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Il pulque delle popolazioni messicane

Dalle origini ai periodi coloniali


Giorgio Samorini

Triana Ediciones

Il pulque delle popolazioni messicane


Dalle origini ai periodi coloniali

Giorgio Samorini

Triana Ediciones Sevilla 1

Immagine di copertina: rafgurazione della pianta di Agave (maguey) chiamata qumetl (da Francisco Hernndez,1571-6, Historia Natural de Nueva Espaa, Libro VIII, Capitolo LXXXII)

2012 Triana Ediciones


Plaza Don Salesiano Ubaldo 9, 2B 41010 Sevilla (Espaa)

Indice
p. Il maguey e il pulque .......................................................................... 4 La preparazione del pulque ..................................................... 6 Il pulque nei periodi pre-ispanici ..................................................... 12 Associazioni simboliche .......................................................... 13 Modalit d'uso .......................................................................... 17 Aspetti mitologici ed etnostorici ............................................ 21 Usi rituali .................................................................................. 24 Il quinto pulque ........................................................................ 32 Il problema degli additivi del pulque ............................................... 35 Il pulque nei periodi coloniali ........................................................... 46 Appendici I - Mito d'origine del maguey ................................................. 53 II - La leggenda di Xchitl ....................................................... 55 III - L'ubriachezza di Quetzalcotl ......................................... 59 IV - La classifcazione dei maguey di Hernndez ................. 65 Note ...................................................................................................... 72 Bibliografa ...................................................................................... 77

Il maguey e il pulque

Il pulque un prodotto della fermentazione della linfa di alcune specie di piante succulente del genere Agave della famiglia delle Agavaceae,1 estesamente coltivate in diverse regioni del Messico. Il nome generico azteco dell'agave era metl, quello della linfa necutli, mentre quello del pulque era octli. Difusi nomi messicani sono maguey per l'agave e aguamiel per la linfa. Le numerose specie di agave sono state una fonte inesauribile di acqua, miele, bevande alcoliche, aceto, nonch di prodotti manifatturieri e medicinali, al punto che il gesuita Jos de Acosta nel 1590 (Libro IV, Cap. XXIII) descrisse il maguey come el rbol de las maravillas (l'albero delle meraviglie). E' anche vero, come scrisse Alejandro de Humboldt (1822, IV, IX), che la maggior parte dei popoli civilizzati ha ricavato le sue bevande dalle medesime piante che costituiscono la base della sua alimentazione, le cui radici o semi contengono il principio zuccherino unito alla sostanza amilacea, e tale stato anche il caso delle piante di agave nel Messico precolombiano. Le piante di maguey sono state usate sin dalla remota antichit come fonte di acqua, in particolare nelle estese aree aride del Messico, e fn verso la fne del 1800 in alcune regioni sono state l'unica fonte idrica. Durante il specie di Agave secolo XVIII alcuni villaggi messicani, fra cui Tlayacafamiglia delle Agavaceae

pan, Malinalco, San Pedro Ostotepec, si sottrassero alle tasse del maguey e del pulque imposte dal governo coloniale, dando come concreta motivazione il fatto che le piante del maguey erano ancora utilizzate in quei luoghi come unica fonte di acqua e non per la produzione di pulque (Hernndez Palomo, 1979: 4-5). Un altro utilizzo d'importanza storica del maguey fu come fonte saccarina, in quanto dalla sua linfa, fatta evaporare, si ricavava una sostanza dolciastra, di color scuro, chiamata miele di maguey, ampiamente usata nei tempi pre-cortesiani, accanto ai prodotti zuccherini gi noti a quei tempi ricavati dalle api e dalla canna da zucchero. La concentrazione di zuccheri in alcune specie di maguey raggiunge quella della canna da zucchero, ma nei tempi coloniali e in quelli successivi la loro estrazione non raggiunse mai il valore economico della canna da zucchero, per via dell'esteso utilizzo del maguey per la preparazione della bevanda inebriante del pulque. I Nahua utilizzavano tutte le parti della pianta per diversi scopi manifatturieri: dalle foglie si ricavava carta e un tessuto per vestiti, oltre ad essere impiegate come buon combustibile; dalle sue fbre rigide si otteneva un flo noto in Europa col nome di pita con cui si costruivano funi, corde e stofe; con le spine si facevano aghi, spilli e chiodi; la radice cucinata era un alimento nutriente; dalla linfa si ricavavano, oltre al pulque e al miele, un aceto e certi pani di zucchero (cfr. ad es. Motolina, Historia, III, 19, 439-448; Hernndez, Historia, VIII, LXXI). Per quanto riguarda le propriet medicinali, sia le parti della pianta che la linfa e il pulque sono stati impiegati per il trattamento di un cospicuo numero di infermit, un fatto riportato gi dai primi cronisti europei. Sahagn (XI, VII, 74) segnalava l'esistenza di una specie di maguey chiamata temetl (maguey divino), caratterizzata dall'aver gli orli delle foglie di color giallo, il cui succo delle foglie cotte era usato nella preparazione di una medicina utile per coloro che sofrivano di ricadute da malanni. In un passo successivo (XI, VII, 155) riportava che il succo della foglia arrostita del maguey giovane riposta sulle piaghe le cura, cos come la foglia del maguey seccata e macinata, mescolata con resina di pino e collocata sulle parti del corpo doloranti allieva la soferenza. Anche Hernndez (Libro VIII, Cap. LXXI) aveva riportato che le foglie cucinate e in applicazione topica favoriscono la chiusura delle ferite, curano le convulsioni e calmano i dolori fsici, mentre la linfa favorisce le regole, calma il ventre, provoca l'urina, pulisce i reni e la vescica, rompe i calcoli e lava le vie urinarie. Motolina (III, 19, 444) riportava che la foglia
molto salubre per una coltellata o per una piaga fresca, presa una foglia e gettata nelle braci ed estratto il succo cos caldo ottimo per il morso di vipera;

devono prendere da questi maguey piccoli della dimensione di un palmo e la radice che tenera e bianca ed estrarvi il succo, e mescolato col succo di assenzi di questa terra, e lavare la morsicatura, poi guarisce; questo io l'ho visto sperimentare ed essere vera medicina; ci si intende quando la morsicatura fresca.

L'uso medicinale della linfa di maguey pi difuso fra le varie popolazioni messicane era nel trattamento delle afezioni gastriche e renali (Hernndez Palomo, 1979: 12). Il pulque veniva ampiamente impiegato come liquido madre dove farvi disciogliervi i vari prodotti medicinali. Sahagn (XI, VII, 155) riportava che il maguey di questa terra, specialmente quello chiamato tlacmetl,2 molto medicinale in ragione della linfa che se ne estrae, il cui pulque viene mescolato con molte medicine da assumere per bocca. Motolina (Trat. III, 19, 440) scriveva che tutte le medicine che si devono bere sono date ai malati con questo vino; posto nella sua tazza o coppa vi gettano sopra la medicina che applicano per la cura e salute del malato. Martn de la Cruz (1552, F55r e F60r) riportava che nel pulque venivano versati i vari medicinali utili per il trattamento dei pidocchi e come lattogoghi, mentre per facilitare il parto dava la seguente ricetta: la partoriente pu bere un preparato nel pulque di sterco macinato di falco e di anatra e un poco di coda dell'animale chiamato tlacuatzin [piccolo marsupiale]. Il pulque deve essere dolce (ibid., F57v). Ancora oggigiorno il pulque viene usato tradizionalmente per scopi curativi. Guerrero (1985: 72) ha riportato che in uno dei quartieri di Itzmiquilpan, nello stato messicano di Hidalgo, vidi come a una persona punta da un ragno diedero da bere pulque con disciolto dell'escremento umano, un fatto che provoc un grande vomito, assicurando i familiari che con quello gettava via il veleno del ragno.

La preparazione del pulque


Le specie di maguey (Agave) sono numerose e non tutte sono utili per ricavarne il pulque.1 Francisco Hernndez (1571-6) ne riport 18 specie. L'areale di coltivazione del maguey pulquero si estende su tutti gli altipiani centrali del Messico, dove il terreno per lo pi argilloso, duro e poco umido. Anche nei luoghi umidi il maguey da pulque cresce rigoglioso e vi viene coltivato, ma la bevanda che se ne ricava di qualit inferiore ed chiamata in questo caso tlachique. La pianta del maguey deve avere un'et di almeno 6-10 anni (a seconda della specie coltivata e delle modalit di coltivazione) afnch produca sufcienti quantit di linfa e

una concentrazione di zuccheri del 10%. Quando raggiunge la maturit fsiologica, la pianta produce la parte sessuale: dal suo centro si erge un lungo fusto che pu raggiungere laltezza di 6-8 metri con in cima il fore; questo fusto forifero chiamato bohordo o quiote.

Pianta di Agave con il lungo fusto forifero (quiote)

Quando la pianta sta per forire le grandi foglie radicali, che sino a quel momento erano inclinate verso il terreno, si alzano e si avvicinano fra loro, mentre la parte centrale della pianta assume un colore verde chiaro e si gonfa. E' questo il momento tanto atteso per castrare (capar) la pianta con lo scopo di estrarre la linfa con la quale produrre il pulque. L'operazione viene eseguita da una persona esperta, la quale taglia le spine laterali delle foglie vicine al cuore (mexollotl), che viene quindi asportato con un cucchiaio aflato (ztetl, unghia). La parte tagliata via chiamata uovo ed usata come cibo, cotto o stufato in diversi modi; ha un sapore gradevole e leggermente amaro. Una volta castrato il maguey, si possono iniziare a raspare le pareti del foro praticato al centro per ottenere laguamiel, che viene succhiato con lacocote, una specie di zucca. Quando la linfa stata estratta, si raspa il fondo del tronco con un raschietto di metallo, ottenendo cos del materiale fbroso (carnaza) che serve da foraggio per i maiali (Guerrero, 1985: 70). I cicli lunari erano e sono tutt'ora importanti per la raccolta dell'aguamiel. La pianta viene castrata quando la luna crescente e il fusso di fuoriuscita del liquido varia a seconda delle fasi lunari.

E' stato erroneamente ipotizzato che il raccoglitore di aguamiel (chiamato tlachiquero, voce nahua che proviene da tlaxiki , raschiare il maguey), nel succhiarlo con l'acocote, contamini con la sua saliva la linfa appena succhiata, inducendo in tal modo una fermentazione di tipo insalivata; tuttavia, ad una pi attenta osservazione dell'operazione di suggere la linfa, la zucca (acocote) dalla parte del succhiatore ha una forma leggermente rigonfa che impedisce alla linfa di raggiungere le sue labbra. La zucca usata per la suzione viene fatta seccare e vengono praticati due fori alle sue due estremit; la parte estrema pi larga appoggiata alle labbra del tlachiquero, mentre a quella pi esile viene applicato un corno di toro perforato ed in tal modo inserita nel foro praticato nella pianta pieno di linfa. Il naturalista Francisco Hernndez (Libro I, Cap. XXV) descrisse la pianta dell'ococotli, in alcune regioni del Messico chiamata anche xalacotli, ofrendone un disegno e riportando che con i suoi internodi gli indios estraggono il vino di metl dalle cavit praticate nel tronco e nelle quali distilla. Una volta estratto l'aguamiel, il tlachiquero tappa con una pietra o con delle foglie della medesima pianta il foro praticato nel suo centro foro chiamato picazn onde evitare che qualche animale vi si introduca per berne la linfa. La pianta continua a produrre linfa per molto tempo (sino a sei mesi), producendone giornalmente 3-4 litri, una quantit che periodicamente raccolta dal tlachiquero (Guerrero, 1985: 70-1). In pratica, nella cavit praticata si accumula la quantit di La pianta dell'acocotli linfa che la pianta aveva preparato per far crescere (da Hernndez, I, XXV) l'enorme fusto forifero. Il pulque che inizia a fermentare, spumeggiante, chiamato itzli. A fermentazione maturata la bevanda chiamata pulque bianco, in nahua tiauctli. La raccolta dell'aguamiel eseguita mediamente due volte al giorno, una alla mattina e una alla sera; in alcuni casi si efettuano tre raccolte diarie, come riportava Humboldt (IV, IX): comunemente ogni pianta produce tutti i giorni quattro decimetri cubici di linfa, che equivalgono a 8 cuartillos,3 tre all'alba, due a mezzogiorno e tre al tramonto. Doveva apparire davvero un evento straordinario (una maravilla) alle antiche popolazioni messicane questa abbondanza di liquido prodotto da una pianta che cresce in ambienti aridissimi e pi volte rocciosi, dove l'acqua era introvabile.

Sinistra: Un tlachiquero (raccoglitore di maguey) estrae la linfa (aguamiel) dalla pianta del maguey succhiandola mediante una zucca allungata perforata (acocote) (da Guerrero, 1985). Destra: disegno di estrazione dell'aguamiel dal maguey, di Claudio Linati, 1828, Trajes civiles, militares y religiosos en Mxico, lamina 38, riportato in Hernndez Palomo, 1979, fg. 2.

La linfa viene trasportata nei luoghi di fermentazione del pulque chiamati tinacal, dove depositata in olle di argilla, tini di legno o in caratteristici recipienti di cuoio di bue montati su un supporto di legno, chiamati toros (tori). In questi contenitori viene lasciata una piccola quantit di pulque vecchio, chiamato piede o madre del pulque, in nahua xinaxtli, che facilita l'innesco della fermentazione alcolica. In breve tempo si viene a formare un pulque soave, dolciastro; con laumentare della fermentazione la bevanda acquista una maggiore gradazione alcolica, diventando un pulque forte. La pianta del maguey castrata per la raccolta della linfa destinata a morire e le sue parti seccate vengono usate per lo pi come carburante per il fuoco. Prima di morire, attraverso le sue radici la pianta fa germinare attorno a se numerose plantule (chiamate mecuate o mesontet), che vengono raccolte dai coltivatori e ripiantate in luoghi e a distanze adatte per far crescere nuove piante per le future raccolte di linfa. Ruiz de Alarcn (1629, III, I) riport una maniera superstiziosa (seguendo l'interpretatio cattolica) per il trapianto delle plantule di maguey dalle aree non coltivate ai campi coltivati. I nativi si premunivano di tabacco, che usavano in qualunque occasione rituale e a cui afdavano il compito che stavano per svolgere; quindi raccoglievano un bastone aguzzo con il quale aferravano i piccoli maguey e nel mentre rivolgevano al

bastone la seguente orazione:


Forza, che gi tempo, spiritato, la cui felicit sta nelle acque, andiamo che dobbiamo aferrare ed estrarre la stimabile donna, quella ordinata in otto, che devo andare a piantarla, voglio metterla in un luogo molto adatto e molto fertile che le ho pulito, l devo riporla dove le piacer stare e alla quale ofro la miglioria del nuovo luogo.

La pianta del maguey era chiamata la stimabile donna in riferimento a Mayhuel, la dea del maguey da cui questa pianta origin, come riportato pi avanti negli aspetti mitologici; Alarcn considerava l'ordinamento in otto come una maniera di disporre il campo coltivato in flari di otto piante, ma quest'interpretazione discutibile.4 Con la venuta degli Spagnoli e le loro tecniche di distillazione in Messico, dal pulque si inizi a distillare un liquore chiamato mezcal o aguardiente di maguey. In realt, per la produzione di mezcal si utilizzano specie di agave diferenti da quelle usate per la produzione di pulque. La combinazione di mezcal con aguamiel si chiama chinguirito o chnguere. Si beve molto nella regione del Mezquital, fra Durango e Zacatecas. Nelle piante del maguey vivono diversi animali inferiori, fra cui larve e vermi. In particolare, vivono due vermi, l'uno di color rosso (chiamato attualmente chinicuil) e l'altro di colore bianco o dorato (chiamato Tina di pulque con in evidenza la spuma anticamente meocuili), che sono utilizzati bianca prodotta dalla fermentazione come additivi, pi che altro folkloristici, del (da Herndez Palomo, 1979, fg. 5) mezcal, specie nello stato messicano di Hoaxaca, principale centro produttivo del mezcal. Nei tempi moderni a questi vermi sono attribuite propriet afrodisiache, non confermate tuttavia scientifcamente. Questi animaletti sono noti sin dai tempi pre-ispanici, come confermano le note a loro riguardo riportate da Sahagn (Historia, XI, V, 81-82) e da Motolina (Historia, III, 19, 447). Gi a quei tempi era costume tostarli, aggiungervi sale e mangiarli. Ancora oggigiorno nello

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stato di Hoaxaca sono tostati e macinati con sale, ricavandone una miscela chiamata sal de gusano, usato come condimento. In un rapporto del 1791, il naturalista Antonio Pineda riferiva dell'uso di vermi del maguey chiamati tecolio, di color carneo, che venivano a quei tempi tostati, ridotti in polvere e mescolati nel pulque; tuttavia, nel rapporto non stato specifcato n il motivo n l'area geografca di presenza di tale pratica (Wilson, 1963: 508).

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Il pulque nei periodi pre-ispanici

In lingua nahua le piante di agave erano chiamate col nome generico metl. Il vocabolo maguey sembra essere originario delle Antille; una considerazione gi presente nelle cronache del periodo della Conquista. Ad esempio, Motolina (III, XIX, 440) riportava che Metlh un albero o cardo che nella lingua delle isole si chiama maguey. Hermn Corts, il conquistatore degli Aztechi, riferiva che nel mercato di Temixtitan (Tenochtitlan) aveva visto vendere miele ricavato da certe piante che chiamano nelle altre isole maguey.5 Probabilmente maguey deriva direttamente dai termini taino meguey e magheih che designano le piante di agave.6 Per quanto riguarda l'etimologia della parola pulque, essa stata oggetto di controversie per via di un errore di inversione cronologica da parte di alcuni scrittori del passato, chiarito in seguito da Cecilio Robelo (1948: 451-4) e ridiscusso da Gonalves da Lima (1986: 13-4). Clavijero (1807: 435) aveva notato come il termine pulque fosse presente anche nella lingua araucana del Cile, dove designa una bevanda fermentata ricavata dalle mele, e la ritenne quindi originaria del sud America, pur non riuscendo a spiegare come fosse giunta presso le popolazioni messicane di lingua nahua. In realt furono gli Spagnoli a portare dal Messico questo termine in sud America. La parola pulque molto probabilmente un barbarismo dei medesimi Spagnoli, derivante dal termine azteco poliuhqui, che designava la bevanda nel suo stato avariato. La bevanda del pulque, chiamata dagli Aztechi octli o iztacoctli (vino bianco), si conserva per poco tempo e inizia ad avariarsi dopo 24-36 ore, diventando poliuhqui; i primi Spagnoli, all'udire frequentemente quest'ultimo termine, lo avranno verosimilmente considerato in maniera erronea come la parola azteca per la bevanda, trasformandolo quindi nel barbarismo pulque.

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Associazioni simboliche
Per quanto riguarda l'uso rituale e religioso del pulque, la principale fonte di informazioni l'opera di Bernardino de Sahagn, Historia General de las Cosas de Nueva Espaa, compilata nel trentennio 1547-1577, di cui qui utilizzata principalmente la versione curata da ngel Mara K. Garibay. Il pulque era utilizzato in diverse feste religiose, nei riti battesimali, nelle feste del raccolto, cos come nei numerosi sacrifci umani che si svolgevano nel corso di tutto il calendario religioso azteca. Ma non a tutti era concesso bere pulque, cos come appare chiaro, pur dai dati confusi dei primi cronisti, che v'era una rigida diferenziazione d'utilizzo di diversi tipi di pulque e conseguenti diferenti efetti inebrianti: dai pulque riserbati alla casta prelatizia, a quello specifco per le vittime umane destinate ai sacrifci, ai pulque permessi al popolo in determinati momenti collettivi. I primi cronisti spagnoli riportarono scene di ubriachezza collettive che spesso sfociavano in stati di delirio, di furore e di prostrazione, probabilmente dovuti, pi che allefetto alcolico del pulque (che di per se non supera i 4 gradi), allaggiunta alla bevanda di particolari vegetali che ne raforzavano e ne modifcavano gli efetti. Nella preparazione della bevanda erano impiegate diverse specie di maguey, riconosciute dai Nahua come maguey bianco, maguey grande, maguey divino, maguey azzurro, ecc., ciascuna delle quali produceva un tipo distinto di pulque e questa diferenziazione era destinata ad aumentare con laggiunta, come detto, dei diversi additivi e rinforzanti. Una sifatta variabilit nella qualit del pulque e nelle relative propriet psicoattive, si rispecchia nella moltitudine di divinit associate a questa bevanda. Esse corrispondono alla famiglia dei centzontotochtlin, i quattrocento conigli, i numerosi dei del pulque, che possono tutti essere individualmente denominati dueconiglio (ome tochtli); questo era il nome generico degli dei del pulque. Nella cultura nahua il numero quattrocento era impiegato come forma aggettivale indicante molti o moltitudine. Il coniglio era strettamente associato alla luna e all'ebbrezza. Come presso altre popolazioni americane, i nahua ritenevano che le macchie scure che si vedono sulla faccia della luna piena rafgurassero un coniglio. Nei Codici la luna rafgurata simbolicamente come un vaso riempito di un qualche liquido e al suo interno disegnato il pi delle volte un coniglio o, pi raramente, una piccola conchiglia o una pietra focale. Secondo la cosmogonia nahua, il coniglio fu scaraventato sulla faccia della luna da Paptzac, una delle divinit del pulque (Gonzlez Torres, 1972).

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L'associazione fra il maguey e la luna fu osservata dai tlachiqueros, i raccoglitori di aguamiel, che avevano notato una sua maggiore afuenza nei periodi di luna crescente, e quest'associazione ben evidenziata nei Codici in alcune rafgurazioni della pianta del maguey. Nel Codice Vaticano B (originario di una regione di Puebla o Tlaxcala), all'interno di un maguey disegnato un recipiente rovesciato rafgurante la luna ornato di gioielli e pieno di un liquido dove si vede un pesce che beve sul fondo del recipiente. Il liquido rappresentato Rafgurazione della luna nel quasi certamente l'aguamiel. Anche in una famosa ed Codice Vaticano B, p. 29 enigmatica rafgurazione nel Codice Borgia della dea del maguey, Mayhuel, rafgurato un pesce che succhia dal suo seno. Gonalves da Lima (1986: 134) ha interpretato la presenza di questi pesci in associazione col maguey considerando che nella peregrinazione nahua il maguey fu una fonte di sopravvivenza fondamentale come portatrice di linfa, assunta sia come bevanda che come alimento. Ma quest'interpretazione sembra essere inadeguata e la relazione fra pesce e maguey probabilmente pi profonda, sebbene resti inspiegata. Guerrero (1985: 79) ofre una considerazione che pu risultare utile per la comprensione di questa associazione simbolica. Ancora oggigiorno i conoscitori del pulque, quando la bevanda di ottima qualit, dicono che ' latte della vergine' o che ' come il latte della vergine', senza che queste espressioni siano considerate blasfeme. Si tratta di unespressione folclorica, popolare, vernacolare e anonima, appresa per trasmissione orale e trasmessa di generazione in generazione dallepoca preispanica e relativa, con tutta sicurezza, alla rappresentazione della dea Mayhuel in forma di maguey divinizzata e umanizzata, e la cui secrezione, laguamiel, fu chiamata 'latte di Mayahuel' Rafgurazione di Mayhuel che allatta un pesce, Codice Borgia, 16 per allattare un pesce, come possibile vedere nel Codice Borgia. Le piante di maguey erano viste come rappresentazioni della fgura femminile di Mayhuel. Come osservato da Ruiz de Alarcn (1629, III, I), i contadini dediti alla coltivazione del

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maguey e alla raccolta del pulque seguivano diverse superstizioni durante le varie operazioni agricole. Dopo aver praticato la castrazione per la raccolta dell'aguamiel, rivolgevano la seguente orazione al cucchiaio di rame che serviva per raschiare la cavit appena ricavata al centro della pianta:
Forza, che gi tempo, fai il tuo lavoro, chichimeco vermiglio. Forza, ora raschia e pulisci la tua opera, devi entrare nel luogo del cuore della donna una di otto in flare, fai in modo che abbia la carnagione molto pulita e lascia che pianga, che diventi melanconica e faccia molte lacrime e suda in maniera che esca un ruscello dalla femmina una di otto in flare.

L'aguamiel che fuoriesce dalla cavit considerato il pianto della donna-pianta, di Mayhuel, per via della sua uccisione causata dall'asportazione del suo cuore. Secondo Alarcn una di otto in flare si riferisce alla maniera di disporre il campo di coltivazione in flari di otto piante. Tuttavia Johansson (1996: 82) analizza un canto nahua dedicato al dio del pulque Tezcatzonctl in cui questa divinit viene aggettivata come flare di venti; una di otto in flare e flare di venti hanno entrambi la radice nahua tecpantli, che un aggettivo neutro per contare le persone (o le divinit) di venti in venti sino ad arrivare a quattrocento, un numero che riporta direttamente alle 400 divinit del pulque. Quindi, queste forme aggettivali numeriche, lungi dal rappresentare disposizioni delle piante del pulque nei campi, sarebbero associate a modalit di enumerazione delle divinit del pulque che ci risultano comunque criptiche. Come gi anticipato, il coniglio era strettamente associato anche con l'ebbrezza indotta dalle piante e dalle bevande psicoattive e, di conseguenza, con il pulque. Nello stato messicano di Hidalgo odiernamente si tramanda la credenza popolare che il primo ubriaco fu un coniglio che si avvicin a una pianta di maguey, sazi la sua sete, si sedette sul suo corpo raccolto, si dondol e rimase disteso, scena che da quel giorno anche molti uomini rappresentarono, rappresentano e continueranno a rappresentare nel bere il pulque (Guerrero, 1985: 33). Fra i Totonachi vi sono riferimenti a un uso rituale di pulque miscelato con sangue di coniglio (ibid., :58). Presso gli Aztechi v'era la maniera di dire quel tale si inconigli, per riferire di una persona che aveva subito un grave incidente, come cadere da un dirupo o addirittura uccidersi a causa della sua ubriachezza. V'era anche il modo di dire che quell'ubriacatura il suo coniglio, per intendere che a quel tale la bevanda inebriante fa in quello specifco modo (Sahagn, IV, IV, 8). Sahagn (in buona parte in I, XXII, 3) riporta diversi nomi di dei del pulque: Tezcatzncatl, Izquitcatl, Yiauhtcatl, Acolhoa, Tlilhoa, Pantcatl, Yzquitcatl, Toltcatl, Papz-

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tac, Tlaltecaiooa, Ometochtli, Tepoztcatl, Chilmalpancatl, Colhoatzncatl. Nell'iconografa queste divinit si riconoscono per l'insieme congiunto dei seguenti caratteri: tengono in mano un'ascia di ossidiana, sul naso portano un monile a forma di mezza luna crescente e sul capo un pennacchio di piume di airone e di quetzal, hanno orecchie rettangolari, portano un ventaglio sulla schiena, delle campanelle nei piedi e indossano sandali di gomma. Ognuno di questi caratteri rappresentato isolatamente non indicativo degli dei del pulque (Maher, 1997).

Sinistra: Tepoztecatl, divinit del pulque. Codice Magliabecchiano, foglio 49r (in Bankmann, 1984, fg. 11, p. 318). Sopra: Tezcatzoncatl, una delle divinit del pulque. Codice Fiorentino, libro I, appendice, cap. 16, fol. 40 recto

Il monile indossato al naso di queste divinit rappresenta un grafema chiamato yacametztli (Naso-Luna); un glifo dalle origini arcaiche e comuni per le culture azteca e maya ed indicativo della luna crescente. Nelle sue varie evoluzioni grafche lo si ritrova anche nell'iconografa maya per indicare la bevanda del balch. Lo yacametztli era originalmente associato all'idromele, sia presso i Maya che presso gli Aztechi, un fatto che dimostra una connessione concettuale fra la primissima bevanda alcolica ricavata dal miele d'api e le bevande alcoliche maggiormente elaborate del balch e del pulque, dove venivano aggiunti ingredienti rinforzanti l'efetto psicoattivo: per il balch la corteccia di un Lonchocarpus e per il pulque le radici di ocpatli e altri ingredienti tutt'ora indeterminati dal punto di vista botanico. Gonalves da Lima (1986: 39) ha inferito che prima della scoperta dell'ocpatli il pulque era una bevanda che quasi non si distingueva molto

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dal vecchio idromele, ottenuto dalla diluizione del miele di api, e ci fu una fase in cui le due bevande si confusero molto probabilmente in una medesima designazione, quella molto antica di quauhnecutli, miele d'albero, il miele fuido delle api.

Yacametzli, geroglifco del pulque. Dal Codice Magliabecchi, XII, 3, 4 verso

Modalit d'uso
La preparazione del pulque da parte di personale specializzato, che Sahagn per lo pi riunisce sotto il generico nome di osti, doveva rispettare un insieme di precetti e tab. Ad esempio:
gli osti si cimentavano nel fare un buon vino, e per questo si astenevano dalle donne per quattro giorni, poich ritenevano che se si fossero avvicinati a una donna in quei giorni il vino si sarebbe acetato e danneggiato; si astenevano anche durante quei quattro giorni dal bere pulcre, incluso il miele da cui si fa, nemmeno bagnando il dito in esso portandolo alla bocca, sino a che non si fosse dato inizio il quarto giorno alla cerimonia detta sopra. Avevano come auspicio che, se qualcuno beveva il vino, anche solo poco, prima che si eseguisse la cerimonia di apertura degli orci come sopra detto, che gli si sarebbe storta la bocca da un lato, per colpa del suo peccato. (Sahagn, I, XXI, 2122).

Il pulque era bevuto in un bicchiere caratteristico, chiamato ometochtecomatl (VasoDue-Coniglio) o pi semplicemente octecmatl, fabbricato per lo pi in pietra o, pi raramente, in argilla. Il recipiente, che aveva una forma grezzamente rotondeggiante, si innestava sopra tre piedi ed era dotato di due manici opposti con una caratteristica forma di ali di farfalla. L'immagine di questo recipiente presente in numerosi contesti iconografci; sugli scudi dei guerrieri cos come nello stemma degli dei del pulque l' ometochtlauiztli al cui centro ben riconoscibile anche il simbolo della mezza luna crescente, lo yacametztli.

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Sinistra: Octecmatl, bicchiere per il pulque. Conservato presso il Museum fr Vlkerkunde di Basilea (catalogo IV b 707) (in Bankmann, 1984, fg. 1, p. 314). Destra: Octecmatl, bicchiere per il pulque. Conservato presso il Museum fr Vlkerkunde di Berlino (catalogo IV Ca 3364) (in Bankmann, 1984, fg. 3, p. 315)

Il medesimo vaso octecmatl pure presente in un tipo di mantello indossato dai principi e dai gerarchi guerrieri, come disegnato nei Codici e descritto con minuzia di particolari nel presente passo di Sahagn (VIII, VIII, 5):
Usavano anche alcuni mantelli che si chiamavano ome tochtecomayo tilmatli; erano decorati con alcune chicchere molto elaborate e molto belle, che avevano tre piedi e due ali come di farfalla; il bicchiere era rotondo, colorato e nero, le ali verdi, bordate di giallo, con tre sferule gialle in ciascuna; il collo di questa chicchera era fatto come una marquesota di camicia [collo alto di tela bianca che usavano gli uomini come indumento Lo stemma (divisa) degli dei del ornamentale], con quattro canne che uscivano Pulque. Da Sahagn, Manoscritto da sopra, lavorate di penna azzurra e rossa; e della Biblioteca de la Academia de la queste chicchere erano disseminate in un Historia, Madrid, Folio 74r. campo bianco. Avevano nei due orli anteriori due strisce rosse, con alcune strisce trasversali bianche, di due in due.

In un diferente passo (II, XXXVIII, 8) il medesimo autore riporta l'utilizzo di un

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Mantelli con disegno di bicchiere per il pulque. Dettaglio del Foglio 46r del Codice Mendoza (in Backmann, 1984, fg. 9, p. 318)

bicchiere per il pulque simile al precedente, chiamato tzicuiltecmatl, anch'esso di pietra, che aveva quattro lati e tre piedi. Ogni volta che veniva preparato il pulque, la prima produzione, chiamata uitztli, era oferta come primizia a Huitzilpopochtli ed era versato negli octecmatl, da dove i vecchi a cui era permesso bevevano con delle canne (Sahagn, IV, XXI, 5). Gonalves da Lima (1986: 39-40) ha fatto notare come in una fase arcaica dell'uso del pulque non esisteva ancora l'octecmatl, bens erano usati contenitori per il miele d'api, un fatto che conferma l'associazione precedentemente indicata fra il pulque primitivo e il pi antico idromele. Sempre Sahagn (I, XXI, 13), nel descrivere le immagini fabbricate per le divinit, riporta lo strano uso di contenitori per il pulque fatti con certe zucche e che erano poi ritualmente considerati di pietra:
Ofrivano anche a queste immagini del vino, o octli o pulcre, che il vino della terra; e i vasi in cui lo ofrivano erano fatti in questa maniera: ci sono alcune zucche lisce, rotonde, lentigginose, fra il verde e il bianco o maculate, che si chiamano tzilacayotli, che sono della grandezza

Tiocyahuacatl, capo guerriero, Codice Mendoza, dettaglio foglio 65r (in Bankmann, 1984, fg. 12, p. 318)

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di un grande melone; ciascuna di queste veniva tagliata a met e vi estraevano ci che v'era dentro e ne risultava una specie di tazza, e vi versavano il suddetto vino e la mettevano davanti a quella immagine o a quelle immagini, e dicevano che quelle erano vasi di pietre preziose che chiamano chalchhuitl.

In diversi casi il pulque non veniva bevuto direttamente dai bicchieri, bens mediante una cannuccia (piaztli). Ad esempio, durante la festa dedicata agli dei del pulque, in particolare a Izquitcatl, che avveniva nel segno ce mzatl nella seconda casa ome tochtli (Due Coniglio), nel patio del templo veniva collocato un grosso orcio che era mantenuto sempre pieno di pulque e chiunque, durante questa festa, poteva berne mediante delle cannucce (Sahagn, II, XIX, 4). E' anche il caso dei prigionieri che erano costretti a bere un particolare tipo di pulque, il teoctli, con delle cannucce poco prima di essere sacrifcati. La motivazione dell'uso delle cannucce non compresa, ma possibile avanzare un'ipotesi in base ai numerosi dati aneddotici moderni per i quali l'assunzione di bevande alcoliche mediante cannucce induce un'ebbrezza pi veloce e pi potente di quella indotta bevendo direttamente dal bicchiere. 7 E' quindi possibile che nel mondo azteco ai prigionieri in procinto di essere sacrifcati venisse dato da bere con le cannucce per velocizzare il sopraggiungere dell'efetto inebriante, che come dire il sopraggiungere della possessione divina, e ci vale anche nel caso degli altri bevitori di pulque appartenenti al prelato o al popolo. Sahagn ha descritto una cerimonia dei cantori dei templi, durante la quale venivano distribuite 203 cannucce, che erano tutte piene, ad eccezione di una sola che era internamente cava, quindi utilizzabile per succhiare un tipo di pulque specifco per questa occasione; il fortunato che aveva in mano la cannuccia cava era il solo a godere quel giorno degli efetti della bevanda:
Questo Ome tochtzin era come maestro di tutti i cantanti che avevano il compito di cantare nei cu [il tempio del dio]; badava che tutti venissero a fare il loro compito nei cu. Facevano una certa cerimonia con il vino che chiamano teooctli, nel tempo che dovevano fare il loro compito; questa cerimonia era guidata dal pachtcatl; questi faceva attenzione ai bicchieri in cui bevevano i cantanti, di portarli, darli e raccoglierli, e di riempirli di quel vino che chiamavano teooctli o macuiloctli, e metteva duecentotre cannucce delle quali solo una era perforata, e quando lo bevevano quello che azzeccava la canna perforata solo lui beveva e nessun altro; questo veniva fatto dopo aver cantato (Sahagn, II, Apendice IV, 3).

Esistono alcuni riferimenti alla pratica di introduzione del pulque nel corpo per via

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rettale mediante clistere. Tale pratica, apparentemente insolita, era difusa fra le popolazioni americane precolombiane ed era impiegata per l'assunzione di diversi inebrianti, non solo le pozioni alcoliche quali il pulque nahua e il balch maya bens vegetali quali il tabacco, il peyote, le dature, l'ayahuasca, ecc. (si veda De Smet, 1985). Daz del Castillo (1575, Cap. CCVIII), il principale storiografo e testimone della Conquista, riport: Riguardo agli ubriachi, non so che dire, tante sono le immondezze che fra loro [i nativi] accadevano; ne dico solamente una qui, che incontrammo nella provincia di Pnuco, che si riempivano il retto mediante alcune cannucce e si riempivano i ventri di vino di quello che si faceva presso di loro, nel medesimo modo in cui da noi si versa una medicina.8 La cittadina di Pnuco si trova nella regione degli Huastechi (nell'attuale stato messicano di Veracruz), una popolazione che era considerata particolarmente dedita all'ubriachezza come scrisse Sahagn (X, XXIX, 125) e alle pratiche di introduzione rettale delle droghe psicoattive (De Smet, 1985: 20). Anche un autore anonimo che scrisse attorno al 1530 (AA.VV., 1963: 326-7) riport per la regione di Pnuco che hanno le loro bevande per ubriacarsi: hanno una grande quantit di pulque ricavato dai maguey usano il peccato nefando gli indios: quando sono nelle loro ubriachezze e feste, quello che non possono bere per bocca, se lo fanno versare dal basso con un imbuto.9 In questo passo viene quindi aggiunta l'informazione che l'assunzione rettale del pulque veniva eseguita quando i nativi non riuscivano pi a berne oralmente.10

Aspetti mitologici ed etnostorici


Volgiamo ora lo sguardo sugli aspetti mitologici ed etnostorici inerenti il maguey e il pulque. Nella maggior parte dei casi gli dei del pulque sono considerati degli esseri umani divinizzati, degli eroi, sebbene nel mito siano tutti considerati fgli di ununica divinit femminile, Mayhuel, la dea della pianta del maguey. Nell'aspetto etimologico questo nome sarebbe costituito da me e yaualli, maguey perforato (Lehman, 1938: 108, cit. in Gonalves da Lima, 1986: 14), indicativo dell'attribuzione della scoperta della perforazione del maguey per la fuoriuscita dell'aguamiel a questa fgura femminile, anch'essa in seguito divinizzata. La sua storia si intreccia con quella della peregrinazione storica che il popolo dei Mxica intraprese, guidata da un sacerdote chiamato Mcitli, dalle terre settentrionali verso sud, sino a raggiungere la Valle del Messico. Qui i Mxica si stanziarono fondando Tenochtitlan, sulle cui rovine sorta la moderna Citt del Messico.

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Sinistra: Codice Frjvri-Mayer, 28 Mayhuel, in Gonalves 1986: 133. Destra: Codice Laud, 9 Mayhuel, in Gonalves 1986: 149

Nel racconto della peregrinazione (ad es. Sahagn, X, XXIX, 12, 106) riportato che, quando nacque colui che sarebbe divenuto il sacerdote-guida del popolo Mxica, fu chiamato citli (coniglio) e lo si depose sopra una foglia di maguey. In tal modo egli si irrobust e gli fu attribuito il nome di Mcitli (da me, forma abbreviativa di metl, maguey e citli, coniglio). Quando divenne il condottiero del suo popolo, i suoi vassalli lo chiamarono Mxica (con sostituzione della c con la x), cio Maguey-Lepre. La complessa relazione simbolico-mitologica che i Mxica intrecciarono fra maguey, pulque e coniglio dunque presente gi agli albori delletnostoria della civilt azteca. Seguendo il racconto, ad un certo punto della Codice Borbonico, 8, Mayhuel, in peregrinazione, quando i Mxica raggiunsero il terGonalves 1986: 220 ritorio dei Mixtechi, la donna di nome Mayhuel scopr il procedimento della perforazione del maguey con lo scopo di farne fuoriuscire la linfa; successivamente, un uomo di nome Patcatl scopr i germogli e le radici delle piante che raforzano gli efetti del pulque, mentre lelaborazione e il perfezionamento della

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bevanda furono attribuiti ad altri quattro uomini: Teputzcatl, Quatlapanqui, Tliloa e Papaztactzocaca (Quatlapanqui anche il nome di uno dei quattrocento dei del pulque). Questi elaborarono il primo pulque sul monte chiamato Chichinauhia, che da quel momento fu ridenominato Popozonaltpetl, che signifca monte spumoso, in riferimento all'abbondante spuma prodotta dal pulque (Sahagn, X, XXIX, 12, 120-1). Tutti questi personaggi furono in seguito divinizzati e Patcatl fu identifcato con lo sposo divino di Mayhuel. Austin (1973: 73) ha evidenziato la contrapposizione simbolico-religiosa fra Mayhuel, dea del pulque giovane pre-fermentato, in pratica dea dell'aguamiel, e Pathcatl, divinit del pantheon azteca responsabile del processo di fermentazione: sarebbe quindi quest'ultimo il vero dio dell'ebbrezza associata alla bevanda. Tornando al racconto nahua della peregrinazione del popolo Mexica, la scoperta del pulque sarebbe stata invenzione alquanto recente. Ma la leggenda di Xchitl (cfr. Appendice II), d'origini tolteche, farebbe retrocedere questa scoperta ai tempi del regno di Tecpancaltzin, cio fra il 990 e il 1042 d.C. In realt il pulque sembra essere stato conosciuto dagli Otomi sin dalla pi remota antichit e v' da sospettare che siano stati questi i veri scopritori della bevanda. Fra gli Otomi della Valle del Mezquital la divinit del pulque era chiamata Yud (Guerrero, 1985: 25). Presso gli attuali discendenti di questa antica popolazione dell'altopiano centrale del Messico si tramanda un racconto sulle origini del pulque in cui descritto come fu un piccolo roditore, una tuza, a raspare il tronco di un maguey mediante la sua proboscide fungente da cucchiaio e a farne di conseguenza fuoriuscire l'aguamiel. La tuza tornava periodicamente alla pianta per berne la linfa cos raccoltasi nella cavit raspata. Osservando il comportamento di questo animale gli Otomi scoprirono come produrre il pulque (Martn del Campo, 1938: 13). Un sifatto mito d'origine di un inebriante, in cui nella sua scoperta umana coinvolto un animale, credibilmente pi antico dei racconti etnostorici nahua e toltechi, in cui nella scoperta sono coinvolti dei personaggi umani (cf. Samorini, 1995). Del resto, i ritrovamenti archeologici farebbero retrodatare la scoperta del pulque ad almeno il I secolo a.C. In diversi giacimenti nella valle di Tulancingo sono stati ritrovati pezzi di ossidiana e di altri minerali che gli archeologi hanno riconosciuto come raschiatori utilizzati per scavare le piante di agave, insieme a cenere bianca di queste specie vegetali, frammiste a spine di queste medesime piante (Guerrero, 1985: 24-5). Ancora, in giacimenti antropici delle grotte di Tehuacn, nello stato messicano di Puebla, sono stati rinvenuti frammenti di foglie di agave arrostite datate al 6000 a.C. (Wolters, 1996:28), che dimostrano, se non una sifatta antichit per la bevanda del pulque, un rapporto molto antico con la pianta pulquera. Nei territori pi settentrionali gli Indiani Apache sapevano ricavare una

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bevanda fermentata da piante di agave, chiamata tizwin (Barrows, 1967: 75); questa scoperta poteva essere originata da interscambi culturali con popolazioni meridionali oppure essere frutto di inventiva autonoma. Il pulque non fu quindi prerogativa degli Aztechi e nemmeno fu scoperto da questa popolazione del Messico centrale. Era noto ad esempio anche ai Taraschi (Purepechi), come riportato nella Relacin de Michoacn, opera anonima del XVI11 secolo che tratta della storia di questo popolo e del loro regno coevo a quello azteco. Una delle divinit del panteon purepecha era Taras Upeme (Tars peme), dio dell'ebbrezza indotta dal pulque; egli era zoppo, poich in un tempo mitologico gli altri dei, mentre erano ubriachi, lo gettarono gi sulla terra ed egli cadendo si azzopp. Guerrero (1985: 53-4) lo relaziona con la divinit azteca Tezcatlipoca, per via del piede sacrifcato. Nella Relacin de Michoacn (Anonimo, 1541, Libro II, Cap. XIX) sono riferiti due tipi di vino di maguey, uno rosso e l'altro bianco, evidenziando in tal modo una diferenziazione nella preparazione della bevanda anche presso i Purepechi. Sempre per quanto riguarda gli aspetti mitologici, ci pervenuto un mito d'origine del maguey, di stampo tezcocoano, dove la pianta viene fatta originare dalle ossa interrate della dea vergine Mayhuel, che era stata divorata dalle tzitzimine, spiriti tenebrosi dell'aria che scendevano sulla terra per terrorizzare gli uomini e per mangiarli. Le tzitzimine la divorarono poich la vergine si era accoppiata con il dio dell'aria Ehcatl, dopo che entrambi si erano trasformati in due rami di un medesimo albero. Tutto ci accadde ai tempi cosmogonici subito dopo la creazione dell'uomo da parte degli dei, ed Ehcatl programm tutto ci con lo specifco scopo di rallegrare l'uomo donandogli una bevanda inebriante, il pulque (si veda Appendice I).

Usi rituali
Il pulque non poteva essere bevuto all'infuori del ristretto ambito rituale o cerimoniale in cui era concesso, pena il castigo severo, che di frequente risultava nell'uccisione istantanea e pubblica di chi si era permesso di infrangere la regola. Sahagn (II, XXVII, 56) riport che a coloro che venivano colti in fragrante nel bere pulque quando non era loro concesso, i giudici (petlacalco) sentenziavano la pena di morte, procedevano alla loro uccisione pubblica e ne tagliavano le mani, che portavano poi al mercato per esibirle in segno di monito. In un altro passo (III, VI, 1) viene specifcato che, nel corso dell'educazione dei giovani che avveniva nel telpochcalli (casa degli dei), questi:

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avevano il compito di spazzare e pulire la casa; e nessuno beveva vino [pulque], a parte solamente coloro che erano gi vecchi bevevano il vino molto segretamente e bevevano poco, non si ubriacavano; e se appariva un ragazzo ubriaco pubblicamente o se lo incontravano con il vino, o lo vedevano caduto nella strada o che andava cantando, o era accompagnato con altri ubriachi, questo, se era macegual [di origine povera] lo castigavano bastonandolo fno ad ucciderlo, o gli davano di garrotta davanti a tutti i ragazzi riuniti, perch prendessero esempio e paura di ubriacarsi; e se era nobile colui che si ubriacava gli davano di garrotta segretamente.

Il pulque poteva essere liberamente bevuto in ogni momento solo dalle persone anziane e nei contesti rituali dai sacerdoti e dai guerrieri. Il Codice Mendoza riporta l'et di 70 anni per iniziare a bere senza restrizioni, mentre il francescano Juan de Torquemada riportava l'et di 50 anni (Corcuera de Mancera, 1991: 30). In alcune cerimonie il pulque poteva essere bevuto anche da adulti gi sposati e in alcune altre da tutta la comunit, compreso il caso dove veniva fatto assumere ai bambini. Nei contesti rituali l'ebbrezza indotta dal dosaggio socialmente accettabile di pulque (non pi di quattro tazze; cfr. il paragrafo Il quinto pulque) era nota col termine specifco di tlauana (ibid.: 17). Oltre alle cerimonie pubbliche che si svolgevano nei templi, alcune cerimonie erano private e di natura pi profana, dove una famiglia invitava nella sua casa un gruppo di amici per celebrare determinati eventi quali ad esempio un matrimonio. Durn (Libro II, Cap. XXII), che scriveva tuttavia circa 80 anni dopo la Conquista, riport che durante i tempi precolombiani il pulque poteva essere bevuto dagli individui sposati e con fgli gi grandi con lo scopo che i fgli, che non potevano assolutamente bere, avrebbero cos potuto accompagnare a casa i genitori ubriachi. Il medesimo autore aggiunse un'ulteriore considerazione, di dubbio valore - come del resto la precedente - anche perch non si trova menzione di ci in Sahagn e in altri attenti cronisti:
V'era anche un'altra legge, non di gente barbara bens di gente politica, lungimirante e consapevole, che colui che non avesse avuto vino [pulque] del proprio raccolto non poteva ubriacarsi sino a cadere a terra, e a ci davano due motivazioni: una era afnch tutti si dessero a coltivare e seminare maguey e l'altra era perch in caso non avessero avuto fgli che li potevano accudire quando bevevano in casa altrui, lo avrebbero dovuto berlo nella loro casa e questo avrebbe evitato gli inconvenienti del non trovare la via di ritorno a casa o di cadere nel cammino o di uccidersi o di litigare con qualcuno o di commettere un qualche delitto che bevendo nella propria casa non avrebbero commesso (Durn, Libro II, Cap. XXII, p. 209).

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Sebbene l'ubriachezza da pulque fosse deplorata e il suo utilizzo all'infuori dei contesti istituzionalmente stabiliti venisse duramente perseguito, la fgura dell'ubriaco doveva in un qualche modo essere rispettata dagli altri, poich considerata impossessata dalla divinit: inoltre ritenevano che colui che parlava male di questo vino o mormorava contro di questo, gli sarebbe capitato qualche disgrazia; lo stesso di qualunque ubriaco, che se qualcuno mormorava contro di lui o gli faceva degli afronti, qualunque cosa folle questo dicesse o facesse, dicevano che doveva per questo essere castigato, poich dicevano che quello non lo faceva lui, bens il dio, o meglio il diavolo che era in lui, che era questo Tezcatzncatl, o qualcuno degli altri (dei del vino) (Sahagn, I, XXII, 2); e in un passo successivo (4): Si deduce chiaramente che non avevano peccato coloro che erano ubriachi, quantunque fossero gravissimi peccati; e si congettura ancora con pieno fondamento che si ubriacavano per fare ci che avevano nella loro volont e che non gli venisse imputato a colpa e che ne venissero fuori senza castigo. La societ azteca non poteva del resto essere totalmente priva di ubriaconi, poich si riteneva che le persone nate in determinati giorni considerati funesti, della casa ome tochtli del segno ce mazatl, fossero inevitabilmente dediti nella loro vita al bere; Sahagn (IV, IV, 1-8) ofre una particolareggiata descrizione della fgura dell'ubriacone per natura, condannata dalla sorte astrologica a fungere da mentore di quanto sia insana una vita dedita all'alcol. Si diceva che gli ubriaconi nascevano in questi giorni del 2-Coniglio ed probabile che il condizionamento culturale di questa credenza guidasse il destino degli individui nati in queste date. Un'altra categoria che poteva, anzi era obbligata a bere il pulque, era rappresentata dalle vittime destinate ad essere immolate durante i riti religiosi. Il motivo di questo apparente riguardo nei confronti delle persone sacrifcate spesso in maniera terribilmente dolorosa, con lo squarciamento del petto per estrarne il cuore ancora palpitante, o cotti sulle braci, o scorticati vivi, ecc. era associato direttamente al concetto che l'ebbrezza indotta dal pulque, cos come da qualsiasi altro inebriante, era interpretata come una possessione divina, cio la divinit scendeva e si stabiliva nel corpo della persona ebbra. Verifcato che i sacrifci umani erano intesi come oferte alle divinit, era ritenuto opportuno che l'immolato fosse gi posseduto dalla divinit nel momento della sua morte. E' stato evidenziato che uno dei motivi per cui si drogava la vittima umana destinata al sacrifcio era perch in tal modo avrebbe evitato di proferire lamenti nel momento del sacrifcio (Heyder, 1995), ma tale motivazione appare superfciale. Del resto, la relazione fra sacrifcio umano ed ebbrezza del sacrifcato, presente non solo fra gli Aztechi bens difusa presso numerose culture di tutti i continenti, non sembra sia stata sinora oggetto di studi specifci.

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Nei riti che prevedevano il sacrifcio dei guerrieri catturati in battaglia, poco prima di essere immolati veniva loro dato da bere uno speciale tipo di pulque, il teoctli (pulque degli dei, come riportato da Sahagn, IX, XIV, 1). Nelle feste in onore di Xipe Totec e di Uitzilopochtli celebrate nel secondo mese del calendario azteca:
arrivava uno di quelli che aveva prigionieri da uccidere e trascinava il suo prigioniero per i capelli sino alla pietra dove lo dovevano accoltellare; l gli davano da bere il vino della terra o pulcre, e quando il prigioniero riceveva la chicchera di pulcre, la alzava in direzione dell'oriente e in direzione del settentrione, e in direzione dell'occidente e in direzione del mezzogiorno, come per ofrirla verso le quattro parti del mondo; dopodich beveva, non con la chicchera, bens con una canna cava, succhiando (Sahagn, II, XXI, 20-21).

In diverse occasioni i prigionieri, prima di essere sacrifcati, dovevano cimentarsi in una lotta con i guerrieri aztechi, sebbene si trattasse di lotte impari, pi cerimoniali che reali, poich i prigionieri venivano armati di scudo e di una mazza ornata di piume in luogo delle punte di ossidiana come nelle reali armi da guerra. Anche in queste occasioni ai prigionieri, prima della lotta, veniva dato da bere il teoctli. Nel caso in cui venivano sacrifcati gli schiavi, poco prima che il sole tramontasse questi venivano portati al tempio di Huitzilopochtli, dove era dato loro da bere il teoctli e dopo averlo bevuto tornavano indietro: erano gi molto ubriachi, come se avessero bevuto molto pulcre, e non li riportavano a casa bens li portavano in una delle parrocchie che si chiamavano Pochtlan o Acxotlan; l li facevano vegliare per tutta la notte cantando e ballando prima di essere sacrifcati (Sahagn, IX, XIV, 1-2). Anche presso i Taraschi (Purepechi), che similmente praticavano il sacrifcio umano, parrebbe essere stato presente il costume di inebriare con il pulque le persone destinate al sacrifco. Lo si pu dedurre da un passo della Relacin de Michoacn (Anonimo, 1541). Nel capitolo XXXIII, Parte II, viene riportata la cattura di uno dei fgli del re ( cazonci) da parte dei suoi nemici. Quando i nemici si rendono conto di aver catturato il fglio del re, di nome Tamapu-checa, si impauriscono e decidono di liberarlo. Ma questi si oppone, preferendo il destino di tutti i prigionieri, cio quello di essere sacrifcato, poich era credenza presso i Purepechi che una persona veniva fatta prigioniera perch era stata scelta dagli dei per il sacrifcio ed era quindi cosa inutile cercare di sfuggire al proprio destino. Nel cercare di convincere coloro che lo avevano catturato di non liberarlo, Tamapu-checa disse: Gli dei del cielo sanno gi come sono catturato e mi hanno gi mangiato. Datemi del vino [pulque], che voglio ubriacarmi; tale intenzione di bere vino, rientrando nell'esortazione a non liberarlo e a sacrifcarlo, troverebbe spiegazione

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nel costume di ubriacare col pulque i destinati al sacrifcio. Ogni quattro anni si svolgeva una festa particolare in onore del dio del fuoco, Xiuhtecutli o Ixcozauhqui; la festa era chiamata pillaoano o pillauano, che signifca ubriachezza dei bambini, dove veniva dato da bere pulque ai giovani ragazzi e anche ai puerperi; in questa occasione veniva praticato il rito della perforazione delle orecchie dei bambini e delle bambine:
In questo atto di ubriachezza tutti bevevano il pulcre, uomini e donne, bimbi e bimbe, vecchi e ragazzi, tutti si ubriacavano pubblicamente e tutti portavano pulcre con s e gli uni davano da bere agli altri, e gli altri agli altri; scorreva il pulcre come acqua in abbondanza, e tutti portavano alcuni bicchieri che avevano tre piedi e quattro angoli, che chiamavano tzicuiltecmatl, con questi bevevano e davano da bere; tutti andavano molto con gli altri, e si prendevano a pugni e cadevano a terra ubriachi uno sull'altro e altri andavano abbracciati gli uni con gli altri verso casa; e questo lo consideravano buono perch la festa richiedeva ci. (Sahagn, II, XXXVIII, 8; riferimenti anche in I, XIII, 11).

In un altro passo (II, XXXVII, 33-36) Sahagn ofre maggiori dettagli di questa festa: la bevuta del pulque avveniva dopo la perforazione delle orecchie, che veniva praticata ai bambini che erano nati durante gli anni precedente la festa che, come detto, si svolgeva ogni quattro anni. In occasione della perforazione delle orecchie i genitori sceglievano i padrini dei loro bambini (detti zii, tetla). Terminata l'operazione:
tornavano a casa e l i padrini e le madrine mangiavano, tutti insieme, e cantavano e ballavano, e a mezzogiorno i padrini e le madrine tornavano nuovamente al cu [il tempio del dio] e si portavano i loro fgliocci e fgliocce e portavano anche il pulcre nelle loro brocche. Poi cominciavano un areito [canto con danza] e ballando si portavano sulle spalle i loro fgliocci e fgliocce e davano loro da bere del pulcre che portavano con alcune piccole tazze e per questo chiamavano questa festa l'ubriachezza dei bimbi e delle bimbe; questo ballo durava sino alla sera. (37) Quindi tornavano alle loro case e nel patio delle loro case facevano nuovamente il medesimo areito e tutti quelli della casa e i vicini bevevano pulcre.

E' probabile che il pulque dato da bere ai bambini avesse qualit inebrianti blande; resta il fatto che presso le popolazioni tradizionali un luogo comune di una certa frequenza fare assumere gli inebrianti ai bambini in certe occasioni ben controllate. Per quanto riguarda il pulque, Guerrero (1985: 71) ha osservato ancora oggigiorno il costume di dare da bere questa bevanda ai neonati per motivi di carenza di risorse idriche: in alcuni

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villaggi della Valle del Mezquital, dove le piogge sono scarse, lunica bevanda il pulque. Cos, molte donne dissetano i loro bambini con il pulque, mettendo in ammollo il dito mignolo nel pulque e dandolo poi da succhiare al bimbo. In diverse occasioni, prima della bevuta del pulque da parte di chi in quelle occasioni era autorizzato a bere, veniva sparso un poco della bevanda come oferta alle divinit. Era il caso, ad esempio, della festa che si svolgeva ogni anno alla fne del mese diciottesimo, chiamato izcalli, dedicata al dio del fuoco Xiuhtecutli: gli anziani, prima di bere, versavano un poco di pulque nei quattro angoli della casa dove si svolgeva la festa, afnch il dio lo potesse bere e gustare (Sahagn, I, XIII, 10). Era rigore che nessuno bevesse pulque prima di fare l'oferta alla divinit. Questa oferta era chiamata tlatoyaualiztli, che signifca libatio o gustamiento e consisteva, sia nelle case private che nei templi, nel versare nei quattro angoli del focolare un bicchiere di pulque. Anche Durn (Libro II, Cap. XXII) riporta il costume di ofrire il pulque agli dei, in particolare al dio del fuoco: a volte lo Anche al bambino la madre fa assag- ofrivano in vasi posti davanti [al fuoco], altre volte giare un poco di pulque bagnando il spruzzandolo sul fuoco con una specie di isopo mignolo e mettendolo fra le sue labbra [utensile liturgico usato nelle chiese per spargere (da Guerrero, 1985, p. 117) l'acqua benedetta] e altre volte spargendolo attorno al fuoco. Una festa importante era quella che cadeva il giorno 2 tochtli (2-Coniglio), dedicata al dio Itzquitcatl ma in realt a tutti gli dei del pulque. Seguiamo la traduzione letteraria, seppur confusa, di Zeler del testo di Sahagn (VII, Libro V, cap. 5 dell'edizione facsimile di Paso y Troncoso, rip. in Gonalves da Lima, 1986: 199-200):
Ed essi dicono che quando giungeva nella serie il segno giornaliero di 2 tochtli, iniziava una festa al signore dei conigli, che si chiama Itzquitcatl. E sebbene si nomini solo questo, sono tuttavia inclusi tutti gli dei conigli del vino. Itzquitcatl era cos molto venerato. Essi collocavano la sua immagine nel suo

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tempio, gli portavano le oferte, cantavano in suo onore e suonavano musica di fauto, cos iniziavano. E di fronte alla sua immagine gli ponevano una olla di pietra chiamata ometochtecmatl [la-Olla-due-Coniglio]; piena sino a che non si sparge, e risplende il pulque. In questa c un piaztli [canna per succhiare], una zucca perforata, un mamazo [canna di piuma vuota] con il quale bevono sempre coloro che entrano l, per fare frequentemente una visita. Ma, i veri bevitori erano gli anziani, le anziane, gli avventurieri, gli audaci, quelli che mai cedono per timore, quelli che mettono in gioco le loro teste e i loro petti, cio, che loro, arrivando alla guerra, potessero qualche volta essere condotti come prigionieri; o allora che, se fossero tornati in patria, potessero portare con loro prigionieri, che comprendessero che erano in errore, che dovevano morire. E il pulque chessi bevevano non fniva mai, non spariva mai: sempre lo versavano i sacerdoti del pulque, i Signori del Pulque, tutti i preparatori del pulque di tutte le parti apparivano l dove si preparava il pulque, nel suo tempio. Dove allora si formava il pulque nuovo, uitztli, quando qualcuno aveva aperto nuovo [maguey], poi riempiva quello in primo luogo con il tlachique. Spargere liquido (tlatoyaua) si chiamava questo, si ofriva il tlatoyahua a Itzquitcatl, gli si spargeva il tlachique in suo onore. Ma non solo nel tempo di questa festa si sparpagliava il pulque, bens continuamente, come unoferta per lui nel tempio.

Tornando alle feste dedicate al dio del fuoco Xiuhtecutli nel mese di izcalli, al decimo giorno di questo mese si svolgeva una prima festa, dove veniva costruita una statua del dio alla quale venivano presentate diverse oferte, fra cui la cacciagione che i giovani avevano appena catturato, che veniva gettata nel fuoco presente davanti alla statua. In questa occasione gli anziani bevevano un tipo di pulque chiamato texcalceuia (Sahagn, II, XXXVII, 10). Al ventesimo giorno del medesimo mese si svolgeva una seconda festa dedicata al medesimo dio, dove veniva costruita un'altra statua, chiamata Milntoc. Anche in questa occasione gli anziani bevevano il medesimo tipo di pulque:
Terminato di mangiare questi piccoli pani e l'altro cibo, i vecchi bevevano poi il pulcre; questa bevanda la chiamavano texcalceuilo e la bevevano l, nel medesimo oratorio, dov'era la statua del Milntoc, che chiamano calpulco [una specie di tempio di quartiere], e coloro che facevano vino di maguey che chiamavano tlachique o tecutlachique, avevano il compito di portare il pulcre da bere a loro volont; lo portavano nelle giare o chicchere e lo versavano in un lebrillo [un contenitore per liquidi] che era l, davanti alla statua. Coloro che bevevano questo pulcre non si ubriacavano (ibid., II, XXXVII, 18).

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Il pulque tlachique era un pulque di bassa qualit ed forse per ci che gli anziani in questa occasione non si ubriacavano. Il nome texcalceuia o texcalceuilo era attribuito al pulque tlachique bevuto in occasione di queste feste del dio del fuoco. Da ci si deduce una certa complessit non solo nei tipi di pulque bens anche nella terminologia ad essi associata, che sembra si diferenziasse pure in base ai diversi momenti rituali in cui venivano bevuti. E' forse questo il caso anche della festa che si svolgeva durante le calende del settimo mese, chiamato tecuilhuitontli, e dedicata alla dea del sale Uixtochuatl. Terminati i sacrifci umani, alla mattina tutti tornavano a casa, mangiavano e si divertivano e la gente che lavorava col sale beveva copiosamente il pulcre, sebbene non si ubriacasse (ibid., II, XXVI, 19). Il fatto che non si ubriacassero poteva essere dovuto al tipo di pulque bevuto o forse badavano a berne in maniera da non ubriacarsi. Ma nel passo successivo Sahagn riferisce di alcuni che in realt in quell'occasione si ubriacavano e diventavano litigiosi e infne si gettavano a terra a dormire dove capitava. Dopodich:
Il giorno dopo bevevano il pulcre che era rimasto; lo chiamavano cochioctli. E coloro che la notte precedente, essendo ubriachi, avevano litigato o si erano presi a pugni con gli altri, che lo riconoscevano stando gi con la mente lucida e dopo aver dormito, invitavano a bere coloro che avevano maltrattato coi fatti o con le parole, afnch gli perdonassero ci che avevano fatto e detto di male, e agli ofesi nel bere gli si svaniva la rabbia e perdonavano volentieri le loro ofese (ibid., II, XXVI, 20).

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un diferente termine con cui veniva chiamato il pulque, quello non bevuto e rimasto il giorno dopo, il cochioctli. Altri tipi di pulque venivano usati in occasione dei riti battesimali, dove potevano bere la bevanda solamente le persone anziane. Sempre Sahagn ci fornisce dati eloquenti:
E di notte i vecchi e le vecchie si riunivano e bevevano pulcre e si ubriacavano. Per realizzare questa ubriacatura mettevano davanti a loro un cantaro di pulcre, e colui che serviva versava in un orcio e dava a ciascuno da bere, a suo ordine, sino a conclusione. Alle volte davano pulcre che si chiamava ztac octli, che signifca pulque bianco, che quello che zampilla dai maguey e altre volte davano pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice che chiamano ayoctli, che signifca pulcre di acqua, che era custodito e preparato dal signore del convitto gi da alcuni giorni. (13) E il servitore, quando vedeva che non si ubriacavano, tornava a dare da bere in senso contrario alla mano sinistra, iniziando dagli ultimi. (ibid., IV, XXXVI, 11-13).

Ancora, nel corso delle feste e dei sacrifci che si svolgevano durante le calende del mese

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quindicesimo, che si chiamava panquetzaliztli, dopo il sacrifcio dei prigionieri e degli schiavi, oltre che agli anziani era concesso bere il pulque anche alle persone sposate e ai principi; ma in questa occasione si trattava di matlaloctli, che signifca pulcre azzurro, perch aveva un colore azzurro (ibid., II, XXXIV, 45).

Il quinto pulque
Nel racconto in parte etnostorico e in parte mitologico della peregrinazione del popolo dei Mexica (gli Aztechi), dalle regioni nordiche del Messico al luogo dove fondarono Tenochtitlan, la futura capitale del loro impero sulle cui rovine si estende ora Citt del Messico, riportata l'invenzione della bevanda inebriante del pulque. Come sopra riportato, una donna di nome Mayhuel scopr il procedimento della perforazione della pianta del maguey (Agave sp.) per farne fuoriuscire la linfa (chiamata aguamiel), mentre un uomo di nome Patcatl scopr il metodo di raforzare la bevanda mediante l'aggiunta di additivi vegetali. Queste fgure furono in seguito divinizzate ed entrarono a far parte del complesso pantheon degli dei aztechi. Bernardino de Sahagn (X, XXIX, 12, 121), uno dei cronisti spagnoli che descrissero la storia della peregrinazione dei Mexica, prosegue la narrazione riportando che, subito dopo l'elaborazione del primo pulque sul monte Popozonaltpetl, i suoi inventori vi organizzarono un banchetto a cui fu invitata tutta la popolazione. Ad ognuno dei convitati furono versate quattro tazze di pulque, evitando di mescere la quinta, onde evitare l'ubriachezza generale. In questo passo presente un importante concetto della cultura nahua sui limiti dell'ebbrezza socialmente accettata; il numero quattro direttamente associato alle quattro direzioni spaziali della cosmografa nahua e il superamento delle quattro tazze di pulque, rappresentato dal quinto pulque, il macuiloctli, era indice di un'ubriachezza insana. Pi in generale, presso diverse popolazioni autoctone americane il numero cinque simbolo dell'esagerazione e dell'eccesso. Sahagn (X, XXIX, 12, 122) riporta che, nel corso del medesimo banchetto, il principe dei Cuextechi volle bere il quinto pulque e per questo si ubriac giungendo a denudarsi di fronte a tutti. Appena si rese conto di ci, il principe fu soprafatto dalla vergogna e fugg con il suo popolo. Il motivo della denudazione a seguito dell'ubriachezza alcolica difuso presso diverse culture umane; basti qui ricordare il passo biblico in cui No, dopo essere sceso dall'arca che lo salv insieme a tutti gli animali dal diluvio universale, si ubriac col vino ottenuto

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dalla vigna che aveva piantato; in seguito alla sua ubriachezza si denud e i suoi fgli lo coprirono con un mantello (Genesi, 9, 20-23). Tornando al macuiloctli, il quinto pulque, Sahagn (X, XXIX, 12, 125) riporta che la popolazione dei Cuextechi era nota per essere particolarmente dedita all'ubriachezza, per via di quell'atto originale del loro principe che sul monte Popozonaltpetl bevve il quinto pulque; ci diede origine ai modi di dire quel tale ha bevuto il quinto pulque o hai bevuto il quinto pulque?, in riferimento a comportamenti umani bizzarri o deliranti. Il tema del quinto pulque pure presente in un passo degli Annali di Cuauhtitlan, che fanno parte del cosiddetto Codice Chimalpopoca (Anonimo, 1558-1570), un documento post-cortesiano datato attorno al 1558-1570, noto anche come Historia de los Reynos de Colhuacan y de Mxico. Questo documento tratta eventi etnostorici databili fra il 635 e il 1519 d.C. Il passo in questione fa parte della storia di Quetzalcatl, qui inteso come un uomo, un principe-sacerdote che governava sui Toltechi. Essendosi rifutato di fare sacrifci umani, come richiestogli da avversari religiosi, questi, rappresentati dalle fgure di stregoni di Tezcatlipoca (nelle vesti di Huitzilopochtli), Ihuimcatl e Toltcatl (questultimo uno degli dei del pulque), decisero di insidiargli il trono, con lo scopo di promuovere la caduta di Tula. Si accordarono quindi per ubriacarlo con il pulque. Dopo essere riusciti ad entrare nel palazzo ove risiedeva Quetzalcatl, lo convinsero a bere la spumosa bevanda in quantit sufciente per ubriacarsi, cio raggiungendo la quantit di cinque tazze. I tre stregoni fecero quindi ubriacare anche tutti i cortigiani, compresa Quetzalptatl, la sorella di Quetzalcatl. In seguito a ci, Quetzalcatl fu preso dallo sgomento e dalla vergogna per ci che aveva fatto e fugg via, intraprendendo un viaggio che termin raggiungendo il mare e bruciandosi in un rogo; dopo la sua morte si trasform nella stella del mattino. 12 Questa storia raccontata anche da Sahagn (III, IV), dove tuttavia non si precisa la quantit di pulque bevuta da Quetzalcatl e non viene fatto riferimento al quinto pulque (si veda l'Appendice III). Come considerazione a latere del tema qui esposto, ritroviamo Tezcatlipoca coinvolto con il pulque in un altro racconto mitologico riportato nella Relacin de Meztitln del 1579 di Gabriel de Chvez: il dio del pulque Ome Tochtli era preoccupato poich la sua bevanda provocava la morte a coloro che la bevevano. Richiese quindi l'aiuto di Tezcatlipoca, il quale sacrifc Ome Tochtli. Poco dopo il dio del pulque resuscit e da allora gli uomini si possono ubriacare senza pericolo. Vediamo quindi Tezcatlipoca rendere il dio del pulque immortale, allo stesso modo in cui contribu alla futura rinascita di Quetzalcatl come stella del mattino ubriacandolo col medesimo pulque (Graulich & Olivier, 2004: 137-8). Il concetto delle quattro tazze di pulque come limite massimo per una bevuta sana

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della bevanda non sembra essere stata una prerogativa della cultura nahua. Vi sarebbero riferimenti a tal riguardo, sebbene non espliciti, nel testo basilare della cultura tarasca (purepecha), la Relacin de Michoacn. Nel capitolo XVI, Parte II, che tratta della prima moglie di Taracuri, cazonci (re-sacerdote) dei Purepechi, due uomini le diedero da bere sino ad ubriacarla, per poi approfttarne sessualmente. Nel testo letteralmente riportato che le diedero da bere ogni quattro volte. In un altro passo (Capitolo XXVI, Parte II), descritta la decisione di Taracuri Texcatlipoca ofre pulque a Quetzcalcotl di far uccidere suo f glio Curtame Codice Fiorentino, lib. 3, f. 12r poich era diventato un ubriacone. Inviati a tale scopo dei sicari, questi avvicinarono Curtame con lo scopo di ubriacarlo e quindi di ucciderlo: gli diedero da bere quattro tazze, e poi altre quattro, ed egli si ubriac. Pur non essendo esplicitato in forma aperta, in questi casi di bere ogni quattro volte o di mescere quattro pi quattro tazze di pulque sembra rifettere il concetto di superamento del limite delle quattro tazze come prova dello stato di ubriachezza. Dalla documentazione riportata dagli autori del periodo della Conquista, pur in maniera confusa, si evincerebbe un secondo signifcato da ascrivere al macuiloctli, il quinto pulque: non come la quinta tazza della medesima bevanda, bevuta successivamente alla quarta e alle precedenti, bens come un particolare tipo di pulque, dalla formula probabilmente mantenuta segreta, utilizzato dalla casta prelatizia in determinati cicli rituali. Il concetto di limite di quattro tazze di pulque oltre il quale v' il bere smodato e socialmente inaccettabile ricorda quello simile presente presso la cultura greca del limite di tre crateri di vino miscelato. Il cratere era il recipiente dove il vino puro veniva miscelato con acqua secondo determinate proporzioni, 2:3, 3:2, 2:1 fra acqua e vino (Catoni, 2010: 28). Nella catalogazione proposta da Eubulo e riportata da Ateneo (Deipnosofsti, II, 36b, rip. in Lissargue, 1989: 56) si evince la profonda conoscenza che i Greci avevano nei confronti dei diversi gradi dell'ebbrezza alcolica:

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Per gli uomini assennati io mescolo tre crateri: il primo che essi bevono per la salute, il secondo per il piacere e il desiderio, il terzo per il sonno. Bevuto questo, i saggi convitati si accingono a tornare a casa. Il quarto cratere non appartiene pi alla nostra infuenza, ma alla violenza, il quinto al frastuono, il sesto alla processione bacchica, il settimo agli occhi pesti, l'ottavo per il testimone d'accusa, il nono per la collera, il decimo fa uscire di senno.

Presso i Greci il luogo del bere collettivo per eccellenza era il simposio, dove partecipavano solo uomini ed eventuali efebi o prostitute e suonatrici, ma non le altre donne della societ. Bere vino puro, bere come uno Scita, era considerato immorale e in un qualche modo selvaggio (Lissargue, 1989).

Il problema degli additivi del pulque


Durante la preparazione del pulque venivano aggiunti degli additivi, di natura per lo pi vegetale, che avevano diferenti scopi e che possono essere ricondotti alle seguenti quattro categorie: 1) additivi per prolungare i tempi di conservazione della bevanda; 2) additivi per raforzare l'efetto inebriante della bevanda mediante incremento della sua concentrazione alcolica; 3) additivi per modifcare l'efetto inebriante della bevanda mediante aggiunta di principi attivi diferenti dall'alcol; 4) additivi aromatizzanti. Oggigiorno persiste una notevole confusione ed enigmaticit nei confronti di questi additivi, per ragioni ravvisabili principalmente, nella opinione di chi scrive, nei seguenti fattori: a) durante i tempi precolombiani alcuni di questi additivi, in particolare quelli appartenenti alla terza classe sopra defnita, erano mantenuti rigorosamente segreti dalla classe prelatizia ed erano utilizzati solamente dal prelato e/o dalla classe dominante della societ azteca; b) i cronisti successivi alla Conquista confusero frequentemente gli scopi

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per i quali venivano aggiunti gli additivi, in particolare senza distinguere lo scopo di prolungare il periodo di conservazione della bevanda da quello di potenziarne gli efetti psicoattivi. Si deve tener conto che la maggior parte di questi primi cronisti apparteneva al prelato cattolico, gi predisposto preconcettualmente e acculturato sull'esistenza di piante che procurano visioni diaboliche associate al fenomeno della stregoneria dell'Europa medievale, accanitamente perseguito dalle istituzioni inquisitoriali (si veda ad es. Warren, 1979). Questa confusione dei primi cronisti fu tramandata e reiterata nei secoli successivi e i saggi pur seri e approfonditi degli studiosi moderni della cultura nahua non fanno altro che riproporre lo stato confusionale precedente. Da notare che gli additivi di questa bevanda furono oggetto di ampie discussioni negli ambiti politici e amministrativi coloniali e infuenzarono signifcativamente la storia del proibizionismo e la produzione del pulque, in particolare durante il XVIII secolo (si veda oltre, Il pulque nei periodi coloniali). Nel presente studio chi scrive non aspira a una soluzione di tale problematica, mediante identifcazione di questi additivi, bens si limita a focalizzare le cause e i percorsi di quel problema di carattere etnobotanico a tutt'oggi insoluto qui defnito come il problema degli additivi del pulque. Dalle fonti antiche ricavabile una complessa terminologia associata alla bevanda del pulque, che viene elencata di seguito; v' da tener conto che esiste una notevole confusione e contraddizione dell'interpretazione da dare a questi termini presso gli studiosi moderni, oltre che fra gli autori antichi. La principale fonte di informazione l'opera di Sahagn: uitztli, indicava la linfa o aguamiel appena fuoriuscita dalla pianta; octli, il nome generico del pulque; iztacoctli, pulque bianco, privo di qualunque additivo; tiaoctli, apparentemente una specie di pulque bianco o un suo sinonimo; tlachique, il pulque di bassa qualit, ma sempre privo di additivi, ricavato da piante di maguey che producevano una linfa scadente, o perch prodotta da specie botaniche di Agave diferenti dalle buone specie pulqueras, oppure perch prodotta da piante di maguey da pulque coltivate in terreni e ambienti sfavorevoli; tecutlachique, probabile sinonimo di tlachique, riportato in Sahagn (II, XXXVII, 18); poliuhqui, indica la bevanda nel suo stato avariato e da cui probabilmente i primi Spagnoli ricavarono per fraintendimento la parola pulque; teoctli, pulque divino o pulque degli dei, riservato, forse non unicamente, alle vittime umane destinate ai sacrifci;

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texcalceuia o texcalceuilo, citato in Sahagn, II, XXXVII, 10, usato nel corso delle feste dedicate al dio del fuoco Xiuhtecutli nel mese di izcalli; forse questi vocaboli erano attribuiti al pulque tlachique bevuto in occasione di queste feste del dio del fuoco; cochioctli, citato da Sahagn (II, XXVI, 20), probabilmente era l'octli non bevuto e rimasto il giorno dopo la festa che si svolgeva durante le calende del settimo mese, chiamata tecuilhuitontli, e dedicata alla dea del sale Uixtochuatl; ayoctli, pulque di acqua, riportato sempre da Sahagn (IV, XXXVI, 11-13), sarebbe un pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice; matlaloctli, pulcre azzurro per via del suo colore (Sahagn, II, XXXIV, 45); macuilloctli, quinto pulque, la quinta tazza di pulque intesa come superamento delle quattro tazze socialmente accettate; ma pu indicare anche un tipo specifco di pulque, dalla formula mantenuta segreta e riservata al prelato; tlachiualoctli, pulque artifciale. La diferenziazione dei tipi di pulque si evidenzia in numerosi passi degli autori antichi; valga come esempio un passo, gi riportato, della descrizione di Sahagn (IV, XXXVI, 1113) dei riti battesimali nahua:
Alle volte davano pulcre che si chiamava ztac octli, che signifca pulque bianco, che quello che zampilla dai maguey e altre volte davano pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice che chiamano ayoctli, che signifca pulcre di acqua, che era custodito e preparato dal signore del convitto gi da alcuni giorni. (13) E il servitore, quando vedeva che non si ubriacavano, tornava a dare da bere in senso contrario alla mano sinistra, iniziando dagli ultimi.

Un semplice metodo per rinforzare l'efetto inebriante della bevanda era quello di gettare nel pulque bianco puro una pietra ardente che era chiamata tezontle; tale metodo, che aveva la chiara funzione di attivare la fermentazione, veniva usato nei pulque di qualit inferiori ad esempio quello ricavato da piante di maguey cresciute in luoghi umidi, caratterizzati da una povert di zuccheri e che erano chiamati pulque tlachique. Il pulque si mantiene per un periodo che non supera le 24-36 ore, dopodich si decompone e non pi bevibile. Il problema della conservazione della bevanda fu quindi molto sentito sia nei tempi arcaici che in quelli coloniali. Per ritardare la sua cagliatura e decomposizione vi si gettavano delle erbe specifche, di cui una era il popotle, rimasta botanicamente indeterminata. In base a rapporti scritti di frati e medici della fne del 1600 quest'erba era considerata la peggiore e la pi velenosa di tutte quelle che si mettono nel pulque. Si teneva nei tini per 10 o 12 ore ed era usata esclusivamente in

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inverno con lo scopo di non viziare e di non far prendere corpo al pulque. La sua funzione era molto pratica per il trasporto in quanto bloccava la decomposizione. A questo scopo si usava anche la calce (Hernndez Palomo, 1979: 27-8). Francisco Hernndez (1571-6), nella sua monumentale opera sulle piante e animali della Nueva Espaa, cita alcune altre piante che venivano mescolate nel pulque. Una di queste era l'itlanexillo (piede di lepre), una pianticella simile al capelvenere, le cui foglie erano impiegate per trattare la dissenteria e di cui si mescolavano col pulque le radici col preciso scopo di dargli forza e maggiore efcacia per stravolgere la mente (Libro III, Cap. XL); ci troveremmo quindi nel caso 3 della nostra classifcazione iniziale. 13 Un'altra pianta era l'arbusto del quauhchlzotl (legno di peperone vecchio), la cui radice mescolata con metl produce vino (Libro III, Cap. CL).14 In questo caso probabile che l'aggiunta nella linfa della pianta del maguey (metl) avesse lo scopo di facilitare la sua fermentazione (caso 2). Sahagn stranamente parco di dati circa gli additivi del pulque e sembra riferire di non meglio precisate radici aggiunte nella bevanda in un solo passo fra i numerosissimi che dedica al pulque, e precisamente dove descrive il lavoro di colui che prepara e vende il pulque: il miele [aguamiel] cuocendolo o bollendolo prima di tutto, e riempe cantari o cuoi per custodirlo, e questo dopo che ha radici (X, XX, 4). Ma la pianta maggiormente citata dagli autori antichi e la pi enigmatica dal punto di vista della sua determinazione botanica e delle sue funzioni in relazione alla preparazione del pulque l'ocpatli o quapatli. Motolina (I, II, 55) riportava che prima che il loro vino lo cuociano con alcune radici che vi gettano, chiaro e dolce come idromele. Dopo cotto si fa spesso ed ha un cattivo odore, e coloro che con quello si ubriacano, molto peggio. In un altro passo (III, XIX, 440) aggiunge che dall'aguamiel cotto e bollito al fuoco, si ricava un vino dolciastro limpido, che bevono gli spagnoli e dicono che molto buono, sostanzioso e salubre. Cotto questo liquore in orci come si cuoce il vino e gettandovi delle radici che gli indios chiamano ocpatl, che signifca medicina o condimento del vino, si ricava un vino cos forte che a coloro che ne bevono in quantit ubriaca fortemente. Se ne dedurrebbe quindi che la funzione dell'ocaptl era di rinforzante gli efetti inebrianti del pulque. Nel Codice Telleriano Remense (fol. 15) viene riportato che questo Patcatl signore di questi tre giorni e di alcune radici chessi gettavano nel vino, poich senza queste radici non si potevano ubriacare pur quanto ne bevessero. Va ricordato che il nome Patcatl deriva dalla radice nahuatl ptli, che signifca medicina. Secondo Gonalves da Lima (1986: 136) il signifcato etimologico di oc.patli medicina del pulque e sarebbe questa la ragione per cui al nome di Patcatl fu attribuito il signifcato etimologico di quello

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della terra della medicina. Ci apparirebbe come un'ulteriore conferma del fatto che Patcatl fu lo scopritore dell'efetto inebriante completo del pulque, dove le radici dell'ocpatli svolgevano un ruolo signifcativo se non addirittura imprenscindibile. Juan Bautista Pomar, nella sua Relacin de Tezcoco del 1581 (cap. XXV, si veda Vzquez, 1991: 95-6), riferisce sia di una radice chiamata cuauhpatli, sia della radice dell'ocpatli, che vengono messe nel succo di maguey prima di farlo bollire e ricavarne il vino. Pedro Sanchez de Aguilar (1639), in una Cedula contra el Pulque, riferiva: Io sono informato che gli Indios nativi di questa Nueva Espaa fanno un certo vino che si chiama Pulque, nel quale dicono che nei periodi che fanno le loro feste e per tutto il resto dell'anno vi gettano una radice, ch'essi seminano con lo scopo di gettarla nel suddetto vino, per fortifcarlo e fargli prendere maggior sapore, con il quale si ubriacano (Vzquez, 1991: 37). In un'altra Cedula dell'anno 1545 in cui si vieta il vino agli Indios, il medesimo autore riferiva del vino della terra con radici (ibid., p. 38). Da notare che questo autore riferiva che la pianta che dava queste radici veniva coltivata dai nativi. Durn (Libro II, Cap. XXII) ofre ulteriori dati interessanti: in un primo passo riferisce dei tavernieri che nel momento in cui:
gettavano la radice nel pulque e questo iniziava a bollire mettevano incenso nei bracieri e ofrivano cibo alla divinit. In un passo successivo fa notare come quello che chiamano pulque che fanno gli Spagnoli di miele nero e acqua con la radice, quelli [gli Aztechi] mai l'ebbero n seppero fare sino a che i negri e gli Spagnoli lo inventarono e cos questo vocabolo pulque non vocabolo messicano bens delle isole, come mais e nagua e altri vocaboli che portarono da Espaola. Il vero vino di questi [gli Aztechi] era di aguamiel del maguey dove vi gettano dentro la radice e che usavano non solo per le loro feste e ubriachezze ma anche per le loro medicine, come usano oggigiorno poich realmente medicinale.

Nonostante Durn non sia sempre attendibile, in quanto contamina frequentemente i dati ricevuti dai suoi informatori con sue deduzioni personali, la possibilit espressa in questo suo passo, cio che si siano presentate variazioni di tecniche di preparazione e di nuovi additivi dopo la Conquista, magari importate dalle Antille, non da scartare a priori. Durn fa notare la diferenza fra pulque bianco con radice, di schietta origine azteca o comunque tradizionale, e pulque di miele nero con radice, che sarebbe stato inventato altrove e importato in seguito ai fussi migratori inter-mesoamericani conseguenti all'arrivo degli Europei. Egli prosegue afermando che Il suo [del pulque azteco] nome era iztac-octli, che signifca vino bianco e comprendo che gli hanno aggiunto il bianco per diferenziarlo da quello che si fa da miele nero perch indemoniato e puzzo-

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lente e nero forte e aspro, senza gusto n sapore, come essi medesimi confessano, e con tutto questo come lo bevono pi frequentemente e li rende pi irragionevoli e furiosi per via della forza che ha rispetto al loro proprio essendo il loro pi leggero e medicinale. E' evidente l'apporto dell'interpretatio cattolica nell'associare il colore nero del miele non tradizionale (cio non azteco) al demonio, quel medesimo demonio che lo steso Durn non esita in altri numerosi passi del suo trattato ad associare a divinit e pratiche religiose azteche. Un riferimento a delle radici aggiunte al pulque lo troviamo in un mito d'origine del maguey, di stampo tezcocoano, che ci pervenuto attraverso la Histoire du Mechique, opera di un anonimo autore del XVI secolo (si veda l'Appendice I). Nella parte fnale del racconto riportato: Da questo [il maguey] gli indios fanno il vino che bevono e con il quale si ubriacano, sebbene non a causa del vino, bens per via di alcune radici che chiamano ucpatli ch'essi mescolano con quello. Un'attenzione particolare deve essere data al lavoro di Francisco Hernndez, il botanico e proto-medico che negli anni '70 del 1500 per volont del re di Spagna Filippo II diresse una spedizione scientifca nei nuovi territori americani conquistati dagli Spagnoli e che fu autore di un'importante opera di classifcazione delle piante e degli animali della Nueva Espaa. Questo autore (Libro XVI, Cap. LII) identifca l'ocpatli (condimento del vino) con il quapatli (medicina del monte) o tlapatli (medicina piccola) e riporta che questa pianta mescolata con il vino di metl ne aumenta la forza inebriante. Tuttavia, a diferenza degli altri autori, riferisce che la parte utilizzata era la sua corteccia e non la radice. Inoltre, riporta che anche quando viene aggiunta ad altre bevande liquorose ne aumenta gli efetti inebrianti. Da notare che nella descrizione Hernndez riferisce che questa pianta ha dei baccelli, un fatto che fa sospettare che appartenga alla famiglia delle Leguminosae.15 Un'ulteriore notizia utile per l'identifcazione dell'ocpatli/quapatli Hernndez la ofre nel trattare un suo sinonimo, lo tzotzocolxchitl e una pianta afne, anch'essa appartenente alle specie di acacia (Libro XXIV, Cap. X):
Lo tzotzocolxchitl un arbusto che i messicani chiamano quapatli, nome sotto cui lo abbiamo descritto in altro luogo. Dicono i panucenses che utile in maniera ammirevole contro la tosse. Nasce nella sua terra un'altra specie chiamata tziquhuitl, quasi del medesimo aspetto, di temperamento freddo, astringente e secco, anch'esso appartenente alle specie di acacia e il cui decotto dice la medesima gente che cura le ulcere della bocca, pulisce e consolida i denti, e sana le ulcere putride dovuta alla consumazione di carne corrotta.

Questi dati fanno quindi ipotizzare che il quapatli od ocpatli fosse una leguminosa,

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nella cui famiglia rientrano numerose piante dalle accertate propriet psicoattive, presenti anche nelle Americhe. In efetti, in diverse Relazioni Geografche nel centro del Messico e in Oaxaca l'ocpatl o quapatle identifcato con la corteccia di Acacia angustissima (Mill.) Kuntze (Corcuera de Mancera, 1991: 122). In un altro passo della sua opera (Libro XVI, Cap. LIII), Hernndez cita un'altra pianta dal medesimo nome quapatli, caratterizzata dall'essere un'erba piccola con foglie simili a quelle del susino ma pi grandi e il cui decotto applicato sulla testa calma i dolori alle orecchie. Ma si tratta evidentemente di una pianta diferente da quella precedente, nonostante sia chiamata con lo stesso nome di medicina del monte. Ricapitolando, Hernndez considerava quapatli, ocpatli, tlapatli e tzotzocolxchitl sinonimi di una medesima pianta utilizzata come additivo del pulque; altri autori invece consideravano come due distinte piante il quapatli e l'ocpatli. Il quapatli (o cuapatle) fu oggetto di diverse controverse nel corso del XVIII secolo, considerato demoniaco o ingrediente positivo e necessario per la preparazione del pulque a seconda dell'ignoranza, del pregiudizio o della convenienza anche economica del vescovo, dell'alcade o dell'asentista di turno. Clavijero (1780-1: Libro VII, p. 435), che pu essere considerato l'ultimo in ordine cronologico fra gli autori antichi, riport che l'ocpatli o rimedio del vino serviva per facilitare la fermentazione e dar pi forza alla bevanda. In questa frase sembra essere assorbito uno stereotipo interpretativo delle funzioni dell'ocpatli elaborato nel corso del XVIII secolo e dovuto alla probabile confusione fra diversi ingredienti vegetali, confusione forse addirittura indotta intenzionalmente per nascondere propriet inebrianti di un determinato additivo, un tempo ritenute segrete. La complessit degli additivi del pulque aumenta considerando il cosiddetto quinto pulque, il macuiloctli. Come esposto pi sopra, il macuiloctli era considerata la dose di pulque che eccedeva le quattro tazze socialmente accettate; dalla quinta tazza in poi regnava la violenza e la follia. Tuttavia, vi sono riferimenti a un macuiloctli come un tipo specifco di pulque. In un passo della sua opera (II, Appendice IV, 3) Sahagn sembra considerarlo un sinonimo del teoctli (festa del macuilloctli, 'Il Quinto Pulque', ch'essi chiamavano di teucotli, 'Pulque-degli-Dei'). Il teoctli da teo, dio e octli, pulque, quindi pulque degli dei era uno speciale tipo di pulque che veniva dato da bere ai prigionieri in procinto di essere sacrifcati. Anche al successivo paragrafo 17 di Sahagn v' una chiara identifcazione fra macuiloctli e teoctli; la traduzione di Garibay fornisce: Questo Ometochtli pantcatl [un tipo di sacerdote] aveva il compito di procurare il vino che si chiamava macuiloctli, o teooctli, che era usato nella festa di panquetzaliztli. Tuttavia, Gonalves da Lima (1986: 116-7) traduce questo passo in un modo signifcativamente

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diferente: Il sacerdote di Ometochtli Patcatl preparava il macuilloctli e lo passava al sacerdote degli dei del pulque Toltcatl. Questo lo doveva fare [trasformare nel] teucotli, il vino degli dei; il macuilloctli si consumava nella festa di Panquetzaliztli. Da ci si inferisce che macuiloctli e teoctli non sono nomi della medesima bevanda, come apparirebbe dalla versione di questo passo data da Garibay e dal primo passo citato di Sahagn, bens erano pulque preparati specifcatamente per i sacerdoti, essendo il teoctli un macuilloctli modifcato (ibid. :117). Al paragrafo 33 della medesima Appendice IV del testo di Sahagn descritta la funzione del sacerdote Yzquitlan, che aveva il compito di curare il vestiario dell'ofciante e anche il pulque degli dei, teuoctli, e riceveva la linfa dolce del maguey, necutil, che terminava di uscire [dal maguey] e che ancora non era piccante (seguendo la traduzione di Gonalves da Lima, 1986: 117); questo studioso ne deduce che l'aguamiel ottenuta dallo Yzquitlan serviva per lelaborazione del teoctli, impiegando forse un ingrediente vegetale specifco, un ocpatli personale dei dirigenti religiosi. Per Rtsch (2005: 28 e 46) l'ocpatli probabilmente identifcabile con Acacia angustifolia (Mill.) Kuntze. Il vocabolo ocpatl signifcherebbe droga del pulque e nello spagnolo messicano contemporaneo il nome vernacolare di questa acacia sarebbe palo de pulque (albero del pulque). Un'altra specie, Acacia albicans Kunth sarebbe stata usata come additivo del pulque. Resta il fatto che durante i periodi coloniali si difuse un insistente proibizionismo nei confronti degli additivi del pulque, poich fra di questi v'erano ingredienti che ne potenziavano gli efetti in maniera signifcativa e che furono prontamente classifcati come prodotti demoniaci da parte del clero, in quanto riconosciuti da questi afni alle piante stregoniche europee. Ma essendosi difusa anche la confusione fra additivi rinforzanti l'efetto inebriante e additivi necessari per la fermentazione del pulque o per la sua conservazione, si giunse in diversi casi a proibire tutti gli additivi di natura vegetale, creando ci non pochi problemi nella sua produzione. In diversi casi si giunse a decreti contraddittori fra le diverse istituzioni coloniali e mentre il cuapatle veniva venduto sotto licenza nei mercati delle principali citt, compresa Citt del Messico, governanti di aree agricole ne proibivano il commercio e l'utilizzo come ingrediente del pulque. Nel 1720, nella giurisdizione di Huejotzingo il vicer marchese di Valero dovette imporsi con un decreto specifco in favore del libero utilizzo del cuapatle e contro la decisione ritenuta arbitraria dell'asentista locale (Hernndez Palomo, 1979: 29). Secondo Hernndez Palomo (1979: 29) la funzione principale del cuapatle era di preservare ed evitare la corruzione del pulque, ma questo studioso, nel suo pur brillante studio sul proibizionismo del pulque durante i periodi coloniali, non ha valutato la

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possibilit che le fonti antiche di cui si avvalso recassero gi confusioni di determinazione per ci che intendevano come cuapatle. Al pulque venivano aggiunti diversi altri ingredienti, molti dei quali con lo scopo di aromatizzarlo. Nel 1791 il naturalista Antonio Pineda estese un rapporto sulle diverse bevande in uso in Messico, di cui numerose a base di pulque, dove venivano aggiunti anice, arance, ananas, mandorle, ecc. La maggior parte di queste bevande furono elaborate nei tempi coloniali e infuenzate dalla cultura spagnola. Interessanti le bevande copalotile16 e tolonze, preparate con l'aggiunta nel pulque di semi e frutti dell'albero del Per, cio Schinus molle L., della famiglia delle Anacardiaceae, originario del Sud America e che gli Spagnoli difusero in Messico (Wilson, 1963). Presso le popolazioni andine il frutto di questo albero tradizionalmente usato come ingrediente nella preparazione della chicha (bevanda fermentata a base di mais), per facilitare la sua fermentazione (Rtsch, 2005: 740). I Messicani l'adottarono con il probabile scopo di facilitare la fermentazione in quei pulque, come il tlachique, ricavati da linfa di maguey povera in contenuti zuccherini. Ancora, dentro ai tini di fermentazione del pulque venivano inseriti i pi disparati oggetti, con probabili scopi magici. Ad esempio, nel 1692 un inquisitore scopr in un tino un cannello chiuso con una lucertola viva (Hernndez Palomo, 1979: 30). Un'ulteriore associazione di natura etnobotanica della sfera simbolica del pulque il malinalli, al contempo pianta e simbolo ad essa associato. La pianta per lo pi riconosciuta fra gli autori come una piccola graminacea, alquanto efmera, che nasce improvvisamente subito dopo le piogge estive dopodich avvizzisce velocemente. Fra gli Aztechi era il simbolo dell'efmero, del transitorio, del superfuo, della vanit e anche della fugace allegria causata dal pulque e dallo stato di ubriachezza. Il grafema del malinalli era costituito da un teschio ornato (Corcuera de Mancera, 1991: 23). Kuehne Heyder (1995) ha avanzato dei dubbi circa l'identifcazione generalmente accettata del malinalli come una specie di Muhlenbergia, della famiglia delle graminacee, chiamata popolarmente in spagnolo zacate del carbonero, e ha proposto di identifcare invece il malinalli con l'ocpatli; inoltre, vede per il malinalli una certa relazione con una specie di Datura. Il simbolo del teschio non si addice a una erbetta cos efmera e poco importante quale il zacate del carbonero e sono riferite al malinalli propriet medicinali che non si addicono a questa graminacea. In particolare, De La Cruz (1552), pur rafgurando il malinalli come una evidente graminacea, indica propriet medicinali nelle afezioni oculari (F. 12 v), nelle femme gastriche (F 20 r) e nel parto (F 58 v). Considerando il complesso degli additivi del pulque nel suo insieme, si evidenzia l'utilizzo di speciali ingredienti vegetali di natura psicoattiva, di cui alcuni probabilmente

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allucinogeni, per la preparazione di bevande in cui il pulque svolgeva il ruolo di liquido madre. Siamo cio qui in presenza di un Complesso Psicofarmacologico del Pulque, similmente ad altri conglomerati di conoscenze psicoattive quali il Complesso Dionisiaco, dove il vino aveva valenze di liquido madre per miscelarvi le pi disparate erbe psicoattive, o il Complesso Psicofarmacologico dell'Ayahuasca, dove alla bevanda maestro, l'ayahuasca, vengono aggiunte le pi disparate piante psicoattive, tale da aver dato adito all'elaborazione tribale di un complesso sistema gerarchico di efetti allucinogeni. In diversi casi questi Complessi Psicofarmacologici sono imperniati su una bevanda inebriante di natura alcolica, in quanto le bevande alcoliche sono ottimi liquidi estrattori dei principi attivi delle varie fonti vegetali: essendo questi principi attivi estraibili in acqua (idrosolubili) o estraibili in alcol, le bevande alcoliche, per loro natura idro-alcoliche, cio contenenti sia alcol che acqua, risultano degli ottimi liquidi in cui indurre, con riscaldamento o meno, il passaggio dei principi attivi da foglie, radici, cortecce al liquido in seguito da bere. Ecco quindi che l'articolata soluzione al problema degli additivi del pulque da ricercare internamente al Complesso Psicofarmacologico strutturatosi attorno a questa bevanda. Un caso simile si verifc con la chicha andina, prodotta mediante il processo di insalivazione dei chicchi di mais, per la quale si pu similmente parlare di un Complesso psicofarmacologico. A questa comune bevanda sudamericana (che ha un corrispettivo amazzonico chiamato cauim e con numerosi altri nomi) venivano aggiunte numerose piante, diverse delle quali avevano lo scopo di raforzare o modifcare l'efetto inebriante. Citiamo qui come unico esempio una fonte letteraria della fne del XVI secolo, opera del Gesuita Anonimo; in un passo che tratta della preparazione della chicha, leggiamo: Altri, pi golosi vi gettavano nel momento di berla nel bicchiere il succo di una certa erba medicinale, e diventava cos forte, che li inebriava pi velocemente. Chiamano questo vino viapu [dal verbo quechua huiani, iniziare a crescere] e altri sora, e dicono coloro che lo hanno provato che pestifero e causa molte malattie. La causa che d non di malattie, poich non vediamo alcun indio in tutto il regno che sia attaccato dal male di fegato o di calcoli, bens il peccato dell'ubriachezza, della lussuria e dell'idolatria, che sono maggiori e peggiori malattie. (Barba, 1968: 177). Molto probabilmente esistevano diferenti tipi di pulque, da quelli permessi al popolo a quelli permessi solo alla casta prelatizia o ai guerrieri, prodotti con formule quasi certamente mantenute segrete. Ed nei pulque prelatizi che dobbiamo principalmente rivolgere lo sguardo nella ricerca delle fonti puramente enteogene, quali gli additivi di natura allucinogena. Il contatto pi profondo con le divinit era mantenuto riserbato a principi e sacerdoti, gli unici che avevano accesso alla spettro completo di conoscenze per

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modifcare lo stato della coscienza umana, come ha fatto notare in un interessante studio sul pulque Corcuera de Mancera (1991: 17):
Fra gli antichi messicani era proibito un rapporto popolare, non controllato dall'autorit religiosa, dell'uomo con la divinit. Il pulque era depositario dell'insieme degli dei coniglio, e nell'ingerirlo la persona si abbandonava in modo volontario a una possessione divina. Per questo i sacerdoti, gelosi del loro ruolo di mediatori e desiderosi di conservare l'autorit e il potere che questo dava loro, vedevano come un pericolo che l'uomo comune uscisse dal loro controllo per ingerire una sostanza che era corpo divino.

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Il pulque nei periodi coloniali

Con l'arrivo degli Spagnoli il pulque perdette la sua posizione di bevanda inebriante ad uso cerimoniale e religioso e fu velocemente relegato alla posizione di bevanda profana. Dopo neanche un secolo dalla prima visita di Corts i danni della profanazione dell'uso di questa bevanda si fecero pesantemente sentire nei territori messicani e in ci che rimaneva della sua popolazione autoctona. Il frate dominicano Diego Durn (Libro II, Cap. XXII), che scrisse nella seconda met del XVII secolo, studiando le idolatrie degli indios e il sistema religioso dei vinti, si accorse e a suo modo si rammaricava della mancanza del rigido sistema di controllo sull'uso del pulque che avevano adottato gli Aztechi, che non era gente barbara, bens gente politica, esperta e avveduta. Fatto sta che l'alcolismo da pulque dilag fra i restanti nativi, gi decimati dalla brutalit dei Conquistadores e dalle nuove malattie da questi portate nella Nueva Espaa. Poco dopo l'arrivo degli Spagnoli in terra messicana l'uso degli inebrianti di natura allucinogena peyote, funghi psilocibinici, semi di Rivea corymbosa (ololihqui), ecc. furono proibiti su tutto il territorio della Nueva Espaa, poich interpretati come prodotti diabolici e fortemente in antitesi alle idee e allo spirito religioso cristiano, seguendo in tal modo un clich comune che dovettero subire tutte le popolazioni del mondo colonizzate dagli Europei. Un fatto curioso: per un certo periodo di tempo fu vietato il vino europeo agli indios, come dimostrano le Cedole Ecclesiastiche degli anni 1539 e 1545 (Corcuera de Mancera, 1991: 123), un divieto quasi ironico, verifcato che gli indios non avrebbero potuto permettersi il lusso di comprare vino europeo. Le bevande autoctone di natura alcolica non subirono generalmente questo ferreo divieto; una delle eccezioni fu del pulque, per via degli additivi vegetali che vi venivano aggiunti, alcuni dei quali erano quasi certamente di natura allucinogena o comunque

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raforzavano signifcativamente, per gli Spagnoli eccessivamente, le sue propriet inebrianti. Tuttavia, come ha fatto notare nel suo attento studio Hernndez Palomo (1979), le reiterate proibizioni attraverso le Cedole Reali, in particolare degli anni 1529, 1545, 1594, 1607, 1637 e 1640, vertevano sulla proibizione dei vari ingredienti vegetali che venivano aggiunti al pulque bianco, cio il semplice pulque ottenuto mediante fermentazione della linfa fatta fuoriuscire dalla pianta del maguey, linfa nota nei periodi post-cortesiani con il nome spagnolo di aguamiel. Restava quindi implicito il permesso di elaborare e commercializzare il pulque bianco, che era nulla di pi che una blanda bevanda alcolica, con una gradazione del 2-4 % di alcol. Nel 1608 un'ordinanza del Vicer Luis de Velasco impose una prima normativa in fatto di commercializzazione del pulque bianco, che prevedeva l'esclusione da tale commercio di individui estranei alla pura etnia degli indios spagnoli, mestizi, mulatti o negri che fossero ed erano previste pene severe per chi non avesse rispettato questa condizione, che evidentemente era rivolta alla protezione del sistema di produzione indigeno del pulque. Questa ordinanza prevedeva che per ogni 100 indios venisse nominata una donna, una india, che doveva avere le caratteristiche di essere anziana, stimata e d'estrazione molto povera, che si sarebbe dovuta fare carico della vendita del pulque fra i nativi, con la condizione aggiuntiva che in questo commercio non poteva far coinvolgere spagnoli o indigeni appartenenti all'amministrazione locale. La vendita del pulque era comunque proibita nei giorni di domenica e in tutti i giorni festivi, compresi i giorni della Quaresima.17 E' interessante notare come anche nei periodi successivi nella vendita del pulque non fu fatta mai allusione agli uomini, bens si parl sempre di venditrici, di indias. Questa presenza della donna una caratteristica rimasta in gran parte sino ai nostri giorni (Hernndez Palomo, 1979: 36). Ma l'ordinanza di Velasco del 1608 rimase efettiva solamente per alcune decine di anni; gli interessi economici nei confronti di un commercio lucroso fecero si che vi si infltrassero gradualmente spagnoli e mestizi, in particolare nella gestione delle pulquerias, le locande dove si vendeva e consumava la bevanda; inoltre, il dilagare dell'alcolismo presso la popolazione indigena, congiuntamente al mancato rispetto, alquanto difuso, del divieto dell'uso di additivi fortifcanti la medesima bevanda, port le amministrazioni locali e centrali a riconsiderare la normativa sul pulque; gi nel 1648 si hanno notizie della nomina di un Giudice del Pulque, che doveva sovrintendere alle controversie e ai crimini legati al consumo della bevanda, oltre a un irrigidimento nei confronti del suo uso indigeno. L'ordinanza di Velasco, pur redigendo una normativa del mercato del pulque, non

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prevedeva l'istituzione di una tassa sulla bevanda, nel rispetto della pi generale regola fssata dal re di Spagna di non tassare i prodotti indigeni utilizzati dalla popolazione nativa. Tuttavia, verso la seconda met del XVII secolo gli amministratori locali, in particolare quelli dei paesi dei dintorni di Citt del Messico, principali luoghi di produzione del pulque, iniziarono illegalmente a richiedere un impuesto per tutto il pulque che veniva trasportato verso la capitale. L'illegalit di questa tassa era evidente e fu oggetto di denuncia da parte di diversi amministratori coscienziosi. Si verifcarono anche situazioni di lucro indiretto, cio non mediante una vera e propria tassa, bens attraverso l'ingerenza nel commercio da parte di amministratori locali; fu il caso ad esempio del corregidor di Cuautepec, che nel 1633 obblig gli indios della sua giurisdizione a vendergli il pulque ch'egli rivendeva in seguito a un prezzo raddoppiato. Verifcato che nel commercio della bevanda rientravano sempre pi individui non appartenenti alla razza nativa, le tasse e le attivit lucrative venivano giustifcate dal fatto che tale commercio esulava dai commerci puramente nativi, che per legge erano esenti da tasse. Tutto ci port alla decisione reale di stabilire un primo asiento del pulque nel 1668, cio una regolarizzazione della produzione della bevanda con tanto di tassa amministrativa, di cui la maggior parte era destinata alle casse reali spagnole. A parte gli indios, che avevano ben poca voce in capitolo, solo il conte di Alba de Liste e il duca di Albuquerque cercarono di opporsi a questo progetto, considerandolo una violazione del principio di esentasse dei prodotti indigeni; ma quando i proftti economici associati al pulque furono intuiti dalla Corona, le etiche rispettose nei confronti dei nativi furono da questa accantonate senza alcuna remora. Vi fu solo una brusca interruzione di sei anni, dal 1692 al 1697, che ebbe origine da una rivolta popolare che si verifc l'8 giugno del 1692 a Citt del Messico, repressa il giorno successivo dalle forze spagnole del Conte di Santiago, Juan de Velasco. La causa di questa rivolta ricadde sul pulque, quale fonte di ubriachezza, verifcato che si udirono dalla parte dei rivoltosi urla del tipo viva il pulque! Si deve terne conto che, dal momento in cui, nel 1668, il commercio del pulque fu regolarizzato e tassato, il suo uso conobbe un notevole incremento nella capitale e, nonostante fossero permesse solamente la produzione e lo spaccio del pulque bianco, era di fatto quello adulterato dagli additivi rinforzanti, quindi maggiormente inebriante, che veniva consumato e che arricchiva di fatto l'erario reale. Una delle conseguenze della repressione della rivolta fu il divieto della produzione, del consumo e quindi anche del commercio del pulque in tutto il territorio della Nueva Espaa. Ma a una pi attenta analisi le cause principali della rivolta non erano da ascrivere all'ubriachezza da pulque bens a fattori di natura sociale, in primis le

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condizioni di estrema povert in cui riversava la popolazione della capitale, dovuta anche alla carestia di grano e mais dell'anno precedente causata da cattive condizioni climatiche. Il difuso alcolismo era semmai una conseguenza delle dure condizioni di vita dei nativi. Un altro motivo pi concreto della proibizione del pulque si bas sulla constatazione che le pulquerias erano luoghi di associazione della popolazione, dove indios, mestizo, mulatti e negri potevano incontrarsi e produrre quelle adunate sediziose che in tutti i tempi furono e continuano ad essere perseguite nei contesti repressivi. La proibizione del pulque del 1692 sembra essere stata efettiva solamente nella capitale, mentre la bevanda continuava ad essere prodotta e consumata nel resto del paese. Ma essendo stato ufcialmente vietato, anche il reddito della sua tassazione venne meno; ci port dopo alcuni anni all'eliminazione del divieto, con tanto di reinserimento della relativa tassa (Hernndez Palomo, 1979: 31-84). Fu tuttavia mantenuta l'obbligata diferenziazione fra pulquerias per soli uomini e pulquerias per sole donne. A parte il pulque bianco, il pulque con radici, cio con additivi rinforzanti l'efetto inebriante, rimase proibito congiuntamente a numerose altre bevande alcoliche native. Ad esempio, nell'Ordinanza del Conte di Revillagigedo del 1755 vengono vietate aguardiente di maguey, di canna, di miele, cantincota, ololinque, mistelas contrafatte, vini di cocco, sangue di coniglio, vinguies, mescali, tepache, cruacapo, vingarrote, e molte altre sebbene non siano specifcate in questa ordinanza, e che si fabbricano e usano qualunque sia il loro nome, con seme dell'albero del Per, ananas, pulque marcio o corrotto o di frutta di tutte le specie, e ingredienti velenosi con l'unico scopo di ubriacare. 18 Tale divieto perdur fno a tutto il XVIII secolo e, nonostante venisse motivato per il dilagante alcolismo, il motivo concreto risiedeva nella concorrenza che queste bevande facevano nei confronti delle bevande alcoliche d'importazione spagnola, in particolare vini e distillati. Il problema di questa concorrenza non era un fatto nascosto e fu esplicitato da diversi autori a partire dal secolo XVII; Humboldt (1822, Libro IV, Cap. IX), nei confronti in questo caso del mezcal, ancora ai suoi tempi riferiva che il governo spagnolo, in particolare la Real Hacienda, da molto tempo persegue con rigore il mezcal, che severamente proibito, poich il suo uso pregiudica il commercio delle acquaviti della Spagna. Ai governanti coloniali non interessava la salute psichica e fsica dei nativi, che veniva sbandierata solamente in occasione dei suddetti divieti. Per i medesimi motivi era proibita nella Nueva Espaa la coltivazione di piante del Vecchio Mondo, fra cui olivi, vite e gelso, per non intralciare il lucroso commercio intercontinentale di questi prodotti esotici europei. Un'altra questione che fu reiteratamente discussa durante i secoli da parte dei simpatizzanti e dei detrattori del pulque, riguardava lo stato di salute fra la popolazione

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indigena con o senza pulque, in particolare nel tema della loro riproduttivit. Durante il XVIII secolo un certo frate Diego Gonzlez dell'Ordine dei Mercedari riportava che lo spopolamento degli indios degli inizi del secolo XVIII era dovuto allabuso pi che alluso del pulque, assicurando che coloro che non lo bevevano si mantenevano in eccellenti condizioni di salute, e che gli indios del Messico potrebbero vivere cos bene senza provare il pulque (Guerrero, 1985: 84). Ancora ai giorni nostri ngel Mara K. Garibay, il curatore dell'opera di Sahagn, riportava la seguente considerazione di valore opposto a quello del frate mercedario:
Se vogliamo conservare la razza indigena necessario che conserviamo questo liquore che la natura ha loro fornito con efcacia. Migliaia di osservazioni accreditano che nei villaggi dove il pulque non viene bevuto le febbri distruggono le popolazioni, mentre queste si conservano dove abbondano i maguey e dove viene estratto questo liquore molto necessario per nutrire l'indio, rinvigorirlo e preservarlo dalla febbre putrida alla quale vive esposto per le continue insolazioni di cui sofre e per i vili alimenti di cui si nutre. Experto crede magistro: credere all'esperienza (Gariby, in Sahagn, 1985: 981).

Come gi detto, con l'avvento degli Spagnoli quell'insieme di rigide regole e di settorialit specifche nell'uso del pulque adottate dagli Aztechi di colpo vennero meno. L'uso rituale e religioso si dilegu velocemente, sino ad essere dimenticato. Tuttavia, come accadde ad altre fonti vegetali psicoattive, in particolare allucinogene, quali l'ololihqui, i teonanacatl, il peyote, non mancarono casi dove l'uso rituale del pulque persistette in clandestinit, fuori dagli sguardi dell'inquisizione. A riprova di ci, Jacinto De la Serna (1661) riport diversi casi di idolatrie dei nativi messicani perseguiti da lui medesimo o da altri inquisitori spagnoli. Nel paesino di Tenango l'inquisitore venne a sapere di un curandero che aveva tenuto in una casa privata un incontro svolto in occasione di una festa a un santo, dov'egli aveva somministrato ai partecipanti dei funghi allucinogeni (quautlan nanacatl). La statua del santo era collocata sull'altare domestico, davanti al quale v'era un fuoco. Stando a quanto riferito da De la Serna (Cap. I, 3) in quell'occasione oltre ai funghi fu assunto dai presenti anche una buona quantit di pulque. Il curandero riusc a fuggire prima di cadere nelle mani del braccio secolare inquisitoriale. In un altro passo (Cap. XV, 2) il medesimo autore riferisce del costume di spargere un poco di pulque come oferta alle divinit prima di iniziare la bevuta collettiva. Lo spargimento del pulque viene chiamato da De la Serna col nome nahua tlatotoiahua, che ricorda lo tlatoyaualiztli riferito da Sahagn (I, XIII, 10) e pi sopra menzionato. L'assunzione di pulque si svolgeva solitamente in maniera segreta all'interno di case private e di

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fronte all'altare domestico, in occasione di feste religiose che ricalcavano quelle antiche azteche. Si riporta qui per esteso il passo di De la Serna, in quanto un'importante testimonianza di sopravvivenza di una celebrazione con il pulque che si era conservata durante la prima fase del periodo coloniale:
Hanno anche le loro idolatrie con dei semi, e uno di questi l'Huatli, che un seme molto precoce a loro disposizione; poich si semina prima del mais e quando inizia a spigare da questo seme fanno una bevanda a mo' di poleada [bevanda a base di latte e farina] e alcune tortilla che chiamano Tzoally; questo seme ci che richiesto dal Demonio, che gliela ofrono come primizia e di cui fa menzione Padre Fray Martin di Len nel mese tredicesimo del suo Calendario quando facevano festa ai monti pi alti, che si chiama Tepeilhuitl e corrispondente ai primi di ottobre; e nell'altro Calendario questo il mese dodicesimo, che si chiamava Quecholli, corrispondente al mese di novembre, dal cinque al ventiquattro del detto mese. L'idolatria e l'abuso di questo seme consiste nel fatto che nell'azione di grazia che si sia maturato, del primo che raccolgono ben macinato e impastato, fanno alcuni piccoli idoli con del fango, dall'aspetto umano e della dimensione pi o meno di un palmo e li ricoprono con quell'impasto [di semi], e per il giorno che li preparano hanno preparato molto del loro vino, che il pulque, ed essendo gli idoli preparati, e conosciuti [sic, conocidos, in realt cocidos, cotti] li mettono nei loro oratori [altari], come se collocassero qualche immagine e vi pongono candele, incensi e profumi e ofrono fra i loro mazzolini [di fori] del vino preparato per la dedica nei bicchieri e nei piccoli tecomate [specie di vaso semisferico a bocca larga, di argilla o ricavato da una zucca] e che hanno per queste azioni superstiziose, come riportai pi sopra (cap. III, 5) e che custodiscono con gran cura, e se no in altri scelti per questo scopo riunendosi tutti quelli di quella faziosit e convitati per questa azione di grazie al Demonio, si siedono tutti in cerchio: posti i tecomate e mazzolini di fronte agli idoli, con grande plauso inizia in suo onore e lode, e il Demonio, che tutto uno, il canto, o musica del Teponaztli, accompagnando questa musica col canto degli anziani secondo il costume, e in seguito arrivano i padroni dell'oferta e i capi della festa in segnale di sacrifcio spargono di quel vino, che avevano preso dai tecomate, o tutto o parte di quello davanti agli idoli di Huatli: chiamano quest'azione Tlatotoiahua, che azione di spargimento, e poi iniziano a bere tutto ci che rimasto nei tecomate, come prima cosa, e poi bevono dalle pentole di pulque sino a terminarle e da ci seguono tutte le cose che sono solite accadere nelle ubriachezze; e i proprietari dei piccoli idoli li custodivano con attenzione sino al giorno seguente afnch tutti i partecipanti alla festa se li mangino a pezzetti come fossero delle reliquie (De la Serna, 1661, Cap. XV, 2).

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Non sono mancate durante i tempi coloniali, cos come in quelli moderni, forme sincretiche fra le antiche credenze e i culti cristiani nei riguardi delle pratiche, della mitologia e della flosofa associata all'uso del pulque. Durante la preparazione del pulque ancora al giorno d'oggi sono praticati alcuni riti, ora cristianizzati: prima di iniziare il lavoro i partecipanti si fanno il segno della croce davanti allaltare del tinacal e la persona che dirige i lavori esclama a voce alta Ave Maria Purissima!, mentre gli altri rispondono Senza peccato concepita!. Vi sono casi i cui queste esclamazioni sono fatte con una certa modulazione della voce, a mo' di canto (Guerrero, 1985: 59). Fra i Totonachi dei tempi coloniali e moderni ha un culto importante San Giovanni Battista, chiamato familiarmente San Juanito; egli considerato un grande bevitore di pulque, e anche Ges considerato un gran bevitore di questa bevanda (ibid., :52). Presso gli Otomi attuali il pulque chiamato juase, da jua, dio e sei, vino, da cui bevanda divina, oppure chiamato semplicemente se, mentre le pulquerie sono chiamate seing, da sei, vino, ngu, casa (ibid., :25). Oggigiorno le grande aziende magueyere e pulquere sono concentrate per lo pi negli stati del Mxico, Tlaxcala e Hidalgo e il pulque considerata una bevanda volgare, usata dal popolino. Ma fno al secolo XIX fu bevanda gustata anche dalle classi abbienti e dagli spagnoli. Si ha notizia che l'imperatore Massimiliano, quando ancora sul trono del pericolante Regno del Messico, partecip a un banchetto che gli fu oferto e dove il pulque era la bevanda principale (Guerrero, 1985: 110).

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APPENDICE I

Mito dorigine del maguey

Il seguente mito dorigine della pianta del maguey, di stampo tezcocoano, riportato in forma poetica nellHistoire du Mechique, opera di un anonimo autore del XVI secolo, trascritta in francese nel 1543 da Andrs Tevet (manoscritto n. 19031 della BibliotecaNazionale di Parigi). Secondo Garibay (1985: 16) l'opera originaria fu probabilmente scritta da fray Andrs de Olmos. Una versione approssimata del mito dell'origine del maguey stata riportata da Castellon (1987: 154-5). Il racconto inscritto in un mito cosmogonico nahua, ambientato ai primordi dellesistenza umana e si estende fra i passi 129 e 143 dell'Histoire du Mechique. Meyahuel Mayhuel, dea azteca del maguey e ancor prima personaggio femminile protagonista nell'etnostoria e nella mitologia mexica della scoperta della perforazione della pianta del maguey, processo basilare per la preparazione del pulque (si veda Il pulque nei periodi preispanici). 129. Fatto tutto questo [la creazione dell'uomo] ed avendolo gradito gli dei, questi dissero fra di loro: 130. Ma qui l'uomo sar triste, se non gli facciamo noi qualcosa per rallegrarlo e afnch prenda gusto nel vivere sulla terra e che ci lodi e canti e danzi. 131. Udito ci da Ehcatl, il dio dell'aria, questi nel suo cuore pensava dove avrebbe potuto trovare un liquore da dare all'uomo per renderlo allegro. 132. Nel pensare a ci, gli venne in mente una dea vergine chiamata Meyahuel e si rec quindi dov'ella risiedeva insieme ad altre dee, che in quel momento stavano dormendo. 136. E svegli la vergine e le disse: 136. Che era sorvegliata da una dea, sua nonna, che si chiamava Cicimitl: 19 Vengo a cercarti per portarti sulla terra. 137. Essa acconsent e cos scesero entrambi ed egli nella discesa se la caric sulle spalle.

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138. E come giunsero sulla terra si trasformarono entrambi in un albero che aveva due rami, di cui uno si chiama Quetzalhuexotl, 20 che era quello di Ehcatl, e l'altro Xochicuahuitl,21 che era quello della vergine. 139. Nel frattempo, sua nonna dormiva. Quando si svegli e non trov sua nipote, chiam le altre dee che si chiamano Cicime.22 140. E scesero tutte sulla terra a cercare Ehcatl e per questo motivo i rami si disgiunsero l'uno dall'altro.23 141. E quello della vergine fu riconosciuto dalla vecchia dea, che lo prese e, rompendolo, ne diede un pezzo a ciascuna delle altre dee, che lo mangiarono. 142. Ma il ramo di Ehcatl non lo ruppero, bens lo lasciarono l dov'era. Dopo che le dee furono tornate in cielo, Ehcatl riprese la sua forma originaria, riun le ossa della vergine, le interr e da l sorse un albero che chiamano metl. 143. Da questo gli indios fanno il vino che bevono e con il quale si ubriacano, sebbene non a causa del vino, bens per via di alcune radici che chiamano ucpatli 24 ch'essi mescolano con quello (Garibay, 1985: 106-107).

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APPENDICE II

La leggenda di Xchitl

Questa leggenda di origine tolteca e viene ancora tramandata nello stato messicano di Hidalgo. E' ambientata nelle ultime fasi del regno di Tula. Nella versione di Manuel Rivera Cambas il fglio della bella Xchitl chiamato Meconetzin, che in lingua nahuatl signifca fglio del maguey, o meglio signor ragazzo del maguey; 25 chiamato anche Ce Acatl Topiltzin Quetzacatl (Uno Canna, Nostro Signor Quetzacatl), e fu l'ultimo sovrano del regno di Tula. Tecpancaltzin fu il penultimo re, che govern nel periodo 990-1042 d.C. All'interno di questa leggenda possibile intravedere un mito delle origini del pulque, contestualizzato in un racconto etno-storico della fase fnale del regno di Tula. Versione di Mariano D. Veytia (1718-1780?)

(riportata da ngel Mara K. Garibay, in Sahagn, 1985, pp. 980-981)

Tecpantcaltzin, ottavo re dei Toltechi, un giorno ricevette un regalo da parte di Papantzin, che era uno dei principali cavalieri della sua corte, consistente in una giara di pulque, la cui elaborazione con aguamiel aveva appena terminato di inventare una sua fglia chiamata Xchitl; questa era la portatrice dell'ossequio ed era una giovane di straordinaria bellezza. Al re piacque molto la bevanda, ma piacque molto di pi la ragazza che la portava e alla quale diede l'incarico di ripetere l'ossequio appena avesse potuto. Fatto questo, in una delle occasioni in cui gli si present, avvalendosi della sua autorit il re sedusse la ragazza, la fece rinchiudere nel suo palazzo trattandola segretamente con gran riguardo, ed ebbe da ella un fglio che fu chiamato Topiltzin. Dopo la morte della regina legittima, il re si spos con Xchitl e ne legittim la prole; ma il popolo non volle riconoscere Topiltzin come vero

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successore al trono, e a ci si oppose Huehuetzin, parente immediato del re colluso con i signori di Xalisco; questi dichiararono al re una guerra cos crudele che dur tre anni e due mesi e vi perirono da una parte e dall'altra cinque milioni e duecento mila persone; con questa guerra termin la monarchia tolteca, dopo essere esistita 397 anni e alla quale segu quella di Aculhua, di cui fu fondatore il grande padre Xolotl. Xchitl mor con gloria sul campo battendosi con i suoi nemici a capo di un corpo di signore che la accompagnavano; suo marito si nascose nella grotta di Xico, nei dintorni di Amecamecan, per salvare la sua vita. Versione di Manuel Rivera Cambas (1976)

(riportato in forma riassunta da Ral Guerrero, 1985, pp. 111-3)

Un nobile chiamato Papantzin, dedito alla coltivazione del maguey, riusc ad ottenere miele con il succo di questa pianta. Volle ossequiare con questa scoperta il re Tecpancaltzin ed essendosi recato a Tula accompagnato dalla sua sposa e da sua fglia unica chiamata Xchitl, fu accolto benevolmente. Il re elogi il nobile e gli ofr come ricompensa la signoria di alcuni villaggi, incaricandolo di inviargli nuovi regali per il tramite di Xchitl. Soddisfatto e pieno di vanit, Papantzin torn alle sue terre, deciso a perfezionare quella nuova industria, senza sospettare che lentusiasmo del re per la scoperta non era stato sincero; infatti era la bellezza di Xchitl ad aver causato al monarca una profonda impressione e, nel percepire ci, la giovane era arrossita, aumentando in tal modo il suo fascino agli occhi del re. Il monarca lottava dentro di se fra i suoi doveri di sovrano e le inclinazioni di una passione cos repentina quanto violenta; una passione che gli fece dimenticare il decoro del trono, la purezza dei costumi, la pace e anche lesistenza medesima del regno. Papantzin continuava ad elaborare nuove paste dolci e giunse infne ad inventare il pulque. La bella Xchitl port un recipiente pieno di questo liquore bianco a Tula, accompagnata dai suoi domestici e dalla sua nutrice Tepennetl; la giovane arring il re, con accento turbato, nel presentargli il regalo ed ella medesima vers il liquore che gust tutta la corte. Il re elogi la ricchezza del pulque, lintelligenza dellin-ventore e la bellezza della giovane ambasciatrice. Allontan la nutrice e i domestici, facendoli portatori

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di nuovi regali e onori, e questi furono incaricati di dire al padre della giovane chella si era fermata nel palazzo per essere educata da signore illustri, come corrispondeva al suo rango e al suo merito e a compimento della promessa che aveva fatto a Papatzin nel primo incontro. Chi avrebbe potuto opporsi alla determinazione del re! Sommersi Papatzin e la sua sposa da terribili dubbi e da grandi remore, ricevevano messaggi del re dove venivano avvisati che Xchitl si manteneva in buona salute e contenta; ogni messag-gio era accompagnato da preziosi regali di tela, gioielli e metalli lavorati ad arte. Chiamata la nutrice accanto alla bella giovane, entrambe furono trasferite in una notte oscura in un palazzo eretto in cima al monte vicino al paesino di Palpan; il re mise delle guardie afnch nessuno, ad eccezione di se medesimo, potesse entrare o uscire o avvicinarvisi. Dopo nove mesi nacque un bambino chiamato Meconetzin, frutto del maguey, fu dato alla luce da Xchitl. Papantzin cercava nel frattempo di scoprire la dimora di sua fglia, poich il re si limitava a comunicargli che era in salute e stava proseguendo la sua educazione; seppe casualmente che sua fglia viveva nel palazzo di Palpan e avvertito che a nessuno era permesso di entrare, si mascher da contadino, si dipinse e si sfgur il viso e fngendosi zoppo, fu a ofrire fori al villaggio vicino; fece quindi conoscenza con uno dei giardinieri reali e questo lo fece entrare. L vide sua fglia, vicino alla fonte, che teneva un bambino fra le braccia; si avvicin, si scopr ed ella rifer delloltraggio di cui era stata vittima. Il padre dissimul; risolse che si sarebbe presentato di fronte al monarca e gli avrebbe parlato con franchezza. Cos fece ed esigette che il re si sposasse con Xchitl; insultato e svergognato, il monarca neg di sposarsi, ma promise che avrebbe dichiarato Meconetzin erede della corona. Tecpancaltzin (cos si chiamava il monarca) aveva diverse fglie e una di queste si innamor di un plebeo o macehual, che vendeva peperoni verdi in un mercato vicino al palazzo. Tobueyo 26 era il fortunato ragazzo, su cui aveva fssato la sua pas-sione la principessa, al punto di ammalarsi. Tecpancaltzin ordin che gli condu-cessero davanti a lui lignaro ladro di quel cuore, e gli chiese: - Chi sei e da dove vieni? - Sono un contadino e vengo a vendere peperoni verdi. Che mi castighino

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gli dei e mi faccia morire sua Altezza. Non sono altro che un infelice che si procaccia da vivere vendendo povera mercanzia. Quel macehual si spos con la principessa, con grande disgusto dei nobili, i quali esigettero che fosse messo a capo dellesercito, sperando in tal modo ch'egli morisse in battaglia; ma egli se ne rese conto e nel primo combattimento si fnse abilmente morto. Meconetzin, il fglio bastardo, fu allora proclamato erede al trono di Tula con il nome di Topiltzin il Giustiziere. Egli agli inizi govern bene, ma poi si diede a una vita dissoluta, presagendo la vicina caduta del Regno di Tula.

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APPENDICE III

L'ubriachezza di Quetzalcatl

Il motivo dell'ubriachezza di Quetzalcatl con la bevanda inebriante del pulque inserito all'interno del racconto etno-storico del regno di Tula, cuore della societ tolteca. Fra la cinquantina di passi dei cronisti antichi che riferiscono di Quetzalcatl di Tula, il tema dell'ubriachezza ci giunto in forma estesa in due versioni: una nell'opera di Sahagn redatta nel periodo 1547-1577 e l'altra negli Annali di Cuauhtitlan, opera di un autore anonimo inserito all'interno del Codice Chimalpopoca, datato attorno al 1570. In questo racconto Quetzalcatl un principe sacerdote che governa sui Toltechi nella capitale Tula.27 Figlio di Totepeuh e Chimalman, egli chiamato anche Topiltzin o Ce Acatl Quetzalcatl. Nel racconto etnostorico Quetzalcatl si inimica una parte del prelato, rappresentato da tre negromanti, poich'egli non intende fare sacrifci umani. I tre personaggi, di cui uno si chiama Titlacahuan ed una personifcazione di Tezcatlipoca, con uno stratagemma lo fanno ubriacare con del pulque, fno a ch'egli non perde le stafe e si abbandona all'allegrezza della sbornia, coinvolgendovi anche sua sorella, sacerdotessa di un tempio di Tula. Svergognato dal comportamento inappropriato ad un principesacerdote, Quetzalcatl abbandona la citt e si dirige verso la riva del mare, raggiunta la quale egli prende fuoco (si auto-crema) e si trasforma nella stella del mattino. Il mito termina con il presagio che un giorno egli sarebbe tornato dal mare. Nel primissimo impatto con gli Spagnoli delle popolazioni rivierasche del Messico orientale, queste interpretarono i nuovi venuti con sifatti vascelli come il ritorno di Quetzalcatl. Versione di fray Bernardino Sahagn

(riportata nella Historia General de las Cosas de Nueva Espaa, Libro III, Capitolo IV, 1-9, versione a cura di ngel Mara Garibay, 1985, pp. 196-197, qui tradotta dallo spagnolo)

1. - Venne il tempo che termin la fortuna di Quetzalcatl e dei Toltechi. Gli si misero contro tre negromanti, chiamati Huitzilopochtli, Titlacauan e Tlacauepan, che fecero molti imbrogli a Tulla [Tula].

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2. - E Titlacauan inizi per primo a fare un imbroglio, trasformandosi in un vecchio molto canuto e basso e recandosi a casa del suddetto Quetzalcatl dicendo ai paggi del detto Quetzalcatl: Voglio vedere e parlare al re Quetzalcatl. E gli fu risposto: Vattene vecchio, che non lo puoi vedere perch malato e lo irriteresti e gli daresti pena. 3. - Il vecchio allora disse: Io devo vederlo. E gli dissero i paggi del detto Quetzal-catl: Attendi, che glielo andiamo a dire. Cos andarono a dire al detto Quetzalcatl di come era venuto un vecchio a parlare loro, dicendo: Signore, un vecchio venuto qui domandando di vedervi e parlarvi, e avendolo cacciato via, egli non se ne andato, dicendo che vi deve vedere per forza. E disse il detto Quetzalcatl: Che entri e venga qui, che lo sto attendendo da molti giorni. 4. - E quindi chiamarono il vecchio, e questi entr dove stava il detto Quetzalcatl, ed entrando il vecchio disse: Signor fglio, come state, ho qui una medicina perch la beviate. E disse il detto Quetzalcatl rispondendo al vecchio: Vieni con felicit mia, vecchio, che da molti giorni che ti aspettavo. 5. - E disse il vecchio al detto Quetzalcatl: Signore, come state di corpo e di salute?. E rispose il detto Quetzalcatl dicendo al vecchio: Sono molto maldisposto e mi duole tutto il corpo e non posso muovere mani e piedi. E il vecchio disse rispondendo al detto Quetzalcatl: Signore, vedete la medicina che vi porto; molto buona e salutare, e ubriaca chi la beve; se la volete bere vi ubriacher e vi saner e vi addolcir il cuore e vi accorder dei lavori e delle fatiche e della morte, o della vostra andata. 6. - E rispose il detto Quetzalcatl dicendo: Oh vecchio! Dove devo andare?. E gli disse il detto vecchio: Per forza dovete andare a Tullantlapan,28 dove sta un altro vecchio che vi attende, egli e voi parlerete, fra di voi, e dopo il vostro ritorno sarete come giovane e tornerete nuovamente come ragazzo. 7. - E al detto Quetzalcatl, udendo queste parole, si mosse il cuore; e continu a dire il vecchio al detto Quetzalcatl: Signore, bevete questa medicina. E gli rispose il detto Quetzalcatl dicendo: Oh vecchio, non voglio bere. E gli rispose il vecchio dicendo: Signore, bevetela, poich se non la bevete dopo ve ne verr voglia; per lo meno ponetevela sulla fronte, e bevetene solo un poco. 8. - E il detto Quetzalcatl l'assaggi e la prov, e dopo averla bevuta disse:

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Cos' questo? Sembra essere cosa molto buona e gustosa; gi mi ha guarito e il malanno se ne andato, gi sono sano. E una volta di pi il vecchio disse: Signore, bevetela un'altra volta perch molto buona la medicina e starete pi sano. 9. - E il detto Quetzalcatl bevve un'altra volta, per cui si ubriac e si mise a piangere tristemente e gli si mosse e raddolc il cuore per doversene andare, e non smise di pensare a quello che aveva fatto per via dell'inganno e della burla che gli aveva fatto il detto vecchio negromante; e la medicina che bevette il detto Quetzalcatl era vino bianco della terra, fatto con maguey che si chiamano temetl. Nel corso della peregrinazione verso il luogo chiamato Tlapallan, accade nuovamen-te che Quetzalcatl si ubriaca con il pulque: ( Libro III, Capitolo XIII, 7-9) 7. - E il detto Quetzalcatl camminando giunse in un altro luogo che si chiama Cochtocan e arriv un altro negromante che si imbatt con lui dicendo: Dove anda-te?. E il detto Quetzalcatl disse: Sto andando a Tlapallan. E il detto negromante disse al detto Quetzalcatl: Andate con fortuna; bevete questo vino che porto. E disse il detto Quetzalcatl: Non lo posso bere, nemmeno assaggiare un poco. 8. - E il negromante gli disse: Lo dovete bere per forza, o assaggiare un poco, poich a nessuno fra i vivi permetto di dare o far bere questo vino; ubriaco tutti. Dai, bevetelo dunque! 9. - E il detto Quetzalcatl prese il vino e lo bevve con una cannuccia, e bevendolo si ubriac e si addorment sulla strada e si mise a russare, e quando si svegli, guardando da un lato e dall'altro, scroll (scosse) i capelli con la mano, e quindi il detto luogo fu chiamato Cochtocan. Versione degli Annali di Cuauhtitlan (Codice Chimalpopoca)

(E' riportata nei fogli 6 e 7 di questo manoscritto redatto in lingua nahuatl attorno al 1570, conservato presso il Museo Nazionale di Antropologia di Citt del Messico. Qui viene data una traduzione italiana ricavata dalle traduzioni in spagnolo di Garibay, 1974, pp. 29-32, e in inglese di Bierhorst, 1992, pp. 33-6)

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(6:13) Quindi [i maghi] andarono a Xonocapacoyan [luogo-dove-si-lavanole-cipolle], e si fecero ospitare a casa di un contadino di nome Maxtla [Maxtlaton]; era il guardiano di Toltecatepec [il monte dei Toltechi]. Poi cucinarono legumi, pomodori, peperoncini, pannocchie tenere di mais e teneri baccelli di fagioli. Fu fatto questo per alcuni giorni. (6:16) E visto che li c'erano delle piante di maguey, le chiesero a Maxtla. In soli quattro giorni prepararono il liquore di maguey e lo rafnarono. Essi medesimi avevano scoperto alcune olle di miele silvestre e con questo mescolarono il liquore.29 (6:20) Quindi si recarono alla casa di Quetzalcatl a Tula. Si portarono tutto ci che avevano preparato: i legumi, il peperoncino e tutto il resto. Portarono anche il liquore. Quando giunsero, cercarono di parlare con il re, ma le guardie di Quetzal-catl non lo consentirono: non li fecero entrare. Per due e per tre volte li respinsero: non furono ammessi. Alla fne fu loro chiesto da dove venivano. (6:24) Essi risposero dicendo: Veniamo dal monte dei sacerdoti, l dal monte dei Toltechi. (6:25) Quetzalcatl ud ci e disse: Fateli entrare. (6:26) Entrarono, lo salutarono e gli ofrirono i legumi e il resto. Quando termin di mangiarli gli pregarono e gli ofrirono il liquore di maguey. (6:28) Ma egli disse: No di certo: questo non lo berr. Sono un uomo astinente. Questo forse inebriante. Questo forse mortifero (6:29) Essi dissero: Provalo almeno con il dito. E' efcace, recente. 30 (6:30) Quetzalcatl lo prov col dito e gli piacque e disse: Berr, vecchio mio, ne berr per tre volte. E i maghi gli dissero: Ne berrai anche quattro. E glie ne diedero fno a cinque. Poi dissero al re: E' la tua oferta verso gli dei. (6:33) E quando egli ebbe bevuto, lo diedero da bere ai suoi vassalli: a ciascuno cinque misure. (6:35) E le bevvero e si ubriacarono totalmente. E poi i maghi dissero a Quetzalcatl: Principe, per favore canta! Qui c' il canto che devi intonare. E il mago Ihuimcatl [Nastro-di-Piuma] gli dettava il canto: (6:38) Questa mia casa di piume, questa mia casa di piume di verde quetzal, questa casa di piume nere e gialle dorate di zacuan, questa casa di conchiglia rossa, io la devo lasciare, ai, ai, ai!

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(6:39) E quando gi era ben allegro, disse: Andate a prendere Quetzalptlat [Preziosa Stuoia], mia sorella, continueremo a bere insieme a lei fno all'ubriachezza! (6:41) I servitori si recarono sul monte di Nonoalco [Vecchie Abitazioni], dove ella stava consacrata al culto dei suoi dei. Le dissero: Principessa, nobile signora, Quetzalptlat, Penitente, siamo venuti a prenderti: ti chiama il sacerdote Quetzal-catl. Devi stare accanto a lui. (6:44) Ed ella disse: Va bene, venerabile paggio, andiamo. E quando giunse, si sedette accanto a Quetzalcatl. Poi le servirono il liquore. Furono versati per lei quattro misure e in pi la quinta.5 (6:47) Cos Ihuimcatl e il Tolteca la ubriacarono. E cos cantarono alla sorella di Quetzalcatl: (6:49) Sorella mia, dove vai tu, o Quetzalptlat: beviamo, ai, ai, ai. (6:50) E quando ebbero bevuto, non dissero pi: siamo gente di astinenza. Non scesero pi al bagno rituale nel fume; non si punsero pi con le spine; 31 e non fecero nulla quando spunta l'aurora. (6:53) E quando venne l'aurora del nuovo giorno, si sentirono pieni di tristezza, i loro cuori erano amareggiati. Disse allora Quetzalcatl: Ai, sventurato me! E dominato dalla tristezza da dentro di se lasci uscire questo canto: (7:1) Gi non importa la mia sorte nella mia mansione. Qui devo andarmene. E come qui? Qui, si e ancora io canto, sebbene il mio corpo terreno fu fatto. Afanno e dolore sono la mia eredit! Mai, gi, mai recuperer la mia vita!32 (7:3) E cant anche quest'altro canto: (7:4) Qui mi sosteneva mia madre, quella con la gonna di serpenti; 33 io ero suo fglio, ma ora non faccio altro che piangere. (7:5) E quando termin il suo canto, i suoi vassalli erano pieni di tristezza e si misero a piangere. E anch'essi si misero a cantare questo canto: (7:8) Egli ci aveva arricchito nella dolce prosperit: era il nostro signore, il grande Quetzalcatl, che risplendeva come una giada. Rotti sono i legni, la sua casa di penitenza. Potremmo vederlo. Lasciateci piangere.34 (7:11) E quando terminarono i loro canti i vassalli Quetzalcatl disse loro: Vecchi e servi miei: lascio la citt; intraprendo il mio cammino. Date ordine che mi preparino una cassa di pietra. (7:14) E in tutta velocit essi fecero la cassa di pietra. Quando fu terminata,

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vi distesero Quetzalcatl. (7:16) Ed egli stette quattro giorni in quel cofano di pietra. Recuper la sua salute e si alz il quarto giorno. 35 Disse quindi: Vecchi miei, miei servitori: andiamo. Chiudete tutto, nascondete tutto ci che abbiamo scoperto: era ricchezza, era allegria, era tutto il nostro bene e i nostri beni! Questo fecero i servi. Occultarono tutto dove era il bagno di Quetzalcatl. Luogo che si chiama oggi Sponda dell'Acqua, luogo del muschio acquatico [Atecpan, Amoxco].

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APPENDICE IV

La classifcazione dei maguey di Francisco Hernndez

Francisco Hernndez fu il botanico e proto-medico che negli anni '70 del 1500, per volont del re di Spagna Filippo II, diresse una spedizione scientifca nei nuovi territori americani conquistati dagli Spagnoli; fu autore di un'importante opera di classifcazione delle piante e degli animali della Nueva Espaa. Di seguito viene fornita la traduzione italiana della parte che tratta delle piante di Agave o maguey, da diverse delle quali i messicani ricavano bevande inebrianti, in particolare il pulque. La seguente traduzione stata svolta sull'edizione: Francisco Hernndez, 1959 (1571-6), Historia natural de Nueva Espaa, 2 voll., Universidad Nacional de Mxico, Mxico D.F. (vol. 1, pp. 348-354) Libro VIII, Capitolo LXXI Del METL o maguey Getta fuori il METL una radice grossa, corta e fbrosa, foglie come quelle dell'aloe ma molto pi grandi e pi grosse, in quanto a volte hanno la longitudine simile a quella di un albero medio, con spine da entrambi i loro lati e terminate in una punta dura e acuta; stelo tre volte pi grande e alla sua estremit fori gialli, oblunghi, stellati nella loro parte superiore, e pi tardi seme molto simile a quello dell'asfodelo. Sono quasi innumerevoli gli usi di questa pianta. Tutta intera serve come legna e per recintare i campi; i suoi steli sono utilizzati come legno; le sue foglie per coprire i tetti, come tegole, come piatti o vassoi, per fare papiro, per fare flo con cui si fabbrica

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calzatura, tele e tutti i tipi di vestiti che da noi si soliti fare di lino, canapa, cotone o materiale simile. Dalle punte si fanno chiodi e spine, con le quali gli indios erano soliti perforarsi le orecchie per mortifcare il corpo quando rendevano culto ai demoni; fanno anche spilli, aghi, triboli da guerra e rastrelli per cardare la trama delle tele. Dal succo che fuoriesce e che distilla nella cavit centrale [ottenuta] tagliando i germogli interni o foglie pi tenere con coltelli di iztli (e del quale a volte una sola pianta produce cinquanta anfore), producono vini, miele, aceto e zucchero; questo succo provoca le regole, calma il ventre, provoca l'urina, pulisce i reni e la vescica, rompe i calcoli e lava le vie urinarie. Anche dalla radice fabbricano corde molto resistenti e utili per molte cose. Le parti pi grosse delle foglie cos come il tronco, cucinate sotto terra (modo di cucinare che i chichimechi chiamano barbacoa), sono buone da mangiare e sanno di cedro condito con zucchero; chiudono inoltre in modo ammirevole le ferite recenti, poich il suo succo, freddo e umido, diventa glutinoso quando viene arrostito. Le foglie arrostite e applicate curano la convulsione e calmano i dolori, anche quelli che provengono dalla peste indiana, soprattutto se si beve il medesimo succo caldo; diminuiscono la sensibilit e producono sopore. Mediante distillazione si fa pi dolce il succo e mediante cottura pi dolce e pi denso, sino a che si condensa in zucchero. Si semina questa pianta mediante germogli, che spuntano attorno alla pianta madre, in qualunque suolo, ma principalmente in quello fertile e freddo. Questa pianta da sola potrebbe facilmente procurare tutto il necessario per una vita frugale e semplice, poich non viene danneggiata dai temporali n dai rigori del clima, n la siccit l'appassisce. Non v' cosa che dia maggior rendimento. Si fa vino dal medesimo succo diluito con acqua e aggiungendovi cortecce di cedro e di limone, quapatli e altre cose per ubriacare maggiormente, al quale questa gente in particolar modo afezionata, come se fosse stanca della sua natura razionale e invidiasse la condizione delle bestie e dei quadrupedi. Dal medesimo succo senza porlo sul fuoco, gettandovi radici di quapatli esposte al sole per un certo periodo di tempo e schiacciate, e tirandole poi fuori, si fa il chiamato vino bianco, molto efcace per provocare la urina e pulire i suoi condotti. Dallo zucchero condensato [ricavato] dal medesimo succo si prepara aceto sciogliendolo in acqua che si mette al sole poi per nove giorni. Vi sono molte variet di questa pianta, di cui parleremo in seguito. Dicono che il succo di metl in cui siano state cotte radici di piltzintecxchitl e di matlalxchitl cura i punti delle febbri. Libro VIII, Capitolo LXXII Del MECOZTLI o maguey giallo E' una specie di metl, ma con i margini delle foglie gialle, spine piccole e nere, foglie

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piccole rispetto a quelle del metl precedente, stelo alto due cubiti, largo un dito e di color rosso, con fore nell'estremit rosso e giallo, e radice ramifcata. Il succo di tre o quattro foglie al quale si aggiungono tre peperoni, evacua poco a poco gli umori freddi e crassi attraverso il condotto inferiore e l'urina; gli indios sono soliti amministrarlo alle donne alcuni giorni dopo il parto per rinforzarle. Il succo spremuto delle foglie rosolate dicono che allieva l'asma. E' di natura fredda e mucillaginosa. Alcuni lo chiamano coztcmetl e macoztcmetl, e altri hoimetl, che signifca di grande utilit. Nasce in luoghi campestri del Messico in qualunque stagione, sebbene forisca solamente in estate. Si semina mediante germogli che spuntano vicino alla pianta madre.

Libro VIII, Capitolo LXXIII Del TLACMETL o maguey grande E' una specie di metl quasi della medesima forma e propriet degli altri e con i medesimi usi; ma specialmente da vigore e forza alle donne deboli o che sofrono troppo. Gli stato dato questo nome per la sua dimensione. Libro VIII, Capitolo LXXIV Del MEXCLMETL o maguey buono da mangiare arrosto E' una specie piccola di metl, molto spinosa e di un verde molto vivo, le cui foglie si mangiano arrosto e sono pi saporite delle altre. L'ho incontrata nei monti tepoztlanenses.

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Libro VIII, Capitolo LXXV Del MEXCOTL o maguey di prugne E' una pianta spinosa e che appartiene anch'essa ai generi di metl, ma con frutto dolce e acido, numeroso e simile a prugne, da dove viene il suo nome, e raggruppato in una sfera che assomiglia fno a un certo punto a una pigna delle Indie; della dimensione che abbiamo disegnato e a volte pi grande, ed pieno di succo commestibile e di sapore gradevole. Le foglie sono come di metl, o meglio come di pigna delle Indie, spinose, fulve, e come appassite. La radice fbrosa e spessa, il fusto corto, cilindrico e spesso; i frutti sono oblunghi, brillanti, simili a ghiande, bianchi con giallo e coperti di una membrana dentro alla quale contenuta una polpa molto bianca e, come abbiamo detto, dolce e acida, di una sapore come di pigna delle Indie e piena di semi bianchi inizialmente e poi neri, rotondeggianti e un po' duri. Il suo temperamento freddo e secco. Il frutto masticato e conservato in bocca cura le ulcere della stessa che originano dal calore. Nasce sulle rocce delle regioni calde di Tepecuacuilco. Libro VIII, Capitolo LXXVI Del TEPEMEXCALLIN o maguey del monte Ha l'aspetto del metl, ma con spine esili. Schiacciato e mangiato o spalmato, cura le articolazioni private di movimento a causa delle convulsioni dei nervi. E' caratteristico dei luoghi montuosi e rocciosi di regioni calde, come la tepoztlnica.

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Libro VIII, Capitolo LXXVII Del TEMETL o maguey divino E' una specie di maguey che si deve includere fra le altre che qui si descrivono, quasi del medesimo aspetto e propriet, con radice lunga e fbrosa e spine esili; le foglie sono lunghe solo due palmi. Il suo succo bevuto o spalmato toglie la febbre. Nasce in luoghi freddi o caldi, alti o campestri.

Libro VIII, Capitolo LXXVIII Del XOLMETL o maguey del servo E' una specie di metl con radice formata come da tre sferette unite e con fbre rossicce, da dove spuntano foglie con spine scarlatte, rade e che appaiono a partire della parte media sino alla punta. Il succo spremuto delle foglie, preso in quantit di dieci once, risolve i dolori di tutto il corpo e principalmente delle articolazioni, e restituisce il movimento impedito. Ma durante il tempo in cui si beve, si deve coprire il corpo con molta attenzione. Nasce in Huexotzinco, lungo le sponde dei fumi. Libro VIII, Capitolo LXXIX Del XOTLACTLI o limpidezza di roccia E' un albero con foglie simili a quelle del lirio ma pi larghe, pi spesse, molto aspre e fnemente seghettate, e fore simile a quello del metl, del quale forse una specie sebbene raggiunga la dimensione di un albero; la radice spessa e si assicura alla terra mediante

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fbre rosse. Adorna i giardini dei re e dei caudilli, ma non ha, ch'io sappia, alcun altro utilizzo. Libro VIII, Capitolo LXXX Del PATI o metl dal quale si fanno fli molto fni Assomiglia al metl, ma con foglie pi strette, minori, pi esili, purpuree nella loro parte superiore, e radice fbrosa e spessa. E' una specie della detta pita; da essa si fabbricano fli molto fni molto apprezzati e adatti per tessere tele preziose. Libro VIII, Capitolo LXXXI Del QUETZALICHTLI o maguey simile al quetzalli o alle piume del quetzalttotl Lo QUETZALICHTLI, che altri chiamano metl de pita, sem-bra appartenere alle specie di metl. Raggiunge l'altezza di un albero, ha radice spessa, fbrosa e che si assottiglia gradualmente, e foglie spinose e simili a quelle del metl. Si fa da questo tutto ci che si soliti fare dal metl, ma con i suoi fli si fabbricano tele pi delicate e tenute in maggior stima. Nasce in luoghi caldi di Quauhquechulla e Mecatlan. Libro VIII, Capitolo LXXXII Del NEQUMETL o bevitore di miele E' una specie di metl simile nelle propriet alle sue congeneri. Lo stelo e il frutto hanno un aspetto singolare; lo stelo ha lo spessore di un braccio, e nella punta, coprendolo da tutte le parti, v' il frutto, oblungo, con forma di piccole pere; le foglie sono spesse poco pi di un dito, aspre nei lati e con punta molto acuta. Nasce in luoghi caldi, come sono i quauhnahuacenses. Vi sono molte altre specie di metl, alle cui immagini aggiunger solo i nomi e i luoghi in cui nascono, per avere quasi tutte le medesime propriet ed essendo poco diferenti nell'aspetto. La prima si chiama mexoxoctli cio metl verde. La seconda nxmetl per il suo colore cenerino. La terza qumetl o maguey del monte, ed scolorito, con radice fbrosa con aspetto di germoglio spesso e lungo. La quarta si chiama hoitzitzlmetl, ed ha spine lunghe di color porpora, cos come le radici. La quinta il tapayxmetl o maguey tapayaxin, quasi uguale al precedente.

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La sesta si chiama acmetl ossia maguey arundineo, le sue foglie sono pi bianche vicino alla radice e le sue spine e radici rosse. La settima si chiama maguey negro per il suo colore scuro, sebbene le spine e le radici sono nere fulve. L'ottava lo xilmetl o metl capelluto, con spine e radici rosse e un poco pi rade che nelle specie precedenti.

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Note

In particolare Agave atrovirens Karwinsky ex Salm-Dick e Agave americana L. e le sue numerose variet. In Messico sono difuse oltre 130 specie del genere Agave, di cui almeno 25 sono utilizzate per la preparazione di bevande inebrianti, sia fermentati che distillati (pulque, sugu, mezcal, tequila, pisto, ecc.); da alcune altre specie vengono ricavate fbre usate per la fabbricazione di tessuti, fra cui Agave sisalana Perrine e Agave fourcroydes Lem. 2 Il tlacmetl identifcabile con Agave atrovirens Karw. 3 Il cuartillo un'unit di misura per liquidi equivalente approssimativamente a 0,5 litri. 4 Si veda oltre la discussione di Johansson riportata nel paragrafo Il pulque nei periodi preispanici. 5 Nella II Carta datata al 1520, cfr. Corts, 2009, p. 138. 6 Palmer, 1933: 101, cit. in Gonalves da Lima, 1986, p. 14. 7 Si veda ad esempio un articoletto della Domenica del Corriere, vol. 23 del 17 aprile 1921, p. 5 titolato La paglia che inebria, cos come le numerose discussioni in merito in diversi forum in Internet. L'articoletto della Domenica del Corriere riporta: Quando ordinate una bevanda ghiacciata, il cameriere vi porta delle lunghe paglie per succhiarla. Il motivo semplicissimo: succhiato in questo modo, il liquido pu fltrare lentamente gi per la gola, in modo da raggiungere la temperatura del corpo prima di arrivare allo stomaco; in tal modo di molto diminuito il pericolo di crampi prodotti dal freddo. Coi vini ghiacciati, invece, le paglie non sono mai adoperate. Se lo fossero sarebbero assai frequenti i casi di solenni ubriacature anche tra le persone per bene. Una bevanda alcolica, assorbita attraverso la paglia, provoca una rapida ebbrezza. Quando la birra o il vino sono bevuti col bicchiere, essi raggiungono rapidamente lo stomaco e, purch siano bevuti in quantitativi moderati ledono difcilmente il cervello. Se invece il bevitore si provasse a succhiarli colla paglia, il sottile flo d'alcol ha la possibilit massima di annebbiare il suo cervello e presto lo riduce in uno stato di completa sbornia. A un bevitore indurito fu dichiarato un giorno ch'egli non sarebbe riuscito a bere colla paglia nemmeno due litri di birra. Siccome tale misura era di molto inferiore al quantitativo che di solito tracannava, egli rise alla proposta e subito accett la scommessa. La prima bottiglia fu portata ed egli la succhi colla paglia com'era inteso. Poi disse: 'E una, portatemi l'altra'. Non aveva fnito di parlare che cadde a terra ubriaco fradicio.
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Un medico a cui ho esposto la questione ha risposto come segue: Il fenomeno pu avere a che fare con la modalit di transito del liquido all'interno della cavit orale.Se si prova a suggere da una cannuccia un liquido qualunque ci si accorge che non vi e' modo di deglutirlo in maniera fuida cosi' come accade bevendolo da un bicchiere o a collo da una bottiglia, bens giunge alle prime vie digestive in tre tempi, cio aspirazione, immagazinamento all'interno della bocca e infne deglutizione. La soluzione del problema durante il secondo tempo, cio nell'immagazinamento all'interno della bocca: la mucosa della bocca e della lingua nonch il palato sono ricche di vascolarizzazione capillare per via della presenza delle papille gustative. Gia' a questo livello l'alcool viene assorbito in grande quantit per arrivare direttamente al cervello bypassando la digestione enzimatica gastroepatica, accorciando cosi' i tempi e raforzandone il potere inebriante. 8 Il passo si trova nel vol. 2, p. 370 dell'edizione del 2009 curata da Len-Portilla: Pues de borrachos, no lo s decir, tantas suciedades que entre ellos pasaban; slo una quiero aqu poner, que hallamos en la provincia de Pnuco, que se embudaban por el sieso con unos cautos, y se henchan los vientres de vino de lo que entre ellos se haca, como cuando entre nosotros se echa una medicina. Il termine embudaban proviene da embudo, imbuto, ed evidenzia l'atto di introduzione di un liquido; il termine sieso indica in spagnolo l'ano insieme alla parte fnale dell'intestino e viene quindi qui tradotto con retto. 9 Passo riportato nella Relacin de la Conquista que hizo Nuo Beltrn de Guzmn. Anonima Segunda, datato attorno al 1530, pubblicata in AA.VV., 1963: 315-327. 10 Questa notizia doveva risultare come una singolare curiosit, appetibile per quegli europei letterati che erano assetati di notizie sul nuovo mondo da poco scoperto dagli Spagnoli. Probabilmente per questo motivo fu riportata in diversi scritti fction che furono prodotti nel XVI secolo da autori che non erano mai stati nel nuovo mondo e che si basarono, oltre che sulla loro fantasia, sugli scritti di Corts, Daz del Castillo e altri veri testimoni della Conquista. Una certa fortuna ebbe la Relacin de la Nueva Espaa, scritta da un autore chiamato Conquistador Annimo, che si fece passare per un uomo al seguito della spedizione di Corts, e di cui ci pervenuta una traduzione italiana (da un originale spagnolo, forse da Siviglia) datata al 1556, edita a Venezia dalla casa editrice Giunti, inserita all'interno della raccolta di viaggi Delle Navigatione et viaggi curata da Giovanni Battista Ramusio. Il Conquistador Annimo riport il tema dell'assunzione rettale del pulque presso le genti native di Pnuco, aggiungendo considerazioni di cui non sono chiare le origini, se puramente fantasiose o se basate su fonti orali ascoltate a quei tempi dall'autore: particolarmente in quella di Panuco adorano il membro che portano gli huomini fra le gambe, & lo tengono nella meschita [moschea, maniera arabizzante per indicare il tempio], & posto similmente sopra la piazza insieme con le imagini de rilievo di tutti modi di piaceri che possono essere fra l'huomo & la donna, & gli hanno di ritratto con le gambe alzate di diversi modi. In questa provincia di Panuco sono gran sodomiti gli huomini et gran poltroni & imbriachi, in tanto che stanchi di non poter bere pi vino per bocca, si colcano [si sdraiano a pancia in su] & alzando le gambe se lo fanno metter con una cannella per le parti di sotto fn tanto che il corpo ne puo tenere. (Conquistador Annimo, 1986, par. 27, pp. 128-130).

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In maniera alquanto convincente Baudot (1991: 345-380) ha attribuito il manoscritto a Martn de la Corua, con una datazione al 1549. 12 Nella versione data da Sahagn (III, IV, 6), prima di ubriacare Quetzalcatl, Tezcatlipoca gli presag che sarebbe tornato a Tula sotto l'aspetto di un bambino (si veda L'ubriachezza di Quetzalcatl). Graulich & Oliver (2004: 137) hanno ipotizzato che il pulque fosse ritenuto ringiovanire o addirittura contribuire alla rinascita. Stresser-Pan (1971: 597) ha riportato che il dio huasteco della terra e del tuono era anche il dio dell'ubriachezza ed era capace quando ubriaco di tornare giovane. 13 Il itlanexillo, che altri chiamano teatlapalli o ala di pietra, ha radici assomiglianti a dei capelli da dove nascono steli purpurei, cilindrici e sottili, e in questi foglie piccole a forma di cuore; non ha n fore n frutto. Le foglie sono di natura fredda, secca e astringente, di sapore dolce e con propriet per arrestare la dissenteria. Anche la radice fredda, secca e dolce, ma non astringente; si mescola con l'octli o vino di maguey che chiamano pulque con lo scopo di dargli forza e maggiore efcacia per stravolgere la mente. Alcuni la classifcano fra le specie di capelvenere di pozzo. Nasce nella regione calda di Xicotpec (Hernndez, Libro III, Cap. XL). 14 E' lo quauhchlzotl un piccolo arbusto simile allo spino cervino, con foglie bianchicce come di leguminosa o di mumularia e fori gialli. La radice mescolata con metl produce vino. La corteccia, che simile a quella dell'alcornoque cura le ulceri; tostata e macinata cura le bruciature. E' di natura fredda e umida, o un poco calda. E' dolce. Nasce in luoghi montuosi e caldi, come sono i quauhnahuacenses e i teucaltzincenses (Hernndez, Libro III, Cap. CL). 15 Il quapatli, che alcuni chiamano tlapatli ossia medicina piccola, e altri ocpatli ossia condimento del vino, un arbusto che getta, da alcune radici ramifcate, steli fulvi pieni di foglie come di mzquitl, piccole ed esili, e baccelli di dimensione media. La corteccia rossa, secca e astringente, con amaro un poco dolce, e la sua cottura cura le dissenterie, in particolare se gli si aggiunge chichicpatli. La medesima corteccia pulisce perfettamente i denti e li consolida, allevia la tosse, fa crescere la carne e mescolata al vino di metl o a qualche altro liquore provoca l'urina in maniera ammirevole, un fatto che stato comprovato per esperienza quotidiana, aumentando inoltre la forza inebriante del vino (Hernndez, Libro XVI, Cap. LII). 16 Copalotile: un liquore molto usato dagli Indios, molto caldo e dannoso. Si prepara con il seme dell'Albero del Peru, quando colorato, fermentato con Pulque tlachique per uno o due giorni (Wilson, 1963: 506). 17 Ordinanza sul pulque di Luis de Velasco, datata al 16 agosto 1608, riprodotta integralmente in Hernndez Palomo, 1979, pp. 433-5. 18 Ordinanza del Conte di Revillagigedo, 1755, riportata per esteso in Hernndez Palomo, 1979: 438-446. 19 Tzitzimitl, essere mostruoso femminile genitrice delle tzitzimine. 20 Signifca Quetzal salice. 21 Signifca Albero fore. 22 Tzitzimine, spiriti tenebrosi dell'aria che scendevano sulla terra per terrorizzare gli uomini e per mangiarli.
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L'unione dei due rami sottintende un rapporto copulativo fra Ehcatl e Mayahuel. La radice dellupactli, o ocpatli (rimedio del pulque), uno degli additivi rinforzanti che venivano normalmente aggiunti alla bevanda durante la fermentazione (si veda Il problema degli additivi del pulque). 25 Da metl, maguey, cnetl, ragazzo e tzin, sufsso reverenziale o diminutivo. 26 La parte del racconto che tratta della storia del ragazzo plebeo Tobueyo di cui si innamora la fglia del re, appartiene a un racconto nahua pi noto come storia di Tohuenyo. Si tratta di un racconto dalle connotazioni sessuali, di cui una versione data da Sahagn (III, V-VI) e un'altra presente nel Codice Matritense (fogli 142-144), quest'ultima presentata e discussa da LonPortilla (1963). In diversi casi stato trascritto erroneamente il nome di Tobueyo, mentre quello corretto Tohueyo o Tohuenyo, la cui etimologia ci che costituisce la nostra oferta, ma il cui signifcato corrente presso i Nahua era quello di forestiero o straniero. Nel racconto originale la f glia del re si innamora del ragazzo dopo averlo visto al mercato e pi specifcatamente dopo aver visto il suo pene. La ragazza in conseguenza di ci sofre di mal d'amore e il re obbliga Tohuenyo a giacere con lei con lo scopo di guarire sua fglia. Tohuenyo diventa quindi lo sposo della principessa, ma ci genera malumore fra i toltechi e il re decide quindi di inviare il suo nuovo genero in guerra, speranzoso che ne rimanga ucciso. Ma Tohuenyo ne esce vincitore e viene quindi accolto dal re e dalla popolazione come un grande guerriero, meritevole della sua posizione di genero reale. Nella versione data nel Codice Matritense viene specifcato che Tohuenyo in realt un travestimento di TitlacahuanTezcatlipoca, che altro non che uno dei tre stregoni-dei che si cimenteranno nel cacciare Quetzalcotl, principe-sacerdote regnante sui Toltechi, dalla sua citt Tula. Quetzalcotl viene fatto ubriacare con il pulque dai tre stregoni e per questo abbandoner la citt per raggiungere la riva del mare, dove si trasformer nella stella del mattino (si veda L'ubriachezza di Quetzalcotl). Esiste quindi un sottile legame semantico fra la leggenda di Xchitl e il racconto mitologico ed etnostorico di Quetzalcotl, uniti dal tema del pulque. 27 Pi precisamente, come riferito dal medesimo Sahagn, a Tula v'erano due Quetzalcatl: il primo era la divinit creatrice dell'uomo, considerata a rango di divinit doppia e di Essere Supremo; il secondo Quetzalcatl, Topiltzin Quetzalcatl, era una specie di personalit religiosa, di principe-sacerdote supremo, in defnitiva una specie di uomo-dio (cfr. Carrasco, 1979). E' a questa seconda fgura di Quetzalcatl che si riferisce il mitologhema della sua ubriachezza. 28 Probabilmente si deve leggere Tlillan-Tlapallan, sebben i testi di Firenze e Madrid danno la lettura del castigliano (ngel Mara Garibay). 29 Bierhorst traduce con Essi erano coloro che avevano scoperto i piccoli alveari del miele d'albero [cio miele d'api] e fu con questi che decantarono il pulque; ma questa traduzione discutibile, in quanto non concretamente possibile decantare il pulque dentro agli alveari delle api; inoltre, Gonalves da Lima (1986: 39-40) ha fatto notare come in una fase arcaica dell'uso del pulque venivano usati contenitori per il miele d'api. 30 Bierhorst traduce con una spina, indicando che probabilmente si tratta di un gioco di parole, in quanto spina (huitztli) un sinonimo di pulque.
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Pratiche di autolesionismo religioso devozionale azteco, mediante perforazione della pelle con spine di maguey, sono state riportate da diversi autori antichi, fra cui Sahagn (III, III, 4) e gli stessi Annali di Cuauhtitlan (IV, 37-39). 32 Bierhorst traduce in maniera alquanto diferente: Mai una porzione [di pulque] era stata considerata nella mia casa. Sia pure qui, ah, sia pure qui, qui. Ahim! Possa il regno sopravvivere. Ahim! C' solamente miseria e servit. Non recuperer mai. 33 Bierhorst traduce: Ah, ella era solita tenermi, ahim, mia madre, ah, Coacueye, la dea, la nobile. 34 Garibay traduce: Il legno rosso si ruppe: e qui stiamo piangendo. 35 Bierhorst traduce in maniera diferente, con un senso opposto a quello dato da Garibay: Quando si sent a disagio, disse ai suoi servitori.
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Finito di editare nel febbraio 2012 per conto di Triana Ediciones, Sevilla Utilizzato il sofware OpenOfce e il carattere open-source Minion Pro Med

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Il pulque una bevanda psicoattiva ottenuta mediante la fermentazione della linfa di diverse specie di Agave e l'aggiunta di svariati additivi vegetali, utilizzata sin dai tempi preistorici dagli Aztechi e da altre popolazioni del Messico centrale. In questo saggio l'autore espone un approfondito studio sulla storia, le valenze simboliche, gli aspetti rituali e mitologici di questa bevanda, sofermandosi su aspetti poco studiati, quali la somministrazione di un particolare tipo di pulque ai prigionieri in procinto di essere sacrifcati, l'elaborazione di un complesso sistema di divieti e di permessi dell'utilizzo della bevanda nella societ azteca, il problema degli additivi del pulque, il concetto del quinto pulque, inteso sia come superamento del dosaggio limite socialmente accettato, sia come bevanda esclusiva della casta prelatizia per il contatto con i quattrocento conigli le divinit del pulque , sino a giungere al divieto di questa bevanda tradizionale e alla successiva volgarizzazione del suo consumo nei tempi coloniali.

Giorgio Samorini, nato a Bologna nel 1957, un ricercatore specializzato negli aspetti fenomenologici delle droghe, in particolare nell'etnobotanica e antropologia delle fonti tradizionali psicoattive. Ha collaborato con diverse istituzioni europee, sia nel campo della ricerca scientifca che nella formazione. Fra i suoi libri pi noti, Funghi allucinogeni. Studi etnomicologici, Animali che si drogano, Gli allucinogeni nel mito. E' curatore del sito web www.samorini.it, che risulta essere a tutt'oggi il sito pi esteso al mondo sugli aspetti fenomenologici delle droghe, un campo di ricerca noto come Scienza delle Droghe, concepito nel XIX secolo da Paolo Mantegazza. A questi l'autore ha dedicato il sito web www.paolomantegazza.it.

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