
interessò alla dodecafonia solo verso la fine degli Anni Quaranta e, per finire, lo
stesso Willy Burkhard cominciò a prenderci gusto solo poco prima della sua morte.
sotto il nome di Stil der neuen Zeit. Forza motrice di questa nuova tendenza furono i
70
corsi di Darmstadt. Tra i compositori che per primi seguirono la strada di tale
L’accademia musicale di Basilea ospitò dal 1961 al 1963 tra i suoi insegnanti i nomi
Hindemith all’Università di Zurigo tra il 1951 e il 1957 non aveva prodotto gli effetti
attesi, sarà proprio Basilea la città in cui si formeranno la maggior parte dei musicisti
dell’avanguardia degli Anni Sessanta. Tra essi Klaus Huber, Hans Ulrich Lehmann,
Subito dopo Basilea, anche Berna coprì un ruolo importante e stimolante per lo
sviluppo delle nuove tendenze musicali grazie ad una serie di concerti “Neue
(SIMC) e da Urs Peter Schneider che nel 1968 fondò l’ensemble “Neue Horizonte
dell’Est (Bartòk o Stravinsky). Ciò proverebbe una certa indipendenza dello spirito
71
che fece letteralmente scuola in Germania, ebbe alcun seguito in Svizzera: tutto a
beneficio, o forse a causa, di tendenze ben più forti, ancorate alla tonalità e ai principi
assolutamente sporadico. Nel 1934, Frank Martin fece ascoltare il suo primo
seriale, ma pur sempre un caso isolato, anche se considerato all’interno della stessa
produzione artistica del suo autore, che all’epoca non aveva ancora raggiunto la
notorietà di cui godrà in seguito. Anche, e forse soprattutto, gli interpreti e gli
nei confronti della dodecafonia. Bisognerà guardare all’operato di due grandi figure
come Edmond Appia e Costantin Regamey per osservare un concreto contributo per
svizzeri dei primi decenni del XX secolo nei confronti della dodecafonia non è
72
quei compositori del passato che maggiormente imposero la loro influenza nella
attendere fino al 1959 per veder nascere un centro simile, a Ginevra, per volontà del
Alla luce di quanto detto, va tenuto in debita considerazione il fatto che Haug,
tradizionalista, fece uso delle onde Martenot nell’orchestrazione di alcuni suoi lavori.
Nei due paragrafi precedenti abbiamo avuto modo di verificare quanto fosse
legato alla tradizione, ma allo stesso tempo attento alle molteplici innovazioni
apportante nel campo della composizione e alla nascita di nuovi generi musicali di
consumo, come le colonne sonore dei film. Pensiamo di non far torto ad Haug
73
del suo maestro Ferruccio Busoni: <<Solo chi guarda innanzi ha lo sguardo lieto>>,
Non è dunque un caso se Paul-André Gaillard, in un suo saggio dal titolo La création
musicale en Suisse romande entre 1950 et 1975, inserito nel volume Tendances et
La force de la tradition.
La figura di Haug viene inserita da Gaillard tra la folta schiera di musicisti svizzeri
che, al di fuori delle correnti ufficiali, << lavorarono all’edificazione di opere spesso
personaggi di notevole spessore, che furono maestri di Haug. Si tratta di Egon Petri,
della musica.
7
P.-A. GAILLARD, La création musicale en Suisse romande entre 1950 et 1975, in Tendances et réalisations, Zurigo,
1975, pag.215.
8
L’accostamento della figura di Lupi a quella di Haug mi fu suggerito dal M°Angelo Gilardino nel corso di una
conversazione telefonica e successivamente confermatami in una corrispondenza via e-mail. Secondo Gilardino, Haug
si interessò al trattato Armonia di gravitazione di Lupi, condividendone sia gli spunti teorici che filosofici. Circa
l’amicizia tra i due non si dispone di alcuna documentazione, ma – sempre secondo Gilardino – è possibile che essa
abbia un'origine nella comune appartenenza ad un ordine iniziatico segreto e di caratura filosofica molto alta
(probabilmente Rosacroce).
74
grandi maestri, fino ad arrivare ad un profilo di carattere misteriosofico che ha
In questa foto del 1940 è ritratto Egon Petri ( al centro) con la sua classe al Mills
Petri nacque ad Hannover il 23 marzo del 1881 da una famiglia tedesca. Il padre era
di questo strumento. Ben presto però gli interessi del giovane Egon si orientarono
verso il pianoforte. Egli fu allievo di Ferruccio Busoni, che esercitò a lungo su di lui
Bach e Liszt, le cui opere, assieme a quelle di Busoni stesso, rimasero per molti anni
al centro del repertorio concertistico di Petri. Durante gli anni della Prima guerra
75
mondiale seguì il suo maestro in Svizzera, dove, in qualità di assistente di Busoni
collaborò alla pubblicazione delle opere di Bach trascritte per pianoforte. Fu proprio
in questi anni, precisamente a partire dal 1917, che Haug studiò il pianoforte sotto la
Nel 1920 Petri insegnò a Berlino e nel 1923 divenne il primo solista non sovietico a
suonare in Unione Sovietica. Nel 1927 si trasferì in Polonia e a partire dal 1929
Durante la Seconda guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti, dove insegnò prima
delle difficoltà tecniche legate al virtuosismo pianistico. Fulcro dei suoi insegnamenti
notevole difficoltà tecnica senza dover rinunciare alla freschezza delle dinamiche e
del fraseggio.
76
Ernst Levy, ritratto nella foto in alto, fu anch’egli – come Petri, uno dei maestri di
Nato il 18 novembre 1895 a Basilea, quindi più giovane di Haug di soli cinque anni,
ricevette la sua prima formazione pianistica proprio da Egon Petri e dal francese
Raoul Pugno. Sentì molto l’influenza del compositore Hans Huber di cui fu prima
Quattro anni dopo si trasferì a Parigi dove, nel 1928 fondò “le Choeur Philarmonique
La situazione politica nell’Europa degli anni trenta spinse Levy, di origine ebraica, a
fuggire negli Stati Uniti, dove insegnò in prestigiosi Istituti come New England
occupato durante gli anni trascorsi negli Stati Uniti. In questo periodo scrisse anche
77
Nel 1966 tornò in Svizzera dove morì nel 1981.
della tonalità, ciò in opposizione alle tendenze dominanti in quegli anni orientate
parametri della musica tonale. Si interessò molto degli studi pitagorici sulla musica e
la simbologia numerica che in essa risiede. Compì delle ricerche che lo indussero a
architettoniche della cattedrale di Chartres, contenuto nel libro The Gothic Cathedral:
Origins of Gothic Architecture and the Medieval Concept of Order, di Otto Georg
Von Simson del 1956. Le sue conclusioni furono che la cattedrale fosse una
la figura di Levy a quella del suo antico allievo Hans Haug. Non sappiamo quando i
loro pensieri a riguardo possano essere giunti ad una piena maturità e quanto abbiano
potuto influenzarsi vicendevolmente, visto anche il breve lasso di tempo in cui i due
78
Il compositore svizzero Walter Courvoisier fu maestro di Haug
dal 1921 al 1923 presso la Akademie der Tonkunst di Monaco. Con lui Haug studiò
Concerto per violino e piccola orchestra del 1924. Le notizie a nostra disposizione su
Courvoisier non sono tante. Sappiamo che nacque a Basilea il 7 febbraio 1875 e che
lì completò i suoi studi umanistici prima e medici poi al punto da lavorare come
a Monaco per dedicarsi agli studi musicali sotto la guida di Ludwig Thuille. Alla
morte di questi divenne la figura di spicco della cosiddetta scuola di Monaco. Il suo
modo di comporre è riconducibile allo stile tardo romantico, quindi ancora legato alle
soluzioni tecniche e formali proprie del sistema tonale. Produsse molta musica
Durante gli anni di studio al Conservatorio di Basilea, sotto la guida di Petri e Levy,
Haug si recò a Zurigo per seguire i corsi di Ferruccio Busoni, probabilmente dietro
consiglio dei suoi diretti maestri di Conservatorio, i quali sentivano entrambi la forte
79
Tra i maestri di Haug, Busoni fu sicuramente il personaggio di maggior prestigio,
colui che lasciò una traccia indelebile nella storia della musica degli inizi del
Novecento. La sua figura va ricordata non solo per l’eccellenza e il virtuosismo delle
esibirsi al piano sin dalla tenera età sette anni. A sedici anni, dopo una serie di trionfi
didattica in svariate città europee, seppure la sua dimora stabile era Berlino sin dal
1894. Con lo scoppio della prima guerra mondiale si trovò nella scomoda posizione
di essere troppo legato sia all’Italia che alla Germania, per poter decidere di vivere in
80
uno di questi due Paesi. Per questo nel 1915 si stabilì nella neutrale Svizzera, per la
a quella di Liszt. Il legame più forte rimase però con la figura di Bach a tal punto che
Busoni stesso arrivò a sentirsi come una reincarnazione dello spirito di Bach. Questo
istintivo riconoscersi in Bach è testimonianza della sua tendenza verso quello che egli
stesso definirà in età matura col termine junge Klassizität (“nuova classicità”). Ciò
non ha però nulla a che vedere con il concetto di neoclassicismo così come può essere
concetto di “Nuova classicità” in uno scritto del 1920 indirizzato a Paul Bekker: <<
tornò sull’argomento in una lettera del 1921 indirizzata al figlio: << La mia idea (o
piuttosto sensazione, necessità personale più che stabile principio) è che la nuova
Guardare al passato significava per Busoni avere delle basi solide su cui costruire una
nuova teoria della musica. Egli si manifestò particolarmente attento a tutte le nuove
tendenze musicali che si andavano affermando in quegli anni, ma ostentava una certa
9
F. BUSONI, <<Nuova classicità>> in Lo sguardo lieto: tutti gli scritti sulla musica e le arti, a cura di F. D’Amico, Il
Saggiatore, Milano, 1977, pag. 113.
81
diffidenza nei confronti di coloro che si dimenticavano completamente di ciò che la
Questo guardare al futuro in maniera, per così dire, “prudente”, non impedì a Busoni
di teorizzare una nuova teoria della musica che compie un ampio percorso, sia dal
punto di vista cronologico che da quello degli argomenti trattati. Per molti anni
Busoni teorizzò innovazioni in campo musicale che però non trovarono riscontro
immediato nella pratica compositiva. Nella sua Relazione sui terzi di tono, scritta a
Berlino il 27 giugno 1922, affermava: <<Sono passati circa sedici anni da quando
fissai teoricamente il principio di un possibile sistema basato sui terzi di tono e fino
un principio già ben delineato in Entwurtf einer neuen Ästhetik der Tonkunst
(Abbozzo di una nuova estetica della musica) del 1906: << Ho tentato tutte le
offre un universo immenso e inesplorato per il compositore, dal quale attingere nuovo
materiale musicale sia per la costruzione armonica che per quella melodica. Dal
10
F. BUSONI, Relazione sui terzi di tono in Lo sguardo lieto: tutti gli scritti sulla musica e le arti, a cura di F. D’Amico,
Il Saggiatore, Milano, 1977, pag. 131.
11
F. BUSONI, Entwurtf einer neuen Ästhetik der Tonkunst in Lo sguardo lieto: tutti gli scritti sulla musica e le arti, a
cura di F. D’Amico, Il Saggiatore, Milano, 1977, pag.65.
82
punto di vista dell’armonia, l’utilizzo delle 113 scale individuate è, per Busoni, solo
una delle possibili strade perseguibili. Ne La nuova teoria dell’armonia del 1911,
episodio di fuga a cinque voci, in cui ogni voce è scritta in una tonalità diversa, sì che
(in questo caso Busoni polemizza con Schoenberg affermando che egli prova a fare
Esperimenti e riflessioni in ambito armonico non allontanarono però Busoni dal suo
incommensurabile amore per la melodia; amore testimoniato dal suo scritto Alla
melodia l’avvenire nel quale riporta la frase emblematica di Salomon Jadassohn (suo
maestro a Lipsia nel 1886): << Al comporre bisognano tre cose, prima la melodia, poi
rari. Fu un serbatoio di idee dal quale molte generazioni di musicisti attinsero nei
decenni successivi.
indirettamente ad egli collegato per i suoi studi con Petri a Basilea, possa essere
12
F. BUSONI, Alla melodia l’avvenire in Lo sguardo lieto: tutti gli scritti sulla musica e le arti, a cura di F. D’Amico, Il
Saggiatore, Milano, 1977, pag 92.
83
rimasto indifferente a cotanto sapere. Il legame di Haug alla tradizione e,
manifestata nell’opera Orphée, sono una testimonianza del legame tra Haug e il
pensiero di Busoni. Altra prova di tale legame è la scelta degli strumenti che Haug fa
obbedire fedelmente alle intuizioni profetiche di Busoni, riportate nel suo scritto
L’insufficienza dei mezzi d’espressione musicale13, nel quale si auspica un uso più
frequente di certi strumenti ancora poco diffusi e l’invenzione di nuovi strumenti che
Terminata questa nostra rapida carrellata sui musicisti che furono maestri di Haug,
con le quali Haug entrò in contatto e che esercitarono un certo tipo di influenza sulla
sua concezione della musica e sulla sua prassi compositiva. Ma, così facendo,
13
F. BUSONI, L’insufficienza dei mezzi d’espressione musicale in Lo sguardo lieto: tutti gli scritti sulla musica e le arti,
a cura di F. D’Amico, Il Saggiatore, Milano, 1977, pag 29.
84
L’importanza di questo personaggio nella vita e carriera di Haug ci è stata segnalata
Segovia di Linares14.
prefazione a cura dell’autore porta la data dell’11 marzo 1971, poco più di un mese
85
Fatta salva la nostra convinzione che il valore di un’opera, che sia essa vocale o
per un orecchio educato quanto per uno “profano”. Sapere che quest’opera contiene
dei chiari richiami alla simbologia della ritualità massonica e alla spiritualità da essa
derivante può essere interessante solo dal punto di vista storiografico o musicologico,
È dunque per dovere di cronaca storiografica che riportiamo in questa sede alcune
notizie riguardanti la figura di Roberto Lupi, la sua filosofia e le sue teorie più
strettamente tecniche: aspetti che entrano, a più livelli, in contatto con la figura di
Haug.
Nato a Milano il 28 novembre 1908, Lupi conseguì presso il Conservatorio della sua
Nel 1937 vinse la Prima Rassegna per Direttori d’Orchestra e nel 1950 il <<Prix de
“Cherubini” di Firenze a partire dal 1941 e nel 1944 fu per breve tempo direttore
Anton Bruckner. Lupi racchiude nella sua personalità il duplice aspetto di musicista
impegnato, d’azione, attivo sotto diversi aspetti nel mondo musicale; e di teorico,
86
contemplativo. Non disdegnò nessuna delle tecniche di composizione emerse nel XX
secolo, pur senza aderire pienamente a nessuna di esse. Cercò di adattarle tutte ad un
sistema unitario, che egli stesso teorizzò nel suo trattato Armonia di Gravitazione
attrazione armonica concludendo che: <<gli aloni15 che possono avere relazioni
“per attrazione” col mondo armonico della nota Do (nota attrattiva o nota tonale)
sono quattro e precisamente quelli che contano, fra gli armonici da cui sono formati,
uno o più Do; e che l’attrazione dell’alone di Do è tanto più forte quanto più questo
(o questi) Do è ( o sono) vicino alla sua fondamentale e più ripetuto. Gli aloni attratti
armonico e melodico al quale il compositore può attingere. Forse la parte più debole
si riscontra proprio nella fase di giustificazione teorica con la quale Lupi rischia di
Procedendo logicamente sulla base del fenomeno naturale degli armonici, Lupi
15
insieme delle prime dieci armoniche costitutive di un suono.
16
R. LUPI, Armonia di gravitazione, De Santis, Roma, 1946, pag. 8.
87
A differenza di quanto avviene con la regola dell’ottava in cui la scala governa
d’essere nelle armonie di gravitazione: << … basterà avvicinare per gradi congiunti
equivale, i primi dieci armonici di una nota tonale e le note date dal capovolgimento
degli intervalli degli stessi armonici, per ottenere la scala che ci servirà da materiale
di ricamo del melos sulla nostra rete armonica.>>17 Su ogni grado di questa scala sarà
possibile costruire una scala bimodale e tutte saranno in relazione con l’atmosfera
fondamentale stessa. Dal punto di vista intervallare queste scale bimodali presentano
il semitono tra il terzo e quarto e tra il quinto e sesto grado. Conservano la stessa
del maggiore che del minore. <<Se una scala non è che la rappresentazione melodica
delle armonie di una tonalità, il riavvicinamento per gradi congiunti delle note delle
do, e che avrà quindi quale nota tonale il do; dunque una scala cromatica tonale
(cromatismo tonale).>>18
Di notevole interesse è anche l’altro scritto teorico, pubblicato a Firenze nello stesso
anno della morte dell’autore, avvenuta a Basilea il 17 aprile 1971: Il libro segreto di
17
R. LUPI, Armonia di gravitazione, De Santis, Roma, 1946, pag. 27.
18
R. LUPI, Armonia di gravitazione, De Santis, Roma, 1946, pag. 28.
88
assume i toni di un testamento spirituale: <<… con questo scritto si vorrebbe
ricordare – soprattutto ai giovani di oggi – quali siano i reali veri scopi della musica
nel mondo. E se nel titolo di questa breve opera si accenna a un “segreto”, ciò è solo
dalla maggior parte degli studiosi e dei musicisti del nostro tempo. Ma è bene che si
all’uomo, e quindi alla musica, dovrà sempre più diventare in avvenire chiaro e
palese per la vera cultura del mondo.>>19 L’elemento mistico e spirituale proprio del
pensiero di Rudolf Steiner è alla base delle osservazioni proposte da Lupi in questo
scritto. L’uomo è visto come un luogo di incontro tra energie cosmiche e terrestri,
allontanarsi mai dalla componente mistica delle sue riflessioni, Lupi trova il modo,
tra le pagine di questo suo testamento spirituale, di fornirci anche gli ultimi
aggiornamenti sul suo rapporto con le sperimentazioni musicali fatte dai suoi
possibilità di sguardo verso il futuro, poiché il ritmo, che è proiezione verso il futuro
19
R. LUPI, prefazione a Il libro segreto di un musicista, Centro Internazionale del Libro, Firenze, 1971.
20
R. LUPI, Il libro segreto di un musicista, Centro Internazionale del Libro, Firenze, 1971, pp. 55-56.
89
<<Il suono sinusoidale, il suono bianco e il suono del computer, sono la beffa di forze
occulte per illudere l’uomo sui futuri misteri della musica… si tratta di un suono
coscienza del ripetersi della vita.>>21 In fine Lupi critica aspramente tutti quegli
genere”. <<Ciò che oggi viene chiamato “libertà d’azione”, nel campo artistico non è
libro segreto di un musicista, parole che assumono ancor più peso emotivo se
consideriamo che furono scritte poco prima della scomparsa dell’autore: << Possa
interiorità che è: morte e rinascita – come è morte e rinascita il convibrare del nostro
21
R. LUPI, Il libro segreto di un musicista, Centro Internazionale del Libro, Firenze, 1971, pag. 66.
22
R. LUPI, Il libro segreto di un musicista, Centro Internazionale del Libro, Firenze, 1971, pag. 67.
23
R. LUPI, Il libro segreto di un musicista, Centro Internazionale del Libro, Firenze, 1971, pag. 104.
90
III.4. Alcuni autori segoviani.
musica per chitarra di Hans Haug – volge al termine. Partendo dalla situazione
generale della musica nell’Europa, e più nel dettaglio nella Svizzera, della prima
metà del Novecento, siamo giunti a conoscere eminenti musicisti che, in qualità di
Nell’avvicinarci sempre di più alla musica per chitarra di Haug, che affronteremo nel
maggior parte dei loro lavori per chitarra al grande chitarrista spagnolo.
Nato a Linares il 17 marzo 1893, Segovia non ricevette alcun tipo di sostegno
didattico nella sua formazione chitarristica. Nonostante ciò, già nella prima
91
punto cercò qualche contatto con allievi di Tarrega onde perfezionare la propria
Tarrega basava la sua tecnica chitarristica su un tipo di attacco delle corde con i
polpastrelli delle dita della mano destra; Segovia, invece, attaccava le corde con le
dettate da un comune obiettivo: far entrare la chitarra nei circuiti musicali ufficiali e
più prestigiosi della musica colta. Tali intuizioni furono: quella di esibirsi
ampliamento del repertorio chitarristico, compositori non chitarristi e che avevano già
dato prova del loro valore scrivendo musica per altri strumenti.
non sono a conoscenza della tecnica strumentale. Sarà infatti Segovia stesso ad
92
Man mano che la fama del chitarrista spagnolo cresceva, diventavano sempre più
numerosi i compositori che si interessarono alla chitarra a tal punto che il prestigioso
concertista non sempre riuscì ad eseguire tutti i brani che per lui venivano scritti. Tali
due brani recentemente pubblicati dalla Bèrben, a cura di Angelo Giardino, scritti da
scarsa, che solo oggi si viene a conoscenza di questi due pezzi: Ètude (rondo
svolse un importante ruolo come didatta. Nei suoi corsi tenuti in tutto il mondo (tra
Accademia Chigiana di Siena) si formò una folta schiera di chitarristi che ancora oggi
rappresenta il fior fiore del concertismo internazionale. Pur non avendo lasciato alcun
metodo per chitarra, Segovia riuscì a dar vita ad una vera e propria scuola
chitarristica. Quando gli si chiedeva sul perché non avesse pensato a scrivere un
potuto ascoltare i suoi dischi al fine di ricostruire la sua estetica dello strumento: un
procedimento sicuramente poco ortodosso dal punto di vista pedagogico, ma che, con
senno di poi, sembra aver prodotto comunque dei risultati significativi. Proprio a
93
Siena e a Santiago de Compostela Haug e Segovia entrarono in diretto contatto: a
che Haug vinse col concertino per chitarra e orchestra; a Santiago fu invece Segovia
ad invitare, anni dopo, Haug a tenere dei corsi di composizione nel periodo estivo.
del nuovo repertorio che si andò formando a seguito di questa attività e che a buon
Nel vasto panorama delle avanguardie storiche delineatosi agli inizi del XX secolo è
possibile sottolineare due grandi correnti predominanti: quella, basata sulla scala
e del simbolismo. Tra queste due correnti la chitarra si collocava in una sorta di
campo.
94
inconfondibilmente segnati da tratti nazionali o regionali – sia popolareschi che
Debussy e toccava i propri vertici nel capolavoro della maturità di Isaac Albéniz (il
ciclo dei 12 pezzi per pianoforte intitolati Iberia), nella produzione di De Falla fino al
fu composta una certa quantità di musica da parte di autori secondari, tra i quali gli
Tali peculiarità di carattere estetico della musica prediletta da Segovia nei suoi
concerti furono difese tenacemente, sia dal chitarrista spagnolo che da i suoi fidati
polemica nei confronti dei tentativi di innovazione del repertorio chitarristico che
scritta da Segovia a Chicago l’11 febbraio 1972 e pubblicata nel bando di concorso,
egli condanna in maniera piuttosto esplicita l’altra musica per chitarra, per intenderci,
quella che obbedisce alle più innovative scuole di composizione che andavano
nuvoloni con cui l’impotenza creatrice di oggi copre le belle forme della Verità
24
ANGELO GILARDINO, Manuale di storia della chitarra vol.2° - La chitarra moderna e contemporanea, Bèrben,
Ancona 1988, pag. 38.
95
Artistica, il nome di Mario Castelnuovo-Tedesco risplenderà con maggiore fulgore. E
tipo di musica per chitarra sembra essere un po’ quello del cane che si morde la coda.
Segovia lottò tenacemente per sottrarre la chitarra all’alone settario che la circondava
furono organizzati concerti per chitarra nei teatri e sale da concerto precedentemente
accettare un solo modo di scrivere per chitarra, a tal punto che oggi si è arrivati a
Segovia, che – un po’ come facevano a suo tempo i discepoli di Tarrega – hanno
preso alla lettera gli insegnamenti del loro maestro, chiudendo le porte ad altri
pezzi da inserire nel proprio repertorio abbia in qualche modo influenzato anche le
intenzioni creative dei compositori che scrivevano per lui, i quali si vedevano limitati
nella possibilità di seguire strade nuove, al passo con i tempi, nello scrivere musica
per chitarra. È il caso dello stesso Haug. Avremo modo di notare nel prossimo
25
ANGELO GILARDINO, Manuale di storia della chitarra vol.2° - La chitarra moderna e contemporanea, Bèrben,
Ancona 1988, pag. 39.
96
capitolo, la sostanziale differenza di stile tra i pezzi che Haug scrisse per Segovia e
quelli che, come il Capriccio per chitarra e flauto, furono scritti per altri chitarristi.
rilievo, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo è la produzione chitarristica
compositori che scrissero per chitarra, ispirati dalla figura di Segovia, sarebbe
vastità e varietà della loro produzione per e con chitarra, meglio si prestano ad un
nostra attenzione perché ci induce nella tentazione di parlare, non senza correre
qualche rischio, di una vera e propria “corrente svizzera” di compositori attenti alla
97
Alexandre Tansman (Lodz, 1897 – Parigi, 1986), ritratto nella foto sopra, fu un
la prima formazione musicale nella città natale, si trasferì a Parigi nel 1919, ove
strinse amicizia con Ravel e conobbe Milhaud e Honegger. Dal 1941 al 1946 visse
con la famiglia a Hollywood, componendo musica per film e dando concerti. Alla
fine della seconda guerra mondiale, fece ritorno in Francia e riprese l’attività
concertistica per tutta l’Europa. Musicista dal carattere versatile si formò nello stile
impressionista francese giungendo più tardi, attraverso sofferte esperienze, alle soglie
del neoclassicismo strvinskiano; non mancano nelle sue opere influssi folklorici della
sua terra d’origine e precisi riferimenti a Chopin. Raccolse i maggiori successi come
compositore proprio grazie alla sua musica per chitarra, nella quale emerge in
maniera più evidente che altrove la sua anima polacca, elementi folklorici si fondono
di quest’autore che, per il suo lato stravinskiano, ben poco lo avrebbe attratto. Fu
98
proprio Segovia a premiare la Cavatina per chitarra di Tansman al concorso di
opere per chitarra sola, lo stesso anno in cui Haug vinceva col suo Concertino per
Eccetto alcuni lavori per chitarra e orchestra, l’interesse di Tansman per la chitarra si
una Mazurka del 1926. A differenza degli altri autori segoviani, Tansman non
comporrà altro durante il periodo tra le due guerre, ad eccezione della Cavatina,
scritta, per il concorso già citato, nel 1950, e composta da quattro movimenti ai quali
farà seguito una Danza Pomposa, che Segovia utilizzerà nei suoi concerti come brano
conclusivo della suite. Così come nella Cavatina emerge lo spirito veneziano del
compositore con la sua terra d’origine, cosa che avviene anche in brani successivi,
pubblicati da Max Eschig nel 1972, come Hommage à Chopin, Variations sur un
thème de Scriabine e Hommage à Lech Walesa. Tra glia altri brani meno conosciuti
per chitarra sola, ne ricordiamo tre del 1953: Canzonetta (Rêverie), Alla polacca e
Come Tansman, anche Mario Castelnuovo-Tedesco si trasferì negli Stati Uniti con
di musica per film. L’aver composto musica per la celluloide accomuna anche Haug a
99
della loro arte. Il nostro interesse per Castelnuovo-Tedesco è dettato dal fatto che
produsse una quantità impressionante di musica per chitarra, non solo come
strumento solista. Anzi, sarà proprio la produzione di musica da camera con chitarra
riviste musicali italiane nel periodo tra le due guerre. Nel 1939 fu costretto ad
abbandonare l’Italia e rifugiarsi negli Stati Uniti, a Beverly Hills dove morì il 17
marzo del 1968, per sfuggire alle persecuzioni antisemite. Il suo stile, carico di
piaceva tanto a Segovia, come abbiamo già avuto modo di sottolineare. Castelnuovo-
Tedesco tentò una sola volta la strada della dodecafonia col brano Si sabra mas el
discìpulo. I suoi brani per chitarra gli comportarono un successo indiscusso. Pur non
100
suonando la chitarra, egli amerà a tal punto tale strumento da preferirlo spesso al suo
primo amore: il pianoforte. L’incontro con Segovia avvenne a Venezia nel 1932 e
portò alla composizione delle Variations à travers les siècles. Dal 1932 al 1939, la
stilistici e formali cari ai maestri italiani dal Settecento a Puccini. A questo periodo
risalgono i brani per chitarra sola Sonata (omaggio a Boccherini) del 1934, Capriccio
diabolico (omaggio Paganini) del 1935, Tarantella del 1936 fino ad arrivare al
Concerto in re maggiore op.99 per chitarra e orchestra, composto nel 1939, alla
vigilia della partenza verso l’esilio statunitense. L’unica composizione con chitarra
scritta nel periodo bellico è la Serenade del 1943, brano per chitarra e orchestra in
cui, ridimensionate le proprie ambizioni solistiche, la chitarra dialoga con archi e fiati
Castelnuovo-Tedesco comprende altri brani per chitarra sola, tra cui spiccano i 24
caprichos de Goya del 1961, e numerosi lavori di musica da camera con chitarra. Si
va dal Quintetto per chitarra e archi del 1950 al Romancero gitano per chitarra e coro
del 1951, fino al secondo Concerto per chitarra e orchestra del 1953. Per due chitarre
compose nel 1962 un ciclo di 24 preludi e fughe intitolato Les guitares bien
camera, incontriamo una Fantasia per chitarra e pianoforte (1950), l’ Ecloghe per
chitarra, flauto e corno inglese del 1968, la Sonatina per chitarra e flauto del 1965:
101
l’immenso catalogo chitarristico del compositore – destinati a lasciare il segno nella
diffidenza dalla quale solo negli ultimi anni la musica di Castelnuovo-Tedesco si sta
Sorti di certo differenti toccarono alla figura di Frank Martin. Egli si cimentò solo
una volta nel comporre musica per chitarra, dando vita ai Quatre pièces brèves
(1933). La sua produzione musicale spaziò in quasi tutti gli stili musicali che il XX
102
dall’esigenza di completare un discorso di tipo “nazionalistico” che evidenzi il
rapporto tra i compositori svizzeri, tra cui Haug, e la chitarra – quindi Segovia.
si sarebbe potuto scrivere per chitarra se i compositori non fossero stati vincolati dai
canoni estetici dettati da Segovia. In tal senso i Quatre pièces brèves ci forniscono un
Haug e quella – come il Capriccio per chitarra e flauto del 1963 – esente
tecnici e formali che molto somigliano a quelli adoperati da Martin nei suoi Quatre
scansioni, sugli elementi iniziali; l’Air evoca, con estatico trasporto, il fascino
oscuro precipitare di note gravi che rimuginano la cellula originaria; per terminare
irrompe il ritmo ambiguo di una danza (Comme une gigue) che si agita fluttuando in
103
valse).>>26 Questi brani chitarristici di Martin subirono la completa indifferenza da
parte dei chitarristi fino a quando, negli anni sessanta, entrarono nel repertorio di
alcuni concertisti e da allora non si verificò più alcun affievolimento di interesse nei
loro confronti. Martin incluse la chitarra in alcuni suoi lavori di musica da camera che
non sono mai entrati nel repertorio dei chitarristi e sconosciuti alla maggior parte di
essi: si tratta di un brano per tenore chitarra e piano dal titolo Quant n’ont assez fait
do-do (1947); del Drey Minnelieder per soprano e pianoforte (1960) arrangiato da
Martin stesso per chitarra e flauto; e del Poèmes de la mort (1971) per tre voci
Nel 1933, sia Martin che Segovia vivevano a Ginevra. Non si sa se i “Quattro pezzi
brevi” furono frutto dell’invito di Segovia a Martin a scrivere qualcosa per lui. Di
certo Segovia fornì dei pezzi per chitarra di Castelnuovo-Tedesco a Martin, al fine di
illustrargli come avrebbe voluto che scrivesse per la chitarra. Ma Martin non si
intelletto. Spedì un abbozzo del lavoro a Segovia senza ottenerne però alcuna
risposta. Durante un incontro fortuito tra i due in “via della Corratarie” Segovia emise
dall’indifferenza di Segovia, pensò che i suoi pezzi fossero in suonabili. Nello stesso
intitolandoli “Guitare – Suite pour le piano (Ritratto di Andrés Segovia)”. inoltre, nel
26
ANGELO GILARDINO Manuale di storia della chitarra vol.2° - La chitarra moderna e contemporanea, Bèrben,
Ancona 1988, pag.69.
104
1934 fu eseguita la versione per orchestra scritta da Martin dietro il pressante invito
avere l’originale versione per chitarre nel profondo dei suoi pensieri, tanto che nel
1938 scrisse una versione revisionata per il chitarrista ginevrino Hermann Leeb, che
la eseguì. Ciò spinse Segovia a chiedere a Martin una nuova copia dei brani avendo
perduto la prima inviatagli cinque anni prima. Martin rifiutò con probabile
disappunto. Non sembra esserci modo attualmente, a meno che non riaffiori tra
Nel 1951 Martin inviò una copia manoscritta al Direttore musicale di Radio Ginevra
(poi chiamata Radio Suisse Romande), affinché Josè de Azpiazu ne realizzasse una
registrazione avvenuta in giugno dello stesso anno. La copia che Martin inviò alla
copia che Azpiazu fece per sé al fine di revisionare il pezzo ed eseguirlo. Un’ulteriore
versione fu curata da Martin nel 1955 per la pubblicazione che avvenne nel 1959 a
cura della Universal Edition. Questa versione appare fortemente diversa da quella
eseguita da Leeb nel 1938. Per questo la casa editrice ricevette numerose critiche: si
discolpare l’editore da tali accuse interviene la versione del 1951 di Azpiazu, identica
a quella del 1955: ciò conferma che Martin aveva già allora modificato le proprie
idee riguardo a quanto scriveva nel 1938. Subito dopo la pubblicazione dei brani fu
105
Julian Bream, famoso concertista inglese, ad eseguirli ad Amsterdam in presenza del
compositore, e ad inciderli poco tempo dopo. Da allora i Quatre pièces brèves sono
famiglia nel 1892. Compì gli studi umanistici al ginnasio di Losanna, ma gli studi
musicali lo portarono a Berlino, Ginevra e Parigi, dove visse dal 1908 al 1916,
seguendo i corsi musicali di grandi maestri tra cui Vincent d’Indy. Nel 1925 fu
sarà presidente fino al 1959. Sarà anche Presidente della Federazione Internazionale
106
dei Concorsi Musicali. Nel corso della sua carriera si distinguerà come virtuoso
nello scenario musicale internazionale del XX secolo. Membro dell’AMS dal 1925,
conferita nel 1949 una laurea honoris causa dall’Università di Ginevra. Fu membro
svizzero per le sue attività di compositore e di organizzatore della vita musicale del
Paese.
Ci occupiamo della sua figura in quanto scrisse tre pezzi per chitarra dedicati ad
racconta che, dopo aver ascoltato per la prima volta la versione per chitarra della
“Chacun sa chacune”.
Oltre a questi tre brani per chitarra sola, scrisse un pezzo Egloghe per clarinetto (o
107
ammessi alla competizione nel 1956. Tra i pezzi imposti dal programma del
Concorso figuravano proprio una Chanson, tratta dai lavori chitarristici dello stesso
Wissmer.
Oltre all’amicizia con Segovia, Gagnebin strinse stretti rapporti con i più grandi
compositori e interpreti dell’epoca. Amico intimo di Frank Martin (vissero per cinque
anni nello stesso palazzo a Ginevra), vantava tra i suoi amici anche i nomi illustri di
I tre pezzi per chitarra furono scritti da Gagnebin nel marzo 1953. Non suonando la
sotto il titolo Trois pièces pour guitare à Andrés Segovia. Probabilmente Segovia
ricevette una copia dei brani dopo la stampa, come lascia intendere una lettera inviata
“lenti, ma decisivi progressi” nello studio dei brani che intende inserire nel proprio
Segovia invierà una lettera da Assisi a Gagnebin, per chiedergli parere sulla sua
intenzione di suonare la sola Chanson, e non l’intera suite, nel suo prossimo concerto
Dopo il concorso di Ginevra del 1956, l’interesse per la Chanson, e quindi l’intera
suite, di Gagnebin andò scemando e lo stesso Segovia venne meno alle sue più volte
108
registrazione completa dell’intero ciclo è avvenuta per la prima volta ad opera del
chitarrista olandese Han Jonkers, in un disco dal titolo “A Swiss Homage to Andrés
Segovia” (1996), contenente, oltre a i tre brani di Gagnebin, anche i Quatre pièces
brèves di Frank Martin, il Prélude, Tiento e Toccata di Haug, e i Fünf Stücke für
Si stringe così il cerchio intorno alla figura di Hans Haug e al suo rapporto con la
colleghi svizzeri Martin e Gagnebin, come anche il suo rapporto con Segovia, andò
stringendosi sempre di più fino ad arrivare all’invito di Segovia nei confronti di Haug
avuto modo di vedere come Segovia, divenuto celebre in tutto il mondo, non sempre
era in grado di tener fede alle promesse di inserire brani di compositori che
scrivevano per lui nei propri concerti o incisioni discografiche. Tale sorte spettò tanto
Più fortunato fu Tansman, la cui Cavatina – vincitrice del medesimo concorso e nello
stesso anno nella sezione dei brani solistici – fu pubblicata ed inserita da Segovia tra i
suoi brani di repertorio. Più turbolento invece fu il rapporto tra Segovia e Martin,
come abbiamo già avuto modo di sottolineare. Probabilmente Haug, tra i compositori
109
svizzeri fu colui che, a lungo andare, arrivò a godere della maggiore considerazione
Tansman.
scrivere brani per Segovia ed ebbe ragione di questa sua perseveranza perché i pezzi
esamineremo uno per uno tutti i pezzi per e con chitarra scritti da Haug, compresi i
due brani recentemente dati alle stampe dalla Berbèn nella collana “The Andrés
Segovia Archive”, curata da Angelo Giardino, nel volume Hans Haug – The
musiche ricevute da Segovia e mai eseguite, due brani di Haug: Étude (Rondo
Segovia. Haug scrisse opere di musica da camera con chitarra, non dedicate a
Segovia, nelle quali cercò di divincolarsi dagli stretti vincoli che il gusto del
110
Capitolo quarto
Ora vogliamo cogliere i frutti che il talento creativo di Hans Haug ha voluto dedicare
Secondo Angelo Gilardino, nel suo Manuale di storia della chitarra edito dalla
modo per le opere per chitarra sola - ovvero per quei lavori che Haug ha scritto e
di concatenazione di accordi, di cui riferisce Gilardino, altro non sono che la messa in
Lupi.
Il primo lavoro in cui Haug usò la chitarra come strumento facente parte
testi di Dominik Müller abbiamo già avuto modo di parlare approfonditamente nel
Nel 1945 la chitarra verrà utilizzata da Haug nella sua Berceuse pour les canons. La
1
A. GILARDINO, Manuale di storia della chitarra vol.2° - La chitarra moderna e contemporanea, Bèrben, Ancona,
1988, pag. 59.
2
Cfr. Cap.II, pag. 47.
112
sezione IX del catalogo - sotto la voce “Festivals – Musique de scène divers” – fu
scritta su testi di Paul Budry, per voce di bambino, soprano e strumenti. Nella
percussioni, chitarra e quintetto d’archi. Fin qui dunque solo ruoli marginali per la
chitarra. Bisognerà attendere il 1951 affinché Haug dedichi allo strumento un ruolo
ancora ruoli marginali. Nel 1957 la chitarra sarà parte dell’orchestra dell’opera
comica Les Fous, tratta dal Fanfano re dei matti di Goldoni, di cui già si è riferito nel
secondo capitolo.
Nel 1961, Haug terminerà a Belmont un concerto per orchestra di musica leggera:
Datata 1961 è anche la colonna sonora del film Tag ohne Ende la cui partitura
prevede l’utilizzo della chitarra al fianco del flauto, l’arpa, il clarinetto, la tromba e la
batteria.
L’elenco di lavori scritti da Haug che prevedono l’utilizzo, seppur marginale, della
chitarra, termina con Justice du Roi. Scritta a Belmont nel 1963, questa
113
Naturalmente il nostro interesse, in questa sede, sarà principalmente rivolto a quelle
Il catalogo curato da Matthey e pubblicato nel 1971 riporta notizia del Concertino per
chitarra e piccola orchestra “Quasi una fantasia” del 1951, del Doppelkonzert per
chitarra, flauto e orchestra del 1966, di brani cameristici come la Fantasia per
chitarra e pianoforte del 1957 e il Capriccio per chitarra e flauto del 1963. I brani per
chitarra sola, di cui fa menzione il catalogo, sono cinque: tutti pubblicati dalla Bèrben
nel 1970 in una collana curata da Angelo Gilardino. Questi cinque brani erano il
trittico Prélude, Tiento e toccata e i due pezzi separati Alba e Preludio, entrambi
Postludio).
Segovia due brani inediti di Haug per chitarra sola, mai registrati o eseguiti in
pubblico dal chitarrista spagnolo. Si tratta dell’ Étude (Rondo fantastico) scritto da
Haug nel 1955 e della Passacaglia del 1956. Entrambi i brani furono probabilmente
inviati da Haug a Segovia, con la speranza che questi potesse eseguirli, registrarli o
Nel 2003 Gilardino pubblica, nuovamente per la Bèrben, quella che al momento
attuale è da ritenersi l’opera completa di Haug per chitarra sola. Ai cinque brani
pubblicati nel 1970 si aggiungono, nella nuova edizione, i due riscoperti nel 2001 e si
3
Cfr. Hans Haug - The complete works for solo guitar, Bérben, Ancona 2003, Prefazione a cura di Angelo Gilardino,
pag.8.
114
esclude volontariamente una trascrizione di Haug per chitarra sola di un Preludio di
Nella prefazione, già citata, della nuova edizione delle opere per chitarra di Hans
Haug, Gilardino fornisce preziose delucidazioni sulle dinamiche del ritrovamento dei
due nuovi brani, ma anche sulla genesi di quelli già conosciuti in precedenza e –
Gilardino riferisce del suo incontro nel 1970 con la vedova di Haug, Madame
per chitarra sola era stato pubblicato, l’incontro era finalizzato proprio alla prima
pubblicazione di quei brani. La signora Haug era a conoscenza dell’esistenza dei soli
cinque brani per chitarra sola che furono pubblicati nel 1970. Si trattava dei due brani
incisi da Segovia, Alba e Postludio, e del trittico, allora ancora privo di titolo. Proprio
conclusione che questi pezzi fossero un trittico e non tre brani indipendenti è
suggerita dal solo fatto che il frontespizio di ognuno di essi riporta l’indicazione di un
fotocopie dei tre brani del trittico e l’originale manoscritto del Postludio, intitolato
115
stabilire con certezza la data di composizione. Per giunta, di Alba, non esiste
attualmente nessuna copia del manoscritto. Madame Haug, già nel 1970, era sicura
che esistesse di Alba solo una copia manoscritta, inviata da Haug a Segovia. Quando,
sia la vedova Haug – prima – che Gilardino – poi – fecero richiesta a Segovia di poter
visionare il manoscritto di Alba, entrambi appresero dal Maestro che egli non ne era
più in possesso. Per fortuna Segovia aveva registrato il brano e tale incisione fu
l’unica fonte alla quale Gilardino attinse per la pubblicazione. Gilardino avvisò
Segovia della sua intenzione di trascrivere il brano dalla registrazione del Maestro e,
con sorpresa, non ricevette alcun rimprovero. Ciò era una evidente testimonianza che
Segovia avesse realmente smarrito il manoscritto di Alba. Egli era solito girare il
mondo portando con sé i manoscritti originali delle opere che intendeva includere nei
programmi dei suoi concerti. È possibile che il manoscritto di Alba sia stato
A seguito del ritrovamento dell’ Étude (Rondo fantastico), datato gennaio 1955, e
tra questi due brani e quelli per chitarra già conosciuti di Haug. Mentre i brani
difficilmente compatibili con gli orientamenti del repertorio segoviano e non meno
alieni al gusto del Maestro spagnolo di quanto lo fossero i Quatre pièces brèves di
Frank Martin. Ciò che, secondo Gilardino, rende questi due brani estranei al gusto di
Segovia - causa probabile per cui il chitarrista non li eseguì mai condannandoli al
116
dimenticatoio fino alla loro riscoperta – è il loro linguaggio armonico nonché il
nell’archivio di Segovia altre copie manoscritte di due pezzi del trittico: il Prélude e
all’assemblaggio sotto forma di trittico dei tre brani. La versione del Prélude presente
della Passacaglia).
manoscritta incompleta con il titolo Rondò (“La Gitarra”)/ pour Guitar solo. La
non presente nell’archivio di Segovia, reca la data 26-28 settembre 1961. Il brano fu
intenti di autonomia formale. È certo però che l’assemblaggio sia avvenuto in una
data successiva al settembre 1961, a seguito della rinominazione dei due brani
un’opera per chitarra sola più organica e di maggior spessore e durata per
117
l’inserimento in programmi da concerto. Forse Haug si era reso conto che la stima
che Segovia gli andava dimostrando con l’invito a Santiago, l’incisione di Alba e del
suite e i temi con variazioni che gli altri autori “segoviani” dedicavano al chitarrista
Alla luce di quanto detto vogliamo azzardare una sistemazione in ordine cronologico
di tutti i brani per e con chitarra scritti da Haug. Escludendo i lavori teatrali,
seguente:
3) Alba (1954?);
4) Preludio (1954?);
118
11) Doppelkonzert für Flöte, Guitarre und Kammerorchester (1966).
chitarra solo per l’utilizzo marginale all’interno dell’orchestra per lavori scenici o
A nostro avviso è probabile che nuove scoperte, come quella fatta da Gilardino nel
2001, possano portare nuova luce sulla datazione di alcuni brani di cui ora non si ha
certezza, o – cosa ancor più auspicabile – che si possano ritrovare brani per chitarra
sola composti da Haug prima del 1951, da intendersi come un approccio graduale da
parte del compositore ad uno strumento fino ad allora poco praticato. Ciò è tanto più
vero se consideriamo il fatto che Haug prese lezioni di chitarra con Josè de Azpiazu
dal 28 ottobre 1953 al 27 gennaio 1954 per approfondire la sua conoscenza dello
strumento.
Nell’elenco sopra esposto abbiamo voluto indicare i brani col loro titolo originale. La
Toccata, che nel trittico appare come brano conclusivo, è in realtà il primo dei tre
brani ad essere composto, nel 1952, col titolo Rondò (“La Gitarra”). Il Prélude, che
119
occupa la posizione iniziale nel trittico, fu il secondo ad essere composto, nel 1956,
col titolo Prélude (Étude). Il Tiento, secondo brano del trittico, fu invece l’ultimo ad
essere composto, ben nove anni dopo la Toccata e cinque anni dopo il Prélude. È
dunque un assemblaggio singolare, quello fatto da Haug, anche se, come avremo
modo di evidenziare nei paragrafi successivi, lo stile compositivo dei tre brani è
Per quanto riguarda la datazione di Alba e del Preludio (Postludio), abbiamo indicato
con un punto interrogativo l’anno 1954. Abbiamo ricavato tale data a seguito di un
procedimento logico. Infatti, il manoscritto di Alba, come abbiamo già avuto modo di
unicamente presso gli archivi della Bèrben, non compare alcuna data. La datazione al
1954 (forse 1953) scaturisce, dunque, da una lettera - già citata in precedenza –
Segovia si scusa con Gagnebin per non essere stato ancora in grado di studiare il
brano inviatogli dal compositore svizzero perché troppo impegnato nello studio di
120
Successivamente uscirà, pubblicato dalla DECCA, un disco in cui Segovia esegue, tra
gli altri brani, anche Alba e il Preludio (ribattezzato in questa sede Postludio).
È possibile ancora osservare come, ad eccezione del Tiento (1961), a partire dal 1957
con la Fantasia per chitarra e pianoforte, tutti i lavori dedicati da Haug alla chitarra
vedono quest’ultima affiancata ad altri strumenti e non saranno più dedicati alla
biografiche riportate nel primo capitolo – già dal 1950 aveva anteposto all’attività di
da Segovia sarà evidente anche dal punto di vista dello stile composito, proprio nei
brani sopra elencati. L’ordine col quale verranno affrontati non sarà puramente
Cominceremo con l’affrontare i lavori per chitarra sola partendo da Alba e dal
Preludio del 1954, sarà poi la volta dell’ Étude (Rondo fantastico) del 1955, della
Passacaglia del 1956, per concludere con i brani del trittico assemblati nel 1961.
121
chitarra e pianoforte, del 1957, e passando poi al Capriccio per chitarra e flauto del
1963. Concluderemo interessandoci dei brani con orchestra: il Concretino per chitarra
e orchestra del 1951 e il Doppelkonzert per chitarra, flauto e orchestra del 1966,
IV.1. Alba.
Come abbiamo avuto modo di precisare più volte, di questo brano non si è conservata
alcuna copia del manoscritto. Abbiamo a nostra disposizione le due edizioni della
nel 1961. La seconda, facente parte del volume con l’opera omnia chitarristica di
Hans Haug The complete works for solo guitar, pubblicata nel 2003 da Gilardino,
adotta come punto di partenza la stessa registrazione usata per la prima edizione, ma
Nella prefazione al volume contenente l’opera completa per chitarra sola di Haug,
ad eccezione di ciò che riguarda le altezze delle note. Infatti, i rubato presenti
122
123
La pluriennale esperienza di Gilardino nel curare la pubblicazione di molte opere
chitarrista spagnolo, nonché delle sue abitudini ad adattare i testi musicali alla propria
estetica, ci rassicura del fatto che la nuova edizione di Alba sia il frutto di scelte ben
più meditate rispetto a quelle fatte per la pubblicazione del brano nel 1970. La
notazione dei cambi di tempo presenti nello spartito di Alba è il frutto sia di
dell’osservazione accurata del modus operandi di Haug negli altri suoi pezzi.
parte di Gilardino, di quasi tutti i punti coronati presenti nella prima edizione. Questi
derivavano senza alcun dubbio dalla fedele trascrizione delle scelte espressive
apportate da Segovia nella sua esecuzione del brano. L’unico punto coronato
interpretazione ritmica deriva una differente numerazione delle battute, che sono 67
nella prima edizione e 69 nella seconda. Le due battute in più derivano: 1) dal diverso
raggruppamento delle note alla battuta 32, l’unica battuta di 5/4 della prima edizione
è stata scomposta in due battute di 2/4 e 3/4 (Figura a); 2) la battuta 50 della prima
124
edizione, con metro in 3/4, è stata sostanzialmente modificata con la trasformazione
(Figura a)
(Figura b)
Alla battuta 2, così come nell’equivalente battuta 54 della ripresa nella seconda
edizione, il Si bemolle viene presentato un’ottava sopra rispetto a quello della prima
edizione. Alla battuta 21, come nell’equivalente battuta 47 nella seconda edizione,
l’accordo conclusivo di Sol maggiore dura una minima anziché una semiminima.
sostanza vengono eliminati molti raddoppi che, presenti nella prima edizione e quindi
125
responsabilità di eliminare queste note all’interno degli accordi ritenendole delle
presumibilmente più asciutta voluta da Haug. Quanto detto è riscontrabile alle battute
Prima di passare ad un’analisi della forma e dei contenuti del brano, vorrei proporre
cinguettìo degli uccelli o dal richiamo delle scolte che intonano un canto, segnale per
gli amanti che è giunto il momento della separazione. Il tema della separazione degli
amanti al sopraggiungere dell’alba è già presente nella letteratura classica ( vedi gli
trobadorica dei secoli XII-XIII offre poi, nella forma più tipica, diverse albe:
albe religiose, in cui il sorgere del giorno viene a simboleggiare la vittoria della
126
Il “tema dell’Alba” evocato dal titolo suggerisce due immagini utilizzabili come
possibili chiavi di lettura del brano. La prima immagine è molto poetica e romantica:
egregiamente resa dalla musica di Haug nella sezione centrale del brano, di carattere
spiccatamente melodico.
solare irrompere del tema melodico, nella tonalità di Sol maggiore, alla battuta 12.
struttura formale del brano. La struttura delle chansons dei trovatori prevedeva
prevedeva l’esecuzione da parte di almeno due personaggi (nel caso dell’alba, ai due
amanti si affiancava la figura della sentinella che li avvisava del sopraggiungere del
127
del coro. Un esempio è dato dal famoso Jeu de Robin et Marion, scritto attorno al
1284 da Adam de la Halle. All’inizio del Jeu, Marion intona una melodia, con
ritornelli corali: “Robin m’aime”, che è un rondò nella forma AbaabAB (dove le
lettere indicano ognuna una frase musicale: le maiuscole le parti corali, le minuscole
le parti a solo).
Alla luce di ciò, la struttura formale di Alba di Haug, seppur priva di testo, è
“corale” vista la sua struttura “accordale”. Tale sezione termina alla battuta 11 in cui
fa il suo ingresso la voce solista che intona il refrain (b). Alla battuta 20 inizia la
‘Recitativo’ visto il suo carattere spiccatamente monodico e libero dal punto di vista
Tempo I°. Alla battuta 46 compare nuovamente il Recitativo (c), seppur in forma
il refrain (b’), non più nella consueta tonalità di Sol maggiore, ma nella stessa
128
(Figura c)
(Figura d)
Per completare la successione cromatica di questa scala mancano le note Sol# (Lab),
La e La# (Sib).
4
Tenendo conto delle voci riguardanti l’iniziazione di Haug ai misteri Rosacrociani, la scelta di utilizzare una scala con
nove suoni - che orbitano attorno al Decimo suono della Tonica, che si manifesta solo alla fine del percorso creativo -
potrebbe essere un richiamo alla corposa valenza simbolica e mistica che il numero Nove ha nella spiritualità Cristiana
e nella Dottrina Rosacrociana.
129
Risulta evidente come – pur essendo costruita sull’armonia più o meno latente di La
maggiore, con accordi che gravitano attorno a quello di tonica con attrazioni che
ricordano quelle descritte da Lupi nel suo trattato dal titolo Armonia di Gravitazione
– la sezione A è priva, nella sua linea melodica, della tonica La e delle note ad essa
La tonica fa la sua comparsa nella linea melodica solo nella Ripresa di A (alla battuta
accordo di battuta 61 fa seguito una “solare” riproposizione del Refrain nella tonalità
d’impianto.
avvenuto e, con l’Alba, la Luce del giorno illumina di nuovo il cammino dell’Uomo
verso la Verità.
130
IV.2. Preludio.
131
132
Come per Alba, anche del Preludio non si conosce la data esatta di composizione,
non essendo essa indicata sull’unica copia manoscritta, consegnata dalla vedova di
Haug a Gilardino nel 1970, ed oggi custodita presso gli archivi della Bèrben.
Abbiamo indicato l’anno 1954 (o 1953) come probabile data di composizione per le
stesse ragioni già espresse per Alba. Nel 1954 Haug prese lezioni di chitarra da José
sicuramente, avvenne perché, nella già citata lettera inviata da Assisi il 19 settembre
compositori tra cui compare il nome di Haug. Il fatto che successivamente (1961)
dell’altro5.
Sul perché Segovia abbia deciso di ribattezzare il Preludio col titolo Postludio
possiamo solo avanzare delle ipotesi. È evidente che egli lo considerasse un brano più
adatto a “succedere” che a “precedere”. Può darsi che la scelta del titolo Postludio sia
stata fatta da Segovia per la sua preferenza a posporre il Preludio ad Alba. Se ciò
fosse vero, andrebbe letto come un tacito invito ad Haug a comporre non più singoli
sembrerebbe rispondere solo nel 1961 con la decisione di assemblare tre brani, sorti
5
Nel disco prodotto dalla DECCA (DL 9832) Segovia, con la collaborazione del Quintetto Chigiano, esegue, oltre ai
brani di Haug, anche il Quintetto di Castelnuovo-Tedesco e altre musiche di Scriabin, Villa-Lobos e Llobet.
133
manoscritto del Preludio e confrontandolo con gli altri in fac-simile, pubblicati dalla
Bèrben in calce al volume Hans Haug – The complete works for solo guitar, notiamo
del tutto assenti negli altri brani. Ricordiamo che il manoscritto fu consegnato da
possibile che la copia del Preludio in questione fosse una sorta di “brutta copia” che
Haug avesse conservato per sé e che ne esistano altri esemplari più “ordinati”.
Sicuramente Segovia sarà stato in possesso di una copia del Preludio, indispensabile
sarebbe stato più saggio fare. Gilardino stesso esprime biasimo nei confronti di sé
Sembra che Haug avesse l’abitudine di indicare con dei numeri la divisione dei brani
in più parti, ognuna delle quali suddivisa in ulteriori sezioni. Ciò è riscontrabile non
solo nel manoscritto del Preludio, ma anche in quello della Toccata e del Prélude
appartenenti al trittico; nel manoscritto della Passacaglia Haug usa i numeri romani.
6
Cfr. Hans Haug - The complete works for solo guitar, Bérben, Ancona 2003, Prefazione a cura di Angelo Gilardino,
pag.8.
134
Tali indicazioni erano apposte da Haug con numeri sotto forma di frazioni: al
(Figura e)
della seconda, terza e quarta parte indicate con i numeri 7/2 (alla battuta 19), 8/3
(battuta 36), 8/4 (battuta 62). Anche nel manoscritto della Toccata notiamo che le
1 a 5, ma questa anomalia è presto spiegata col fatto che Haug abbia inserito questa
brano sono numerate come la continuazione delle parti di cui sono composti gli altri
A questo punto sorge spontanea la domanda su che fine abbia fatto la prima parte del
135
Ancora una volta possiamo avanzare solo delle ipotesi per rispondere a questo
quesito. A nostro avviso la prassi di Segovia di eseguire il Preludio subito dopo Alba
Forse è proprio Alba la prima parte mancante nel manoscritto del Preludio, e i due
brani sono da considerarsi tra essi complementari. Ciò è ancor più vero se si tiene
conto del piacevole effetto che ne deriva eseguendo i due brani l’uno di seguito
all’altro.
Se ciò non fosse vero, se il Preludio non potesse essere considerato come una
naturale prosecuzione di Alba, resterebbe salvo il fatto che – vista la mancanza della
Nel 1954, l’unico brano per chitarra sola che ci risulta fosse già stato scritto da Haug
è il Rondò (“La Gitarra”). Scritto nel 1952 e conservato nell’archivio di Segovia fino
a quando, nel 2001, Gilardino lo ha riportato alla luce, fu conosciuto al pubblico con
il titolo Toccata, in seguito all’assemblaggio del trittico da parte di Haug nel 1961. Il
fatto che il Rondò (“La Gitarra”) sia stato inserito in una forma organica (Prélude,
Tiento e Toccata) in cui non figura il “Postludio”, ci lascia supporre che non fosse
nelle intenzioni di Haug accostare questi due brani. Dunque, a meno che non salti
fuori qualche brano di Haug ancora sconosciuto, Alba è l’unico lavoro in grado di
assolvere alla funzione di “prima parte” del Preludio: l’assenza del manoscritto rende
136
Alla luce di quanto detto risulta evidente che Segovia avesse ragione a considerare il
Preludio un brano più adatto a succedere che a precedere. Da ciò derivano ulteriori
domande.
Haug volle intitolarlo Preludio? Fu una semplice distrazione, alla quale Segovia –
magari di comune accordo con Haug stesso – pose rimedio con la sua incisione? O
questa suite? Ricordiamo che l’assemblaggio del trittico ad opera di Haug appare
Lasciamo irrisolti questi quesiti nella speranza che dallo stesso archivio di Segovia o
Per ciò che riguarda il contenuto musicale, il Preludio si presenta come un brano
ostentata varietà ritmica, che ricordano la parte della chitarra nel Concertino (1951).
137
IV.3. Étude (Rondo Fantastico).
138
139
140
141
L’Étude (Rondo fantastico), di cui abbiamo riportato sopra il frontespizio e le tre
pagine del manoscritto, fu ritrovato, come abbiamo già avuto modo di sottolineare,
(che aveva curato le precedenti edizioni delle musiche per chitarra), né Matthey
(curatore del catalogo delle opere di Haug), avevano avuto il minimo sospetto
dell’esistenza di ulteriori brani dedicati dal compositore svizzero alla chitarra. Nella
<<Mi sentii come se avessi ritrovato due lettere sconosciute di un vecchio amico>>7.
giudizio del suo pubblico, non spetta a noi stabilirlo. Certamente non sono stati né i
Sul frontespizio del manoscritto, oltre al titolo e alla firma, compaiono la dedica Pour
Andrés Segovia, la data (Losanna, gennaio 1955) e l’indicazione della durata di tre
minuti.
Vista la dedica al chitarrista spagnolo, è possibile che Haug avesse inviato il brano a
Segovia per ottenere un giudizio a riguardo, senza conservare altre copie per sé:
questo giustifica il fatto che la vedova non fosse a conoscenza della sua esistenza.
La dicitura del titolo, Étude (Rondo fantastico), suggerisce tre riflessioni sull’aspetto
formale del brano. La prima riguarda l’indicazione Étude, che sottolinea il possibile
7
Cfr. Hans Haug - The complete works for solo guitar, Bérben, Ancona 2003, Prefazione a cura di Angelo Gilardino,
pag.8.
142
carattere didattico del brano, reso ancor più evidente dall’assenza di difficoltà
dicitura tra parentesi - ed appare come un richiamo alla forma della Fantasia, onde
dell’arpeggio.
tematico presentato interamente nel primo periodo di sedici battute, che segue ad una
riproposto in maniera pressoché identica alle battute 50/51 e 82/83, seppur inserito
(batt.5/6) (batt.50/51)
143
IV.4. Passacaglia.
144
145
146
Le notizie di carattere storico riguardanti questo brano, il ritrovamento del
dedica esplicita a Segovia, come per l’ Étude, ma è piuttosto evidente che fosse
La Passacaglia era originariamente una danza spagnola, affermatasi a partire dal ‘600
andamento moderato.
Nelle prime otto battute della Passacaglia di Haug assistiamo alla presentazione del
presentato inalterato nelle prime tre variazioni, accompagnato da una seconda voce
Dalla quarta alla sesta variazione il tema passa nel registro acuto, trasposto nella
Le note del tema – evidenziate con degli accenti - sono inserite all’interno di un
147
Con la IX variazione il tema torna nel registro grave trasposto, questa volta, al tono
di nuovo alla dominante, subisce modifiche sostanziali, non più solo di carattere
riproponendolo nella tonalità d’impianto, così come lo si era ascoltato la prima volta.
definito.
La variazione numero XII è forse la più interessante dal punto di vista strumentale. Il
Nella variazione XIII, le due voci, entrambe con un ritmo molto incisivo, sono
l’utilizzo di accenti, è presente nella voce grave, ancora nella tonalità d’impianto.
dominante, è presentato nella voce superiore mediante raddoppi sia ritmici che
all’ottava.
148
La variazione conclusiva, di carattere accordale, presenta il tema in La minore nella
voce acuta degli accordi, opportunamente modificato nel finale, onde consentire la
cadenza V-I. Questa volta il basso assume una funzione puramente armonica per
149
IV.5. Il trittico: Prélude, Tiento e Toccata.
Il trittico fu assemblato da Haug dopo il 1961, ossia dopo aver terminato il Tiento
volte come la decisione di assemblare questi tre brani vada letta come l’esigenza di
offrire a Segovia un lavoro più organico per i suoi programmi da concerto. Lo stesso
Haug indicò le modalità di assemblaggio dei tre brani ponendo un numero romano sul
A seguito del loro incontro nel 1970, Angelo Gilardino e Madame Haug decisero di
pubblicare il trittico conservando il titolo dei tre brani nell’ordine predisposto dal
compositore.
Bèrben, nel 2003, in calce al volume contenente l’opera completa di Haug per
chitarra sola, notiamo che solo il Tiento riporta la data e il luogo di composizione
Universitaria di Losanna che gestisce il Fondo delle musiche di Haug. Ciò spiega
anche come mai il frontespizio del manoscritto del Prélude riporti l’indicazione
MUH24, apposta dal Prof. Matthey a seguito del suo lavoro di catalogazione.
150
Inoltre, sul frontespizio del Prélude, come su quello della Toccata, è indicato il
numero delle parti in cui si suddividono i brani: numerazione riportata anche negli
Alla luce di quanto svelato da Gilardino con il suo ritrovamento di musiche di Haug
custodite nell’archivio di Segovia, sappiamo che esiste un’altra copia manoscritta sia
del Prélude che della Toccata. In questi manoscritti i brani sono indicati con titoli
Sappiamo infatti che la Toccata fu il primo dei tre brani del trittico ad essere
terminato, l’8 agosto 1952, e riportava il titolo Rondò (“La Gitarra”). Il manoscritto
Esamineremo in questa sede i tre brani non nell’ordine voluto da Haug a seguito
perché riteniamo che ciò possa chiarire meglio eventuali evoluzioni nello stile
compositivo di Haug avvenute nel corso degli anni, ma – soprattutto - perché è ormai
evidente che l’assemblaggio sia stato operato da Haug senza alcuna motivazione
legata ad affinità circa i contenuti musicali dei tre brani, accomunati solo dal carattere
151
IV.5.1. Rondò (“La Gitarra”).
152
Il frontespizio del manoscritto riportato alla pagina precedente è relativo alla copia
affidata da Madame Haug ad Angelo Gilardino nel 1970. Pur essendo l’ultimo dei tre
brani, secondo l’ordine voluto da Haug all’interno del trittico, affrontiamo per prima
dei tre brani ad essere terminato da Haug l’8 agosto 1952 con il titolo Rondò (“La
Gitarra”).
Sul frontespizio compare la numerazione relativa alla suddivisione in parti del brano,
Il brano è diviso in cinque parti, le prime due sono suddivise in sette sezioni, le
ultime tre parti sono composte da otto sezioni ciascuna. Osservando il manoscritto
notiamo come la numerazione di queste parti non inizi da uno, bensì da otto: la prima
parte del brano è l’ottava parte del trittico. Ciò evidenzia il fatto che il manoscritto in
nostro possesso è stato redatto da Haug nella fase di assemblaggio del trittico, quando
era ormai già chiara nella mente dell’autore quella che doveva essere la sua funzione
di chiusura. È interessante notare come a concludere il trittico sia proprio il brano più
vecchio dei tre, composto ben nove anni prima del Tiento. Il fatto che Haug non abbia
brani da lui scelti. Non sarebbe certo la prima volta che un compositore decida di
153
che possiamo dunque porci sono relative alle decisioni di modificare i titoli
precedentemente affidati alle composizioni “riciclate”. Può un brano nato nel 1952
col titolo di Rondò (“La Gitarra”) cambiare nel 1961 il proprio titolo in Toccata? La
nostra è una domanda retorica perché è evidente che un compositore può decidere
ragione se consideriamo che spesso i titoli scelti dagli autori non hanno alcun nesso
contiene in sé dei nessi con la forma stessa del pezzo. Sia il titolo Rondò che Toccata
se Haug ha deciso di dare entrambi questi titoli al proprio brano, è evidente che lo
ritenesse fornito dei contenuti formali sia del rondò che della toccata.
Non è la prima volta che Haug accosta in un proprio titolo richiami alla prassi
dell’improvvisazione con la forma del rondò: abbiamo già visto come nell’Étude
otto battute alla quale fa seguito il tema, anch’esso di otto battute (Figura g), ripetuto
154
– secondo i canoni formali del rondò – in maniera pressoché identica alle battute 34-
41 e 113-120.
(Figura g)
Proprio in queste prime sedici battute si respira un’atmosfera simile a quella creata
nelle sezioni cadenzali del Concertino per chitarra e piccola orchestra. Il materiale
utilizzato risulta essere molto simile: scale, accordi e l’utilizzo ritmico che se ne fa
nella Toccata sembrano essere presi in prestito dagli incisi solistici della chitarra
presenti nel primo movimento del Concertino. Questi prestiti di materiale tematico
Toccata.
L’intero brano presenta quel carattere di improvvisazione suggerito dal titolo Toccata
ed evidenziato dai cromatismi presenti nella linea melodica. Ancora una volta
notiamo quanto Haug amasse creare melodie ricche di cromatismi, con un’intrinseca
tensione espressiva. A nostro avviso il cromatismo era per Haug uno strumento di
ancoraggio al sistema tonale tradizionale, che – pur avendo esaurito gran parte delle
sue capacità espressive – riusciva (proprio grazie all’utilizzo dei cromatismi e alla
loro tensione drammatica) a suscitare ancora interesse. Forse questa è una chiave di
lettura per comprendere la mancata adesione da parte di Haug agli ideali della musica
155
dodecafonica. Con il sistema dodecafonico la base del sistema musicale diviene la
scala cromatica di dodici suoni in cui tutte le note sono equiparate; annullata ogni
distinzione e gerarchia tra note alterate e non alterate, su cui si basava, il cromatismo
156
IV.5.2. Prélude (Étude).
157
Osservando il frontespizio del manoscritto riportato alla pagina precedente, è
possibile individuare degli elementi degni di nota. Primo fra tutti, il titolo Prélude è
preceduto dal numero romano I, indicazione che chiarisce come Haug abbia
manoscritto non è indicata alcuna data di composizione e ciò ha lasciato intendere per
anni che fosse stato composto contestualmente al Tiento e alla Toccata, nel 1961.
Alla luce dei ritrovamenti fatti da Gilardino nel maggio 2001, sappiamo che, come è
già stato visto per la Toccata, la genesi del Prélude avviene precedentemente al
Segovia, è presente una copia manoscritta del Prélude che porta la data del settembre
pubblicato dalla Bèrben nel volume contenente l’opera completa di Haug per chitarra
sola, è stato redatto da Haug durante il suo lavoro di assemblaggio del trittico. Ciò ci
suggerisce una riflessione: a meno che Haug non ricordasse a memoria l’intero brano
(cosa alquanto improbabile), è presumibile che egli avesse conservato una copia del
manoscritto del brano consegnato a Segovia nel 1956. Di questa copia non si ha però
alcuna notizia. Sappiamo che una copia del manoscritto recante il titolo Prélude
(Étude) e la data del 1956 è conservata a Linares; una copia del manoscritto del brano
Prélude è stata affidata, assieme a tutti gli altri lavori di Haug, dalla vedova alla
158
occasione della pubblicazione del 1970 ed è ora conservata presso gli archivi della
Bèrben.
Non ci risulta che vi siano in giro per il mondo altre copie del manoscritto e, per
giunta, la copia conservata dalla Bèrben non offre grossi spunti di interesse: essa è
solo una fotocopia del manoscritto consegnato dalla vedova al Prof. Matthey in vista
della catalogazione avvenuta sempre nel 1970. Ciò è confermato dal fatto che sul
suddivisione del brano in quattro parti, ribadita all’inizio della prima pagina dello
Il termine Étude viene utilizzato per indicare un brano composto con finalità
inserito in una raccolta di studi. È evidente che, nel momento in cui il Prélude viene
fuori luogo. Altra motivazione potrebbe essere che Haug si fosse accorto che il brano
non mostrava intenti né didattici, né virtuosistici o – cosa ancor più probabile – Haug
potrebbe aver deciso di dare ai tre brani del trittico un titolo unico, che esprimesse
159
Prélude, come anche Tiento e Toccata, richiama una forma di composizione libera
che non rifugge da elementi imitativi. I tre titoli possono essere considerati sinonimi.
Toccata. Pur essendo composti a quattro anni di distanza i due brani sono accomunati
dallo stesso stile e dalla medesima struttura formale: quella del rondò.
centrale alla battuta 31, per essere immediatamente abbandonato - viene riproposto,
(Figura h)
Sia la melodia che l’arpeggio, che funge da accompagnamento, sono – ancora una
160
IV.5.3. Tiento.
161
Il frontespizio del manoscritto del Tiento riporta unicamente l’indicazione del titolo e
il numero d’ordine all’interno del trittico. Lo spartito contiene alla fine della seconda
26-28/9/1961).
santuario meta di continui pellegrinaggi – dietro invito di Andrés Segovia, per tenere
cieco. In musica fu utilizzato per indicare una composizione per organo, di stile
del Tiento va probabilmente ricercata nella raccolta di musiche per vihuela di Luis de
162
un’atmosfera onirica raggiunta, a nostro avviso, anche in Alba e in alcuni punti del
Concertino.
Il brano trasuda elementi tipici della musica popolare spagnola, quasi come se Haug
punto di vista ritmico, fanno sì che il Tiento contenga tutti i profumi e i sapori della
tradizione musicale spagnola. Haug non avrebbe potuto ringraziare Segovia, per
l’invito a Santiago, in maniera migliore che scrivendo un brano per chitarra di alto
163
IV.6. Fantasia.
164
Il primo brano di musica da camera comprendente la chitarra fu la Fantasia per
chitarra e pianoforte, scritto da Haug nel 1957. Il pezzo, indicato nel catalogo curato
MUH 26, fu dedicato alla chitarrista Luise Walker, conosciuta probabilmente nel
1956, quando entrambi furono membri della giuria del Concorso Internazionale di
Ginevra.
conserva all’interno del “Fondo Haug” una fotocopia del manoscritto autografo sul
quale è indicata la durata del brano, pari a dieci minuti e trenta secondi.
Il brano è composto con cura per favorire l’uguaglianza tra i due strumenti, mettendo
La sezione iniziale Allegro moderato, più volte ripresa all’interno del brano (battute
energici, interrotti da brevi e virtuosistiche volatine della chitarra, l’ultima delle quali
(a battuta 19) realizza un intelligente rallentando ritmico che introduce alla sezione
165
(Figura i)
Alla battuta 61 si riprende il Tempo I con gli stessi accordi iniziali, presto
abbandonati per dare spazio ai virtuosismi della chitarra. Questa sezione termina (alla
battuta 85) con un frammento, che ricorda tanto la parte della chitarra in un episodio
(Fantasia)
(Figura l)
Alla battuta 86 ha inizio una sezione in quattro mezzi, molto vivace, che reca
l’indicazione Allegro vivo (quasi scherzo). Questa sezione termina a battuta 158 ed è
seguita da due brevi sezioni Molto meno e Andante (la prima di quattro battute, la
166
seconda di sei), nelle quali il tempo subisce un drastico rallentamento che introduce
(Figura m)
parentesi: “Chant d’un Troubadour”; ciò la accomuna al brano per chitarra sola
esplicitamente con l’indicazione in tedesco Sehr frei) sia nella parte melodica della
chitarra, sia negli accordi arpeggiati (quasi arpa) affidati al pianoforte. Alla battuta
216 inizia un intervento cadenzale della chitarra (ad lib. quasi Cadenza) che conduce
alla conclusione della Ballade. Ciò avviene alla battuta 251, a seguito di sei battute in
cui la chitarra ripropone una successione accordale presa in prestito, ancora una volta,
Segue la ripetizione delle prime sessanta battute e la ripresa finale del Tempo primo,
che conduce ad una breve coda (battuta 272), in cui gli accordi iniziali vengono
La Fantasia per chitarra e pianoforte ci appare come un brano scritto davvero bene,
sia dal punto di vista dell’equilibrio sonoro tra i due strumenti, sia per ciò che
167
riguarda la coerenza strutturale, la qualità dei contenuti tematici e la ricchezza
Castelnuovo-Tedesco. Anche quest’ultimo scrisse nel 1950 una Fantasia per chitarra
riscosso sicuramente maggior successo della Fantasia di Haug, sia per quanto
ad una diffusione della Fantasia minore rispetto a quella realmente meritata dal
brano. Luise Walker era una chitarrista che esercitò la sua carriera di concertista e
168
IV.7. Capriccio.
169
Nel 1963 Haug compose il Capriccio per chitarra e flauto. Nel catalogo di Matthey il
manoscritta. Il brano fu pubblicato dalle edizioni Max Eschig di Parigi nel 1967. La
diteggiature per la pubblicazione. Ancora una volta notiamo come le musiche per
chitarra di Haug non siano più una prerogativa di Segovia. Il chitarrista austriaco
Konrad Ragossnig, nel 1963, aveva appena trentuno anni e si era da poco distinto
notevole successo in tutta Europa e questa volta la scelta di Haug di dedicare a loro il
suo Capriccio appare una mossa azzeccata per le sorti favorevoli del brano. La
Il termine Capriccio è stato utilizzato nella storia della musica per indicare una
varietà innumerevole di composizioni. Nel XVII secolo con Capriccio si indicava una
170
Tiento per chitarra sola o in alcuni momenti del Concertino per chitarra e orchestra, è
qui tutta volta ad evocare un’atmosfera esotica vaga e indefinita. Tutto ciò che
Gigue.
Il Prélude comincia con due battute di 6/4 affidate alla sola chitarra, ripetute per ben
quattro volte, con un effetto quasi ipnotico. Su di esse si inserisce la melodia del
flauto molto legata ed espressiva, di carattere cromatico. Alla battuta 9 la parte della
flauto dando origine ad una sezione di carattere imitativo. Alla battuta 19 la chitarra
viene lasciata da sola in una breve sezione cadenzale contrassegnata dall’ annotazione
Quasi Recitativo alla quale segue di nuovo un vivace dialogo tra i due strumenti, che
sfocia (battuta 39) nella ripresa del Tempo I con la riproposizione del materiale
modificata per condurre alla sezione conclusiva (da battuta 55 a 59) caratterizzata,
prima dall’incalzare del flauto su accordi arpeggiati della chitarra, e poi da una finale
171
172
Il titolo del secondo movimento, Sérénade à l’inconnue, è un richiamo alla forma
della serenata. Tale forma ha origini e caratteri popolari e una struttura semplice e
libera; nasce in contrapposizione al canto del mattino (Alba) intonato dai Trovatori
nel Medioevo: ancora una volta la lirica trobadorica funge da musa ispiratrice per la
musica di Haug, come già era avvenuto in Alba e nella Fantasia. La serenata apparve
(villanelle, giustiniane). Nella seconda metà del XVIII sec. indicò una composizione
organici con strumenti a fiato, e fu strutturata come un seguito di danze, con preludio
e marcia.
L’Allegretto con cui inizia la Sérénade è ricco dei richiami folclorici della musica
Alla battuta 21 inizia, invece, il canto notturno della serenata, intonato sotto voce con
estrema eleganza e a turno, prima dal flauto, poi anche dalla chitarra. Alla battuta 56
nuovamente il tema dell’Andante, questa volta in tempo ternario e in forma più breve
per lasciare spazio ad una nuova e conclusiva ripresa del ritornello. Infatti da battuta
punto coronato sull’accordo di Sib maggiore. La struttura del brano è dunque quella
173
174
La Gigue è il terzo movimento del Capriccio. Lo stesso titolo riconduce chiaramente
alla musica barocca; infatti, la gigue era una danza in tempo ternario e di andamento
veloce, in uso nel XVII e XVIII secolo. Di origine forse irlandese, ebbe larga
diffusione in tutta Europa, entrando a far parte della suite strumentale di cui
Anche all’interno del Capriccio la Gigue assolve alla sua funzione di danza veloce
possibile subisce una lieve flessione a battuta 27 (Poco meno) per tornare al tempo
primo, con relativa ripresa tematica, alla battuta 46. Alla battuta 57 comincia la
sezione lirica del brano con un tema molto espressivo affidato prima al flauto e poi
scambiato a più riprese tra i due strumenti. La melodia di questa sezione presenta -
così come anche gli accompagnamenti sotto il loro aspetto armonico, ritmico e
timbrico – nuovi richiami alla tradizione della musica popolare spagnola. A battuta
118 si riprende il Tempo I, ma questa volta, dal punto di vista tematico, comincia
un’ampia sezione di sviluppo di tutti gli spunti tematici ascoltati finora. I due
finale (battuta 184) si ascolta per l’ultima volta il tema cantabile presentato in
precedenza alla battuta 57, segue un cambio di tempo repentino che conduce alla
175
IV.8. Concertino per chitarra e piccola orchestra.
176
Il Concertino per chitarra e piccola orchestra ci risulta essere il primo brano in cui
ricevette il primo premio, nell’estate del 1951, relativamente alla sezione “Concerto
competizione erano previste la pubblicazione dei brani da parte delle edizioni Schott
e la pubblica esecuzione, affidata alla chitarra dello stesso Segovia, programmata per
l’estate del 1952. Abbiamo già sottolineato nel primo capitolo come queste promesse
- mantenute per la Cavatina di Tansman, vincitrice nella sezione “opere per chitarra
La pubblicazione del Concertino fu realizzata dalla Bèrben solo nel 1970, quindi
dopo la morte del compositore, ed inserita nella “Collezione di musiche per chitarra
Esprimo ancora oggi il mio stupore su come tale Concerto sia stato completamente
ignorato per tutti questi anni dai miei colleghi chitarristi e dagli Enti concertistici.
177
Nonostante fosse il primo lavoro dedicato da Haug alla chitarra, il Concertino appare
relativo all’equilibrio tra strumento solista e orchestra, problemi che sappiamo essere
funamboliche sullo strumento eseguendo sempre gli stessi concerti per chitarra e
da concerto dei circuiti “grossi”, si convincerebbe che gli autori sopra elencati siano
gli unici ad aver composto concerti per chitarra e orchestra. Eppure esistono Concerti
per chitarra, come quello di Ohana, Ruiz-Pipò e lo stesso Haug, di alta ispirazione
artistica e scritti talmente bene, per ciò che riguarda l’equilibrio sonoro, che
risultare superflua. Un purista del suono come Segovia, che non amava amplificare la
composto nello stesso anno del Concertino di Haug ) avrebbe dovuto cogliere al volo
regolamento del concorso chigiano, ma è anche vero che Segovia era pur sempre un
178
essere umano ed eseguire tutti i brani scritti per lui sarebbe stata un’impresa che di
Fino al 1951 Haug aveva scritto solo Concerti e Concertini (la differenza
Concertino) per violino (primo concerto in assoluto scritto da Haug nel 1924 e
volta da Segovia a Los Angeles nel 1947; il Concerto de Aranjuez, scritto da Joaquìn
Rodrigo sempre nel 1939, dedicato a Regino Saiz de la Maza, che ne fu il primo
esecutore; risale invece al 1941 il Concerto del sur di Manuel Maria Ponce. Altri
Concerti, entrati nel repertorio dei maggiori chitarristi del Novecento, portano date
invece al 1954. Notiamo dunque come non vi fosse una gran possibilità di scelta per i
1951.
179
Il Concertino per chitarra e piccola orchestra è indicato nel Catalogo dell’opera di
Haug, curato da Jean-Louis Matthey, con il numero d’opera MUH 48. Accanto
all’indicazione del titolo compare la dicitura tra parentesi: Quasi una fantasia, non
fagotto, ripreso dagli archi, e poi dalla chitarra (battuta 14), per essere affidato
Alla battuta 36 entra il secondo tema affidato agli archi che dialogano con i fiati fino
alla battuta 44, dove inizia una sezione quasi cadenzale della chitarra, che termina
con un breve duetto col flauto prima di condurre all’Andante di battuta 60.
orchestra fino alla battuta 135, dove inizia la Cadenza della chitarra. Nella Cadenza la
scrittura sapiente, densa di cromatismi e molto ricca dal punto di vista timbrico, come
180
Segue una breve ripresa del primo tema affidato agli archi con progressivo incalzare
Nel secondo movimento, Andante, il tema – una melodia molto lirica recante
l’accompagnamento dei clarinetti. In chiave compare il Sib nella parte della chitarra e
il Fa# in quella dei clarinetti: alterazioni che scompaiono alla battuta 16, dove inizia
melodici affidati ai clarinetti. Alla battuta 24 la chitarra prende il posto dei clarinetti e
realizza degli interventi melodici sugli accordi, affidati questa volta agli archi.
timbrico pur se non si raggiunge mai il pieno dell’orchestra – non presenta una grossa
tra i due movimenti è puramente teorica, frutto del numero romano III, apposto da
battute che non ricomincia da zero, come era avvenuto alla fine del primo
movimento.
Il terzo movimento presenta una struttura tripartita con successiva cadenza della
chitarra e una coda in cui viene brevemente ripreso il tema della prima parte. L’
Allegro moderato inizia con incisi del nuovo tema affidati prima alle viole, poi al
181
fagotto, per essere finalmente eseguito per intero dalla chitarra (da battuta 70 a 77)
senza mai perdere l’incisività ritmica che lo caratterizza. In questa parte è prevista
anche una breve sezione cadenzale della chitarra (da battuta 129 a 146).
un nuovo tema, molto lirico e affidato alla chitarra, che si snoda su note tenute degli
coinvolgente atmosfera, onirica e fantastica, molto valida dal punto di vista timbrico.
Alla battuta 205, segnata dall’indicazione Tempo I, si ha una ripresa della prima
parte, con lo stesso tema ritmico e giocoso, scambiato tra la chitarra e gli altri
libera, che ripropone il tema lirico della seconda parte. La cadenza termina a battuta
311 con una breve ripresentazione del primo tema, affidata al fagotto. Segue una
ascendenti dei fiati che accumulano energia e conducono alla cadenza, che risolve
182
IV.9. Doppelkonzert.
183
Il Doppelkonzert per flauto, chitarra e orchestra da camera fu uno degli ultimi lavori
scritto da Haug prima di morire. Gli unici lavori che ci risultano ad esso successivi
sono un Concerto per tromba e orchestra (scritto anch’esso a Belmont) del 1967,
Nel 1968 il manoscritto del Doppelkonzert fu affidato dalla vedova di Haug, assieme
al resto degli spartiti del marito in suo possesso, alla Biblioteca Cantonale e
furono acquisiti dalle edizioni Henn di Ginevra. Per visionare la partitura è necessario
brano, che, a tutt’oggi, risulta non essere mai stato eseguito. Fortunatamente il Prof.
Matthey mi ha gentilmente inviato, per esclusivi scopi di studio, una copia del
Losanna è in possesso. Non trattandosi della partitura, non siamo in grado di riflettere
relative alla composizione dell’orchestra dal Catalogo dell’opera redatto dallo stesso
Matthey.
184
L’orchestra è composta da un flauto piccolo, un flauto traverso, un oboe, un corno
inglese, due clarinetti, un clarinetto basso, un fagotto, due corni in Fa, due trombe,
Rondò giocoso.
ritmico realizzato dai timpani e dal pizzicato dei contrabbassi. La sezione successiva
è affidata ai soli archi: si passa ad un Allegro vivace di appena sette battute, prima di
tornare al Tempo I (Battuta 32) in cui la chitarra dialoga con le viole in una sezione
molto libera (quasi improvvisando). Segue un nuovo inciso, Allegro, dei soli archi,
che lascia subito spazio ad una nuova sezione molto espressiva dedicata al flauto con
realizzata anche grazie ad una coscienziosa orchestrazione, in cui gli strumenti solisti
non vengono mai sopraffatti dall’orchestra. Come era avvenuto nel Concertino per
chitarra e piccola orchestra, Haug mostra di conoscere bene i limiti sonori della
chitarra. Forte anche della prova ben riuscita con il Capriccio per chitarra e flauto, il
185
dal punto di vista timbrico, cosa alla quale Haug ci ha ormai abituati. Altra costante
durata indicata sul manoscritto è di quattordici minuti, termina con una sezione,
Sostenuto, di cinque battute, tutte in “Fortissimo”, con note acute del flauto, abbellite
segue ad una pausa di croma con punto coronato, presenta l’indicazione “Presto” e
vede tutta l’orchestra impegnata nella realizzazione della cadenza (Mi maggiore/La
Il 3/4, con cui termina il primo movimento, viene sostituito dal 6/8 del secondo, che
inizia con un Andante con moto, il cui tema, “espressivo (quasi legato)”, è affidato al
flauto e alla chitarra (all’unisono), che dialogano con il corno inglese, i clarinetti e il
fagotto. Il tema viene riproposto più volte durante tutto il secondo movimento,
costruito, come annotato dallo stesso Haug sul manoscritto, in maniera molto libera,
da battuta 164, vede una ripresa del tema iniziale affidato al flauto e opportunamente
186
“sfumando”) sostenuto dall’accordo di Do maggiore. La durata complessiva del
Il terzo movimento, della durata di otto minuti e trenta secondi, è un Rondò giocoso il
cui tema iniziale, un Allegro in quattro mezzi, è affidato prima ai soli violini, ai quali
si aggiunge poi il resto dell’orchestra. La chitarra entra da sola alla battuta 28, seguita
dal flauto, che intona una melodia molto simile, per quanto riguarda la sua incisività
ritmica, al tema iniziale del terzo movimento del Concertino. Il brano prosegue con la
l’introduzione di nuovi spunti tematici. Alla battuta 115 si ascolta la prima cadenza,
molto espressiva, iniziata dalla chitarra, cui si sovrappone il flauto dopo due battute. I
battuta 217, un “Più vivo” che ha inizio con degli accordi fortissimi della chitarra sui
quali si inserisce una lunga scala ascendente del flauto. La cadenza si interrompe con
da diversi strumenti, frammenti del primo tema. Ciò introduce al “Quasi presto”
finale, che ha inizio con degli accordi in rasgueado della chitarra e termina con una
lunga scala (ascendente per il flauto, discendente per la chitarra) che conduce
187
IV.10. Conclusioni.
In questo lavoro, dedicato alla figura di Hans Haug e alla sua musica per chitarra,
nostro avviso – alquanto trascurato, finora, per la sua sapiente e raffinata produzione
artistica.
alla luce delle notizie da noi raccolte in questo lavoro. Il nostro intento era e rimane
Ci piace immaginare che questo lavoro possa fornire il giusto stimolo per coloro che,
musicisti e non, vogliano continuare ad indagare sul valore delle musiche, non solo
per chitarra, che Haug ci ha regalato. La sua produzione musicale si è svelata ai nostri
occhi nella sua forma eclettica, frutto della genuina ispirazione e della profonda
Relativamente alla musica per chitarra di Haug, abbiamo cercato di gettare nuova
luce, fornendo notizie sulla datazione di alcuni lavori e sull’esistenza di brani di cui
188
Ci eravamo proposti di introdurre Haug tra i compositori di primo piano che
orbitarono attorno alla figura di Segovia. Non spetta a noi fare una classifica, non
il lavoro qui proposto ha voluto essere una testimonianza del valore e del significato
delle musiche per chitarra di Haug. Non pensiamo di far torto a nessuno se
Rodrigo, Ponce, Turina, Torroba ecc, nei programmi da concerto dei chitarristi, o in
non solo guardando al presente - che per fortuna appare piuttosto roseo grazie alla
Nonostante il titanico lavoro che Angelo Gilardino sta svolgendo da anni per
riscoprire brani per chitarra del passato, dimenticati o ignorati per anni, il mondo
della chitarra ha ancora bisogno di lavori di ricerca storiografica seri e condotti con
esponenziale negli ultimi anni, deve ancora coprire un gap abissale nei confronti di
quella di altri strumenti come il pianoforte, gli archi o i fiati. Spetta ora ai chitarristi
189
Bibliografia
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191