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Di Nicola Palilla nicolapalilla@libero.it http://perunanuovarepubblica.blospot.

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L'Italia un'espressione geografica


( ancora un po' troppo abbozzato, per ci torner sopra) Pare che tale fu la risposta che il Metternich (una specie di Primo Ministro dell'epoca dell'impero Asburgico) diede a non so chi precisamente (forse Cavour?), quando questi sollev la questione dell'unificazione italiana. Malgrado sia bello pensarsi in termini vincenti e idealizzare la storia del proprio paese ed il suo presente conseguendo il patetico risultato di sublimare s stesso nel trionfo della Nazione bene osservare che il processo d'unificazione italiano stato tutt'altro che un'eroica cavalcata bellica. Tante volte, i caratteri genetici ossia quelli che si manifestano dalla nascita e nei primi giorni di vita sono tali che la crescita non potr deviare da un determinato indirizzo, malgrado gli sforzi rieducativi e i cambi d'organizzazione. L'Italia nacque per il compiersi di un'opera diplomatica, in funzione della quale l'atto bellico servito soltanto a far credere che non ci sono stati complotti internazionali contro alcuno e che, chi ha conquistato la libert, lo ha fatto di forza propria. C' una tendenza degli uomini a fare le cose in modo subdolo; poich, salendosi di livello, tutte le virt e i difetti degli uomini inevitabilmente si accrescono, la qualit del pensare e dell'agire in modo subdolo diventa massima nella politica dello stato. Chi ha conseguito un minimo di comprensione della politica e della geopolitica, pur non essendone uno specialista, ha capito che nel nostro mondo esistono poche potenze e tanti stati che nascono, vivono e muoiono in funzione di quelle. L'Italia ha avuto nel corso degli ultimi due secoli una grande importanza geopolitica. Se abbiamo sufficientemente il senso del realismo e la conoscenza storica; se mettiamo da parte i rimasugli culturali del nazionalismo/patriottismo ovvero ci disponiamo ad accettare di ristudiare tutto da capo (con grande umilt), piuttosto che contestare la realt solo perch mette in pericolo i nostri deboli equilibri mentali, allora potremmo vedere con occhi non velati dall'illusione o da rappresentazioni storiche, politiche e culturali trapassate 1)come lo stato unitario sia nato da un complotto internazionale antiaustriaco, 2) che nel secondo dopoguerra ha costituito il molo d'attracco delle navi nel dispositivo di sicurezza occidentale e, infine, 3) che la sua attuale situazione nonch il suo futuro prossimo da fungere da colonia/mercato di sfogo, ossia da luogo prescelto per l'espansione dei gruppi commerciali e bancari del nord-Europa. Sotto questo punto di vista, non c' alcuna differenza tra le rivoluzioni del mondo arabo e le rivoluzioni in corso nei paesi europei mediterranei, dove la cecit dei molti indotta dall'ignoranza politica e dalla presunzione intellettuale; quella presunzione che porta i nostri illustri maestri del pensiero a parlare e giudicare la realt senza nemmeno fare lo sforzo di comprenderla e

l'interesse delle lites (anche culturali) sta distogliendo l'attenzione sul fatto che la rivoluzione gi in atto e sta andando nella direzione opposta a quella auspicabile. E non voglio soffermarmi sul fatto che le rivoluzioni si fanno complottando all'ombra, corrompendo ufficiali, forze dell'ordine, politici e facendo quanto meno propaganda di una qualche teoria politica, non additando cose e persone aspettando che qualcun altro si organizzi. Per organizzare una rivoluzione ci vuole stare tra le persone, non nel chiuso della propria intellettualit: come non rendersi conto che tale superiore atteggiarsi sgombera la via alle dittature, ai monopoli e alla dipendenza? Tutto il contrario che i maestri del pensiero ammoniscono, da un alto, e preconizzano, dell'altro, si verifica sotto i loro occhi opacizzati dalla Cultura. Si diceva un tempo, argomentando contro la democrazia, che il popolo incostante, contraddittorio e non sa ci che vuole; ma io vedo molta pi confusione tra gli intellettuali che nel popolo, visto che quest'ultimo, col suo lavoro, a consentire agli intellettuali di oziare e pontificare. Se il popolo non sapesse cosa vuole, gli intelletti superiori dovrebbero andarsi a zappare la terra da soli. Nata subdolamente a tavolino che decisione di Francia, Inghilterra e ad un certo punto anche Prussia, l'Italia subordinata a quelle tanto che ancora oggi le condizioni internazionali sono la vera fonte di legittimazione della Repubblica e dei suoi governi. Nulla di cui meravigliarsi, dunque, se anche la politica dei partiti tutta contorta, poco trasparente e incapace di assumere grandi ed innovative decisioni. L'Italia non mai stata realmente indipendente. Chi alimenta ancora la credenza di un risorgimento eroico, rifletta su ci che legge e che ha studiato, specie quando costui seguendo le mode del pensiero ideologico si riempie facilmente la bocca di antiamericanismo, non riuscendo per a vedere quanto la storia dello stato unitario sia profondamente determinata da chiunque comandi nel mondo, fuorch dagli italiani stessi e dai loro interessi vitali. A ci si aggiunga, poi, la visione mistificata che abbiamo della civilt degli ariani uomini del Nord, che induce in noi stessi la credenza di essere sottosviluppati e incapaci della qualunque cosa buona e costruttiva, fino al delirio di vedere positivamente forme di colonizzazione da parte loro nei nostri confronti e senza prendersi poi la cura di osservare la contraddizione tra questo processo e i virtuosi discorsi politici che si fanno a proposito della democrazia, delle virt dei governanti, delle ragioni economiche, della rivoluzione, i quali finiscono sempre con l'essere patetici discorsi da bar anche se affrontati da intellettuali nelle sedi della Cultura. Oramai da tempo (dalla caduta della cortina di ferro e la costituzione del mercato europeo) la vera questione che muove la politica e la societ produttiva italiana, questione resa invisibile agli occhi dei pi, uno scontro tra la finanza endogena e la finanza esogena. Detto diversamente, in Europa del Nord chi ha Capitale da investire, trovando conveniente farlo in Italia, sta cercando lentamente e progressivamente di rimuovere gli investimenti nazionali per fare nuovi spazio ai propri. Poich l'Italia non una repubblica araba in mano alla dittatura di una famiglia reale di

fatto, nessuno si sogna di organizzare rivoluzioni democratiche o campagne umanitarie militari. Rendiamoci conto, infatti, che queste rivoluzioni arabe (nell'ignoranza del futuro e delle condizioni di vita che avranno le popolazioni) non hanno che lo scopo di rimuovere i capitali nazionali investiti, per forzare l'investimento dei capitali occidentali. Questo perch in Occidente, pare che non ci siano pi spazi assai lucrativi per investimenti; quindi, cosa fa l'Occidente?, va presso quei paesi non democratici, che hanno per il pregio di essere indipendenti, sovrani e culturalmente coerenti con le masse popolari (giacch contestare un governo e le sue politiche non equivale a contestare il sistema e che, presumibilmente, la gente chiede cambiamenti, non che l'Occidente li venga a trasformare in occidentali) disinveste a forza i loro capitali, per investirci i propri. Messe da parte le menate pseudo-intellettualoidi, l'imperialismo come stadio supremo del capitalismo (titolo di un'opera di Lenin) questo specifico meccanismo. La gran parte degli investimenti italiani sono pubblici o legati in qualche modo alla Chiesa Cattolica. In quest'ultimo caso, si parla di finanza bianca. L'importanza che la Chiesa Cattolica ha in Italia , molto probabilmente, pi di natura economica che culturale: Non di solo pane vive l'uomo, certo; ma il pane bisogna comprarlo con le azioni e non con la parola, bench sia del Signore. Una parte consistente, ma sostanzialmente residuale, invece maturata tra la Toscana, l'Emilia, la Romagna, l'Umbria, le Marche e prende il nome di finanza rossa, perch legata al mondo delle cooperative. Si pu supporre ragionevolmente che il processo di accumulazione del capitale sia iniziato in Italia con l'unificazione, visto che il Piemonte uscito dissanguato dalle guerre d'indipendenza (perse) e non ha trovato meglio da fare che trasferire la ricchezza del Sud al Nord, depauperando il Regno delle Due Sicilie; mentre la finanza rossa nata con l'affermazione del movimento operaio. L'Italia una grande penisola, densamente abitata, facente parte fisicamente e storicamente del mondo occidentale e quindi a questo inevitabilmente saldato; non si discute del suo patrimonio artistico e paesaggistico e delle tante e di qualit competenze professionali; ha una posizione geografica strategica. L'Italia oggettivamente una sorta di El Dorado. Possiate crederci o no, anche perch questo un discorso intuitivo non avvallato da prove, la finanza esogena ha trovato infine un grimaldello con cui entrare in Italia e farne una colonia di mercato: Silvio Berlusconi Originariamente, anche in sede internazionale, si pensava che Berlusconi avrebbe fatto ci che all'Italia era richiesto di fare: nei paesi subordinati, quando i miliardari vanno al governo, ci si attende (oppure li si messi l a posta per questo), che facciano liberalizzazioni e privatizzazioni, concedano immobili pubblici, spiagge, monumenti, isole, appaltino a imprese straniere la costruzione di autostrade, ponti, si prestino alla pulizia dei soldi. I miliardari, infatti, hanno una spontanea tendenza all'anarco-capitalismo o libertarismo, ossia a restringere le funzioni dello stato alla semplice difesa e tutela dell'ordine pubblico e dei diritti di propriet, essendo tutto il resto

di propriet privata e regolato dalle leggi dell'ordinamento civilistico e penale: scuole, sanit, previdenza, servizi di utilit collettiva. Comprimere il pi possibile lo stato, fino a farlo scomparire del tutto, il sogno dei miliardari, che per quanto anarchici, non sono affatto di sinistra. Ebbene, quando Berlusconi si mise in politica, i tanti miliardari speculatori in giro per il mondo pensavano che si sarebbe aperto un periodo di rapace saccheggio delle virt italiche, e che in Italia si sarebbero potuti fare un sacco di soldi. Quello che penso io che Berlusconi non aveva alcuna intenzione di condividere l'Italia con gli altri, volendola tutta per s e mirando ad istituire una sorta di repubblica privata. Alla lunga, Berlusconi divenuto un problema. Berlusconi, infatti, il punto di riferimento della finanza bianca in Italia, perch attorno a lui girano Comunione e Liberazione, Opus Dei, Casse di risparmio, MedioBanca, capitali criminali riciclati da lui stesso nonch dalla banche cattoliche; e, inoltre, fondazioni e societ che ruotano attorno a tutto ci e oltre. A mio giudizio, questa la ragione per cui Berlusconi potuto resistere molto: la prima potenza che cadr, quando il capitale esogeno si sar impossessato degli spazi d'investimento italiani, sar la Chiesa Cattolica. A chi vuole colonizzare l'Italia, infatti, serve fare disinvestire la finanza cattolica (che i guai di Don Verz siano collegabili a tutto ci? forse una paranoia, o forse non lo ). Nel momento in cui ci si rese conto che Berlusconi non avrebbe pensato agli amici, questi hanno ritenuto necessario liquidarlo e lo hanno fatto alleandosi con l'opposizione politica interna a Berlusconi. A quel punto, Berlusconi stato rappresentato come paragonabile ad un tiranno orientale, che non a caso si frequentava con Gheddafi, con Putin, con Erdogan e teneva intensi rapporti diplomatici e commerciali con l'Iran. Che gran cattivone...se non si considera che tutti i suoi colleghi europei e americani facevano lo stesso, senza che nessuno osasse apostrofarli per amici dei tiranni. Sia chiaro che non intendo difendere Berlusconi, bens stigmatizzare il fatto che, nello stesso momento in cui ce ne siamo liberati, avremmo dovuto pensare a salvaguardare la nostra indipendenza e la nostra sovranit, piuttosto che piegarci alle necessit della Germania. Ci, tuttavia, non avvenuto, perch nessuno ha mai posto il problema italiano in questi termini. Se la moneta unica un bene comune e l'Europa si fonda su trattati condivisi da tutti paesi membri, possibile che per uscire dalla crisi non ci siano soluzioni diverse, oltre a quella del salasso dei paesi mediterranei? Faccio un breve riepilogo, concettualizzo e concludo (finalmente!). L'Italia nata come stato unitario per un complotto anti-austriaco ordito dalle maggiori potenze europee, bench tale complotto non sia stato molto presumibilmente tramato ufficialmente. L'Italia stata strategicamente d'importanza capitale nel secondo dopoguerra nel dispositivo di sicurezza collettiva NATO, tanto che non pochi seri storici e giudici ormai in pensione (primo tra tutti Rosario Priore) non hanno problemi a formulare l'ipotesi che tutti i cosiddetti misteri italiani

siano in diretta connessione con la guerra fredda (addirittura, alcuni ritengono che l'Italia sia stato il luogo in cui la guerra fredda stata di fatto combattuta). Nel quadro internazionale, dunque, l'Italia serve sempre a qualcuno e a realizzare qualcosa. Non a caso, dopo l'unificazione, l'Italia si ritrov alleata a Germania ed Austria, perch i suoi interessi erano chiaramente in conflitto con quelli francesi ed inglesi. La sua sovranit e la sua indipendenza, quindi, sono sempre state profondamente condizionate dall'esterno. E non parliamo della cosiddetta Prima Repubblica. Non vedo per quale motivo, conseguentemente, si debba negare che la situazione attuale dell'Italia possa essere quella di un paese conteso tra italiani e stranieri (con una parte corposa di italiani a tirare la volata agli stranieri). In Italia, il mio pensiero, non abbiamo bisogno n di famiglie reali (Berlusconi) n di padroni stranieri; nemmeno sembrami ragionevole festeggiare la caduta del Tiranno, quando la conseguenza l'insediamento di un nuovo Tiranno, tra l'altro straniero. In Italia, dunque, si sta giocando una partita finanziaria di portata globale, di cui le divisioni partitiche e gli eventi politici (e giudiziari) sono semplicemente il riflesso: ogni partito, infatti, tifa per questa o quella parte in previsione dei compensi che ne ricaver, non gi per fare il bene dell'Italia. Qualcuno potr asserire che la calata degli stranieri sar cosa buona (perch loro sono pi civili e debbono insegnarci come si fanno le cose), ma io penso che senza indipendenza non ci possa essere libert. Credo che la verit di tale affermazione sia constatabile facilmente da chiunque nella vita quotidiana, in particolare da disoccupati, individui non autosufficienti, lavoratori precari, chi ha da pagare un mutuo, chi non padrone di casa sua. L'Italia, tutta intera, si appresta a divenire tristemente il Mezzogiorno d'Europa. Ancora pi triste che, quando la consapevolezza di ci sar inevitabile, i nostri dotti maestri del pensiero daranno la colpa al Sistema o al popolo, piuttosto che indicare a rea la propria presuntuosa e colta cecit.

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