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SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI

1. MIGRAZIONI E MIGRANTI
Le migrazioni sono un fenomeno antico quanto lumanit. Prima di diventare sedentario, luomo era nomade, si spostava di continuo in cerca di prede da cacciare o per sfuggire a carestie e calamit naturali. I trasferimenti da un territorio allaltro di singoli individui, gruppi o intere popolazioni si sono sempre verificati nella storia dellumanit. Quello migratorio un fenomeno eterogeneo e vasto. Le Nazioni Unite hanno proposto una definizione di migrante come: persona che si spostata in un paese diverso da quello di residenza abituale e che vive in quel paese da pi di un anno. Tuttavia questa definizione risulta incompleta, poich non tiene conto anzitutto delle migrazioni interne, che sono un fenomeno importante, soprattutto nella storia del nostro paese, ma prende in considerazione solo gli spostamenti da un paese allaltro, in secondo luogo non tiene conto degli spostamenti di durata inferiore a un anno (trascurando cos, ad esempio, le migrazioni per lavoro stagionale). Si distingue tra il movimento dellemigrazione (che si riferisce alluscita dal paese di origine) e quello dellimmigrazione (che riguarda invece lingresso nel paese ricevente). Si parla rispettivamente di emigranti ed immigrati. Si tratta di due fasi, due punti di vista diversi di uno stesso fenomeno di trasferimento. Questo equivale a dire che possiamo studiare i processi migratori sotto il profilo dellemigrazione se li consideriamo a partire dal luogo di provenienza, e come immigrazioni se li guardiamo dal punto di vista del paese in cui si stabiliscono. (Gli studiosi dei paesi di origine insistono di solito sul primo aspetto, quelli dei paesi riceventi sul secondo). Generalmente si intendono per migrazioni i trasferimenti in un paese straniero, esiste per anche il fenomeno delle migrazioni interne (particolarmente importante in Italia nel secolo scorso), cio lo spostamento da una regione allaltra di uno stesso paese. Questo fenomeno, da un lato presenta caratteristiche diverse dalle migrazioni internazionali, poich in questo caso gli immigrati sono cittadini, hanno diritto di voto e accesso agli stessi diritti che spettano ai residenti, parlano la stessa lingua, condividono generalmente la stessa religione, cultura, storia, identit nazionale, eppure anche gli immigrati interni possono venire percepiti come diversi dagli abitanti autoctoni, dando luogo a problemi di discriminazione. Le migrazioni sono costruzioni sociali complesse, in cui agiscono 3 principali fattori: - le societ di origine, con le loro capacit di offrire benessere e diritti ai propri cittadini e con politiche pi o meno favorevoli allespatrio della popolazione, - i migranti effettivi e potenziali, con le loro aspirazioni, progetti e legami sociali, - le societ riceventi, con le loro capacit di dare accoglienza agli immigrati. Le societ riceventi svolgono infatti un ruolo fondamentale nei processi migratori. Con i loro atteggiamenti, le loro politiche di accoglienza, la loro domanda di lavoro immigrato, giocano un ruolo sempre pi decisivo nel plasmare i processi migratori, determinando le modalit di insediamento degli immigrati nel territorio e il rapporto con i cittadini autoctoni. Linsediamento stabile degli immigrati in un territorio e la problematica integrazione nella societ ospitante in cui vivono possono dar luogo alla formazione di minoranze etniche, che si configurano come gruppi subordinati allinterno della societ, soggetti a valutazione negativa da parte dei gruppi dominanti.

TIPI DI IMMIGRATI Un aspetto rilevante dei processi migratori contemporanei che la figura dellimmigrato si molto diversificata rispetto al passato. Prima limmigrato era, tipicamente, un uomo in et lavorativa, inizialmente solo, poco qualificato. Oggi si sono differenziate le porte di ingresso nelle societ riceventi, per cui entrano sia immigrati con motivazioni diverse da quelle lavorative, sia lavoratori con diversi livelli di qualificazione professionale e diversa provenienza sociale. Si quindi modificato il profilo anagrafico della popolazione immigrata. Si possono distinguere diverse figure di immigrati: Immigrati per lavoro. Oggi non sono pi soltanto maschi, non sono necessariamente poco istruiti e qualificati professionalmente, trovano per lo pi impiego nelle occupazioni meno ambite del mercato del lavoro dei paesi riceventi. Mentre prima si trattava quasi esclusivamente di uomini, che in un

secondo momento venivano raggiunti da mogli e figli, oggi aumentato il numero delle donne primomigranti, che emigrano per lavoro prima e/o indipendentemente da mariti e famiglia. Le immigrate lavoratrici trovano lavoro soprattutto nel settore dei servizi alle persone e alle famiglie (cio come colf e badanti), con possibilit di promozione sociale ancora pi scarse degli immigrati maschi, soggette a una doppia discriminazione, in quanto donne e in quanto immigrate. Immigrati stagionali. Si distinguono dai precedenti poich in alcuni paesi sono soggetti a una regolamentazione specifica che ne autorizza lingresso per periodi limitati, al fine di rispondere a temporanee e delimitate esigenze di manodopera. Il caso tipico quello del lavoratore stagionale nel settore agricolo o alberghiero. In Italia in particolare le provincie di Trento e Bolzano fanno ampio ricorso al lavoro stagionale immigrato per la raccolta della frutta o per la stagione turistica. Immigrati qualificati e imprenditori. Si tratta principalmente di tecnici informatici, ingegneri, scienziati, medici, ma anche investitori ed imprenditori, quindi immigrati con elevati livelli di istruzione e di qualifica professionale. Fenomeno in crescita nei paesi pi aperti allimmigrazione, come USA, Canada, Australia, e da qualche anno anche alcuni paesi dellEuropa centrosettentrionale stanno cercando di promuovere questo tipo di immigrazione. Inoltre si sta sviluppando in tutti i paesi riceventi la cosiddetta skilled migration, ovvero il fenomeno del lavoro immigrato indipendente e dellimprenditorialit etnica. Familiari al seguito. Una categoria diventata importante in Europa dopo la chiusura delle frontiere nel 73-74 nei confronti dellimmigrazione per lavoro. Dopo di allora, i ricongiungimenti familiari sono diventati la motivazione pi frequente per gli ingressi ufficiali nei paesi riceventi. cos aumentata la quota di popolazione immigrata che non partecipa al mercato del lavoro, e il profilo anagrafico degli immigrati tende a normalizzarsi, diventando pi simile a quello della popolazione nativa, con un riequilibrio tra numero di uomini e donne e tra fasce det. Rifugiati e richiedenti asilo. Anche questa tipologia di immigrati aumentata in conseguenza della chiusura delle frontiere del 73-74 e dei vari sconvolgimenti bellici successivi. Si tratta in realt di due categorie distinte. Lo status di rifugiato tutelato dalla Convenzione di Ginevra delle Nazioni Unite del 1951, che definisce il rifugiato come una persona che risiede al di fuori del proprio paese di origine e che non pu o non vuole tornarvi per un fondato timore di persecuzione personale per motivi di razza, religione, nazionalit, opinione politica. Il richiedente asilo invece non rientra nei rigidi criteri della Convenzione di Ginevra, si tratta di una persona che abbandona il proprio paese che vive una fase di crisi o instabilit per cercare protezione in un altro paese. La Costituzione italiana sancisce che "lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libert democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dasilo nel territorio della Repubblica. Per cui, una volta arrivato in Italia, pu presentare richiesta dasilo al tribunale, che poi valuter di caso in caso. Negli ultimi decenni, i focolai di guerra in varie parti del mondo, le aumentate possibilit di mobilit geografica, nonch le diminuite possibilit di immigrazione per lavoro (in seguito alla chiusura delle frontiere) hanno provocato un maggiore ricorso alla strada del rifugio politico e umanitario come porta dingresso nei paesi sviluppati, e non sempre facile distinguere le motivazioni politiche da quelle economiche. I paesi riceventi pi interessati dai flussi hanno a loro volta reagito a questo incremento della domanda di asilo inasprendo i criteri di accesso e varando norme pi restrittive (il che va di fatto ad aumentare indirettamente gli ingressi irregolari). Immigrato irregolare, clandestino. Occorre fare una distinzione. Limmigrato irregolare colui che entrato nel paese in maniera regolare, tipicamente con un visto turistico, ed poi rimasto dopo la scadenza del titolo che gli aveva consentito lingresso, quindi da una situazione regolare iniziale diventa irregolare in seguito. Il clandestino invece colui che entra nel paese di destinazione in maniera irregolare, con documenti falsi o senza documenti. Unaltra categoria quella della vittima del traffico di essere umani, cio lo straniero (spesso donna) che viene coinvolto in un attraversamento delle frontiere con la forza o con linganno. Tipico il caso della prostituzione forzata. Migranti di seconda generazione. Con questo termine si indicano i figli degli immigrati in senso ampio, comprendendo sia i figli degli immigrati nati nel paese ricevente sia quelli nati nel paese di origine e emigrati insieme ai genitori oppure ricongiunti in seguito. Il modo in cui questi vengono considerati nella societ ospitante varia in base alle specifiche legislazioni nazionali: nei paesi che riconoscono il diritto di suolo, i figli di immigrati nati nel paese ospitante sono considerati a tutti
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gli effetti cittadini di quel paese poich nati l, invece nei paesi che si basano sul diritto di sangue i figli degli immigrati, anche se nati l, sono considerati stranieri poich figli di stranieri. In Italia possono acquisire la cittadinanza facendone richiesta una volta raggiunta la maggiore et. Attraverso la nascita e la crescita delle seconde generazioni, prende le mosse un altro processo gravido di conseguenze: linsediamento della comunit immigrata in un paese diverso da quello di origine diventa stabile, il che la porta a doversi misurare con la societ ospitante, questo confronto pu dar luogo alla formazione di minoranze etniche, cio in cui la comunit minoritaria rimane relegata ai margini della societ, senza integrarsi Migranti di ritorno. Coloro che rientrano nel paese di origine dopo aver trascorso un periodo della propria vita in un altro paese. Fenomeno ben visto e promosso sia dai paesi di origine che da quelli di destinazione. Dal punto di vista psicosociale si tratta spesso di una nuova immigrazione, con tutte le problematiche di adattamento e integrazione che comporta. FASI dei processi migratori nella storia contemporanea: Periodo dello sviluppo industriale e della grande emigrazione. Dalla met dell800 fino alla prima guerra mondiale, contraddistinto dai fenomeni di migrazioni di massa, soprattutto in direzione delle Americhe. La realizzazione di grandi opere pubbliche come le ferrovie e lo sviluppo industriale richiedono grandi volumi di manodopera anche analfabeta. Gli ingressi sono scarsamente regolati. DallItalia verso le Americhe e verso i paesi europei pi sviluppati. Periodo tra le due guerre. Nuovi fabbisogni di manodopera per compensare le perdite belliche. A partire dagli anni 20 si afferma lidea di regolamentare le migrazioni attraverso trattati internazionali e vengono riconosciuti diritti ai migranti. Nel frattempo, in seguito alla crisi del 29, gli Usa introducono misure restrittive per frenare limmigrazione e anche il Fascismo ostacola nuove partenze, i movimenti migratori conoscono cos una fase di arresto. Periodo della ricostruzione. Dal 45 agli anni 50, si assiste al rilancio dei movimenti migratori dopo gli sconvolgimenti bellici, grazie alla ripresa economica e alla mancanza di manodopera. (DallIrlanda verso Gran Bretagna, dallItalia verso Francia, Belgio, Svizzera, dalle ex colonie francesi verso la Francia). Periodo del decollo economico. Cresce il volume delle migrazioni e si allargano le aree di reclutamento ad altri paesi dellEuropa mediterranea. Sono anche gli anni delle grandi migrazioni interne che hanno interessato il nostro paese, dal Sud verso il Nord dItalia. Lo shock petrolifero del 73 chiude in modo brusco questa fase. Il periodo del blocco ufficiale delle frontiere. Dal 1974 in avanti. A causa della crisi, i paesi dellEuropa centro-settentrionale decidono di chiudere le frontiere e di non ammettere pi immigrati per lavoro. In realt solo la Germania riesce a ridurre per un breve periodo il numero degli immigrati. Nel complesso, larrivo degli stranieri prosegue attraverso altri canali, quello del ricongiungimento familiare, delle richieste dasilo o dellingresso irregolare. A partire dagli anni 80-90, lEuropa meridionale diventa a sua volta polo di attrazione dellimmigrazione, che proviene da un numero sempre pi ampio di paesi (dallEuropa dellest e dai paesi extraeuropei). Attualmente, si procede allattuazione e al perfezionamento degli accordi di Schengen per un controllo pi rigoroso delle frontiere. Una tendenza attuale, soprattutto in paesi come UK, Francia e Germania, quella di promuovere larrivo di immigrati qualificati professionalmente. Tendenze attuali generali dei processi migratori: Globalizzazione delle migrazioni, con la crescita del numero di paesi interessati al fenomeno come societ riceventi e come societ di origine. Accelerazione delle migrazioni, con la crescita delle dimensioni quantitative del fenomeno in tutte le principali zone di destinazione. Differenziazione delle migrazioni, con la presenza di diversi tipi di immigrati, dai migranti per lavoro temporaneo o a lungo termine, ai rifugiati, ai lavoratori qualificati, ai familiari ricongiunti. Femminilizzazione delle migrazioni, con laumento di protagonismo delle donne, non solo pi come migranti per ricongiungimenti familiari, ma come primomigranti, migranti per lavoro che precedono larrivo dei mariti.
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FASI E CICLI DELLIMMIGRAZIONE Si possono identificare fasi o cicli ricorrenti delle migrazioni, partendo dallarrivo dei primi pionieri, principalmente per motivi di lavoro, alla stabilizzazione e alla formazione di nuclei familiari. Lo schema di Bhning individua 4 fasi o stadi dei processi migratori: . nella fase 1 arrivano piccoli numeri di immigrati, generalmente maschi, di giovane et, celibi, provenienti dalla aree pi sviluppate del paese di origine, ossia le grandi citt, che trovano occupazione nelle posizioni pi marginali e tendono a fermarsi per brevi periodi; . nella fase 2 arrivano altre ondate migratorie, con prevalenza sempre maschile ma unet media pi alta, incoraggiati e spinti dai racconti e dai legami sociali dei primomigranti. Si allargano i bacini di reclutamento alle zone pi ampie del paese di origine, diminuiscono i rientri in patria; . nella fase 3 limmigrazione comincia a stabilizzarsi, hanno luogo i ricongiungimenti familiari ed aumenta la componente femminile e minorenne. Nel frattempo partono nuovi immigrati dalle aree meno sviluppate del paese di origine, iniziando nuovamente dai giovani maschi celibi, ma dotati di livelli di qualificazione mediamente pi bassi dei precedenti; . nella fase 4 limmigrazione giunge a maturit. Sorgono a poco a poco istituzioni etniche, come associazioni, scuole, negozi, centri religiosi, ecc. Questo schema si incentra sullimmigrazione per lavoro (ha il limite, ad esempio, di aver trascurato la situazione dei rifugiati, o dei lavoratori qualificati, o delle donne primomigranti). Riassumendo: prima arrivano i lavoratori uomini, con lobiettivo, solitamente, di accumulare risparmi e di un successivo rientro in patria, in seguito, quando i lavoratori hanno consolidato la loro posizione, vengono chiamate le famiglie. Con larrivo delle famiglie aumenta la domanda di servizi sanitari, abitativi, educativi, ecc. e aumenta anche limpatto della comunit immigrata sulla societ autoctona. Un altro modello proposto recentemente quello di Castles e Miller, pi sensibile allazione delle reti sociali (come insieme di legami che accompagnano linsediamento nella societ ricevente) e alla dimensione politico-istituzionale.

2. ALLA RICERCA DELLE CAUSE


Un primo argomento di studio nellanalisi dei movimenti migratori la questione delle cause che li producono. Si confrontano al riguardo le due principali prospettive sociologiche: quella macrosociologica, detta anche strutturalista, che assegna il primato alle forze esterne (politiche, economiche, culturali) che condizionano e orientano lagire degli individui, e quella microsociologica, che parte invece dallindividuo e lo considera un attore razionale che prende decisioni volte a massimizzare il proprio benessere. Alla fine del secolo scorso sono stati elaborati diversi modelli teorici al fine di spiegare le migrazioni, tuttavia si tratta di sforzi parziali e isolati, che non riescono a cogliere il fenomeno nel suo complesso.

La PROSPETTIVA MACROSOCIOLOGICA, si basa sulla distinzione tra: - fattori di spinta (push factors): fattori interni alla societ di origine che spingono la popolazione a emigrare (cattive condizioni di vita, povert, ecc.) - fattori di attrazione (pull factors): fattori interni alla societ di destinazione, cio quelle pi sviluppate, che attraggono nuovi migranti (poich in grado di offrire migliori condizioni di vita, occupazione, ecc.) Nelle migrazioni della fase dello sviluppo industriale a cavallo tra 800 e 900 prevalevano i fattori di attrazione da parte dei sistemi economici pi sviluppati, nella fase attuale sembrano prevalere i fattori di spinta. I migranti quindi si muovono per effetto di fattori espulsivi operanti nei luoghi dorigine, anche senza avere effettive opportunit di accoglienza e occupazione nelle aree di destinazione. Secondo una prospettiva macrosociologica che si focalizza sui fattori di spinta come causa delle migrazioni, i fenomeni migratori sono determinati da cause strutturali operanti a livello mondiale soprattutto nelle societ di provenienza, cause quali povert, disoccupazione, guerre, disastri ambientali, regimi oppressivi, che inducono un numero crescente di individui a lasciare il proprio paese e a cercare di raggiungere i paesi sviluppati in cerca di migliori condizioni di vita. In questa concezione si collocano anche diverse teorie, che hanno matrici disciplinari diverse: - Teoria neomarxista della dipendenza, secondo cui le migrazioni per lavoro sono determinate dalle disuguaglianze geografiche esistenti nei processi di sviluppo, conseguenza delle relazioni coloniali che riproducono lo sfruttamento del Terzo Mondo attraverso rapporti di scambio ineguali. - Teoria del sistema-mondo, secondo cui, riprendendo lidea della divisione internazionale e degli scambi ineguali, i paesi vengono classificati in base al loro grado di dipendenza dalla dominazione capitalistica occidentale, come paesi del centro, della periferia e della semiperiferia. Le migrazioni sono viste quindi come effetto della dominazione esercitata dai paesi del centro su quelli della periferia dello sviluppo capitalistico, derivano dalla disuguaglianza economica e la incrementano. stata posta in rilievo la contraddizione tra libera circolazione dei capitali, merci e informazioni e la chiusura delle frontiere rispetto alla mobilit dei lavoratori. - Teoria sistemica delle migrazioni, prende in considerazione un ampio numero di fattori e variabili (di tipo economico, politico, culturale, linguistico, ecc.) che entrano in gioco nei processi migratori. Le migrazioni sono viste e vanno studiate quindi come il risultato di questo insieme di fattori e variabili. In questo approccio i migranti vengono considerati soggetti passivi, in balia di forze sovrastanti che li muovono come pedine sulla scacchiera della geopolitica e degli interessi economici, privi di effettive capacit di scelta, di progetti di vita. Lo schema push-pull, ancora molto impiegato nel dibattito italiano, con la sua inevitabile enfasi sui fattori di spinta, ormai considerato insoddisfacente a livello internazionale. Non basta che si determini una spinta a partire perch si verifichi uno spostamento migratorio. Unaltra spiegazione, sempre allinterno della prospettiva macrosociologica, si focalizza sui fattori di attrazione. Una visione opposta in quanto alla lettura delle cause (cio sui fattori di attrazione, e non su quelli di spinta), ma affine nel considerare le migrazioni come un processo strutturale, attivato da forze che soverchiano le scelte individuali. Pone al centro delle cause delle migrazioni la domanda di lavoro povero da parte dei sistemi economici sviluppati.
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Tra le teorie che si inseriscono in questo approccio: - Teoria dualistica del mercato del lavoro di Piore, secondo cui nei sistemi economici occidentali il mercato del lavoro si suddivide in due segmenti: mercato del lavoro primario (composto da posti di lavoro sicuri, ben retribuiti, tutelati sindacalmente, appannaggio dei lavoratori dotati di maggiore forza contrattuale, ovvero maschi adulti nativi) e mercato del lavoro secondario (composto da posti di lavoro precari, poco tutelati, mal retribuiti, dove confluiscono i lavoratori pi deboli, ovvero donne, giovani e gli immigrati. Questi, allarrivo nella societ ospitante, hanno un orientamento provvisorio e strumentale verso il lavoro, desiderosi di lavorare e risparmiare, senza legami sociali, non badano alla qualit e alla stabilit del lavoro, si sobbarcano i lavori poveri e faticosi del mercato secondario). Le societ riceventi hanno un continuo bisogno di questi immigrati. - Teoria delle citt globali, secondo cui, dopo il declino dellindustria manifatturiera, le metropoli sono diventate i nodi strategici delleconomia internazionale. Si determina cos una polarizzazione della popolazione urbana, da un lato crescono le componenti privilegiate, formate da dirigenti e professionisti ad alto reddito, ma dallaltro declina la classe media e crescono invece le fasce di lavoratori manuali necessarie al funzionamento delle citt (manutenzione delle strutture pulizie, riparazioni e servizi alle persone lavanderie, ristoranti, collaboratrici familiari, babysitter). Queste figure, precarie e dai redditi bassi, sono fornite in gran parte dallimmigrazione, che viene attratta dalla domanda di manodopera delle economie urbane. Nella PROSPETTIVA MICROSOCIOLOGICA i fenomeni migratori sono leffetto di scelte individuali, volontarie, compiute da individui razionali e calcolatori, volte al miglioramento delle proprie condizioni di vita. Secondo una concezione neoclassica, il fattore fondamentale che produce i processi migratori sarebbe quello della redditivit del proprio capitale umano (inteso come capacit di lavoro derivante da et, salute, istruzione..), cio la possibilit che il trasferimento allestero aumenti la redditivit del proprio capitale umano. Ma non basta questo a spiegare le migrazioni, a spingere a partire, bisogna tenere conto anche di aspettative non direttamente salariali, come il desiderio di emancipazione o la protezione sociale (sistema di welfare) che la societ ospitante in grado di offrire. Allinterno dello stesso paradigma, la nuova economia delle migrazioni tenta di ricostruire uno scenario pi complesso in cui si colloca la maturazione delle decisione di emigrare, non pi solo come scelta individuale, ma come fenomeno che riguarda lintera famiglia (per esempio, si manda un componente della famiglia allestero affinch accumuli capitale da rinviare a casa). Nel tentativo di superare i limiti delle teorie precedenti, i migration studies degli ultimi ventanni hanno tentato di elaborare alcune teorie che si collocano a un livello intermedio tra micro e macro. Grande fortuna hanno riscosso soprattutto le Teorie dei network, che considerano le migrazioni come un effetto dellazione di RETI SOCIALI, di relazioni interpersonali tra immigrati e potenziali migranti. I network migratori vengono definiti come complessi di legami interpersonali che collegano migranti e potenziali migranti nelle aree di origine e destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine. proprio grazie alle reti che i processi migratori si verificano anche in presenza di condizioni di mercato sfavorevoli, esse si indirizzano verso un determinato paese piuttosto che un altro non in base a maggiori opportunit economiche ma in base a punti di riferimento creati dallinsediamento di parenti, amici, connazionali. La decisione di emigrare infatti non avviene in un vuoto di relazioni sociali. Le migrazioni, comprese quelle per lavoro, non sono semplicemente lesito di decisioni economiche basate su domanda e offerta di lavoro, ma si tratta di fenomeni di natura primariamente sociale. Le precedente esperienza migratoria di consanguinei o conoscenti, i legami stabiliti tra i luoghi di origine e di destinazione, lesistenza di reti di sostegno, catene familiari, flussi informativi appaiono fondamentali nellindirizzare la scelta dei migranti. Unevoluzione della teoria dei network rappresentata dallapproccio definito Transnazionalismo, che pone lattenzione sulla figura dei transmigranti come ponti di collegamento tra le loro societ di origine e quelle di insediamento, attraverso le molteplici relazioni di natura familiare, economica, sociale, politica, ecc. che
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intrattengono tra le due societ (assumendo identit culturali fluide). Si afferma quindi lidea di migrante come attore sociale dinamico e promotore di cambiamenti sociali, culturali, economici. Le teorie dei network tendono a enfatizzare le valenze positive delle reti sociali, trascurando la possibilit che producano effetti di intrappolamento in attivit marginali o addirittura devianti. stato proposto un ampliamento della prospettiva dei network, con una pi ampia Teoria delle istituzioni migratorie, che comprende le varie istituzioni, strutture, legami sociali che intervengono nel determinare la scelta migratoria. Le istituzioni migratorie possono comprendere imprese che reclutano lavoratori allestero, associazioni di migranti, sistemi di parentela, agenzie governative. Nei paesi riceventi importante il ruolo delle istituzioni solidaristiche e umanitarie (religiose, sindacali, non governative) sorte per tutelare alcune categorie di immigrati pi deboli, come i rifugiati, i minori, donne vittime di violenza, per accoglierle e sostenere il loro percorso di insediamento.

Una crescente enfasi viene posta da alcuni anni sulla regolazione normativa del fenomeno migratorio, che riguarda la produzione legislativa, lapplicazione delle leggi, lazione dei governi, la capacit di controllo da parte delle forze dellordine, i sistemi giudiziari. La regolazione normativa esercitata dagli stati riceventi (avviata soprattutto con il blocco delle frontiere del 73-74) ha avuto (ed ha) un peso fondamentale nel determinare le dinamiche migratorie: . in UE si inasprita la contrapposizione tra cittadini dei paesi membri, insigniti del diritto alla libera circolazione, e i cittadini esterni, la cui possibilit di ingresso sono severamente disciplinate; . nei paesi che hanno mantenuto la possibilit di immigrazione legale per lavoro, come USA, Canada e Australia, le migrazioni si sono caratterizzate molto di pi come skilled migrations, ossia come migrazione di lavoratori istruiti e professionalmente qualificati; in Europa, la Germania e altri paesi stanno seguendo questa via; . la regolazione delle frontiere ha favorito indirettamente i flussi migratori non legati al mercato del lavoro, come quelli dei ricongiungimenti familiari e delle richieste dasilo politico o umanitario; . i migranti sono andati alla ricerca di nuove destinazioni, cos i paesi dellEuropa meridionale, dotati di legislazioni meno restrittive e miranti a favorire lingresso per turismo, hanno cominciato a diventare nuove mete di flussi migratori; . la negazione della possibilit di migrazione per lavoro ha contribuito ad aggravare il fenomeno dellimmigrazione irregolare; . per rimediare agli effetti della chiusura delle frontiere e dellimmigrazione regolare sono stati messi in atto provvedimenti di sanatoria, che per esercitano effetti di retroazione sui flussi migratori, generando lidea che una volta entrati in un paese sviluppato in un modo o nellaltro sar possibile regolarizzare in seguito il proprio status giuridico. Vediamo quindi come nei fenomeni migratori concorrano numerose cause e fattori: condizioni economiche, politiche, sociali del paese di origine o di destinazione (macrosociologiche), scelte, aspirazioni, progetti di vita individuali (microsociologiche), reti di relazioni e di sostegno.

3. LINSERIMENTO NEL MERCATO DEL LAVORO Dall800 fino alla crisi del 73-74, con andamenti non lineari, il fabbisogno di manodopera stato sempre un fattore promotore di immigrazione. Anche oggi, pur nella problematica situazione economica attuale, le economie dei paesi pi avanzati continuano ad aver bisogno di lavoratori, che attraggono dai paesi pi poveri. La figura centrale dei fenomeni migratori stata storicamente e ancora rimane quella del lavoratore che attraversa le frontiere per cercare lavoro allestero.

Il rapporto tra immigrati e mercato del lavoro stato analizzato in sociologia attraverso tre prospettive: liberale assimilazionista, strutturalista, della nuova sociologia economica. Lapproccio liberale e assimilazionista, sviluppato in America a partire dagli anni 30 nellambito della Scuola di Chicago, ha una concezione ottimistica: gli immigrati al loro arrivo si collocano sui gradini pi bassi della stratificazione sociale occupando i lavori pi sgraditi, ma con il tempo si inseriscono nella societ, ne apprendono la lingua e la cultura fino a diventare difficilmente distinguibili dalla popolazione nativa, parallelamente salgono nella scala sociale, lasciando ai nuovi arrivati i lavori pi ingrati. (Assimilazione come processo inevitabile e individuale). Lapproccio strutturalista, contro lottimismo dellapproccio liberale, riconosce che le societ riceventi hanno bisogno di immigrati ma non per questo sono disposte a trattarli in modo paritario e a dar loro effettive possibilit di avanzamento e promozione sociale, anzi hanno linteresse a confinarli in ambiti svantaggiati e subalterni del mercato del lavoro. Gli immigrati formano una massa di lavoratori deboli, sfruttabili; a loro toccano sempre i lavori non qualificati, a basso salario, collegati a uno status sociale basso, senza possibilit di avanzamento. Essi li accettano perch, a differenza dei lavoratori nativi, per loro il lavoro non ha connotazioni sociali, non serve a conferire stima e identit, ma solo un modo per guadagnarsi da vivere. Riprendendo la concezione della segmentazione del mercato del lavoro, il sistema occupazionale si articola in nicchie e livelli poco comunicanti tra loro, occupati in maniera separata da nativi e immigrati. Le posizioni degli immigrati si diversificano internamente, con grandi differenze per esempio tra le nazionalit, ma restano largamente concentrate a livelli inferiori (questo processo contribuisce alla formazione di minoranze etniche escluse e marginalizzate, in cui gli immigrati sono vittime di un doppio svantaggio: sono tra gli esclusi della societ ma vengono anche visti come la causa dei problemi). Entrambe le prospettive sono messe in discussione da tendenze attuali dellimmigrazione, come la richiesta di immigrati istruiti e professionalmente qualificati (che confuta lidea dellimmigrazione come condizione di svantaggio nel mercato del lavoro sia che sia temporanea visione liberale- o duratura visione strutturalista), e la crescita di protagonismo degli immigrati attraverso le reti di solidariet a base etnica e il passaggio al lavoro autonomo. Ai fenomeni migratori vengono applicati concetti e approcci della nuova sociologia economica, che propone lidea di una costruzione sociale dei processi economici, secondo la quale i comportamenti economici subiscono linfluenza di legami sociali, appartenenze culturali, relazioni interpersonali. Viene elaborato, a questo proposito, il concetto di embeddedness, ovvero di radicamento dellazione economica in contesti sociali che la favoriscono, modellano, vincolano in vario modo. Lazione economica degli immigrati rappresenta uno degli esempi pi chiari di costruzione sociale dei processi economici.

IMMIGRAZIONE NEL SUD EUROPA Il fatto pi rilevante nella mappa migratoria europea degli ultimi decenni stato il cambiamento di status dei paesi mediterranei da aree di partenza ad aree di destinazione. A partire dalla met degli anni 70 e soprattutto nei 90, i flussi migratori si sono diretti non pi soltanto verso i paesi dellEuropa centrosettentrionale, ma anche verso i paesi meridionali, Spagna e Italia soprattutto. Si trattato di unevoluzione improvvisa e spontanea dei flussi di ingresso che ha colto questi paesi impreparati ad assumere il loro nuovo ruolo di societ ospitanti. Questi nuovi flussi migratori sono stati caratterizzati da un alto grado di irregolarit
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e clandestinit dei nuovi arrivi, anche per effetto delle regolamentazioni restrittive, dalla carenza di politiche di integrazione che hanno generato marginalit sociale e stereotipi stigmatizzanti nei confronti dei gruppi immigrati, concentrazione in occupazioni precarie e sottopagate. Negli ultimi anni, nellEuropa meridionale i mercati del lavoro sono stati interessati da una serie di trasformazioni dei sistemi occupazionali (terziariarizzazione, flessibilizzazione, informalizzazione), accanto a tali trasformazioni troviamo strutture economiche tradizionali, come per esempio la presenza, pi diffusa rispetto al Nord, di lavoro autonomo e piccole imprese, la diffusione delleconomia sommersa, il ruolo importante del settore agricolo e turistico. Pugliese ha parlato in proposito di modello mediterraneo di immigrazione. Bisogna per ricordare che in Italia il lavoro degli immigrati assume connotazioni diverse nelle diverse regioni e che le trasformazioni menzionate sono presenti anche nei paesi del nord Europa. Agli immigrati toccano prevalentemente i lavori delle 5 P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati, penalizzati socialmente. Lavori ancora necessari alle economie sviluppate, ma che non trovano pi una risposta nellofferta dei lavoratori nativi. Assistiamo a un paradosso del mercato del lavoro immigrato, cio il contrasto tra la negazione ufficiale del fabbisogno di manodopera immigrata e un utilizzo endemico e diffuso di questo lavoro nelle nicchie delleconomia informale e negli ambiti pi sgraditi delleconomia ufficiale. In mancanza di politiche esplicite di reclutamento, ci pensano gli immigrati stessi, attraverso le reti migratorie, a promuovere larrivo di nuova manodopera. Da che cosa nasce la domanda di lavoro immigrato? Perch le societ sviluppate hanno bisogno di lavoratori immigrati per occupare le posizioni pi basse? Se guardiamo alleconomia del nostro paese, con alti tassi di disoccupazione giovanile e femminile, si potrebbe pensare che dal punto di vista quantitativo lofferta di lavoro interna potrebbe bastare, tuttavia i lavoratori autoctoni hanno imparato a coltivare aspirazioni pi elevate, e i sistemi di welfare (particolarmente nellEuropa del nord) e la protezione familiare (particolarmente nellEuropa del sud) facendo da ammortizzatori sociali e fornendo una certa tutela alle persone prive di occupazioni contribuiscono ad innalzarne le aspettative e la selettivit. Per cui per quei settori occupazionali che non trovano risposta nei lavoratori autoctoni vengono colmati dagli immigrati.

Sono state messe a confronto le migrazioni delle societ industriali classiche (della fase dello sviluppo industriale del dopoguerra, 1945-1973) e le migrazioni contemporanee (inserite nel critico contesto economico attuale, definibile postfordista). Migrazioni delle societ industriali classiche: I flussi partivano dallEuropa meridionale e dalle ex colonie verso lEuropa centrosettentrionale. Gli immigrati erano inizialmente, per lo pi, maschi, giovani, poco istruiti, mentre le donne arrivavano in un secondo momento per i ricongiungimenti familiari. I settori di inserimento erano quello dellindustria, miniere, agricoltura. Si trattava di occupazioni regolari, inserite nellambito delleconomia ufficiale. Le politiche migratorie si basavano sulla gestione preventiva degli ingressi, con accordi internazionali tra i paesi per la fornitura di manodopera, quindi limmigrazione rispondeva a una richiesta esplicita. Migrazioni delle societ postfordiste: I flussi partono dallEuropa orientale e dai paesi extra-europei (Africa, Asia, Sud America) in direzione di tutta lEuropa occidentale. Si rileva un aumento delle quote di popolazione istruita tra gli immigrati, e cresce anche la presenza delle donne come primomigranti. I settori di inserimento sono soprattutto il basso terziario, le piccole imprese, lagricoltura. frequente il ricorso al lavoro irregolare, non tutelato, nelleconomia sommersa. Non vi una domanda esplicita di manodopera immigrata nei paesi riceventi, per se ne verifica un ampio utilizzo formale e informale. Limmigrazione quindi autonoma e autopropulsiva, non risponde a una esplicita domanda. Le politiche migratorie messe in atto fanno un frequente ricorso alle sanatorie con legalizzazioni a posteriori, e prevedono visti di ingresso per lavoratori qualificati e stagionali.

Il caso italiano. Come gli altri paesi euromediterranei, lItalia si trasformata, nellarco di circa 20 anni, da paese di emigranti in meta di ingenti flussi migratori. Questa trasformazione ha colto di sorpresa le istituzioni pubbliche, gli attori politici e la societ nel suo complesso. Anche in Italia limmigrazione diventata una componente imprescindibile per il funzionamento di diversi settori: - lindustria. Una struttura industriale ancora consistente, ma basata in larga misura su piccole e medie imprese, operanti nei settori dellindustria leggera che in altri paesi sviluppati hanno subito un drastico declino (tessile e abbigliamento, calzature, legno e mobili, ceramica). Questi settori richiedono lavoro operaio e comportano condizioni di lavoro insalubri e gravose; - ledilizia, i servizi turistici e alberghieri, la raccolta di prodotti agricoli, che richiedono grandi quantit di lavoro immigrato ma hanno per lo pi carattere stagionale; - il terziario urbano. Gli immigrati lavorano soprattutto in: pulizie, ristorazione, piccoli trasporti, manutenzioni, movimentazione merci, facchinaggio, tutte attivit modeste ma importanti per il funzionamento quotidiano delle citt; - specialmente le donne immigrate sono assunte dalle famiglie per svolgere compiti domestici e di assistenza alle persone (per integrare la scarsa presenza del welfare statale). Sono presenti in Italia profondi squilibri territoriali, che affiancano regioni con tassi di disoccupazione tra i pi alti dEuropa e regioni con situazione di quasi piena occupazione e anzi carenza di manodopera per alcune mansioni. Nel passato la carenza di manodopera nel nord veniva compensata dalle migrazioni interne provenienti dal Mezzogiorno. Oggi vari fattori (aumento dei livelli di istruzione, protezione familiare, opportunit di lavoro nelleconomia sommersa) hanno diminuito le migrazioni interne per lavori operai, che restano quindi per gli immigrati. Pluralit di modelli territoriali Il paesaggio del lavoro immigrato nel nostro paese non uniforme. Si possono distinguere, in relazione alle marcate differenze territoriali, quattro principali modelli territoriali di impiego del lavoro immigrato: 1. quello dellindustria diffusa. Gli immigrati trovano lavoro come operai nelle piccole imprese nelle provincie, nelle regioni dellItalia settentrionale e in parte centrale. Questo lavoro operaio insediato nelle aree di provincia costituisce una differenza tra il caso italiano e gli altri paesi europei, dove il lavoro degli immigrati molto pi metropolitano e terziario, o legato a edilizia e agricoltura; 2. quello delle economie metropolitane. Soprattutto a Milano e Roma, ma anche nelle altre grandi citt, gli immigrati trovano lavoro nel basso terziario e nelledilizia, nelle attivit meno qualificate e pi precarie, e le donne nellassistenza alle famiglie e alle persone. Nelle citt si manifesta in particolare il passaggio al lavoro autonomo, che pu assumente manifestazioni diverse; 3. quello delle attivit stagionali nel sud. Attivit instabili, precarie, irregolari nel sud, legate allagricoltura, allindustria turistico-alberghiera, alledilizia, ma anche allassistenza. In generale il sud rimane unarea di primo insediamento e di passaggio verso altre destinazioni; 4. quello delle attivit stagionali nel centro-nord. Assume un carattere pi regolare. Esemplare il caso del Trentino-Alto Adige, che ricorre ogni anno a un ingente numero di permessi di ingresso per lavoro stagionale, destinato allagricoltura nel Trentino e allindustria alberghiera in Alto Adige.

IMMIGRAZIONE ED ECONOMIA SOMMERSA Il lavoro degli immigrati spesso svolto al di fuori delle regole legislative e contrattuali, nellambito delleconomia sommersa. In Italia, leconomia sommersa ha radici profonde e una diffusione endemica. Lavoro nero ed economia sommersa sono quindi preesistenti allarrivo degli immigrati, tuttavia questi proprio per le loro caratteristiche rappresenta un bacino di reclutamento favorevole per i datori di lavoro che vogliono assumere in nero, sono una forza lavoro che ha necessit e urgenza di lavorare e che spesso non ha i documenti necessari per accedere al mercato del lavoro ufficiale. Per non si deve credere che leconomia sommersa sia totalmente separata da quella ufficiale, in realt i due settori spesso si intrecciano (ad esempio, unimpresa perfettamente in regola pu appaltare le pulizie a unimpresa del settore che per contenere i costi impiega lavoratori a nero).

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Si possono distinguere 3 ambiti del lavoro immigrato irregolare: 1. lavoro dipendente, vi rientrano: - il lavoro occasionale e stagionale (tipicamente il lavoro bracciantile non regolarizzato) - lavoro semicontinuativo (uno stesso datore di lavoro chiama il lavoratore periodicamente, per soddisfare fabbisogni periodici, tipico nelledilizia e nel settore alberghiero) - lavoro stabile e continuativo (assomiglia a un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma viene svolto in nero) 2. lavoro indipendente - auto impiego (svolto senza regolari licenze e autorizzazioni, tipicamente il commercio ambulante abusivo o semiabusivo) - inserimento promozionale (creazione di piccole imprese proprie, tipicamente imprese etniche a gestione familiare) 3. lavoro coatto - lavoro coatto in aziende (vi rientrano le prestazioni di lavoro dipendente a cui gli immigrati sono costretti, in genere dai loro connazionali, per debiti contratti al momento del loro ingresso nel paese, con forme di pressione e ricatto, spesso una forma di paraschiavit) - lavoro coatto nella prostituzione (spesso dietro la prostituzione di donne straniere vi una rete di sfruttamento e di costrizione che parte dal paese di origine e si dirama in Italia). Nellincontro tra sistema economico italiano e lavoro immigrato assumono un ruolo importante le istituzioni solidaristiche, un complesso di attori sociali (sindacati, volontari, associazioni, istituzioni ecclesiastiche, servizi locali come sportelli e uffici per limmigrazione) che, sopperendo alla scarsa azione delle istituzioni pubbliche, svolgono un ruolo di intermediari nel processo di inclusione degli immigrati nelle societ italiana. La domanda di lavoro incontra lofferta immigrata attraverso due canali: le reti informali create dagli stessi immigrati, e lazione di istituzioni solidaristiche che, intrattenendo vari rapporti con le reti sociali locali, favoriscono lincontro tra domanda e offerta. In un mercato del lavoro come quello italiano, fatto di piccole imprese, spesso il reclutamento avviene soprattutto attraverso le conoscenze personali e dirette, questo da un lato penalizza gli immigrati in quanto esclusi dalle reti sociali della societ ospitante, ma una volta che riescono a penetrare in un segmento del mercato del lavoro vi si inseriscono efficacemente proprio grazie alle reti sociali migratorie.

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4. LE RETI SOCIALI
Spesso gli immigrati di una certa nazionalit si concentrano in un determinato settore o svolgono la stessa occupazione. Questo una conseguenza dellazione delle reti migratorie: sono i legami sociali che producono lincontro tra domanda e offerta di un determinato tipo di lavoro, attraverso i rapporti interpersonali che diffondono le informazioni sui posti disponibili, attraverso lappoggio di parenti, amici e persone conosciute. Funziona cos anche per i lavoratori autoctoni, ma per gli immigrati i fattori relazionali sono ancora pi decisivi, poich essi non hanno per esempio la possibilit di partecipare a concorsi pubblici e hanno difficolt a far valere i propri titoli di studio conseguiti in patria. Le loro reti di conoscenze nel paese ospitante si limitano nella maggior parte dei casi al circuito di parenti e connazionali. Gli ambiti in cui gli immigrati gi insediati sono in grado di introdurre i nuovi arrivati sono quelli in cui gi lavorano essi stessi, in cui si sono fatti conoscere e di cui dispongono di notizie su posti vacanti e opportunit. cos che si formano catene di contatti e conoscenze che conducono a colonizzare determinate nicchie occupazionali. Si parla a tal proposito di specializzazione etnica, intendendo appunto la concentrazione di lavoratori immigrati in determinati ambiti occupazionali, ed un effetto delle reti. Ricordiamo la definizione di reti migratorie come complessi di legami interpersonali che collegano migranti e potenziali migranti nelle aree di origine e destinazione, attraverso vincoli di parentela, amicizia e comunanza di origine. Nella letteratura internazionale, soprattutto anglosassone, si parla frequentemente di reti etniche come sinonimo di reti migratorie, si parla poi di specializzazioni etniche quando le reti di connazionali si insediano in maniera significativa in una determinata nicchia del mercato del lavoro. Nellambito americano ha avuto una certa diffusione anche il concetto di enclave etnica, che indica una concentrazione residenziale di una popolazione immigrata, con la formazione di imprese e istituzioni proprie (scuole, chiese, giornali, banche). La costituzione di enclavi etniche vere e proprie rara, invece un fenomeno abbastanza diffuso nelle grandi citt la formazione di quartieri connotati etnicamente, soprattutto nei paesi con storie di immigrazione pi antiche (si pensi a Chinatown, Little Italy). Questo fenomeno pu assumere valenze diverse, pu determinare unesperienza di isolamento e ghettizzazione della comunit immigrata, ma pu essere anche un arricchimento del panorama della vita urbana sotto il profilo dellofferta culturale, commerciale, intrattenimento. Lo studio delle reti migratorie un modo per osservare come le relazioni sociali intervengono a strutturare lazione economica. Lazione delle reti sociali una delle pi notevoli forme di costruzione sociale dei processi economici. Nei contesti economici contemporanei, linfluenza delle reti sociali pervade il reclutamento delle forza lavoro, per lo meno nelle piccole imprese. Questo per ha una conseguenza: le assunzioni operate attraverso le reti di contatti sociali, cio per conoscenza, fanno abbassare la probabilit che le imprese trovino i lavoratori pi adatti e che i lavoratori trovino loccupazione che meglio risponde alle loro capacit. In questo modo ogni impresa ha accesso soltanto a una frazione dei lavoratori che potenzialmente potrebbero occupare il posto offerto, cos come ogni lavoratore ha accesso soltanto a una frazione dei posti di lavoro che potrebbe teoricamente occupare. Le reti migratorie svolgono diverse funzioni: canalizzano informazioni, forniscono un punto di riferimento per i nuovi arrivati, aiutano nella ricerca del lavoro e dellalloggio, realizzano opportunit di incontro e socializzazione, offrono sostegno emotivo. Tuttavia lazione delle reti non sempre positiva: laiuto fornito non sempre disinteressato, ma possono anche instaurare rapporti di sfruttamento ai danni dei nuovi arrivati e coinvolgerli in circuiti devianti. Lo stesso sostegno nella ricerca del lavoro concorre a intrappolare gli immigrati in nicchie collocate ai livelli inferiori del mercato del lavoro. Lazione delle reti migratorie, e anche di altre istituzioni sociali volte a favorire linserimento degli immigrati, tanto pi importante quanto meno incide la regolazione pubblica e statale. In Italia, per gli immigrati, le reti migratorie rappresentano il primo e principale punto di riferimento al loro arrivo, nel loro percorso di inserimento e adattamento, e nellaffrontare tutti i problemi. Questa funzione di sostegno, esercitata in modo spontaneo e informale dalle reti sociali, occupa gli spazi lasciati vuoti dai poteri pubblici nella promozione di processi di integrazione economica e sociale dei nuovi arrivati. Si parla di reti di mutuo aiuto tra immigrati.
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Tratti specifici delle reti migratorie rispetto ad altre reti sociali: Si tratta di reti pi concentrate ed esclusive di quelle della popolazione autoctona. Di solito ognuno di noi partecipa a diverse cerchie sociali: di appartenenza familiare, lavorative, amicali, di vicinato, ecc., siamo inseriti in pi reti di relazioni. Per gli immigrati invece queste varie cerchie tendono a coincidere. Le rete familiare (pi o meno allargata ai connazionali) anche il luogo in cui si trascorre il tempo libero, dove si trova sostegno, dove si trova lavoro, ecc. Per gli immigrati sono preponderanti i legami forti, quelli basati sui vincoli familiari e di amicizia, mentre sono molto meno tenui i legami deboli, basati sulla semplice conoscenza o frequentazione occasionale. Ma in realt proprio di questi legami che avrebbero bisogno per uscire dallambiente ristretto della famiglia e trovare una maggiore integrazione nella societ ospitante, e uscire dai livelli pi bassi (lavorativi e non solo) in cui vengono relegati gli immigrati. Questa una delle cause delle concentrazione di determinati gruppi immigrati in determinati settori lavorativi. Le specializzazioni etniche sono insieme effetto e causa di questi processi.

Funzioni svolte dalle reti etniche. La loro azione di supporto si esplica in diversi ambiti: accoglienza e sistemazione logistica, ricerca di lavoro subordinato, aiuto in caso di autoimprenditorialit (con capitali e collaborazioni per le imprese etniche), approvvigionamento di informazioni tramite il passaparola, supporto sociale (per i molteplici problemi..malattie, sfratti, incidenti), sostegno emotivo e psicologico (attraverso la frequentazione dei connazionali gli immigrati recuperano e conservano la loro identit culturale, trovano un aiuto nellaffrontare lo stress della lontananza da casa, la solitudine, i problemi di comunicazione, il senso di emarginazione e inferiorit percepito nella societ ospitante). Occorre precisare che linfluenza delle reti sociali varia a seconda delle situazioni individuali e delle diverse fasi del percorso migratorio. Normalmente il loro apporto pi decisivo nelle prime fasi del processo di insediamento e nel caso di persone sole senza famiglia. Il ricongiungimento familiare e ladattamento alla societ ospitante (si impara la lingua, si impara a muoversi nella societ) riducono la dipendenza dalla rete sociale dei connazionali. Il legame con le reti pi importante per gli immigrati meno qualificati, chi invece cerca di inserirsi in posizioni qualificate difficilmente potr contare sulle modeste risorse che parenti e connazionali possono fornire. Un altro aspetto da considerare che le reti migratorie contribuiscono anche ad alimentare fenomeni microimprenditoriali. Quando una comunit immigrata si stabilizza in un paese ospitante, sorge la domanda di prodotti e servizi specifici (si pensi a negozi etnici, ristoranti, centri telefonici, macellerie islamiche..). Limprenditorialit etnica trova impulso nella presenza di immigrati e vi trova anche forza lavoro (poich assumono i propri connazionali). Le reti migratorie non hanno soltanto valenze positive. Possono limitare la mobilit individuale, rafforzare la segregazione occupazionale, coinvolgere i partecipanti in attivit devianti. Bench lazione delle reti possa avere conseguenze indesiderabili, senza di esse i processi di integrazione degli immigrati sarebbero pi ardui e incerti. Molti esiti dipendono in realt dalla disponibilit di altri dispositivi di inclusione e promozione sociale degli immigrati nelle societ riceventi, nonch dalle modalit di organizzazione e funzionamento delle reti stesse.

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5. IL LAVORO INDIPENDENTE
Il passaggio al lavoro autonomo rappresenta nei fenomeni migratori delle societ contemporanee la novit di maggiore rilievo. Gruppi minoritari, socialmente marginali nelle societ ospitanti, spinti dal bisogno e dallaspirazione alla mobilit sociale, sviluppano una propensione per il lavoro autonomo e limprenditorialit. In America settentrionale il fenomeno ha gi una consistente tradizione, ma anche in Europa il tasso di lavoro autonomo degli immigrati sta crescendo. Il fenomeno non si manifesta in modo uguale in tutti i paesi e per tutte le nazionalit di immigrati, esistono infatti profonde differenze tra i contesti locali e tra i diversi gruppi nazionali, alcuni pi di altri riescono a sviluppare esperienze di imprenditorialit. Diversi studi hanno cercato di individuare le ragioni di tali diversit in fattori e caratteristiche interne alle popolazioni immigrate: Teoria culturale: alcuni gruppi etnici sono pi propensi di altri alle attivit commerciali e al lavoro autonomo per una questione culturale, di valori condivisi, background psicologico, religioso, socioculturale. Teoria dello svantaggio: quella del lavoro autonomo una scelta di ripiego contro la difficolt di accedere al mercato del lavoro normale. Quindi minoranze svantaggiate per la scarsa padronanza della lingua, con un capitale educativo poco spendibile, soggette a forme di discriminazione nellaccesso al lavoro, tenderebbero a rifugiarsi, in mancanza di meglio, in attivit indipendenti. Teoria della mobilit bloccata: lautoimprenditorialit sarebbe una risposta alla discriminazione incontrata non tanto nellaccesso al lavoro subordinato quanto nelle possibilit di carriera e avanzamento. Quindi gli immigrati passerebbero al lavoro indipendente perch nel mercato del lavoro dipendente non riescono ad avanzare in maniera corrispondente al loro livello di istruzione o alle loro aspirazioni. Qui il lavoro indipendente ha un valore positivo, al contrario delle teoria dello svantaggio. Teoria delle middleman minorities: si tratta di quei gruppi etnici che hanno storicamente ricoperto nel mondo il ruolo di minoranze dedite ad attivit commerciali (si pensi agli ebrei, agli indiani in Sudafrica, ai cinesi in Tailandia). Condividono alcune caratteristiche: sono migranti che non si insediano in maniera permanente, si concentrano in determinate attivit e settori, dedizione al lavoro, alto grado di solidariet interna con la formazione di comunit molto organizzate e chiuse in s stesse, resistenti allintegrazione. Teoria della successione ecologica: la piccola borghesia impegnata in attivit indipendenti sopravvive mediante il reclutamento di piccoli imprenditori dalle classi pi basse, cos quando in un quartiere i pi anziani operatori nazionali cominciano ad uscire dallattivit e non trovano successori, nuovi lavoratori indipendenti sorti dalle fila della popolazione immigrata tendono a prendere il loro posto. Teoria delle enclave: per enclave si intendono delle aree in cui si realizza unelevata concentrazione di imprese fondate da stranieri. Gruppi di immigrati si concentrano in una determinata dislocazione spaziale e organizzano imprese, destinate a servire prima il mercato interno del gruppo , soprattutto per prodotti specifici difficilmente reperibili allesterno, poi la popolazione esterna generale. Integrazione tra teoria culturale e teoria dello svantaggio: non tutti i gruppi svantaggiati si mostrano ugualmente intraprendenti, ci che fa la differenza allora la disponibilit di risorse collettive. Quindi alcuni gruppi immigrati hanno sviluppato tassi di imprenditorialit pi alti perch hanno potuto disporre di particolari risorse.

Negli anni pi recenti si sviluppata una maggiore attenzione alle connessioni dellimprenditoria immigrata con i sistemi economici delle societ ospitanti, quindi limprenditoria immigrata sarebbe legata alle trasformazioni delle economie postindustriali e al funzionamento delle metropoli (che di fatto incoraggiano la proliferazione di piccole imprese). Nelle metropoli della globalizzazione economica si generata una diffusa domanda di lavoro povero, sia nei servizi alle imprese, sia nei servizi alle persone e alle famiglie. La penetrazione degli immigrati in questi ambiti, non solo come salariati ma anche come lavoratori autonomi, favorita dalla diminuzione di iniziativa imprenditoriale da parte dei nativi, attratti da occupazioni pi sicure e socialmente elevate.

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I costi dellintraprendenza. Aspetti critici del fenomeno: Sfruttamento della manodopera femminile. Lavvio di attivit imprenditoriali nelle societ ospitanti resta unesclusiva prevalentemente maschile, mentre le donne sono relegate spesso a essere la manodopera impiegata nellattivit a gestione familiare, lavoratrici non retribuite o sottopagate, sottoposte a ritmi e condizioni di lavoro pesanti. Pertanto alla base di molte imprese di immigrati vi sarebbero relazioni di genere basate sulla disuguaglianza e sullo sfruttamento delle donne. Condizioni di lavoro. Soprattutto nei settori labour intensive come labbigliamento, basato sulla lavorazione per conto terzi, si rilevano: lavoro a domicilio illegale, impiego di immigrati irregolari, condizioni di lavoro malsane, utilizzo di minori, assenza di controlli statali. Lavoro protratto e problemi familiari. Tipicamente i lavoratori autonomi immigrati si sottopongo a una vita di duro lavoro, le attivit immigrate lavorano molto di pi di quelle autoctone con orari di lavoro prolungati, che hanno inevitabilmente ripercussioni sulla qualit della vita familiare. Costi per la societ pi ampia. Limprenditoria immigrata con il suo lavoro a basso costo e con tali forme di sfruttamento rischia di abbassare le condizioni di impiego del lavoro anche allesterno, condizione lazione sindacale, inibisce la formazione di una coscienza di classe.

Il caso italiano. Nelleconomia italiana il lavoro autonomo molto radicato, molto pi che negli altri paesi avanzati. Per tanto tempo lispirazione a mettersi in proprio ha rappresentato per molti italiani il principale canale di mobilit sociale, gli immigrati si inseriscono quindi in un ambiente economico e culturale con una radicata tradizione di lavoro autonomo. Daltro canto per il massiccio insediamento di operatori italiani nel settore rappresenta per certi versi una barriera allingresso di lavoratori autonomi stranieri, ostacolando linserimento di nuovi attori (per esempio, il settore dei taxi in molte metropoli occidentali un tipico campo di insediamento di lavoro indipendente immigrato, in Italia non avviene per via delle leggi molto severe nella concessione delle licenze). probabile che riescano a inserirsi pi facilmente nelle attivit pi sgradite e meno redditizie, gradualmente abbandonate dagli operatori italiani. Dal punto di vista legislativo, la legge quadro del 98 ha liberalizzato la possibilit di avviare ditte individuali aprendo cos le porte allimprenditoria immigrata. Inoltre, anche in Italia, nonostante la relativa giovinezza dellimmigrazione, cominciano a crearsi delle comunit immigrate insediatesi stabilmente nelle nostre citt, con le relative conseguenze, ovvero i ricongiungimenti familiari, il consolidamento delle reti migratorie e la creazione di mercati etnici, con la domanda di servizi, negozi, attivit connotati etnicamente. Si sviluppa appunto una domanda che a cui da risposta limprenditoria immigrata. Nel nostro paese, ancora difficile per gli immigrati qualificati vedere riconosciuti i propri titoli di studio e le competenze professionali pregresse, il fenomeno delle skilled migrations praticamente sconosciuto, pertanto lavvio di attivit indipendenti sembra essere lunica possibilit per coloro che cercano un avanzamento sociale.

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6. LE DONNE MIGRANTI
Un aspetto rilevante dei fenomeni migratori contemporanei laumentato protagonismo e presenza delle donne. aumentato il numero delle donne che emigrano non solo come ricongiungimenti familiari, ma anche che emigrano da sole, per cercare lavoro in un altro paese, al pari degli uomini. Donne come primomigranti che vengono poi raggiunte dai familiari. La presenza delle donne aumenta anche tra i rifugiati e i richiedenti asilo, e anche nel traffico dei esseri umani, soprattutto a sfondo sessuale. Le donne migranti sono, pi degli uomini, vittime di processi discriminatori nelle societ riceventi, tanto che si parla di una doppia, tripla e a volte anche quadrupla discriminazione. Sono doppiamente discriminate in quanto donne e in quanto immigrate. Alla discriminazione per genere e razza, se ne aggiunge una terza, quella di classe, poich spesso si trovano in condizioni sociali ed economiche svantaggiate. Il quarto attributo che aggrava la condizione delle donne immigrate sarebbe il colore delle pelle. A proposito delle discriminazione per razza, occorre sottolineare che esiste una gerarchizzazione delle donne immigrate nelle societ riceventi, tale per cui le famiglie autoctone preferiscono come collaboratrici familiari donne originarie di determinati paesi mentre rifiutano di assumerne altre per via di una nazionalit sgradita. Le donne africane di colore sono generalmente oggetto di discriminazione, per in Italia come in altri paesi, alcune nazionalit si sono inserite stabilmente nel settore domestico-assistenziale, cos capoverdiane, eritree e somale, pur essendo di colore, trovano da anni lavoro nelle famiglie italiane. Invece, le albanesi, bench bianche ed europee, sono state per molto tempo non accettate, a causa della cattiva reputazione del loro gruppo nazionale. Al vertice della gerarchia delle preferenze vi sono le filippine, che hanno solitamente salari migliori e lavorano nelle famiglie pi agiate. Naturalmente si tratta di stratificazioni fluide e mobili, non fisse, ma che cambiano nel tempo e nei luoghi. Per quanto riguarda la discriminazione per classe sociale, bene ricordare che molte donne immigrate provengono dalla classe media, hanno conseguite nel loro paese un livello di istruzione alto, ma lesperienza migratoria schiaccia verso il basso il loro capitale umano. Per quanto riguarda le possibilit occupazionali, le donne immigrate sono nella maggior parte dei casi relegate al lavoro domestico-assistenziale, con qualche estensione nelle imprese di pulizie e nel settore alberghiero. Per le donne immigrate laccesso al mercato del lavoro ancora pi difficile che per gli uomini. Seguendo un clich paradossale, le donne immigrate sono la parte pi accettata della popolazione migrante, quella che suscita meno timori e resistenze, quella che trova pi facilmente lavoro (sebbene sempre relegato ad attivit domestiche) e alloggio. Tuttavia, qualunque sia il loro livello di istruzione, le esperienze professionali pregresse, le competenze e capacit, viene loro offerto esclusivamente impiego come collaboratrici familiari, in mansioni di cura delle casa o assistenza alle persone. Una domanda di lavoro femminile cos caratterizzata in campo domestico-assistenziale congruente con il modello familistico di welfare, tipico dei paesi mediterranei. Il sistema di protezione sociale italiano basato essenzialmente su aiuti monetari, sotto forma di pensioni, e meno su servizi pubblici alle persone e alle famiglie, rispetto ai paesi del nord Europa. In questo modo alle famiglie, ed in particolare alle donne, vengono delegati i compiti di cura, che altrove sono assunti dagli apparati pubblici. A questo si aggiunga lentrata nel mercato del lavoro extradomestico delle donne sposate. Limpiego di collaboratrici familiari, e in maniera crescente di donne immigrate, risponde quindi a queste nuove esigenze delle famiglie autoctone, nellaiutare le famiglie e le donne italiane a reggere i carichi domestici e assistenziali. Tre profili professionali del lavoro domestico-assistenziale: Assistente a domicilio per anziani, il pi faticoso, vengono richieste prestazioni di tipo assistenziale e parasanitario, si richiede non solo occuparsi dello stato di salute e pulizia della persona, ma anche compagnia e sostegno emotivo. richiesta la coabitazione, e quindi senza orari, anche di notte e nei giorni festivi. In questo segmento del mercato larghissimo limpiego di donne immigrate in condizione irregolare. Collaboratrice familiare fissa, al servizio di famiglie abbienti. Il lavoro in questo ambito solitamente meno pesante, ma non meno costrittivo per lautonomia personale e la vita privata, poich richiede la
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coabitazione. La qualit del rapporto di lavoro dipende dallatteggiamento dei padroni di casa. Vi sono casi sia di lavoro in nero che regolare. Colf a ore. Il vantaggio quello di non dover convivere con i datori di lavoro e di acquisire autonomia personale, si pu avere una propria casa e vivere con la propria famiglia. Si avvicina di pi a un normale lavoro, diminuisce per la convenienza economica per via della necessit di provvedere al vitto e alloggio. Inoltre richiede una certa capacit di muoversi nella societ ricevente, per questo spesso unevoluzione degli altri due lavori. Viene infatti svolto con maggiore frequenza da donne in possesso di permesso di soggiorno e insediate in maniera stabile nella societ ricevente. Molto diffuse restano invece le irregolarit contrattuali e retributive (lavoro non messo in regola).

La relativa facilit nel trovare occupazioni di questo genere ha come contrappunto la grande difficolt a uscirne per inserirsi in attivit pi qualificate. Stando alle statistiche, non sono rari poi i casi di sfruttamento del lavoro femminile nellambito domestico, che vanno dalla violazione degli obblighi contrattuali, fino ad abusi e prepotenze, stabilendo forme di lavoro servile (soprattutto quando la lavoratrice non ha un permesso di soggiorno, e il datore di lavoro pu approfittarne con forme di ricatto). Spesso occupazioni che a noi appaiono dequalificate come quella della collaboratrice domestica, sono viste invece dalle donne immigrate come veicolo di emancipazione. Una volta arrivate fanno il confronto con la povert e larretratezza dei contesti da cui provengono, con la soggezione a rapporti patriarcali e la mancanza di autonomia. Lindipendenza economica che acquisiscono con il salario che guadagnano diventa una prima forma di promozione sociale. Spesso migrare anche un modo socialmente accettabile di sottrarsi a matrimoni infelici e alla soggezione a mariti e padri, guadagnando lindipendenza e lautonomia. Anche le stesse migrazioni maschili si riflettono in un aumento dellautonomia femminile, poich in assenza dei mariti emigrati, le donne rimaste in patria assumono la guida della famiglia. Le migrazioni femminili sono pi dipendenti da ragioni familiari di quelle maschili, e anche il fatto che il denaro guadagnato dalle donne viene mandato a casa per aiutare la famiglia ne innalza lo status e contribuisce ad aumentare la loro autonomia ed emancipazione. Inoltre la donna nelle comunit immigrate, anche quando relegata nelle sfera domestica e familiare, assume un ruolo fondamentale e di protagonismo, che quello di assolvere le funzioni di mediazione culturale. Sono principalmente le donne che, attraverso la gestione dei legami sociali, tengono viva la cultura del gruppo etnico di appartenenza, con la conservazione di abitudini e usi, la trasmissione ai figli di valori culturali e il mantenimento delle pratiche religiose. Le donne migranti sono protagoniste anche nei rapporti con la societ ospitante, e promotrici di processi di integrazione. Sono le donne che a tutti gli effetti fanno degli immigrati una comunit allestero, intessendo relazioni sia allinterno che allesterno.

Un aspetto emergente delle dinamiche familiari quello delle FAMIGLIE TRANSNAZIONALI, in cui i genitori vivono in paesi diversi da quelli dei figli. Il fenomeno diventa importante quando sono soprattutto le madri che emigrano, lasciando i figli a casa, con i padri o con i nonni. oggetto di interesse lo sforzo che le madri migranti devono affrontare per mantenere il rapporto con i figli: viaggi frequenti, uso di tutti i mezzi di comunicazione, diverse pratiche di cura familiare a distanza, risorse economiche inviate. Si ridefiniscono, si sopprimono i tradizionali ruoli familiari. Si possono distingue tre diverse forme di migrazione familiare: Ricongiungimenti familiari, attuati dalluno o dallaltro coniuge. Alla chiusura delle frontiere europee per limmigrazione per lavoro, i ricongiungimenti sono diventati il principale canale di ingresso per i nuovi immigrati.
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Migrazioni per matrimonio, che comporta quindi la formazione di nuove famiglie. Tipico era il caso in passato delluomo celibe emigrato sposava una donna del suo paese di origine spesso tramite sensali e la conduce con s nel paesi ospitante. frequente ancora oggi in alcune componenti delle popolazioni immigrate in Europa cercare uno sposo o una sposa del proprio paese di origine. Migrazioni di intere unit familiari, pi tipico dei rifugiati che degli immigrati per lavoro.

Sei percorsi di costituzione del nucleo familiare: - Percorso al maschile, il pi tradizionale e diffuso, in cui luomo emigra per primo, trova lavoro e casa e prepara il terreno per larrivo di figli e moglie, - Percorso al femminile, la donna parte per prima e promuove larrivo di marito e figli, - Percorso neocostitutivo, la famiglia si forma nel paese ricevente, con un partner incontrato sul posto o fatto venire dal paese di origine, - Percorso simultaneo, i coniugi o lintera famiglia si trasferiscono nello stesso momento, - Percorso monoparentale, uno solo dei genitori emigra, - Percorso delle famiglie miste, formate da partner di origine diversa.

Il ricongiungimento un fattore di normalizzazione della presenza degli immigrati, il cui profilo sociale e demografico tende cos ad avvicinarsi a quello della popolazione autoctona. La presenza delle famiglie, di donne e bambini, aumenta la domanda di servizi sanitari, scolastici, abitativi nei paesi riceventi. Un paradosso che limmigrazione pi accettata, quella familiare, quella che ha pi ripercussioni sulla societ ricevente, e pi costosa sotto il profilo economico, rispetto a quella dei lavoratori adulti, che pur essendo pi conveniente invece meno accettata socialmente.

Unaltra importante dimensione dei fenomeni migratori rappresentata dai matrimoni misti. Nel nostro paesi, come in altri, la grande maggioranza delle unioni miste legano un uomo nativo con una donna straniera. Queste unioni vengono viste come un veicolo di integrazione. interessante lanalisi delle motivazioni che spingono le persone immigrate a contrarre matrimonio con un partner autoctono. Tipologie di matrimonio: - di convenienza, finalizzato ad acquisire uno status giuridico che consenta di rimanere nel paese o a migliorare la propria condizione economica, - facilitatore, per accelerare linserimento nella societ di accoglienza, - riparatore, in seguito alla nascita di figli, - elettivo, di natura affettiva, - intellettuale, finalizzato a conoscere laltra cultura, - negoziato, combinato con un servizio di intermediazione, - per motivi culturali, rappresenta un modo per rompere con la propria famiglia di origine e mettere in discussione i valori tradizionali di origine, tipico delle donne.

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7. I FIGLI DELLIMMIGRAZIONE
La formazione di una nuova generazione scaturita dallimmigrazione rappresenta un nodo cruciale nei fenomeni migratori, segna il passaggio da migrazioni inizialmente vissute come esperienze provvisorie a insediamenti definitivi, con la trasformazione da immigrazioni per lavoro in immigrazioni di popolamento. Inoltre un fattore di trasformazione delle societ riceventi. Ricongiungimenti familiari, nascita dei figli, scolarizzazione, incrementano i rapporti tra gli immigrati e le istituzioni della societ ricevente, producendo un progressivo processo di integrazione dellimmigrato. Nel bene e nel male, la nascita e la socializzazione dei figli dei migranti inevitabilmente producono uno sviluppo delle interazioni, degli scambi, comportando delle trasformazioni nella societ dei paesi in cui avvengono. Nella definizione di seconde generazioni rientrano diverse categorie: dai figli nati e cresciuti nella societ ricevente, ai figli ricongiunti che arrivano nel nuovo paese gi cresciuti, con alle spalle un processo di socializzazione nel paese di origine, ai figli delle coppie miste. I diversi casi (minori nati in Italia, ricongiunti in base alle diverse et, giunti da soli, rifugiati, per adozioni internazionali, figli di coppie miste) comportano situazioni socioculturali e problematiche educative diverse. La questione delle seconde generazioni cruciale rispetto alla ridefinizione dellintegrazione sociale nelle societ riceventi. In generale le seconde generazioni sono spesso viste come fonte di problemi per le societ riceventi. La loro socializzazione in contesti sviluppati le rende meno disponibili della generazione dei genitori a sobbarcarsi i lavori umili che questi accettavano, mentre laccesso alle opportunit migliori rimane difficile e spesso precluso. Il problema si pone quindi non perch i figli degli immigrati non siano culturalmente integrati, ma al contrario, proprio perch cresciuti in contesti occidentali hanno assimilato gusti e aspirazioni dei loro coetanei autoctoni, e come loro tendono e rifiutare le occupazioni subalterne che i loro genitori accettavano. Il problema che nonostante questo spesso continua ad essere difficile anche per loro lingresso nel mercato del lavoro qualificato, da ci, da questa dissonanza tra socializzazione culturale riuscita ed esclusione socioeconomica, possono originarsi fenomeni di esclusione sociale, devianza, opposizione alla societ ricevente. Riguardo al processo di inclusione delle seconde generazioni nella societ ricevente, si sono confrontate diverse visioni: Strutturaliste, diffuse in ambito europeo, sottolineano la persistente discriminazione sofferta anche dai figli degli immigrati, nellambito educativo e occupazionale, Neoassimilazioniste, pi tipiche dei paesi extraeuropei sviluppati, rilevano come i processi di assimilazione avvengano inevitabilmente sotto il profilo linguistico, lavorativo, matrimoniale, scolastico, Altre visioni si situano in una posizione intermedia tra le due precedenti. In questo ambito stato elaborato, con riferimento alle citt americane, il concetto di downward assimilation, per indicare lassimilazione verso il basso dei giovani immigrati allinterno dei comunit marginali. Succede che i giovani immigrati si trovano a crescere nei ghetti urbani insieme ad altre minoranze svantaggiate, come la popolazione di colore pi povera, acquisendo una convinzione di una discriminazione insuperabile da parte dalla maggioranza autoctona e lidea dellinutilit di ogni sforzo di miglioramento sociale. Si alimenta cos una cultura oppositiva, che comporta il rifiuto di norma e valori della societ maggioritaria. In questa visione viene proposto anche il concetto di assimilazione segmentata, che coglie il diverso grado di successo raggiunto dalle diverse minoranze immigrate, nel contesto americano. I diversi gradi di successo ottenuti in ambito scolastico e lavorativo da giovani appartenenti a diverse comunit immigrate sono stati collegati con il ruolo delle famiglie di origine, in termini di rafforzamento dellidentit comunitaria e di investimenti educativi. Le seconde generazioni ottengono migliori risultati scolastici dei genitori, livelli di istruzione pi alti con conseguente miglioramento degli esiti occupazionali e dello status economico conseguito. Esistono per notevoli differenze tra le diverse componenti etniche, gli asiatici ottengono i risultati migliori, superando addirittura i bianchi a volte, mentre i messicani restano pi indietro nellistruzione, non ottenendo progressi rispetto alla generazione precedente. Molte minoranze incoraggiano un tipo di assimilazione definita acculturazione selettiva, che consiste nellapprendere la lingua e la cultura americana ma mantenendo anche la lingua, la cultura, i valori della famiglia di origine. Questa forma di acculturazione conduce a unintegrazione pi efficace.
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In ogni caso il destino delle seconde generazioni mediato dalle istituzioni sociali che incontrano nei processi di socializzazione, prima di tutto famiglia e scuola. La famiglia la prima istituzione di socializzazione e ha un ruolo fondamentale nel determinare i processi di inserimento dei figli nella societ ospitante. Nei casi di ricongiungimenti familiare, spesso i figli sono affidati alle madri appena arrivate, mentre i padri vanno a lavorare, con scarse competenze linguistiche e ridotta capacit di movimento nella societ ospitante. ovvio che madri fragili socialmente sono un sostegno precario per il processo educativo dei figli e linserimento nella societ. Gli immigrati di seconda generazione, grazie alla frequenza della scuola, si vengono a trovare ben presto in una situazione di pi avanzata integrazione culturale nella societ ricevente rispetto ai genitori. Quindi in una situazione di tensione tra ubbidienza ai genitori che perpetrano i loro valori tradizionali e maggiori capacit di interazione e movimento nella societ ospitante, viene messo a soqquadro il rapporto genitori-figli nelle famiglie immigrate. Esiti problematici sono: - il rovesciamento dei ruoli, attraverso il quale i figli grazie alla migliore conoscenza della lingua assumono delle responsabilit nellaiutare i genitori nel contatto con la societ ospitante, accompagnandoli dal medico, nei rapporti con gli uffici pubblici, ecc. Questo rischia di indebolire lautorit dei genitori e la loro funzione di guida nella crescita dei figli; - la perdita di autorevolezza e capacit educativa dei genitori, superati dai figli per dimestichezza, socializzazione, capacit di movimento nella societ; - la tensione nei confronti della trasmissione di modelli culturali della societ di origine (il conflitto tra il mantenimento delle tradizioni e lassimilazione della nuova cultura); - le problematiche di genere, in merito soprattutto ai processi di emancipazione femminile che possono essere visti come pericoli per i valori patriarcali tramandati da molte culture.

La seconda istituzione di socializzazione la scuola, vista come luogo fondamentale in cui si determinano le basi per lintegrazione o le premesse per lemarginazione, e quindi come possibile trampolino di lancio per la promozione sociale o meno. In generale giocano un ruolo importante: - le risorse e gli atteggiamenti della famiglia nel promuovere la carriera scolastica dei figli. Il livello di istruzione dei genitori influisce sul livello di istruzione che raggiungeranno i figli. - il funzionamento del sistema scolastico della societ ricevente, con il suo grado di apertura nei confronti degli alunni con un background linguistico e culturale diverso, con le sue capacit di cogliere e trattare le diversit culturali e predisporre misura di accoglienza e sostegno per i figli degli immigrati.

La condizione delle seconde generazioni dunque ambigua, in bilico tra appartenenza ed estraneit. Si possono individuare tre traiettorie generali che le seconde generazioni possono seguire: - lassimilazione tradizionalmente intesa (lavanzamento socioeconomico si accompagna allacculturazione nella societ ricevente e abbandono dellidentit etnica minoritaria), - la confluenza negli strati svantaggiati delle popolazione (con scarse possibilit di fuoriuscita da una condizione di esclusione, marginalit, disoccupazione), - lassimilazione selettiva (la conservazione dei tratti identitari minoritari rielaborati ed adattati al nuovo contesto diventa una risorsa, un arricchimento per il proprio capitale umano e facilita i processi di inclusione),

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8. LA REGOLAZIONE DELLIMMIGRAZIONE
Le politiche pubbliche in materia di immigrazione si dividono in due grandi categorie: le politiche migratorie rivolte alla regolazione dei flussi migratori e al controllo dellingresso nel territorio di cittadini stranieri, le politiche per gli immigrati, che riguardano la gestione dei rapporti con la popolazione immigrata, gli approcci e le misure per la sua integrazione nella societ ricevente. -------------------------------------------Negli ultimi anni la questione del controllo e della regolazione delle migrazioni diventata di grande attualit. In passato, fino agli anni 70, erano i paesi di partenza che cercavano di ostacolare lemigrazione dei propri cittadini per non perdere manodopera e risorse per lesercito, a partire dalla fine del 900 invece sono stati i paesi mete di migrazioni a chiudere le frontiere per bloccare i flussi migratori in ingresso. Un paradosso degli ultimi anni il fatto che sono stati liberalizzati gli scambi finanziari, commerciali, turistici, culturali attraverso le frontiere mentre i movimenti di persone sono stati sottoposti a regimi restrittivi. Anzi sono liberalizzati a senso unico, cio avvengono in libert dai paesi ricchi ai poveri, mentre vengono ostacoli in senso inverso. La regolazione politica del fenomeno rappresenta oggi una questione di primo piano nella maggior parte dei paesi sviluppati. Nei diversi paesi si registra una similarit di azione nelle misure politiche adottate per contrastare limmigrazione, soprattutto quella irregolare (Ipotesi della convergenza). Tali misure per, in generale, vengono percepite come inadeguate dalla popolazione, scatenando il malcontento dellopinione pubblica contro i movimenti migratori (Ipotesi del divario). Ne consegue una crescente pressione nei confronti delle forze politiche e dei governi affinch adottino misure pi restrittive. Un elemento cruciale nelle politiche di regolazione delle migrazioni lorganizzazione dei controlli applicati ai migranti. Vengono distinti controlli esterni (visti, permessi di soggiorno, regole per lingresso e la permanenza, messi in atto dagli stati nazionali per governare laccesso al proprio territorio) e controlli interni (per intercettare gli immigrati che soggiornano illegalmente sul territorio). Le politiche di controllo delle migrazioni sono considerate come il luogo di mediazione tra forze di mercato, che spingono verso unapertura delle frontiere alla forza lavoro immigrata, e logiche politiche, che tendono invece a chiudere i confini e riservare servizi e diritti di protezione sociale solo ai cittadini. La regolazione dellimmigrazione oggi una questione principalmente di politica, il rapporto tra aperture determinate da motivazioni economiche e umanitarie e chiusura suggerite da motivazioni politiche, deve tenere conto di numerosi fattori: calcoli di politica estera, accordi governativi, pressione delle organizzazioni non governative e umanitarie, sicurezza e contrasto del terrorismo, opinione pubblica. Nello scenario europeo, poich tutti i paesi ammettono in un modo o nellaltro delle possibilit di ingresso legale anche per lavoro, la priorit attribuita alla repressione dellimmigrazione irregolare e alluso improprio del diritto dasilo e al traffico di essere umani. Vi una crescente collaborazione tra i vari paesi nel trovare risposte comuni al fenomeno e nellarmonizzare le procedure e le azioni da intraprendere (una politica comune in materia di visti, incremento dellefficacia delle procedure di espulsione, coordinamento dei controlli alla frontiera, repressione del traffico di persone e del favoreggiamento dellingresso clandestino). Gli stati dellUE hanno convenuto sullo sviluppo di una politica comune concernente le migrazioni illegali, il controllo dei confini esterni, il rimpatrio dei immigrati senza documenti, la cooperazione con i paesi di origine. Nonostante la politica di chiusura portata avanti dai governi europei, continuano le spinte allapertura delle frontiere per esigenze economiche. I fabbisogni delleconomia continuano in un modo o nellaltro ad imporsi, alimentando cos i flussi migratori. Risulta quindi che gli sforzi dei governi per controllare le migrazioni hanno dei limiti strutturali, che dipendono dai mercati, da fattori che inducono la partenza nelle societ di origine, dal ruolo delle strutture intermediarie che favoriscono i trasferimenti con le reti migratorie. I governi appaiono quindi deboli, condizionati e contraddittori nella loro azione.
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Le ragioni del limitato successo degli sforzi politici per regolare le migrazioni: solo raramente i governi dei paesi riceventi intervengono sul complesso di fattori che operano nei paesi di origine favorendo lemigrazione, la regolazione dellimmigrazione spesso una risposta a breve termine formulata sotto la pressione dellopinione pubblica, le popolazioni immigrate insediate stabilmente rappresentano a loro volta un importante fattore nei processi migratori complessivi contribuendo a produrre nuova immigrazione, lapplicazione di politiche restrittive verso certe categorie di stranieri pu interferire con altri importanti obiettivi politici, come lapertura al turismo internazionale o scambi culturali, pu cozzare con i valori etici delle societ democratiche.

Tutti i paesi europei ammettono qualche forma di immigrazione per lavoro, oltre ai ricongiungimenti familiari e allaccoglienza dei rifugiati. Per le possibilit di ingresso legale disponibili si collocano ai due estremi opposti della struttura occupazionale: si tratta di autorizzazioni per lavoro stagionale, soprattutto in agricoltura e settore turistico, o di lavoratori ad alta qualificazione, nei settori tecnologici. Le restrizioni hanno riguardato anche il diritto dasilo e la possibilit dingresso per ragioni umanitarie. Canale che stato sempre pi utilizzato da quando sono state ristrette le possibilit di immigrazione per lavoro. Soprattutto negli anni successivi alla caduta dei regimi comunisti dellest-Europa e alle guerre balcaniche, lUE stata interessata dallarrivo di una grande popolazione di rifugiati politico-economici. I paesi sviluppati, in base agli accordi internazionali, non possono respingere chi proviene da paesi politicamente instabili, colpiti da guerre o disordini sociali, questo ha provocato la crescita di una vasta popolazione di rifugiati di fatto, tollerati per ragioni umanitarie ma senza concrete possibilit di lavorare, studiare e integrarsi nelle societ ospitante. Negli ultimi anni sono state varate misure atte a ostacolare lingresso nei paesi maggiormente presi di mira per lingresso, al fine di far diminuire le richieste dasilo e rendere pi restrittive le procedure per ottenerne lo status. Nonostante gli sforzi dispiegati per controllare le frontiere e gli spostamenti delle persone attraverso i confini, un certo numero di individui riesce a entrare illegalmente. In molti paesi si manifesta lesigenza di varare dei provvedimenti per regolarizzare la presenza di immigrati irregolari. Molte democrazie occidentali non riescono a fermare limmigrazione irregolare e sono costrette a ricorrere periodicamente a provvedimenti di sanatoria. I motivi di tutto ci sono riconducibili a diversi fattori: La convenienza economica, gli immigrati irregolari sono comunque una risorsa per il sistema economico e sociale, perch proprio per la loro mancanza di diritti li rende flessibili, e quindi appetibili per il sistema economico (da sfruttare in nero!) Lattivismo delle reti migratorie, che favoriscono larrivo e linsediamento degli immigrati irregolari, Il liberalismo delle democrazie occidentali, che si fanno garanti delle tutela dei diritti civili non possono attuare quei provvedimenti che risulterebbero invece i pi efficaci nel contrastare limmigrazione (espulsioni di massa, pattugliamento armato delle frontiere, criminalizzazione degli immigrati irregolari, ecc.). Per diventare pi efficienti dovrebbero diventare meno liberali. I costi economici di politiche repressive pi efficienti e la difficolt di attuare procedimenti di espulsione nei confronti di immigrati provenienti da paesi con i quali non si ha accordi per la riammissione degli espulsi. Produzione istituzionale dellillegalit, introdurre misure restrittive nellimmigrazione legale indirettamente incentiva il fenomeno illegale.

In Italia, come negli altri paesi, il percorso tipico dellimmigrato il seguente: dopo un ingresso avvenuto nella maggior parte dei casi per vie legali, di solito con un visto turistico, un periodo pi o meno lungo di soggiorno irregolare e di lavoro in nero, seguito dalla possibilit di regolarizzazione del soggiorno e del lavoro. Tra economia sommersa, solidariet etnica e aiuti delle istituzioni solidaristiche umanitarie, gli immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno riescono a sopravvivere in attesa di un provvedimento di sanatoria che gli permetta di regolarizzare la propria posizione. I provvedimenti di sanatoria in Italia:
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hanno un carattere collettivo e di massa, mentre in altri paesi in cui le regolarizzazioni sono provvedimenti individuali concessi caso per caso hanno ricorrenza periodica e scadenze ravvicinate (in media una ogni tre anni). Questo produce lidea distorta e pericolosa che lItalia sia un paesi in cui se si riesce ad entrare, pur illegalmente, non mancano le opportunit di impiego nelleconomia sommersa e nel giro di qualche anno relativamente facile ottenere un permesso di soggiorno.

Contraddizione intrinseca: gli immigrati, per poter ottenere e conservare lo status di regolari, devono avere unoccupazione stabile, ma il mercato li richiede proprio per colmare esigenze relative a lavori instabili e precari.

9. POLITICHE PER GLI IMMIGRATI


Le politiche per gli immigrati riguardano gli approcci e le misure per la loro integrazione nelle societ riceventi. Sono stati individuati tre modelli di inclusione degli immigrati: Temporaneo. Limmigrazione vista come un fenomeno temporaneo, subordinata a provvisorie esigenze del paese ricevente, soprattutto esigenze di manodopera, con la prospettiva di farli tornare nel proprio paese dorigine una volta finta e colmata lesigenza. Non ammesso il ricongiungimento familiare. (Modello tedesco passato). Assimilativo. Lorientamento delle politiche verso una rapida omologazione, anche culturale, dei nuovi arrivati. Apertura allingresso di nuovi immigrati, a patto che aderiscano alle regole e alla cultura delle nazione ricevente. Gli immigrati sono per tanto destinati a diventare cittadini. Le istituzione puntano allintegrazione (Modello americano passato). Pluralistico. Punta a costruire unorganizzazione sociale di tipo pluralistico, valorizzando e sostenendo la formazione di comunit e associazioni di immigrati con politiche multiculturali (Modello di Canada e Australia, Olanda).

Il caso italiano caratterizzato dal fatto di essere entrato recentemente a far parte dei paesi di immigrazione e in maniera improvvisa e inconsapevole. Larrivo e linsediamento degli immigrati stato infatti spontaneo, non derivante da politiche di reclutamento di manodopera n da misure di programmazione degli ingressi, vi stata e vi una scarsa regolazione istituzionale, le misure legislative hanno affrontato il problema pi a posteriori (con sanatorie) che a priori, senza precederlo e governarlo. Gli attori locali (amministrazioni locali, volontariato, associazionismo) hanno un ruolo importantissimo nelle iniziative di accoglienza, a fronte invece di una scarsa presenza delle istituzioni pubbliche nazionali. Linserimento lavorativo degli immigrati contraddistinto in larga misura dallinformalit e dalla precariet. Il diffuso attivismo di reti spontanee di mutuo aiuto tra connazionali non si accompagna tuttavia a uno sviluppo di strutture associative formali e istituzioni proprie come scuole, giornali, sindacati (come avviene invece in altri paesi di pi lunga tradizione di immigrazione). Si nota una opposizione dilagante e fenomeni di chiusura dellopinione pubblica nei confronto degli immigrati, a causa di una diffusa percezione di mancanza di una funzione economica positiva degli immigrati e della clandestinit dilagante. Per lItalia si parla infatti di un modello implicito di inclusione degli immigrati, privo di misure efficaci ed importanti da parte delle politiche ufficiali (che assumono solo misure solo parziali ed emergenziali). La legge Bossi-Fini del 2002 ha introdotto regole pi restrittive per gli ingressi e per le possibilit di soggiorno degli immigrati; da un lato lidea di base quella di ammettere lavoratori stranieri in maniera temporanea limitatamente a specifiche esigenza economiche, per i vincoli introdotti rendono complesso e difficile per i datori di lavoro il reclutamento di nuovi lavoratori immigrati. Contemporaneamente, la sanatoria per gli immigrati irregolari che hanno trovato lavoro rende ambiguo latteggiamento delle istituzioni: esclusi per principio dallingresso legale, i lavoratori immigrati sembrano essere ammessi attraverso la porta di servizio del lavoro irregolare e dei successivi provvedimenti di sanatoria. -----La questione degli immigrati riguarda naturalmente i criteri di attribuzione della cittadinanza. Possiamo distinguere in proposito quattro criteri di accesso alla cittadinanza: - Per discendenza: (diritto di sangue), per essere cittadini di un determinato paese occorre essere figli, o almeno discendenti, di persone originarie di quel paese. Particolarmente radicata in quei paesi, come lItalia, che hanno una lunga storia di emigrazione verso lestero, nellintento di mantenere un legame
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con i propri cittadini sparsi nel mondo incoraggiandoli a mantenere lidentit nazionale e al rientro in patria; Per matrimonio: sposando un cittadino di un paese se ne acquista la stessa cittadinanza, in modo quasi automatico; Per nascita: (diritto di suolo), la nascita sul territorio di un paese permette di chiederne e in alcuni paesi di ottenere automaticamente la cittadinanza; Per residenza: si ottiene la cittadinanza dopo un periodo di residenza fissa nel paese.

Si sta verificando nei paesi occidentali un processo di convergenza che combina diritto di sangue e diritto di suolo, verso maggiori opportunit di naturalizzazione. Agli immigrati residenti da lungo tempo, anche quando non vengono naturalizzati, sono generalmente riconosciuti garanzie e diritti maggiori rispetto ai nuovi arrivati, per esempio di solito hanno titoli di soggiorni pi stabili e difficilmente revocabili. In alcuni paesi, come la Svezia, possono votare ed essere eletti nelle elezioni amministrative. In altri paesi, come lItalia, si comincia a discutere delle possibilit di concedere il diritto di voto in ambito locale. La questione riguarda il fatto che gli immigrati sono lavoratori che risiedono stabilmente, ma che vengono esclusi dai processi decisionali. Agli immigrati che lavorano regolarmente vengono riconosciuti diritti sociali, come assistenza sanitaria, pensionistica, antinfortunistica, i figli hanno accesso allistruzione pubblica, hanno naturalmente diritti civili (libert di parola e opinione, diritto a ottenere giustizia), ma non diritti politici. (Il fatto di non poter votare rende deboli e pi difficili da tutelare i diritti degli immigrati, a fronte delle pretese di priorit e di esclusivit avanzate dai residenti-elettori.) Il concetto di cittadinanza, in particolare nei confronti del concetto in straniero-immigrato, comprende: - lappartenenza a uno stato, che comporta il diritto a risiedere sul territorio e a entrarvi e uscirvi liberamente; - lemancipazione, ossia la possibilit di contribuire alle decisioni pubbliche; - la dotazione comune, ossia laccesso a servizi e benefici garantiti dai poteri pubblici; - la standardizzazione, ossia la condizione di eguaglianza tra i cittadini. La presa di coscienza dellesclusione dai diritti politici ha indotto a individuare alcune possibili forme di partecipazione politica indiretta, messe in atto tramite associazioni etniche o miste e organizzazioni sindacali. Gli immigrati, pur privi di rappresentanza politica diretta, possono incidere sulle scelte politiche delle societ riceventi e promuovo i propri diritti e interessi. Queste associazioni posso agire facendo pressione sulla formazione dellopinione pubblica e occupandosi della tutela delle persone vittime di discriminazione e ingiustizie. Lassociazionismo immigrato cresciuto in importanza negli ultimi anni, assumendo svariate funzioni, dalla rappresentanza politica, alla promozione culturale, alla fornitura di servizi. Le politiche nazionali forniscono un inquadramento per i processi di integrazione degli immigrati nelle societ riceventi, ma spetta poi agli enti locali sviluppare misure ed interventi specifici a livello locale. In Italia, per quanto riguarda le politiche sociali rivolte agli immigrati, hanno un ruolo di primo piano le istituzioni solidaristiche, promotrici della maggior parte di provvedimenti in materia. Nel settore solidaristico a sostegno degli immigrati, si possono distinguere tre classi di organizzazioni non profit: le organizzazioni caritative, rivolte a determinate categorie di beneficiari, i gruppi di pressione, che si occupano delle tutela dei diritti, le organizzazioni di mutuo aiuto interne alle reti migratorie. Le modalit di azione dellassociazionismo nei confronti degli immigrati pu essere divisa quindi in quattro tipi: - associazionismo caritativo, caratterizzato dallaiuto diretto alle persone in difficolt, offerto su base volontaria. quello pi diffuso, parrocchie che offrono spazi alle comunit straniere per le loro attivit di aggregazione e offrono cibo e abiti, piccoli centri daccoglienza creati da associazioni locali, mense per i poveri; - associazionismo rivendicativo, o di tutela dei diritti, attivo soprattutto sul fronte della rivendicazione politica e culturale, come la lotta alle discriminazioni e la richiesta di cambiamenti legislativi; - associazionismo imprenditivo, forme di cooperative per offrire agli immigrati servizi pi complessi, come disbrigo pratiche relative al soggiorno e condizioni particolari di rifugiati, vittime di abusi, ecc;
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associazionismo promosso da immigrati, allinterno del quale si distinguono associazioni formali e reti etniche informali.

10.

DEVIANTI E VITTIME, TRAFFICANTI E TRAFFICATI

Una questione molto discussa riguarda la partecipazione degli immigrati ad attivit illegali. Nel nostro paese il tasso di criminalit degli immigrati supera enormemente quello degli italiani, ed anche pi elevata lincidenza degli immigrati sulla popolazione carceraria. (A questo proposito la presenza di immigrati nelle carceri maggiore nelle regioni settentrionali che in quelle meridionali, questo divario stato interpretato come effetto di una maggiore tolleranza nel Sud nei confronti di comportamenti devianti e come conseguenza di un maggior radicamento della criminalit locale, che lascia quindi meno spazio agli immigrati). Il problema della criminalit immigrata resta ai vertici delle preoccupazioni dellopinione pubblica. Caratteristiche del fenomeno della criminalit immigrata: . Si concentra in alcune categorie ristrette di reati, come quelli contro il patrimonio, contro la persona, reati di falsit, traffico di droga. . Si constatano forme di specializzazione di alcune nazionalit in determinati ambiti delittivi: traffico di droga per marocchini, tunisini, algerini; reati di falso per albanesi, senegalesi; furti per rumeni, serbi, croati. Queste specializzazioni per nazionalit sono anchesse effetto delle reti migratorie, che spesso concorrono a produrre un inserimento dei connazionali in attivit devianti, anzich in occupazione legali. . Una parte dei reati imputati agli immigrati dipende direttamente dalla loro condizione di stranieri dallo status incerto e precario, che vengono infatti definiti reati di immigrazione (declinazione di false generalit, resistenza a pubblico ufficiale, violazione delle leggi sullimmigrazione). . La popolazione femminile immigrata presenta un basso grado di coinvolgimento in attivit devianti. Anche in questi casi si nota lincidenza di alcune specializzazioni derivanti dai legami a base etnica, in attivit illegali, prima fra tutte la prostituzione. In generale per le donne immigrate coinvolte in attivit illecite sono per lo pi vittime di reato, piuttosto che soggetti attivi di reati, esemplificativo proprio il fenomeno della sfruttamento della prostituzione. Gli immigrati, in quanto componenti socialmente deboli sono sistematicamente pi esposti della popolazione nativa ad abusi e sfruttamento, sia da parte di altri immigrati che da parte di cittadini nazionali. A proposito della devianza degli immigrati si confrontano due scuole di pensiero: Scuola classica. Gli immigrati sono un gruppo sociale pi coinvolto della media in attivit illegali, sovrarappresentati tra i denunciati, condannati e carcerati. Questo imputabile alla loro condizione di irregolarit, dovuta allingresso irregolare, soggiorno irregolare e conseguente precariet delle condizioni di vita. Scuola critica. Considera la devianza degli immigrati come una profezia che si autoadempie: gli immigrati sono oggetto di chiusure sociali e pregiudizi, che ne ostacolano lintegrazione e ne compromettono laccesso ad opportunit di vita dignitosa guadagnandosi da vivere con mezzi leciti. La caduta nella devianza la conseguenza dellesclusione dalla societ normale.

La produzione di comportamenti devianti tra gli immigrati si correla quindi a tre fattori macrosociali: . degrado e devianza gi presenti nella societ ricevente, . politiche migratorie proibizioniste che rendo impossibile immigrare regolarmente, . affermazione di un modello sociale nelle societ riceventi che produce lesclusione sociale ed etichettatura anzich la possibilit di integrarsi. Una parte dei reati attribuiti agli immigrati derivano dalla loro condizione di stranieri e in particolare dallirregolarit del soggiorno, che li conduce a violare le leggi sullimmigrazione, a declinare false generalit, cercare di sottrarsi alla cattura, si parla in proposito di una produzione istituzionale delle
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devianza, che attribuisce quindi la responsabilit non agli immigrati ma alle societ riceventi e alle loro politiche migratorie. ---------------------------Un aspetto rilevante della devianza degli immigrati riguarda quindi la violazione delle norme che i paesi riceventi fissano per regolare lingresso e il soggiorno di stranieri nel proprio territorio. Si ricordi la differenza sostanziale tra immigrati irregolari (overstayers), clandestini e i migranti trafficati (persone che vengono costrette o convinte con inganni, ricatti, ecc, a emigrare da altri, interessati a trarne profitto o a sfruttarle una volta giunte a destinazione). Esiste una vera e propria industria dellattraversamento irregolare dei confini, sempre pi strutturata, presidiata da organizzazioni criminali, presente in tutti i paesi. Si distinguono in proposito le attivit di smuggling (il favoreggiamento della migrazioni di persone consenzienti, lo smuggler aiuta dietro compenso i clienti consenzienti a varcare le frontiere) e di trafficking (indica il pi grave fenomeno della tratta di essere umani, il trafficante fa entrare delle persone in un altro paese con linganno o con la violenza, per tenerle sotto il suo potere e sfruttarle in diversi modi, che vanno dalla prostituzione, alla mendicit, al lavoro coatto). Spesso i due fenomeni si intrecciano, e molti aspiranti allemigrazione si appoggiano a questi intermediari trafficanti, correndo il rischio di rimanere invischiati in attivit illegali. Il trafficking comprende tre stadi: . il reclutamento dei migranti nei paesi di origine, . il viaggio attraverso i confini, . linserimento nel mercato del lavoro nella societ ricevente. un fenomeno molto complesso che implica altre attivit illecite come la fabbricazione di documenti falsi, la corruzione di addetti ai controlli, scappatoie legislative, inoltre spesso di interseca con altri traffici illegali come quello di armi, droga, beni di contrabbando, denaro da riciclare. Non solo le scarsissime possibilit di ingresso legale spingono alla ricerca di altri canali per riuscire ad entrare nellOccidente, ma determinano anche conseguenze nella selezione dei partenti. Se di solito sono stati storicamente soprattutto gli individui pi capaci a decidere di emigrare, quando si tratta di attraversare illegalmente le frontiere affidandosi a organizzazioni di trafficanti, cresce la probabilit che a partire siano soggetti che non hanno nulla da perdere, disposti a tutto, senza grandi remore nei confronti della violazione delle leggi. Questo sistema quindi non lascia passare i soggetti migliori per gli interessi delle societ riceventi. Il caso pi noto di sfruttamento di immigrati fatti entrare illegalmente nel nostro paese lingresso di giovani donne straniere da immettere nel mercato della prostituzione. Anche in questo ambito particolare di scambi economici, lingresso e lespansione di offerta straniera trova un riscontro di domanda interna molto ampia. La prostituzione italiana si evoluta verso forme meno visibili e pi protette e ha lasciato scoperto il segmento di mercato pi rischioso, quello della prostituzione di strada. Cos, come in altri ambiti, il ricorso allofferta straniera ha compensato i vuoti del mercato interno. (Di pari passo con il processo di emancipazione delle donne autoctone). Anche in questo ambito si realizza una forma di specializzazione etnica, sono infatti alcune componenti nazionali ad alimentare lofferta di prostituzione, anche se con modalit diverse e legate alle reti sociali. In Italia i due gruppi pi attivi per diversi anni sono stati quello nigeriano e quello albanese. Gruppi emergenti sono quello rumeno e quello cinese. Il caso nigeriano ha una struttura organizzativa etnica di gestione del traffico, intrisa di elementi tradizionali, con una forte componente femminile. Centrale infatti la figura della Madame o Maman, sia nella fase di reclutamento delle ragazze nei luoghi di origine raggirandole con opportunit di lavoro e di guadagno, sia nella gestione dellattivit in Italia. La Madame gestisce e supervisiona lattivit delle ragazze, d loro alloggio, gestisce i guadagni, controlla i comportamenti; le Madame acquistano le ragazze facendole venire in Italia e poi vantano il diritto di rivalersi su di loro per rifarsi dei costi sostenuti. Gli uomini hanno il ruolo di controllare il territorio. Una caratteristica di questa gestione al femminile del traffico nigeriano la manipolazione affettiva, spesso la Maman non solo una padrona sfruttatrice violenta, ma anche una
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confidente, una guida, una benefattrice, diventa un modello da imitare per le ragazze che aspirano ad estinguere il loro debito e mettersi in proprio comprando altre ragazze che lavorino per loro. Il caso albanese molto pi complesso, il traffico gestito da organizzazioni criminali strutturate, con modalit di funzionamento pi violente. Le ragazze vengono spesso attirate, o addirittura rapite, da fidanzati che le vanno a cercare nei paesi di origine, convinte a partire e poi obbligate a prostituirsi con minacce e sevizie. Ragazze controllate a vista, costrette a convivere con gli sfruttatori, sottoposte a violenza. Negli ultimi anni le aree di reclutamento si sono allargate ad altri paesi dellEuropa dellEst, per cui spesso gli sfruttatori sono albanesi ma le ragazze di nazionalit diverse. Lorganizzazione albanese si spesso intrecciata con le organizzazioni malavitose italiane.

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PREGIUDIZIO, DISCRIMINAZIONE, RAZZISMO

Il pregiudizio riconducibile per alcuni aspetti a processi di categorizzazione tipici del funzionamento della mente umana: noi conosciamo classificando e generalizzando, ossia inserendo i casi singoli in categorie collettive che ci sono familiari. Il pregiudizio etnico per rappresenta una forma di generalizzazione indebita: a tutti i membri di un determinato gruppo sociale, in questo caso etnico, vengono attribuiti comportamenti e caratteristiche (soprattutto intellettuali e morali) considerati tipici del gruppo di appartenenza. Dai pregiudizi nascono cos gli stereotipi, ossia rappresentazioni rigide e standardizzate, solitamente svalutanti, che si applicano a gruppi sociali considerati collettivamente appiattendo le differenze individuali, si formano categorie collettive in cui vengono incasellati gli individui (gli zingari rubano, gli albanesi sono violenti, ma anche le filippine sono docili). Entra qui in gioco una dinamica psicosociale, letnocentrismo, ossia la tendenza a privilegiare il proprio gruppo e a ritenere che le sue norme, valori, codici di comportamento siano migliori di quelli dei gruppi esterni. Un derivato del pregiudizio etnico e delletnocentrismo la xenofoba, ossia latteggiamento di rifiuto o di ostilit nei confronti degli stranieri. Questi processi generano le forme di razzismo, caratterizzate dalla contrapposizione tra noi (gli autoctoni) e gli altri (gli immigrati), con la svalutazione e la subordinazione di questi ultimi. Lostilit razziale si acutizza in determinati contesti e gruppi sociali, ad esempio si innesca in alcune componenti della societ la paura di un declassamento e si manifesta in forme pi acute in quelle che si sentono pi minacciate dai nuovi arrivati. Ecco perch forme pi marcate di pregiudizio razziale sono pi diffuse generalmente nelle classi inferiori delle societ riceventi, cio quelle componenti della societ che sotto il profilo occupazionale e abitativo sono pi a contatto con i nuovi arrivati e desiderano distinguersi da loro. Non quindi la distanza a generare razzismo, ma la vicinanza che genera la paura del contatto e della mescolanza. Non va dimenticato per che altre forme di pregiudizio etnico sono invece tipiche delle classi superiori, come la percezione degli immigrati con minaccia per la sicurezza o per lordine sociale. Il razzismo subisce delle variazione nel tempo, cambiano ad esempio i bersagli dellostilit, spostandosi su altri gruppi etnici, di solito sui neoarrivati, mentre migliora limmagine e lo status degli immigrati gi insediati. Anche gli italiani emigrati in passato negli altri paesi sono stati spesso vittime di razzismo: in America e nellEuropa settentrionale gli italiani erano etichettati come diversi e inferiori, pregiudizi simili si trovavano anche nellItalia settentrionale nei confronti degli immigrati meridionali. Gli irlandesi al loro arrivo in America non erano neanche considerati di razza bianca, e gli italiani erano pi africani che europei. Solo quando irlandesi, polacchi, italiani in America, e i meridionali nel Nord Italia, hanno conosciuto una sufficiente mobilit sociale la percezione della differenza razziale si modificata.

Il razzismo porta a processi discriminatori. La discriminazione razziale consiste in comportamenti concreti che penalizzano singoli e gruppi in ragione di fattori come la nazionalit, la religione, lapparenza fisica.
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Definita come trattamento differenziale e ineguale delle persone a causa delle loro origini, appartenenza, apparenza fisiche, opinioni. Diverse forme di discriminazione razziale: Forme esplicite o dirette di discriminazione, che incontrano gli immigrati in misura prevalente, per esempio annunci di affitto con la precisazione che non sono accettati inquilini immigrati, il soggetto escluso da un certo rapporto economico per il solo fatto di essere immigrato o per appartenente ad una specifica nazionalit. La discriminazione una possibilit insita nel libero mercato, cio nella libert di scegliere con chi intrattenere rapporti economici. Va ricordato tuttavia che molto paesi, compreso il nostro, hanno introdotto delle leggi per proteggere gli immigrati e le minoranze etniche almeno contro le forme pi evidenti di discriminazione. Discriminazione istituzionale, insita nelle norme giuridiche. Consiste in limitazioni della possibilit di accedere a determinate occupazioni, diritti o benefici, attuata dalle istituzioni pubbliche delle societ riceventi sulla base della cittadinanza. Un esempio di discriminazione istituzionale costituito dalle norme sulla reciprocit, che concedono delle facolt ai cittadini stranieri a patto che nel paese da cui provengono le stesse opportunit siano riconosciute ai cittadini italiani. Un secondo esempio rappresentato dallimpiego pubblico, al quale pu accedere, in Italia e in altri paesi, soltanto chi gode della nazionalit (questa norma incide inevitabilmente sulla possibilit per gli immigrati di accedere a occupazioni qualificate regolate dai concorsi pubblici). Un terzo esempio costituito dalla ritrosia a riconoscere i titoli di studio rilasciati dai paesi esterni al sistema occidentale, che contribuisce anchesso ad escludere gli immigrati da occupazioni qualificate. Discriminazione implicita o indiretta, quando pratiche sociali apparentemente neutre pur adottando criteri generali di fatto penalizzano o favoriscono alcuni gruppi etnici. Ad esempio quando nel mercato del lavoro i requisiti professionali richiesti o le pratiche di reclutamento sono in teoria uguali per tutti, ma nella pratica trattano alcune componenti etniche pi favorevolmente di altre. Discriminazione statistica, frequente nel mercato del lavoro, riguarda lattribuzione a un intero gruppo sociale di atteggiamenti, caratteristiche, comportamenti, effettivamente osservabili in alcuni soggetti appartenenti al gruppo. Ne deriva un trattamento sfavorevole per le persone appartenenti al gruppo o etichettate come tali, ad esempio un datore di lavoro tende ad assumere o meno dei canditati in occupazioni gi diffusamente svolte dai connazionali (gli albanesi sono portati per ledilizia, gli indiani per le stalle..).

Lambito dei rapporti di lavoro costituisce un luogo cruciale ed emblematico dei processi di discriminazione. Possiamo distinguere tre livelli di discriminazione sul lavoro: Allingresso, gli immigrati vengono collocati in una posizione di svantaggio, relegati alla fascia inferiore delle occupazioni disponibili, associati a un certo tipo di lavori indipendentemente dal loro curriculum. Alle condizioni di impiego, le imprese tendono a non rispettare le condizioni egualitarie imposte dalla legge vigente, con disparit di trattamento da parte dei datori di lavoro. Alle prospettive di carriera

Nelle procedure di selezione del personale e negli sviluppi di carriera esercitano una grande influenza i fattori definiti le tre A: laccento (inflessione straniera nella parlata), lascendenza (la provenienza da un paese estero o da una famiglia di origine immigrata), lapparenza (laspetto fisico con riferimento al colore della pelle). Tali fattori influiscono anche sulle possibilit di impiego per le seconde generazioni.

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