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Ossa lunghe

Vi ricordate la scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio in cui la scimmia di fatto inventa la
prima “arma”? La rudimentale clava è proprio un bel femore. Il femore è infatti l’osso più lungo
del corpo umano e uno dei più robusti e pesanti.

Testa
Grande
Collo trocantere Testa

Epifisi
prossimale
Grande Collo
trocantere
Piccolo Piccolo
trocantere trocantere

Diafisi

Condilo Condilo
Epifisi
Condilo laterale Condilo mediale
distale
mediale laterale

Rotula
Frontale Laterale Posteriore
Il femore fa parte del gruppo delle ossa lunghe come tibia, perone, omero, radio e ulna con cui
condivide caratteristiche comuni quali la suddivisione in tre sezioni: le estremità dette epifisi e il
fusto centrale detto diafisi.
Ogni osso ha poi proprie particolarià lo rendono diverso dagli altri, nel caso del femore abbiamo già
analizzato nell’articolo sul ginocchio la parte distale, quella più lontana dall’articolazione dell’anca,
mentre per la parte prossimale, quella più vicina all’articolazione, si evidenziano questi elementi
per noi importanti:
 La testa, la “pallina” che si inserisce nell’anca
 Il collo, il raccordo fra la testa e il resto del femore
 Il grande trocantere e il piccolo trocantere, delle sporgenze che costituiscono il punto di
inserzione e i bracci di leva di moltissimi muscoli.
Se queste sono le sue particolarità, le considerazioni seguenti sono assolutamente generali e valide
per tutte le ossa lunghe anche se useremo sempre il femore come esempio.
Le ossa lunghe permettono tutti i movimenti del corpo umano e sono esposte ad enormi
sollecitazioni da parte delle forze esterne: sono pertanto costituite di materiali organici deformabili
per assorbire al loro interno questi stimoli.
In un osso lungo è facile definire un asse longitudinale, cioè una retta che passa per la “parte più
lunga”: in relazione a questo è possibile classificare come nel disegno le forze che agiscono
sull’osso stesso.

1
Compressione Tensione Taglio Torsione Piegamento
Come approccio didattico non vorrei annodarmi nelle singole definizioni perché c’è il rischio di
perdere di vista il motivo per cui le ossa sono sottoposte a questo tipo di sollecitazioni: in altre
parole, da questo tipo di disegno non si capisce perché qualcuno dovrebbe essere così coglione da
piegarsi un osso, da tirarlo o da torcerlo.
forze Asse di
compressive simmetria
longitudinale forze forze tensive
compressive

Da domani
a dieta…

Senza introdurre pallosissimi concetti quali il momento torcente e il momento flettente, cerchiamo di
ragionare in maniera più intuitiva:
 A sinistra il nostro blue man è alle prese con le trazioni in una postazione in cui la sbarra è
sull’asse di simmetria della struttura: la forza peso dell’omino “tira verso il basso” la
struttura sottoponendola in prima approssimazione ad una forza puramente compressiva.

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 A destra, invece, una situazione ben più reale: la forza peso è applicata in un punto che non
si trova sull’asse di simmetria della struttura, pertanto questa si deforma: la parte più vicina
alla forza si “schiaccia” e diventa concava, quella più lontana si “allunga” e diventa
convessa.
Vi accorgete di questo comportamento quando, lasciando la postazione, questa oscilla: la struttura è
stata deformata elasticamente dal peso corporeo dell’omino blu, nel momento in cui si stacca questa
energia viene restituita facendo tornare il tutto alla forma di partenza.

Uh oh…

Chi è
stato?!

Una deformazione sotto carico non è necessariamente dannosa: strutture molto rigide non si
deformano per cedere di schianto come nei disegni a sinistra, mentre altre più flessibili riescono a

P La testa del
Qperp femore è “tirata
giù”
1

Qpar

Q=P/2 =
forze
compressive

forze
R 1 1
tensive

Rotazione Scomposizione

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resistere a carichi maggiori come in quelli a destra. Il problema non sono le forze che causano le
deformazioni, che nella vita reale sono inevitabili, ma un eccesso oltre i limiti permessi.
Qualsiasi parte del corpo umano sottoposta all’azione di forze esterne cambia forma! E’ infatti
estremamente semplice creare delle forze che piegano lateralmente un osso e basta stare in piedi per
deformare il femore!
A sinistra nel disegno precedente le forze che agiscono sul femore quando siete eretti: metà del peso
corporeo sulla testa del femore e la reazione vincolare della tibia sui condili femorali. Con una
disinvoltura che farebbe rabbrividire Newton, il femore viene ruotato in modo che il suo asse
longitudinale sia perpendicolare al pavimento e le forze scomposte perpendicolarmente e
parallelamente all’asse stesso.
Il femore non si muove, pertanto è come se fosse imbullonato alla tibia. Il femore e la forza Qpar
creano una situazione equivalente a quella in cui l’omino piega la stazione delle trazioni: il corpo
del femore è sottoposto ad una forza compressiva dalla parte più vicina alla forza agente su di esso e
a una tensiva dalla parte più lontana. Perciò, il femore sottoposto ad una forza di piegamento o
flettente, si deforma.
Poiché il femore è immobile, possiamo considerarlo imbullonato anche sulla testa e la stessa
deformazione si ottiene premendolo di lato: in questo caso è una forza di taglio che causa una
deformazione.
Forza di
Fperp taglio
Fpar 100 100
Kg Kg
F
Asse Forza P P
longitudinale tensiva

Verso delle Verso delle


deformazioni sul deformazioni sul
piano frontale piano sagittale

Fperp Forza di
taglio

Fpar
Asse
trasversale F Forza
compressiva

Taglio, flessione, piegamento… focalizzandosi sui dettagli delle definizioni viene perso di vista il
quadro generale: forze puramente compressive o tensive non esistono dato che le ossa sono
sottoposte alle più svariate sollecitazioni meccaniche nelle più svariate direzioni ed è assolutamente
fisiologico che si deformino sotto carico dato che se fossero troppo rigide risulterebbero di
conseguenza anche troppo fragili.
Il disegno a sinistra illustra come sia sempre possibile scomporre una qualsiasi forza agente su un
osso in una componente compressiva/tensiva e una componente di taglio, mentre quello a destra
descrive le direzioni di deformazione preferenziale del femore sotto carico: la struttura si deforma in
maniera prevedibile perciò il problema non sono le forze di taglio ma un loro eccesso!
In particolare le ossa lunghe sopportano molto bene le forze compressive, meno bene quelle tensive
e assolutamente detestano quelle di taglio. Il corpo umano è infatti progettato per auto-trasportarsi,

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250

200

150
MN/m2

100

50

0
Compressione Tensione Taglio

sorreggendo se stesso mentre è sottoposto alla sua stessa forza peso che è, per definizione,
compressiva.
Forze che causano piegamenti laterali delle ossa lunghe sono sempre scomponibili in
compressive/tensive e di taglio, pertanto il corpo umano riesce a gestirle più o meno bene in base ai
contributi delle singole componenti.
Le forze di torsione intorno all’asse longitudinale sono molto “innaturali”: non si riscontrano nei
comuni movimenti e infatti il corpo umano si rompe facilmente se gli vengono applicate forze di
questo tipo. Se volete fare un simpaticissimo scherzo ad un vostro amico, prendetegli
all’improvviso un polso con tutte e due le mani e ruotatelo con forza: evviva, una simpatica frattura
a spirale dovuta alla torsione!

Gruppo del grande


trocantere
Gruppo
compressivo
primario Forza
compressiva

Gruppo
tensivo
primario

Gruppo
compressivo
secondario

Gruppo
tensivo
secondario

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Le epifisi delle ossa lunghe sono composte da tessuto osseo spugnoso, molto poroso perché formato
da trabecole, piccole lamelle ossee, disposte in una struttura a traliccio deformabile sotto l’azione
delle forze compressive o tensive.
La disposizione delle trabecole è su linee che seguono la direzione delle forze esterne, in modo da
resistere al meglio proprio dove serve. Le trabecole si deformano sotto carico e poi tornano alla loro
forma originaria quando la sollecitazione termina.
Se le diafisi delle ossa lunghe non fossero strutturate in questo modo sarebbe necessario molto più
materiale osseo per resistere alle stesse forze esterne: l’osso spugnoso è il miglior compromesso fra
peso e resistenza alle sollecitazioni, un vero materiale high tech!
Ciò che ci interessa in palestra
I muscoli risultano fondamentali per l’aumento della resistenza delle ossa alle deformazioni: per
quanto i materiali di cui si compongono possono essere avanzati, senza il contributo delle forze
muscolari il corpo si frantumerebbe sotto l’azione di carichi comuni nella vita quotidiana di un
sedentario.

Carico del
tronco

Tensione
massima

Compressione Tensione
massima

Compressione
Compressione

Reazione vincolare Tensione


del terreno
Asse
longitudinale
A sinistra una testa del femore caricata dal peso del tronco e dalla reazione vincolare del suolo, nel
centro una rappresentazione concettuale degli stress in gioco tramite un traliccio simile a quello
delle gru edili.
La struttura è immobile perciò tutte le forze esterne agenti sono bilanciate, ma l’equilibrio è a spese
delle forze interne alla struttura stessa: per essere sicuro della frase “è intuitivo che…” ho effettuato
tutti i calcoli a manina, e posso dire “è intuitivo che”
 La forza peso “tira” verso il basso il traliccio.
 Questo non si muove, resistendo alla forza comprimendosi dalla parte più vicina alla forza e
tendendosi dal lato più lontano.
 L’angolo è il punto in cui le forze sono massime
A destra le tensioni e le compressioni sulla testa del femore che risultano massime proprio sul collo,
punto di massima curvatura dell’osso: la frattura tipica del femore è proprio quella del collo
sottoposto a forze eccessive quali cadute rovinose ma anche salti da altezze troppo elevate.

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Trazione
muscolare del La tensione
Piccolo gluteo diminuisce
grazie a Fperp
F
Carico del
tronco Fpar
Fperp Fperp
F
Fpar

Fperp Fperp

Reazione
vincolare La compressione
dell’acetabolo aumenta a causa La tensione
di Fperp aumenta a
Compressione
causa di Fpar
Reazione vincolare Tensione
del terreno
Asse
longitudinale
Nell’astruso disegno a sinistra la forza F è la trazione muscolare del piccolo gluteo: la componente
Fperp perpendicolare all’asse longitudinale “comprime” il femore nella sua articolazione (detta
acetabolo) che perciò genera una contro-compressione per non essere sfondata, pari sempre a Fperp
ma nel verso opposto.
Al centro la rappresentazione con il traliccio: la contro-compressione dovuta alla forza del Piccolo
gluteo (sembra il nome di un indiano…) e della reazione dell’acetabolo compensa parte della
tensione sulla parte superiore del collo femorale mentre incrementa la compressione complessiva
sulla parte inferiore. La componente parallela, “tirando” il femore verso l’alto, aumenta di fatto la
tensione sul lato più esterno del femore.
A destra la rappresentazione delle tensioni e delle compressioni: il collo del femore è sottoposto a
meno forze tensive e più forze compressive, una situazione sicuramente vantaggiosa proprio perché
il tessuto osseo resiste molto meglio alla compressione che alla tensione. Il Piccolo gluteo ha
stabilizzato l’articolazione rendendola più resistente alle deformazioni, cioè più rigida!
“Wow… si ma…” Ok Ok Ok, lo so lo so lo so, i più secchioni occhialuti della prima fila, quelli che
da grandi faranno gli ingegneri e gli dovranno sempre spiegare le barzellette due volte senza che
facciano più ridere si stanno chiedendo se il gioco vale la candela: se il collo femorale è alleviato
delle nefaste tensioni, il resto della testa del femore è sottoposto a tensioni più elevate.
Ma… mica esiste solo il piccolo gluteo eh… a sinistra nel disegno seguente il fratello grosso e
cattivo, il Grande gluteo che si inserisce su un lungo tratto della testa del femore, proseguendo
anche sulla primissima parte della dialisi femorale: la forza muscolare, nuovamente, “tira a se” il
femore comprimendolo dentro l’acetabolo!
Senza rifare il giochino con il traliccio, il risultato finale è che le tensioni sulla testa del femore
diminuiscono mentre aumentano ancora le compressioni che però, come già detto, sono ben più
sopportabili dal tessuto osseo.
A destra una rappresentazione posteriore di tutti i muscoli che si inseriscono sulla testa del femore:
una rete di tiranti in tutte le direzioni che, se correttamente tesi, impediscono alla testa di flettersi in
qualsiasi posizione dell’osso. In questo modo le tensioni agiscono principalmente sulla diafisi
femorale che le assorbe grazie alla sua forma.
Essere “duri”, “compatti”, avere il massimo controllo muscolare in qualsiasi punto della traiettoria
del bilanciere si rende pertanto necessario proprio per proteggere le nostre articolazioni,

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Grande
gluteo
Grande Piccolo e medio
gluteo gluteo

Piriforme

Gemello
superiore

Gemello
inferiore

Quadrato del
femore
Compressione

Tensione Otturatore
interno

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