Capitolo quarto
La teologia cristiana e i filosofi
I manoscritti ci hanno tramandato cinque trattati, di lun-
ghezza diversa, che discutono questioni teologiche: essi si tro-
vano di frequente insieme alla Consolazione della Filosofia, ma
in molti casi sono traditi indipendentemente da essa. I primi
tre e il quinto di questi scritti tentano di districare, in forma
stringata, alcuni problemi nodali di logica che tormentavano il
linguaggio tradizionale delle Chiese latine. Queste opere susci-
tarono un grande interesse nei commentatori medievali dal IX
secolo in poi, interesse che trovd il suo apice nella magistrale
discussione del primo e del terzo trattato fatta da S, Tommaso
@ Aquino. Sebbene il terzo opuscolo non contenga argomenti
specificamente cristiani, gli altri dibattono questioni fonda-
mentali di dogmatica religiosa — quelle della Trinita e della
persona di Cristo — e possono essere stati composti solo da
un pensatore cristiano con particolari interessi di logica. Un
tempo era usuale contrapporre il carattere cristiano degli opu-
scoli al paganesimo della Consolazione, e affacciare Pipotesi di
due autori diversi, forse omonimi. Nel X secolo Bovo di Cor-
vey prese in considerazione tale possibilita, ma la respinse,
con ragione, per motivi inerenti allo stile. In epoca moderna
Lipotesi trovd consensi nel XVIII e soprattutto nel XIX se-
colo, a partire dall’opera, inficiata da forti pregiudizi, di Gott-
fried Arnold, Storia imparziale della Chiesa fino all’anno 1688,
1700, I, VI 3,7. A sostenere questa ipotesi con !’argomenta-
zione pit elaborata fu Nitzsch nel 1860, ma da tempo si é ri-
conosciuto che essa poggia su malintesi di fondo. Oggi tutti gli
studiosi che si sono occupati del problema ammettono che il
rigoroso logico neoplatonico impegnato, nei primi tre ¢ nel
quinto degli opuscoli, nel tentativo di sbrogliare i i viluppi lo-
gici insiti nel linguaggio usato dalla Chiesa, non é diverso dal-
Tautore della Consolazione e dei commenti ad Aristotele, con i228 LA TEOLOGIA CRISTIANA E 1 FILOSOF!
quali questi scritti presentano numerose analogie di concetti e
di stile. Si & arrivati a riconoscere, e nel presente capitolo
verra chiarito oltre ogni dubbio, che i trattati, ad eccezione
del quarto, hanno addirittura un aspetto pitt marcatamente
neoplatonico della Consolazione. Se ® vero che la teticenza
mostrata da Boezio riguardo ai rapporti con il cristianesimo
nel suo capolavoro resta problematica, va detto che qualunque
soluzione aspiri a riscuotere consenso dovra avere una forma
meno ingenua dell’idea, ormai lasciata cadere, che la Consola-
zione e gli opuscoli teologici siano opera di due autori diversi.
Fede e storia: il «De fide catholica»
Fra i cinque trattati che costituiscono gli opuscula sacra il
quarto occupa una posizione a sé stante. Nei manoscritti di so-
lito non compare titolo, né all’inizio, né alla fine. Nella mag-
gioranza dei manoscritti esso viene di seguito dopo il terzo
trattato, ma distinto come un nuovo testo che comincia, ad
esempio con la maiuscola iniziale eseguita in rosso. In un pic-
colo numero di codici il testo & preceduto dalla dizione sermo,
oppure epistula. L’editio princeps del Vallinus (Leiden 1656) gli
dava il titolo di Brevis fidei christianae complexio; cos{ anche
il Migne, PL 63, 1333. Un antico manoscritto di Einsiedeln lo
intitola De fide catholica. Lo stile e il contenuto dell’opera gli
conferiscono una posizione particolare fra gli opuscoli, in
quanto non si occupa di problemi dialettici (sebbene il suo au-
tore abbia un grande acume), ma @ una vibrante professione di
fede nella storia biblica della redenzione cosf come la inter-
pretava Agostino. Di quest’ultimo non viene citato il nome,
ma da una frase all’altra ci sono echi dei suoi scritti, in parti-
colare della Citta di Dio, dell’Enchiridion, e di alcune lettere.
Nel 1877 Usener accettava la tesi dell’autenticita per i primi
tre trattati e per il quinto, trovando sostegno per la sua con-
vinzione nel testo dell’Axecdoton Holderi, da poco scoperto
(cfr. supra, p. 25), che conteneva un passo tratto da Cassio-
doro, del seguente tenore: Boezio «scrisse un libro sullo Spi-
rito Santo ed alcuni capitoli sui dogmi, ed un libro contro Ne-
storio». Capita quaedam dogmatica sarebbe una descrizione ap-
propriata per il De fide catholica. Usener, comunque, conside-
rava spurio il quarto trattato, ritenendolo aggiunto al corpus inLA TEOLOGIA CRISTIANA ET FILOSOFL 229
eta carolingia, e richiamava a questo scopo I’attenzione sul
fatto che un manoscritto del IX secolo, scritto da Regimberto
di Reichenau (Karlsruhe, Augiensis XVIII), contiene, alla fine
del terzo trattato, e prima del quarto, le parole «Fino a qui
Boezio» (ACTENUS BOETIUS), in caratteri maiuscoli rossi.
Evidentemente Regimberto aveva l’impressione che questo
trattato, di stile diverso, fosse opera di qualche altro autore, e
la stessa impressione @ rimasta in molti studiosi moderni. In
realta non é difficile stabilire che il quarto trattato & opera au-
tentica di Boezio.
Non c’é motivo di attribuire fondatezza alla rubrica di Re-
gimberto, come se egli risolvesse il problema e risparmiasse
agli studiosi la fatica di una ulteriore riflessione. Le ricerche
svolte all’inizio del secolo da uno studioso di Harvard, E.K.
Rand, hanno dimostrato che il De fide catholica non era un’ag-
giunta al corpus originario, ma faceva parte del gruppo di cin-
que opuscoli fin dai primissimi anni del VI secolo. Le afferma-
zioni in tema di dogmi contenute nel trattato non divergono
assolutamente da quelle del primo, del secondo, e del quinto
trattato, cioé quelli sulla Trinita e quello contro Eutiche e Ne-
storio sulla persona del Cristo. Infine & facile dimostrare che
lo stile non teologico del quarto trattato, il suo lessico, e i suoi
costrutti sintattici si accordano tutti molto da vicino con altri
scritti di Boezio sicuramente autentici. Anche il logico che &
in Boezio non pud essere eliminato, per esempio alla riga 90
(Loeb, seconda edizione, 1973), dove omnis & seguito da una
triplice definizione, secondo un procedimento che ha un pre-
ciso parallelo nel primo commento all’ Interpretazione (I 82,15),
o alla riga 259, dove la volonta di essere universale della
Chiesa Cattolica & sostenuta in tre modi, éribus modis probatur
exsistere. Boezio ama spiegare che qualcosa pud essere dimo-
strato iibus modis. Alla riga 143 egli inserisce un’allusione ad
Orazio, «numerosam annorum seriem», ¢ altrove, come alla
tiga 78, un’appropriata espressione virgiliana, «ima peticrat»
detto della caduta dell’ uomo) '. La poesia in prosa del finale ri-
corda la conclusione del carme O qui perpetua (Cons. III m. 9).
Il contenuto dell’opera é un’enunciazione di cid che biso-
gna credere in base al principio d’autorita, in opposizione a
1 Orazio, Carm. IIL 30; Verg. G. I 42; A. VII 67. Devo queste osservazioni a
AM. Crabbe.