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20131 Milano - Via Stradivari, 7

Vivere come se
Dio ci fosse

Valori, umori
& dispetti elettorali

di Lucrezia Scotellaro

di Lorenzo Ornaghi

Caro Dio....
Nel laboratorio di
Flannery OConnor

Exit Pannella

di Fernanda Rossini

di Nicola Guiso

Zalone star
al Salone del libro
di Alessandro Rivali

Anomalie elettorali
negli Stati Uniti
di Mauro della Porta Raffo

San Francesco nel


paradiso di Pound

664
Giugno
2016
Poste Italiane Spa Spedizione in a.p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004
n. 46) art. 1, comma 2, DCB Perugia

di Andrea Colombo

Raccontare
lindicibile
colloquio di Marco Dalla Torre
con lalpino Ugo Balzani

Editoriale

I rischi del voto contro

unico dato sicuramente certo delle elezioni amministrative in 1.363 comuni italiani, di cui 26 capoluoghi di provincia,
la percentuale dei votanti al primo turno, che scesa dal 67,45 per cento delle precedenti omologhe
(nel 2011) al 62,14: in cinque anni, un buon cinque
per cento in meno.
Disaffezione, incertezza, assenza di proposte politiche e di candidati convincenti. Quello che pi stupisce, per, la preventiva sottovalutazione di queste elezioni. Sempre si detto che non si deve dare
colorazione politica alle elezioni amministrative, e
sempre, a urne chiuse, se ne sono tratte conclusioni politiche. Ma questa volta, e soprattutto da parte del presidente del Consiglio, si sostenuto che
veramente importante il referendum confermativo
istituzionale di ottobre, non la scelta dei sindaci in
giugno. Evidentemente era un modo di mettere le
mani avanti avendo fiutato un vento poco favorevole, come poi i fatti hanno dato conferma. Perch
unaltra indicazione del voto una certa insofferenza nei confronti del Partito democratico e del
suo segretario-presidente del Consiglio.
Qui non stiamo a discutere di cifre perch, in attesa dei ballottaggi, non abbiamo ancora tutti gli elementi. Quello che con meraviglia vogliamo rimarcare, che la sottovalutazione delle elezioni di giugno stata assecondata (o promossa) anche dai
mezzi dinformazione. Sabato 4 giugno, vigilia delle elezioni, il Tg1 delle ore 20, ha dedicato il servizio di apertura, di una buona decina di minuti, alla
morte di Cassius Clay, alias Muhammad Ali, personaggio, a dir poco, tuttaltro che esemplare, emblema dello sbando morale che corrode le radici di un
(ex?) grande Paese. Solo dopo la glorificazione di
Cassius Clay, al Tg1 si parlato di elezioni. vero
che sussiste tuttora lanacronistica sospensione della campagna elettorale il giorno prima e il giorno
stesso delle elezioni, ma dalla televisione pubblica
ci si poteva aspettare almeno una ben pi articolata spiegazione tecnica dei meccanismi del voto,
esortando a recarsi alle urne, pur senza fare pro-

paganda partitica. Anacronistico, dicevamo (e aggiungiamo: grottesco), il silenzio elettorale perch


travolto dal web sul quale la propaganda proseguita, eccome. Anche il Corriere della sera, domenica 5 giugno, ha dedicato la mezza pagina dapertura al su non lodato pugile americano (e quattro pagine interne), quasi obbedendo alla consegna governativa di mettere il silenziatore alle elezioni.
Sembra proprio che limpegno dei mass media sia
distrarre, anzich informare, lopinione pubblica.
Poi ci si domanda perch lastensionismo in crescita, mentre il voto di protesta grillina sbalordisce
Roma e Torino. La gente andr a votare quando le
saranno proposti programmi politici e amministrativi credibili, in un quadro istituzionale non manipolabile a piacere. Altrimenti si alimenter il fenomeno del voto per dispetto che il prof. Lorenzo
Ornaghi analizza da par suo a p. 426. Anzich concorrere a far vincere qualcuno abbastanza vicino
alle proprie aspettative, lelettore preferisce non
far vincere un predefinito avversario. In questo
modo, spiega Ornaghi, le procedure rappresentative vengono esposte alla minaccia di una continua, sempre pi profonda corrosione.
Inoltre, nonostante il conclamato disprezzo per la
politica, sempre pi numerosi sono gli aspiranti
candidati ai posti che sono pur sempre ritenuti di
potere: in questultima tornata elettorale, per esempio, a Salerno (132mila abitanti) i candidati alla
carica di sindaco erano dieci, e 698 gli aspiranti
consiglieri. Ancora con Ornaghi: La corrosione
delle vigenti procedure rappresentativo-elettive si
manifesta e incomincia a operare proprio dal punto in cui le caratteristiche o le qualit confacenti al
rappresentare sono ben diverse da quelle indispensabili per governare. il problema della
selezione della classe politica, che non si risolve
semplicemente cooptando esponenti della cosiddetta societ civile. Senza un chiaro e audace progetto politico, ben difficilmente miglioreranno le
sorti della nostra malandata Repubblica.
C.C.

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N 664

Editoriale
Lucrezia Scotellaro
Dino Basili
Mauro della Porta Raffo
Fernanda Rossini
Alessandro Rivali
Nicola Lecca
Lorenzo Ornaghi
Nicola Guiso
Marco Dalla Torre
Florio Fabbri
Roberto Rapaccini
Aldo Maria Valli
Antonio Cirillo
Roberto Marchesini
Michelangelo Pelez
Pasquale Maffeo
Giovanni Scanagatta
Raffaele Vacca
Andrea Colombo
Guido Clericetti
Michele Dolz
Davide Brambilla - Franco Manzi
Claudio Pollastri
Vincenzo Sardelli
Matteo Andolfo
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Mauro Manfredini
Franco Palmieri
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I rischi del voto contro


Vivere come se Dio ci fosse
Piazza quadrata. Fare sistema. Ma come?
Anomalie elettorali negli Stati Uniti
Caro Dio.... Nel laboratorio di Flannery OConnor
Zalone star al Salone del libro
Lettera da Neoneli. La Provenza della Sardegna
Orizzonti. Valori, umori & dispetti elettorali
In memoriam. Exit Pannella
Testimoni. Raccontare lindicibile. Colloquio con lalpino Ugo Balzani
Cruciverba dautore
Medioriente. La Primavera araba cinque anni dopo
Piazza San Pietro. Dalle Bolle a una parrocchia atipica
Editoria. La nuova teologia della credibilit
Psicologia. Le origini anti-cristiane delleducazione sessuale
Filosofia. Persona & diritto in Maritain
Epistolari. Firmato, Francesco di Sales
Istruzione. Alternanza scuola-lavoro: una sfida
Classici. I saggi del Foscolo sul Tasso
Fonti letterarie. San Francesco nel paradiso di Pound
Inquietovivere
Arti visive. Gloria & miseria di William Kentridge
Cinema. Il coraggio del perdono
Festival. La Palma rossa di Cannes 2016. Colloquio con Ken Loach
Teatro. Due monologhi etici al femminile
Ares news. Filosofia, letteratura, mariofanie
Libri & libri
Doppia Classifica. Libri venduti & libri consigliati
Fax & disfax. Bagnoregio senza Bonaventura
Libri ricevuti

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Un numero per sostenere il Suo e il nostro impegno culturale:

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editrice di Studi cattolici, da utilizzare nella dichiarazione dei redditi
per devolvere allAres il 5 per mille.
Un grazie alla generosit di tutti i lettori.

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GIUGNO 2016
ANNO 60

in questo numero:
Una preoccupazione di Benedetto XVI (foto)
sempre stata la perdita del fondamento dei diritti umani:
linvito del Papa emerito a vivere come se Dio ci fosse
pu essere considerato come il principio per riaffermare i
valori della fede, partendo dalla definizione di un percorso di ragionevolezza della stessa, inteso come il ponte per
il dialogo tra credenti e non credenti, per tentare di arginare la deriva della dittatura del relativismo: ne ragiona
Lucrezia Scotellaro nello studio dapertura a p. 404.
Caro Dio, non posso amarti nel modo in cui vorrei, inizia cos lintensissimo Diario di preghiera di Flannery OConnor (foto) ora pubblicato da Bompiani: queste
pagine rivelano lorizzonte pi intimo della scrittrice statunitense ai tempi dellUniversit: era una giovane donna,
consapevole del proprio talento, che si interrogava sul futuro e sulla propria ricerca di Dio. Per il sorprendente laboratorio di Flannery c Fernanda Rossini a p. 415.
Clinton o Trump per USA 2016? In attesa di conoscere il vincitore, Mauro della Porta Raffo (foto) spiega a p.
410 la storia delle anomalie elettorali statunitensi. l Altri zoom oltreconfine: Roberto Rapaccini rilegge la Primavera araba a cinque anni di distanza (p. 439), mentre da
Piazza san Pietro Aldo Maria Valli ragguaglia su una
parrocchia atipica, quella della Guardia svizzera (p. 440).
Marco Dalla Torre ha intervistato lalpino 94enne Ugo Balzani, superstite della Campagna di Russia: la sua testimonianza di una bellezza lacerante (p. 432).
Incredibile dictu: superstar al Salone del libro
stata la simpatia di Checco Zalone (foto): nel reportage di
p. 421 Alessandro Rivali esplora le novit presenti sugli
scaffali della kermesse torinese. l Per chi volesse scoprire un angolo di Provenza in Sardegna basta andare a p.
424: trover la Lettera da Neoneli di Nicola Lecca.
Un campione della libert, addirittura un
eroe del nostro tempo, cos stato salutato pressoch
unanimamente Marco Pannella (foto) scomparso lo scorso
19 marzo: per un profilo rispettoso, ma non certo lusinghiero c Nicola Guiso a p. 429.
Cinema. Kean Loach si aggiudicato la Palma
dOro di Cannes: il nostro Claudio Pollastri lha inseguito fino a p. 466; si pu poi riflettere su Il coraggio del perdono in Philomena con Davide Brambilla & Franco Manzi
(p. 462). l Letteratura: Andrea Colombo ha cercato san
Francesco nel paradiso di Ezra Pound (p. 456), mentre Nicola Vacca ha riletto i saggi del Foscolo su Torquato Tasso.
l Si pu essere sempre aggiornati sul mondo Ares? Certo,
con la documentatissima rubrica di Matteo Andolfo a p. 470.

Mensile di studi e attualit


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Telefoni 02.29.52.61.56 - 02.29.51.42.02
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CAPOREDATTORE
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Milano: Alessandro Rivali
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in qualsiasi momento richiederne la modifica o la cancellazione, scrivendo allAres Via Stradivari 7, 20131 Milano.

MEDIORIENTE

La Primavera araba cinque anni dopo


Sono passati cinque anni dai moti di rivolta della Primavera araba, iniziati in Tunisia e in Egitto
rispettivamente alla fine del 2010
e nei primi mesi del 2011, nel corso dei quali il diffuso malessere
per societ cristallizzate su posizioni antidemocratiche e caratterizzate da inaccettabili diseguaglianze nella distribuzione della
ricchezza aveva spinto migliaia di
persone nelle piazze di alcune capitali arabe, per richiedere la sostituzione dei regimi autoritari al
potere con democrazie laiche. La
Primavera araba principalmente
riguard sei Stati: la Tunisia, lEgitto, lo Yemen, il Bahrain, la Siria e la Libia. Anche in Marocco
ci furono dimostrazioni, ma ebbero un carattere prevalentemente
pacifico e portarono a cambiamenti costituzionali che introdussero forme di legittimit democratica. Nel corso della Primavera
araba svolse un ruolo importante
la Rete. Infatti, mentre i giornali e
le televisioni si mantennero espressione di poteri governativi,
Internet sfugg a ogni controllo: il
Web fu lunico strumento per la
diffusione mediatica delle idee di
cambiamento e per la concreta organizzazione delle manifestazioni, il solo mezzo per assicurare allinterno e allesterno dei rispettivi confini nazionali unadeguata
libert di informazione. Il fondamentalismo religioso inizialmente non ebbe uno specifico ruolo;
in alcuni casi assunse una funzione di contenimento e di controllo
delle istanze di rinnovamento,
guidando morbidamente i sistemi
politici verso una neoislamizzazione che contribu ad affermare
regimi non particolarmente diver-

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si da quelli precedenti. In questi


moti mancarono anche quelle manifestazioni anti-occidentali (soprattutto anti-americane e antiisraeliane) emerse in precedenti
rivoluzioni islamiche come
quella iraniana del 1979 che
avevano accreditato limmagine
di un mondo musulmano compatto nellessere in ogni occasione
contrapposto allOccidente.

La Rivoluzione
del gelsomino
La Primavera araba ebbe inizio in
Tunisia nel dicembre del 2010
con la cosiddetta Rivoluzione
del gelsomino, ovvero con i disordini che seguirono al suicidio
di un universitario disoccupato,
Mohamed Bouazizi, costretto per
sopravvivere a fare il venditore
ambulante. Il giovane si diede
fuoco in segno di protesta per le
condizioni economiche del Paese
davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid dopo aver subto
umiliazioni dalla polizia a seguito
di un alterco. I tumulti, motivati
soprattutto dalla disoccupazione,
dallelevato costo dei beni primari, dalla corruzione e dalle cattive
condizioni di vita, si estesero a
tutto il Paese nonostante i tentativi della polizia di soffocare i moti locali con la solita repressione
violenta che in casi pregressi era
stata sufficiente a ristabilire lordine. Le manifestazioni di piazza
a gennaio del 2011 costrinsero il
presidente Ben Al a porre termine al suo mandato con una repentina fuga a Gedda, in Arabia Saudita: per la prima volta nella storia
recente un popolo arabo riusciva

a sbarazzarsi di un dittatore. Nellottobre del 2011 si svolsero le


elezioni per la formazione della
prima assemblea costituente; le
consultazioni decretarono il successo del movimento islamico
Ennahda (il Movimento della Rinascita) che, nonostante le sue
pregresse posizioni radicali fondamentaliste, affermava di ispirarsi a un modello di Stato laico di
tipo turco. Ennahda nel marzo del
2011 si costitu in partito politico:
in questa nuova veste auspicava,
rinunciando allinserimento della
Shara nella Costituzione, lavvento di una via tunisina allislamismo, che avrebbe dovuto riconoscere la legittimit di un sistema pluripartitico e ripudiare luso
di qualsiasi forma di violenza. Le
consultazioni elettorali, alle quali
si registr unaffluenza alle urne
superiore al 90%, sancirono la
vittoria di Ennahda che ottenne
oltre il 40% delle preferenze.
LAssemblea nazionale costituente approv una Costituzione provvisoria che consent la designazione di un nuovo governo che
resse il Paese fino alle successive
elezioni generali e alla promulgazione della Costituzione definitiva. Dopo incerte vicende che tuttavia sancirono il definitivo passaggio del Paese alla democrazia,
nel 2014 si svolsero le previste
elezioni, che inaspettatamente registrarono laffermazione del partito laico di ispirazione liberale
Nidaa Tounes. Gli islamisti moderati di Ennahda risultarono la
seconda forza politica, mentre terza forza fu lUnione patriottica libera, un partito sostenitore del libero mercato e di valori modernisti. Al momento il Paese retto da

Una delle imponenti manifestazioni di Piazza Tahrir, al Cairo, nel febbraio 2011.

un governo di unit nazionale,


una condizione difficilmente
esperibile nel mondo arabo. Sicuramente la Tunisia lunico Paese che a seguito della Primavera
araba ha cambiato la sua leadership con elezioni libere. Tuttavia
il Paese ha pagato questo rinnovamento con una fragilit istituzionale e una vulnerabilit che si sono concretizzate nellesplosione
della contestazione sociale a causa della grave crisi economica, e
in cruenti attacchi terroristici come quelli subiti al museo del Bardo e in un resort di Sousse rispettivamente nel marzo e nel giugno
del 2015. Questi fatti hanno evidenziato la mancanza di adeguate
condizioni di sicurezza pubblica,
determinando una drastica contrazione del turismo e degli investitori stranieri, con conseguenti
gravi ripercussioni negative nelleconomia nazionale. In apparente contraddizione con il processo
di democratizzazione la Tunisia
il Paese nel quale si formano i pi
radicali jihadisti. Dalla Tunisia
sono partiti per la Siria e lIraq
pi di 3.000 militanti per combattere nelle file dellISIS; si stima
che circa 500 di questi individui
siano rientrati nel Paese, pronti a
compiere azioni terroristiche. Secondo alcuni analisti i jihadisti tunisini costituiscono la fetta pi

importante tra i combattenti stranieri che si sono affiliati allISIS


sia in Siria sia in Libia. Questa situazione pu causare uninvoluzione, ovvero il rischio che le autorit usino la lotta al terrorismo e
ai disordini per ripristinare forme
di controllo sullesercizio dei fondamentali diritti di libert. Per
esempio, nel mese di luglio del
2015 il governo ha approvato misure di lotta alleversione che
consentono larresto di persone
senza specifiche accuse e prevedono una forte limitazione delle
garanzie a difesa di persone sottoposte a misure restrittive della libert personale. La Tunisia, nonostante le difficolt economiche e
istituzionali, resta tuttavia per il
mondo arabo un modello da seguire, uneccezione da difendere.

Le manifestazioni
di Piazza Tahrir
La Primavera araba in Egitto ebbe
inizio nel 2011. In particolare, a
febbraio, a seguito delle imponenti manifestazioni a Piazza Tahrir
venne deposto il presidente Hosni
Mubarak. Lo scenario egiziano
stato caratterizzato costantemente
da una dialettica fra componenti
contrapposte, ovvero fra il potere
dei militari, da sempre molto in-

fluenti nei momenti cruciali del


Paese, e lascendente dei fondamentalisti islamici, con la mediazione del blocco laico. A conferma di questa alternanza, archiviato il regime autocratico e corrotto
di Mubarak i militari hanno inizialmente mostrato laspetto di un
potere garante di quelle istanze di
democraticit, di progresso, di libert e di giustizia che la classe
media emergente reclamava nelle
manifestazioni di piazza. Furono
indette libere elezioni che portarono al potere Mohamed Morsi,
esponente della Fratellanza musulmana. Il presidente Morsi intraprese una politica autoritaria
reprimendo le proteste e sottoponendo a giudizio davanti a tribunali migliaia di oppositori. In concreto, le parti laiche che avevano
animato la rivoluzione, progressivamente uscirono di scena cedendo il passo alle istanze autoritarie
e fondamentaliste che consentirono a Mohamed Morsi lautoattribuzione di poteri che conferirono
una particolare forza alle sue iniziative istituzionali e lo resero immune da controlli giurisdizionali.
La reazione della componente laica contribu a spingere lesercito
alla destituzione e allarresto di
Morsi: un vero golpe se si considera che il Presidente aveva conseguito questa carica a seguito di

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libere elezioni. Inizi unaltra fase


di transizione che si concluse nel
maggio del 2014 con lelezione
del generale Al Sisi, esponente
delle forze armate. Successivamente, al fine di stroncare lopposizione fondamentalista islamica,
i militari cedettero alla tentazione
di mettere al bando il movimento
della Fratellanza musulmana, che
lottava per il ritorno di Morsi e
che manteneva il suo ascendente
su parte della popolazione e su
molte istituzioni sociali. Questa
iniziativa si rivel un errore perch di fatto cancell la fragile demarcazione tra fondamentalismo
e terrorismo, e spinse le frange
estreme della Fratellanza verso
una deriva eversiva. Per la sua lotta, non solo alla Fratellanza musulmana, ma a tutte le componenti jihadiste, lEgitto di Al Sisi assunse rapidamente unimportanza
centrale nellattuale scenario geopolitico. La lotta al terrorismo in
Egitto si articola su due piani. Innanzitutto si svolge su un piano
culturale, valendosi dellUniversit e della moschea di Al Azhar
(che hanno sede al Cairo e sono i
principali centri dinsegnamento
religioso dellislm sunnita) per
promuovere uninterpretazione
politicamente moderata della religione musulmana. Su un piano
militare, invece, il contrasto del
terrorismo si realizza mediante
iniziative repressive contro i gruppi violenti in Sinai e nel resto del
Paese. Si deve anche considerare
che lEgitto uno dei pochi Paesi
arabi che ha rapporti con Israele.
Per tali aspetti in questo momento
la nazione egiziana un fondamentale interlocutore per lOccidente. Nonostante il generale Al
Sisi sia un uomo di potere particolarmente solido, non sembra che il
Paese e lapparato di governo siano completamente sotto il suo
controllo. La forte impronta autoritaria del regime significativamente indebolita dallostilit dei
Fratelli musulmani, messi frettolosamente al bando per il pericolo
che favorissero lislamizzazione
del Paese.

438

Sciiti & sunniti


in Bahrain
Il Bahrain un arcipelago del
Golfo Persico costituito da alcune
isole principali e altre pi piccole.
La sua ricchezza il petrolio, con
il quale stata finanziata lindustrializzazione del Paese, recentemente potenziata anche per compensare il futuro probabile esaurimento dei giacimenti. Il Bahrain
ha una particolare importanza
strategica per la coalizione occidentale, in quanto una sua isola
ospita una base statunitense nella
quale di stanza la quinta flotta
americana che stata di fondamentale importanza nelle vicende
belliche in Afghanistan e in Iraq.
Da l, inoltre, possibile seguire i traffici che transitano per lo
stretto di Hormuz, compreso il
commercio illecito di armi, ed
esercitare con questa presenza una
pressione psicologica sullIran.
Gli USA conseguentemente seguono con molto interesse gli
eventi politici del Bahrain, che
considerano un importante alleato
non NATO. Alla base delle tensioni e dei moti che si sono manifestati con rinnovata intensit dopo le rivolte in Tunisia e in Egitto,
c la contrapposizione fra sciiti e
sunniti. In questa piccola monarchia gli sciiti, che sono la netta
maggioranza, ovvero circa il 70%
della popolazione, hanno pochissimo potere e sono discriminati
socialmente in quanto sono governati da una monarchia espressione
della minoranza sunnita. LIran
(sciita) e lArabia Saudita (sunnita) si fronteggiano indirettamente
nel Paese appoggiando le due
contrapposte confessioni religiose. probabile che lIran sobilli
gli sciiti del Bahrain per sollecitare una transizione verso una monarchia di tipo costituzionale che
attribuisca il giusto potere alla
maggioranza; nello stesso tempo
il regime saudita sostiene la monarchia al potere. Probabilmente
il regime di Teheran solo apparentemente auspica la fine delle divi-

sioni fra sciiti e sunniti, in quanto


in concreto pu trarre vantaggio
dalle tensioni fra le due confessioni religiose. Questi contrasti, infatti, sono un elemento di grave
instabilit, che pu influenzare le
vicende interne di altri Paesi del
Golfo e indebolire la coalizione
sunnita. Dopo la rivoluzione iraniana si sospettato un tentativo
dellIran, fallito nonostante lappoggio del Fronte islamico per la
liberazione del Bahrain, di esportare la rivoluzione islamica in
quel Paese per rovesciare la monarchia al potere. Peraltro le autorit iraniane hanno in alcune occasioni affermato di considerare il
Bahrain una propria provincia, da
un punto di vista sia geografico
sia demografico, pur precisando
di rispettarne la sovranit. Il regime degli Al Khalifa al potere in
Bahrain, con la complicit della
comunit internazionale che,
per non turbare la suscettibilit
saudita, non ha mai sollevato problemi sulle dure modalit della repressione, sullinesistente rispetto
dei diritti dellopposizione, sulle
ripetute violazioni delle libert di
espressione, di religione, di stampa, e sullelevato numero di prigionieri politici riuscito a contenere le manifestazioni del 2011
e tuttora mantiene il controllo del
Paese nonostante le latenti tensioni. La Primavera araba in Bahrain,
pertanto, non ha prodotto cambiamenti, ma ha solo incoraggiato
lopposizione a manifestare per i
propri diritti. I moti in Bahrain,
pur avendo tratto un forte stimolo
dai fermenti libertari che si erano
sviluppati negli altri Paesi arabi,
hanno avuto proprie specifiche
connotazioni e motivazioni che
non si sono ancora esaurite.

La situazione
nello Yemen
Nel 2011, dopo le proteste in Egitto e in Tunisia, anche nello Yemen
la popolazione a causa della grave
crisi economica e della corruzione
del regime scese nelle piazze del-

la capitale Sana per spingere a


dimettersi il presidente Al Abdullah Saleh, al potere da oltre 30 anni, che attraverso modifiche della
Costituzione stava cercando di
trasformare il suo mandato in un
incarico a vita. Saleh dichiar che
avrebbe rinunciato sia alla sua rielezione sia ad abdicare in favore
del figlio. Nonostante lapparente
disponibilit al dialogo, inizi una
dura e sanguinosa repressione,
che provoc dissensi e una spaccatura anche allinterno delle forze armate, che in parte solidarizzarono con i manifestanti. Il Consiglio di Cooperazione del Golfo,
lorganizzazione internazionale
regionale a cui aderiscono sei Stati del Golfo Persico, ovvero il
Bahrain, il Kuwait, lOman, il Qatar, lArabia Saudita e gli Emirati
Arabi Uniti, cerc di favorire una
composizione della crisi attraverso un processo di transizione verso soluzioni di compromesso. Nel
giugno 2011 Saleh rimase gravemente ferito in un attentato. I nuovi scontri lo costrinsero nel febbraio del 2012 a passare la guida
del Paese al suo vice Abdrabuh
Mansur Hadi che form un governo di unit nazionale. Nel frattempo si sviluppava e si sovrappose
alla crisi in atto anche un conflitto
secessionista animato dagli Houthi, un gruppo armato sciita zaydita (lo zaydismo una variante della confessione sciita) che agiva
con lappoggio politico e materiale dellIran, che sosteneva questi
ribelli non solo per la comune
professione sciita, ma soprattutto
al fine di conseguire, attraverso
linfluenza in unarea dello Yemen, una posizione privilegiata
che gli consentisse di gestire pi
direttamente i propri interessi nel
continente africano. Contro gli
Houthi, e soprattutto contro lantagonista iraniano, si mobilitarono
le monarchie del Golfo e altri Paesi sunniti (segnatamente lEgitto,
gli Emirati, il Qatar), con a capo
lArabia Saudita. Al Qaeda nella
Penisola Araba (AQAP) approfitt
del caos per gestire la propria influenza nella zona. Cos, la rivolta

degli Houthi super subito il suo


iniziale carattere locale. Allinizio
del 2015 i gravi disordini costrinsero il presidente Abdrabuh Mansur Hadi alle dimissioni, respinte
dal Parlamento e successivamente
smentite, che furono solo formali
in quanto il suo governo dimissionario continu la resistenza contro
i ribelli e inoltre continu a essere
considerato a livello internazionale la legittima autorit al potere.
Nelle stesso tempo la coalizione
degli Stati sunniti guidata dallArabia Saudita nel marzo 2015 intraprese un massiccio attacco contro gli Houthi e contro obiettivi civili sia mediante incursioni aeree
e bombardamenti sia attraverso
truppe di terra. Permane una situazione caratterizzata da crimini di
guerra commessi da entrambe le
fazioni in lotta, i ribelli sciiti (sostenuti dallIran e dagli uomini
dellex presidente Saleh) e il dimissionario resistente governo del
presidente Hadi (appoggiato da
una coalizione sunnita a guida
saudita, dagli indipendentisti del
Sud e da varie trib). Frange dello
Stato Islamico attaccano moschee
sciite causando la morte di molte
vittime civili. Anche in questo
Paese la Primavera araba non
approdata a una democratizzazione delle istituzioni governative.

Un bilancio
(provvisorio)
In generale, a parte le complesse
situazioni in Siria e Libia che non
sono state trattate in queste pagine, le rivolte della Primavera araba hanno fallito il loro intento; infatti, pur essendosi originate da
movimenti laici, sono approdate
con lunica eccezione della Tunisia o a esiti integralisti, trasformando di fatto quei moti in
una primavera islamica, o a disordini interni, che hanno ulteriormente minato le prospettive e
le aspirazioni di una possibile
transizione democratica. In proposito devessere adeguatamente
considerato che i manifestanti

non potevano avere come modello su cui rifondare il nuovo Stato


le democrazie occidentali, stimate corrotte e lontane da valori spirituali e religiosi. Le nuove istituzioni potevano ispirarsi solo a
una piena applicazione dei valori
dellislm, gli unici che, ripristinati nella loro purezza, venivano
ritenuti in grado di assicurare uno
Stato perfetto oltre che giusto.
Nella rifondazione di un nuovo
Stato sono prioritari la formazione di unassemblea costituente e
lindizione di libere elezioni. Tuttavia, nei Paesi arabi nei quali si
sono svolte le consultazioni elettorali la democratizzazione rimasta intrappolata in un circolo
vizioso. Le elezioni infatti non
sono il momento iniziale di una
democrazia, ma il suo punto di
arrivo, in quanto il loro valido e
libero svolgimento richiede un
apparato democratico e una ben
formata coscienza civica, non
presente in quelle nazioni. La Primavera araba inoltre ha contribuito purtroppo solo momentaneamente a ridimensionare il
ruolo del terrorismo nel determinare le vicende locali e nazionali
dei singoli Stati. In passato i cambiamenti di regime o le rivoluzioni interne si erano avuti a seguito
di iniziative di gruppi eversivi in
qualche caso con lausilio esterno
di altri Paesi; questo aveva consolidato nei popoli arabi la consapevolezza che essi potessero solo
tollerare i propri governi, mentre
soltanto lattivit terroristica poteva offrire prospettive concrete
di cambiamento. La Primavera
araba, alimentando inizialmente
forti aspettative, sembr togliere
al terrorismo il monopolio nel
sovvertire i regimi al potere: purtroppo i suoi deludenti esiti uniti
alla nascita dello Stato Islamico e
alla trasformazione di Al Qaeda
che si rigenerata attraverso la filiazione di tanti agguerriti movimenti violenti regionali hanno
ripristinato in breve tempo il triste ruolo centrale del terrorismo.
Roberto Rapaccini

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