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Dal video al cinema.

Il disaccordo televisivo di Cinico Tv


Andrea Inzerillo

Certamente! Giuseppe Paviglianiti

Disaccordo e politica Si potrebbe partire da una considerazione terminologica, dicendo per esempio che disaccordo non forse la migliore traduzione possibile per il francese msentente: non fosse altro che un termine simile esiste in francese, ed dsaccord. comprensibile che il traduttore di Rancire abbia preferito un termine noto e di uso comune, ancorch impreciso, a uno pi preciso che avrebbe per richiesto linvenzione di un neologismo1; daltro canto, la comodit semantica ci impone una maggiore vigilanza sul signicato esatto di quanto Rancire intenda con msentente, e di che cosa distingua questultima dal dsaccord. Cerchiamo di essere precisi: la msentente non riguarda il merito di una discussione; non ha a che fare con opinioni distinte; non , come scrive Rancire nellintroduzione, unincomprensione n un fraintendimento, n quel che Lyotard chiama dissidio. Ha meno a che fare col dato che col possibile, poco a che vedere col pensato e molto invece col pensabile. In breve, la msentente ha a che fare con le condizioni di possibilit e di pensabilit date, e con lapertura (o la sovversione) di tali condizioni di possibilit e pensabilit.
Con disaccordo si intender una determinata circostanza di parola, nella quale uno degli interlocutori sente e nello stesso tempo non

1 Filippo Del Lucchese proponeva di tradurre msentente con disintesa: cfr. Id., La potenza aritmetica delluguaglianza, in il Manifesto, 4 aprile 2007.

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ascolta ci che laltro dice. Il disaccordo non il conitto tra colui che dice bianco e colui che dice nero: il conitto tra colui che dice bianco e colui che dice bianco, ma che non intende la medesima cosa, o non capisce che laltro, sotto il nome bianco, sta dicendo la medesima cosa2.

Le domande cui risponde unindagine sul disaccordo sono dunque: Di cosa si sta parlando?; Chi che sta parlando?, e di conseguenza: quali sono le relazioni che intercorrono tra il chi e il cosa della discussione? Qual il motivo per cui due che dicono bianco non intendono la stessa cosa, o non sanno di star dicendo la stessa cosa? Chi sono, luno rispetto allaltro? Indagare la logica del disaccordo signica scavare nel terreno degli a priori storici, vericare che tipo di condizioni sono in atto in una certa congurazione del sensibile e come esse siano modicabili, o siano state modicate. Indagare la logica del disaccordo signica dunque allo stesso tempo interrogarsi circa la logica della politica, intesa come latto o linsieme di atti che in grado di modicare radicalmente una situazione data. Per Rancire la politica infatti quellattivit che sovverte lordine costituito in funzione della rivendicazione di un torto, proclamato da parte di coloro che vengono esclusi dalla ripartizione di ci che comune. La politica cio lattivit che mette in crisi una congurazione del sensibile che stabilisce che alcuni hanno, ad esempio, una serie di diritti che si fondano precisamente sulla sistematica esclusione di altri dallidea stessa di diritto; la politica mette in crisi quella congurazione del sensibile che, sulla scorta di Foucault, viene denita come polizia:
La polizia , in s, la legge [] che denisce la parte o lassenza di parte delle parti. [] La polizia cos, in primo luogo, un disciplinamento dei corpi che denisce la pluralit tra i modi del fare, i modi dellessere e i modi del dire, che fa s che determinati corpi siano assegnati per via del loro nome a un determinato posto e a una determinata funzione; un ordine del visibile e del dicibile che fa s che unattivit sia visibile e unaltra non lo sia, che una certa parola venga intesa come discorso e unaltra come rumore. [] La polizia

2 J. Rancire, Il disaccordo, tr. it., Meltemi, Roma 2007, p. 19. Una proposta di traduzione alternativa, che mantenga lambiguit del francese entendre, potrebbe essere: [] nella quale uno degli interlocutori intende e nello stesso tempo non intende ci che laltro dice, giocando cos sulla corrispondente ambiguit dellitaliano intendere che sta per capire, sentire, comprendere.

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non tanto un disciplinamento dei corpi quanto una regola del loro apparire, una congurazione delle occupazioni e delle propriet degli spazi in cui queste occupazioni vengono distribuite3.

Se la polizia quella determinata partizione del sensibile che attribuisce (ad esempio in Aristotele) il logos solo ad alcuni, riducendo altri alla mera voce, la politica si denir per contrasto come lattivit che mira a rompere la congurazione poliziesca del sensibile, operando cos un brouillage nella ordinata ripartizione di posti, ruoli e compiti. La politica affermazione del torto di quella parte che esclusa dal conteggio delle parti, e che pertanto possibile chiamare la parte dei senza-parte: quel soggetto politico che di volta in volta viene a disturbare lordine costituito tramite i nomi, di per s vuoti, di popolo, proletariato, e cos via. La politica opera insomma tramite forme di soggettivazione che producono uno scarto rispetto alle individuazioni della polizia e che, basandosi sulla rivendicazione delluguaglianza di ciascuno con chiunque e facendo leva sulla manifestazione del torto subito dalla parte dei senza-parte, mettono in crisi la presunta naturalezza della divisione tra uomini provvisti di logos e uomini che ne sarebbero sprovvisti. Nellomonimo lm di Nanni Loy (1971), il detenuto in attesa di giudizio Giuseppe Di Noi d il via alla rivolta allinterno del carcere di Sagunto proprio tramite la presa di parola in occasione di una messa: ai detenuti non consentito partecipare alla funzione se non in (religioso) silenzio. Durante la funzione, il detenuto impersonato da Alberto Sordi compie unazione semplicissima: risponde alla richiesta del prete che recita la messa, dicendo amen. Ma ai carcerati questo non consentito: essi possono assistere, ma gli unici a poter rispondere sono i secondini, gli operatori e cos via. Latto di parola del detenuto Di Noi, vera e propria rivendicazione del logos contro la riduzione alla mera phon, mette in crisi lidentit carcerato tramite la soggettivazione fedele, e apre a una pi vasta lotta da parte dei carcerati che metteranno letteralmente a ferro e fuoco il carcere. La politica ha bisogno di un luogo in cui apparire, non si ha politica se non allinterno di uno spazio condiviso. Lo spazio condiviso, lo abbiamo gi detto utilizzando una terminologia ranciriana, per lappunto il mondo sensibile, laisthesis: e cio, quello stesso spazio in cui tutti vivono, con cui tutti hanno a che fare, lo spazio (anche sico) del mondo comune. Lo stesso spazio nel quale trovano manifestazione le diverse forme despressione dellarte, e che da Baumgarten in poi ha fatto s che con estetica si intendesse, anche nel linguaggio corrente, il discorso sullarte o (ulteriore

Ivi, p. 48.
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slittamento) sul bello. Se laisthesis il luogo in cui tanto le manifestazioni della politica quanto quelle dellarte trovano il loro spazio, che cos dunque lestetica in Rancire? Estetica Lungi dallessere discorso sullarte o discorso sul bello, lestetica per Rancire quella modalit di pensiero che riguarda tutto ci che ha a che fare col sensibile. Pi che racchiudere un ambito ben denito di oggetti, identicabili secondo la tradizione aristotelica come modi di fare del tutto particolari, estetica il nome di uno sguardo (di un particolare modo di intelligibilit) sulle opere darte che consiste nel considerarle, alla stregua di tutti gli altri oggetti, come modi di essere sensibile. Da un certo punto di vista, quindi, la differenza tra arte e non arte tende a sfumare, poich entrambe riguardano direttamente la vita comune degli uomini e deniscono di volta in volta un certo modo di essere del sensibile. Allo stesso modo, la politica non ha oggetti specici, ma un particolare modo di agire nei confronti della ripartizione del sensibile e dellordine in esso costituito. Cos come le elezioni non sono di per s, nellaccezione che abbiamo denito, un evento politico, ma possono benissimo diventarlo (e lo stesso si dica di uno sciopero, di una manifestazione, e cos via), lopera darte e lestetica non sono necessariamente relazionate, in quanto lestetica un modo ben preciso di considerare lopera darte: non tanto dal punto di vista della sua bellezza o del suo livello di artisticit, quanto del suo valore operazionale, potremmo dire, della sua forza in relazione a quanto la circonda, della capacit di modicare il sensibile, non necessariamente rispetto alla sua contemporaneit. Ma se la politica propriamente detta opera tramite forme di soggettivazione, larte invece agisce sul sensibile in maniera pi libera, senza la necessit (n la possibilit) di creare alcun soggetto collettivo4.

4 Cfr. Le ragioni del disaccordo. Conversazione con Jacques Rancire, a cura di R. De Gaetano, infra, pp. 7-23, segnatamente la presa di distanza dalla posizione sartriana sul rapporto tra letteratura e politica: Di conseguenza si pu dire che ogni creazione artistica politica nella misura in cui agisce sulla costruzione del senso comune, ma anche contemporaneamente nella misura in cui costruisce forme di senso comune che si trovano in dissenso o disaccordo con altri tentativi di costruzione di un senso comune, come quello di un soggetto politico che propone un mondo possibile. [] Ci che caratterizza una forma di dissenso politico sempre, nello stesso tempo, una maniera di costruire qualcosa come un mondo possibile, condivisibile. Una creazione artistica non si pone la questione di costituire un mondo possibile che sia condivisibile sotto forma di una dichiarazione collettiva o di un progetto collettivo: una creazione artistica in

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Lingente corpus dedicato da Rancire a tematiche artistiche (pittura, letteratura, cinema) non ne fa dunque automaticamente un estetologo n un losofo dellarte. Tuttaltro: la losoa per Rancire, come per Deleuze, qualcosa che si trova in necessario rapporto con un fuori, e non anzi concepibile losoa che non si confronti continuamente con la non-losoa in vista del proprio interesse (non riducendosi in questo modo a pensiero su, di volta in volta, larte, la scienza, e cos via). Il sensibile interessa dunque a Rancire come luogo in cui lestetica incontra la politica, poich per entrambe in esso che il popolo (nome vuoto di un modo di soggettivazione della parte dei senza-parte) pu apparire. Il popolo appare non signica altro che questa ridenizione del sensibile da parte di chi, propriamente, non ha parte nello status quo. Ancora una volta il pensiero di Rancire trova svariate risonanze con lopera di Gilles Deleuze5. Se lopera darte, come scriveva Deleuze, fa appello a un popolo che non esiste ancora, perch essa opera una breccia nel sistema di visibilit del sensibile, modicandone le caratteristiche e creando cos la possibilit stessa di quel popolo. Il popolo manca e, allo stesso tempo, non manca: esiste da sempre, eppure comincia a esistere solo quando riesce a manifestarsi, solo cio quando riesce a modicare le condizioni di visibilit che permettono il palesarsi della sua presenza. Larte e la politica consistono in questo: aprono mondi a venire in quello che si credeva gi dato e unicamente possibile. Si prenda lidea, apparentemente democratica e progressista, di un mondo trasparente, in cui tutto possa essere sotto il controllo di tutti e dunque pi onesto. Una tale idea di gestione del potere in realt il tentativo di eliminare alla radice qualunque possibilit di affermazione del dissenso del popolo. In un mondo in cui tutto visibile non esiste, per denizione, la possibilit di uno scarto, di una visibilit altra, dellapparizione di qualcosa che prima non cera o che cera ma non si vedeva. La logica consensuale, quella che Rancire chiama anche post-democrazia (una democrazia che nega se stessa tentando di far fuori il demos e le sue rivendicazioni), il tentativo di ridurre lesistente a unica possibilit, il visibile dato a sola visibilit concepibile.

un certo senso una forma di distruzione, di dissoluzione, di ricongurazione degli elementi sensibili di un mondo. [] Un mondo romanzesco costituisce qualcosa come unidea di mondo che pu essere condivisa da una molteplicit di individui, che pu indirizzarsi a una molteplicit di individui, ma che non costituisce un soggetto collettivo. 5 Prediligendo i punti di contatto, prescindo in questa sede dalle evidenti differenze tra i due loso che sono state rilevate ad esempio da Vronique Bergen nel suo Visages de lesthtique chez Jacques Rancire et Gilles Deleuze, in Jacques Rancire. Politique de lesthtique, a cura di J. Game e A. Wald Lasowski, ditions des Archives Contemporaines, Paris 2009, pp. 23-33.
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Il consenso [] la condizione in cui le parti sono presenti come gi assegnate, la loro comunit costituita e il resoconto delle loro parole identico alla loro performance linguistica. Il consenso quindi presuppone la scomparsa di ogni scarto tra parte di un conitto e parte della societ6.

Consenso e televisione La logica consensuale dunque, anche, una logica dellomologazione visiva. affermazione del visibile in quanto tale, senza possibilit di scarto in direzione del visuale, per riprendere una distinzione da Didi-Huberman7: una logica che privilegia lattualit di ci che si vede (e viene fatto vedere) piuttosto che la virtualit dellimmagine e gli elementi che di essa, pur essendo presenti, non sembrano arrivare a manifestazione. La logica consensuale impossibilit di bucare il visibile, e di conseguenza, impossibilit di pensare diversamente il reale. per questo che, se dovessimo pensare a un cinema che ha a che fare col concetto ranciriano di disaccordo, la rappresentazione falsicante del reale messa in atto nei lm di Cipr e Maresco sembrerebbe uno dei migliori esempi di lotta contro lomologazione visiva. Una partizione rigida tra qualcosa come un cinema del consenso e un cinema del disaccordo non sarebbe unoperazione interessante: di sicuro troppo schematica, e probabilmente fuorviante. E tuttavia mi sembra si possa sostenere che il cinema di Cipr e Maresco ha molto a che fare col concetto di disaccordo messo a punto da Rancire, e da diversi punti di vista. In particolare, vorrei concentrami qui su quello che andrebbe forse denito il cinema televisivo dei registi siciliani, ovvero la produzione video di cortometraggi che dallemittente locale TVM sono poi conuiti e proseguiti nella trasmissione Cinico Tv, trasmessa da Rai 3 nei primi anni 90. Se c uno spazio che pi di tutti sembra votato al mantenimento dello

J. Rancire, Il disaccordo, cit., p. 115. Mi riferisco alla distinzione presente in G. Didi-Huberman, Devant limage. Question pose aux ns dune histoire de lart, Les ditions de Minuit, Paris 1990, che riuta di esaurire lanalisi dellimmagine alla sola opposizione (fenomenologica) tra visibile e invisibile, e introduce pertanto la dimensione del visuale come presenza nellimmagine di qualcosa che, pur non essendo invisibile, non rientra nemmeno nella narrabilit del visibile propriamente detto; a questo proposito, cfr. anche Temporalit e memoria del visuale. Conversazione con Georges Didi-Huberman, a cura di A. Cervini e B. Roberti, in Fata Morgana, n. 8 (2009), pp. 7-19, e in particolare la contrapposizione tra il visibile privo di memoria della diretta televisiva e la dimensione memoriale del visuale.
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status quo, al clich, alla conferma della ripartizione poliziesca della societ, questo pare essere, da un punto di vista estetico prima ancora che storico, la televisione. In Contro la televisione8, Pier Paolo Pasolini ne denunciava lessere copertura dello Stato piccolo-borghese ed espressione diretta di tutta la volgarit, la bassezza e lodio per la realt, a causa della messa al bando di ogni forma di sacro e dellassenza di qualunque forma stilistica che le fosse propria. esattamente su (e contro) questa idea di televisione, o pi precisamente di immagine allinterno della televisione, che i registi siciliani decidono di lavorare. Insieme, prima e forse pi che nei tre lungometraggi cinematograci (che avranno un legame fortissimo con la dimensione del sacro proprio grazie ai cortometraggi degli anni televisivi), il lavoro di Cipr e Maresco allinterno della televisione italiana degli anni 90 va pensato come un lavoro di rottura di straordinaria importanza politica. Il cinismo professato dai registi quanto di pi lontano dallurgenza del sociale, difesa e rivendicata da molti colleghi, dellepoca e non solo. Lambientazione palermitana, una Palermo che usciva dai sanguinosi anni 80 e si dirigeva verso gli anni delle stragi Falcone e Borsellino, tuttaltro che realistica. Perfettamente riconoscibile e dichiaratamente Palermo, eppure in qualche modo pretesto per una riessione autoriale ben pi ampia. Pi volte Cipr e Maresco si sono espressi sul carattere apocalittico e post-apocalittico della citt, dei suoi abitanti e del loro stesso cinema. Lanteprima del Giudizio Universale qui, a Palermo; Non illudiamoci: a Palermo non si aggiusta niente: decine di considerazioni simili sono presenti nelle dichiarazioni dei due autori. Di qui limportanza della trasgurazione della citt:
La Palermo di Cinico Tv una Palermo astratta che abbiamo voluto allontanare da tutti gli stereotipi. Abbiamo dovuto annullarla, proprio perch troppo caratterizzata come luogo. Come per i nostri personaggi che a partire da un certo realismo diventano iperrealisti, abbiamo voluto creare una sorta di astrazione, una dimensione metasica, quasi metafora dei mali delluomo come la solitudine, limpossibilit di vivere civilmente ecc9.

Ambientazione annullata, per sfuggire ai clich, e sempre riconoscibile per, per lo sfondo di Monte Pellegrino, per la lingua degli attori, per i

8 P.P. Pasolini, Contro la televisione, in Id., Saggi sulla politica e sulla societ, Mondadori, Milano 1999, pp. 128-143. Cfr. anche A. Canad, Pasolini, la televisione e il sacro, in Corpus Pasolini, a cura di Id., Pellegrini, Cosenza 2008, pp. 193-206. 9 E. Ghezzi (presentazione di), InSenso Cinico, Ila Palma, Palermo 1993, p. 48.

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dialoghi e la storia che gli episodi di Cinico Tv (non) raccontano. Limportanza di Cinico Tv risiede nella capacit di modicare radicalmente non solo la concezione dominante dei luoghi che racconta, ma del luogo stesso tramite cui pu raccontare, e cio la televisione. Eredi riconosciuti dellinsegnamento di Pasolini e ni conoscitori della sua opera, Cipr e Maresco sembrano aver metabolizzato e fatto propria la critica alla televisione del maestro; ma se da una parte la critica esterna del primo verr ripresa dallinterno dalla coppia sicula, dallaltra il moralismo delluno (la televisione il Diavolo) si trasformer in gioia distruttrice degli altri, per i quali la televisione non lInferno ma anzi il Paradiso altare della distruzione di tutto. Il moralismo di Cipr e Maresco, insomma, non esente da una certa considerazione positiva derivante da una Weltanschauung certo meno malinconica di quella pasoliniana, dipendente anche dal fatto che non c pi alcuna situazione originaria idilliaca che andata perduta (la bellezza del popolo dei primi lm e scritti pasoliniani, ricusata negli ultimi anni di vita), bens forse una bellezza in ci che rimane dopo la ne di tutto, in ci che resta dopo lapocalisse.
La televisione il luogo dove c il collasso di tutto, e che per noi allora un luogo privilegiato. Perch noi riteniamo che limmagine, il racconto per immagini, sia arrivato al capolinea o quasi. Lo svuotamento di senso che produce la televisione per noi il luogo ideale []. Noi abbiamo portato la nostra sensibilit di visionari, di cineli in Tv. Perch non portare anche l la ricerca dellimmagine, il senso dellinquadratura, la composizione? Noi lavoriamo semplicemente sullimmagine10.

La potenza dissensuale del cinema televisivo di Cipr e Maresco non risieder allora in un presunto superamento della narrazione classica: la questione non tanto quella del raccontare o meno una storia, quanto piuttosto il dispositivo di immagini che si mette in atto. Basta leggere il soggetto di quella favola amorale, perfettamente classica quanto alloggetto e alla forma della narrazione, che La Madonna della Mercedes11, per rendersene conto. Il disaccordo cinematograco-televisivo risiede piuttosto nella potenza visiva e nella creazione di immagini che, per riprendere i termini di

Ivi, pp. 49-50 (corsivi miei). Il soggetto inedito La Madonna della Mercedes, di Daniele Cipr, Franco Maresco, Lillo Iacolino, pubblicato in Brancaleone 2. Il cinema e il suo doppio, a cura di V. Buccheri, E. Morreale, L. Mosso, A. Pezzotta, Agenzia X, Milano 2007, pp. 135-162.
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Rancire, sovvertano il partage che denisce ruoli e posti allinterno della societ, per creare un mondo che prima non esisteva ovvero portare a visibilit un mondo che non lo era. In questo senso latto artistico si costituisce come atto di resistenza nei confronti della ripartizione poliziesca di posizioni stabili, luoghi riconoscibili, ruoli ssi; la resistenza di Cinico Tv diretta essenzialmente nei confronti di una serie di clich legati allidea stessa di televisione, allimmagine di Palermo e della Sicilia e alla loro rappresentazione. La creazione operata da Cinico Tv signica la sovversione di questa serie di clich e la contemporanea apertura verso un mondo del futuro, del post-apocalisse, frutto della potenza visionaria della coppia di registi. Comunicazione e sociale Unaltra forma di disaccordo si aggiunge a quella diretta nei confronti dellaspetto visivo dellimmagine televisiva e sembra in qualche modo completarla: un disaccordo che potremmo denire comunicativo. I personaggi di Cinico Tv si trovano spesso a dialogare con una voce fuori campo; sono interpellati, interrogati, secondo gli standard televisivi dei reportage-verit, delle vite in diretta e dei grandi fratelli. Alle domande incalzanti della voce off oppongono per risposte insoddisfacenti: talvolta non capiscono le domande, talaltra balbettano qualcosa, altre volte ancora ruttano, sputano, scoreggiano. Spesso giocano con lintervistatore, abbassandosi allidiozia delle sue domande (si pensi al Filangeri ripreso poi in Grazie Lia del 1996 che, evidentemente stufo di correggere lintervistatore, nisce per acconsentire alla storia strappalacrime che questi inventa su di lui, ridendo sotto i baf) o al contesto in cui si trovano (Tirone che si impegna a parlare in un italiano tutto fatto di luoghi comuni e frasi fatte che trovano ispirazione proprio negli standard televisivi). Gli attori di Cinico Tv oppongono la loro lingua, il loro corpo, i loro tic alla pulizia della macchina televisiva; la inceppano, bloccano la comunicazione e limmagine prefabbricata che essa vuole fornire di luoghi e persone. Persone che sembrerebbero potersi identicare con il sottoproletariato pasoliniano, in vista di unulteriore afnit tra lopera di Cipr e Maresco e quella di Pasolini: se non fosse che diverse cose, al di l delle dichiarazioni dei registi stessi, ci suggeriscono altrimenti. Se vero che in Cipr e Maresco lo sguardo pi diretto verso il futuro che verso il passato, e se della rabbia nostalgica di Pasolini non rimasta che la rabbia, allora bisogna prendere sul serio le rivendicazioni di estetica e di distacco dalla contingenza del sociale dei due registi. Dopo lapocalisse non c pi il sociale; non ne rimangono che le macerie, i relitti, e lunica cosa che si pu fare lavorare sullimmagine. Il disaccordo
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comunicativo allora inscindibile dalla presa di distanza dal sociale, come mostra un esempio che mi sembra particolarmente rappresentativo: il personaggio di Paviglianiti, il Budda di Palermo, attore tra i pi importanti dellopera di Cipr e Maresco. Come gi nellestremo video senza titolo del 1993 in cui per circa sessanta minuti si vede lattore mangiare seduto a un tavolo, allaperto, in mezzo ai rumori del trafco cittadino e in compagnia di un gatto che lo assiste abbuffarsi, vomitare e ricominciare a mangiare, anche nello Zio di Brooklyn (1995), primo lungometraggio dei registi siciliani, Paviglianiti interpreta una gura enigmatica che si ingozza, questa volta allinterno di uno scantinato, in mezzo a una muta di cani randagi, affannato, tra peti e rutti. Lunica parola che pronuncia, prima di annunciare luscita dallo scantinato (sto arrivando!), quella che lha reso famoso agli spettatori di Cinico Tv: Certamente!. Non semplice identicare il signicato di tale espressione: forse perch proprio essa ad allontanarci dallidea stessa di identicazione e signicazione. Latto linguistico di Paviglianiti dirompente, tanto da essere divenuto uno stilema classico dellopera di Cipr e Maresco, ma sembra sottrarsi a una spiegazione esauriente o quantomeno efcace. Esso apre a una considerazione sul linguaggio, sul valore del linguaggio allinterno della societ e sul ruolo della societ (o di quel che della societ rimane) nel mondo di Paviglianiti (il rumore del trafco in sottofondo, gli ospiti del suo banchetto cani, gatti, ecc.). Se per gli altri personaggi di Cinico Tv ogni tentativo di comunicazione votato allo scacco, con Paviglianiti scompare addirittura linterlocutore12, scompare la possibilit stessa di qualunque dialogo e con essa ogni forma di linguaggio che potrebbe portare a una identicazione del personaggio, a una sua individuazione. Il mondo di Paviglianiti lontanissimo tanto da quello sottoproletario di Pasolini quanto da quello piccolo-borghese di Buuel: le sue attitudini alimentari, gli ambienti in cui si trova o le sue velleit canore lo trasportano in un mondo che non ha termini di paragone con quello degli altri due. Luso che fa del linguaggio, e il Certamente! che lo contraddistingue, non altro che ci che rimane del linguaggio al di l di ogni societ, in un contesto post-apocalittico13. Non avrebbe nessuna importanza, daltro canto,

Non sempre, per essere precisi; ma anche quando, in alcuni video, interrogato dalla voce off, Paviglianiti risponde a ripetizione con un certamente! o una sua variante: certo, ma non solo. Sembra tuttavia che il personaggio di Paviglianiti raggiunga tutta la sua potenza quando, a differenza degli altri attori, occupa interamente linquadratura senza alcun interlocutore. 13 Mi pare inoltre che il Certamente! di Paviglianiti abbia pi di un punto di contatto con lI would prefer not to del Bartleby lo scrivano di Herman Melville, secondo la lettura che ne ha dato Gilles Deleuze in Bartleby o la formula, in G. Deleuze, G. Agamben, Bartleby, la formula della creazione, tr. it., Quodlibet, Macerata 1993. La formula di Bartleby sospende il linguaggio,
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identicare socialmente Paviglianiti o gli altri personaggi di Cinico Tv, che sono solo dei sopravvissuti alla distruzione generale. Se sensato sostenere che quel che rimane del linguaggio in Paviglianiti pu essere, da questo punto di vista, rappresentativo anche dellafasia, la balbuzie o i tic degli altri personaggi dei lm di Cipr e Maresco, ecco che una lettura sociale della loro opera sembra in qualche modo perdere di vista lessenziale. Il disaccordo visivo e comunicativo dei video di Cipr e Maresco mira piuttosto a creare mondi dentro un mondo, tramite unopera di resistenza che apre uno spazio allapparizione di un popolo (Rancire) che sembrava mancare (Deleuze) o non esserci pi (Pasolini), e invece trova una manifestazione e anche, nonostante tutto, una sua struggente bellezza.

lo astrae da ogni funzione denotativa e comunicativa in maniera simile a quella che Paviglianiti opera con il suo Certamente!. La funzione disindividuante della formula rispetto a ogni ruolo sociale, poi, del tutto analoga.
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