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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

TESI DI LAUREA IN FILOSOFIA

LA METAFORA DELLA MANO INVISIBILE NEL PENSIERO DI ADAM SMITH


RELATORE: CH.MO PROF. VINCENZO MILANESI

Rossi Alessandro matr. 350065/F

ANNO ACCADEMICO 1996 - 1997

LA METAFORA DELLA MANO INVISIBILE NEL PENSIERO DI ADAM SMITH................................................................................................1 INTRODUZIONE.......................................................................................................................................3 1.1 CONSIDERAZIONI PRELIMINARI................................................................................................7 1.2 LILLUMINISMO SCOZZESE E IL PARADIGMA EPISTEMOLOGICO NEWTONIANO...11 1.3 INTENZIONALITA ED AUTOINGANNO. UN CONFRONTO CON MANDEVILLE..........21 2.1 I SAGGI FILOSOFICI: LA STORIA DELLASTRONOMIA..................................................31 2.2 LA FORMAZIONE ORIGINARIA DELLE LINGUE E LE LEZIONI DI RETORICA E BELLE LETTERE 38 3.1 LA MORALE: GENESI SOCIALE DELLA MORALITA ED ECONOMIA DELLA NATURA ..................................................................................................................................................................48 3.2 IL DIRITTO: LA TEORIA DEI QUATTRO STADI DI SVILUPPO DELLA SOCIETA E IL RAPPORTO TRA MODI DI SUSSISTENZA E LEGISLAZIONE....................................................71 3.3 LECONOMIA: IL SISTEMA DELLA LIBERTA NATURALE E LALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE RISORSE.............................................................................................................80

INTRODUZIONE
Linterpretazione del pensiero smithiano pressoch dominante nel secolo scorso caratterizz lopera di Adam Smith in senso fortemente dualistico. Alcuni pensatori tedeschi1, infatti, riuscirono ad imporre lidea che la Ricchezza delle nazioni rappresentasse un capovolgimento delle tesi sostenute nella Teoria dei sentimenti morali. Da tale interpretazione deriv la convinzione errata che Smith, a seguito del suo viaggio in Francia come precettore del Duca di Buccleuch, e in virt dellincontro con Quesnay e con lambiente fisiocratico, avesse abbandonato lidea che la simpatia fosse il motivo determinante dellazione umana per abbracciare con decisione una teoria egoistica dellagire individuale. La scoperta e la successiva pubblicazione nel 1937 dellAbbozzo della Ricchezza delle nazioni, da parte di W. R. Scott2, costrinse gli interpreti di Smith ad una radicale revisione di tale idea. Sembra certo, infatti, che la composizione dellAbbozzo avvenne nel 1763, cio prima della partenza di Smith per la Francia, e dunque, poich esso contiene in forma sintetica molti temi sviluppati in seguito nella Ricchezza delle nazioni, divenne molto pi difficile sostenere che lincontro con i fisiocratici avrebbe causato un autentico capovolgimento nel pensiero smithiano. Gli studi dei maggiori interpreti smithiani di questo secolo hanno
Fra essi soprattutto: B. HILDEBRAND, Die Nationaloeknomie der Gegenwart und Zukunft, Literarische Anstalt, Frankfurt, 1848; K. G. A. KNIES, Die Politische Oeknomie von Standpunkte der geschichtlichen Methode, Schwetschke, Braunschweig 1853; W. VON SKARZYNSKI, Adam Smith als Moralphilosoph und Schepfer der Nationaloeknomie, Greben, Berlin 1878. Tali autori sono citati da L. BAGOLINI in La simpatia nella morale e nel diritto. Aspetti del pensiero di Adam Smith e orientamenti attuali, Giappichelli, Torino 1966, dove presente anche un approccio critico completo riguardo al cosiddetto Adam Smith problem, pp. 131 ss. 2 W. R. SCOTT, Adam Smith as student and professor, JACKSON, Glasgow 1937.
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chiarito i presupposti sui quali si fond lequivoco di un Adam Smith problem. La presunta opposizione fra la simpatia della Teoria dei sentimenti morali e legoismo della Ricchezza delle nazioni nacque per un grave errore interpretativo nella considerazione della simpatia stessa3. Essa, infatti, non deve essere intesa come il motivo dellazione, ma come condizione di possibilit del giudizio morale, in altre parole, essa non un valore o un principio morale, ma la condizione del giudizio morale in quanto giudizio valutativo4. Se si eccettuano i casi di Viner e Colletti che, per motivi diversi, hanno continuato a sostenere il contrasto fra le due maggiori opere smithiane5, possibile affermare che, ormai, intorno al carattere unitario dellopera smithiana nessuno fra i suoi principali interpreti nutre pi dubbi. La questione che rimane ancora aperta riguarda, invece, quale possa essere una chiave interpretativa che sia capace di rendere conto di tale unit senza pregiudicare la comprensione della ricchezza e della variet di temi del pensiero smithiano. La proposta di questa tesi quella di mostrare come il tema della mano invisibile raccolga e riunisca in un unico filo conduttore lintero
E L. BAGOLINI a sostenere una posizione cos decisa nellopera La simpatia nella morale e nel diritto. Aspetti del pensiero di Adam Smith e orientamenti attuali, Giappichelli, Torino 1966.
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Su questidea c un sostanziale accordo fra i maggiori interpreti del pensiero smithiano: oltre a BAGOLINI, op. cit.; RAPHAEL e MACFIE, Introduction, in The Theory of moral sentiments, Oxford 1976, p. XIII; T. D. CAMPBELL, Adam Smiths science of morals, George Allen & Unwin, London 1971, pp. 98 ss; J. R. LINDGREN, The social philosophy of Adam Smith, Nijhoff, The Hague 1973, p. 25; P. BERLANDA in La simpatia e lo spettatore imparziale in Adam Smith: dalla filosofia morale alla filosofia della societ civile, Riv. Crit. Stor. Filos., 37 (1982), pp. 39-64. Per un approfondimento cfr. pp. 52 ss.
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Se, infatti, J. Viner (Adam Smith and laissez faire, Jl. Pol. Econ., 1927, p. 216) sostiene che ci sono contrasti inconciliabili fra i due libri, L. Colletti (Ideologia e societ, Laterza, Bari 1969, p. 291) ritiene, invece, che la divergenza fra le due opere smithiane sia dovuta allincompatibilit fra economia ed etica in questa societ.
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svolgimento dellopera smithiana, tanto da rappresentarne la cifra simbolica. Nonostante la diversit degli argomenti trattati e la sorprendente ampiezza di interessi dimostrata da Smith nellarco della sua attivit intellettuale, infatti, sembra possibile rilevare il suo costante ricorso alla concezione secondo cui il bene pubblico, nelle sue molteplici forme, emerge, in molti casi, come conseguenza non intenzionale del perseguimento di interessi privati: le azioni umane, cio, conseguono fini pi ampi di quelli effettivamente perseguiti. Limpressione generale, ricavabile dalla lettura delle opere di Smith, inequivocabile: le istituzioni sociali non sono il portato della volont di qualcuno, ma il risultato spontaneo e non consapevole della cooperazione degli individui. Se si pone nella giusta considerazione il fatto che per istituzione sociale Smith non intende soltanto il mercato, ma anche il patrimonio scientifico e filosofico di un popolo o di una civilt, il linguaggio, linsieme delle norme morali e giuridiche che regolano la convivenza civile e, dunque, tutti quei fenomeni che, pur non essendo leffetto della saggezza umana ad essi orientata, sono conseguenza delle azioni umane, allora, credo sia indispensabile stabilire come si eserciti lazione della mano invisibile, non solo riguardo ai processi economici, ma anche rispetto ai processi scientifici, filosofici, giuridici e morali. Le pagine che seguono intendono affrontare il pensiero smithiano cercando di dimostrare che non solo non possibile considerare la metafora della mano invisibile come un aspetto marginale o addirittura secondario di esso6, ma anche che tale immagine il collante dellintero sistema smithiano.
Macfie ritiene che il contributo pi rilevante e originale di Smith risieda nella dottrina dello spettatore imparziale e non nella dottrina della mano invisibile (The individual in society.
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Bench tale figura compaia solo due volte lungo tutto larco dellopera smithiana, non per questo meno evidente linteresse continuo di Smith per tutti i fenomeni che non possono essere spiegati come il risultato di azioni intenzionali dei singoli individui. La mano invisibile la rappresentazione simbolica del principio delleterogenesi dei fini e Smith ne ravvis limportanza fondamentale per la comprensione dellagire umano e delle istituzioni sociali.

Papers on Adam Smith, George Allen & Unwin, London 1967, p. 125). A mio avviso, invece, non possibile scindere luna dallaltra.

1.1 CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

Lesplicito ricorso alla figura della mano invisibile viene fatto da Smith in due passi contenuti, luno nella IV parte della Teoria dei sentimenti morali dove loggetto della trattazione leffetto dellutilit sul sentimento di approvazione, laltro, nel IV libro della Ricchezza delle nazioni nel corso della trattazione dedicata alle limitazioni dellimportazione di merci dallestero. Vale la pena di citarli:
I ricchi non fanno altro che scegliere nella grande quantit quel che pi prezioso e gradevole. Consumano poco pi dei poveri, e, a dispetto del loro naturale egoismo e della loro naturale rapacit, nonostante non pensino ad altro che alla propria convenienza, nonostante lunico fine che si propongono dando lavoro a migliaia di persone sia la soddisfazione dei loro vani ed insaziabili desideri, essi condividono con i poveri il prodotto di tutte le loro migliorie. Sono condotti da una mano invisibile a fare quasi la stessa distribuzione delle cose necessarie alla vita che sarebbe stata fatta se la terra fosse stata divisa in parti uguali tra tutti i suoi abitanti, e cos, senza volerlo, senza saperlo, fanno progredire linteresse della societ, e offrono mezzi alla moltiplicazione della specie7. Ogni individuo che impiega capitale preferendo sostenere lindustria interna anzich quella straniera, mira soltanto alla sua sicurezza; e dirigendo quellindustria in modo tale che il suo prodotto possa avere il massimo valore egli mira soltanto al proprio guadagno e in questo, come in molti altri casi, egli condotto da una mano invisibile a promuovere un fine che non entrava nelle sue intenzioni. N per la societ sempre un male che questo fine non entrasse nelle sue intenzioni. Perseguendo il proprio interesse, egli spesso promuove quello della societ in modo pi efficace di quando intenda realmente promuoverlo8.

E necessario partire dallosservazione preliminare della metafora smithiana prima di seguirne il percorso e lo svolgimento concettuale. Innanzitutto, lassociazione dei due termini abbastanza curiosa, dal momento che parlare di mano suggerire pi che una presenza, un intervento; e che qualificare questa mano come invisibile designare lintervento che essa suggerisce come occulto. Si pone, quindi, un problema circa le modalit di un tale intervento. Precisato che, di tale mano, in Smith,
A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, pp. 375-76. A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 584.
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non c che il concetto, le caratteristiche che la mano invisibile presenta, nei passi citati, sono fondamentalmente due. La prima che essa non esercita la sua azione su tutti gli individui, ma soltanto su alcune categorie di essi: i ricchi proprietari fondiari nella Teoria dei sentimenti morali; gli individui che impiegano il loro capitale nella Ricchezza delle nazioni. La seconda caratteristica riguarda la sua azione vera e propria. La mano invisibile non perch non appare materialmente o perch operi senza lasciare tracce, ma semplicemente perch essa non fa niente. I ricchi, sotto la sua guida, non smettono di assecondare la loro rapacit e di seguire i loro vani ed insaziabili desideri, cos come gli individui che impiegano il loro capitale non smettono di agire seguendo il proprio guadagno. Linazione che contraddistingue la mano invisibile non per senza spiegazioni: essa, infatti, conosce qualcosa che non sanno coloro che ne veicolano lintervento e cio il servizio pubblico promosso dalla loro ostinazione a perseguire il proprio interesse nonch il beneficio derivante a tutti dalla loro ignoranza. Cos la sua inazione giustificata da ci che sa, e ci che sa non deve essere saputo poich proprio la cecit dei ricchi e dei possessori di capitale che determina i benefici che la societ ottiene dalla loro condotta privata. A questo punto, poich linazione si rivela per ci che , una forma di azione, e poich linvisibilit corrisponde ad una cecit (deception), la mano da esteriore si fa interiore, e parallelamente da particolare diviene generale9. Infatti la cecit di cui si tratta, bench faccia riferimento principalmente ai ricchi, s, quella che risulta dalle loro passioni o dalla logica dei loro
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Cfr. P. TAIEB, Tours de mains (Adam Smith), Rev. Synth., 1989 (110), pp. 189-203.

possessi, ma , soprattutto, quella derivante da una percezione limitata della loro condotta, in base alla quale le azioni si risolverebbero nel loro oggetto apparente e cosciente. Secondo tale percezione, la condotta dei ricchi e degli individui che impiegano capitale non pu avere per termine esclusivo che quello che li guida: il loro proprio interesse. Ma, per quanto privata sia, la loro condotta non pu evitare che essi, come tutti gli altri uomini, non siano pi sottomessi alla natura. Lavidit che dilata lorizzonte visivo del ricco, come di qualunque altro uomo, non pu far aumentare allo stesso modo le dimensioni del suo stomaco10. Inoltre le azioni che lambizione suscita per il suo

soddisfacimento, non compromettono affatto la duplice determinazione che allorigine delle societ umane: da un lato lincapacit nativa, da cui gli uomini sono afflitti, di soddisfare autonomamente linsieme dei loro bisogni che li fa dipendere gli uni dagli altri; dallaltro, e in conseguenza di ci, la capacit di dare una forma giuridica ai rapporti di dipendenza che li legano, e di sottomettersi a delle regole che consentono loro, a differenza delle altre specie animali, di raggrupparsi in societ. Solo gli uomini sono in grado di cooperare attraverso la divisione del lavoro:
Nessuno ha mai visto un cane fare con un altro cane uno scambio leale e deliberato di un osso contro un altro. Nessuno ha mai visto un animale esprimere con gesti e grida naturali: questo mio, quello tuo; sono disposto a dare questo per quello11.

Esseri non auto-sufficienti se paragonati agli altri esseri animali, gli uomini sono felicemente esseri di ragione, di linguaggio, di diritto e, come
In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 273. Ibid., p. 92. Tale argomento risale allEpistola a Lucilio di Seneca, cfr. A. ZANINI, Adam Smith. Economia, morale, diritto, Bruno Mondadori, Milano 1997, p. 129. 11 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 92.
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tali, degli esseri sociali. Cos, le societ umane, conformemente alla mutua dipendenza nella quale, per natura, gli uomini sono legati tra loro e che fa s che esse esistano, sono costruite sul principio che ogni uomo non pu realizzare i propri scopi che attraverso la mediazione degli altri. Cos, se voglio ricevere, devo essere disposto a donare qualcosa: levidente significato di ogni offerta che tu mi dia quella cosa di cui ho bisogno cos avrai in cambio questa di cui hai bisogno. Riassumendo, dunque, i ricchi non possono soddisfare i loro vani ed insaziabili bisogni, e gli individui che impiegano il capitale non possono rinnovarne il valore, senza far ricorso allindustria degli altri e senza contribuire allindustria generale. Sotto questo aspetto il suggerimento smithiano circa la presenza di una mano invisibile non fa che sottolineare la dipendenza naturale degli uomini tra loro che si trasmette sulle societ che essi costituiscono. La mano invisibile la rappresentazione metaforica del principio delleterogenesi dei fini che spiega il prevalere dellordine della natura e della societ sul disordine e sul caos. Chiarito il senso della metafora come rappresentazione dellinvisibile vincolo sociale che lega tra loro gli uomini, anche i pi potenti ed egoisti, resta ancora da chiarire il motivo di unimmagine che Smith stesso ci dice essere segno di una difficolt della ragione, della sua sorpresa.

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1.2 LILLUMINISMO SCOZZESE E IL PARADIGMA EPISTEMOLOGICO NEWTONIANO

Nella

Storia

dellastronomia12 Smith caratterizza

il pensiero

filosofico in opposizione al pensiero primitivo; il primo ha la caratteristica di integrare le irregolarit che si producono negli orizzonti del mondo ricostituendo razionalmente il sistema dinsieme, mentre il secondo spinto a rigettare nellirrazionale tutto ci che lo confonde e ad attribuire al disegno di agenti soprannaturali tali irregolarit. Questo sarebbe, per Smith, il senso dellattribuzione degli avvenimenti cosmici capaci di suscitare terrore o venerazione alla mano invisibile di Giove secondo i primitivi:
Si pu infatti osservare che in tutte le religioni politeistiche, sia presso i selvaggi che nei primi tempi dellantichit pagana, i fenomeni irregolari della natura sono ascritti al potere dei loro dei. Il fuoco brucia, i corpi pesanti cadono e le sostanze pi leggere volano verso lalto a causa della necessit della loro natura, e non si ritenne mai di utilizzare la mano invisibile di Giove per queste faccende. Ma i tuoni e i fulmini, le tempeste e la luce del Sole, fenomeni pi irregolari, furono ascritti al suo favore o alla sua ira13.

Credo sia importante sottolineare che, nonostante la mano invisibile nei contesti precedentemente osservati della Teoria e della Ricchezza possa avere la stessa funzione della mano invisibile di Giove, rispetto allesigenza di spiegare fenomeni inaspettati, essa non la compie nello stesso modo. I suoi interventi non sono pi associati, infatti, come facevano gli antichi, agli eventi che turbano lordine, ma, piuttosto, allordine nascosto sempre presente anche l dove sembra esserci disordine. Fra le due immagini si pone, dunque, un cambiamento fondamentale nel modo di porsi delluomo di fronte alla Natura: luomo primitivo attribuisce la causa dei
In A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 51117. 13 Ibid., p. 67.
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fenomeni che ritiene irregolari ad unintelligenza che opererebbe contro la legge e la regola, luomo moderno, invece, forte della lezione della scienza galileiano-newtoniana, sa che non esistono fenomeni che si possano dire irregolari poich la natura tiene tutto insieme in una medesima catena invisibile. Ci che meraviglia luomo moderno, dunque, non pi il disordine, ma lo spettacolo che la natura offre nel suo insieme, il suo ordine. Cos, il soprannaturale non pi pensato ad immagine e somiglianza degli uomini che agiscono per arrestare, contrastare e cambiare il corso delle cose, ma viene riferito ad un ente che agisce in un modo diverso dal loro14. Macfie fa notare come non sia fortuito che Smith in questoccasione parli della mano di Giove e non della mano del dio cristiano cui allude quando usa la metafora negli altri due casi15. Il passo sopra citato pu essere inteso, quindi, solo in connessione con la considerazione che quando la legge, finalmente, istituisce lordine della societ la curiosit degli uomini si accresce e le loro paure diminuiscono, essi sono pi attenti ai fenomeni della natura e alla catena che li tiene uniti e sono meno propensi ad ipotizzare lintervento di quegli esseri invisibili creati dallignoranza dei loro rozzi antenati16. E allora la mentalit primitiva che, di fronte a fenomeni irregolari quali comete, eclissi, tuoni, fulmini e altri ancora, per coprire lincapacit di offrire risposte adeguate crea il mito del dio capriccioso che li causerebbe. Lingenuit di questa spiegazione non consiste, per, nel fare ricorso a unintenzionalit pi grande dei singoli uomini, poich lo stesso

Cfr. A. L. MACFIE, The invisible hand of Jupiter, J. Hist. Ideas, 1971 (32), 595-9. Ibidem. 16 In A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 68.
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Smith ad ammetterne lesistenza e loperativit, ma nel pensare che tale intenzionalit agisca, dallesterno, creando disordine e irregolarit piuttosto che armonia. Il dato emergente da tale confronto che la spiegazione dei fenomeni, anche di quelli a prima vista irregolari, va cercata dentro la loro connessione causale, ed confermato dallatteggiamento critico assunto da Smith nei confronti delle spiegazioni ad hoc. Lapproccio empiristico smithiano enfatizza sempre i fatti e lesperienza, e tende a unindagine della natura interna dei fenomeni17. Egli rifiuta il ruolo dellingegnere che disegna ci che ha in mente, e accetta piuttosto quello di meccanico illuminato che dedica la sua attenzione alla comprensione di come le parti della natura si combinano insieme18. E molto importante, a questo punto, sottolineare linfluenza del pensiero di Newton su quello del Nostro autore, e non solo per il tema della mano invisibile, appena visto. Diversi studi hanno sottolineato il grande fermento, oltre che economico, anche religioso e culturale della Scozia dei primi del Settecento19. Le universit, in particolare, e i vivaci Clubs che esse alimentarono, si aprirono alle novit provenienti dalla filosofia sperimentale e ci consent che al loro interno le idee di Newton si diffondessero prima che nelle stesse universit inglesi. Smith fu borsista al Balliol College di Oxford dal 1740 al 1746, dopo gli studi a Glasgow, e pot constatare personalmente
Smith stesso dice della sua filosofia morale: Si consideri inoltre che la presente ricerca non riguarda una questione di diritto, se cos posso esprimermi, ma una questione di fatto. Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 196. 18 Cfr. M. L. MYERS, Adam Smith as critic of ideas, Jl. Hist. Ideas, 1975 (36), pp. 281-96. 19 Si vedano in particolare: F. RESTAINO, Scetticismo e senso comune. La filosofia scozzese da Hume a Reid, LATERZA, Roma-Bari 1974, e R. H. CAMPBELL-A. S. SKINNER, Adam Smith, Croom Helm, London 1982.
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come a causa del sistema amministrativo delluniversit inglese la maggior parte dei professori avesse, da molti anni, completamente abbandonato anche lapparenza di insegnare20. Innanzitutto, il tentativo smithiano di scoprire i meccanismi sottostanti allo sviluppo ed al progresso della conoscenza, della morale, della ricchezza nonch del diritto e della societ nel suo insieme, deve moltissimo allesempio trionfale di Newton nella scoperta delle leggi del moto. John Millar, che segu le lezioni di filosofia morale di Smith nel 1751-52 a Edinburgo e che fu suo collega in seguito a Glasgow, scrisse in Historical View of the English Government che la vita intellettuale universitaria scozzese era alimentata in grande misura dagli scritti di Bacone e Newton e che se Montesquieu poteva essere considerato una sorta di Lord Bacon riguardo alla scienza della legislazione, di questo ramo della filosofia Adam Smith meritava lappellativo di Newton21. Daltra parte, non si pu sottovalutare linteresse giovanile di Smith proprio per lo studio dellastronomia e per la sua storia. La storia dellastronomia che fa parte di una raccolta di saggi pubblicati postumi nel 1795, inserita allinterno del saggio dal titolo I principi che guidano e dirigono le ricerche filosofiche22, e diventa, nelle mani di Smith, loccasione per illustrare sistematicamente i fondamenti stessi del progresso scientifico. I Saggi filosofici nel loro insieme, poi, bench nei contenuti siano eccentrici rispetto al complesso dellopera smitiana, anticipano e chiariscono il metodo che sar alla base delle analisi
In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 931. 21 Cfr. R. H. CAMPBELL-A. S. SKINNER, Adam Smith, Croom Helm, London 1982. 22 In A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 51139.
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successive, e sono una sorta di definizione degli strumenti metodologici che Smith applicher al mondo morale. Un preciso riferimento di Smith al proprio newtonianesimo23 lo si pu riscontrare nella sezione delle Lezioni di retorica e belle lettere dedicata al discorso scientifico-didattico dove Smith afferma che:
Nella filosofia naturale o in qualsiasi altra scienza di questo tipo, noi possiamo o esaminare attentamente, come Aristotele, i vari rami della Scienza nellordine in cui accade che ci si presentino, attribuendo un principio, di solito un nuovo principio, ad ogni fenomeno; oppure, secondo il metodo di Isacco Newton, possiamo anticipare determinati principi, originari o gi dimostrati, e a partire da essi descrivere i vari fenomeni, collegandoli tutti con la medesima catena. Questultimo, che possiamo chiamare il metodo newtoniano, senza dubbio il pi filosofico e, in ogni scienza, sia nella morale sia nella filosofia naturale ecc., di gran lunga il pi ingegnoso e per tale ragione pi seducente dellaltro. Esso ci offre il piacere di vedere quei fenomeni che consideriamo i pi inspiegabili, tutti dedotti da alcuni princpi (di solito da un principio ben conosciuto) e tutti uniti in una catena; piacere che di gran lunga superiore a quello che proviamo dal metodo sconnesso dove ogni cosa viene spiegata separatamente senza alcun riferimento alle altre 24.

Qui assai significativo lintento programmatico di fare uso ed applicare il metodo scientifico anche alla sfera delle scienze umane. Non stupisce, dunque, che Smith abbia preso a modello la concezione della natura di Newton quando rappresent la societ come un insieme di individui spinti dal proprio interesse personale allinterno di un ordine economico governato dalle leggi della domanda e dellofferta25. Linfluenza determinante che Newton ebbe su Smith, del resto, va estesa a tutto il pensiero dellilluminismo scozzese, che non sarebbe pensabile senza un riferimento preciso al grande scienziato. E possibile, infatti, osservare una sorta di progressione graduale, lo sviluppo di un
Si vedano a proposito del newtonianesimo di Smith: E. LECALDANO, in Paradigmi di analisi della filosofia morale nellilluminismo scozzese, pp. 13-35 e S. CREMASCHI, in Lilluminismo scozzese e il newtonianesimo morale, pp. 41-76, in Passioni, interessi, convenzioni, Franco Angeli, Milano 1992; inoltre, cfr. S. MOSCOVICI, in A propos de quelques travaux dAdam Smith sur lhistoire et la philosophie des sciences, Rev. Hist. Sc., 1956 (9), pp. 1-20. 24 A. SMITH, Lezioni di retorica e belle lettere, a cura di R. SALVUCCI, Quattroventi, Urbino 1985, p. 423. 25 Cfr. J. C. GREENE, Darwin and the modern world view, Baton Rouge, 1961, p. 88, citato da N. S. HETHERINGTON, Isaac Newtons influence on Adam Smiths natural law in economics, J. Hist. Ideas, 1983 (44), p. 499.
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paradigma epistemologico newtoniano che a partire da Francis Hutcheson attraverso lopera di David Hume si compie proprio con Adam Smith26. Questultimo considera teorie e sistemi, sia scientifici che morali o pi in genere sociali, come delle macchine immaginarie tra cui si istituisce un confronto nel tentativo di migliorarle, cio di renderle adatte a descrivere un sempre pi ampio spettro di fenomeni. Attraverso losservazione di un grande numero di casi egli ritiene si possa giungere, induttivamente, alla formulazione di princpi di carattere universale, di cui verificare la tenuta attraverso il continuo confronto con i fenomeni dellesperienza. Si pu osservare, qui di seguito, come sulla scorta del metodo di Newton, Smith scarti posizioni tipiche rispettivamente di Hume e Hutcheson. Smith supera il concetto humiano di giustizia artificiale poich concepisce la teoria del processo valutativo simpatetico come condizione della stessa costituzione dellobbligo; in altre parole, definendo la giustizia in funzione dellingiustizia e questa in relazione col risentimento che essa suscita e che giustifica la pena, non c bisogno di fare ricorso allartificio del Governo civile27. Far dipendere la giustizia dal governo civile, come fa Hume, comporta, infatti, lintroduzione di un principio nuovo per spiegare un fenomeno nuovo e quindi una deroga rispetto al metodo corretto, quello newtoniano. In tal senso Smith opera un ribaltamento della posizione di Hume poich il governo civile diviene leffetto, lespressione istituzionale, per cos dire, di
Tale proposta avanzata da E. LECALDANO, in Paradigmi di analisi della filosofia morale nellilluminismo scozzese, in Passioni, interessi, convenzioni, Milano, Franco Angeli, pp. 1335. 27 Si veda per questa interpretazione L. BAGOLINI, in David Hume e Adam Smith. Elementi per una ricerca di filosofia giuridica e politica, Ptron 1976.
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una giustizia comunque emergente dalla dinamica del processo di valutazione simpatetica. In base al principio esposto da Smith nel passo sopra citato, Hume, in questo caso, sarebbe pi aristotelico che newtoniano. Laltro esempio ci fa risalire direttamente alla Teoria dei sentimenti morali e precisamente alla parte dedicata alla trattazione dei sistemi di filosofia morale. Mentre secondo Hutcheson il principio di approvazione fondato su un sentimento di natura peculiare che prende il nome di senso morale, Smith afferma che per dare conto del principio di approvazione non c motivo di supporre un nuovo potere di percezione di cui non si mai sentito parlare prima. La Natura qui, come in tutti gli altri casi, agisce secondo la pi rigorosa economia, e produce una moltitudine di effetti da una e unica causa, e la simpatia, un potere che stato messo in rilievo da sempre, e di cui la mente evidentemente dotata, sufficiente a dar conto di tutti gli effetti attribuiti a questa facolt peculiare28. Anche qui, come nel caso precedente, si vede bene come Smith ritenga corretto il metodo che, a partire da determinati principi, cerchi di comprendere tutti i fenomeni in una medesima catena di connessioni causali, evitando il ricorso, artificioso, a principi nuovi: la simpatia spiega lintero universo morale. Laccenno alleconomia della natura, daltra parte, particolarmente illuminante poich ci riporta immediatamente al terzo libro dei Principia di Newton, vale a dire al luogo dove lastronomo inglese enunciando le regole del ragionamento filosofico ci lascia intravedere quelli che sono i presupposti ontologici della sua concezione delluniverso: semplicit e uniformit della natura. Cos, le macchine immaginarie (in questo modo Smith chiama le
Cfr. A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 605.
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teorie scientifiche) per essere specchio della Natura debbono essere quanto pi possibile semplici, uniformi e coerenti al loro interno, poich descrivere tutti i fenomeni a partire da determinati principi il sistema, come abbiamo visto, pi filosofico. Va precisato, comunque, che la tradizione di newtonianesimo rilevabile nei filosofi dellilluminismo scozzese presenta elementi di discontinuit nei confronti dello stesso Newton. Ci si deve, da un lato, alle licenze che i singoli autori stessi si presero rispetto al modello di riferimento: Hume, per esempio, non accolse la validit dello argument from design come fondamento di una teologia razionale. Dallaltro lato, le difficolt di applicazione del metodo della filosofia naturale allambito delle scienze umane, e soprattutto limpossibilit dellesperimento scientifico, giocarono un ruolo importante nellallontanamento degli allievi moralisti dal maestro scienziato. In particolare, riguardo al problema dellesperimento, Smith trov una via duscita attraverso il metodo storico e attraverso ci che Dugald Stewart defin storia congetturale29, che gli rese possibile lestensione del principio dellanalogia della natura al mondo storico30. Gli insegnamenti e le indicazioni fondamentali che Smith, insieme a Hume, trasse dalla lezione metodologica di Newton, vanno comunque estesi al concetto di principio.

D. STEWART, Account of the life and writings of Adam Smith, in Essays on philosophical subjects, Oxford 1981. 30 Sul concetto di storia teoretica o congetturale, cfr. A. M. IACONO, Lidea di storia teoretica o congetturale negli scritti filosofici e sul linguaggio di Adam Smith, Teoria, 1989 (9), pp. 113-33.
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Le particolarit di principi di comportamento come la propensione allo scambio o il desiderio di migliorare la propria condizione31 (ma anche del meccanismo impersonale di gravitazione dei prezzi di mercato intorno al prezzo naturale) sono secondo Smith principalmente due: il loro carattere non ultimo e il loro rapporto di causa-effetto con i fenomeni32. Riguardo al primo punto, Smith sottolinea che anche se tali principi sono osservabili come costanti del comportamento umano o del meccanismo sociale, essi vanno tenuti rigorosamente distinti dalle qualit originali della natura, sulle quali non ritiene di poter dare indicazioni ultime. Circa il secondo punto egli sottolinea che il fenomeno della divisione del lavoro, da un lato, un effetto della propensione umana allo scambio, dallaltro, causa della differenza di ingegno fra gli uomini33. Non si possono concludere queste brevi pagine dedicate

specificamente al debito teoretico di Smith nei confronti di Newton, senza aver ricordato che nella Storia dellastronomia limpianto empiristico e sperimentale della sua filosofia confermato dallosservazione che mentre stava tentando di rappresentare tutti i sistemi filosofici come semplici invenzioni dellimmaginazione, egli era stato trascinato insensibilmente a parlarne come se essi fossero le catene reali che la natura utilizza per collegare le sue molteplici operazioni 34. I limiti della conoscenza, e delle sue costruzioni teoriche impongono di considerare le macchine immaginarie

A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 91 e p. 463. 32 Si veda: N. S. HETHERINGTON, Isaac Newtons influence on Adam Smiths natural law in economics, Jl. Hist. Ideas, 1983 (44), pp. 497-505. 33 A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 64748. 34 A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p.117.
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come descrizioni della realt e, quanto alle cause ultime, dovrebbe valere il proposito galileiano di non tentar lessenza. Jacob Viner, comunque, enfatizzando il rilievo fatto da Smith sulla distinzione fra macchine immaginarie e catene reali, ha rilevato che la filosofia non potrebbe essere scienza dei principi connettivi della natura se tali principi fossero semplicemente contenuti mentali. Egli ritiene che tale ambiguit sia superata nella Teoria dei sentimenti morali e nella Ricchezza delle nazioni attraverso il ricorso alla fede deistica e alla credenza che luniverso di Dio debba essere necessariamente ordinato e sistematico35. Si deve ammettere, tuttavia, che tale ambiguit pu essere dovuta al tentativo smithiano di rompere con i parametri cartesiani di chiarezza e distinzione delle idee attraverso laccettazione del ruolo attivo

dellimmaginazione nella costituzione dellesperienza. E possibile, comunque, dare risposta al rilievo del Viner, e di tutti gli interpreti che considerano il pensiero smithiano fortemente scettico circa le possibilit della conoscenza umana, osservando da vicino la distinzione operata dallo stesso Smith fra i sistemi di filosofia naturale e quelli di filosofia morale36. Mentre, infatti, i primi possono pi facilmente trovare generale accoglienza nel mondo, come avvenne per la teoria dei vortici di Descartes, anche se non hanno alcun fondamento nella natura, n alcuna somiglianza con la verit, per i secondi le cose stanno diversamente, poich molto pi difficile che ci inganniamo sui nostri sentimenti morali. Cos, se possibile
Cfr. J. VINER, The intellectual history of laissez faire, Jl. of Law and Economics, 1960, pp. 45-69. Cfr., inoltre, A. D. MEGILL, Theory and experience in Adam Smith, Jl. Hist. Ideas, 1975 (36), pp. 281-96. 36 Per tale questione si consultino S. CREMASCHI, Il sistema della ricchezza. Economia politica e problema del metodo in Adam Smith, Angeli, Milano 1984 e F. BRUNI, La nozione di lavoro in Adam Smith, Riv. Fil. Neoscol., 1987 (79), pp. 67-95.
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che sistemi di filosofia naturale non veri siano accettati, ci accade solo perch, da un lato essi non ci toccano da vicino e, dunque, pi difficilmente possiamo avvertirne la falsit, dallaltro perch richiede pi tempo la loro verifica empirica37.

1.3 INTENZIONALITA ED AUTOINGANNO. UN CONFRONTO CON MANDEVILLE

Dopo aver cercato di descrivere e definire il significato della metafora adottata da Smith, credo convenga chiarirne alcuni aspetti evidenziando i limiti entro i quali essa deve essere intesa. Il fraintendimento pi frequente della mano invisibile si deve in gran parte allidentificazione dei due diversi significati di essa che abbiamo incontrato. La sottovalutazione della distanza che li separa, dovuta, come si visto, al radicale cambiamento del costume scientifico umano che intercorre fra antichi e moderni, porta ad uno schiacciamento della mano invisibile sulla mano invisibile di Giove. Si finisce, in tal modo, con lattribuire a Smith lo stesso atteggiamento nei confronti delle irregolarit che egli vide essere proprio degli antichi e che descrisse in contrapposizione al metodo di spiegazione da lui adottato. Due aspetti possono, dunque, emergere in seguito a questa confusione: da un lato la convinzione che Smith, per cos dire, ammetta lesistenza di una discontinuit tra lagire
Cfr. A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 591.
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individuale e i risultati collettivi, la quale richiederebbe lintervento regolatore della mano invisibile; dallaltro che sia proprio la necessit di una sovraintenzionalit regolatrice a denunciare implicitamente lirregolarit dei fenomeni su cui costretta ad intervenire38. Giova ripetere che le argomentazioni sopra esposte circa la funzione e le modalit di azione della mano invisibile, sottolineano che dove un antico vedrebbe discontinuit e irregolarit Smith vede il dispiegarsi di legge e regolarit. Sembra evidente, ad ogni modo, in questa visione, lesplicito riferimento alla filosofia stoica che, per, Smith accoglie con forti riserve assai significative per la comprensione delleffettivo ruolo della mano invisibile nel suo pensiero39. Gli antichi stoici, infatti, ritenevano che, poich il mondo governato dalla provvidenza onnipotente di un dio saggio e buono, ogni singolo evento dovesse essere considerato come parte necessaria delluniverso che tende a promuovere lordine e la felicit generale del tutto, e che, quindi, tanto i vizi e le follie quanto la saggezza e la virt delluomo giocassero un ruolo necessario nelleconomia di un tale disegno e conducessero alla perfezione del sistema della natura. Ebbene, Smith, bench affascinato, dice inequivocabilmente che nessuna speculazione di questo tipo, per quanto profondamente radicata nella mente, potrebbe indebolire la nostra naturale ripugnanza per il vizio40. Smith, dunque, riconosce come un bene il fatto che la natura si imponga su di noi facendoci vedere i piaceri della ricchezza e del lusso come qualcosa per cui valga la pena impegnarsi e che attraverso tale inganno ci guidi al raggiungimento di
Si veda per queste tesi: A. M. IACONO, Adam Smith e la metafora della mano invisibile, Teoria, 5 (1985), pp. 77-94. 39 Cfr. G. VIVENZA, Adam Smith e la cultura classica, IPEM Edizioni, Pisa 1984, pp. 75 ss. 40 In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995; p.127.
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scopi pi ampi di quelli che consapevolmente cerchiamo di perseguire, (anche se il vagabondo che si crogiola al sole gode della pace e della tranquillit per cui i principi della terra combattono e si dannano), ma rifiuta lidea degli Stoici secondo cui vizi e virt, allo stesso modo, contribuirebbero alla perfezione della natura. Quanto detto, per, non basta, poich non soltanto una ripugnanza di carattere morale a spingere Smith al rifiuto della posizione stoica, ma anche un convincimento attinente proprio alla considerazione della perfezione della natura: egli non ritiene affatto che anche i vizi contribuiscano alla sua realizzazione. La radicalit del rifiuto di questidea ravvisabile nellopposizione al sistema mandevilliano che sembra cancellare la distinzione tra virt e vizio appoggiando lidea che il pubblico bene sia fondato sul vizio privato. Ebbene, Smith confuta limpostazione dellolandese dimostrando come essa conduca a conseguenze economiche sbagliate. Trattando della dottrina mercantilista, cio della dottrina che individua la prosperit di una nazione nella disponibilit di moneta e di denaro, Smith, nelle Lezioni di Glasgow, dice che uno dei suoi effetti negativi la convinzione relativa alla spesa estera e a quella interna41. Il necessario corollario di questa premessa era, infatti, che nessuna spesa allinterno potesse diminuire la ricchezza pubblica o nazionale. Da ci Mandeville concluse che i vizi privati rappresentano pubbliche virt poich pensava che nessun lusso, n lo sperpero maggiore immaginabile, se rivolti a merci di produzione nazionale, potessero essere minimamente dannosi. Egli pensava che se si fossero tenute lontane tutte le merci straniere, ciascuno avrebbe
Cfr. A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 504-505.
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potuto spendere quanto gli pareva e la nazione sarebbe rimasta ricca come prima, in quanto la moneta non veniva mandata allestero ma restava in patria. La replica di Smith si rivolge prevalentemente, almeno in questa sede, contro le considerazioni economiche mandevilliane notando come chiunque sperperi il suo capitale diminuisca necessariamente, in proporzione, la prosperit del proprio Paese. Infatti, sebbene la quantit di moneta resti invariata, non altrettanto si pu dire del capitale. Se possiedo mille sterline e le spendo tutte in sperperi, vi sono ancora mille sterline nel regno, ma vi sono mille sterline in meno di capitale42. Come si vede, qui entrano in gioco le nozioni contrapposte di spesa, cio, quella orientata ai beni durevoli e quella orientata ai beni deperibili. Orbene, pi la spesa si rivolge ai primi e pi la magnificenza di un individuo come di una nazione aumentano, dal momento che la spesa di ogni giorno contribuisce a sostenere e ad accrescere leffetto di quella del giorno dopo 43, ma ci che pi conta che la spesa erogata in beni durevoli mantiene normalmente un maggior numero di persone di quella erogata nella pi profusa ospitalit44. E alla luce di queste riflessioni che mi sembra prendere corpo la corretta interpretazione della mano invisibile: chi impiega un capitale in una qualsiasi attivit, secondo Smith, pur essendo mosso da un desiderio tutto particolare e personale, estende i benefici del proprio investimento a persone produttive, aumentando cos il valore di scambio del prodotto annuale del suo paese. Laumento della prosperit, la distribuzione
Ibid., p. 505. A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 470. 44 Ibid., p. 471.
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equa delle risorse, lo sviluppo e il beneficio pubblico sono promossi dalla oculatezza degli investimenti, dalla parsimonia e dal lavoro produttivo motivato dalla volont di migliorare la propria condizione personale, non da qualsiasi forma di egoismo vizioso che, misteriosamente, grazie

allintervento, in tal caso, s, magico, di una mano invisibile porterebbe alla promozione del bene comune. Lazione della mano invisibile pensabile in un sistema non soltanto economico, ma soprattutto in un sistema morale, senza il quale essa non potrebbe svolgersi. Tale sistema, descritto da Smith, un ordine di mercato libero, regolato da norme astratte, allinterno del quale ognuno pu muoversi perseguendo vantaggiosamente i propri fini ed il risultato di un lungo processo storico. Si detto del rifiuto da parte di Smith delle conseguenze economiche della identificazione operata da Mandeville fra vizi privati e pubbliche virt; a ci va aggiunto il rifiuto dei presupposti morali di tale identificazione. Smith attribuisce alla malignit latteggiamento mandevilliano, che riconduce allamore per la lode o per la vanit tutte le azioni che invece dovrebbero essere fatte risalire allamore per lessere degni di lode45. Infatti, il desiderio di compiere nobili azioni o di essere oggetti appropriati di stima non pu essere considerato vanit, come, del resto, il desiderio di acquistare fama e onori per qualcosa che ne sia davvero degno. N lamore per la virt, n lamore per la gloria, bench questultimo sia di grado inferiore al primo, possono, dunque, essere confusi con il vizio46. Comunque, dal momento che non possibile che un sistema di filosofia morale possa

In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, pp. 279280. 46 In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 584.
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venire in qualche modo accettato senza che, al suo interno, ci sia un qualche fondamento di verit, Smith riconosce che almeno alcune parti del sistema di Mandeville devono essere esatte. Macfie ha sottolineato come la fonte del concetto smithiano dello sviluppo economico, basato sulla concorrenza degli interessi individuali e sulla divisione del lavoro, non pu non aver tratto ispirazione dalla Favola delle api47; Viner ha osservato che la formula vizi privati, pubbliche virt deliberatamente provocatoria e offensiva nei confronti del comune senso morale, ma, se sotto questo riguardo stata rifiutata da Smith, nel concetto essa fu pienamente accolta48. Proprio la metafora della mano invisibile dovrebbe esprimerne il senso: La formula di Mandeville appare

unanticipazione della teoria della mano invisibile di Smith: un richiamo a quellopera della Provvidenza (evocata pi volte nella Teoria dei sentimenti morali e nella Ricchezza delle nazioni), che, dal caos degli interessi privati in lotta tra loro, fa scaturire, come per miracolo, larmonia generale 49. La stessa opinione, senza allusioni a miracoli e armonie, espressa da Heilbroner secondo cui il paradosso mandevilliano rimarrebbe irrisolto nel pensiero di Smith50. Gi Marx, del resto, rilev ne Il capitale che il celebre passo della Ricchezza delle nazioni, in cui Smith descrive quanti lavori collaborino alla soddisfazione dei bisogni di un operaio in un paese civile, era tratto quasi letteralmente dalla difesa di Mandeville dagli attacchi alla sua Favola delle api. Prima di lui Kant scrisse: C da sperare che, via via che gli uomini
Cfr. A. L. MACFIE, The individual in society. Papers on Adam Smith, George Allen & Unwin, London 1967, p.116. 48 J. VINER, Adam Smith and laissez faire, Jl. Pol. Econ., 1927, pp. 198-232. 49 L. COLLETTI, Ideologia e societ, Laterza, Bari 1969, p. 281. 50 R. L. HEILBRONER, The socialization of the individual in Adam Smith, Hist. Pol. Econ., 1982 (14), pp. 427-39.
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progrediranno nelle arti e nelle scienze che tendono a soddisfare i loro bisogni pubblici e privati, troveranno che, quanto pi efficaci sono i mezzi per procurarsi lutile proprio, tanto pi essi concordano con la morale, con i doveri reciproci e con la finalit generale della provvidenza di rendere felici tutte le creature: gi oggi la filosofia ha purgato la scienza delleconomia e delle finanze da alcuni pregiudizi dannosi allumanit, dimostrando essere inutile e dannoso per lo Stato ci che un tempo si considerava e si raccomandava come un guadagno da perseguire a spese degli stranieri 51. Se la prima parte del passo si riferisce esplicitamente alla morale dellApologo delle api, la seconda fa riferimento alle critiche rivolte da Smith al sistema mercantilistico nel IV libro della Ricchezza delle nazioni, che Kant aveva letto, ed quindi significativo che egli unisca in una sola considerazione i due autori52. Schumpeter, infine, sostiene che se Mandeville rappresent nel migliore dei modi la funzione sociale assolta dallinteresse individuale nel campo economico, egli non fu il solo a formulare un tale concetto e pi di un argomento dimostra linflusso che egli ebbe su Smith53. In conclusione, quindi, sembra che la differenza tra Smith e Mandeville si possa definire in questo modo: mentre Mandeville provocatoriamente, contro lipocrisia e la bigotteria puritane, considera viziosa ogni azione rivolta allinteresse personale, Smith considera tale attivit virtuosa se contenuta nei limiti di justice e propriety.

I. KANT, Sul rapporto della morale con la politica, in Scritti politici a cura di a cura di N. BOBBIO, L. FIRPO, V. MATHIEU, UTET, Torino 1965, p. 658. 52 Trattando del denaro ne La dottrina generale del diritto, Kant illustra la concezione smithiana della moneta. In Scritti politici a cura di a cura di N. BOBBIO, L. FIRPO, V. MATHIEU, UTET, Torino 1965, p. 473. 53 J. A. SCHUMPETER, Storia dellanalisi economica, edizione ridotta a cura di C. NAPOLEONI, Boringhieri, Torino 1972.
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Una tale impostazione, del resto, confermata dalla presenza, nel pensiero smithiano, di due concetti di moralit, che fanno riferimento, luno, alla virt nel senso proprio, laltro alla semplice convenienza e

appropriatezza54. C grande differenza tra virt e semplice appropriatezza, tra ci che merita di essere ammirato e ci che pi semplicemente oggetto di approvazione.
Infatti, non c abilit nel grado comune delle qualit intellettuali, e allo stesso modo non c virt nel grado comune di quelle morali. La virt consiste nelleccellenza, in qualcosa di grande e bello in modo fuori dal comune, e che si pone ben al di l del volgare e dellordinario 55.

La virt, dunque, in quanto eccellenza non da tutti, non disponibile alla gente rozza e volgare, ma solo ai pochi uomini saggi56. E per questo che abitualmente, nel giudicare se certe azioni, in situazioni particolarmente impegnative, siano degne di lode o di biasimo, facciamo uso di diversi criteri di riferimento. Da un lato, cio, poniamo lidea della virt che nessun uomo ha mai raggiunto o potr mai raggiungere, dallaltro lato, consideriamo il grado di vicinanza a quella perfezione cui giungono normalmente le azioni della maggior parte degli uomini. Chiunque superi quel livello normale e ordinario, anche se non raggiunge la perfezione, pu essere considerato virtuoso57. Il perseguimento dellinteresse personale rispondendo soltanto al requisito
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dellappropriatezza,

non

pu,

dunque,

essere

considerato

Si veda per questo: N. WASZEK, Two concepts of morality. A distinction of Adam Smiths ethics and its Stoic origin, J. Hist. of Ideas, 1984 (45), pp. 591-606. 55 In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p.108. 56 La distinzione fra lelite dei virtuosi e la gente rozza e volgare, con riferimento ai diversi livelli possibili di vita morale, sottolineata da H. MIZUTA, in Moral philosophy and civil society, in Essays on Adam Smith, a cura di A. S. SKINNER e T. WILSON, Oxford Univ. Press, 1975, pp. 114-31. 57 In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p.110.

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moralmente virtuoso, ma non deve nemmeno essere posto fuori dallattivit morale. In questo senso ravvisabile una certa affinit tra Smith e Mandeville.

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2.1 I SAGGI FILOSOFICI: LA STORIA DELLASTRONOMIA

I Saggi filosofici, pubblicati postumi nel 1795, contengono scritti composti da Smith in periodi diversi della sua vita. Fra essi, quelli pi significativi per la considerazione del tema della mano invisibile sono il gi citato saggio sui Principi che guidano e dirigono le ricerche filosofiche, redatto fra il 1749 e il 1758, e quello dal titolo Considerazioni sulla formazione originaria delle lingue e sul diverso genio delle lingue semplici e composte del 1761. I Principi sono articolati in tre parti che, a un diverso livello di elaborazione, raccontano, rispettivamente, la storia dellastronomia, la storia della fisica, e la storia della metafisica antiche. Muovendo dalla convinzione che la filosofia sia la scienza dei principi connettivi della natura58, Smith si propone di esaminare i diversi sistemi della natura che, nel mondo occidentale, sono stati successivamente adottati dai sapienti per descriverla e, senza considerare la loro assurdit o la loro probabilit, la loro concordanza con la verit e la realt, intende accontentarsi di indagare in che misura ognuno di essi sia idoneo a placare limmaginazione ed a rendere il teatro della natura uno spettacolo pi coerente e, perci, pi bello di quanto altrimenti sembri. La parte pi significativa dellintero saggio assolta dalla Storia dellastronomia il cui obbiettivo non tanto quello di fare un resoconto storiografico, quanto piuttosto di far emergere, attraverso esso, la natura e i meccanismi del procedere scientifico. Essa , per, preceduta da

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A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 63.

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due sezioni dedicate allanalisi degli effetti che limprevisto, la sorpresa e la meraviglia per la novit hanno sulla nostra conoscenza. La filosofia, dunque, costruisce teorie e sistemi della natura, le macchine immaginarie di cui si detto pi sopra, servendosi di principi che siano in grado di operare connessioni tra i fenomeni, con lunico obbiettivo di ristabilire la tranquillit dellimmaginazione turbata dalla meraviglia. La dinamica psicologica descritta da Smith mostra come, alla sorpresa causata da un fatto imprevisto, segua la meraviglia, cio quellatteggiamento emozionale dovuto allimpossibilit di ricorrere allabituale spiegazione dei fenomeni. A questo punto, limmaginazione, per superare la situazione di disagio venuta a crearsi, innesca il meccanismo di costruzione delle teorie il cui fine la creazione di un nuovo costume, o sistema associativo, nel quale essa possa acquietarsi. Lammirazione, il sentimento che sorge di fronte a tutto ci che manifesta i caratteri della grandezza e della bellezza, sancisce laccettazione del nuovo sistema e determina lacquisizione di un rinnovato equilibrio. Lesempio portato per descrivere tale processo quello di un naturalista che si trovi alle prese con una pianta e un fossile insoliti. Egli non sufficientemente soddisfatto dallaverli riconosciuti come appartenenti al genere delle piante o dei fossili e cerca di farli rientrare in classi nelle quali possano essere affiancati ad altri oggetti simili in tutto. Se non riesce a trovare alcuna classe di riferimento, o allarga i confini di qualcuna di esse, o ne crea una nuova alla quale potersi riferire successivamente. La pianta e il fossile insoliti, insomma, se non possono essere classificati secondo schemi stabiliti, costringono il naturalista a modificarli o a cambiarli.

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La stessa cosa avviene:


Quando un oggetto abituale compare dopo un altro oggetto a cui solitamente non segue, esso dapprima fa nascere, per la sua imprevedibilit, il sentimento della sorpresa, e successivamente, data la stranezza della successione o ordine di comparsa, il sentimento della meraviglia. (....) Quando due oggetti, per quanto dissimili, sono stati spesso osservati succedersi luno allaltro, e si sono costantemente presentati ai sensi in quellordine, essi vengono collegati cosi strettamente nellimmaginazione che lidea delluno sembra richiamare e presentare spontaneamente quella dellaltro. (....) Ma se questa abituale connessione si interrompe, (....) allora accade il contrario di tutto ci. Limmaginazione sente di non passare pi con la consueta facilit dallevento precedente a quello susseguente 59.

In tal modo il ruolo svolto dallimmaginazione quello di scoprire le connessioni allinterno delle quali i fatti insoliti possono venire ricondotti, poich, se un fenomeno si presenta isolato, Smith sulla scia di Newton ritiene che ci sia dovuto solo allincapacit umana di osservarne il collegamento con le catene reali delle cose. Ci che interessa alla nostra considerazione, comunque, che il movente che spinge limmaginazione a ricercare nuove connessioni, l dove quelle vecchie non sono pi sufficienti a spiegare i fenomeni, di natura psicologica. La ragion dessere della ricerca scientifica, cio, risiede nella volont pratica di placare limmaginazione. Cos i filosofi, mentre cercano di placare la propria immaginazione, sono condotti a promuovere un fine che non entrava nelle loro intenzioni: il progresso della conoscenza. Ecco manifestarsi, anche in ambito epistemologico, il concetto della mano invisibile. Come tutti i fenomeni complessi, derivanti dallattivit degli uomini, anche il discorso scientifico leffetto non intenzionale della propensione umana a migliorare la propria condizione e a rendere pi comprensibile e facile la vita. Che il movente della scienza e della filosofia sia di carattere psicologico, per, non implica che esse non dispongano di strumenti propri e razionali quali lesperimento, le ipotesi o le osservazioni controllate, ma anzi
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A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 58.

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una conferma del meccanismo degli unintended results. La scienza procede attraverso la comprensione progressiva dellignoto mediante il gi noto, del non abituale mediante ci che, essendo di quotidiana esperienza, non desta pi sorpresa, ed possibile perch vi sono quelle catene nascoste di eventi che legano tra loro le manifestazioni apparentemente incoerenti della natura60. Tale concezione si spiega meglio ponendo mente al fatto che Smith, fedele al principio humiano secondo cui tutte le nostre idee sono copie di impressioni61, convinto che fra conoscenza razionale e conoscenza sensoriale vi sia soltanto una differenza di grado, non di valore, ed consapevole del ruolo giocato dalle abitudini nel meccanismo di costituzione della credenza. A differenza di Hume, per, egli, come si visto, sposta la spiegazione del funzionamento dellimmaginazione agli ambiti in cui essa deve comprendere fenomeni nuovi che rompono lequilibrio dellabituale catena connettiva e che si accompagnano sul piano psicologico a sorpresa e meraviglia. Tali emozioni rappresentano un momento di crisi e difficolt che limmaginazione cerca di superare, o attraverso lintroduzione di nuove teorie, o attraverso successive modifiche delle vecchie. La descrizione del sistema delle sfere concentriche apre la storia dellastronomia. Esso fu il primo autentico sistema astronomico che il mondo conobbe e che, insegnato inizialmente dai pitagorici, fu adottato con qualche modifica da Aristotele. Lidea era che il moto delle stelle intorno alla terra potesse essere spiegato dal movimento di una sfera solida in cui le stelle fisse fossero incastonate come gemme. Per spiegare il cambiamento di
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A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 65-6. D. HUME, Trattato sulla natura umana, Laterza, Roma-Bari 1993.

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posizione della Luna e del Sole, rispetto alla sfera delle stelle fisse, si rese necessaria lintroduzione di altre due sfere concentriche. Ci che spinse Aristotele ad aumentare il numero delle sfere concentriche fu losservazione delle piccole irregolarit nei movimenti planetari. Questa teoria resse, cio riusc a suscitare ammirazione e a placare limmaginazione, fino a quando essa, complicatasi troppo, fu sostituita dal sistema delle sfere eccentriche e degli epicicli di Tolomeo. Tale sistema consent di distinguere tra movimenti reali e apparenti dei corpi celesti e salv lapparenza (a causa della grande lontananza dei pianeti doveva sembrare che il centro delle loro orbite coincidesse con quello della Terra) permettendo di giustificare la diversa velocit dei pianeti stessi. Inoltre il sistema delle piccole sfere o epicicli, ruotanti lungo la circonferenza delle sfere eccentriche, consentiva di rendere conto del diverso moto dei pianeti. Dai sistemi antichi, dopo un breve accenno agli Stoici, Smith giunge direttamente a descrivere il sistema di Copernico che, oltre a spiegare pi di quanto riuscisse a fare quello tolemaico, aveva il vantaggio di essere anche pi semplice, coerente ed elegante. Esso offriva spiegazioni senza difficolt e come una macchina pi semplice, collegava, senza ricorrere agli epicicli e per mezzo di un minor numero di movimenti, i complessi fenomeni dei cieli 62. Comunque, nonostante la sua coerenza e semplicit, esso inizialmente fu accettato solo da astronomi, e anche fra essi non incontr molto favore:
Infatti anche se lo scopo ordinario della filosofia quello di dissipare la meraviglia, tuttavia essa non trionfa mai tanto come quando, per collegare pochi oggetti forse in s insignificanti, essa ha creato, se posso dir cos, una nuova costituzione di cose, pi naturale in verit, e tale che limmaginazione possa seguirla pi facilmente, ma pi nuova, pi contraria allopinione e allaspettativa comune che non tutti quegli stessi fenomeni63.

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A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 88. A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 90.

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Ci, del resto, abbastanza comprensibile perch in un solo colpo la filosofia di Copernico aveva spostato la Terra dalle sue fondamenta, aveva fermato la rivoluzione del firmamento e quella del Sole capovolgendo lintero ordinamento delluniverso; cos essa destava pi stupore dei fenomeni stessi che intendeva spiegare. Limmaginazione, in particolar modo, incontrava difficolt soprattutto nel conciliare il movimento dei pianeti con la loro inerzia. Riferisce Smith che pi degli stessi calcoli di Keplero e della scoperta delle orbite ellittiche dei pianeti intorno al Sole, a favorire laccoglimento del sistema copernicano, e ad aprire la strada a quello newtoniano, fu la teoria dei vortici di Cartesio che, nonostante la sua falsit, fece passare lidea che corpi tanto grandi e pesanti come i pianeti potessero muoversi

autonomamente. Il sistema di Newton, con cui Smith chiude il resoconto sulla storia dellastronomia, conferm le idee di Copernico e, introducendo lidea che la gravit potesse essere il principio connettivo che unisce insieme i movimenti dei pianeti, diede sistemazione ad unimmagine delluniverso capace di suscitare ammirazione e di soddisfare il desiderio umano di calma64. Sembra utile sottolineare, a questo punto, il carattere critico della scienza, emergente dalla descrizione e la conseguente provvisoriet della conoscenza65. La scienza, infatti, procede rimuovendo gli ostacoli e le difficolt che incontra per la sua strada e che si presentano tutte le volte in

A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli , Milano 1984, pp. 90117. 65 A sottolineare il criticismo di Smith sono soprattutto: M. L. MYERS in Adam Smith as critic of ideas, J. Hist. ideas, 1975 (36), pp. 281-96 e A. D. MEGILL, in Theory and experience in Adam Smith, J. Hist. Ideas, 1975 (36), pp. 79-94. Esplicito riferimento al criticismo di K. POPPER viene fatto da A. S. SKINNER, in A system of social philosophy, Clarendon, Oxford 1979, pp. 14 ss. e da T. D. CAMPBELL, in Adam Smith science of morals, George Allen & Unwin, London 1971, pp. 25 ss.
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cui essa si imbatte in qualche fenomeno nuovo e inaspettato. A mettere in moto la ricerca , come si visto, la meraviglia, vale a dire, la reazione psicologica che segue alla rottura di unabitudine consolidata. Ci comporta che lintenzione immediata dello scienziato e il movente della ricerca sono psicologici e, dunque, lincremento del sapere una sorta di risultato non intenzionale del meccanismo psicologico stesso. Questa, come ho detto pi sopra, sembra chiaramente la concettualizzazione della metafora della mano invisibile. Ravvisarne la presenza proprio allinterno della teoria della conoscenza, cio nella discussione sul metodo, non cosa di poco conto, poich pu confermarne la centralit allinterno del pensiero smithiano. Il saggio sui Principi che guidano e dirigono le ricerche filosofiche, di cui la storia dellastronomia occupa la parte preponderante, si chiude con la trattazione della storia della fisica e della metafisica antiche. Queste due ultime storie non sono molto pi che frammenti e solo in parte rispettano il programma preventivato di illustrare i principi dellimmaginazione. A mano a mano che la narrazione procede, le considerazioni sul ruolo da essa svolto nella fisica e nella metafisica si fanno pi rare e gli spunti interessanti ricalcano semplicemente quelli della storia dellastronomia. La ricostruzione del pensiero filosofico dei presocratici e il confronto fra le dottrine metafisiche di Platone e Aristotele sono riprese dal I libro della Metafisica di Aristotele.

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2.2 LA FORMAZIONE ORIGINARIA DELLE LINGUE E LE LEZIONI DI RETORICA E BELLE LETTERE

La terza delle Lezioni di retorica e belle lettere, ritrovate nel 1961 dal professor J. M. Lothian delluniversit di Aberdeen, si intitola Sullorigine e sul progresso della lingua ed la stessa che, pubblicata da Smith, prima in un saggio dal titolo The philological miscellaney nel 1761 e,

successivamente, in appendice alla terza edizione della Teoria dei sentimenti morali del 1767, venne inserita, cinque anni dopo la sua morte, a conclusione della raccolta dei Saggi filosofici, dai suoi curatori testamentari Black e Hutton. La presenza di tale trattazione nel corso di retorica evidenzia la stretta dipendenza, avvertita dallautore, fra il problema della formazione delle lingue e i temi pi specificamente stilistici e di belle lettere. Lo scopo di fondo della retorica sta nella comunicazione chiara e distinta tra i parlanti che coinvolge tutte le forme che essa pu assumere, dal discorso didatticoscientifico che punta alla convinzione, al discorso retorico mirante ad una persuasione che non deve mai essere asservita allinganno, dal discorso storico mirante allistruzione a quello poetico che ha per obbiettivo il divertimento. La volont di persuadere i propri simili proprio della natura umana, non lo in nessun modo tendere alla frode. Limportanza della retorica, come tecnica della corretta persuasione, assume grande rilievo nel contesto di una morale della simpatia come quella smithiana, poich la simpatia stessa a rendere evidente la presenza dellelemento retorico nelletica. Limportanza dellabilit, e della padronanza degli strumenti adatti

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allottenimento del consenso si palesa poi, evidentemente, nel contesto della societ commerciale dove conflittualit e controversie sempre insorgenti ne richiedono i servigi. Il linguaggio considerato da Smith una creazione sociale, come tutte le altre istituzioni umane, quali la moralit e le sue leggi, il diritto e le norme organizzative della giustizia, il mercato e le relazioni economiche. La societ un complesso di istituzioni, comprendente anche quelle di tipo linguistico, che nascono dagli istinti e non dalle intenzioni degli individui; essa , in altre parole, in gran parte il risultato inconsapevole delle azioni di un numero incalcolabile di essi. Non c alcun disegno prestabilito, alcun contratto, alcuna decisione singola e autoritaria che possa spiegare la genesi di tali fenomeni, la cui unica ragione pu essere fatta risalire allinfinit di interazioni fra singoli che, presi individualmente, non possono esserne ritenuti responsabili. Di responsabilit, infatti, si pu parlare solo nel caso in cui vi sia una intenzione diretta della volont rispetto a determinati obbiettivi, ma, come si visto a proposito della dinamica della conoscenza, Smith ritiene che gli scopi effettivi dellazione umana siano molto ristretti rispetto allampiezza dei risultati che essa riesce a raggiungere. Ci dovuto al fatto che lintenzione delle nostre azioni non sempre direttamente rivolta agli obbiettivi che raggiunge, poich essi vengono conseguiti per via indiretta, vale a dire attraverso la rimozione degli ostacoli, la semplificazione delle procedure, lottimizzazione degli sforzi. Largomento, che Smith affronta, riguarda la formazione originaria delle lingue, che cominciarono a costituirsi, a partire da elementi semplici, fino a sviluppare livelli di astrazione e complessit sempre maggiori

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configurandosi nei modi che conosciamo66. Il movimento che Smith vede svilupparsi, nellorganizzazione linguistica, procede dal concreto dei nomi indicanti cose e oggetti singoli, allastratto dei nomi indicanti classi di oggetti aventi caratteristiche simili e si sviluppa per gradi sempre maggiori di astrazione che originano, via via, gli aggettivi, le preposizioni, i generi 67. Grande importanza viene attribuita anche ai verbi impersonali, che con molta probabilit dovettero precedere la stessa denotazione degli oggetti. Verbi come piove o nevica esprimono, infatti, un evento completo ed insieme ai nomi sostantivi dovettero essere le prime parole. Al di l dei limiti di una tale ricostruzione, importante sottolinearne il carattere genetico-evolutivo poich definisce gli avanzamenti del linguaggio come risultati non intenzionali, derivanti dallattivit dei singoli volta a rimuovere gli ostacoli e le difficolt della comunicazione. E allora, cos come la tranquillit e la calma sono il fine ultimo della filosofia, la persuasione che segue la chiarezza il fine ultimo del linguaggio. E attraverso il continuo impegno in favore della chiarezza che il linguaggio e le sue regole si sono sviluppati:
Penso che probabilmente, o quasi sicuramente, accadde cos; ma accadde senza nessuna intenzione o preveggenza in quelli che per primi proposero lesempio, e che mai vollero stabilire una regola generale. La regola generale si dovette stabilire insensibilmente da sola, e con lenta gradualit, a causa di quellamore per lanalogia e la similarit di suono che il fondamento della maggior parte delle regole grammaticali 68.

Anche nella formazione del linguaggio una mano invisibile ha guidato luomo. Tra i due selvaggi, protagonisti dellinizio del saggio sulla formazione delle lingue, alle prese con le difficolt elementari di comunicazione dei propri
In A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 221 ss. 67 Si confrontino le analisi di S. K. LAND in Adam Smiths Considerations concerning the first formation of languages, Jl. Hist. Ideas, 1977 (38), pp. 677-90 e di C. J. BERRY in Adam Smiths consideration on language, Jl. Hist. Ideas, 1974 (35), pp. 134 ss. 68 A. SMITH, Saggi Filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 229.
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bisogni, e i pi illustri letterati e scrittori impegnati nelle pi sofisticate descrizioni da proporre ai propri lettori, non c secondo Smith alcuna differenza nel modo di procedere, bench vi sia un abisso nel livello della comunicazione. Ci che accomuna le diverse situazioni in cui si trovano, il selvaggio isolato, che non dispone delle conoscenze sufficienti per esprimersi quando incontra un suo simile, e lo Swift, per citare uno fra gli autori studiati nelle Lezioni di retorica e belle lettere, , da un lato, il problema della chiarezza, e dallaltro il metodo per attingere questa chiarezza, che consiste nelleliminazione progressiva dalla comunicazione delle ambiguit che rendono difficile lincontro tra chi parla e chi ascolta. La parola nasce per operare un incontro fra due, uno strumento espressivo il cui uso si articola secondo la dialettica fra attore e spettatore che ruota attorno al procedimento simpatetico69. Laspetto, potremmo dire tecnico, dellorigine della lingua si fonde, dunque, fino a diventare tuttuno con la retorica in quanto scienza della comunicazione che studia i mezzi pi adatti a rendere agevole per lo scrittore o loratore il duplice compito di esprimere il proprio carattere e il proprio pensiero. La lingua di un popolo, in modo simile a qualsiasi altra macchina, si semplifica attraverso complicazioni successive. Questo discorso, solo in apparenza paradossale, viene spiegato in termini ben precisi da Smith. Il movimento dal concreto allastratto, proprio di ogni lingua, avanza per successive complicazioni-diversificazioni atte a rendere pi efficaci gli strumenti comunicativi, ottenendo che la complessit della composizione si

A questo proposito, A. GIULIANI dice in Le Lectures on rethoric di Adamo Smith, Riv. Crit. St. Filos., 1962, p. 334: In una speculazione retoricamente orientata gi implicita una morale della simpatia.
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traduca nella semplificazione delluso, ad esempio, delle coniugazioni dei verbi o delle declinazioni di sostantivi ed aggettivi. Cos, ci che accade alle macchine meccaniche accade anche alle lingue70. Allinizio le macchine sono estremamente difficili nei loro princpi poich svolgono ogni movimento particolare attraverso un particolare principio meccanico o ingranaggio. In seguito, successivi perfezionatori (succeding improvers) trovano il modo di utilizzare un solo ingranaggio per svolgere pi funzioni di movimento, e cos si semplificano e allo stesso tempo divengono pi efficienti71. E facile notare la vicinanza di tali considerazioni con quelle inerenti al discorso sulla conoscenza fatto a proposito del confronto fra il metodo di Aristotele e quello newtoniano. Laffinit degli argomenti si deve alla convinzione che la conoscenza stessa sia una sorta di macchina, fornita di strumenti, ingranaggi e principi di movimento propri. Ci che mette in moto lattivit dei perfezionatori la necessit di adeguare gli strumenti alle nuove sfide che si presentano e che nel campo linguistico sono o le ambiguit sempre insorgenti nellattivit comunicativa, oppure le difficolt dovute allincontro fra popoli che non parlano la stessa lingua e che innescano un processo di rimescolamento delle diverse grammatiche.
Un longobardo che cercava di parlare latino e voleva esprimere che uno era cittadino di Roma o benefattore a Roma, e che non conosceva il genitivo e il dativo della parola Roma (il longobardo non era lingua flessiva), doveva esprimersi naturalmente anteponendo le preposizioni ad e de al nominativo, e invece di Romae, avrebbe detto ad Roma e de Roma. A Roma e di Roma, conseguentemente il modo di dire con cui gli italiani di oggi, discendenti dei Romani e dei Longobardi, esprimono queste e tutte le altre relazioni simili 72.

Cfr. R. SALVUCCI, Adam Smith: formazione originaria e sviluppo delle lingue, Studi Urb./B, 1990 (63), pp. 363-67. 71 Si veda A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, pp. 238 ss. 72 In A. SMITH, Saggi filosofici, a cura di P. BERLANDA, Franco Angeli, Milano 1984, p. 238.
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Lo sviluppo progressivo delle lingue avviene dunque su basi meccaniche e, come la crescita della conoscenza, dovuto al principio del coordinamento spontaneo dellattivit di singoli individui interagenti fra loro. Nella Ricchezza delle nazioni Smith esplicitamente chiarisce quali sono, secondo lui, le ragioni del progresso tecnologico e dei miglioramenti continui nellefficienza e funzionalit delle macchine; bench il contesto del discorso sia diverso rispetto a quello fin qui considerato, possibile fare un collegamento con le tematiche linguistiche per il legame evidenziato dallo stesso autore fra macchine e lingua. Linvenzione di tutte le macchine che facilitano il lavoro degli operai viene fatta risalire alla divisione del lavoro, la quale consente che tutta lattenzione venga rivolta a operazioni semplici e ripetitive: E allora naturale attendersi che luno o laltro di coloro che sono impiegati in ogni particolare ramo del lavoro debba presto trovare metodi pi facili e spediti di eseguirlo, ovunque la natura di esso consenta miglioramenti. Lindividuo in ogni contesto dazione, sia esso linguistico, morale o economico, il miglior giudice del proprio particolare e questo non tanto per la cura che ha del proprio interesse personale, quanto piuttosto per la conoscenza che ha di esso, nonostante non sia interamente consapevole dei fini ultimi cui le sue azioni tendono73. La lingua si definisce, quindi, non in rapporto a una razionalit sistematica, ma in relazione alla capacit dei singoli di eliminare gli intralci alla reciproca comprensione, cio come unintended result.
In alcune delle precedenti lezioni - dice Smith allinizio dellundicesima - abbiamo analizzato le caratteristiche dei migliori prosatori inglesi e istituito paragoni fra i loro differenti stili. Il risultato di tutto ci, come pure delle regole che abbiamo elencate, che la perfezione dello stile consiste nellesprimere nel modo pi conciso, appropriato e preciso il Su questo argomento cfr. E. PESCIARELLI, La jurisprudence economica di Adam Smith, Giappichelli, Torino 1988, pp. 182 ss.
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pensiero dellautore e ci nel modo che meglio renda noti il sentimento, la passione o lemozione dai quali quel pensiero mosso - o dai quali pretende che sia mosso - e che intende comunicare al suo lettore. Questo, voi direte, non altro che il senso comune; e di certo non niente di pi. Ma se voi fate attenzione, tutte le regole della critica e della morale, se analizzate sino ai loro fondamenti, finiscono con lessere alcuni principi del senso comune ai quali tutti acconsentono. Tutto il lavoro che queste arti debbono compiere di applicare queste regole ai differenti argomenti e di mostrare il risultato della loro applicazione74.

Su un piano diverso rispetto a quello del selvaggio, il compito dellartista resta quello della semplicit e della chiarezza che rendono possibile il raggiungimento del bello. La bellezza il valore emergente dallimpegno alla chiarezza che muove lartista a superare e colmare la distanza tra s e lo spettatore della sua opera, cos come abbiamo visto la scienza essere il risultato indiretto dellimpegno in favore della propria tranquillit da parte del ricercatore. E cos, parafrasando il passo del birraio della Ricchezza delle nazioni, si potrebbe dire che non dalla benevolenza dellartista e dello scienziato, cio dalle loro intenzioni consapevoli e dirette, che ci aspettiamo la bellezza delle produzioni artistiche o la verit delle teorie scientifiche, ma dalla cura che essi hanno del proprio personale interesse: linteresse alla chiarezza il primo e alla tranquillit il secondo75. La prudenza, riconducibile alla cura per il nostro bene, sembra essere la virt cardine delluniverso morale smithiano, poich si ritrova alla base dellagire economico ma anche come movente della ricerca scientifica e come motivo determinante dellarte. Grazie ad essa e con il concorso delle regole della moralit e della giustizia si sviluppa lintera societ umana e non

In A. SMITH, Lezioni di retorica e belle lettere, a cura di R. SALVUCCI, Quattroventi Editore, Urbino 1985, p. 161. 75 In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 92: Non dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanit ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessit.
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affatto casuale, dunque, che il ritratto del prudent man presente nella Teoria dei sentimenti morali76 si ritrovi allinterno delle Lezioni di retorica e belle lettere77 nellesposizione dei caratteri stilistici e personali dei due autori che Smith prende come modelli del bello scrivere. Luomo schietto, the plain man, Swift che riesce bene a manifestare nella scrittura il proprio carattere senza farsi riguardo per le comuni forme di cortesia ed esprime le proprie opinioni senza giri di parole o particolari riguardi nel giustificarne le ragioni. Viceversa luomo semplice, the simple man, Temple che, pur non premurandosi di comparire con tutti i segni della cortesia e della buona educazione, a differenza delluomo schietto, assume volentieri quelle forme quando esprimono i suoi reali sentimenti. Questi due differenti stili letterari, che rappresentano caratteri umani diversi ma ugualmente apprezzati da Smith, si avvicinano al tipo del prudent man che un uomo sempre sincero, le cui caratteristiche pi interessanti per il nostro discorso sono riassumibili nella disponibilit a manifestarsi apertamente senza sottrarsi al giudizio altrui. Limpianto retorico-giuridico della filosofia smithiana porta alla definizione di un uomo capace di riflettere su s stesso, in grado di sdoppiarsi in un io-attore e in un io-spettatore, e di diventare lo spettatore imparziale delle proprie azioni. Ci che accomuna i tre tipi descritti da Smith, al di l delle lievi differenze che li dividono, linsofferenza nei confronti di falsit ed ipocrisia. Senza dubbio luomo schietto quello che, per il coraggio di cui d prova, merita pi rispetto e ammirazione; ma c posto anche per luomo semplice che, nonostante una maggiore cautela nel modo di
A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, pp. 425 ss. 77 A. SMITH, Lezioni di retorica e belle lettere, a cura di R. SALVUCCI, Quattroventi Editore, Urbino 1985, pp. 123 ss.
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presentarsi,

non

si

nasconde

mai

non

indietreggia

incontrando

lapprezzamento di chi losserva. Luomo prudente, infine, cauto e riservato, sempre sostenuto e ricompensato dalla piena approvazione dello spettatore imparziale o delluomo interiore che ne il rappresentante. La comunicazione senza ornamenti, fiori o espressioni metaforiche mira allideale della semplicit, il quale sia letterario che morale e pone il prudent man, nel senso precisato, al centro della speculazione smithiana.

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3.1 LA MORALE: GENESI SOCIALE DELLA MORALITA ED ECONOMIA DELLA NATURA

Latteggiamento che contraddistingue la ricerca svolta da Smith nella Teoria dei sentimenti morali tipicamente empiristico e si realizza attraverso losservazione e linterpretazione dei fatti dellesperienza. Come i suoi immediati predecessori, egli particolarmente sensibile alla dimensione sentimentale e affettiva della natura umana e rifugge da ogni

considerazione razionalistica della morale: Sebbene la ragione sia senza dubbio la fonte delle regole generali della morale, e di tutti i giudizi morali che formiamo per mezzo di quelle regole, del tutto assurdo e incomprensibile supporre che le prime percezioni di giusto e ingiusto possano essere derivate dalla ragione78. La ragione non nemmeno sufficiente a sostenere la condotta poich limpegno morale si esprime nel costante desiderio pratico di approvazione e stima. Inoltre, Smith sembra considerare come una conseguenza inevitabile del razionalismo morale la casistica, ovvero il tentativo di catalogare tutte le azioni umane secondo regole predefinite rispetto al loro presentarsi. Infine, lintento proprio di questopera non quello di proporre una precettistica o un insieme di norme valide per lagire e atte a fornire un orientamento per la prassi. La Teoria dei sentimenti morali una sorta di descrizione della realt etica, allo stesso modo che una teoria astronomica un tentativo di descrizione delluniverso. Il compito specifico del pensiero filosofico applicato ai problemi morali quello di fondare la morale sulleffettivit dellagire
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A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 602.

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umano. In altre parole, lobbiettivo dellanalisi non la ricerca dei principi su cui dovrebbero basarsi lapprovazione o la disapprovazione di un essere perfetto, ma la determinazione dei principi su cui effettivamente si fondano i giudizi morali di un essere imperfetto come luomo79. La prospettiva smithiana, nellimpostazione generale, si rivolge, dunque, alla ricerca dei meccanismi di approvazione effettivamente operanti, vale a dire alle strutture psicologiche e ai moventi che danno origine alla valutazione morale80. Tale metodo porta Smith a ricercare, nella natura umana

empiricamente data, i fondamenti dei giudizi di valore e delle regole pratiche, nellintento sempre scientifico e mai precettistico, di comprendere i meccanismi psicologici e sociali cui si devono le nozioni di buono e cattivo o giusto ed ingiusto. Sulla scia di Hume, lautore intende costruire, con metodo newtoniano, una dinamica delle passioni capace di fondare i giudizi morali. Ebbene, la realt etica descritta da Smith realt sociale. Che sia cos risulta chiaro non appena si ponga mente al suo concetto centrale, la simpatia. E importante sottolineare ancora, per evitare equivoci sul pensiero dello scozzese, che la simpatia solo il principio attraverso cui gli individui giungono a formulare i giudizi sulle azioni proprie e altrui, non la guida della condotta. In altre parole la simpatia soltanto il principio dellapprovazione morale. I diversi sistemi di filosofia morale vengono suddivisi, nellultima parte della Teoria dei sentimenti morali, in tre diverse categorie: nella prima
Confronta per questa analisi: P. BERLANDA, La simpatia e lo spettatore imparziale in Adam Smith: dalla filosofia morale alla filosofia della societ civile, Riv. Crit. Stor. Filos., 1982 (37), pp. 41-42. 80 Si veda per questo: T. D. CAMPBELL, Adam Smith science of morals, George Allen & Unwin, London 1971, pp. 21-45.
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rientrano i sistemi che fanno coincidere la virt con lappropriatezza dellazione, nella seconda i sistemi che fanno consistere la virt nella prudenza e, infine, nella terza, i sistemi che fanno coincidere la virt con la benevolenza disinteressata. Se negli ultimi due rientrano le dottrine, rispettivamente, di Epicuro e di Hutcheson, Smith inserisce il proprio sistema morale nel primo gruppo, insieme a quelli di Platone, di Aristotele e degli stoici. In Platone lappropriatezza si configura nel giusto rapporto tra laffezione che muove lazione e loggetto che la suscita ed riconducibile alla giustizia, che si realizza quando ogni passione compie il proprio dovere e si dirige verso il suo oggetto appropriato e quando le tre facolt dellanima svolgono il ruolo ad esse spettante. La virt aristotelica consiste nellabitudine al giusto mezzo indicato dalla retta ragione, mentre, per gli stoici, la virt consiste nella capacit di dare a ciascun oggetto il giusto peso secondo il posto che occupa nellordine naturale. La simpatia smithiana, come criterio di appropriatezza della condotta, il risultato di un lungo percorso concettuale che muovendo dalla reazione al sistema hobbesiano iniziata dai pensatori neoplatonici della scuola di Cambridge, attraverso il sense of fellowship di Shaftesbury giunge ad una prima sistemazione in Hutcheson81. La simpatia hutchesoniana , per, ancora legata al concetto della benevolenza ed solo in Smith che essa si spoglia di ogni sfumatura che le attribuisca il ruolo di movente dellazione per diventare mero e semplice criterio di approvazione.

Cfr. le pagine dedicate allilluminismo scozzese in: E. GARIN, Lilluminismo inglese. I moralisti, Milano 1941. Si veda anche la proposta interpretativa di E. CASSIRER in La rinascenza platonica in Inghilterra e la scuola di Cambridge, La Nuova Italia, Firenze 1947.
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La natura sociale della morale smithiana non dipende affatto dalla bont della natura umana. Smith non illustra in nessun luogo della Teoria le basi sulle quali si pu giustificare una concezione simpatetica dei giudizi morali, poich, nella sua visione, la simpatia un principio universale ricavabile dallesperienza comune, che non pu essere ridotto ad altri principi pi semplici, e cos lincipit inevitabile della sua riflessione che: Nemmeno il pi gran furfante, il pi incallito trasgressore delle leggi della societ ne del tutto privo82. Le modalit generali di esplicazione del principio della simpatia possono essere ricondotte al piacere che essa promuove e che trae origine dalla constatazione della corrispondenza di sentimenti fra s e gli altri. La simpatia la facolt attraverso cui possibile giudicare la condotta umana, ed un sentimento di partecipazione che nasce come compassione, cio come condivisione della sofferenza altrui, per definirsi poi, pi ampiamente, come un generale sentimento di partecipazione. Mentre, per, Hume non riconosce al soggetto simpatizzante la possibilit di convertirsi e di diventare laltra persona, nellanalisi smithiana il procedimento simpatetico si fonda proprio sul cambiamento originario di situazione83. Smith indica il soggetto della simpatia nello spettatore, cio in colui che, altro rispetto a chi agisce, giudica la condotta di chi osserva misurandone la convenienza riguardo ai motivi che lhanno determinata o, anche rispetto alle conseguenze ad essa dovute84. La simpatia in tal caso diretta; vi anche,
In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 81. Cfr. M. DAL PRA, Hume e la scienza della natura umana, Laterza, Bari 1973, pp. 256 ss. 84 T. D. CAMPBELL ha proposto di chiamare ordinary spectators gli spettatori effettivi per distinguerli dallo ideal spectator che lo spettatore imparziale, la coscienza. Cfr. Scientific Explanations and ethical justfication, in Essays on Adam Smith, a cura di A. S. SKINNER e T. WILSON, Oxford Univ. Press, 1975, p. 71.
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per, una simpatia indiretta dello spettatore con la gratitudine o il risentimento di chi subisce lazione. Il meccanismo di valutazione simpatetica si rivolge allintero spettro delle passioni umane che sono sociali, asociali ed egoistiche, costituendosi, dapprima come dottrina della eterovalutazione e, solo successivamente, come autovalutazione. Tutte le passioni, non solo quelle sociali come la generosit, lumanit e la benevolenza, che spingono gli individui gli uni incontro agli altri, hanno un grado appropriato che viene stabilito dallo spettatore. La simpatia opera, dunque, nei confronti di ogni passione, ma non ogni passione pu raggiungere lo stesso grado di partecipazione simpatetica. Il soggetto simpatizzante, infatti, incontra molte meno difficolt nellapprovazione dei sentimenti sociali piuttosto che nel condividere passioni come linvidia o il risentimento che sono asociali e, a differenza dei primi, debbono sempre essere giustificate. Se, infatti, una buona azione nei confronti del nostro vicino viene sempre approvata dallo spettatore, sia perch egli giudica positivamente i motivi dellagente, sia perch concorda con il sentimento di gratitudine provato da chi ne ha beneficiato, unazione violenta, invece, ha bisogno di essere, sempre, supportata da valide ragioni. Pu essere che i motivi prodotti per giustificarla incontrino lapprovazione dellosservatore, ma la necessit di dimostrarne la validit manifesta il carattere sociale della natura umana. Le passioni egoistiche, riconducibili alla gioia e alla pena che noi traiamo dalla nostra buona o cattiva fortuna private, sono poste, nella gerarchia smithiana, a un livello intermedio fra quelle asociali e quelle benevole85.
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In A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p.134.

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E utile osservare lordinamento e la gerarchia delle passioni facendo attenzione alla logica simpatetica sottesa alla loro costituzione. Nel gradino pi basso si trovano le passioni asociali perch, come abbiamo visto, a fatica incontrano la simpatia dello spettatore; le passioni egoistiche sono poste un gradino pi in alto perch anche quando eccessive, non sono mai cos spiacevoli come leccessivo risentimento, perch nessuna simpatia opposta pu mai farci volgere contro di esse ma in cambio anche quando sono del tutto adatte ai loro oggetti, non sono mai cos piacevoli quanto limparziale sentimento di umanit e la corretta benevolenza perch nessuna doppia simpatia ci pu spingere verso di esse86. Le passioni sociali, infine, sono le pi elevate perch ottengono, appunto, questa doppia simpatia: sono approvate sia per la simpatia verso i motivi che le suscitano o gli effetti che producono, sia per la simpatia verso la gratitudine dei beneficiari. Esistono, comunque, dei criteri generali o leggi della simpatia87 in base ai quali, per esempio, e pi agevole simpatizzare con le passioni che derivano dallimmaginazione piuttosto che da quelle causate dal corpo, oppure, che si simpatizza pi facilmente con la gioia che non con il dolore. Il procedimento simpatetico si articola nella rappresentazione mentale della situazione altrui cui segue un atteggiamento emozionale e

immaginativo che consiste nel porsi nella situazione altrui. Mentre, per, la rappresentazione mentale della situazione altrui opera della ragione induttiva, limmedesimazione nella situazione altrui un processo

immaginativo che non si pu ridurre in termini meramente razionali. La

Ibidem. Tale espressione proposta da T. D. CAMPBELL in Adam Smith science of morals, George Allen & Unwin, London 1971, p. 98.
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valutazione simpatetica richiede, dunque, da un lato, lapprovazione emotiva e, cio, un momento affettivo, dallaltro necessita, per essere completa, della tensione dello spettatore alla conoscenza. Le situazioni, infatti, sono sempre diverse poich diversi sono gli individui che agiscono e i contesti allinterno dei quali essi si muovono; per questo che il giudizio richiede la fatica del comprendere, del valutare, del soppesare, i quali si esercitano nella disciplina della ragione. Lo sforzo che lo spettatore compie quello di vestirsi della situazione del proprio simile cercando di coglierne gli affetti. E chiaro, per, che per riferire a s stesso la situazione di un altro egli si applica in un paziente lavoro di analisi e confronto che tutto e principalmente razionale. Il criterio dellappropriatezza risiede, dunque, nellaccordo tra le passioni dellagente e quelle dello spettatore giudicante, viceversa, nel caso della inappropriatezza si ha che lo spettatore non partecipa completamente alle passioni dellagente. Per evitare di attribuire alla dottrina smithiana un soggettivismo morale che assolutamente non le appartiene, bisogna, comunque, considerare che fin qui si detto solo della simpatia estetica e non ancora della simpatia morale vera e propria88. Smith, infatti, sviluppa la simpatia anche in una dimensione pi complessa di quella osservata, che a partire dal processo di autovalutazione giunge alla rappresentazione della figura dello spettatore imparziale. La valutazione di s stessi e delle proprie azioni, secondo Smith, emerge come risultato ultimo della eterovalutazione. Ci che avviene naturalmente che prima la nostra attenzione rivolta verso lesterno ed
Tale distinzione stata proposta da J. R. LINDGREN, in The social philosophy of Adam Smith, Nijhoff, The Hague, 1973, p. 25.
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diretta agli altri ed in seguito, soltanto di riflesso, si concentra su noi stessi. Prima, cio, acquisiamo un costume critico nellosservazione del

comportamento altrui e solo successivamente ce ne serviamo per il giudizio sul nostro comportamento. La coscienza morale nasce proprio in questo modo, come sguardo di noi su noi stessi che ha origine dal tentativo di immedesimarci nel giudizio che gli altri possono farsi sulla nostra condotta. Cos facendo, prima e dopo lazione, diventiamo gli osservatori della nostra condotta e ci rappresentiamo quale effetto essa farebbe agli altri considerando leffetto che fa a noi. Smith chiama questo particolare spettatore della nostra condotta, che ognuno sembra portarsi dentro il petto e che realizza lo sdoppiamento del nostro io, spettatore imparziale. Tale spettatore imparziale perch deriva dallo sdoppiamento dellagente che, come spettatore, abbandona la particolarit del suo punto di vista; ma bisogna sottolinearne anche il carattere ideale poich non pu essere identificato con alcuno spettatore ordinario. Smith lo definisce anche come bene informato perch conosce meglio di qualsiasi spettatore esterno loggetto del giudizio89. La coscienza morale, che cos si delinea nella riflessione della Teoria dei sentimenti morali, un prodotto sociale, uno specchio della societ90 che emerge, come risultato non intenzionale, alla fine del processo simpatetico. Anche la coscienza, cos come i giudizi morali, dimostra la sua natura sociale, si dimostra un prodotto della socialit delluomo.

Cfr. P. BERLANDA, La simpatia e lo spettatore imparziale in Adam Smith: dalla filosofia morale alla filosofia della societ civile, Riv. Crit. Stor. Filos., 1982 (37), p.52. 90 Su tale espressione smithiana ha particolarmente insistito D. D. RAPHAEL, The impartial spectator, in Essays on Adam Smith, a cura di A. S. SKINNER e T. WILSON, Oxford Univ. Press., 1975, p. 89.
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La tensione morale che muove le coscienze si comprende, poi, come una conseguenza ulteriore del piacere per la reciproca simpatia: poich la simpatia piacevole e lobbiettivo ideale dellazione sempre quello di incontrare approvazione, ognuno di noi desidera incontrare il consenso dello spettatore imparziale, non solo per ci che riguarda il giudizio su ci che si fatto, ma anche per la traduzione effettiva, nella pratica, delle sue indicazioni.
La Natura, nel fare luomo per la societ, lo forn di un originario desiderio di piacere e di unoriginaria avversione per loffesa verso i suoi fratelli. Gli insegn a provare piacere nellesser considerato favorevolmente, e ad addolorarsi nellessere considerato sfavorevolmente da loro. Fece s che la loro approvazione fosse per loro molto lusinghiera e molto gradevole in s stessa, e la loro disapprovazione molto mortificante e offensiva. Ma questo desiderio dellapprovazione e lavversione per la disapprovazione dei suoi fratelli non lavrebbero, da soli, reso adatto alla societ per cui era fatto. La Natura, perci, non lo ha fornito solo del desiderio di essere approvato, ma del desiderio di essere ci che dovrebbe essere approvato, e ci che lui stesso approva in altri uomini. Il primo desiderio avrebbe potuto soltanto portarlo a desiderare di sembrare fatto per la societ; il secondo era necessario per renderlo ansioso di esserlo davvero. Il primo avrebbe potuto solo spingerlo a fingere la virt, e a dissimulare il vizio; il secondo era necessario per ispirargli il vero amore della virt, e la vera esecrazione del vizio. In ogni animo ben formato questo secondo desiderio sembra il pi forte dei due91.

Questo passo, oltre a sottolineare il carattere sociale della moralit umana, capace negli individui pi virtuosi di rendersi indipendente rispetto al contesto sociale stesso, tanto da indurli a ricercare approvazione anche l dove non vi siano altri testimoni che la propria coscienza, mostra come sulla simpatia si costruisca lintero edificio dei sentimenti morali e come ogni aspetto di questi possa essere ricondotto a quella. Smith, per, non si nasconde dietro un dito e affronta anche i problemi inerenti alle forti inclinazioni egoistiche proprie del nostro modo di essere. Egli non ritiene luomo capace, effettivamente, di grandi mali nei confronti dei propri simili, poich, se vero che il pensiero di una piccola sofferenza o di un dolore del nostro corpo hanno il potere di toglierci il sonno pi che il pensiero di una grave sciagura in un paese lontano, resta fermo il fatto che
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A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 264.

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un conto sono i sentimenti passivi, generalmente spinti dallamore di s e un altro conto sono i principi attivi che spengono il sordido egoismo e accendono in noi un senso di convenienza e di proporzione. Contro la possibilit, del resto inevitabile, che ognuno di noi menta a s stesso e giudichi in modo parziale e interessato la propria condotta, il rimedio, introdotto dalla natura stessa, consiste nella formazione di regole generali. Alla base della loro formazione rilevabile il medesimo processo che porta alla costituzione della figura dello spettatore imparziale. Le regole generali della morale, nella concezione smithiana, si formano per via empirica, insensibilmente, attraverso losservazione e il giudizio continuo che ogni individuo si forma sulle azioni proprie ed altrui. Poich infatti, tutte le azioni suscitano negli spettatori sentimenti di approvazione o

disapprovazione, costanti nel tempo, le regole si costituiscono sulla base di tale uniformit e ne sono una concreta realizzazione. Una volta che si siano consolidate, esse esercitano la propria influenza sugli agenti che si sentono chiamati a rispettarle e onorarle. Le regole generali, in questo modo, fanno nascere nellindividuo quel senso del dovere cui si deve la capacit delluomo di dirigere le proprie azioni. Va sottolineato, per, che non pu darsi senso del dovere prima della costituzione delle regole, cos come non si d coscienza, intesa come capacit critica nei confronti di s stessi, senza che prima essa si sia sviluppata verso gli altri. La mancata comprensione di questo aspetto comporta lequivoco razionalista di tutti coloro che ritengono che il principio di approvazione sia la ragione. Nella visione smithiana laccordo dei sentimenti umani a fondare la validit universale delle regole e delle leggi morali e, dunque, le distinzioni morali seguono lesperienza.

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Lerrore razionalistico consiste, quindi, nel ritenere che le nozioni morali precedano lesperienza e siano il fondamento delle norme. Resta da dire ancora qualcosa a proposito delle passioni asociali quali invidia e risentimento cui il nostro autore affida un compito specifico. Si detto che quella smithiana unetica sociale, e che la moralit umana non sarebbe pensabile se luomo vivesse isolato e lontano dallo sguardo dei suoi simili. Pu sembrare strano, allora, che tale sistema assegni alle passioni antisociali un ruolo specifico per la vita morale. Esse sono accettabili solo fino al punto in cui lo spettatore imparziale possa approvarle e sono le uniche passioni verso cui nutriamo sempre una qualche diffidenza. Linvidia , nel grado appropriato, ammessa poich pu favorire lo spirito di emulazione fra gli uomini e contribuire a vincerne lapatia e lindifferenza. Essa, inoltre, pu sostenere lindustriosit umana. Da questi rilievi risulta che le virt stoiche dellautocontrollo, del dominio di s e dellindifferenza nei confronti dei beni esteriori, sono accolte da Smith solo entro precisi limiti di appropriatezza92. Il risentimento ha, invece, una funzione specifica nella costituzione della giustizia. Se infatti, come si visto, osserviamo qualcuno compiere una buona azione verso il proprio prossimo, non solo simpatizziamo con lui per i motivi che lo hanno spinto a compierla, ma simpatizziamo anche con il sentimento di gratitudine di chi ha beneficiato di essa. Da qui nasce il nostro senso del merito e il desiderio di ricompensare i protagonisti di azioni meritorie. Se, al contrario, osserviamo qualcuno compiere una cattiva azione verso il proprio vicino, non solo ne disapproviamo i motivi, ma concordiamo anche con il
Per una sintesi, cfr. G. VIVENZA, Adam Smith e la cultura classica, IPEM Edizioni, Pisa 1984, pp. 81 ss.
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giusto risentimento da parte di chi lha subita. Cos, il risentimento si pone come un freno rispetto alle offese e funge da garanzia alla giustizia e alla sicurezza dellinnocenza. Se allorigine della giustizia Smith pone il risentimento per le ingiustizie subite, ci significa che nella sua visione la giustizia nasce dal superamento della sua negazione: lingiustizia. A ci va aggiunto che le regole della giustizia stabiliscono con la pi grande esattezza ogni azione esterna da esse richiesta, mentre le regole richieste dallamicizia, dallumanit, dallospitalit e dalla generosit sono vaghe e indeterminate93. Le prime possono essere paragonate alle regole grammaticali, mentre le altre alle regole che i critici letterari indicano per la bellezza e leleganza delle composizioni. Questa similitudine evidenzia lindispensabilit delle regole della giustizia per il buon ordine sociale cos come le regole della grammatica sono imprescindibili per la comunicazione. Tutte le altre regole contribuiscono allabbellimento, ma non sarebbero sufficienti, da sole, a sostenere ledificio della societ. Non si pu chiudere con la virt della giustizia senza avere apprezzato che le azioni richieste dalla giustizia non sono mai compiute cos appropriatamente come quando il motivo principale per compierle un riguardo reverenziale e religioso per quelle regole generali che le richiedono94. Il rispetto per le leggi, infatti, dipende dal senso del dovere verso esse, in misura proporzionale alla loro certezza e precisione e in relazione alla bellezza delle affezioni. Ripugnerebbe chiunque che un padre fosse tenero con il proprio bambino per dovere, poich, appunto, lamore per

Cfr. A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 357. 94 A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 358.
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i figli un grande sentimento e non esiste la misura appropriata del trasporto verso di essi. Invocare giustizia per vendicare unoffesa, invece, ripugnante, sia perch malvagia laffezione da cui il sentimento di giustizia deriva, sia perch le regole della giustizia sono esatte e non c bisogno di chiedere pi di quanto esse gi prescrivono. Il sistema morale smithiano risulta cos centrato su tre ordini di virt che configurano i diversi livelli rispetto ai quali si esplica lagire umano e che prevedono un proprio grado di appropriatezza che compito dello spettatore imparziale stabilire. La giustizia, che risulta dalle passioni asociali, la virt fondamentale poich svolge una funzione preventiva e repressiva dei crimini e dei disordini che seguirebbero dallegoismo smodato dei singoli. Ad essa seguono, per importanza, le inclinazioni egoistiche, contenute entro i limiti della giustizia stessa, che sono riconducibili alle virt dellamore di s e della prudenza e che rendono chi le possieda oggetto di approvazione soprattutto se esercitate nellattivit economica. Infine, benevolenza e umanit, le virt per eccellenza perch non hanno mai bisogno di giustificazioni e perch non hanno pari nella simpatia che incontrano, sono le meno importanti dal momento che ad esse affidato un ruolo soltanto ornamentale nelle societ umane. La virt pi elevata del sistema smithiano, dunque, la benevolenza. Smith, per, come abbiamo detto, non Hutcheson. Mentre, infatti, il suo maestro aveva fatto di essa, e solo di essa, la misura della moralit, la fonte di ogni valore, egli si appropri anche della lezione di Shaftesbury che riconobbe come il suo esercizio si esplicasse entro cerchie limitate di persone, e perci sostenne che la felicit del genere umano non potesse

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essere sufficientemente tutelata dalla cura, ad essa diretta, dei singoli individui95. Il mantenimento dellordine del grande sistema delluniverso , cos, compito dellAutore della Natura, non delluomo, che per la debolezza delle sue capacit e la limitatezza delle sue conoscenze ne ha gi abbastanza ad occuparsi della propria felicit e di quella dei suoi congiunti. LAutore della Natura sembra aver stabilito che il bene della Grande Societ sarebbe stato meglio promosso orientando lattenzione di ogni individuo a quella parte di essa che era soprattutto compresa nellambito delle sue capacit e della sua intelligenza. In ogni aspetto dellattivit umana sembra che Smith individui un limite ben preciso che, se rispettato dai singoli attori, fa s che si creino un ordine e unarmonia maggiori di quanto non avverrebbe se tutti agissero cercando di perseguire direttamente gli obbiettivi della societ o della natura. Smith molto scettico circa la possibilit che il bene comune possa essere desiderato direttamente e per s stesso: esso emerge invece pi facilmente dalla esplicazione delle attivit dei singoli entro i limiti stabiliti dalla simpatia dello spettatore imparziale e dalle leggi della giustizia. Questo discorso particolarmente evidente per ci che riguarda la giustizia dal momento che lordine della societ garantito, non ove esso venga posto come obbiettivo da raggiungere, direttamente, attraverso un disegno razionale, ma dal risentimento che ciascuno di noi prova verso lingiustizia e dal senso del demerito cui consegue la punizione96.
Per tale argomento, cfr. L. LIMENTANI, La morale della simpatia, Formiggini, Genova 1914, p.181. 96 In particolar modo hanno sottolineato il carattere della giustizia e del diritto dal punto di vista dellingiustizia, soprattutto L. BAGOLINI, in The topicality of Adam Smiths notion of sympathy and judicial evaluation, Essays on Adam Smith, Ed. by A.S. SKINNER and T. WILSON, Oxford Univ. Press., 1975, e F. A. VON HAYEK, in Ordinamento giuridico e ordine sociale, Il Politico, 1968 e, con riguardo anche alla politics smithiana, K. HAAKONSSEN,
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Lesistenza stessa della societ esige che la malvagit venga punita in modo appropriato e che infliggere condanne e punizioni sia considerato conveniente. LAutore della Natura non ha affidato alla ragione umana il compito di scoprire che il mezzo adeguato per la realizzazione del bene collettivo della societ consiste in una certa applicazione delle pene, ma ha dotato luomo dellimmediata e istintiva dote di approvare proprio quellapplicazione che la pi adatta per ottenerlo.
Questo caso, come altri, del tutto coerente con il principio delleconomia della natura. Riguardo a tutti quei fini che per la loro particolare importanza possono essere considerati, se mi concessa lespressione, come i fini che la natura privilegia, essa non solo ha dotato il genere umano di un desiderio di realizzare il fine che lei propone, ma lo ha dotato anche di un desiderio di servirsi proprio degli unici mezzi utili a realizzarlo, che vengono desiderati per loro stessi, indipendentemente dalla tendenza a realizzare il fine.(...). Ma, nonostante siamo cos dotati di un fortissimo desiderio di quei fini, la scoperta dei mezzi per ottenerli non stata affidata alle lente e incerte determinazioni della ragione. La Natura ci ha indirizzati verso di essi attraverso istinti originari e immediati. La fame, la sete, la passione che unisce i due sessi, lamore per il piacere e la paura del dolore ci spingono a usare quei mezzi per loro stessi e senza alcuna considerazione per la loro tendenza verso quei benefici fini che il gran Direttore della natura intendeva produrre attraverso di essi97.

Questultimo passo ci riavvicina al tema della mano invisibile e alla comprensione di come esso non sia altro che la traduzione simbolica di un principio dominante lintero studio smithiano: il principio dellesogeneit o eterogenesi dei fini. Che le azioni umane possano conseguire risultati diversi e pi grandi di quelli effettivamente perseguiti una convinzione che deriva a Smith dallatteggiamento nei confronti della Natura e dal rispetto deistico nei confronti di colui che di volta in volta viene chiamato Artefice, Autore, Direttore98. La Natura e la sua saggezza sono criterio di giudizio, cio misura del giusto, non solo per luniverso fisico, ma anche e soprattutto, per
The science of a legislator, Cambridge Univ. Press., 1981, pp. 93-99. 97 A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, RIZZOLI, 1995, p. 196. 98 Secondo J. Viner non possibile comprendere il sistema filosofico smithiano, concezioni economiche incluse, se non si considerano adeguatamente le sue convinzioni teologiche (Adam Smith and laissez faire, Jl. of Pol. Econ., 1927, pp. 198-232).

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ci che riguarda il mondo umano che venuto costituendosi nel corso di infinite generazioni. Che lautore della Teoria dei sentimenti morali parli tanto insistentemente di natura, bench si riferisca alla sfera umana e, per ci stesso, storica della moralit e delle sue istituzioni, si deve al riconoscimento, da parte sua, dellesistenza di un ordine di fenomeni intermedio fra quelli propriamente naturali e quelli artificiali risultanti dalle convenzioni o delle deliberate decisioni degli uomini99. Tale classe di fenomeni fu descritta da Adam Ferguson come quella comprendente i fenomeni risultanti dallazione ma non dalla progettazione umana. Nel Saggio sulla storia della societ civile pubblicato a Londra nel 1767, egli scrisse Le nazioni sorgono su istituzioni che sono certamente il risultato delle azioni degli uomini, ma non sono la realizzazione di alcun progetto umano100. Nellintroduzione alledizione edinburghese del 1966 di

questopera, Duncan Forbes fa notare che Ferguson, come Smith, ha fatto a meno dei legislatori e fondatori di stati e che la distruzione del mito del Legislatore fu la pi originale conquista della scienza sociale

dellilluminismo scozzese. Queste considerazioni fanno capire perch Smith si ponga nei confronti delle istituzioni umane quali la moralit, la giustizia e il mercato come se si trovasse di fronte a fenomeni naturali. Cos, la naturale socialit degli uomini ha promosso, nel tempo, i comportamenti, le norme e le istituzioni pi adatte alla prosperit umana. La maggiore felicit del maggior numero si realizza, dunque, grazie al disegno provvidenziale della natura che
Per la questione, cfr. F. A. VON HAYEK, Legge, legislazione e libert, Il Saggiatore, Milano 1994, pp. 29 ss. e Dr. Bernard Mandeville, in Proceedings of the British Academy, 1966 (52), pp. 125-41. 100 A. FERGUSON, Saggio sulla storia della societ civile, a cura di P. SALVUCCI, Vallecchi, Firenze 1973, p. 141.
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nella sua economia non solo ha privilegiato i fini che potessero realizzarla, ma ha anche instillato negli uomini gli istinti originari che ad essa pi facilmente conducessero. Poich le istituzioni umane derivano da tali istinti, esse rientrano perfettamente nel disegno provvidenziale della natura. C. S. Peirce nellopera Evolutionary love scrisse che The origin of the Species di Darwin estende semplicemente delle concezioni politico economiche sul progresso allintero regno della vita animale e vegetale101. Tale giudizio si ritrova anche nello storico Simon N. Patten autore dellopera dal titolo The development of the english thought che scrisse: Cos come Adam Smith fu lultimo moralista ed il primo economista Darwin fu lultimo economista ed il primo biologo 102. Del resto, secondo la testimonianza dello stesso Darwin, fu la lettura del Saggio sul principio della popolazione di T. R. Malthus, che gli sugger alcuni aspetti della teoria, da lui poi resa famosa, della selezione naturale attraverso la lotta per la sopravvivenza, e non trascurabile il fatto che Malthus si fosse formato su Hume e Smith103. Non sembra, dunque, improprio attribuire a Smith una teoria evolutiva delle istituzioni. Rivedendo, alla luce di queste considerazioni, il percorso del sistema smithiano si potrebbe affermare che egli nei Saggi filosofici pensa il
C. S. PEIRCE, Evolutionary love, in Collected papers, a cura di HARTSHORN e WEISS, Cambridge, Mass. 1935, vol. VI, p. 293 (citato da F. A. VON HAYEK, in Legge, legislazione e libert, Il Saggiatore, Milano 1994, p. 34). 102 S. N. PATTEN, The development of the english thought, N. Y., 1900, p. 23 (citato da F. A. VON HAYEK, in Legge, legislazione e libert, Il Saggiatore, Milano 1994, p. 34). Un giudizio analogo espresso anche da F. POLLOCK in Oxford lectures and other discourses (Londra 1890): La dottrina dellevoluzione altro non che il metodo storico applicato ai fatti della natura; il metodo storico altro non che la dottrina dellevoluzione applicata alle societ e alle istituzioni degli uomini (citato da F. A. VON HAYEK, in Legge, legislazione e libert, Il Saggiatore, Milano 1994, p. 34). 103 Per lanalisi di L. Mises sui rapporti fra la teoria della popolazione di Malthus e la teoria darwiniana della lotta per la sopravvivenza, cfr. Socialismo, Rusconi, Milano 1990, pp. 35257.
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progresso della conoscenza come una evoluzione selettiva delle teorie scientifiche, che si attua attraverso la volont dei ricercatori di superare la sorpresa e la meraviglia prodotte dalle novit riscontrate nellosservazione dei fenomeni. La Natura ha, in altre parole, promosso il comportamento pi adatto al miglioramento della conoscenza, dotando luomo del desiderio di un tal fine e non ha affidato alla sua ragione la scoperta dei mezzi pi adatti per quel fine. Ad essi stato indirizzato, pi prudentemente, attraverso istinti originari e immediati104. Una mano invisibile fa s che il desiderio umano di certezza, che trova soddisfazione indirettamente, attraverso la rimozione dei problemi delle teorie scientifiche, si traduca nellimpegno alla ricerca di spiegazioni della realt sempre pi aderenti ai fenomeni osservati. La scienza e il metodo scientifico nascono, dunque, come risultato non intenzionale del bisogno umano di certezza. Sul piano morale il paradosso che il concetto di giustizia presenta particolarmente illuminante per comprendere quanto sin qui affermato. Smith nella seconda parte della Teoria dei sentimenti morali si occupa dellinfluenza della fortuna sul senso del merito e del demerito. Lanalisi smithiana scompone le azioni moralmente significanti in tre momenti, distinguendo rispettivamente le intenzioni che le determinano, gli atti esterni che da tali intenzioni derivano ed infine le conseguenze felici o funeste che esse provocano. Ebbene, poich gli atti esterni non sono eticamente rilevanti e le conseguenze dipendono in gran parte dalla sorte, allora oggetto di valutazione morale dovrebbero essere le sole intenzioni. In realt, solo

Per unanalisi, cfr. K. HAAKONSSEN, The science of a legislator. The natural jurisprudence of David Hume and Adam Smith, Cambridge Univ. Press., London 1981, pp. 77-79.
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raramente giudichiamo in tal modo le azioni, dal momento che la prassi effettiva proprio quella opposta ed i nostri giudizi sono pesantemente influenzati dalle conseguenze delle azioni. Addirittura nel campo giuridico ci codificato da norme ben precise, che intendono limitare laccertamento della verit ai soli fatti, prescindendo completamente dalle intenzioni degli agenti. Comunque, per questa incoerenza della regola della giustizia, che dovrebbe valutare lintenzione ma finisce per giudicare solo lazione, Smith prevede due giustificazioni105. La prima, di carattere psicologico, che gratitudine e risentimento, dai quali deriva il sentimento della giustizia, sono causati dal piacere e dal dolore (Smith giustifica i giudizi etici in termini non etici) tant che possibile, per quanto assurdo, arrabbiarsi con la pietra sulla quale inciampiamo. La seconda, di tipo teleologico, che se gli uomini dovessero giudicare solo le intenzioni, non sarebbe possibile alcun giudizio e verrebbe meno la certezza del diritto. Una tale incoerenza perci provvidenziale e prova la saggezza di Dio che porta a buon fine anche le debolezze umane. Si manifesta nella visione smithiana una forte caratterizzazione teleologica nella quale gli uomini interpretano il duplice ruolo di fini e di mezzi. Luomo il fine di una natura organizzata per il raggiungimento della sua felicit, ed lo strumento di tale realizzazione, a patto che non ceda al cosiddetto spirito di sistema. Con questespressione Smith intende un particolare atteggiamento presuntuoso, autoreferenziale e lontano

dallesperienza, tipico degli uomini incauti, che sono a tal punto innamorati dei propri progetti teorici o pratici, da diventare insofferenti della realt.
Unanalisi efficace in G. PRETI, Alle origini delletica contemporanea. Adamo Smith, La Nuova Italia, Firenze 1957, pp. 157 ss.
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Lo spirito di sistema il peccato originale dei governanti che pensano di poter controllare ogni cosa dallalto e che, incuranti della saggezza che regola il sistema degli affetti, pretendono di sistemare i membri di una grande societ con la stessa facilit con cui sistemano i pezzi su una scacchiera106. Mentre, infatti, i pezzi sulla scacchiera non sono autonomi e dotati di un principio di movimento proprio, gli individui di una grande societ sono liberi rispetto a ci che un legislatore esterno pu imporre ad essi. Compito del legislatore allora quello di prendere decisioni in armonia con il libero gioco della societ, decisioni, cio, che siano compatibili con i diversi scopi che i suoi membri si propongono di raggiungere al suo interno. Linteresse della Grande societ ben tutelato quando lattenzione principale di ogni singolo individuo sia indirizzata verso quella particolare porzione di essa che rientra nella sfera delle sue abilit e del suo intelletto 107 e quando gli statisti non pretendano che i propri concittadini si conformino o pieghino alla loro volont. La stessa legittimit dei provvedimenti governativi non risiede, dunque, nella sovranit del comando. Hobbes supponeva che non esistesse una distinzione naturale tra giusto e ingiusto, che cos venivano a dipendere dal semplice arbitrio del magistrato civile108. Ogni istituzione o legge positiva si fonda, invece, secondo Smith su determinazioni morali precedenti, perci la volont del legislatore risulta buona o cattiva a seconda della sua maggiore o minore fedelt ad esse.

A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 460. Particolarmente significativo, a tal proposito, il rilievo dato da K. HAAKONSSEN alla diffidenza di Smith nei confronti della system knowledge rispetto alla contextual knowledge, che la conoscenza del comportamento umano derivante dal meccanismo della simpatia: The science of a legislator. The natural jurisprudence of David Hume and Adam Smith, Cambridge Univ. Press, London 1981, pp. 79-82. 107 A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 453. 108 Ibid., p. 599.
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La diffidenza nei confronti degli interventi diretti a modificare lo sviluppo naturale della societ sostenuta, in Smith, dalla fede nei principi e nelle leggi della natura. Si visto come lintera vita morale prenda il via a partire da passioni e sentimenti da cui derivano i giudizi e le leggi morali, che si costituiscono grazie al contributo di innumerevoli individui e che si evolvono in forme atte a migliorare progressivamente la convivenza civile. La stessa coscienza umana, lo spettatore che ognuno di noi si porta dentro, il risultato non intenzionale dellinterazione sociale. Un uomo che fosse vissuto isolato fino allet adulta sarebbe attento solo agli stimoli provenienti dallesterno, perch privo dello specchio sociale109. Smith risolve lintero complesso del mondo umano in termini storico-sociali, secondo il consueto impianto meccanicistico, di derivazione newtoniana. Come gli ingranaggi di un orologio sono tutti ammirevolmente regolati per il fine per cui esso stato costruito, segnare lora, cos gli individui sono dotati di tutte le capacit necessarie alla prosperit sociale. Se gli ingranaggi dellorologio fossero stati forniti del desiderio di segnare lora non sarebbero, per questo, riusciti meglio nel loro intento, cos come gli individui non contribuirebbero maggiormente alla prosperit sociale se mirassero ad essa direttamente110. Le regole della moralit sono generalizzazioni di osservazioni sulla condotta altrui, che si sono formate impercettibilmente, in moltissimo tempo, attraverso la selezione dei comportamenti, resa possibile dagli unanimi sentimenti dellumanit, e senza che vi fosse alcun disegno umano. Inoltre, le regole morali, in un certo senso, perfezionano quelle naturali poich
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Ibid., p. 253. Ibid., p. 212.

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correggono quella distribuzione di cose che la Natura aveva disposto. Infatti tra un disonesto operoso che coltiva la terra, dice Smith, e un buon uomo pigro che la lascia incolta, il corso naturale delle cose decide in favore del disonesto, ma gli uomini in favore delluomo virtuoso 111. Le regole che la natura segue sono adatte ad essa, quelle che segue luomo sono adatte a lui, ma entrambe sono calcolate per promuovere lo stesso grande fine: lordine del mondo, la perfezione e la felicit della natura umana112. Losservazione secondo cui la natura sceglie sempre loperosit, si fonda sulla considerazione del ruolo fondamentale che leffetto dellutilit svolge sul sentimento di approvazione. A tale argomento dedicata tutta la quarta parte della Teoria dei sentimenti morali, dove Smith sostiene che lammirazione umana per la condizione dei ricchi non risiede tanto nellosservazione del maggior agio o piacere di cui godono, quanto nellosservazione della disponibilit di mezzi per il proprio agio che possiedono. Lo spettatore nemmeno immagina che i ricchi e i potenti siano realmente pi felici degli altri, ma immagina che essi possiedano pi mezzi per la felicit113. Se, per, consideriamo la reale soddisfazione che la ricchezza pu promuovere indipendentemente dalle considerazioni circa lordine, larmonia, la bellezza e la potenza, a cui nellimmaginazione sempre si accompagna, essa risulta sempre insignificante e disprezzabile. Per ci che riguarda il benessere e la tranquillit, i diversi ranghi della vita sono pressappoco sullo stesso piano, e il mendicante che si crogiola al sole possiede quella sicurezza per la quale i re combattono. Ma raramente

Ibid., p. 346. Ibid., p. 346. 113 Ibid., p. 372.


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vediamo le cose in questa luce astratta e filosofica. Ed un bene che la natura si imponga in questo modo. E questo inganno che risveglia e tiene continuamente in movimento lindustriosit delluomo114. Ecco, dunque, il paradosso per cui loperosit da cui dipendono tutte le attivit umane, dalla coltivazione della terra alla costruzione delle case, dalla fondazione di citt al progresso delle scienze e delle arti, si fonda su un provvidenziale inganno. E ad esso, infatti, che si deve il salto esistente tra gli obbiettivi perseguiti dalle azioni umane e quelli da esse effettivamente conseguiti. E alla cecit dei ricchi e alla loro rapacit che si deve una distribuzione dei beni, pari a quella che sarebbe possibile se la terra fosse stata divisa in parti eguali fra tutti i suoi abitanti. Tale concezione non rappresenta, per, un tentativo ideologico di giustificazione dellineguaglianza, quanto piuttosto la difesa della spontaneit dellordine sociale che emerge naturalmente, nel senso precisato pi sopra, senza lelaborazione di un progetto e senza ipotizzare la necessit del passaggio da un astratto stato di natura ad uno stato civile fondato su un contratto. Smith come Mandeville e Hume, dimostra la propria predilezione per la legge delle conseguenze involontarie, riconoscendo il carattere storico ed evolutivo delle istituzioni umane e ampliando le basi emotive ed extrarazionali del progresso umano. Ci particolarmente evidente in relazione alla dottrina smithiana dello sviluppo della civilt.

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Ibid., p. 374.

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3.2 IL DIRITTO: LA TEORIA DEI QUATTRO STADI DI SVILUPPO DELLA SOCIETA E IL RAPPORTO TRA MODI DI SUSSISTENZA E LEGISLAZIONE

Le lezioni sulla jurisprudence raccolgono trascrizioni e appunti dei corsi tenuti da Smith a Glasgow negli anni accademici 1762-63, 1763-64 e descrivono la teoria delle norme in base alle quali dovrebbero essere retti i governi115. Sono divise in quattro parti: la prima si occupa della giustizia e descrive i caratteri e lo sviluppo degli ordinamenti giuridici, con riferimento alla teoria generale del governo, al diritto di famiglia, al diritto privato e alle norme che disciplinano i contratti; la seconda parte tratta, invece, argomenti giuridici pi vicini al diritto amministrativo occupandosi dei regolamenti riguardanti la police, nei quali Smith fa confluire la discussione sugli approvvigionamenti a buon prezzo e sullabbondanza nellofferta delle merci, ma anche le trattazioni su ordine e sicurezza pubblica. La terza e la quarta parte, di minor peso, concernono la riscossione dei tributi e la difesa. Ai fini dellindagine sul concetto della mano invisibile anche nel contesto giuridico dellopera smithiana, lanalisi deve concentrarsi su due fatti strettamente connessi tra loro: rispettivamente lorigine del governo e dellautorit in genere, e la questione relativa alla propriet privata. La genesi della societ presentata, in opposizione rispetto alla teoria del contratto, facendo ricorso ai principi psicologici gi delineati nello svolgimento della Teoria dei sentimenti morali. Il primo principio su cui ogni societ fondata risiede nellautorit dalla quale dipendono le differenze di

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A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 3 ss.

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grado e le distinzioni di rango. Lautorit non dipende da alcuna volont intenzionale n singola n collettiva, poich essa deriva semplicemente dalla disposizione dellumanit a condividere tutte le passioni del ricco e del potente e dallammirazione per i vantaggi della loro situazione116.
La Natura ha voluto insegnarci a sottometterci ad essi per semplice riguardo nei loro confronti, a tremare, a chinarci di fronte al loro alto stato, a considerare il loro sorriso come una ricompensa sufficiente a ripagare ogni servigio e a temere il loro dispiacere come la pi severa di tutte le mortificazioni, anche se non ne dovesse derivare altro male117.

Come si vede, anche lautorit e la gerarchia sociale, che su di essa si fonda, non sono il frutto di alcun progetto consapevole, poich una mano invisibile fa s che istinti ed abitudini emotive realizzino, attraverso una loro complessa stratificazione ed evoluzione, ci che sul piano giuridico divengono autorit e comando. Non c, per, solo la ricchezza tra i fattori che attribuiscono ad un individuo autorit sugli altri, dal momento che anche lantichit della famiglia, let avanzata e le superiori capacit fisiche e intellettuali la possono favorire. Dopo lautorit, laltro principio che induce gli uomini allobbedienza di un capo consiste nellutilit che essi avvertono in essa per la conservazione della giustizia e della pace. Resta, comunque, ben fermo che non una considerazione razionale a spingere gli uomini ad organizzarsi in societ, e che lutilit di cui Smith parla si riferisce allaccettazione dellautorit, una volta che si sia costituita, e non al fondamento della sua costituzione 118.

A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 153. A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 154. 118 Anche T. D. Campbell, che interpreta il pensiero di A. Smith come una forma di utilitarismo della norma o utilitarismo di sistema, riconosce lostilit smithiana nei confronti del ricorso al criterio di utilit per la spiegazione dellorigine delle norme morali o come guida pratica dellagire: per questo, cfr. The utilitarianism of Adam Smiths policy advice, J. Hist. Ideas, 1981 (42), p. 73.
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Lutilitarismo simpatetico119 di Smith enfatizza il lato contemplativo120 della valutazione sullutilit, sottolineando il piacere che ci procurano per esempio, la perfezione dellamministrazione o lestensione dei commerci e delle manifatture. Tutto questo confermato dal rifiuto categorico della dottrina del contratto come giustificazione della lealt al governo. Dice Smith:
Chiedete ad un povero facchino o ad un lavorante a giornata per quale motivo obbedisca allautorit civile, egli vi dir che giusto fare cos, che vede farlo agli altri, che sarebbe punito se rifiutasse di farlo, o forse che non farlo un peccato contro Dio. Ma non lo sentirete mai citare un contratto come motivo della sua obbedienza121.

Le aporie cui va incontro il razionalismo contrattualista sono sottolineate da diverse considerazioni, come il fatto che i governi sono accettati anche in Paesi in cui nessuno a conoscenza di una tale dottrina, o il fatto che, ammesso e non concesso che allorigine della societ vi sia un conferimento condizionato di poteri ad alcuni individui, la stipulazione non avrebbe valore per tutti coloro che non avessero potuto partecipare ad essa.
Il fondamento di un dovere non pu essere un principio completamente sconosciuto allumanit. Gli uomini devono avere una qualche idea, per quanto confusa, del principio in base al quale agiscono122.

La genesi del governo e le sue varie forme non dipendono, dunque, da un artificio politico, ma debbono venire ricondotte nellambito della concezione evolutiva delle istituzioni sociali umane. Lanalisi dellorigine del governo e delle istituzioni giuridiche si inserisce nel contesto della teoria smithiana dei quattro stadi di sviluppo della societ. Il programma della teoria stadiale consiste nel definire i diversi modi attraverso i quali le societ umane rispondono alla sfida della scarsit. I diversi modi di sussistenza

Tale espressione viene usata e giustificata da G. MARCHELLO in Lutilitarismo simpatetico di Adamo Smith e il fondamento della valutazione pratica, Ed. di Filosofia, Torino. 120 T. D. Campbell discute lutilitarismo contemplativo di Smith in: Adam Smiths science of morals, George Allen & Unwin, London 1971, pp. 217-220. 121 A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, p. 519. 122 A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, p. 520.
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descritti da Smith come tentativi di soluzione di tale problema (caccia, pastorizia, agricoltura e commercio) determinano differenti assetti

istituzionali. Va rilevata, a questo punto, una differenza fondamentale tra la definizione delle istituzioni sociali in termini di storia naturale rispetto alla definizione delle stesse in termini di artificialit, che considera la societ come un prodotto consapevole delle scelte degli individui. E diversa nei due modelli linterpretazione del nodo scarsit-politica. Nel modello di storia naturale della societ, di cui la teoria stadiale costituisce il nucleo centrale, la soluzione al problema della scarsit d luogo a un certo assetto delle istituzioni politiche, coerente con la soluzione trovata dal modo di sussistenza. Nel secondo, al contrario, la soluzione della politica, cio delle scelte consapevoli degli individui, a consentire quella del problema della scarsit. Nel primo caso c scarsit e la soluzione particolare del problema determina un certo assetto politico. Nel secondo c scarsit perch e finch non c politica123. Il fondamento del governo risiede, dunque, esclusivamente nel binomio autorit-utilit, che prende il posto riservato ai diritti nella dottrina del contratto124.
Fra i cacciatori non esiste un governo vero e proprio: essi vivono secondo le leggi di natura. Lappropriazione delle mandrie e delle greggi, introducendo una disparit nelle fortune, dette origine ad una forma di governo regolare. Finch non esiste la propriet non pu esistere il governo, il cui scopo specifico appunto quello di rendere sicura la ricchezza e di proteggere i ricchi dai poveri. Nellet dei pastori se uno aveva cinquecento buoi ed un altro nessuno, il primo non avrebbe potuto possederli se non fosse esistita una qualche forma di governo che gli avesse garantito la sicurezza del possesso125.

Tale analisi svolta da S. VECA nella prefazione a Il cattivo selvaggio di R. L. MEEK, Il Saggiatore, Milano 1981, p. XII. 124 Cfr. M. E. SCRIBANO, Natura umana e societ competitiva. Saggio su Mandeville, Feltrinelli, Milano 1980, p. 134. 125 A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 52122.
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Da queste brevi indicazioni emerge con chiarezza che il governo, inteso nel senso di autorit sopra le parti, nasce non appena sorgano occasioni di conflitto e controversie fra interessi contrastanti, nelle quali ci sia bisogno di un giudice imparziale. La propriet ed il governo civile, quindi, sono in stretta dipendenza reciproca. La conservazione della propriet e la disuguaglianza delle fortune costituiscono la causa originaria del governo civile e i caratteri della propriet variano sempre necessariamente con la forma del governo126. Ogni sistema di produzione influenza direttamente la forma del governo cosicch, quando lattivit prevalente di un popolo la caccia, la struttura sociale costituita da famiglie indipendenti, legate fra loro soltanto dalla medesima residenza e dalla lingua, mentre il tipo di governo, molto limitato, non pu che essere democratico127. Al modo di sussistenza dei pastori legata lorigine di un governo effettivo, che si rende necessario in seguito allinstaurarsi di rapporti di dipendenza di una certa rilevanza, conseguenti alla distinzione fra ricchi e poveri, e alle esigenze

dellamministrazione della giustizia. I successivi progressi nellagricoltura e lo sviluppo del commercio portano le forme del governo ad una maggiore complessit ed articolazione, ma resta sempre fermo il principio che il progresso nellattivit del governo non dovuto al consenso o allaccordo di un certo numero di persone a sottomettersi a certe norme, bens al progresso naturale compiuto dagli uomini nella societ128.

In A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, p. 516. Per descrivere let della caccia, Smith si ispir ai resoconti sulla vita degli indiani dAmerica: per la questione, cfr. A. M. IACONO, Il borghese e il selvaggio, in Passioni, interessi, convenzioni, Franco Angeli, Milano 1992. 128 A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, p. 255.
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La teoria dei quattro stadi, come si detto, si sviluppa mettendo al centro il problema dellorigine del diritto di propriet, che Smith fa risalire a cinque cause: loccupazione, che lappropriazione di ci che non apparteneva a nessuno; la trasmissione, che il passaggio volontario da una persona ad unaltra; laccessione, che lattribuzione al proprietario di un oggetto di tutto ci che legato con esso; lusucapione, che un trasferimento di propriet dal legittimo proprietario al possessore effettivo e infine la successione, che il passaggio di propriet dal testatore allerede testamentario. La trattazione segue il percorso del cambiamento di tali cause, attraverso il loro passaggio nelle et dei cacciatori, dei pastori, dellagricoltura e del commercio. Ci che merita attenzione, in primo luogo, sono le differenze fra un modo di sussistenza e laltro e i motivi che le producono. Lanalisi procede basandosi sul metodo della storia congetturale, che Smith mutu probabilmente dalla Storia naturale della religione di Hume, utilizzato anche per lo studio sullorigine delle lingue, che adotta criteri di analogia e verosimiglianza per la ricostruzione dei fatti storici129. Il discorso si svolge, dunque, sotto forma di narrazione congetturale. Smith ci chiede di immaginare dieci o dodici persone dei due sessi che vivono su unisola deserta: il loro primo mezzo di sostentamento consisterebbe, senza dubbio, nella frutta e negli animali selvatici offerti dal luogo. Le uniche occupazioni sarebbero la caccia e la pesca: questa let dei cacciatori. In seguito, a poco a poco, con laumentare del loro numero, la caccia risulter troppo precaria per il loro sostentamento e saranno costretti
Per una sintesi, cfr. A. M. IACONO, Lidea di storia teoretica o congetturale negli scritti filosofici e sul linguaggio di Adam Smith, Teoria, 1989 (9), pp. 113-33.
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ad escogitare qualche altro mezzo di sopravvivenza. In un primo tempo, probabilmente, dopo una caccia particolarmente abbondante, cercheranno di conservare provviste sufficienti a nutrirli per un lungo periodo di tempo. Ma questo non pu durare a lungo. Il sistema pi naturale sar quello di addomesticare alcuni degli animali selvatici catturati e, provvedendo loro cibo migliore di quello che potrebbero procacciarsi altrove, indurli a restare sul loro territorio ed a moltiplicarsi. Inizier cos let dei pastori130. Ecco, allora, il punto: levoluzione del modo di sussistenza avviene in seguito al tentativo di superare le difficolt legate allincremento demografico e alla conseguente scarsit dei beni. Il miglioramento prodotto dal passaggio dalla caccia alla pastorizia leffetto non programmato dellattivit dei singoli diretta alla rimozione del problema della scarsit, non la soluzione, concertata e progettata, a quel problema. Lanalogia riscontrabile con le osservazioni sullo sviluppo della conoscenza, sul progresso delle lingue e sul costituirsi della moralit sembra chiara, come chiaro che esse sono manifestazioni diverse della legge delle conseguenze involontarie da Smith simboleggiata attraverso la metafora della mano invisibile. Lanalisi prosegue seguendo gli ulteriori sviluppi della societ occasionati dallincremento demografico, che rende difficile anche vivere di mandrie e di greggi. La soluzione naturale, allora, quella che gli uomini si dedichino alla coltivazione della terra e alla coltura degli alberi da frutto e dei vegetali commestibili. Cos la societ avanza gradualmente verso let dellagricoltura e le varie attivit, che inizialmente venivano esercitate dal singolo per il suo benessere personale, si separano e si differenziano: alcuni
In A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 1415.
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si dedicano ad una attivit, altri ad altre, secondo le loro tendenze e inclinazioni. Scambiandosi, in seguito, la produzione eccedente le loro esigenze individuali ed ottenendo in cambio i beni di cui hanno bisogno e che non producono da soli, gli uomini giungono cos allet del commercio131. La societ commerciale quella in cui i prodotti, naturali o artigianali, eccedenti i bisogni, vengono esportati e quelli necessari vengono importati con beneficio di tutti. Non ci sono livelli di complessit sociale superiori a questultimo tipo di organizzazione della produzione, e le distinzioni possibili fra diverse societ commerciali vengono ricondotte, da Smith, allampiezza del mercato da cui dipende il grado della divisione del lavoro. Illustrata la teoria dei quattro stadi, le Lezioni di Glasgow proseguono con la spiegazione delle trasformazioni subite da leggi e norme che regolano la propriet in ognuno di essi. I popoli come i Tartari, le cui genti vivono di allevamento di mandrie e greggi, infatti, puniscono il furto con la morte, mentre gli indiani dAmerica, fra i quali la propriet privata non molto diffusa, poich si mantengono soprattutto con la caccia, lo considerano un reato minore. Ci significa che quando la propriet assume proporzioni consistenti allinterno di una determinata organizzazione sociale, le leggi in sua difesa si moltiplicano in proporzione alle sempre pi frequenti occasioni di conflitto. Nellet dellagricoltura si meno esposti alla rapina e al furto, ma siccome nascono molti altri modi di ledere la propriet, in proporzione allaumento della propriet stessa, le leggi anche se meno rigorose, sono assai pi numerose che in una societ di pastori. Lo stesso discorso vale per let commerciale, dal momento che quanto pi avanzati sono la societ e i
In A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, pp. 1516.
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sistemi di produzione, tanto pi grandi sono la necessit e il numero di leggi necessarie alla disciplina della giustizia e al mantenimento del diritto di propriet132. La sua durata nellet della caccia limitata alla presa di possesso e aumenta considerevolmente in proporzione alla sua estensione nellet dei pastori e dellagricoltura. Cos lincremento patrimoniale, la trasmissione, lusucapione e la successione nascono e si sviluppano come fattori determinanti la propriet in relazione al suo estendersi e diversificarsi. Esiste, per, anche una storia stadiale dello sviluppo dei contratti che Smith cerca di descrivere mostrando come gli impegni presi nelle societ primitive non fossero considerati affatto vincolanti, mentre essi lo divennero sempre pi in relazione allaumento del valore di ci che era oggetto di contrattazione, fino allavvento della societ commerciale. In essa della massima importanza la fedelt ai patti poich da essi dipende la possibilit stessa degli scambi. Per ci che riguarda i diritti derivanti dalle offese, il discorso analogo, poich essi dipendono in gran parte dalla forza dei governi, generalmente molto deboli negli stadi primitivi di sviluppo della civilt umana. Luso che Smith fa della teoria stadiale dello sviluppo si estende, dunque, a tutte le istituzioni giuridiche, alla propriet, al governo civile, ai modi di sussistenza e alle attivit che gli uomini intraprendono per il proprio mantenimento. Emerge, cos, unimpostazione di fondo di stampo

storicistico che non considera mai il modo di essere degli uomini da un punto di vista astratto e razionalistico, ma sempre nella concretezza storica

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In A. SMITH, Lezioni di Glasgow, a cura di E. PESCIARELLI, Giuffr, Milano 1989, p. 17.

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delle determinazioni dellambiente e della struttura economica133. Il fatto che i rapporti socio-economici siano posti in primo piano, rispetto a tutti quelli possibili per spiegare levoluzione sociale, probabilmente dovuto allosservazione del rapido sviluppo economico in Inghilterra di cui Smith fu testimone e al conseguente divario fra aree economicamente avanzate ed aree pi arretrate. Se i cambiamenti nel modo di sussistenza erano in grado di mutare radicalmente la societ contemporanea, Smith doveva supporre che essi avessero influenzato lintero sviluppo della civilt umana134. E cos che Smith giunge a concepire una societ autonoma rispetto a qualsiasi progettazione politica, fondata sul principio della cooperazione attraverso la divisione del lavoro, il cui obbiettivo la soluzione del problema della scarsit. Inoltre se una certa nozione di progresso ravvisabile nellevoluzione degli stadi, essa va intesa solo nel senso del progressivo superamento dei bisogni e delle necessit.

3.3 LECONOMIA: IL SISTEMA DELLA LIBERTA NATURALE E LALLOCAZIONE OTTIMALE DELLE RISORSE La teoria stadiale dello sviluppo socioeconomico comporta

lapplicazione del principio di causalit anche nel campo della ricerca storica, ed infatti, secondo Smith, ogni fenomeno sociale e storico concatenato a
Una sintesi in A. GIULIANI, I due storicismi, Il Politico, 1953 (3), pp. 329-53, e in F. A. VON HAYEK, Ordinamento giuridico e ordine sociale, Il Politico, 1968 (17), pp. 693-723. 134 Cfr. R. L. MEEK, Il cattivo selvaggio, prefazione di S. VECA, Il Saggiatore, Milano 1981, p. 91.
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una serie di cause e lo sviluppo, pur non essendo teleologicamente orientato, sottoposto a principi ben precisi. Abbiamo visto come il momento chiave di tale sviluppo sia costituito dal modo di sussistenza, da cui dipendono la forma della propriet e del governo. Ebbene, lelaborazione di questi temi presente nelle Lezioni di Glasgow trova applicazione anche nella Ricchezza delle nazioni, soprattutto nei libri III e V, dove lanalisi smithiana rileva che i mutamenti sociali dipendono dallo sviluppo economico, che luomo mosso dallamor proprio in ogni attivit ma in particolar modo in campo economico, e che i normali processi di sviluppo generano quattro stadi economici, ognuno dei quali contraddistinto da particolari strutture socio-politiche che riflettono il modo di sussistenza prevalente135. I fattori propulsivi dellintero processo di sviluppo della societ sono fondamentalmente due: linteresse egoistico degli uomini, la propensione a migliorare la propria condizione, che la molla inconscia e spontanea della natura umana, e laumento della popolazione che influisce su ed influenzata dal succedersi degli stadi. Tutto ci inserito nel contesto della teoria degli esiti sociali non intenzionali, di cui la metafora della mano invisibile espressione, in base alla quale i mutamenti materiali, cui sottoposta la societ civile nel corso del suo sviluppo, coinvolgono individui che non sono consapevoli delle conseguenze ultime a cui conducono le loro azioni. La trattazione della teoria dei quattro stadi contenuta allinterno della

La teoria stadiale della Ricchezza delle nazioni analizzata da A. S. SKINNER, Adam Smith: an economic interpretation of history, in Essays on Adam Smith, a cura di SKINNER e WILSON, Oxford 1976, pp. 154-78.
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Ricchezza delle nazioni presenta, tuttavia, rispetto alle Lezioni di Glasgow, alcune discontinuit che meritano alcune considerazioni. Innanzitutto, va rilevato che essa nella Ricchezza delle nazioni diretta principalmente a spiegare i meccanismi economici operanti in una societ commerciale, mentre nelle Lezioni di Glasgow essa trova applicazione, sul piano giuridico, nella spiegazione dello sviluppo della propriet e delle forme di governo136. In secondo luogo, nella Ricchezza delle nazioni, soprattutto nel libro I, Smith introduce una nuova teoria stadiale di sviluppo che, per, non ha lintento storiografico di descrivere le fasi dellevoluzione dellumanit, ma quello di fornire un modello esplicativo del meccanismo di formazione dei prezzi in un sistema economico

commerciale, rispetto alle dinamiche di una ipotetica economia primitiva. Cos una situazione originaria caratterizzata dalla propriet indivisa contrapposta a quella progredita che si distingue per lappropriazione della terra e laccumulazione dei fondi e dei capitali. La novit pi rilevante di questa impostazione consiste nel fatto che lo stadio commerciale delle Lezioni di Glasgow viene qui descritto pi esaurientemente come lo stadio dellaccumulazione capitalistica. In altre parole, se in uneconomia primitiva non esiste n propriet privata della terra n accumulazione del capitale non esistono nemmeno rapporti di subordinazione nel lavoro e il suo intero prodotto appartiene al lavoratore. La ricostruzione storica smithiana descrive uno stato primitivo e non-civile della societ, precedente laccumulazione del capitale e lappropriazione della terra, in cui la proporzione tra le quantit di lavoro necessario per ottenere
Cfr. E. PESCIARELLI, Adam Smith. Dal modo di sussistenza al modo di produzione, in Quaderni di Sociologia, 1977 (26), nn. 3-4, p. 224.
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diversi oggetti sembra sia la sola circostanza capace di offrire qualche regola per scambiarli luno con laltro.
Se ad esempio tra un popolo di cacciatori per uccidere un castoro occorre doppio lavoro che per uccidere un cervo, un castoro dovrebbe naturalmente scambiarsi contro due cervi. E naturale che ci che normalmente il prodotto di due giorni o di due ore di lavoro debba valere il doppio di ci che normalmente il prodotto del lavoro di un giorno o di un ora137.

Ci avviene perch, in questo caso, lintero prodotto del lavoro appartiene al lavoratore e la quantit di lavoro impiegata nellacquistare o produrre una merce la sola circostanza che regola la quantit di lavoro che essa comunemente acquista e ottiene in cambio. Nello stadio civile della societ, invece, poich il capitale si accumulato nelle mani di determinate persone e la terra diventata tutta di propriet privata, il prodotto del lavoro non appartiene pi, interamente, al lavoratore. Egli deve in molti casi dividerlo col proprietario del capitale che gli d impiego. N la quantit di lavoro impiegata nellacquistare o produrre una merce la sola circostanza che regola la quantit di beni che esso pu acquistare o ottenere in cambio. Se, dunque, in una societ primitiva il lavoro contenuto in una merce coincide con il lavoro che essa comanda, nella societ capitalistica non possibile che il lavoro comandato da una merce sia determinato dal lavoro in essa contenuto138. E evidente che una quantit addizionale deve essere attribuita ai profitti del capitale che ha anticipato i salari e fornito i materiali per quel lavoro139.

A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 132. 138 Cfr. le analisi di G. PIETRANERA, La teoria del valore e dello sviluppo capitalistico in Adam Smith, Feltrinelli, Milano 1963, pp. 251ss, e di C. NAPOLEONI, Smith, Ricardo, Marx. Considerazioni sulla storia del pensiero economico, Boringhieri, Torino 1970, pp. 60 ss. 139 In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 135.
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Lo scopo del confronto fra economia primitiva ed economia avanzata quello di spiegare la differenza esistente fra il meccanismo di costituzione dei prezzi nei due differenti contesti. Se, infatti, la teoria smithiana del valore-lavoro140 pu spiegare la costituzione dei prezzi delle merci nel primo tipo di economia, essa non sufficiente nel caso delleconomia di mercato per la quale Smith provvede allintroduzione della differenza fra prezzo naturale e prezzo di mercato141.
Quando il prezzo di una merce non n pi n meno di quanto sufficiente a pagare la rendita della terra, i salari del lavoro e i profitti del capitale impiegato nel coltivarla, lavorarla, e portarla al mercato secondo il loro saggio naturale, la merce allora venduta per quel che pu chiamarsi il suo prezzo naturale, mentre il prezzo effettivo al quale comunemente si vende una merce detto prezzo di mercato. Esso pu essere al di sopra o al di sotto o esattamente uguale al suo prezzo naturale142.

E molto importante questultima considerazione poich con essa Smith vuole affermare che il profitto e la rendita hanno due cause, luna dovuta al fatto che i proprietari di capitali e di fondi agricoli possono pretendere un dividendo dei prodotti del lavoro come remunerazione di quanto anticipato, laltra dovuta al fatto che essi possono influenzare il mercato. Ci significa che il profitto e la rendita sono una funzione sia dei salari che dei prezzi di mercato regolati dalle leggi della domanda e dellofferta143. Infatti il prezzo di mercato di una data merce regolato dalla proporzione tra la quantit che
A proposito della teoria smithiana del valore SCHUMPETER sostiene che, a causa di una certa confusione nellesposizione del concetto di lavoro come numerario dei prezzi delle merci, venne attribuita a Smith una teoria del valore basata sul lavoro mentre risulta assolutamente chiaro dal capitolo 6 (del libro I) che egli intendeva spiegare i prezzi delle merci per mezzo del costo di produzione, in Storia dellanalisi economica a cura di C. NAPOLEONI, Boringhieri, Torino 1972, p. 111. 141 Sulla teoria smithiana del valore, le due interpretazioni pi in voga sono quella di S. HOLLANDER, La teoria economica di Adam Smith, Feltrinelli, Milano 1976, che considera Smith un precursore della teoria marginalistica e ritiene che il prezzo naturale smithiano sia unanticipazione del prezzo di equlibrio di Marshall, e quella di M. DOBB, Storia del pensiero economico, Editori Riuniti, Roma 1974, che sostiene che Smith ha contribuito allo sviluppo sia della teoria del sovrappi di Ricardo e Marx, sia della teoria marginalistica. 142 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, pp. 141-142. 143 Cfr. lanalisi di K. G. BALLESTREM, Karl Marx e Adam Smith: osservazioni critiche sulla critica delleconomia politica, Verifiche, 1984 (13), p. 159.
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effettivamente portata sul mercato e la domanda di coloro che sono disposti a pagarne il prezzo naturale, cio lintero valore della rendita, del lavoro e del profitto, che si deve pagare per portarvela144. Inoltre, i proprietari di fondi e di capitali investono nella produzione soltanto se possono aspettarsi un dividendo dal prodotto, ma la parte del totale che essi possono pretendere non dipende dal fatto che essi abbiano contribuito o no con un qualche lavoro economicamente rilevante e meno ancora dipende dalla quantit di questo lavoro145. Infatti, nonostante si possa forse ritenere che i profitti del capitale siano soltanto una diversa denominazione del compenso per una particolare specie del lavoro, il lavoro di ispezione e di direzione, essi sono regolati da principi del tutto diversi e non stanno in nessuna proporzione con la quantit, la fatica o la genialit di questo supposto lavoro di ispezione e di direzione146. Il percorso seguito fin qui nellosservazione del confronto fra la situazione originaria e quella progredita dello sviluppo della societ, conduce, dunque, direttamente in braccio alla concezione smithiana del conflitto fra capitale e lavoro, fra profitto e salario. Laumento e la diminuzione dei profitti del capitale dipendono dalle stesse cause (domanda e offerta) che determinano laumento e la diminuzione dei salari o lincremento e il declino della ricchezza della societ; queste cause, tuttavia, influiscono in modo radicalmente diverso sugli uni e sugli altri. In parole semplici alti salari e alti profitti non si accompagnano quasi mai visto che,
In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 142. 145 In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 133. 146 In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 133.
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anzi, i profitti del capitale sono pi alti nei paesi poveri piuttosto che nei paesi ricchi dove il saggio di interesse del denaro inferiore. Ecco, allora, che lo scontro tra salario e profitto, nella visione smithiana, pu portare alla vittoria del primo e alla conseguente affermazione dellutilit generale, solo in uneconomia ricca e in espansione dove, cio, i possessori di capitale sono costretti ad investire, in concorrenza gli uni con gli altri, negli stessi commerci e, dunque, sono meno liberi di imporre prezzi sopra il livello naturale. La concorrenza riduce i prezzi delle merci e diminuisce il profitto a tutto vantaggio dei salari. Questa la ragione della diffidenza che Smith nutre nei confronti di coloro i quali vivono di profitto poich, sebbene sia il capitale impiegato a scopo di profitto a mettere in moto la maggior parte del lavoro utile di ogni societ e a dirigere tutte le pi importanti operazioni del lavoro, il saggio di profitto non aumenta, come la rendita e i salari, con la prosperit n si riduce con il declino della societ. Al contrario esso naturalmente basso nei Paesi ricchi ed elevato nei Paesi poveri, ed sempre pi elevato nei Paesi che stanno andando pi rapidamente in rovina. Linteresse dei possessori di capitale non ha quindi la stessa relazione con linteresse generale della societ che ha invece linteresse dei lavoratori salariati e dei proprietari fondiari. Linteresse dei possessori di capitale in qualsiasi ramo del commercio o dellindustria sempre differente, se non opposto, rispetto allinteresse pubblico. Essi, infatti, mirano ad ampliare il mercato, e ci pu essere vantaggioso per tutti, ma vogliono anche limitare, quando non eliminare completamente, la concorrenza che impedisce loro di imporre a proprio arbitrio i prezzi delle merci e di ottenere profitti al di sopra della loro misura

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naturale147. Cos, anche se raramente si riuniscono per accordarsi come fanno i lavoratori, i datori di lavoro sono nella tacita ma costante intesa di non aumentare i salari del lavoro al di sopra del loro saggio corrente. Ci comporta la tendenza, da parte loro, ad esercitare pressioni sul potere politico, che dovrebbe resistere ed essere imparziale, affinch i loro interessi particolari vengano garantiti da leggi sullapprendistato, o sulla residenza, piuttosto che da misure, come premi e dazi, volte a manipolare il libero svolgersi del commercio, e che hanno il solo scopo di alzare i prezzi e i profitti sopra il loro livello naturale. Nella societ civile e progredita caratterizzata dalla appropriazione della terra e dalla accumulazione dei capitali, dunque, il sistema smithiano di libert naturale si giustifica in termini utilitaristici: esso garantisce il maggior interesse per il maggior numero148. Per principio di libert naturale Smith intendeva sia un canone politico, cio la rimozione di tutti i vincoli eccetto quelli di giustizia, sia la convinzione che il libero gioco delle azioni individuali non produce caos ma ordine149. Il sistema di libert naturale prevede che ogni uomo, purch non violi le leggi della giustizia150, venga lasciato perfettamente libero di perseguire il proprio interesse a suo modo e di

In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, pp. 374-375. 148 Cfr. K. G. BALLESTREM, Karl Marx e Adam Smith: osservazioni critiche sulla critica delleconomia politica, Verifiche, 1984 (13), p. 161 e T. D. CAMPBELL-I. ROSS, The utilitarianism of Adam Smith policy advice, Jl. Hist. Ideas, 1981(42), p. 82. 149 Cfr. J. A. SCHUMPETER, Storia dellanalisi economica, edizione ridotta a cura di C. NAPOLEONI, Boringhieri, Torino 1972, p. 106. 150 Nel perseguire larricchimento personale ognuno pu correre con tutte le proprie forze, sfruttando al massimo ogni nervo e ogni muscolo per superare tutti gli altri concorrenti. Ma se si facesse strada a gomitate o spingesse per terra uno dei suoi avversari, lindulgenza degli spettatori avrebbe termine del tutto. E una violazione del fair play che non si pu ammettere, A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, I. E. I., 1991, p. 111.
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mettere la sua attivit e il suo capitale in concorrenza con quelli di ogni altro uomo o categoria di uomini151. In tal modo, infatti, gli interessi privati dispongono naturalmente gli individui a destinare il loro capitale a impieghi che normalmente sono i pi vantaggiosi per la societ: quelli da cui possibile aspettarsi margini di profitto superiori. Se a causa di ci essi destinano troppo capitale a certi impieghi, la diminuzione del profitto li indurr immediatamente a rivedere questa distribuzione. Perci, senza lintervento della legge, gli interessi privati inducono naturalmente gli uomini a dividere e distribuire il capitale di ogni societ tra tutte le diverse attivit che vi si svolgono, il pi possibile secondo la proporzione pi conforme allinteresse di tutta la societ152. Per converso, il meccanismo che assicura che i profitti non siano, di fatto, interamente inghiottiti dai salari, costituito dalla pressione che lacquisizione di nuovi territori o di nuovi rami di attivit economica esercitano nei confronti del capitale153. Le nuove opportunit di impiego154 non solo consentono di usare con profitto i capitali fino a quel momento inoperosi ma, soprattutto, consigliano di stornare i capitali, gi pienamente utilizzati, dai rami di attivit
A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, pp. 851-852. 152 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 785. 153 Lacquisizione di nuovi territori o di nuovi rami di attivit pu talvolta aumentare i profitti del capitale, e con essi linteresse del denaro, anche in un paese la cui ricchezza progredisce rapidamente. Non essendo il capitale del paese sufficiente al pieno sviluppo delle attivit che queste acquisizioni offrono alle differenti persone che se le dividono, esso viene destinato solo a quei rami che possono consentire il massimo profitto. Parte di ci che prima era stato impiegato in altre attivit viene necessariamente sottratto ad esse e rivolto a qualche attivit nuova e pi profittevole. In tutte le vecchie attivit la concorrenza diventa quindi minore di prima. Il mercato diventa rifornito meno adeguatamente di molte diverse specie di merci. Il loro prezzo necessariamente aumenta e frutta un profitto maggiore a coloro che trafficano in esse, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 188. 154 Secondo HOLLANDER Smith riconobbe, anche, limportanza che lo sviluppo tecnologico ebbe per le nuove opportunit di impiego dei capitali: cfr. Cambiamento delle tecniche in La teoria economica di Adam Smith, Feltrinelli, Milano 1976.
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meno redditizi verso quelli pi redditizi155. In questo contesto si inserisce la polemica smithiana contro le distorsioni artificiali alla gerarchia degli investimenti, le quali hanno come unica conseguenza quella di favorire monopoli e privilegi economici. Alla novit della Ricchezza delle nazioni rispetto alle Lezioni di Glasgow, rappresentata dallintroduzione della contrapposizione tra

situazione originaria e condizione civile dello sviluppo socioeconomico, si aggiunge una diversa considerazione dello sviluppo dello stadio agricolo. Questultimo, infatti, nel terzo libro della Ricchezza viene descritto nel passaggio attraverso tre fondamentali modi di produzione. Il primo fra questi quello basato sulla servit della gleba presente nei vecchi stati dellEuropa dove gli occupanti della terra erano tutti affittuari a discrezione del proprietario. Tale forma di schiavit, secondo Smith, fu comunque pi mite di quella conosciuta fra gli antichi Greci e Romani o di quella nordamericana. Successivamente si impose il modo di produzione proprio dellet feudale, dove agli schiavi si sostituirono gradualmente i mezzadri, ed infine, sebbene per gradi molto lenti, ad essi seguirono gli affittuari propriamente detti, che lavoravano la terra disponendo di un capitale proprio e corrispondevano una rendita fissa al proprietario. Questultimo stadio rappresenta la prima forma di conduzione capitalistica che, storicamente, si svilupp per prima verso lagricoltura. La teoria stadiale della Ricchezza delle nazioni si svolge, dunque, allinterno dellopposizione fra situazione originaria di comunismo primitivo e condizione civile di capitalismo, entro cui scorrono lantichit classica e il
Per questa analisi, cfr. S. HOLLANDER, La teoria economica di Adam Smith, Feltrinelli, Milano 1976, p. 202.
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feudalesimo, e, rispetto ai quattro stadi delle Lezioni di Glasgow, rappresenta il passaggio dalla considerazione dei modi di sussistenza a quella dei modi di produzione veri e propri156. Lanalisi del passaggio dallet feudale a quella capitalista, o precapitalista che dir si voglia, rappresenta, forse, tutto il senso della maggiore opera smithiana, poich consente allautore di presentare il confronto fra i due tipi simbolo dei due periodi storici: da un lato il signore feudale, dallaltro i commercianti e gli artigiani della Grande societ. Nel capitolo del libro III dal titolo Come il commercio delle citt ha contribuito al progresso della campagna Smith dice che si deve al commercio e alle manifatture lintroduzione graduale dellordine e del buon governo e con essi della libert e della sicurezza individuale tra gli abitanti della campagna, che prima erano vissuti quasi in continuo stato di guerra coi vicini e di dipendenza servile verso i superiori. Questo, sebbene sia stato il meno notato, certamente di gran lunga il pi importante di tutti i loro effetti. Per quanto sappia, Hume il solo autore che labbia sinora rilevato 157. (In nota lo stesso Smith cita le opere dove Hume fa tale discorso e cio: Of commerce e Of luxury, in Political discourses, del 1752 e History, nelledizione del 1773, vol. III, p. 400). La descrizione dellet feudale prosegue attraverso lindicazione dei rapporti di dipendenza che si intrecciano al suo interno. Cos in una nazione che non ha n commercio estero n alcuna manifattura raffinata, un grande proprietario consuma tutto il prodotto delle sue terre, eccedente il mantenimento dei contadini,
Cfr. E. PESCIARELLI, La jurisprudence economica di Adam Smith, Giappichelli, Torino 1988, pp. 159-60. 157 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 537.
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nellospitalit della sua casa. Egli sempre circondato da un numeroso seguito che, non avendo nulla da dare in cambio del proprio mantenimento, deve ubbidirgli come i soldati ubbidiscono al sovrano che li paga. Inoltre i contadini, allinterno di un tale sistema, dipendono, sotto ogni riguardo, dal grande proprietario, come il suo seguito e anche coloro che non sono in condizioni di servit gli sono totalmente soggetti. Tutto questo per lobbligo di consumare i prodotti eccedenti di una vasta propriet allinterno della propriet stessa. Il potere degli antichi signori si basava proprio sullautorit che i grandi proprietari fondiari esercitavano, in questo stato di cose, sui propri affittuari e sul proprio seguito. Ebbene, se lintroduzione del diritto feudale fu un tentativo di moderare lautorit dei signori allodiali, certo, secondo Smith, che:
Ci che tutta la violenza delle istituzioni feudali non poteva mai compiere fu realizzato gradualmente dalla silenziosa e impercettibile azione del commercio estero e delle manifatture. Gradualmente questi fornirono ai grandi proprietari qualcosa contro cui scambiare tutto il prodotto eccedente delle loro terre, che essi potevano consumare da soli senza dividerlo con gli affittuari o coi membri del loro seguito. Tutto per noi e niente per gli altri, sembra sia stata in ogni epoca del mondo la vile massima dei padroni dellumanit.

Come se questo non bastasse, il passaggio successivo del testo smithiano ancora pi severo nel giudicare i landlords:
Forse per un paio di fibbie di brillanti, o per qualcosa altrettanto frivolo e inutile, essi scambiavano il mantenimento o, ci che lo stesso, il prezzo del mantenimento di mille uomini per un anno, e con esso tutto il peso e lautorit chesso poteva conferire loro. .... e cos, per la soddisfazione della pi infantile, pi meschina e pi sordida delle vanit, essi gradualmente barattarono tutto il loro potere e la loro autorit 158.

E giusto notare, ancora una volta, che Smith per tali considerazioni storiche ricorre alla History di Hume, citata pi volte. Poco pi oltre Smith trae le conclusioni di quanto descritto osservando che:

A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, pp. 541-42.
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In questo modo stata realizzata una rivoluzione della massima importanza per la felicit pubblica, ad opera di due diverse classi di persone che non avevano affatto lintenzione di servire la cosa pubblica. Lunico movente dei grandi proprietari terrieri era quello di soddisfare la vanit pi infantile. Commercianti e artigiani, molto meno ridicoli, agirono puramente con la mira del proprio interesse perseguendo il loro principio venale di far soldi ovunque si potessero fare. N gli uni n gli altri compresero n previdero la grande rivoluzione che la stoltezza degli uni e lindustria degli altri stavano gradualmente realizzando 159.

Il cambiamento nella fisionomia del potere politico, che si ha nel passaggio del potere dai proprietari fondiari ai borghesi pressoch in tutta Europa, fu propiziato dalla naturale alleanza delle citt con i sovrani, che fecero concessioni importanti agli abitanti delle citt per indebolire i loro concorrenti pi diretti: i signori feudali. Ad una classe scialacquatrice e dissipatrice di ricchezza si sostitu, dunque, una categoria di uomini che facevano della parsimonia e della prudenza le loro virt cardinali. Dovrebbe essere chiaro che tutto lo sviluppo osservato non deriva dalle intenzioni consapevoli degli individui, ma dal processo degli esiti sociali non intenzionali. A tale processo che la metafora della mano invisibile esprime, si deve dunque, non solo, il passaggio dallet feudale a quella capitalistica e la conseguente affermazione del prudent man sul landlord come tipo sociale caratteristico, ma anche un maggiore bene pubblico, a cominciare dal bene economico. La ricchezza pubblica, che per Smith consiste nel prodotto annuale della terra e del lavoro della societ, infatti, dipende esclusivamente dalla prudente attivit dei singoli volta al perseguimento dellobbiettivo privato di migliorare la propria condizione attraverso il profitto. Il bene pubblico, in altre parole, non deriva dallorientamento dellagire individuale ad un obbiettivo comune, ma la

A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 545.
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conseguenza non intenzionale dellagire che gli individui dirigono al proprio interesse allinterno di un contesto regolato da norme generali di giustizia. La conseguenza di tale impostazione che ogni sistema di economia politica che cerchi o con incentivi straordinari di attrarre verso un particolare tipo di attivit una parte del capitale della societ maggiore di quella che naturalmente vi andrebbe, o con restrizioni straordinarie di deviare coercitivamente da un particolare tipo di attivit una parte del capitale che diversamente vi sarebbe impiegata (fisiocrazia e mercantilismo), in realt controproducente rispetto al grande scopo che intende promuovere. Esso ritarda, invece di accelerare, il progresso della societ verso la ricchezza reale e la grandezza e diminuisce, anzich aumentare, il valore reale del prodotto annuale della terra e del lavoro. Scartati cos completamente tutti i sistemi preferenziali o limitativi, si stabilisce spontaneamente lovvio e semplice sistema della libert naturale160. Sembra necessario, prima di procedere, soffermarsi sulla scelta smithiana di un sistema cosiddetto di perfetta libert naturale. La morale smithiana si sviluppa in seno alla tensione dialettica fra attore e spettatore ed in essa la virt non esiste per s stessa, come un qualche determinato valore, ma come desiderio di meritare ed essere degni di approvazione. Il bene si realizza, dunque, nel superamento mai compiutamente realizzato della distanza che separa chi agisce dallapprovazione dello spettatore imparziale, rappresentante ideale della mediet sociale161: la moralit si attua, dunque, come socialit. Ben si comprende, allora, come la libert
In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, pp. 851-52. 161 Cfr. per questo, A. ZANINI, Genesi imperfetta. Il governo delle passioni in Adam Smith, Giappichelli, Torino 1995, pp. 123 ss.
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diventi condizione imprescindibile per la realizzazione piena di tale socialit. Se sul piano morale, infatti, ogni individuo deve poter essere in grado di impegnarsi nella ricerca della virt, sul piano dellagire economico ogni individuo deve poter essere libero di impiegare ci di cui dispone nel modo che pi ritiene opportuno162. Il sistema di libert naturale si connette, dunque, allidea di un corso naturale delle cose che si identifica con il concetto di libera concorrenza delle forze di mercato che, se non ostacolate, tendono a far coincidere i prezzi con i valori naturali163. Tale concezione una diretta conseguenza dellanti-razionalismo smithiano che ritiene evidente come ognuno, nella sua condizione locale, pu giudicare molto meglio di qualsiasi uomo di stato o legislatore quale sia la specie di industria interna che il suo capitale pu impiegare e il cui prodotto avr probabilmente il massimo valore164. Tali considerazioni sulla libert naturale, per, non possono far dimenticare quanto precedentemente affermato e, cio, che gli interessi delle due categorie di persone che comunemente impiegano i maggiori capitali e che per la loro ricchezza attraggono la maggior considerazione pubblica165, i mercanti e i possessori di capitali, non hanno la stessa relazione con linteresse generale della societ, di quelli delle classi dei proprietari fondiari e dei lavoratori. Obbiettivo del mercante sempre quello di ampliare il mercato e ridurre la concorrenza, cos da mantenere il saggio di profitto, che
Secondo J. Cropsey Smith, sostituendo il desiderio di migliorare la propria condizione alla paura di una morte violenta, trasform in senso liberale e commerciale il sistema hobbesiano, in Polity and economy. An interpretation of the principles of Adam Smith, Nijhoff, The Hague 1957, p. 72. 163 Cfr. E. PESCIARELLI, La jurisprudence economica di Adam Smith, Giappichelli, Torino 1988, pp. 167-68. 164 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 584. 165 In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 375.
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risulterebbe dalla libera competizione commerciale, al di sopra del livello naturale. Inoltre, mercanti e possessori di capitali hanno una conoscenza del proprio interesse superiore a quella delle altre due categorie ed grazie a questo che essi frequentemente hanno approfittato della generosit del proprietario terriero persuadendolo a rinunciare sia al proprio interesse che a quello del pubblico, coincidenti nel suo caso, in base alla semplicissima ma onesta convinzione che il loro interesse e non il suo fosse linteresse pubblico166. Ci dovrebbe bastare a scoraggiare tutti quegli interpreti che hanno considerato la concezione circa lagire della mano invisibile in un sistema di libert naturale come propedeutica ad una visione idilliaca ed ottimistica del progresso. Il nodo centrale per comprendere i limiti alle possibilit della mano invisibile risiede nella comprensione degli ostacoli oggettivi che impediscono la realizzazione di un sistema di perfetta libert naturale, cio proprio di quel sistema allinterno del quale essa dovrebbe produrre i suoi pi benefici effetti. Esistono, infatti, interessi strutturalmente contrari alla libert naturale, promossi da gruppi di pressione, fazioni, pregiudizi del pubblico, che pongono in primo piano la necessit del ruolo del legislatore167. La figura del legislatore si delinea nel contrasto con quella del politico ordinario: mentre il primo delibera e governa secondo principi generali che sono sempre gli stessi, laltro, astuto e calcolatore, decide secondo le convenienze del momento. La consapevolezza dei principi generali delle leggi e del governo orienta, dunque, il legislatore allattuazione del pi
In A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 375. 167 Per una sintesi sul whiggerismo scettico o scientifico di Smith, cfr. D. FORBES, Sceptical whiggism, commerce and liberty, in Essays on Adam Smith, Oxford Univ. Press, 1975, pp. 179-201.
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generale tra essi, il principio che ha il primato della negativit: quello di giustizia168. Il carattere negativo degli interventi del sovrano si chiarisce in relazione ai suoi compiti istituzionali che sono: la difesa dai nemici esterni della nazione, lesatta amministrazione della giustizia e il dovere di creare e mantenere certe opere pubbliche che non possono essere sostenute dallinteresse di un individuo o di un piccolo numero di individui. Negative, dunque, sono le norme generali di giustizia come negativi sono i principi generali del governo, infatti:
Il sovrano completamente dispensato da un dovere nelladempimento del quale sempre esposto a innumerevoli delusioni e per il giusto adempimento del quale nessuna saggezza o conoscenza umana pu mai essere sufficiente: il dovere di sovrintendere allattivit dei privati, e di dirigerla verso le occupazioni pi idonee allinteresse della societ169.

Il sistema semplice e ovvio di libert naturale, individuato da Smith quale causa della ricchezza delle nazioni, esige, dunque, una politica forte e indipendente dagli interessi mercantili dominanti, animati da spirito di monopolio. Soprattutto questo sembra essere lobbiettivo polemico della riflessione smithiana, lo spirito di monopolio proprio dei padroni dellumanit che amano raccogliere l dove non hanno seminato ed impediscono, complottando con quellinsidioso e astuto animale volgarmente chiamato uomo di stato o politico, che la diffusione della libert riduca i loro profitti e accresca il benessere generale degli uomini. E necessario considerare, prima di concludere, alcune implicazioni di carattere morale che si delineano soprattutto in relazione alla questione della divisione del lavoro. A tale argomento sono dedicati i primi tre capitoli del libro primo della Ricchezza delle nazioni, che sono determinanti per la
Cfr. K. HAAKONSSEN, The science of a legislator. The natural jurisprudence of David Hume and Adam Smith, Cambridge Univ. Press, 1981, p.97. 169 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. BAGIOTTI, UTET, Torino 1975, p. 852.
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comprensione dellopera intera, se vero che nessuno, n prima n dopo Smith, ha mai pensato di attribuirle tanta importanza170. La divisione del lavoro, infatti, sembra essere la sola causa del progresso economico. Essa spiega la maggiore ricchezza di cui dispone anche il membro pi umile della societ civile nei confronti di un principe selvaggio, spiega il progresso tecnologico e linvenzione di tutte le macchine. Inoltre, poich essa dipende dallestensione dei mercati e si sviluppa come una forza completamente impersonale, rende impersonale il progresso stesso:
Questa divisione del lavoro, dalla quale derivano tanti vantaggi, non allorigine, un effetto della saggezza umana che prevede e mira a quel generale benessere cui pi d luogo. E la necessaria, per quanto lenta e graduale, conseguenza di un certo principio o inclinazione della natura umana, che non si propone un cos grande risultato. E questa inclinazione, comune a tutti gli uomini, e non so trova invece in nessunaltra specie di animali: la tendenza a trafficare, a barattare, a cambiare una cosa con laltra 171.

Ci che descrive Smith nelle sue opere, non solo nella Ricchezza delle nazioni, , dunque, il passaggio dal villaggio chiuso della piccola comunit a ci che pi volte nella Teoria dei sentimenti morali egli definisce la Grande societ. Nel villaggio chiuso, dove la divisione del lavoro non molto spinta, tutti si conoscono e, ci che pi conta, ognuno conosce i bisogni dellaltro, il contadino lavora per il fabbro e il fabbro per il contadino. La rottura di un mondo cosiffatto imposta dal mercato, una rottura senza responsabili, oltre ad avviare dibattiti sul giusto prezzo o sul prezzo di libera concorrenza, costrinse Smith, ma anche moralisti a lui precedenti come Mandeville e Hume, a rivedere convinzioni etiche dominanti e a dissipare radicati convincimenti. A Smith dobbiamo lidea che lo scambio commerciale non un gioco a somma zero, in cui il guadagno di uno comporta la perdita di un
Cfr. J. A. SCHUMPETER, Storia dellanalisi economica, edizione ridotta a cura di C. NAPOLEONI, Boringhieri, Torino 1972, p. 109. 171 A. SMITH, La ricchezza delle nazioni. Abbozzo, a cura di V. PARLATO, SE, Milano 1990, pp. 30-31.
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altro, ma unoccasione di guadagno per luno e per laltro, e lidea che in una societ ricca e commerciale il lavoro diventa caro e allo stesso tempo le merci si vendono a buon mercato, e anche che non abbiamo nulla da guadagnare dalla povert dei nostri vicini, perch la loro ricchezza anche la nostra. Ma Smith si rese anche conto che se nelle societ chiuse gli uomini sono affidati gli uni alla benevolenza degli altri, nella Grande societ, quando si dedicano al commercio, gli uomini si rivolgono piuttosto al naturale egoismo di ognuno e non parlano mai delle proprie necessit ma dei vantaggi altrui. Il paradosso che egli rileva che anche chi, come il mendicante, si affida alla benevolenza degli altri, in realt non dipende interamente da essa per la propria sopravvivenza. Laltruismo efficace solo in un piccolo ambito, secondo una gerarchia di affetti che la natura ha provveduto ad organizzare, mentre nella societ della propriet privata, dellaccumulazione dei capitali, di una estesissima e complicata divisione del lavoro, gli obblighi di solidariet tra persone legate fra loro solo indirettamente e, nella maggior parte dei casi, senza che esse stesse lo sappiano, non possono essere interamente assolti dalla benevolenza172. La convinzione smithiana , allora, che il bene pubblico pu essere promosso, con maggior profitto, attraverso le direttive della prudenza. Qui si giustifica lesaltazione smithiana del prudent man, luomo che cerca sempre di capire seriamente e onestamente ci che dice di capire, che sempre sincero, che, sebbene non sempre si distingua per spiccata sensibilit, sempre capace di vera amicizia, insomma, luomo che:

Il punto, quindi, non che Economia ed etica, in questa societ, non si combinano (cfr. L. COLLETTI, Ideologia e societ, Laterza, Bari 1969, p. 291), ma che il mercato ha imposto alletica la propria disciplina razionale.
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Nellassiduit della sua laboriosit e della sua frugalit, nel suo sacrificare assiduamente la comodit e il piacere del momento presente per aspettare un piacere e una comodit ancor pi grandi e pi durevoli in futuro, sempre sostenuto e ricompensato dalla piena approvazione dello spettatore imparziale e dalluomo interiore, che dello spettatore imparziale il rappresentante173.

Luomo idealizzato da Smith, luomo della Grande societ, alla gloria delle nobili azioni e dei grandi slanci romantici preferisce la prudenza che consiglia di non caricarsi di responsabilit non rientranti nei propri doveri e non sostenibili.

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A. SMITH, Teoria dei sentimenti morali, a cura di E. LECALDANO, Rizzoli, 1995, p. 429.

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In queste pagine si cercato di proporre una lettura unitaria del pensiero smithiano, troppo spesso preclusa ai suoi interpreti per la parzialit del punto di vista che essi hanno adottato, o per il limitato interesse, economico o morale, che ne ha animato la considerazione. Si visto che, nonostante si sia occupato nel corso della sua vita di argomenti e temi di indagine tanto diversi, Smith non ha mai abbandonato la concezione secondo cui le istituzioni sociali non sono il portato di singole volont, ma il risultato spontaneo e non consapevole della cooperazione fra innumerevoli individui. Infatti, per quanto privata sia la condotta degli uomini, essa non pu sottrarsi al vincolo sociale che li unisce: la loro impossibilit di far fronte, in modo autonomo, ai propri bisogni e la loro capacit di dare forma giuridica ai rapporti di dipendenza che li legano, si traducono nella realizzazione effettiva di un contesto sociale. La mutua dipendenza, che lega naturalmente gli uomini fra loro, fa s che nessuno possa raggiungere i propri obbiettivi e realizzare i propri progetti senza la mediazione degli altri. In tal modo non possibile perseguire fini individuali senza che

contemporaneamente si perseguano fini pubblici e sociali: le azioni umane raggiungono, infatti, risultati pi ampi di quelli che effettivamente desiderano raggiungere. Se questo lordine che governa lagire umano, se questa la legge che tiene uniti in societ gli uomini, e fa s che la ricerca degli interessi personali produca il bene pubblico, allora la meraviglia che un tale effetto suscita non pu essere superata facendo ricorso ad unimmagine che rappresenti tale ordine come provocato artificialmente e dallesterno, come un intervento risolutore provocato dalla mano invisibile di un dio pagano

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(Giove) che interviene per modificare il corso naturale delle cose. La meraviglia pu essere vinta, e divenire cos ammirazione, solo ricorrendo ad unimmagine che sia simbolo di quello stesso ordine e di quello stesso corso naturale: la mano invisibile che la Provvidenza del Grande artefice della natura, ordine impresso in ogni cosa. La distanza che separa le due immagini abissale: mentre, infatti, la prima un prodotto della mentalit primitiva e deriva da un atteggiamento animistico nei confronti della natura, la seconda un prodotto della mentalit scientifica che cerca le catene nascoste dei fenomeni e sa che, dove si manifesta irregolarit, si solo in presenza del limite della capacit umana di comprensione. Cos, la scienza sociale smithiana vede che, anche se sembra un fenomeno irregolare che i possessori di capitali contribuiscano ad incrementare il benessere collettivo impiegando i capitali di cui dispongono per il proprio profitto privato, lapparente irregolarit pu essere spiegata dal principio delleterogenesi dei fini, che la metafora della mano invisibile rappresenta. Lagire umano, infatti, pu conseguire fini pi ampi di quelli che intenzionalmente persegue, grazie anche alla naturale cecit (deception) degli uomini rispetto ai reali obbiettivi del loro agire. Il meccanismo dei risultati non intenzionali, come stato osservato, viene esteso da Smith, anche senza esplicito riferimento alla mano invisibile, a tutti i fenomeni complessi derivanti dallattivit ma non dalla progettualit umana. In tal modo il discorso scientifico, espressione con cui da intendersi tanto la scienza quanto la filosofia, leffetto non intenzionale della propensione umana a risolvere i problemi e le difficolt della vita: la volont di filosofi e scienziati solo quella di placare la propria

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immaginazione e superare lo stato di incertezza che deriva dallincontro con fenomeni inaspettati e non abituali. Cos facendo, per, essi promuovono un fine non direttamente perseguito, cio lincremento del sapere.

Analogamente avviene per ci che riguarda il linguaggio. Anchesso, infatti, una creazione sociale, e la sua origine, come per tutte le istituzioni umane, non pu essere fatta risalire ad alcun disegno prestabilito, n ad alcuna singola decisione, ma ad uninfinit di relazioni fra singoli. La ricostruzione, proposta da Smith, dellorigine del linguaggio e delle sue regole manifestamente evolutiva: il linguaggio evolve da forme semplici a forme complesse ed elaborate che migliorano le possibilit della comunicazione, attraverso la stratificazione degli sforzi dei singoli parlanti che cooperano alla comprensione reciproca. Anche le lingue, dunque, non si definiscono in rapporto ad una razionalit sistematica, ma in relazione alle capacit di ogni singolo parlante di ovviare alle loro ambiguit. Sul piano della riflessione morale si seguito lemergere di tali concezioni a proposito dellanalisi riguardante la valutazione di s stessi e delle proprie azioni come risultato ultimo e non voluto della eterovalutazione; la coscienza nella Teoria dei sentimenti morali si configura come un prodotto sociale non intenzionale del processo simpatetico. Del resto le stesse regole della moralit si formano insensibilmente tramite il giudizio e losservazione del comportamento altrui. E a tali regole che si deve la nascita di quel senso del dovere che dirige la maggior parte degli uomini nelle loro azioni; in altre parole il senso del dovere un effetto non intenzionale della costituzione delle norme morali e di diritto e, dunque, nelle visione smithiana, le nozioni morali seguono, non precedono, lesperienza morale. Lerrore del

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razionalismo, pi volte sottolineato da parte di Smith, proprio quello di pensare che le determinazioni morali precedano lesperienza e stiano a fondamento delle norme. E stato possibile seguire questo discorso soprattutto a proposito della concezione smithiana della giustizia. La capacit di determinare e distinguere giusto e ingiusto, infatti, non di pertinenza della ragione, bens della passione asociale del risentimento. Il risentimento garantisce il rispetto della giustizia ponendosi come un freno nei confronti delle offese; la giustizia , dunque, una virt negativa la cui realizzazione possibile solo come superamento dellingiustizia. Le istituzioni morali e sociali, che presiedono al mantenimento della giustizia, sono la realizzazione

inconsapevole della cooperazione di innumerevoli individui che definiscono giusto e ingiusto attraverso il processo di valutazione simpatetica animato dal risentimento. A ci segue che lordine della societ garantito non dove esso posto come obbiettivo diretto da conseguire attraverso un piano razionale, ma dal risentimento di ogni uomo nei confronti dellingiustizia e dal senso del demerito che richiama la necessit della punizione. Lantirazionalismo smithiano, di cui leterogenesi dei fini e la mano invisibile sono espressione, si manifesta prepotentemente nel principio delleconomia della natura: lAutore della natura non ha affidato alle limitate capacit razionali umane il compito di scoprire che il mezzo pi adatto, per realizzare una societ giusta, consiste in una certa applicazione delle pene, ma ha dotato gli uomini dellistinto di approvare lapplicazione pi adatta a promuoverla. Riguardo ai fini che la natura privilegia, essa non solo ha dotato il genere umano del desiderio di realizzarli, ma lo ha dotato anche del

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desiderio di servirsi dei mezzi utili a realizzarlo: la fame che ci spinge a nutrirci, non la considerazione razionale della necessit di mangiare per sopravvivere. Sono gli istinti, le passioni e i sentimenti umani, mediati dalla simpatia, a dar vita inconsapevolmente, cio in virt del principio delle conseguenze non intenzionali, alle istituzioni morali giuridiche ed economiche: per tale motivo che esse, nonostante siano espressione del mondo umano e, dunque, storico, sono definite come naturali. Si sottolineato, nelle pagine precedenti, che una tale naturalit delle istituzioni umane porta Smith a considerare la societ come un meccanismo ben congegnato: come gli ingranaggi di un orologio sono tutti regolati per il fine per cui stato costruito, cio segnare le ore, cos gli uomini sono naturalmente dotati dei mezzi necessari alla prosperit sociale. Anzi, se gli ingranaggi dellorologio fossero stati forniti del desiderio di segnare lora, non sarebbero per questo riusciti meglio nel loro intento, cos come gli individui non contribuirebbero maggiormente alla prosperit sociale se mirassero ad essa direttamente. Ed un bene che gli uomini conoscano solo una piccola parte dei fini che le loro azioni contribuiscono a promuovere: in tal modo, infatti, la natura, illudendoli sulla felicit derivante dalle ricchezze e dagli onori, nonch dalla conoscenza, favorisce lindustriosit umana e la prosperit che ne deriva per lumanit intera. Si analizzato, poi, il fondamento dellautorit che, in linea con limpostazione generale seguita, Smith non individua in alcuna volont intenzionale n singola n collettiva, bens nella disposizione degli uomini a condividere tutte le passioni dei ricchi e dei potenti e altres di coloro che

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appartengono a famiglie di lunga tradizione o di coloro che semplicemente si distinguono per superiori capacit fisiche o intellettuali. Allo stesso modo, lorigine del governo viene ricondotta nellambito della concezione evolutiva delle istituzioni sociali: lassetto delle istituzioni civili rappresenta

lespressione politica della soluzione, che la societ ha elaborato, al problema della scarsit. Cos, differenti modi di sussistenza esprimono diversi assetti politico-istituzionali. La teoria dei quattro stadi di sviluppo della societ rende conto dei meccanismi involontari operanti anche sul piano delle strutture giuridiche; il passaggio da modi di sussistenza pi o meno semplici, come quelli basati sulla caccia, ad altri pi articolati e complessi, come quelli fondati sulla pastorizia, avviene grazie alla cooperazione degli uomini, attraverso la divisione del lavoro, che risolve i problemi generati dallincremento demografico e dalla conseguente scarsit dei beni di consumo. La teoria economica di Smith emerge, infine, come si rilevato, dagli stessi presupposti: lintroduzione graduale dellordine e del buon governo nelle campagne, che si instaur sulle ceneri del regime feudale, fu dovuta principalmente al commercio e alle manifatture; il cambiamento nella fisionomia del potere politico che ne segu, segn laffermazione del prudent man sul landlord. Poche concessioni e franchigie da parte dei sovrani dEuropa nei confronti delle citt, loro naturali alleate contro i signori feudali, furono sufficienti a produrre un tale cambiamento. Il libero gioco degli interessi individuali, in un contesto sociale regolato da norme generali di giustizia, si impone, dunque, senza intenzione, come il vero promotore del benessere pubblico. Il sistema di libert naturale,

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sostenuto e garantito dal legislatore, non da uno stato guardiano notturno, fa s che la concorrenza fra i possessori di capitale riduca i profitti a tutto vantaggio dei lavoratori salariati, che sono la maggioranza e, dunque, favorisce la maggiore utilit del maggior numero. E lecito pensare che il successo della dottrina della mano invisibile sia dovuto ai bisogni psicologici di una certa generazione di inglesi che visse in contrasto con i precetti morali su cui era stata educata. Si pu anche considerare lidea, secondo cui la felicit pubblica viene servita al meglio se ognuno persegue i propri vantaggi privati, come una risposta al bisogno di attenuare il senso di colpa sperimentato da borghesi vittoriosi, per troppo tempo esposti ad un codice morale non borghese174. In tal modo, per, ci si preclude lopportunit di comprendere appieno il contributo di Adam Smith alle scienze sociali.

Cfr. A. O. HIRSCHMANN, Felicit privata e felicit pubblica, Il Mulino, Bologna 1983, p. 139.
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