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Programmazione che Funziona

Parte 1 – Allenamento istintivo? No Grazie


Vi è piaciuto il titolino? Dài… scommetto che avete cliccato per la parola "istintivo". Potremmo ri-
scrivere il titolo in questo modo: "teoria contro pratica". Nel mondo della palestra, infatti, si com-
battono battaglie tanto epiche quanto eterne. "Allenamenti abbreviati contro alto volume" (mai ca-
pita questa cosa…), "integratori si contro integratori no", per la forza o per la massa e, come da
programma, "teoria contro pratica".

"Programmare" è una di quelle paroline che scatena sempre amore ed odio viscerali. Come sempre,
quando si parla di "programmazione" dovremmo darne una definizione.

Senza stare a ridire sempre gli stessi concetti, abbiamo capito che facendo sempre le stesse cose,
dopo poco non si va da nessuna parte. Insistere con lo stesso schema porta allo stallo, per adatta-
mento del corpo ai soliti stimoli (è l’accommodation law etc etc etc).

Riscritta rallentando un po’ i pensieri: modelliamo l’allenamento attraverso delle variabili allenanti
le cui principali sono: numero delle sedute, delle serie, delle ripetizioni, percentuale di carico rispet-
to al massimale… le solite che conosciamo. Dire "faccio sempre la stessa cosa" in altre parole signi-
fica utilizzare sempre e solo le stesse variabili (meglio sarebbe dire "il valore delle stesse variabili",
ma così è troppo da Liceo)

Se ciò è fallimentare, significa che per ottenere qualcosa, queste variabili (o parametri) devono, ap-
punto… variare. Perciò possiamo dare una definizione di programmazione.

La invento, è mia: "programmare (un periodo di allenamenti) consiste nell’identificare una varia-
zione dei parametri dell’allenamento con lo scopo di raggiungere un’obbiettivo prefissato".

Direi che ci siamo, senza stare a fare troppo puzzo. Banale: se io faccio un 3×6 con certi Kg e in-
cremento solo quando ho completato le 3 serie di 6 ripetizioni, ho scritto un programma di allena-
mento. Voglio migliorare il mio 3×6, cerco un metodo per farlo. Il metodo è "fare il 3×6 per 2 volte
a settimana"

Quanto scritto sopra dovrebbe far capire, dalla definizione data, che una forma di programmazione
degli allenamenti deve esistere per ottenere qualcosa. Lo ridico in maniera più chiara: programmare
è una condizione necessaria. Chi non lo fa ottiene MENO rispetto a chi lo fa. Lapidario, vero?

Aggiungo però che non è una condizione sufficiente. Non basta… programmare. Altrimenti qua-
lunque nerd farebbe 150Kg di panca (ah, scusate, mi è scappata).

Per seguirmi nella mia linea di pensiero, dovete però essere convinti che impostare una scheda di
allenamento, cioè programmare, abbia un senso. Siete convinti, vero? Oh, dico a voi eh? C’è nessu-
no? Ok ok, so benissimo la serie di domande che vi frulla nella testa.

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Un po’ buttate lì: ma quelli che fanno l’allenamento istintivo? E quelli che entrano in palestra e
sanno quello che devono fare dai segnali del loro corpo? E l’allenamento olistico, eclettico? Cono-
sco un mio amico che non ha mai seguito una scheda ed è enorme. Io faccio sempre le stesse cose
da anni e ho 200 di squat, un mio amico che fa powerlifting segue sempre la stessa scheda ed è for-
tissimo. O anche: non servono cose complicate, il bodybuilding è fatto da cose semplici,

E così via. In altre parole, tanto puzzo quando poi funzionano le cose semplici e così via. Dài, è così
che si sente in giro. Perciò è del tutto inutile che io proponga schemi di programmazione se non si è
convinti che servano.

Insomma, l’allenamento istintivo, funziona? Ragazzi, funziona. Ma non per tutti.

Intanto, il criterio che permette di evidenziare coloro che si allenano istintivamente con successo è
semplice. NON si allena con successo il tizio che ha 1, 2, 4 anni di palestra e ottiene, NON si allena
con successo quello che "il bodybuilding è la mia vita" e ha dei risultati sopra la media ma, in fon-
do, mediocri (uno a 110Kg di panca e a 38cm di bicipite tanto per dire, che è fortarello rispetto al
sedentario medio ma non poi così mostro rispetto a chi i pesi li maneggia veramente), NON si alle-
na con successo quello che è palesemente dotato e palesemente si allena a cazzo e otterrebbe di più
con il semplice buon senso. Hesta claro?

I risultati in questo giochetto si vedono alla lunga. Io ho conosciuto persone che veramente si alle-
nano in maniera "istintiva", da molti anni, con risultati ragguardevoli. Queste persone pertanto esi-
stono, e vanno… studiate.

Vi sembrerà incredibile ma queste persone che dicono di allenarsi in maniera istintiva, in realtà…
programmano in maniera istintiva. Se seguite i loro allenamenti, vedrete che una struttura è sempre
presente. Sopra questa struttura c’è un attento esame della loro condizione. Sono persone che sanno
quando è bene spingere quella ripetizione al vomito e quando è bene fermarsi. Sanno quando osare
e quando abbozzarla lì.

In altre parole, sono… geniali. Cosa è il "genio" se non la capacità di determinare connessioni logi-
che fra eventi fra loro assolutamente scorrelati? Bene, queste persone sono geniali come è geniale
chi è portato per la matematica. Sono geniali nel bodybuilding. Seguono le più profonde teorie del
bodybuilding senza saperlo, avendole scoperte autonomamente.

Quelli che dicono che fanno sempre le stesse cose, in realtà non lo fanno. Non è che vi dicono fes-
serie, semplicemente non si accorgono della loro genialità. "Sentono" quando è bene fare la panca
inclinata rispetto alla panca inclinata con manubri, o quando è bene fare 2×8 di pressa rispetto a
4×6. Se scrivessero quello che fanno per un anno ci si accorgerebbe che c’è una struttura e anche
complessa.

Regolarmente, cercare di copiare queste persone, di fare come loro, è fallimentare. Perchè voi non
siete loro. E’ anche difficile seguire il filo logico di questa istintività. Perchè è una qualità affinata
in un processo empirico di trial&error di anni. Se provate a seguirli, vi dicono "per le gambe poche
seghe, lo squat è il re degli esercizi". Vi mettete con loro per qualche seduta e vedete che dopo lo
squat una volta c’è la pressa, quella dopo la pressa e l’hack squat, quella dopo anchra la leg exten-
sion anche se avevano detto che la leg non serve, ma quel giorno lì la leg ha funzione di defatica-
mento. E così via. Per loro è perfettamente logico, per voi… no. Loro hanno istinto, voi no. Se voi
vi allenate istintivamente come loro, farete alla fine quello che vi piace di più e basta.

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Aggiungo che nessuno si allena in maniera così istintiva da non avere una parvenza di schema. Im-
maginate questo: potete andare in una palestra piena di pesi, attrezzi, quante volte volete per due
mesi. Però non dovete scrivere nulla, nè avere una scheda. Dovete improvvisare. Dopo un po’ si no-
terà uno schema in quello che fate. Se fate gambe oggi non le farete domani, non farete il rematore
pesante prima dello stacco, e così via. La settimana, dopo poco, si delineerà come un susseguirsi di
attività dove preferibilmente il lunedì che siete più freschi farete roba pesante e il mercoledì, che
so… leggera. Persone diverse con preferenze diverse avranno schemi diversi. Però ognuno avrà la
sua struttura. Non andate a caso, a meno che non tiriate un dado per decidere il gruppo muscolare da
allenare.

Funziona tutto questo? Una verità universale nel bodybuilding più che negli sport prestativi è che la
determinazione, la costanza, il perseverare, danno risultati. La scheda più di merda del mondo ese-
guita con caparbietà e tenacia dà risultati migliori dello schema superpianificato ma eseguito con
svogliatezza.

Quello che voglio dire è che non dovete pianificare quando andrete a pisciare, alla 3° serie del ri-
scaldamento, e vi scaccolerete fra la 1° allenante e la 2°. "Pianificare", "programmare" devono esse-
re viste come la capacità di identificare quelle variazioni ottimali per voi dei parametri
dell’allenamento su cui puntare per un periodo. L’istintività e la conoscenza di voi stessi vi porte-
ranno a scegliere e a modificare questi parametri, attraverso quelle 1000 regole e regolette non scrit-
te che solo l’esperienza riesce a darvi. In questo, allenarsi è un’arte a tutto tondo. E’ un’arte avere le
idee chiare, è un’arte riuscire a realizzarle.

E come tutte le forme artistiche, non si impara sui libri. Si impara ANCHE sui libri, dalla lettura
delle teorie. E non si impara allenandosi. Si impara, specularmente, ANCHE allenandosi.

Perciò, "programmare" è avere una linea da seguire, scritta su un fogliaccio. E’ dire "voglio ottenere
questo" e lottare per ottenerlo. Ma per sapere se la strada è quella giusta dovete in qualche modo re-
gistrare quello che fate. E’ necessario un "diario". Un blocco note, un foglio di carta, un file Excel.
Come sempre, non dovete registrare la temperatura della doccia o se avete litigato con la mamma
per la paghetta settimanale, ma solo le cose interessanti. Io di solito riporto gli esercizi che mi inte-
ressano, poi se mi sfondo di esercizi con i manubri per pompare, nemmeno lo scrivo. Che mi frega.

Infine, "programmare" è sapersi confrontare con onestà su quello che volevate fare e quello che in-
vece avete fatto, per capire gli errori e apportare le correzioni.

Vi posso assicurare che chi si allena in maniera "istintiva" ha questa capacità di confronto sviluppa-
ta in maniera innata quanto profonda e probabilmente non hanno bisogno del diario. Se voi siete co-
sì, tanto di cappello. Altrimenti, è una qualità in qualche forma allenabile.

Quello che vorrei proporre è un modo semplice di pianificare dei gruppi (periodi se volete) di alle-
namento. Però ci vuole un po’ di collaborazione, cercando di prendere il meglio della teoria e della
pratica. Se pensate che l’allenamento istintivo sia the best, non state collaborando e potete anche
non leggere. Una certa forma di apertura mentale ci vuole.

Liquidata la parte relativa all’allenamento istintivo, l’articolo è diviso in altre due parti. La "pro-
grammazione" per il principiante e quella per l’intermedio/avanzato.

Chi è arrivato fin qui si sarà accorto che il titolo aveva il solo scopo di attirare lettori. Bravi, è pro-
prio così…

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Programmazione che Funziona
Parte 2 – Rise Of The Warrior
In questa seconda parte vorrei concentrarmi sul "principiante", cioè colui che principia, inizia.
Chiunque inizi un nuovo percorso di conoscenza è un principiante, che sia il secco con 3 minuti di
palestra o Ronnie Coleman che impara i sollevamenti olimpici o le prove strongman. Dovete essere
un po’ anglosassoni: essere un principiante è una opportunità. Non dovete fare i palestrati medi
con cervello medio che identificano nel principiante lo sfigato di turno.

Vi espongo perciò la mia, personalissima, visione del mondo. Vi dico cosa vorrei sapere se fossi
uno che assolutamente non sa niente. O che vorrei dire a chi avesse la pazienza di stare a sentirmi.
So che vi aspettate tabelline e schemini ma… non ci saranno.

Poichè io scrivo per divertimento, questo pezzo è un po’ confusionario perchè a me andava di farlo
così. In pratica questo pezzo è l’introduzione a due articoli già pubblicati, che sono:

 Ciclo di allenamento per principianti - di MarcoPL


 La scheda di allenamento definitiva

Perciò, il come si deve allenare un principiante è qui esposto, a mio avviso. In questo articolo, in-
vece, mi voglio concentrare sul secondo aspetto su cui dobbiamo concordare: il principiante DEVE
allenarsi per incrementare la sua forza massimale.

Il bodybuilding è, essenzialmente, estetica. E’ l’estetica dello sport, senza avere un gesto sportivo. Il
corpo, in ogni sport, è il mezzo per realizzare un obbiettivo, una prestazione. Si associa alle forme
fisiche eleganti una eleganza nel gesto tecnico e una valenza prestativa. Forme corporee, eleganza
del gesto, valenza prestativa. Questi tre elementi sono mutuamente relazionati nella nostra testa. As-
sociamo cioè a uno con un bel fisico anche una qualità superiore della sua prestazione e viceversa.
Ciò non è assolutamente vero, ma questo è quello che succede e potremmo parlarne per ore. Ma in
questo momento non ci interessa.

Importante, invece: associamo alla prestazione un certo tipo di allenamento, continuando la catena
di implicazioni. Bel fisico -> è forte/veloce/abile -> si allena bene. Ricordiamoci queste freccette.

Nel bodybuilding la prestazione… non c’è. C’è l’estetica senza la prestazione. Non è una critica.
E’… così. E l’"estetica", le forme muscolari nel nostro caso, può essere raggiunta in molteplici mo-
di perchè, svincolandola dalla prestazione, dipende da una moltitudine di fattori.

Perciò non è più vero che bel fisico -> è forte -> si allena bene. Questo un principiante dovrebbe
ficcarsi in testa. Perchè il fatto che le freccette non valgono crea la molteplicità assurda di metodi-
che di allenamento che esistono nel mondo del bodybuilding, tutte spacciate per essere "le miglio-
ri".

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La prima cosa che un principiante dovrebbe marchiarsi a fuoco nelle sue sinapsi è che non esiste un
metodo "migliore", ma solo uno che meglio si adatta a lui, in quel momento. Inutile sperare che
comprenda che ci sono principi universali che bla bla bla, troppo complicato perchè possa essere
apprezzato, o, meglio, ciò non è ancora apprezzabile. Ma quello che ho scritto è un primo passo.
Già la comprensione di questo gli eviterebbe di seguire le schede dei campioni, del PT che ha alle-
nato il Mr Gruozz 1987, del libro X che "ve lo dico io cosa funziona".

A me personalmente spaventano quelli che, dopo 3 settimane di palestra, sanno già tutto. Io dopo 23
anni ancora penso di non sapere un cazzo e questi sanno già tutto…

Avendo a mente quanto sopra esposto, il principiante si deve fare la sua base di esperienza. Come?
Intanto, provando un po’ tutto quello che gli capita sotto mano. Macchine, schede, schemi. E’ giu-
sto, anzi è necessario, che il principiante faccia la sua brava dose di cazzate, di errori, di prove idio-
te. E’ un modo per testarsi. Sono convinto che tutti voi abbiate episodi così cretini che vi vergogna-
te a raccontare, ma che in quel momento sembravano perfettamente logici. Io ne ho un paio che
nemmeno sotto tortura riuscirete ad estorcermi.

Tutti vorrebbero partire bene, ma non c’è scampo da questo fenomeno. Perciò, siate liberi di speri-
mentare, con serenità.

Il principiante si troverà bombardato da un fuoco incrociato di teorie e nozioni moltissime delle


quali in contrasto fra se: devi fare squat, devi fare la pressa, lo stacco è necessario per lo sviluppo
globale, la panca è il re degli esercizi per la parte superiore, no è il lento in piedi, no sono le paralle-
le. Devi vomitare nell’allenamento, no devi avere buffer, devi allenarti 1 volta a settimana, no 4 vol-
te, no 2, no 1 e mezza.

Per districarsi nel pantando di questa roba, il principiante deve tenere a mente questo unico, univer-
sale ed immutabile principio guida, usarlo come un faro di navigazione e non mollarlo mai.

"Fai come vuoi, ma i carichi devono aumentare nel tempo. Punto."

Questa affermazione va di pari passo con l’allenamento istintivo: dovete concordare, altrimenti non
c’è intesa. Una obbiezione che viene fatta a questa frase è la straclassica "il peso non è un fine, ma
un mezzo" o rimasticata in "noi siamo bodybuilders e non powerlifters".

Ci sono due aspetti che devono far si che tatuare la frase virgolettata venga tatuata nelle vostre car-
ni.

 La prima è di carattere psicologico. E’ vero che il bodybuilding ufficialmente non è legato a


nessuna prestazione, ma, di fatto, il bodybuilding esalta la forza fisica. Perciò ci sono degli
esercizi che rappresentano l’aspetto prestativo non scritto di questo non sport. Questi sono i
classici esercizi multiarticolari. Quando vedete uno che fa pesi ed è forte, cosa gli chiedete?
Aspettate, lo so: "quanto hai di bicipite e quanto fai di panca?" Voilà: voi legate un aspetto
estetico ad uno prestativo, anche se il bodybuilding non è prestazione. Perciò, questo (beep)
di carico è un riferimento, inutile negarlo. Pertanto, con questo carico vi ci dovrete confron-
tare. Il carico è uno dei parametri più chiacchierati del mondo della palestra, accettatelo e
impegnatevi a farlo crescere. A meno che voi non vi vogliate trasformare nel patetico perso-
naggio che dice "conosco uno forte che…"
 La seconda è di carattere prettamente tecnico e funzionale a quello che ricercate, cioè
l’ipertrofia. Chi inizia a muovere i pesi non è in grado di reclutare tutte le proprie fibre. Non
ne è capace. I carichi sono bassi anche perchè gli schemi motori non funzionano. Ma se per

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ottenere l’ipertrofia è necessario esaurirle, queste benedette fibre, ciò presuppone che voi
siate in grado di reclutarle. Più i carichi salgono, più questo meccanismo si affina. Per que-
sto è fondamentale costruirsi una base di forza generale e specifica nei vari esercizi: per po-
terla sfruttare ed ottenere l’ipertrofia.

Immaginatevi uno che fa squat a 20 ripetizioni con 50Kg. Non è stridente? Non c’è qualcosa che
non va? Non vi viene da dire "ma sei una sega, perchè usi una tecnica avanzata?". Il punto è che
50Kg di 1×20 di squat presuppongono un massimale di 80Kg, un carico che non mette sotto stress
le capacità di generare forza del corpo umano. Una grossa porzione di fibre non verrà utilizzata, e
non verranno appresi ed affinati schemi motori che implilcano un livello di coordinazione intermu-
scolare e intramuscolare superiore. In altre parole, il vostro cervello non impara a reclutare più mas-
sa muscolare. Che poi 50×20 di squat sia doloroso è un altro discorso. Anche una mezza maratona
lo è in termini di DOMS.

La forza massimale è l’espressione più elevata di abilità nel mondo degli spostatori di peso, perchè
richiede il massimo impegno neuromuscolare. In questo senso è un principiante anche chi è enorme
perchè dotato ma non si è mai spinto verso i propri limiti perchè vive in un mondo di persone nor-
mali. Se si spingesse verso i suoi limiti di forza, molto probabilmente diventerebbe in seguito più
grosso.

Perciò, il principiante deve perciò ricercare lo sviluppo della forza massimale. Se non su una ripeti-
zione, quanto meno su due o tre va bene lo stesso. Spero che a questo punto della lettura voi diciate
"si hai ragione ma…". Mi accontento di questo, di avervi instillato questo dubbio. Continuate a leg-
gere.

Lo sviluppo della forza negli esercizi multiarticolari, passa attraverso l’apprendimento di una tecni-
ca impeccabile. A ruota dell’incremento della forza c’è perciò l’apprendimento della tecnica esecu-
tiva in quegli esercizi ritenuti prestativi in palestra. Vi posso assicurare che c’è una estetica del ge-
sto e che 6×100Kg di stacco ben fatti, potenti, controllati, sono molto più imponenti di 6×150Kg
con la schiena a C, vibrazioni e rimbalzi da epilettico. Perchè l’estetica del gesto è data dal control-
lo. Dominare e non essere dominati, dare la percezione che in ogni punto dell’alzata si dica "io sono
qui perchè voglio essere qui".

MI raccomando, però: c’è un equilibrio. Inutile avere un grande squat perfetto ma con 40Kg. Sono
capaci tutti a fare un bello squat con un carico del cazzo. Anzi, gli esercizi si imparano con un cari-
co ragionevolmente elevato sebbene gestibile in sicurezza. Mai visto quelli che fanno lo stacco per
imparare con il solo bilanciere? Schiena perfettamente dritta, con il bilanciere che al passaggio del
ginocchio è spinto in avanti. Certo, con 20Kg quel giochino si fa bene. Già con 80Kg è un proble-
ma, però. Dovete far salire i carichi con una ottima tecnica, che non degrada via via che aggiungete
ferro. Ma… dovete salire.

La forza acquisita verrà utilizzata per reclutare quante più fibre possibili da esaurire. Ripeto: chi è
più forte potenzialmente riuscirà a diventare più grosso con il giusto programma. Pensateci: tutti
quelli grossi sono anche forti. Chiaro che un culturista di 180cm x 95Kg (parlo di persone normali,
enormi ma normali) farà magari 130Kg di panca per 2 ripetizioni quando un powerlifter della stessa
stazza farà 145-155Kg per le stesse due ripetizioni. Perchè per il culturista il carico è un mezzo e
non un fine. Però 130 li schianta su. Se me lo dice il seghino di 75Kg con 90Kg di panca il discorso
è che se arrivasse a 100Kg sarebbe anche più grosso.

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Perciò, il vostro compito è di scegliere uno schema che vi piace, uno qualunque, e cercare di spre-
merlo fino in fondo, tentando di far salire i carichi. Piramidale, piramidale inverso, serie target, fati-
ca cumulativa. Quello che vi pare, basta che vi portiate ai vostri limiti.

Ma… e la programmazione dove è? E’ questa. Vorrei scrivere un approccio che possa catturare
quanta più platea possibile. Se voi, cioè, vi scegliete un allenamento che vi piace e utilizzate per
"giudicarlo" il solo incremento dei carichi con tecnica di esecuzione ottimale, avete fatto un enorme
passo in avanti rispetto a quelli che eseguono sempre le stesse cose, oppure che cambiano ogni vol-
ta, andando a caso.

Se prendete uno schema di allenamento e lo spremete fino a che non stallate, fino a che i carichi non
salgono più, vi sarete fatti una esperienza con quello schema. Allo stallo, dovete capire che è il
momento di cambiare schema.

RIassumo. Il principiante deve operare così:

 Ricercare l’incremento dei carichi in ogni allenamento o gruppo di allenamenti


 Imparare una tecnica di esecuzione funzionale e sicura. Leggi: esteticamente gradevole
 Arrivare allo stallo in uno schema e cambiarlo

VI posso assicurare che c’è chi si allena sempre e solo così, leggendo le riviste di culturismo e ba-
sta, senza sapere nulla di fisiologia. E ottiene tantissimo. Perchè applica, empiricamente, magari con
un numero allucinante di errori metodologici, le basi della Scienza dell’Allenamento. Ma gli errori
si compensano con il fatto di seguire un criterio funzionante.

Poichè non voglio che pensiate che dovete passare il tempo a fare singole di squat, la seduta tipo è
strutturata come di seguito. Diciamo che vi allenate un’oretta netta:

 La prima parte dell’allenamento è dedicata a cose complicate da un punto di vista della co-
ordinazione neuromuscolare. Per una ventina di minuti vi dedicate ad esercizi "tosti" dove
seguite le regolette di cui sopra
 Nella parte centrale della seduta, per un’altra ventina di minuti, vi dedicate ad esercizi meno
impegnativi per la testa, ma più… pompanti. Ne avrete voglia perchè sarete fritti di testa
 Nella terza parte fate quello che cazzo vi pare. I compitini li avete svolti per benino, giocate
con le macchinine per i push down, con la chest press, con quello che vi pare.

Se notate, sto dicendo sempre le stesse cose espresse nella "scheda definitiva" e nell’articolo di
MarcoPL sull’allenamento dei principianti (di cui vi consiglio la lettura), ma voglio evitare che una
trattazione un minimo più formale possa allontanare le persone dalla lettura.

Dovete essere flessibili nell’allenamento, perchè questo non è una guerra, non è un dimostrare agli
altri invidiosi che voi ce la potete fare o che ce l’avete fatta… questi sono atteggiamenti che se non
controllati sconfinano nella paranoia (dedicherò un pezzo a parte a queste fisse). Fate un po’ di roba
tosta per imparare quacosa, pompate, e rilassatevi.

Io è 23 anni che mi alleno così. Banalmente: faccio la panca (che mi piace) in maniera maniacale e
se sono in palestra e mi chiedono che ore sono o mi dicono che sta andando a fuoco lo spogliatoio
io rispondo sempre "sono le 17", poi alla fine faccio magari delle superserie bicipiti/tricipiti per sen-
tirmi scoppiare le braccia.

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Se ragionate così, avete un metodo molto potente per determinare se state facendo bene. Vi state
superallenando? Salgono i carichi? Si? Ok. No? Agire. Vi state allenando troppo o troppo poco?
Salgono i carichi? Si? Ok. Non salgono? Agire.

L’inserimento di un parametro prestativo vi dà una guida per capire se siete ok o meno. Senza esse-
re però maniacali: non dovete pensare che io vi dica di allenarvi così e basta. Fatelo per una parte
della seduta, poi quello che volete. Ma… fatelo.

Preciso che questo modo di fare è disottimizzato. Perchè stallare di brutto per dire "ho stallato,
cambio"? Ma, intanto, capite che avete stallato e che dovete cambiare qualcosa. Non è poco. A
complicare le cose siamo sempre in tempo. Evitare lo stallo è una vera e propria pianificazione
dell’allenamento, e sarà oggetto del prossimo articolo.

Il messaggio che però vorrei darvi è che, rispetto a quanto fate ora, l’inserimento di questi concetti è
relativamente semplice e possono darvi molto. Mantenendo le belle superserie che fate, lo stripping,
il pompaggio e il bruciore. Tutte le cosine che piacciono ai veri palestrati e che non vanno rinnega-
te.

Io penso che il "cambiamento" debba passare attraverso degli step graduali in modo che sia indolo-
re. Un concetto e basta alla volta, la sua assimilazione, l’introduzione di nuovi elementi. Per questo
vi invito a riflettere su quanto scritto.

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Programmazione che Funziona
Parte 3 – Buttiamo giù due schede
Finalmente, scrivo qualcosa che abbia una parvenza di utilità. Non so se ci riuscirò, perchè come
sempre è facile scrivere quello che non funziona, ma quando si mettono nero su bianco le cose che
invece si pensa siano importanti… o si è banali ripetendo cose già fritte oppure, peggio, si dicono
delle vere e proprie castronerie.

Rendiamoci conto che nel BB tutto quello che si poteva dire è stato già detto da qualcuno. Se legge-
te il manuale di Eugene Sandow sull’esercizio fisico, vi accorgerete che più di 100 anni fa le idee
su quello che funziona c’erano già tutte.

Vorrei riuscire a dare delle indicazioni di massima, basate su quella che chiamo "ragionevolezza".
Mi rivolgo, perciò, non all’atleta iperallenato e iperdotato, nemmeno allo sfigato rachitico. Esiste-
rà al mondo uno che ha un po’ di tempo da perdere in palestra, mediamente dotato, desideroso di
mettersi alla prova senza essere maniacale e che se salta 2 allenamenti non va in depressione? Ec-
co: io mi rivolgo a questo tizio.

Riassunto delle puntate precedenti

Nelle puntate precedenti abbiamo detto che:

1. Programmare (un periodo di allenamenti) consiste nell’identificare una variazione dei para-
metri dell’allenamento con lo scopo di raggiungere un’obbiettivo prefissato".
2. Una strutturazione degli allenamenti porta per la maggior parte delle persone a miglior risul-
tati rispetto a quella che si identifica come "allenamento ad istinto"
3. E’ necessario allenare la forza massimale per condizionare il nostro organismo a sviluppare
più massa muscolare. E’ necessario ma non è sufficiente, beninteso

Poichè state leggendo, non discuterò più della validità di queste affermazioni.

Una breve parentesi - L’ipetrofia, questa sconosciuta.

Ah, scusate… altrimenti non leggete. Qui si parla di massa, MASSA, Massa, MaSsA, M-A-S-S-A,
M.A.S.S.A, e ancora massa. Ecco, contenti? Devo dire che la storiella della "massa" mi ha sempre
fatto molto sorridere. Serve per la massa? Allora leggo. Fa fare massa? allora lo provo. Marò che
palle…

Ficcatevi bene in testa una cosa: non c’è NESSUNA TEORIA che spiega completamente e in ma-
niera definitiva perchè si abbia una risposta ipertrofica. Vi invito a trovarla. Che sia come dico io è
dimostrato dal fatto che se questa teoria compiuta ci fosse, ne potremmo trarre delle metodiche affi-
dabili. Ma se queste metodiche affidabili ci fossero, tutti ci alleneremmo allo stesso modo.

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Ma non è così. E buoni risultati (nel senso empirico che normalmente associamo a queste due paro-
le insieme) li ottengono persone diverse che si allenano in maniera del tutto diversa.

Brevemente, quello che sappiamo è che esistono molti meccanismi di produzione della forza, che
permettono all’organismo di produrre un certo quantitativo di potenza per un certo intervallo di
tempo. Per sopravvivere all’ambiente esterno abbiamo bisogno di movimenti veloci e rapidi, movi-
menti lenti ma duraturi nel tempo, molta forza per poco tempo, poca forza per molto tempo. Con
tutte le gradazioni possibili.

E’ chiaro che per ottenere una reazione di adattamento ottimale è necessario stimolare tutti i proces-
si di produzione della forza. Stimolare ed esaurire, come già diceva Zatsiorsky.

E’ necessario perciò un certo carico per un certo periodo di tempo. Un certo volume complessivo di
lavoro. Come dare questo volume per ottenere una risposta ipertrofica… nessuno lo sa con certezza,
perchè le variabili in gioco sono talmente tante che si possono solo dare delle linee guida.

L’ipertrofia è pertanto una risposta organica complessa. Vi invito a riflettere su questo ragionamen-
to: l’ipertrofia è una forma di adattamento altamente inefficiente per l’organismo, perchè implica
letteralmente creare tessuto vivo che va poi alimentato, ricercando all’esterno dell’organismo le
fonti necessarie alla sopravvivenza.

In altre parole: un individuo che ha bisogno di 20Kg di muscoli in più di un altro per sopravvivere
nello stesso ambiente necessita anche di 560Kcal in più al giorno. Poichè noi siamo programmati
come 100.000 anni fa, si vede come l’ipertrofia sia molto scomoda. Infatti, la prima reazione
dell’organismo a nuovi stimoli è riuscire a migliorare quello che già ha, incrementando le sue capa-
cità di reclutamento delle fibre e tutto il set di miglioramenti neurali. Solo dopo, cresce.

Questo dovrebbe aggiungere motivi alla ricerca della forza in palestra: se voi siete molto forti a
fronte di un nuovo stimolo il vostro corpo non può adattarsi semplicemente migliorando neuralmen-
te (siete già abili) e pertanto è forzato a crescere.

Quello che voglio dire è che l’ipertrofia è una qualità difficile, da ottenere letteralmente forzando
l’organismo a innescarla. Perciò è una vera lotta, che si basa su un abile mix di stimolo allenante e
ambiente recettivo alla formazione di massa muscolare, grazie ad una alimentazione sensata. Non
speriate di crescere con la scheda magica senza curare la parte alimentare.

La regola di base - Vale più…

… una scheda di merda fatta con passione e costanza nel tempo che la scheda perfetta fatta per un
tempo limitato. Marchiatevi questa frase nel cervello con la fiamma ossidrica: il gioco del ferro si
basa sulla costanza e sulla determinazione. Voi lo siete? Dimostratemelo. Quante volte a settimana
vi siete allenati negli ultimi 10 anni?

Non vale chi risponde "mi alleno da 5 anni ma seriamente da 6 mesi". Il "seriamente" è altamente
irritante.

La costanza è necessaria perchè se per ottenere una crescita è necessario uno stimolo, questo stimo-
lo deve sempre essere presente. Non solo, questo stimolo deve sempre essere incrementale. Perchè
voi diventate sempre più bravi. Perciò dovete essere costanti nel voler migliorare.

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Perciò la regola numero ZERO è: non importa quale programma stiate seguendo ma… seguitelo.
Possiamo parlare dell’analisi dei risultati e di tante belle cose. Ma, porca troia, più che a cercare il
programma migliore, prendetene uno qualsiasi e fatelo al meglio.

Numero delle sedute

Prima di parlare di periodizzazione con tapering esponenziale (esiste, non è la supercazzola eh…),
affrontiamo dei temi apparentemente banali. Quante volte a settimana vi dovete allenare? Da adesso
in poi fornirò una risposta che si basa sul criterio "è la scelta ragionevole" piuttosto che sull’alto "è
la scelta ottima". Perchè nel secondo caso ci perdiamo nei sofismi del "dipende", mentre nel primo
useremo il buon senso dell’uomo della strada (che di volta in volta è un grandissimo saggio o un
emerito coglione, se avete notato)

Regola numero UNO: vi dovete allenare 3 volte a settimana. Questo è il numero che fa per voi.

Non c’è niente di magico in questo numero, ma dato che qualsiasi attività sportiva hobbistica viene
svolta nel mondo occidentale ricco e opulento per 3 volte a settimana… non vedo perchè noi non
possiamo. Cazzarola, gli obesi marci che giocano a scapoli vs ammogliati si allenano 2 volte a set-
timana e giocano la domenica, i ciclisti panzoni con le biciclette superleggere in lega di carbonio si
allenano 2 volte a settimana e poi la domenica escono in mandria…

Una generalizzazione della frase è: il numero di sedute settimanali è quello che vi potete permettere
con sicurezza. Se sono solo 2, 2 sia. Ma il numero ottimale è 3, perchè c’è più libertà d’azione. Per-
tanto, trovatevi 3 volte a settimana: state cercando di plasmare il vostro corpo, perDio…

Il numero MINIMO di sedute è, appunto, 2. Il numero MASSIMO di sedute è 4. L’ottimo è avere la


possibilità di variare nel tempo il numero delle sedute, ma questo lo vedremo più avanti.

Ora voglio fugare i dubbi che vi sono venuti in mente. Intanto, se mi alleno 5 volte a settimana che
succede? Niente succede. Mica vi clonano la carta di credito… Semplicemente, a meno che non sia-
te un gigolò, un mantenuto, un ricco ereditiero, o uno studente che non fa un cazzo, una persona
normale e ragionevole 5 volte a settimana per il proprio hobby è ben difficile che le abbia.

In più, allenarsi oltre le 4 volte a settimana implica una attenta strutturazione del programma di al-
lenamento, altrimenti il botto è assicurato. Avete questa incredibile capacità? Se ce l’avete, perchè
leggete? Siete voi che la dovete spiegare a me…

E che succede se mi alleno meno di 2 volte (cioè una volta, perchè stranamente non esiste un pro-
gramma di allenamento che preveda zero sedute a settimana)? Anche stavolta, assolutamente nulla.
Rispetto a chi non si allena, otterrete dei risultati notevoli. Ma lo stimolo è assolutamente esiguo,
qualsiasi cosa facciate, per essere allenante.

In altre parole, più vi allontanate dal 3 e più nella pratica dei fatti dovete essere molto abili nel pro-
gettare le sedute di allenamento. Chi ottiene con 2 sedute è molto spesso una persona che si è fatta il
mazzo per anni su 3 o 4 sedute, e chiaramente riesce a spremersi anche in 2 volte. Poi c’è quello che
dice di ottenere perchè non ha un confronto veritiero o non si è mai allenato 3 volte, o si confronta
con quelli che si allenano 3 volte ma male e così via…

Se non ci credete, provate a buttare giù un programma di allenamento su 3 volte per i gruppi musco-
lari comunemente "trattati" in palestra. Poi provate su 2 volte e su 4 volte: su due volte è molto più
dura farci stare tutto (anche se non è l’approccio corretto), su 4 volte avanza anche spazio.

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Le sedute devono essere distribuite in maniera omogenea nella settimana. Chi si allena con attrezza-
tura propria in questo è fortunato perchè la settimana è di 7 giorni, mentre chi va in palestra è limi-
tato a 5 o 6 giorni.

 Se vi allenate 2 volte, l’ideale è lunedì e giovedì. Se li volete piazzare consecutivi… allora


lo stimolo sarà ancora inferiore e più lontano dall’ottimale.
 Se vi allenate 3 volte, l’ideale sono i classici lunedì, mercoledì, venerdì (o sabato) oppure
martedì, giovedì, sabato (o domenica). Come vedete, ho scritto una banalità. Perchè con 3
volte è facile quasi tutto.
 Se vi allenate 4 volte, almeno due sedute sono consecutive e la scheda deve tenerne conto
modulando i carichi, cosa che non avviene nel caso precedente

Che succede se siete costretti ad allenarvi 2 o 3 (o anche 4) giorni di fila? Se questo è un evento ac-
cidentale, non dovete cambiare nulla se non le variazioni del buon senso. Che so… siete in ferie e
non dovete fare nulla, riuscite a recuperare, perciò vi allenate 4 giorni di fila. Se invece dovete alle-
narvi 4 giorni di fila dopo il turno notturno al frantoio… è bene che rallentiate un pochinino.

Non esistono programmi di allenamento che possano considerare tutte le casistiche, ma se vi allena-
te 3 volte avete molta più flessibilità rispetto a 4 volte in caso di compressione delle sedute.

Se invece la compressione delle sedute accade spesso, allora avete scelto una frequenza troppo ele-
vata o, semplicemente, non sapete smazzarvi i problemi

Personalmente, mi sono allenato dalle 2 alle 7 volte a settimana. Troppe volte non è impossibile, ma
lo stress di trovare il tempo e l’ansia di non poter rispettare il programma rendono le frequenze ele-
vate impraticabili sulla lunga distanza.

Durata delle sedute

In questo caso parlo di durata al netto della doccia e di tutto il resto. Non è che in palestra dovete
fare gli asociali, però dovete far capire che avete da fare e che non devono rompervi le palle. Le po-
che volte che ho frequentato le palestre io assumevo sempre un atteggiamento di cordiale distacco:
niente consigli inutili, niente conversazioni per socializzare, a domanda rispondevo brevemente. E
interrompevo il discorso, qualunque discorso, se il recupero stava per scadere.

Se fate così vale questa regola:

Regola DUE: ogni seduta deve durare come minimo 30′, come massimo 75′. 50′ è l’ideale. Il top è
creare allenamenti di durata oscillante.

Lo so anche io che i bulgari si allenano 7 volte al giorno per 45′ a volta, perciò non è che sopra i 75′
si apre una botola sotto la panca e i coccodrilli vi sbranano, ma semplicemente il punto è: voi abita-
te in Bulgaria?

E’ ragionevole pensare che se voi riuscite a trovare 3 volte a settimana per i vostri amati pesi,
"un’oretta" riusciate a raccattarla. In 50′ vi posso assicurare che si fanno tante cose interessanti. In
meno di 30′ si fanno al massimo tre esercizi per bene/benino, dei bei circuiti che dopo un po’ rom-
pono le palle o un sacco di esercizi a cazzo. Meno tempo si ha, più furbi si deve essere.

Vale la regola non scritta nei libri che dice: "se la vostra seduta dura meno della vostra doccia, vi
state allenando di merda". Ovvio che 20′ come sempre sono meglio di zero minuti, ma allenarsi è

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anche una forma di rilassamento. e i primi 10′ sono di assestamento, riscaldamento, preparazione.
Se i vostri carichi superano il livello dell’indecenza che si vede costantemente nelle mediocrità delle
palestre, il riscaldamento per il primo esercizio vi impegnerà almeno 5-7′. Perciò in 20′ non si riesce
a fare niente di concreto, in linea di massima, e non è nemmeno divertente allenarsi (provato, eh).

Come sopra, la durata della seduta è stabilita dal tempo che potete dedicare con sicurezza. Però,
trovatelo questo tempo.

Il limite massimo non è dato tanto dal cortisolo che sale ma anche qui dal solito buon senso: se in
50′ non riuscite a svolgere il lavoro che vi serve, allora qualcosa non va. Chiaro che ad aumentare
siete sempre in tempo, ma l’incremento del tempo è la soluzione banale di quelli che non ragionano.
Dovete imparare ad ottimizzare il vostro tempo.

Ho fatto sedute di 2 ore e mezzo, e funzionavano, ma erano specifiche per il powerlifting. Altrimen-
ti, con l’intervallo di tempo indicato riesco ad ottenere quello che voglio.

Lo scarico

Avete mai sentito frasi del tipo

 "ma quando devo scaricare?"


 "io non scarico mai"
 "si deve scaricare ogni 2 settimane"

La domanda dovrebbe essere: "cosa è lo scarico?" Possiamo definirlo così: una variazione in dimi-
nuzione dei parametri dell’allenamento. Cioè… un periodo dove si fa di meno oppure non si fa pro-
prio nulla.

Indipendentemente dall’atleta e dal programma, qualsiasi stimolo continuativo nel tempo fa accu-
mulare stress e fatica sistemica, cioè globale, complessiva. Mentre è possibile far recuperare il cor-
po in maniera specifica cambiando tipo di allenamento, gruppo muscolare, sistema bersaglio allena-
to, è necessario intervallare dei periodi di rigenerazione per far recuperare il corpo nel suo comples-
so. Cioè "si fa lo scarico".

L’errore tipico è di considerare lo scarico come un qualcosa di esterno o addirittura di estraneo


all’allenamento. Invece, lo scarico E’ allenamento, e quando state scaricando in realtà vi state alle-
nando. Assimilate questo concetto. Questa affermazione è tanto più importante per quei tipi che non
staccano mai, che prendono il riposo come uno smacco, una sconfitta del loro essere guerrieri.

Perciò non c’è niente di magico nello scarico e va previsto all’interno dell’allenamento. Non va fat-
to quando ci si sente stanchi: chi fa così ha toppato e basta. Lo scarico va fatto quando lo avete pre-
visto, magari perchè avete impostato un periodo di picco di volume a cui segue un periodo di recu-
pero.

Comprendete che vi state allenando bene se, seguendo il "programma" che VOI avete stabilito,
quando vi avvicinate alla sua fine iniziate a desiderare di arrivare allo scarico e l’ultima seduta pen-
sate "ohhhh la prossima settimana è di scarico".

Anche qui vale la ragionevolezza: in teoria lo scarico non è settimanale, ma lo si fa settimanale per
comodità. E sempre in teoria lo scarico ottimale prevede non il "non fare un cazzo", ma una dimi-
nuzione dei carichi e del volume. Però nella pratica dato che è sempre difficile trovare il tempo per

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andare in palestra, andarci per 20′ di allenamento non è assolutamente divertente. Perciò lo scarico
del palestrato medio è un periodo di off dalle sedute di allenamento.

Nulla vi vieta di fare uno scarico classico con diminuzione dei volumi e dell’intensità, o un tapering
pregara per un massimale, ma di certo non ve lo chiedo IO.

Il mio consiglio è di operare lo scarico in questo modo, esprimendomi in maniera non ortodossa:

1. assolutamente nulla, come minimo per 4 giorni, come massimo per 7 giorni. Non succede
niente, non morirete, non perderete massa, non diventerete secchi.
2. inserire una seduta a metà settimana. In questa seduta fate quello che vi pare, magari tutto
ciò che avete sempre desiderato fare ma che vi siete sempre vergognati a provare eh eh eh.
Vi basta una singola seduta dove vi allenate in full body anche leggera per evitare i DOMS
dell’inizio del nuovo programma
3. se vi allenate 2 o 3 volte, nella settimana di scarico allenatevi 1 volta, se vi allenate 4 volte,
potete allenarvi 2 volte, come al punto 2.

Lo scarico è un momento di rigenerazione anche psicologica. Dovete aver voglia di allenarvi ma la


settimana successiva, non l’attuale. Se così fosse… avete sbagliato e dovete imparare a non ripetere
l’errore. Che so… avete svolto un programma troppo corto o non troppo intenso. Comunque sia,
avete commesso un errore, non siete dei grandi con tanta energia addosso.

La mia strategia di scarico è molto semplice, ma posso attuarla perchè mi alleno su 7 giorni: mi
prendo 5 giorni di pausa completa, poi riprendo ad allenarmi di sabato.

Sperimentiamo un po’

Proviamo a buttare giù un po’ di schemi. Ecco le regolette che seguiremo

1. non ci si allena meno di 2 volte e più di 4 volte


2. non ci si allena meno di 30′ e più di 75′
3. dopo X settimane si fa lo scarico

Vi accorgerete che già con questi pochi numeri è possibile "strutturare", "ciclizzare", "programma-
re". Le variabili in gioco sono poche ma le combinazioni sono insospettabilmente tante. E tutto que-
sto senza assolutamente dettagliare il contenuto delle sedute.

Scrivetevi una bella full body da farsi per 3 volte a settimana, ipotizzando che ogni seduta duri 45′
(45′ eh). Preciso che a me le full body non piacciono, però è per avere degli allenamenti qualitati-
vamente tutti uguali. Inventatela come vi piace, buffer se amate il buffer, cedimento grondante di
sangue se vi piace questa roba. Fatto? bene.

Full body inerziale - ovvero "eseguo e non penso"

La possibilità più banale, quella più trita e ritrita è di fare così (è una stringa di 7 caratteri dove ogni
carattere è un giorno della settimana a partire da Lunedì, ditemi che sono geniale, dài… )

 1° settimana: A*A*A**
 2° settimana: A*A*A**
 3° settimana: A*A*A**
 e così via fino al botto

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Questo è il classico che si vede sempre, per poi leggere discorsi del tipo "non miglioro…" oppure
"sono in stallo…" per scoprire che "è vero, sono oramai 4 mesi che faccio così".

Il problema è che alla fine, facendo sempre le stesse cose, senza inserire un’idea di scarico, il corpo
migliora ma poi (specialmente se si tira sempre alla morte come sempre accade) il lavoro si accu-
mula e non si riesce più a recuperare

Full body modulata

Ah… i titolini sono miei, inventati di sana pianta, per dare una patina di scientificità a queste scritte
folli. Vediamo una strategia migliorativa. Prendete la full body che avete inventato, quella da 45′
che chiameremo B, e costruitene altre 3: una A da 30′, una C da 60′, una D da 75′.

C’è una affermazione implicita che non è propriamente corretta: la scheda A è meno dura della
scheda B che è meno dura della scheda C che è meno dura della scheda D. In linea di principio pos-
so inventare schede da 15′ assolutamente massacranti e schede da 2 ore facilissime, ma qui ragio-
niamo a parità di full body, perciò una full che dura 30′ per forza di cose ha meno roba di una da 60′
se si vuole mantenere il concetto di "full". E poi, mi raccomando… è UN esempio!

Le 4 schede modulano perciò il volume di lavoro e bene o male l’intensità di carico. A pedate, è co-
sì.

La settimana tipo viene strutturata in questo modo: B*A*C**

Questo schemaè molto più funzionale del precedente, perchè c’è una modulazione del la-
voro. Si parte ad inizio settimana con una full tirata da 45′, poi si recupera 2 giorni e si e-
segue una full meno difficile da 30′. Chi non ha mai provato schemi simili sarà estrema-
mente sorpreso dell’impatto psicologico favorevole: magari si hanno i DOMS, però la se-
duta è "corta" e fattibile. Poi due giorni dopo si tira abbestia su 60′, tanto c’è il fine settima-
na per recuperare.

La testa è tutto: magari siete stanchi, però c’è scritto che dovete fare 45′, ma non avete
voglia, siete demotivati. Invece, la scheda è più corta. Già questo schema è un enorme
miglioramento del precedente.

Full body multimodulata

Facciamo un passettino in più, dando una strutturazione non solo alla settimana, ma ad un
intero gruppo di settimane. Se indichiamo la settimana con "microciclo", il gruppo di setti-
mane è un "mesociclo". Cazzo, sembriamo quasi veri…

 1° settimana: A*B*A**
 2° settimana: B*A*B**
 3° settimana: B*A*C**
 Scarico

In questo mesociclo ogni settimana è più dura della precedente, partendo pianino con 2 sedute da
30′, per arrivare alla 3° settimana con il picco di 75′. Poi il meritato scarico. L’idea è di realizzare
un incremento di lavoro tramite l’incremento della durata delle sedute. Un incremento pianificato,

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non casuale. Questa struttura di full body è molto impegnativa, ma le variazioni sono immense, una
volta compreso il giochetto.

Variante con picco a inizio settimana

 1° settimana: B*A*A**
 2° settimana: B*B*A**
 3° settimana: C*A*A**
 4° settimana: C*A*B**
 5° settimana: C*B*A**
 Scarico

In questo schema ci si avvantaggia della freschezza data dal riposo del fine settimana. Notate come
la 1° e la 3° settimana siano "facili" con una sola seduta difficile, però si arriva in fondo che il vo-
lume di lavoro è nettamente aumentato

Variante con picco a fine settimana

 1° settimana: A*A*B**
 2° settimana: A*B*B**
 3° settimana: A*A*C**
 4° settimana: B*A*C**
 5° settimana: A*B*C**
 Scarico

In questo schema il massimo del lavoro è prima del fine settimana, per poi riposare. E’ semplice-
mente un approccio psicologico differente, e qui molto dipende da che tipi siete. Lo schema prece-
dente permette di solito dei carichi maggiori perchè il lunedì siete fisicamente più riposati, mentre
nel secondo arrivate al picco in condizioni di stanchezza dovute sia all’allenamento, sia alla setti-
mana lavorativa, che si somma come stress. Però magari in questo schema l’allenamento di picco
viene svolto di sabato, in condizioni di maggior rilassatezza.

Insomma, non dovete sottovalutare alcuni aspetti che invece sono rilevanti

Variante forte-piano

 1° settimana: B*A*B**
 2° settimana: A*B*A**
 3° settimana: C*A*C**
 4° settimana: A*B*A**
 Scarico

In questo schema si accumula lavoro in una settimana per poi diminuirlo drasticamente nella suc-
cessiva, poi si riparte premendo ancora di più l’acceleratore. Anche in questo caso, l’aspetto menta-
le è importante: so che una settimana devo tirare parecchio ma quella dopo tolgo il piede dal pedale
del gas.

Come vedete, una volta compreso il giochetto, è facile ideare degli schemi sempre diversi che ab-
biano un minimo di logica.

Full body carpiata con doppio avvitamento

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Molte volte le consuetudini si trasformano in regole rigide. Riprendiamo lo schema iniziale, quello
inerziale, e facciamolo così (senza botto però, perchè noi "ci capiamo di pesi, capisci hannoi")

 1° settimana: A*A*A**
 2° settimana: AA**A**
 3° settimana: AAA****
 Scarico

A parità di lavoro, vario lo stimolo modulando i tempi che intercorrono fra le sedute. Il fatto che ci
si alleni lun-mer-ven è, appunto, una consuetudine. Eliminata la consuetudine, abbiamo un grado di
libertà in più! Ovviamente, questo giochino implica non solo avere a disposizione del tempo, ma
averlo quasi sempre.

Perciò comprendo che per molti è ben difficile optare per una scelta del genere, ma se non altro,
parliamo di questa possibilità che è interessante. E poi, molto spesso nella vita normale ogni setti-
mana si hanno a disposizione giorni diversi, perciò è una idea da considerare: situazioni svantaggio-
se che possono essere recuperate come vantaggiose.

La compressione delle sedute innalza lo stimolo complessivo, e il gruppo consecutivo è visto come
un unico mega-allenamento. Però se accorciate da una parte, allungate dall’altra e avete dopo più
recupero.

Ovviamente, questo schema così proposto è un po’ azzardato. Riscriviamolo con le sedute di durata
differente:

 1° settimana: B*A*B**
 2° settimana: BA**A**
 3° settimana: BA**B**
 Scarico

Così è già più interessante: in pratica si avvicinano due sedute di durata differente e poi si continua
ad incrementare la durata totale settimanale. Mi raccomando: se mai voleste provare a eseguire se-
dute consecutive, è psicologicamente importante inserire delle variazioni fra le sedute, altrimenti
sclerate, garantito. Possiamo parlare per ore del motivo che c’è dietro alla mia ultima frase, ma ba-
nalmente se avete svolto ieri un allenamento e siete tutti rincriccati, dovete sapere che oggi la seduta
sarà più semplice, altrimenti non la finirete.

Un grado di libertà in più e gli schemi lievitano alla stragrande:

 1° settimana: B*A*A**
 2° settimana: BA**A**
 3° settimana: BB**A**
 4° settimana: BA**C**
 5° settimana: BB**C**
 Scarico

Questa è assolutamente impegnativa, letteralmente devastante, ma l’incremento nelle settimane ren-


de possibile l’adattamento.

E se mi alleno 2 volte? e se mi alleno 4 volte?

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Come compitino a casa, vi invito a provare ad inventare schemi di questo tipo per 2 volte a settima-
na e per 4 volte a settimana. Vi accorgerete che è meno agevole.

Con 2 volte a settimana le variazioni che potete introdurre sono veramente minimali. Una scheda di
30′, l’altra di 60′… oppure due volte di fila, ma poco altro. Perchè 2 è… poco. Fine dei giochi.

Con 4 volte a settimana fate prestissimo ad inventare configurazioni che sono assurde, non hanno
senso, talmente faticose da farci il botto subito e più che altro gli schemi impongono VERAMENTE
una disponibilità di tempo elevata. Con 4 volte il giochetto di avvicinare le sedute funziona molto
male, perchè già una seduta è appiccicata ad un’altra.

Conclusioni

Lo so che voi volevate la tabellina già fatta, ma… perchè? A me piace fare questi ragionamenti, e
mi piace condividerli con voi.

Abbiamo visto che con 3 regolette, solo 3, siamo riusciti ad inventare degli schemi estremamente
vari. Non siamo nemmeno entrati nel merito del contenuto delle singole sedute! Abbiamo parlato
della lunghezza delle sedute e della loro frequenza, e solo con queste cosette abbiamo inventato
schemi che potrebbero tenervi occupati, a provare, per 6 mesi se non più.

Per questo allenarsi è un’arte! Come esaurire le fibre, in che modo dare lo stimolo efficace alla cre-
scita, è una cosa complessa. Teoria, ok, ma anche molta pratica per capire come ognuno di questi
schemi funziona su di voi.

Si sa con certezza che per l’ipertrofia è necessario utilizzare carichi dell’ordine del 60%-80% delle
vostre potenzialità massime, qualunque esse siano. E questi carichi devono essere utilizzati per un
certo tempo. Stimolare ed esaurire. Oltre a questo, ci sono indicazioni. Perchè non ci siano certezze
è dato dalla complessità delle configurazioni che potete inventare. Ripeto: 3 regoline e tutte queste
possibilità…

Immaginate di inserire una divisione dei gruppi muscolari, poi differenziando gli schemi per eserci-
zio. La complessità aumenta sempre più. Ovvio che all’interno delle possibilità ce ne sono tante as-
surde, come 100×100 o 1×1 o 18 volte a settimana o 2 al mese. Quando si estremizza, gli errori di-
ventano evidenti. Ma la zona grigia delle possibilità apparentemente equivalenti è enorme, e qui en-
tra l’esperienza del "fare".

Un’ultima cosa

Gli schemi proposti, se eseguiti correttamente, funzionano. Per coloro che seguono la teoria "alle-
narsi alla morte e recuperare", faccio notare che la frase "stimolare ed esaurire" non definisce di per
se l’intervallo temporale in cui questo esaurimento deve avvenire, lasciando spazio aperto a teorie
come quella del "doppio fattore" (o dual factor) che estende la supercompensazione.

Lo stimolo allenante non è necessario che si esaurisca nella singola seduta, a cui segue il recupero e
la conseguente supercompensazione. Lo stimolo può essere dato da un gruppo di sedute, e gli
schemi si basano su questa idea.

Nelle prossime puntate ci soffermeremo sul contenuto delle sedute. Per adesso mi premeva farvi
vedere che è possibile essere creativi praticamente con nulla.

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Possiamo continuare decantando lodi sperticate di questi schemi, ma il concetto è semplicemente
che potete introdurre delle variazioni allenanti veramente con pochissimo. Cercate di uscire dagli
schemi: "farsi il culo" in palestra, non è solo una questione di volume. La strategia di allenarsi il più
possibile è quella dell’entusiasmo. Ma, invece, dovete "farvi il culo" anche nella comprensione del
funzionamento delle cose: 3 sedute possono essere meglio di 4.

Nelle prossime puntate ci soffermeremo sul contenuto delle sedute, sul cedimento, sulla struttura-
zione di quell’oretta che dedichiamo ai pesi, sull’alimentazione.

Perciò, comprate roba buona dal vostro spacciatore di fiducia, perchè non voglio i soliti attacchi di
narcolessia in aula.

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Programmazione che Funziona
Parte 4 – Petto, spalle o esercizi
Mi accorgo che questa serie di articoli sta letteralmente lievitando. Volevo scrivere quattro cazzate
in fila, invece più scrivo e più mi vengono idee… Scendendo sempre più nel dettaglio, vi avverto
che accadrà questo: cercherò di rimanere imparziale, ma alla fine verrà fuori quello che a me pia-
ce.

Tutti gli "autori" hanno questo difetto: hanno delle preferenze. C’è chi adora la fatica cumulativa,
chi i protocolli ad acido lattico, chi i sollevamenti olimpici, chi gli esercizi di una volta, e così via.
Non c’è niente di male, anzi, è l’apporto che ognuno dà al grande circo del bodybuilding. Il pro-
blema è riconoscere che un approccio è semplicemente preferito rispetto ad essere migliore di altri.
Cercherò di non cadere nell’errore del "piace a me, perciò funziona meglio di altri metodi". Cer-
cherò… ma non è detto che mi riuscirà. Voglio avere però l’onestà intellettuale di ammetterlo e di
mettervi in guardia. Orecchie ritte, state in campana.

Di che si parla?

Questo paragrafo l’ho scritto alla fine. Che dire se non "minkia quanto ho scritto stavolta!". Ragaz-
zi, stavolta è stata dura riorganizzare le idee. Ci ho provato, è venuto fuori questo. Spero che abbia
un senso

 L’isolamento impossibile
 Allenare petto e spalle o praticare degli esercizi?
 Manubri o bilancieri?
 Le macchine
 Kettelbell, palle di ferro e tutti gli attrezzi esoterici
 I sollevamenti olimpici
 Sprint
 Come si eseguono gli esercizi. L’estetica del gesto
 Ora, finalmente, mettiamo tutto insieme
 Riassumendo

L’isolamento impossibile

Il bodybuilding (voglio chiamarlo così stavolta e non "la palestra) a torto o a ragione, nel bene e nel
male, si concentra sull’estetica del corpo. Apparentemente (chiarirò in seguito questo avverbio - è
un avverbio o ho detto una mega-castroneria? Boh…) non c’è un gesto atletico. Ciò significa che
non ci sono dei movimenti di riferimento, ma delle parti corporee di riferimento. Petto, spalle, brac-
cia, schiena, gambe. Ci si concentra su queste zone. Possiamo dettagliarle ancora di più, dividendo
le braccia in tricipiti e bicipiti, le gambe in quadricipiti, femorali e polpacci, ma il concetto è sempre
questo.

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Vi è una incongruenza perchè da una parte abbiamo queste aree corporee, il fine che ci interessa,
dall’altra abbiamo degli esercizi che le coinvolgono, il mezzo che ci interessa. Però gli esercizi sono
dei movimenti che coinvolgono una o più parti corporee. Da qui la necessità, nella pratica dei fatti,
di suddividere le aree corporee da "lavorare" nelle sedute e gli esercizi che "lavorano" queste parti
corporee.

Alcune delle suddivisioni pratiche sono:

 Petto/braccia, spalle/schiena, gambe


 Spinta/trazione
 Sopra/sotto
 Fullbody
 Split

La voglio fare breve, senza affogare nei sofismi. Ce ne sono altre, ma il punto è che ognuna di que-
ste suddivisioni non è perfetta, ed è necessario capire perchè, e i limiti di ogni suddivisione per po-
terla dominare a pieno. Chiaramente, poi vi fornirò la mia soluzione, che a sua volta ha dei limiti.
Limiti piccoli, quasi insignificanti, direi trascurabili, infimi… è quasi perfetta, come tutte le cose
che faccio io. Anzi, direi che è perfetta. Tolgo anche il "direi". Ora scusate che devo bucarmi per far
uscire il gas… pssssssst. Ecco, sono atterrato e posso continuare a scrivere.

Il limite di queste suddivisioni è che si basano sul fatto di poter isolare il lavoro diretto in ogni parte
corporea, quando questo è impossibile. Il nostro corpo, infatti, è strutturato per compiere dei gesti,
essenzialmente per permetterci di muovere e di interagire con l’ambiente. Noi utilizziamo il nostro
corpo per compiere delle traslazioni. Siamo noi che ci spostiamo, oppure spostiamo degli oggetti.
(ok, per completezza, delle roto-traslazioni).

Le nostre ossa sono capaci di compiere delle rotazioni intorno alle articolazioni, come delle leve che
ruotano grazie a dei giunti. Per compiere una traslazione, un movimento rettilineo, abbiamo perciò
bisogno di minimo 2 segmenti e due giunti. Provate ad avvicinare un oggetto a voi. Userete sempre
due articolazioni. Spalla e gomito. La stragrande parte degli atti motori della vostra vita è compiuto
grazie a movimenti multiarticolari che coinvolgono almeno due delle parti che vorreste isolare.

Poichè gli esercizi da palestra mimano dei gesti della vita quotidiana (non disquisiamo di questo eh,
è banale rendersene conto), saranno per la maggior parte delle volte degli esercizi multiarticolari.
Provate a scrivere esercizi monoarticolari, cioè esercizi che utilizzano una sola articolazione. Leg
extension, leg curl, curl per i bicipiti. Beeeeeeep. Risposta errata, in prigione senza passare dal via.
Il curl per i bicipiti IN PIEDI utilizza la spalla in maniera statica, bloccando l’omero, il curl alla
panca scott utilizza solo il gomito. Comunque, se li scrivete, otterrete una scheda poverissima e pal-
losissima, perchè avete eliminato praticamente tutto.

Quello che voglio dire è che è impossibile isolare un gruppo muscolare, e addirittura è controprodu-
cente. Voi non siete la somma delle vostre parti, ma siete di più. Il vostro corpo è capace di produrre
più forza in un movimento che sfrutta più distretti muscolari rispetto ad uno che ne usa di meno.
Capacità di coordinazione intermuscolare.

Quando volete bersagliare una parte corporea dovete comprendere che l’esercizio che userete enfa-
tizzerà l’uso di quella parte, ma stresserà anche altre parti. Questa considerazione è importante (fa-
remo subito degli esempi) nel conteggio del volume complessivo di lavoro, dato che le parti non
bersaglio sono sottoposte a del lavoro che può oltrepassare il livello di soglia.

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Ecco alcuni esempi:

 Petto/schiena, braccia/spalle, gambe. Una suddivisione tipica. Ma… lo stacco è per la schie-
na o per le gambe? Dove lo piazzo?
 Spinta/trazione. Lo squat è un esercizio di spinta. Lo stacco di trazione. Oppure no? Lo stac-
co è di spinta? E il rematore, allora?
 La panca stretta è per i tricipiti? Quella inclinata è per il pettorale alto? Le parallele sono per
il pettorale o per i tricipiti?

Il problema è evidente nello stacco: la catena cinetica posteriore è composta da quei muscoli che
permettono di saltare da accovacciati (semplifico). Per fare questo movimento è necessario estende-
re la tibia sul femore, stendere la gamba, ruotare le anche per raddrizzarsi, tirare la schiena indietro.
Si usano TUTTI i muscoli. Perciò è letteralmente impossibile isolare una parte. Lo stacco da terra è
un tipico esercizio per la catena cinetica posteriore, perciò la allena TUTTA. E usa gli stessi musco-
li dello squat, enfatizzando però l’utilizzo dei dorsali e dei glutei, penalizzando l’uso dei quadricipi-
ti. Il rematore utilizza meglio il dorsale, ma sovraccarica gli erettori spinali, e pochissimo i quadri-
cipiti.

Idem i movimenti dove le mani si spostano dal piano del torace in avanti. Si utilizzano pettorali,
deltoidi, tricipiti. Impossibile isolare con movimenti del genere una parte, perciò la panca stretta en-
fatizza l’uso dei tricipiti ma allena anche i pettorali. E così le parallele, dove utilizzate i tricipiti, i
pettorali e anche i dorsali. Per le trazioni alla sbarra, provate a fare panca alla morte, poi le trazioni
vi vengono male. Oppure fate trazioni alla morte, poi la panca vi viene male. Perchè i muscoli prin-
cipali per un movimento sono di supporto in un’altro movimento.

Se siete coscienti di questo, qualsiasi suddivisione utilizzerete verrà sfruttata a pieno. Però io leggo
cose del tipo "sono scarsissimo nelle parallele". La scheda utilizzata però è: panca 8-6-4 alla morte,
panca stretta 8-6-4, lento in piedi 8-6-4, e per finire parallele. Oppure persone che non rendono ne-
gli esercizi per i tricipiti dopo aver svolto un sacco di lento in piedi o quelli che gli si aprono le ma-
ni nello stacco dopo aver fatto le trazioni…

Allenare petto e spalle o praticare degli esercizi?

Compresi i punti di forza e di debolezza di ogni suddivisione, è facile trarre profitto da qualsiasi di
queste. Vi fornisco pertanto la mia, personalissima, idea.

Torniamo all’inizio e spieghiamo l’"apparentemente". Nel bodybuilding non c’è un vero gesto atle-
tico esplicito, ma implicitamente è possibile trovarne. Abbiamo detto che uno dei motivi per cui
dobbiamo ricercare l’incremento della forza è che, di fatto, sollevare molti Kg è un valore nel mon-
do della palestra. Ma questi Kg dove li spostiamo? In altre parole, dove esprimiamo la componente
"forza"? Di fatto, la esprimiamo in ben precisi esercizi, a cui diamo un vero e proprio valore. Nel
bodybuilding ci sono degli esercizi privilegiati rispetto ad altri, ed è lì che testiamo la nostra bravu-
ra.

Questa affermazione è innegabile. Bene. Invece di lottare contro di essa, la facciamo nostra, detta-
gliando l’affermazione del secondo articolo: noi dobbiamo perseguire l’incremento della forza in
ben determinati esercizi. Questi esercizi sono i seguenti:

 Panca - panca inclinata - panca stretta - parallele


 Back squat - front squat - stacco - pressa
 Military press - lento avanti da seduto

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 Trazioni/lat machine - rematore/pulley
 curl bicipiti - skull crasher

Questi esercizi sono i classici da bodybuilding. Dovete diventare forti in questi. Qui ricercheremo la
forza. Notate che li ho raggruppati enfatizzando il gruppo muscolare bersaglio, che scrivo in gras-
setto

 Pettorali, deltoidi anteriori e tricipiti. Dorsali per le parallele


 Quadricipiti, femorali, glutei, dorsali, erettori spinali, trapezio, femorali, deltoidi posteriori
 Deltoidi anteriori, deltoidi laterali, tricipiti, pettorali
 Dorsale, bicipiti, deltoide posteriore,
 Bicipiti, tricipiti

Voi, pertanto, non farete "gambe", ma "squat" o "stacco". Quando avrete eseguito l’esercizio di rife-
rimento, esaurirete la o le parti muscolari che quell’esercizio coinvolge, con altro volume di lavoro.
In pratica, è un rovesciamento del punto di vista: non lavorate un gruppo muscolare tramite esercizi,
ma eseguite esercizi per lavorare un gruppo muscolare.

Ecco la domanda cruciale: "ma… non è la stessa cosa?". Infatti, è proprio la stessa cosa, ma con una
enfasi differente. Dato che nella normalità ci si concentra sulla parte muscolare, si mettono tutti gli
esercizi nel calderone e sembra che non sia più importante quello che si fa, basta "lavorare".

Fondamentale: vorrei per un attimo rovesciare questo punto di vista e recuperare l’essenza del bo-
dybuilding che è "esibire forza attraverso un bel corpo" e non "esibire un corpo". All’inizio del ‘900
i bodybuilder erano degli strongman e dei powerlifter fusi insieme, un corpo possente e forte. Nelle
gare dovevano dimostrare oltre allo sviluppo muscolare, anche forza in apposite prove. In pratica,
voi non dovete fare panca perchè allena il petto, ma fare panca per essere forti nella panca. Lasciate
le cazzate della serie "ma noi non facciamo powerlifting" a quelli che hanno una mentalità ristretta.
Avete tutti visto il video di Coleman che fa squat frontale con tutte quelle rotelle da 20Kg, no? Vi è
piaciuto, lo so. Pertanto, quello è lo spirito.

Il fatto che questa suddivisione "sia sempre la stessa cosa" dà una chance a quello che scrivo. Il vo-
stro corpo non sa che oggi fate la schiena oppure la parte di trazione della scheda… come non sa
che state facendo lo stacco. Il vostro corpo subisce degli stimoli e si adatta. Perciò potete chiamare
gli stimoli "schiena" o "trazione" o "stacco", se sono appropriati funzionano, altrimenti no. Alla fi-
ne, è solo un modo un po’ diverso di fare le cose. Continuate a seguirmi, per favore…

Lavorando ad esercizi fate vostre le sovrapposizioni e le sfruttate: questo rende le schede molto più
compatte se non avete tanto tempo da dedicargli, piuttosto che essere angustiati perchè non avete
lavorato il capo corto del tricipite o l’elevatore dell’orecchio medio… Ciò non significa che non
dobbiate fare un lavoro specifico per una parte corporea, ma nemmeno che dovete fare un volume
assurdo per allenarle tutte, singolarmente, in una settimana.

Vi mostro una differenza importante fra approccio ad esercizi e approccio a parti corporee: ecco una
scheda ad esercizi:

 Stacco
 Panca

Fine. Avete allenato tutte le aree corporee. E’ una full body. Mi raccomando: non sto dicendo che è
LA MIGLIORE FULL BODY, ma che sicuramente è una full body. Se non pensate che possa fun-

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zionare, siete troppo imbevuti dell’idea delle parti corporee. Sfruttare una routine del genere signifi-
ca ottimizzare il tempo che si ha e non disperdersi in cose non importanti. Chi nello stacco non ha
mai sentito i dorsali sotto le ascelle demoliti il giorno dopo o le chiappe come se lo avessero preso a
calci in culo, non ha mai fatto stacco per bene, e non può capire quanto questo esercizio sia globale.
Di solito, ciò accade perchè si inserisce lo stacco come un qualsiasi esercizio per la schiena, o le
gambe, senza dargli enfasi.

Eccone un’altra che a mio avviso è perfetta nella sua minimalità. Io la chiamo VLT Training (Very
Low Tech Training):

 Stacco
 Lento in piedi

Questa ha del miracoloso perchè vi permette di allenarvi senza panca, senza appoggi, senza nulla, in
un’area di circa 80cm x 250cm. Pensate che non dia risultati? Pensate male. Ripeto: non è che otter-
rete i migliori risultati (questo è McRobert che lo dice, sbagliando), ma sicuramente una cosa del
genere fatta con criterio vi dà dei risultati buoni. Dedicherò un pezzo ad una routine incredibile da
farsi con un bilanciere, una coppia di manubri caricabili, 200Kg di dischi di ferro. E’ facile fare i
professionisti con tutti i mezzi disponibili. Invece, risorse limitate implicano far ragionare il cervel-
lo.

E, insisto ancora: non è che dovete buttare nel cesso quello che avete fatto fino ad ora, ma dovete
uscire un’attimo dalla mentalità delle parti corporee, perchè perdete la qualità di quello che fate, tut-
ti persi dietro a completare il lavoro per i vari gruppi muscolari.

Prima di andare avanti, una digressione, così mi tolgo il peso.

Manubri o bilancieri?

L’elenco che ho fornito a mio avviso è esaustivo degli esercizi dove dovete diventare forti. Chiaro,
potete inserirne altri che vi piacciono, ma nella mia testa ci sono questi. Perciò, dettagliamo meglio.

Potete inserire anche le versioni con i manubri di alcuni esercizi. Però non dovete fare l’errore tipi-
co di dire "i manubri sono migliori del bilanciere". Di solito chi dice così è arrivato ad uno stallo, si
sta rompendo le palle, passa ai manubri, scopre un nuovo giocattolino togo e riprende a divertirsi.
Dài… l’abbiamo fatto tutti eh. Ciò non significa che l’affermazione fra virgolette sia vera. Ai fini
della massa, il bilanciere è mediamente meglio e vi spiego perchè. Gli esercizi con i manubri sono
più difficili della versione con bilanciere, perchè c’è un massiccio uso degli stabilizzatori, richiedo-
no molta più abilità coordinativa, ma ciò non significa che stiate dando un miglior stimolo ipertrofi-
co.

Senza farla troppo lunga, vi porto un esempio: fate la panca con i manubri. E’ più difficile della
panca con bilanciere, perchè dovete controllare il manubrio per non farlo cadere verso l’interno o
verso l’esterno, e dovete impedire che un manubrio vi torca il gomito mentre l’altro va su tranquillo.
Con il bilanciere queste cose non accadono. Ora complichiamo il tutto: fate la panca con i manubri,
bendati. E’ più difficile. Poi con un laccio emostatico al collo, è ancora più difficile. Poi con uno
che vi urla nelle orecchie, più difficile di nuovo. Poi con lo spotter che vi versa acqua gelata nei ge-
nitali. Difficilissimo. Infine, come da manuale CIA, vi mettono un sacco in testa e vi versano acqua
sulla faccia, in modo che sembra che stiate affogando. L’esercizio diventa impossibile. Ma non per
questo reclutate più massa muscolare.

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C’è, cioè, un equilibrio fra difficoltà/abilità e effetto ipertrofico. Più l’esercizio implica capacità co-
ordinative, più la difficoltà non è correlata all’intensità di contrazione necessaria per compiere il ge-
sto, perciò meno effetto ipertrofico c’è. Il ping pong è complicatissimo ma non ipertrofico. Quello
che accade è che con i manubri c’è un carico limite che non si è in grado di mantenere in traiettoria
e l’esercizio diventa impossibile non perchè non avete forza per sollevare i pesi, ma perchè il ma-
nubrio cade.

Le macchine eliminano del tutto l’uso degli stabilizzatori e di molti altri muscoli coinvolti in un
movimentoe pertanto alla fine hanno troppi difetti per essere superiori al bilanciere, i manubri usano
troppo gli stabilizzatori per essere superiori al bilanciere, che rappresenta l’equilibrio corretto (con
tutti i distinguo del caso) fra tutti gli "oggetti dei pesi".

In più i manubri hanno l’incredibile difetto che o li avete tutti belli pronti in una rastrelliera, e sono
a testa piatta, oppure è un vero incubo allenarsi con questa roba: in palestra è facile che ve li freghi-
no quando c’è gente, se usate invece la versione caricabile, ci vuole una vita a prepararli e
l’estremità che scappa dai dischi vi massacrerà le cosce…

Aggiungo anche il fatto che chi esalta certi esercizi con i manubri dimostra di non averli mai fatti a
fondo, tipo quelli che fanno due palle con lo stacco o lo squat con i manubri. Li invito a farci vedere
uno stacco con 120Kg (60Kg per parte) senza raschiarsi le cosce. Assolutamente non divertente, in-
fatti le foto di questo esercizio mostrano il classico tipo che esegue con 20Kg per parte, cioè un ca-
rico ridicolo ma facilmente gestibile.

Vostro scopo sarà riuscire a maneggiare il 70%, 80% del carico che usate nell’allenamento con bi-
lanciere. Questo è il giusto rapporto di forza fra manubri e bilanciere.

Anticipo qui un concetto interessante: la seduta di allenamento deve procedere da attività neurolo-
gicamente difficili ad attività metabolicamente più difficili. In altre parole, prima si fanno le cose
complicate che richiedono un forte coinvolgimento del sistema nervoso, e via via si passa a cose più
semplici. In fondo, è ovvio: all’inizio siete più freschi, pestate duro sulle cose incasinate. Poi… vo-
lume.

I manubri esemplificano bene questo concetto. Potete fare una routine per il petto in questo modo:

 Panca con i manubri: 5×3 rec 1′-2′ con carico "elevato"


 Panca piana 3×6 rec 1′-2′, serie a scalare
 Croci con i manubri 2×8 rec 1′

Un esercizio a basse ripetizioni e molto carico, recupero medio, lavoro brillante. Inutile arrivare con
i manubri a cedimento: vi volano in terra. Meglio molto peso, ripetizioni controllate. Poi un eserci-
zio più facile, la panca piana con bilanciere dove arrivate caldi, sufficientemente freschi perchè il
volume di lavoro precedente è basso e neuralmente pronti perchè avete gestito un peso elevato. Qui
ripetizioni medie, carico a scalare ma sempre di 6 ripetizioni. Infine, di nuovo i manubri con meno
peso, le croci che sono un esercizio di isolamento. Impegnativo, compatto, rapido.

Vedremo negli altri articoli degli schemini simili.

Le macchine

Non è che io sia contrario alle macchine per fare pesi. Alcune sono incredibilmente efficaci per un
fisico grandioso. La pressa ad esempio è eccezionale perchè pone una enfasi devastante sui quadri-

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cipiti che possono essere spremuti senza pericolo che ceda, come nello squat, l’anello debole dato
dagli erettori spinali. Pressa e stacco sono una accoppiata incredibile.

La lat machine è ugualmente utile, perchè nelle trazioni se è possibile sovraccaricare con dei pesi il
proprio peso corporeo, sollevando che so… 1.5 volte il proprio peso, è ben difficile decrementarlo a
0.5 volte a meno di non utilizzare una motosega. La lat machine vi permette di esaurire il dorsale.
Idem il pulley basso che permette di fare molti lavoretti in stripping senza rompersi molto le palle
come con il rematore

Sicuramente ce ne sono altre, ma non mi vengono in mente. Il punto è che le macchine, banalmente,
esistono nelle palestre. E io vorrei creare un sistema di allenamento che prescinde dalle macchine
per coloro che in palestra non ci vanno. Questo è il primo punto, quello meno fisiologico ma più
pratico. Per il resto, le macchine bloccano i movimenti e rendono le traiettorie fisse, dandovi la falsa
illusione che siate voi a sollevare quei pesi, mentre in realtà non lo siete. Poichè se fate lo squat al
multipower poi sui forum vi massacrano, non fatelo ed evitate discussioni ah ah ah. Ok, ci sono mo-
tivi per cui lo squat al multi è poco consigliabile, ma alla fine perchè farlo per poi giustificarsi…

Kettelbell, palle di ferro e tutti gli attrezzi esoterici

Inserisco in questo paragrafetto le Kettelbell, il tire flip, le atlas stone, la farmer walk, lo sled drag-
ging e tutte le "cose strane". Chi non ne ha mai sentito parlare, sappia che potrà diventare enorme
anche senza. Non voglio essere frainteso: questa roba è micidiale. Ganzissima, toghissima. Sicura-
mente, prima o poi vedrete dei miei video dove nella strada della casa di campagna sbavo mentre
tiro una slitta gronante di pesi con mia figlia sopra. Veramente, queste sono tutte cose eccezionali.

Il punto è l’impossibilità per la persona normale di fare queste cose qua. La ruota del trattore da
500Kg non è che la sgonfiate e la mettete in soffitta quando non la usate, nè la comprate sul catalo-
go di ON… idem per le Kettelbell che sono a pesi fissi e costano un vero occhio della testa: dovete
essere dei veri amatori per spendere 250-300 euro per un set che vi permetta di allenarvi decente-
mente. Questo, per la praticità. Un sistema di allenamento che promette risultati per tutti deve uti-
lizzare attrezzature fruibili da tutti.

Poi, ma non secondariamente, questa roba è difficile da imparare e fino a che non si impara, non dà
risultati. Quelli che dicono che sono diventati enormi, o che hanno messo forza funzionale, o che
hanno migliorato bla bla bla… mah… vorrei vederli. Qui si parla di movimenti instabili, dinamici o
proprio balistici. Dovete perderci tempo. Cioè: vi deve piacere fare questa roba. Se vi piace, ok, fa-
tela alla morte. Ma non dite che è meglio questa di altre cose. Piace a voi, punto. A me piace il po-
werlifting: ho passato mesi per spostare il bilanciere in basso nello squat e stringere le mani. Mi so-
no fatto anche venire l’epicondilite. Ma adesso ne ho dei benefici. Posso però proporre a tutti questa
follia? No, semplicemente.

Pertanto, se a voi piace, postatemi dei programmi che vi sono piaciuti e ne parliamo. Ma potete di-
ventare enormi anche senza questa roba qua. Di solito, gli oggettini provocano un flash, un amore a
prima vista, perchè sono troppo forti. Vi flippate, vi divertite. Fatevi vincere dal trip, poi divente-
ranno parte di un sistema di allenamento più generale. Avrete capito cose in più. Se però volete
farmi incazzare di brutto, iniziate un discorso sulla "forza funzionale" o cosette del genere. Funzio-
nale… de chè? Fate sport? Ok, io non parlo a chi fa sport. Non fate sport? Allora la forza funzionale
che vi serve nella vita quotidiana è quella per aprire il frigorifero, ruttare, farvi la doccia, muovere il
mouse. Perchè questi sono i movimenti che fate normalmente, non prendiamoci per il culo.

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Sollevamenti olimpici

Liquidiamo anche questi, così non ne parliamo più. Fate sport? Si. Smettete di leggere e andate ol-
tre. No. Sappiate che i sollevamenti olimpici non vi servono a niente. Perchè sono difficili e chi
vuol farli diventare semplici, sta barando. Gli OLs, Olympic Lifts, sono esercizi dove la componen-
te esplosiva-dinamica è elevata. Si parla di strength-speed. Carichi elevati che si muovono a veloci-
tà elevata. Molto neurali, ci si allena a basse ripetizioni, frequentemente, e con molto recupero. Co-
me per gli attrezzi esoterici, rapiscono, letteralmente. Sono divertentissimi ed eccezionali. Se vi
piacciono, vi ritroverete a passare ore ed ore a curare dei particolari minimali. Quando fate OLs non
vi state allenando, ma state vivendo una esperienza che è un mix di meditazione, sfida, bravura.

Ma non sono necessari per essere forti in palestra. Perchè potete sostituirli.

Fra l’altro,per fare bene questa roba ci vogliono i pesi gommati e la pedana dove far cascare il bi-
lanciere. Altrimenti dovete tenere l’eccentrica e vi posso assicurare che è alla lunga molto stancante.
Chi nega questo non ha mai messo sul bilanciere dei carichi umani. Provate a fare un power clean
con 90Kg e a tenerli in discesa perchè non potete scaraventarli a terra. E’ faticoso e anche doloroso.

Sia per gli OLs, sia per l’altra roba, non fatevi fottere da quel senso di snobismo che hanno quelli
che praticano queste attività. Alla fine è sempre il solito discorso della forza funzionale, vogliono
fottervi. Voi andate in palestra? E allora dovete avere una identità di esercizi da palestra. Abbiate
rispetto dei sollevamenti olimpici, ma proprio per il rispetto che meritano, fiammate chi li banaliz-
za.

Sprint

Coloro che vogliono convincervi che con gli sprint si diventa grossi saranno condannati ad una e-
ternità nel Girone dei Secchi, dove i dannati si rimpinzano di integratori, si allenano al vomito,
dormono 26 ore al giorno ma rimangono HP-50 per i secoli dei secoli. L’esempietto dei 100metristi
non regge, perchè tirano fuori i soliti mostri inumani. Gente con 10"30 sui 100 metri, diecimilesimi
nelle classifiche mondiali, hanno dei fisici muscolati ma normalissimi. Ma se vi passano accanto,
siete risucchiati nel bang sonico, perchè vanno fortissimo anche se hanno un fisico normale.

Potreste inserire degli sprint sui 30 metri nel vostro allenamento. Potreste diventare enormi. Oppure
potreste beccarvi una contrattura dopo 20 metri che da lontano sembrerebbe che vi hanno abbattuto
con le pallottole dum dum. Se non avete mai fatto sprint, perchè complicarsi la vita?

Come si eseguono gli esercizi. L’estetica del gesto

Liquidate le cose accessorie, ci concentriamo in quelli che sono le manifestazioni della forza in pa-
lestra.

Chiudete gli occhi e immaginatevi uno che fa uno squat… potente. Fatto? Ok. Avrete visualizzato
un tizio grosso che è in piedi, il bilanciere pieno di rotelle da 20Kg. Fermo, scende controllato, nè
lento, nè veloce. Arriva "fino in fondo" al movimento, poi risale allo stesso modo in cui è sceso.
Senza tentennamenti, senza imprecisioni, senza rimbalzi, scrolloni, oscillazioni. Chiude le ginoc-
chia. Le rotelle di ferro sobbalzano e dondolano fino a fermarsi. Questo, avete visualizzato.

Ognuno di noi ha nella sua mente un’idea di quello che si intende per "essere forti". Essenzialmen-
te, associamo all’essere forti il controllo sul peso, dominare il movimento e non essere dominati, per
l’intero arco di movimento. Io la chiamo "estetica del gesto", c’è cioè una bellezza espressiva

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nell’esecuzione degli esercizi, come c’è una bellezza espressiva in un corpo armonico e possente.
Chi è forte in palestra deve anche essere "bello" quando si muove nel suo ambiente, quando pratica
i suoi esercizi.

Da questa definizione, segue come eseguire gli esercizi. E questa tecnica di esecuzione è anche
quella più sicura.

 L’esercizio si esegue su tutto l’arco di movimento (ROM - Range Of Movement). Lo si ese-


gue indipendentemente dal carico. Anche con un carico massimale l’arco è sempre lo stesso.
Detesto quelli che accorciano il ROM all’aumentare del carico e magari trovano patetiche
giustificazioni bio-psico-fisiologiche.
 L’esercizio si esegue senza oscillare, rimbalzare, dondolare, senza dare l’impressione di es-
sere sotto elettroshock o di avere le tarantole rosse negli slip.
 Il movimento è… "controllato". Pertanto si esegue scendendo e salendo nè piano, nè veloce.
Senza quantificare i secondi, conosciamo tutti quando è "veloce giusto" e quando è "troppo
veloce". Non dobbiamo, allo stesso tempo, forzare nell’eseguire lentamente. Visivamente,
l’esecuzione deve essere fluida. Comunque sia, dovete eseguire alla stessa velocità tutte le
ripetizioni che volete fare, senza accelerare o decelerare. Il TUT verrà affrontato in seguito.

Seguite queste banali regolette e avrete una esecuzione sicura e gradevole a vedersi. Vi posso assi-
curare che 150Kg di stacco fatti bene sono molto più impressivi di 200Kg tirati con la schiena a C,
strattonando come delle bestie ingabbiate. Eseguite così e non avrete paranoie sulla sicurezza
dell’esercizio.

Per i fissati della forma di esecuzione, faccio notare che ogni esercizio deve essere eseguito con la
propria forma, ma con un carico decente. Quelli che esibiscono una tecnica sopraffina, una esecu-
zione rigorosa ma con un peso ridicolo devono rivedere molte delle loro convinzioni. Mi ricordo di
un mio amico che andava in pista con la moto ed era perfetto nelle curve. A 120-130 Km orari, che
in pista sono assolutamente niente. E’ facile fare una staccata a 120, si è perfetti. Ben più difficile
essere puliti a 300. Così con i pesi: se, per paura di rovinare la tecnica, state sempre sui soliti bassi
pesi, non imparerete mai nulla.

Associato al concetto di estetica, c’è quello di "qualità". Ripetizioni di qualità nel bodybuilding so-
no tali se eseguite con la massima contrazione in modo da stimolare adeguatamente i muscoli. Il la-
voro, cioè, deve essere svolto dai muscoli e non dai tendini, dal connettivo, come accade se slancia-
te, tirate, strattonate. Perciò, eseguire correttamente gli esercizi ha un beneficio anche in termini di
stimolo ipertrofico.

Ora, finalmente, mettiamo tutto insieme

Bene bene bene, mettiamo insieme un po’ di cose. La domandona del secolo è: quante volte a setti-
mana allenare ogni gruppo muscolare? La mia risposta è: due. Questo perchè in questo modo si for-
nisce uno stimolo uniforme nel tempo. Qui si dovrebbe parlare di tante cose, di curve di recupero e
tutto il resto, ma alla fine, uno stimolo allenante ogni 3-4 giorni è l’ideale, senza farla troppo lunga.
Se vi allenate "per bene", cioè in progressione, senza essere troppo fissati con il tirare tutto alla
morte, nè con gli allenamenti superabbreviati, vedrete (ma sarà oggetto del prossimo "articolo") che
le vostre capacità di recupero possono essere incrementate, come la capacità di adattamento al lavo-
ro. Pertanto, ogni gruppo 2 volte a settimana risulterà la frequenza ideale.

Chiaramente, c’è da mappare queste 2 volte sulle sedute che fate, tenendo anche conto del lavoro
indiretto dato dagli esercizi che coinvolgono altri gruppi muscolari oltre a quelli direttamente inte-

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ressati. Ah… considerate anche il fatto che è praticamente impossibile allenare un gruppo una volta
a settimana, a meno che veramente facciate pochissimo per seduta, perchè la sovrapposizione degli
esercizi renderà impossibile l’isolamento. Se, banalmente, volete fare squat e stacco, a meno che
non li facciate nello stesso giorno (con effetti scarsissimi in termini di performance), allenerete le
gambe due volte a settimana.

Perciò, facciamo un po’ di esempi, su 3 sedute

 A) Petto, schiena, gambe


 B) Spalle, schiena
 C) Petto, braccia, gambe

Ok, così è un po’ assurda. Mettiamoci dentro degli esercizi e iniziamo a dire qualcosa

 A) panca, panca inclinata, trazioni, squat - avete fatto petto, spalle e tricipiti, schiena, bicipi-
ti, gambe
 B) lento in piedi, alzate laterali, rematore - avete fatto spalle, schiena (tutti i capi del deltoi-
de)
 C) panca stretta, curl bicipiti, skull crasher, stacco - avete fatto petto, braccia, gambe e
schiena

Avete allenato tutti i gruppi muscolari 2 volte su 3 sedute. Ho scritto solo gli esercizi che mi inte-
ressano, ma una scheda in dettaglio può avere molti più esercizi e a seconda delle serie/ripetizioni i
risultati cambiano decisamente. Prendete questo come un esempio, e sta a voi renderlo efficace.
Comunque, il concetto è che utilizzando le sovrapposizioni, fra lavoro diretto e indiretto avete alle-
nato tutto 2 volte. C’è un eccesso di "petto", se volete, e un difetto di "braccia" e "spalle". Ma anche
in questo caso, è il volume di lavoro complessivo che fa la differenza.

Ripeto: sfruttate le sovrapposizioni. Notate che nello schema l’allenamento A è quello più lungo e
più duro, il B è quello più semplice ed eventualmente più corto, il C è quello medio. Dovete sempre
utilizzare variazioni di questo tipo, lo abbiamo detto nell’articolo precedente. Un’altra cosa impor-
tante che accenno adesso ma che sarà oggetto del prossimo articolo è il concetto di "variazione". Il
vostro corpo reagisce molto bene se lo sottoponete a stimoli diversi, ma non troppo diversi. Fate
panca piana 2 volte a settimana, alla fine stallerete. Fate panca piana e panca stretta, la diversità di
stimoli vi permetterà di proseguire nel tempo. Fate panca piana e lento in piedi con manubri, e non
migliorerete nella panca piana. Perchè gli stimoli sono troppo differenti.

Per adesso, accontentatevi di questa regoletta: allenate più volte a settimana gli stessi gruppi musco-
lari ma con esercizi differenti.

Su 4 sedute settimanali:

 A) petto, schiena
 B) spalle, braccia, gambe
 C) petto, schiena
 D) spalle, braccia, gambe

Su 4 sedute è tutto più semplice, anzi, dobbiamo limitarci, altrimenti si fa il botto:

 A) panca, trazioni, rematore


 B) lento in piedi, curl bicipiti, skull crasher, squat

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 C) panca stretta, parallele, lat machine,
 D) curl bicipiti manubri, lento in piedi con manubri, stacco

Su 4 volte il problema è che si fa presto a saturare, pertanto due sedute sono toste, intense, due me-
no. Per questo ho inserito i manubri. Chiaro, potevo dare una modulazione con diverse serie e ripe-
tizioni, ma questa è un’altra strada. Notate che in pratica metto una volta squat e una volta stacco
per le gambe. Lo faccio… perchè a me piace così. Nulla vieta una cosa del genere

 Squat - stacco a gambe tese una seduta, squat - pressa nell’altra


 Stacco - pressa in una seduta, front squat - back squat nell’altra

Seguite comunque la regoletta della difficoltà: prima lo squat dello stacco, prima lo stacco della
pressa, prima il front squat del back squat. Perchè questo è l’ordine di difficoltà neurale. Poi, potete
fare l’esatto contrario. Non è che vi dicono "bravo", in un modo o nell’altro.

Su due volte a settimana è più complicato allenare tutto due volte…

 A) Petto - schiena - gambe


 B) Spalle - braccia - gambe

Qui dovete sfruttare pesantemente le sinergie fra esercizi. Che so…

 A) Panca inclinata, panca stretta, trazioni, parallele - squat


 B) Lento in piedi, curl bicipiti, stacco

Sfrutto il fatto che il primo allenamento interessa pesantemente i tricipiti e non faccio un lavoro di-
retto. E sfrutto il fatto che il lento in piedi ha un coinvolgimento del pettorale (forzo un po’ la mano,
lo so), e non faccio un esercizio diretto per il petto. Uso lo stacco per la schiena oltre che per le
gambe, e le trazioni per il lavoro sui bicipiti. Se sostituisco il lento in piedi con la panca inclinata ho
una stimolazione del petto e delle spalle, sempre due volte a settimana.

Anche su due volte a settimana, creo due sedute di lunghezza ed intensità diversa. La A è più lunga
della B, e la modulazione dell’intensità è data dal fatto che nella B uso esercizi più semplici…

E’ possibile anche allenare ogni gruppo muscolare per 3 volte, e su 3 volte dovrò fare delle full
body

 A) panca, trazioni, squat - cioè petto, spalle, schiena, bicipiti, tricipiti, gambe
 B) lento in piedi, parallele, curl bicipiti, stacco - cioè spalle, petto, schiena, bicipiti, tricipiti,
gambe
 C) Panca stretta, rematore, pressa - cioè petto, spalle, tricipiti, schiena, bicipiti, gambe

Ci sono un po’ di forzature, come nella C dove i bicipiti sono (molto) indirettamente allenati dal
rematore, però ci siamo, dài… Notate che ho messo gli esecizi in ordine di difficoltà neurale decre-
scente. Dio, adoro scrivere "neurale"… avete notato come riempie la bocca? Neurale, neurologico,
neuromuscolare. Noi "autori" usiamo questi termini a sproposito, per dire "difficile", "complicato di
testa". Speriamo che al termine di questo articolo non venga portato via dalla Neuro…

Dicevo… l’ordine neurale degli esercizi è nella settimana, e non nella seduta: squat, stacco, pressa.
Così facendo via via che mi stanco nella settimana vado a fare esercizi sempre più facili.

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La scheda A è quella per come sono fatto io più difficile, perchè riverso delle aspettative importanti
nei 3 esercizi, la B è più facile perchè a parte lo stacco, gli altri sono per me esercizi meno impegna-
tivi, la C è ancora più facile perchè considero questi esercizi dei complementari importanti ma non
ho particolari aspettative. Perciò così facendo ho una modulazione delle intensità percepite, e posso
affrontare delle full body trisettimanali senza fare il botto.

Vi prego di considerare questo elemento quando progettate le vostre schede. La "testa" è un elemen-
to fondamentale. Se voi siete sempre massicci ed incazzati, sempre dei navy seals pronti allo sbarco,
prima o poi soccomberete. Tutte le pippe sulla ciclizzazione, modulazione, variabilità sono in defi-
nitiva queste cose qua: non potete essere sempre a palla. Come non potete isolare i muscoli, non po-
tete essere sempre a palla. Invece di combattere questa cosa, fatela vostra. Ciò non significa fare al-
lenamenti blandi. Ma se avete fatto un 6×3x90% di squat, la pressa la farete come 3×15 lattacidis-
sima e pompante. Sistemi energetici diversi, che, anche stavolta, si sovrappongono in parte. Anche
questo sarà argomento di un prossimo articolo, però, intanto, riflettete su questo.

Potete allenare anche gli stessi gruppi per 3 volte a settimana su 4 sedute. Ecco l’idea:

 A) panca, trazioni, squat - cioè petto, spalle, schiena, bicipiti, tricipiti, gambe
 B) lento in piedi, parallele, curl bicipiti - cioè spalle, petto, schiena, tricipiti
 C) stacco - cioè gambe, schiena
 D) Panca stretta , pressa - cioè petto, spalle, tricipiti, bicipiti, gambe

Gli esercizi sono di meno rispetto alla scheda precedente, dato che non c’è il rematore. Poi ho crea-
to la nuova seduta C con lo stacco, dividendo la B precedente. Così facendo ho diluito le stesse cose
su 4 sedute, e questo è un vantaggio. Un elemento molto spesso non compreso è che aumentando la
frequenza non deve aumentare (se non di poco e in maniera mirata) il carico di lavoro.

La multifrequenza funziona non perchè ci si allena di più, ma ci si allena meglio. Possiamo tirare
fuori gli allenamenti dei bulgari e tante cosette scientifiche, ma mi pare evidente che se devo fare 4
cose toste tutte insieme avrò un impatto mentale che mi stressa addirittura prima dell’allenamento,
mentre se le stesse 4 cose le devo fare su 4 sedute, in ogni seduta avrò molta più concentrazione da
dedicare a quello che sto facendo, perchè il lavoro è limitato. Questo è il succo del discorso. Per
questo le schede bigiornaliere funzionano alla grande se sono progettate bene. Perchè invece di sta-
re 60′ in palestra, ci si sta 30′ e 40′, cioè 70′, poco più della monoseduta, ma in ogni seduta si sarà
freschi per fare bene quello che si deve fare.

L’errore tipico è di raddoppiare il volume di lavoro. Banalmente, se mi alleno 2 volte e passo a 4,


faccio il doppio del lavoro. Questa cosa non è compresa nè da coloro che vivono in palestra, catabo-
lizzando abbestia, nè dai fissati degli allenamenti abbreviati che quando leggono "quattro" decanta-
no anatemi contro Satana.

A questo punto, una versione di ogni gruppo 2 volte a settimana su 4 sedute potrebbe essere questa
(confrontatela con la precedente dell’inizio del paragrafo)

 A) panca, trazioni - cioè petto, tricipiti, spalle, schiena,


 B) curl bicipiti, squat - cioè bicipiti, gambe
 C) panca stretta, lento in piedi- cioè petto, spalle, tricipiti
 D) curl bicipiti, stacco - cioè bicipiti, schiena, gambe

Ora dovrebbe essere chiaro il giochetto. Così facendo le sedute sono tutte abbastanza bilanciate in
termini di impegno di testa (ragiono sempre come se dovessi eseguirle io eh…). Lo squat e lo stacco

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(cioè le "gambe") hanno spazio autonomo che mi permette di dedicargli quasi tutto il tempo della
seduta. Banalmente, faccio i bicipiti e intanto preparo la postazione e inizio il riscaldamento per
l’esercizio tosto nel recupero delle serie per le braccia. Le sedute A e C non avendo squat e stacco a
loro volta possono essere eseguite senza troppe ansie da prestazione.

La differenza fra questa e l’altra è che la prima è più vicina a quelle che si vedono di solito in pale-
stra, questa segue una logica differente ed è a volume ridotto rispetto all’altra. Questa, però, è sicu-
ramente più flessibile, e si presta meglio a giochetti di variazione del volume, della durata e
dell’intensità.

Quelle che ho presentato sono delle idee. Ho usato solo gli esercizi che ho segnalato, ma ciò non si-
gnifica che dobbiate fare solo quelli, altrimenti sai che palle!!! Però volevo far vedere che era pos-
sibile creare cose complesse con una manciata di esercizi. Capite perchè è difficile creare delle
schede che funzionano? Ci vuole pratica, e queste non sono ottimali. E ancora non abbiamo inserito
alcuno schema di esecuzione…

Riassumendo

1. Le sovrapposizioni muscolari sono impossibili da eliminare. Invece di combatterle, sfruttate-


le
2. Allenate un gruppo muscolare, e aggiungete lavoro per esaurire i gruppi correlati. Se non lo
fate, considerate comunque il lavoro correlato nel conteggio globale del volume di carico
3. Concentratevi su una manciata di esercizi e diventate forti su questi movimenti, con la cor-
retta tecnica.
4. Sfruttate le variazioni degli esercizi per rendere le schede perseguibili nel tempo.
5. Allenate ogni gruppo muscolare 2 volte a settimana, su 3 sedute settimanali. Su 4 sedute di-
luite lo stesso lavoro. La multifrequenza funziona perchè la qualità del lavoro aumenta, non
perchè aumenta il lavoro
6. Le schede presentate sono esempi. Non sono scritte nella pietra, anzi, sono disegnate con la
Replay sulla carta gialla da macellaio. Sono piene di errori, ma sono ragionevoli e funziona-
no. Comprendetene lo spirito
7. Ogni "autore" ha le sue idee, io ho le mie e non sono nemmeno un autore. Non datemi più
credito di quello che merito e sicuramente sfrutterete bene quello che dico. Se non capite,
non siete voi idioti ma probabilmente la mia dislessia ha influenzato lo scritto.
8. Studiate, sperimentate. Per capire le cose ci vuole tempo. Più tempo dedicate al gioco del
ferro, più diventerete bravi.

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Programmazione che Funziona
Parte 5 – Ora facciamoci due palle!
Mi spiace per voi, ma devo fare una pallosissima digressione per avere gli elementi teorici per pro-
seguire. Eh sì, mi spiace per voi, ma un pochinino a scuola ci dovete tornare. Pensate di essere alla
Cepu con un tutor, ma senza pagare. Ovviamente, il tutor non è pagato, perciò si prende delle li-
cenze poetiche…

Invito quelli competenti a non deridermi oltre misura… pietà! Il punto è che è necessaria un po’ di
fisiologia per comprendere come sia possibile “stimolare ed esaurire”. Perciò darò qualche nozio-
ne cercando di creare un modello.

Un modello è una rappresentazione semplificata della realtà, in modo che sia sufficientemente ma-
neggiabile per spiegare quello che accade in maniera comprensibile e coerente con le osservazioni.
In ogni modello si usano dei compromessi. La regola di base è che se una cosa non serve per spie-
gare quello che accade (al livello di approssimazione voluto), non si mette nel modello.

Di ogni modello si devono conoscere i limiti per poterli gestire. Vi faccio un pomposo esempio. I
moti dei pianeti si spiegano con la meccanica relativistica einsteniana che ha sostituito la meccani-
ca classica newtoniana. Si usa la prima perchè ci sono cose che Newton non spiega, come certi
comportamenti di Mercurio a causa della vicinanza del Sole. Però per mandare lo Shuttle in orbita
non serve scomodare Einstein e basta la meccanica del buon Newton. Perchè certi effetti non sono
rilevanti per scaraventare lo Shuttle nello spazio. Non si usa il modello generale ma complesso, ma
quello un po’ meno generale ma semplificato.

Torniamo al mio viscido articolo. Per parlare di contrazione muscolare si dovrebbe introdurre la
teoria degli sliding filaments, la struttura delle fibre, i motoneuroni, i neurotrasmettitori, molta
chimica. Ma dato che a noi servono delle indicazioni pratiche, cercherò di lasciare solo quello che
serve. Per dire quanto saremo grossolani, è come se per festeggiare il nuovo anno usassimo una di
quelle bombe nucleari dei test a Mururoa. Ok, proviamoci.

Oddio! Parliamo ancora delle fibre muscolari…

Ragazzi, ve l’ho detto che vi tocca…

I muscoli si compongono di fibre muscolari, delle “entità” che non definiremo ma che hanno la ca-
pacità di contrarsi generando i vari movimenti corporei. Una definizione pietosa ma che è intuiti-
vamente abbordabile. Le fibre muscolari si dividono in 3 tipologie:

 Fibre lente o di tipo I - sono fibre che hanno la capacità di generare poca forza ma per molto
tempo
 Fibre veloci o di tipo IIb - sono fibre che hanno la capacità di generare molta forza ma per
poco tempo

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 Fibre intermedie o di tipo IIa - sono fibre che hanno caratteristiche che sono una via di mez-
zo.

Al di là di come funzionano, la domanda è: perchè ci sono 3 tipi di fibre e non un tipo solo? Per il
solito discorso di efficienza del corpo umano. Con un tipo solo non sarebbe possibile far fronte alla
moltitudine di stimoli ambientali a cui siamo sottoposti.

Stimoli tipo fare un salto su un albero per non essere sbranati da un leone nella savana o spappolati
da una macchina che tenta di centrarci sulle strisce, oppure camminare per ore ed ore alla ricerca di
cibo nella steppa o spingendo un fottuto carrello in un ipermercato al guinzaglio della moglie. Sti-
moli differenti che implicano reazioni differenti in termini di forza da esprimere e tempo in cui si
manifesta questa forza. Piuttosto che una unica struttura che deve adattarsi a stimoli differenti, una
differenziazione della struttura. Abbiamo due estremi, e una tipologia intermedia che ha la capacità
di adattarsi agli stimoli prevalenti. Le fibre IIa possono mutare di tipologia, in funzione di quello
che fate. Nel mondo occidentale sedentario, è con le attività sportive che questo accade.

La benzina dei muscoli

Perciò, il motore umano si compone di diversi tipi di ingranaggi. E’ interessante comprendere cosa
alimenta questo motore, cosa gli dà energia. La contrazione muscolare consiste in una trasforma-
zione di energia chimica in energia meccanica.

Come sempre accade, una sostanza (che si chiama ATP – Adenosintrifosfato) si scinde in altre so-
stanze, fornendo l’energia per la contrazione muscolare. L’ATP è perciò il carburante dei muscoli.
Finito l’ATP, fine della benzina. Il corpo umano attua perciò delle strategie per fornire ATP e man-
tenere la contrazione muscolare, il movimento. Essenzialmente, abbiamo 3 processi energetici (per-
ché forniscono energia, e poiché si tratta di reazioni chimiche all’interno dell’organismo, parleremo
di metabolismi energetici). Questi sono:

 metabolismo anaerobico alattacido


 metabolismo anaerobico lattacido
 metabolismo aerobico

Senza entrare nel merito delle reazioni chimiche coinvolte (non abbiamo nemmeno detto cosa è in
fondo l’ATP…), ogni reazione chimica che produce energia si può classificare sulla base di quanta
energia viene prodotta nell’unità di tempo, per quanto può essere sostenuta questa produzione e
quanti/quali scarti lascia.

Il primo tipo di metabolismo produce tantissima energia, entra in azione in un lasso di tempo bre-
vissimo, diciamo dopo 1 secondo da quando è iniziata la contrazione muscolare. Questo è il modo
con cui si produce energia nei movimenti brevi e intensi, negli sforzi massimali. Questo metaboli-
smo produce tantissima potenza (appunto, energia nell’unità di tempo) ma la reazione chimica che
lo sostiene dura per una manciata di secondi (cioè l’energia totale è poca). Diciamo 6-7” per dare
un’ordine di grandezza. Questa è la reazione dei lavori submassimali, quelli da 2-3 ripetizioni, delle
60 yards, del lancio del peso.

Se lo sforzo da mantenere si prolunga, entra in gioco a ruota una successiva reazione chimica, la se-
conda, che permette di produrre energia per più tempo. Un meccanismo che produce più energia to-
tale, ma meno energia nell’unità di tempo. Questa è la reazione dei lavori su 4-8 ripetizioni con ca-
rico minore del primo caso, dei 200 e 400 metri per eccellenza, di tutte le attività medio-intense ma
anche abbastanza lunghe, diciamo fino al minuto. C’è un prezzo da pagare, perché si producono de-

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gli scarti sotto forma di acido lattico che paralizza i muscoli. Ora: questa è una visione così sempli-
cistica da essere ripugnante, lo so. Però alla fine nella pratica questo è quanto accade: più il lavoro
prosegue nel tempo, più il vostro corpo fa di tutto per mantenerlo, anche a costo di produrre delle
scorie.

La parola anaerobico indica che si fornisce energia senza intervento dell’ossigeno. Dovete assimila-
re queste reazioni chimiche al fuoco che brucia: per bruciare bene c’è bisogno di ossigeno, più ossi-
geno c’è, più la fiamma è pulita senza fumi neri, cioè la legna brucia bene. Allo stesso modo, più
ossigeno c’è in queste reazioni, meno prodotti di scarto vengono prodotti. In una reazione anaerobi-
ca perciò è assolutamente normale che si producano degli scarti via via che prosegue. Da qui il no-
me di anaerobico lattacido. Nel primo caso la reazione non dura a sufficienza per produrre scarti, si
ferma prima. Perciò si parla di anaerobico alattacido

Vi accorgete che state producendo scarti dal fiatone sempre maggiore: il meccanismo è reversibile e
le scorie attraverso una catena di reazioni molto complesse vengono eliminate tramite la presenza di
ossigeno, che voi dovete immettere con la respirazione forzata.

Il terzo modo di produrre energia è quello che serve negli sforzi a bassa intensità ma prolungati. In
questo caso si utilizzano reazioni chimiche che producono tantissima enegia totale ma pochissima
potenza. Le reazioni in cui è coinvolto l’ossigeno sono anche lente ad innescarsi. Dovete tenere a
mente questo: in presenza di ossigeno qualsiasi cosa brucia meglio, perché le reazioni chimiche non
hanno prodotti di scarto. Poiché non ci sono scarti tossici, queste reazioni sono in equilibrio e pos-
sono durare per molto tempo. Le maratone, l’aerobica da palestra funzionano grazie a queste rea-
zioni.

Non perdiamo di vista il significato complessivo: abbiamo 3 tipi di alimentazione del motore sem-
pre per un discorso di efficienza. Devo produrre molta forza e molta potenza, avrò bisogno di un
turbocompressore che entra in funzione istantaneamente. Il metabolismo anaerobico (senza ossige-
no, così tutto parte prima) alattacido (dura così poco che non produco scarti), proprio delle fibre di
tipo IIb anche se le IIa in parte sono in grado di sfruttarlo.

Contemporaneamente, con un po’ di ritardo, parte anche il secondo motore, quello anaerobico latta-
cido. Se lo sforzo si prolunga nel tempo, sarà questo che fornirà l’energia, mantenendo il movimen-
to anche se si accumuleranno scarti, fino a che dovrete fermarvi. Questo metabolismo è proprio del-
le fibre IIa

MI raccomando: i metabolismi anaerobici non sono a compartimenti stagni, si innescano subito ma


a livelli differenti a seconda delle richieste. In questo, la Natura è geniale. 3 tipologie di reazioni, 3
tipologia di macrostrutture, per produrre tanta forza da subito o poca forza per molto tempo.
L’uomo è stato programmato sulla base dell’assioma che se è necessario produrre molta forza, que-
sta forza sarà necessaria per poco tempo, e viceversa se abbiamo bisogno di uno sforzo prolungato,
questo sarà a bassa intensità..

Se dobbiamo scappare da un leone, dobbiamo farlo in fretta, e perciò avrò bisogno della benzina a
più alto numero di ottani, che è poca. Ma, tanto, o si scappa in una manciata di secondi, oppure non
serve più scappare ed è irrilevante la produzione di scarti: se sono sull’albero al riparo, avrò tempo
di riposarmi ed eliminarli, se sono fra le fauci del leone, amen agli scarti. Viceversa, se c’è da attra-
versare un deserto per cercare l’acqua, non c’è bisogno di fare le cose in fretta, perciò dovrò produr-
re pochissimi scarti metabolici ed essere efficiente nel durare.

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Questo è ciò che la Natura presuppone. Ci permette di scappare da un leone, ma non da un branco
di leoni, di attraversare il deserto a piedi, ma non a tutta paletta: la Natura si ingegna a fornirci i
mezzi per sostenere un largo spettro di situazioni, ma non tutte le situazioni immaginabili.

La centralina della macchina

Manca un pezzo: gli ingranaggi, i tipi di motore, le benzine. Ma chi comanda la baracca? Ovvia-
mente, la nostra testa, il cervello, il famoso quanto famigerato SNC, Sistema Nervoso Centrale.

Il cervello invia ai muscoli dei segnali elettrici tramite un network di connessioni chiamate moto-
neuroni. Allo stesso modo, c’è una rete che dai muscoli va al cervello per fornire informazioni sullo
stato muscolare. Queste informazioni, più tante altre, modulano gli impulsi che il cervello invia per
ottenere il movimento.

I segnali elettrici sono costituiti da una serie di impulsi ad una certa frequenza. Bip bip bip. Più la
frequenza è elevata e più i bip sono vicini fra di loro.

Ogni fibra funziona secondo il principio del “tutto o niente”: se la frequenza del segnale è ad un cer-
to valore, si contrae, altrimenti non si contrae. Questo valore è detto frequenza (o soglia) di attiva-
zione,e ogni fibra ne ha uno. Le fibre lente hanno mediamente una soglia di attivazione “bassa”. Il
mediamente indica il fatto che ci saranno gruppi di fibre ad un certo valore, altri gruppi ad un valore
superiore e così via. Si fa la media della tipologia di fibre e si trova un certo valore. Mi raccoman-
do: non è che tutte le fibre lente hanno lo stesso valore di soglia di attivazione. E così le fibre veloci
che mediamente hanno una soglia “alta”. Quelle intermedie, di conseguenza, hanno una soglia in-
termedia J

Quando dobbiamo contrarre un muscolo per produrre forza, il cervello produce un treno di impulsi
a frequenza sempre più elevata, che invia alle fibre muscolari. Così facendo, vengono attivate prima
quelle a frequenza di attivazione più bassa e via salire, fino a che non si è generata la forza voluta. Il
punto fondamentale da assimilare è che più forza è richiesta, più elevata sarà la frequenza di attiva-
zione massima generata. Alta frequenza corrisponde ad alto carico (a meno di eccezioni che non ci
interessano in questa sede)

Anche in questo caso, il meccanismo è assolutamente geniale, perché si massimizza il valore e la


durata della forza, senza sprecare nulla. Il cervello non sa a priori quanto deve durare un certo mo-
vimento, perciò prima attiva le fibre a bassa soglia di attivazione che producono poca forza ma per
molto tempo, se questa forza è sufficiente, ok. Altrimenti si passa a quelle a soglia più alta che pro-
ducono però più forza. Se nemmeno questa è sufficiente, allora si passa a quelle ancora superiori in
termini di soglia di attivazione. Così facendo si usano le fibre che danno una contrazione limitata
(per quanto fortissima) solo se effettivamente servono, minimizzandone l’uso!

Va da se se vogliamo stimolare tutto il range di fibre, dobbiamo usare carichi elevati.

Due o tre schemi per fare scena

A questo punto possiamo inserire un disegnino. In ogni articolo che si rispetti c’è sempre almeno un
diagramma a blocchi, un istogramma, un disegno, una tabella. Altrimenti l’articolo non è serio.
Stampatevi nel cervello questo: i grafici sono qualitativi, cioè mostrano un andamento plausibile.
Non possono essere esaustivi da un punto di vista numerico, quantitativo. E’ per avere un’idea di
quello che succede.

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Il fulcro di tutto il processo è la frequenza di attivazione: è sull’asse X. Sull’asse Y del primo grafi-
co mettiamo il numero di fibre per una data frequenza di attivazione. Sono delle campane perché mi
permettono di dare una continuità: consideriamo l’area rossa, delle fibre lente e mettiamo la penna
all’estrema sinistra sull’asse delle frequenze di attivazione. Molto a sinistra=basse frequenze di atti-
vazione. Tiro su la penna, fino ad incontrare il bordo della campana rossa. Leggo il valore sull’asse
Y: questo valore è il numero di fibre a quella data frequenza di attivazione.

Ci saranno poche fibre rosse a bassissima soglia di attivazione, molte intorno ad un valore medio
che è il picco della campana rossa, e poi sempre meno via via che la frequenza sale perché ci spo-
stiamo verso le fibre intermedie. Ovviamente, esisterà un’area in cui è ben difficile separare netta-
mente le fibre lente da quelle intermedie, perchè le caratteristiche iniziano a cambiare gradatamente.
Così il fenomeno si ripete continuando a salire

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Sull’asse Y del secondo grafico mettiamo la forza per singola fibra: le fibre a soglia più bassa a-
vranno poca forza per fibra (ma non zero, perché un minimo di forza la producono sempre), via via
che si sale la forza aumenta, ma più che linearmente perché le fibre veloci producono “molta” forza.
Anche in questo caso, non c’è un andamento a step perché le fibre cambiano caratteristica in manie-
ra graduale.

Ok, a questo punto il valore totale della forza prodotta è pari al numero di fibre attivate (tutte quelle
fino ad una certa soglia di attivazione) per la forza che ognuna di queste fibre può generare. Un al-
tro criptico disegnino è questo qua

Lo so, questo è più complicato… nel grafico in alto ho moltiplicato la forza per fibra per il numero
di fibre per ogni valore delle frequenze di attivazione. La forza totale è espressa appunto dalla
sommatoria fino alla frequenza di attivazione massima individuata, ed è riportata nel grafico in bas-
so.

Come esempio, considerate la riga viola verticale a sinistra. Questa interseca la curva della forza
viola in un certo punto. Da quel punto andate con la penna verso sinistra, e leggete il valore
sull’asse Y (“ma non c’è scritto niente!” “via, un po’ di fantasia…”). Quella è la forza che volete
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generare. Sempre dal punto di intersezione sopra citato, andate con la penna in basso: quella è la
frequenza di attivazione massima che il vostro cervello deve generare. Badate bene: il vostro cervel-
lo genererà TUTTE le frequenze, fino a quella lì che corrisponde al carico obbiettivo.

Bene, spostate la penna sulla linea viola tratteggiata in alto, fino al grafico sopra quello che stavamo
guardando. Et voilà, si attiveranno tutte le fibre a sinistra del grafico per produrre la forza richiesta!.
Et voilà, avete attivato tutte le fibre necessarie a sostenere quel carico! Se le attivate tutte ma pro-
prio tutte, avete la massima forza che potete produrre, la vostra forza massimale.

Se paragonate il grafico in alto a quello in alto precedente, noterete che i “bozzi” hanno altezze dif-
ferenti: il bozzo (ok, la distribuzione…) delle fibre veloci è piccolo nel primo grafico, grande in
questo. Non è da meravigliarsi, questo è dovuto al fatto che la forza che ogni fibra veloce genera è
elevata e per quanto le fibre siano poche, la forza complessiva è molto grande.

Consideriamo adesso le righe tratteggiate orizzontali: ho suddiviso la forza complessiva in aree ben
identificate. Per ogni incrocio determino la frequenza di attivazione e poi tiro le corrispondenti linee
verso l’alto, sull’altro grafico. In questo modo posso vedere, per ogni intervallo di carico, quante fi-
bre vengono coinvolte. Quello che si vede è che per stimolare molte fibre muscolari è necessario un
carico che va dal 60% al 90% della massima forza esprimibile.

Allo stesso tempo, si vede che non è necessario tirare fino alla massima produzione possibile di for-
za, perché sebbene le fibre siano stimolate nella totalità, fra massimo e immediatamente sotto, la
differenza non è poi così sostanziale.

Morale n° 1: è il carico che determina quante fibre muscolari sono coinvolte in un dato eserci-
zio!!!

Mi pare evidente e lampante dalla trattazione: per stimolare buona parte della massa muscolare è
necessario un carico che va dal 60%-65% fino ad un 85%-90%. Per questo si dice che nel bodybuil-
ding si deve usare molto carico ma non il carico massimo! Abbiamo dato una spiegazione un mini-
mo raffazzonata del perché è necessario usare carichi elevati, ma che comunque non è necessario
che siano carichi limite per stimolare buona parte della muscolatura.

Eseguiamo una serie

Ma cosa succede nel tempo via via che eseguiamo la nostra ipotetica sequenza di ripetizioni? Ecco
un grafico che mostra l’evoluzione nel tempo della curva della produzione della forza.

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Partiamo guardando i disegni precedenti da sinistra: piazziamo un carico molto vicino al massimale,
e facciamo 1 ripetizione: il cervello invierà un treno di impulsi a tutte le frequenze richieste e pro-
durremo la forza che ci serve, in pratica il valore massimo della curva viola. Stiamo utilizzando il
sistema anaerobico alattacido, perché ci serve tantissima forza, subito. Alla seconda ripetizione, che
completiamo, il sistema alattacido è andato, perché la benzina è finita.

Chiaramente, è già partito il motore lattacido per fornire energia, ma le fibre più “veloci” che sfrut-
tano al meglio il metabolismo alattacido, non funzionano più. Nel secondo grafico il bozzo blu è più
piccolo, perché quelle fibre per quanto il cervello si sforzi di attivarle, non si contraggono. Lo spot-
ter è costretto a scaricarci il peso perché non siamo in grado di generare la forza necessaria. Perciò
andiamo avanti, 3, 4, 5 ripetizioni, con il fiatone sempre più forte perché c’è bisogno di ossigeno
perché l’acido lattico si sta accumulando. Contemporaneamente parte anche il motore aerobico, ma
a questo punto molte altre fibre non si contraggono più perché il sistema di alimentazione lattacido
comincia a perdere i colpi, il terzo grafico.

Lo spotter scarica ancora, ed è possibile continuare la serie. Ma a questo punto sono solo le fibre
rosse a funzionare e queste producono poca forza, per quanto potete fare moltissime altre ripetizio-
ni, il quarto grafico.

Potete provare: c’è un carico tale per cui è possibile continuare fino a 15, 20 e anche 30 ripetizioni.
Se partite con 150 di squat, vedrete che con 20-30Kg potete andare avanti ad oltranza, perché siete
in equilibrio aerobico: l’ossigeno è in grado di eliminare tutte le scorie che si producono. Ma a que-
sto punto c’è da chiedersi a che serve fare tutto questo.

Chiaramente, questa è una visione meccanica di quanto accade, estremamente semplificata. E’ im-
portante sottolineare che per il cervello produrre impulsi elettrici ha un costo, una fatica. Si affatica
anche il SNC, anzi, è proprio questo che si affatica di più. Oltre ai meccanismi metabolici muscola-
ri, ci sono quelli cerebrali. Molti autori affermano che il SNC necessita di 10 volte il tempo di recu-
pero delle strutture muscolari.

Dovete considerare che tutta la trattazione considera la contrazione di UN muscolo inteso come
raggruppamento di fibre muscolari. Considerate che un movimento complesso coinvolge decine e
decine di muscoli ed è il SNC che li coordina tutti. Questo ha un suo considerevole costo.

Morale n° 2: è il carico che determina quanto tempo potete eseguire un esercizio

Anche in questo caso, ciò che conta è il carico. E’ questo che determina il coinvolgimento delle fi-
bre muscolari, la loro tipologia, pertanto la loro propensione o meno alla durata del movimento.
Sempre e solo il carico.

Ora però non fate casino eh

Poiché tutta questa spiegazione “sembra vera” (come direbbe un mio amico), grafici, formule… vi
devo mettere in guardia e farvi notare una cosa: qui sembra che tutte le fibre si attivino belline bel-
line in sequenza, in maniera assolutamente indipendente fra di loro. Prima le rosse, poi le interme-
die e così via.

L’esperimento virtuale di serie a scalare di peso può indurre a pensare che tutto il meccanismo sia a
comparti: bianche, che non influenzano le intermedie, intermedie, che non influenzano le rosse…

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Provate in palestra a fare un esperimento contrario: due serie di squat senza carico da 100 ripetizioni
l’una. Fibre rosse, un po’ di respiro accelerato, ma niente accumulo di acido lattico. Anzi, vi fate
due palle notevoli. Poi piazzate l’80% del vostro massimale e vediamo quale indegna prestazione
ottenete.

Le reazioni metaboliche avvengono tutte, con tassi differenti. Un pizzichino di metabolismo lattaci-
do viene sempre utilizzato, e il metabolismo aerobico anche se è molto efficiente lascia delle tracce
di stanchezza e le fibre comunque si stancano e perdono la capacità di contrarsi. Ora, è chiaro che le
deboli fibre lente che tanto schifiamo non contribuiscono alla contrazione come le veloci, ma co-
munque sono necessarie al totale della forza. In più, movimenti complessi hanno nei muscoli più
deboli l’anello critico della catena. Se voi li stancate… poi l’intero movimento ne risente. In più, ef-
fettuare 200 ripetizioni impone un dazio al SNC, una piccola tassa, ma comunque non nulla. Quan-
do poi dovrà essere al pieno delle prestazioni, anche questa piccola variazione si sentirà.

Ma complichiamo un po’ l’esperimento: provate a fare le due serie da 100 a vuoto dopo 30’ di
cyclette a bassissima intensità ma senza bere.

La disidratazione altera l’equilibrio (elettrolitico) dei vostri muscoli, perciò cambia sia la trasmis-
sione dei segnali all’interno dei muscoli, cambia l’ambiente in cui sono immerse le fibre. Se tutto va
bene, non avrete un crampo mentre eseguite. Eppure, sono solo 30’ di cyclette che coinvolge le fi-
bre lentissime…

Ancora, fate una serie di squat con 50Kg per 20 ripetizioni, recuperate 1’ e piazzateci 110Kg (se il
vostro massimale è 120Kg) per una ripetizione. Anche qui, avete dei problemi. La serie da 20 ripe-
tizioni ha prodotto acido lattico che non avete smaltito. Ok, avete utilizzato solo le fibre intermedie,
dovreste poter attivare quelle veloci per poter tirare i 110 che, per una ripetizione, dovrebbero anda-
re dato che si usa il metabolismo anaerobico alattacido! Ma non funziona così. Le fibre sono tutte
intossicate dagli scarti. Tutte. Mica solo quelle intermedie perché usano il metabolismo lattacido!

Vi prego, cioè, di considerare il funzionamento del corpo umano nella sua globalità, ed usare questi
modelli come un ausilio per capire, da non considerare assolutamente come esaustivi.

Conclusioni

A che serve tutta questa robaccia? Nel prossimo articolo vorrei commentare i principali schemi di
allenamento, comunemente utilizzati. Pregi, difetti. Per fare questo è necessario avere un minimo di
idee su come funzionano i muscoli. Meglio un 10-8-6, un 8-6-4 o un 4-6-8? Come si fa a dare una
risposta senza sapere nulla di fisiologia? Per questo poi nascono le leggende metropolitane…

Non solo, ma dobbiamo anche rivalutare la parola “stimolare” i muscoli. Abbiamo 3 tipologie di fi-
bre, 3 tipi di motori che le alimentano, un sistema nervoso che presiede il tutto. Ognuno di questi
macrosistemi è adattabile, nel senso che può essere forzato, nel giusto modo, a rispondere a situa-
zioni sempre più complesse. Ogni sistema è cioè allenabile. E nostro compito, per ottenere un mi-
glioramento della performance generale, sarà quello di portare tutti questi sistemi a livelli superiori.
Tutti. Non solamente uno. Questo implicherà una variabilità e una differenziazione degli stimoli, e
pertanto differenti metodi di allenamento.

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