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Apologia del Padiglione: sullidea di nazione alla 54a Biennale di Venezia

Valentina Ravaglia

IL LIBRO NERO DELLA 54 BIENNALE DI VENEZIA

Nel mio saggio Metabiennale di due anni fa, sulla 53a Biennale Arte curata da Daniel Birnbaum con il titolo Fare Mondi, ho discusso il ruolo del concetto di nazione allinterno dellorganismo della Biennale di Venezia, ed evidenziato i modi in cui la mostra centrale e le partecipazioni nazionali mettessero in discussione un principio obsoleto e sempre meno rilevante nel mondo dellarte contemporanea come quello delle identit nazionali legate a confini territoriali e politici. La mostra centrale della 54a Biennale Arte, ILLUMInazioni, tradisce gi dal titolo un diverso linguaggio geopolitico: dopo il globalismo cosmopolita di Birnbaum, la direttrice artistica della Biennale Arte del 2011, Bice Curiger, sceglie di evidenziare il ruolo di rappresentanza che il modello della Biennale di Venezia o meglio, dellEsposizione Internazionale dArte ha ereditato direttamente da quello della fiera mondiale, attraverso la sua tradizionale organizzazione in padiglioni nazionali. Birnbaum era partito dalle tracce e dai simboli delle diverse nazionalit in mostra (ad esempio, lingue e bandiere) per trascenderle nel segno della molteplicit e dellibridit della cultura contemporanea; Bice Curiger sembra invece voler recuperare il valore delle identit locali e del particolarismo, difendendo la funzione dei padiglioni in risposta al diffuso scetticismo espresso nei loro confronti da una parte della critica:
Il termine nazioni di ILLUMInazioni si associa metaforicamente ai recenti sviluppi nellarte in tutto il mondo, dove si formano gruppi di artisti che rappresentano unampia variet di pi piccole e locali attivit e tendenze. Inoltre sono favorevole a una Biennale con i Padiglioni, poich rappresenta unoccasione straordinaria di dialogo tra gli artisti.1

Nel suo saggio in catalogo, la Curiger esprime una chiara posizione polemica:
Lopinione espressa pi volte negli ultimi decenni, secondo la quale la Biennale con i suoi 152

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padiglioni nazionali sia divenuta un anacronismo, d il sospetto che ci sia invece sotto lintenzione di eradicare la storia. Questo perch la Biennale una manifestazione che celebra la pi recente arte contemporanea, e pertanto leterno presente, su uno sfondo storico autoritario.2

Questa definizione di nazione come dato storico, contro la miopia indotta dallo stato di sospensione temporale dellarte contemporanea, presenta un interessante paradosso. La Curiger evita nel suo saggio di fornire definizioni storico-critiche dellidea di nazione; ci dice che larte contemporanea lontana dai costrutti culturalmente conservatori di nazione3, ma procede giustificando la rilevanza dei padiglioni nazionali senza mai mettere realmente in discussione luso di questo termine n approfondire il ruolo di ci che viene interpretato come identit nazionale nella sua lettura storicista della Biennale come istituzione. Un commento accademico sulla storia e sul significato delle partecipazioni nazionali appare in catalogo nel saggio Il Bazar di Venezia di Beat Wyss e Jrg Scheller4, che fornisce una critica del globalismo indifferenziato ed una serie di motivazioni per rivalutare i padiglioni in chiave positiva (difesa delleterogeneit, necessit di una lacaniana fase dello specchio nella formazione della propria identit culturale, materializzazione spaziale della storia della Biennale in quanto mostra internazionale...). Nessuno per (a parte Sila Chanto, artista inclusa nel padiglione dellIILA) menziona Benedict Anderson, che gi nel 1983 aveva definito lidea di nazione come comunit immaginata.5 Per Anderson, la percezione del tempo come presente continuo, aiutata dalla diffusione della stampa e in particolare dei quotidiani, uno degli elementi di una nuova percezione del mondo che, insieme ad una serie di circostanze storiche, hanno contribuito alla formazione dellidea di nazione come unit culturale:
Se le nazioni-Stato sono considerate nuove e storiche, le nazioni a cui danno espressione politica affiorano sempre da un antichissimo passato e, cosa ancora pi importante, scivolano verso un futuro senza limiti. la magia del nazionalismo il trasformare il caso in un destino.6

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Non che la Curiger volesse con ILLUMInazioni inneggiare ad un nuovo nazionalismo culturale, con il padiglione come simbolo di un Volksgeist insulare; al contrario, nel catalogo scrive che la Biennale di Venezia animata oggi da uno spirito che trascende i confini nazionali, in unepoca in cui gli artisti stessi hanno unidentit poliedrica e sono diventati migranti consapevoli e turisti della cultura.7 In questo senso, i padiglioni rappresenterebbero piuttosto uno strumento di riflessione sullidentit.8 Inoltre, in risposta ai moniti dellorganizzazione Human Rights Watch riguardo le condotte discutibili dei governi di alcuni paesi partecipanti, la Curiger sottolinea che il recente passato ha anche dimostrato che le presentazioni artistiche effettuate a Venezia possono fornire una piattaforma proprio a tematiche cui non sarebbe altrimenti facile offrire visibilit.9 Tuttavia tutte le sue tesi apologetiche stridono contro la realt dellistituzione delle partecipazioni nazionali. Proprio perch lorganizzazione di ogni padiglione viene delegata ad enti amministrativi statali dei paesi partecipanti, difficile evitare che particolari interessi politici influenzino la scelta dei commissari e dei curatori; ogni paese responsabile di rappresentare, tra le altre cose, la propria apertura ed indipendenza culturale, e queste coordinate possono variare a seconda dei governi al potere in ognuno di essi. Prendiamo due esempi: il Padiglione Italia e quello della Repubblica Popolare Cinese. Il Padiglione Cina presenta questanno Pervasion, una selezione piuttosto debole di opere incentrate sulla stimolazione sensoriale. Ci che colpisce maggiormente in questa partecipazione nazionale per il silenzio sul caso Ai Weiwei, arrestato allaeroporto di Pechino il 3 Aprile 2011 e detenuto fino al 22 Giugno con capi daccusa pretestuosi, il suo luogo di detenzione tenuto a lungo segreto persino alla sua famiglia. Si tratta di una palese manifestazione della censura e della pressione politica esercitata ancora oggi da parte delle autorit cinesi, infastidite da alcune opere dellartista considerate sovversive e dalle sue indagini sulle vittime del terremoto del Sichuan del 12 Maggio 2008. Unorganizzazione come China Arts and Entertainment Group, responsabile della gestione del Padiglione, non pu rappresentare in modo credibile un paese dalle mille sfaccettature sociali (e pi di 55 minoranze etniche) ma dalla limitata libert di espressione, intrappolato in un sistema politico schizofrenico e perennemente impermeabile al concetto di diritti umani; non
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potr essere veicolo delle idee e della cultura di nessuno finch la sua nomina continuer a dipendere dal Ministero della Cultura di una nazione-Stato in cui artisti ed intellettuali scomodi vengono regolarmente sorvegliati, perseguitati, manganellati, rapiti, incarcerati e torturati. Per quanto riguarda il Padiglione Italia, invece, il fatto che la nomina di Vittorio Sgarbi come curatore sia stata dettata da una mentalit politica clientelare tanto ovvio quanto paradossale il suo Museo della Mafia, trasportato direttamente da Salemi citt sicula di cui sindaco. Sgarbi affida la selezione delle opere a una lunga lista di personalit di riconosciuto prestigio internazionale10, dissimulando cos la propria assoluta incompetenza critica rispetto allincarico affidatogli dal MiBAC con un tono vittimistico e una scusa nazional-popolare. Si lamenta infatti a gran voce di essere stato chiuso fuori dalla Torre dAvorio dei curatori indipendenti, che inserisce scetticamente tra virgolette e descrive in tono sardonico come primari di un ospedale al quale hanno accesso solo i medici e i parenti

Vista dellinterno del Padiglione Italia, Arsenale, 2011.

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dei malati11. Primari metaforici forse, ma almeno non sindaci reali, con la spudoratezza di esibire allinterno di un Padiglione gi allestito in modo cos fragorosamente imbarazzante una Cena di San Giuseppe, ovvero una capannina decorata con sculture di pane tipiche dellartigianato di Salemi, per la gioia della pro-loco e suo elettorato locale. Lunico spiraglio, unidea sinceramente apprezzabile che spicca allinterno dellorrendo macchinario sgarbiano, rappresentato dal Padiglione Accademie, dove sono esposte in maniera assai pi dignitosa (si potrebbe dire pi curata) opere prodotte da studenti di venti Accademie dArte - tutte per rigorosamente collocate sul territorio italiano (a questo proposito si veda il saggio di Alessantra Troncone nel presente volume, p.79). Dubito che il compito di rappresentare il crescente numero di aspiranti artisti italiani emigrati allestero negli ultimi quindici anni, e in generale la complessa rete di connessioni dovuta ai flussi migratori, possa essere svolto in maniera adeguata da una piramide di schermi LCD gettati nel mucchio del Padiglione, collegati in diretta con gli Istituti Italiani di Cultura allestero (gestiti, bene ricordarlo, dal Ministero degli Esteri). Lartista albanese Adrian Paci, ad esempio, vive a Milano dal 1997 ma le sue pi importanti mostre personali si sono tenute finora a Zurigo e a New York, nonch a Shkoder, sua citt natale. Nellevento collaterale I Miss My Enemies, acuta mostra collettiva curata da Oxana Maleeva al Monastero dei Ss. Cosma e Damiano, Paci presente con tre opere sul tema della condizione umana dellessere immigrato, e in particolare del costante senso di dislocamento ed inadeguatezza che la accompagna. Il video Klodi (2005) una toccante storia di espedienti e sogni infranti, narrata in prima persona da un albanese che ha girato il mondo per sfuggire ad una condizione di vita infelice, solo per essere regolarmente espulso e separato dalla propria famiglia. In Believe me I am an artist (2000), invece, Paci stesso che, ripreso da una telecamera a circuito chiuso alla scrivania di una questura, ricostruisce un episodio autobiografico: convocato dalla Polizia di Milano, Paci tenta di convincere un ufficiale che certe incriminanti foto della sua bambina con un timbro doganale duscita dallAlbania sulla pelle fossero state realizzate con intenti artistici (precisamente per lopera Exit, 1999) piuttosto che di abuso su minori. Interrogato sulla validit del suo permesso di soggiorno, Paci si trova a dover giustificare la propria posizione come artista, come padre
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Adrian Paci, due still da Klodi, 2005, DVD, 40.

e come cittadino di fronte agli occhi di chi lo vede chiaramente solo come un albanese. Lopera I cant (2008) consiste in una lettera - firmata Un abbraccio, Silvio Berlusconi - inviata durante lultima campagna elettorale, che invita il Caro Adrian a votare PdL. Su un foglio bianco, incorniciato accanto alla lettera, Paci risponde laconicamente I cant: in quanto extracomunitario, infatti, lartista non pu esprimere un voto riguardo lamministrazione politica del paese in cui vive e lavora con la propria famiglia da quasi quindici anni - quel paese in cui, quando arriv nel 1997, aveva trovato affissa alla porta del proprio palazzo un manifesto della Lega Nord (nel 2008 parte del PdL), con scritto Un voto in pi alla Lega, un albanese in meno a Milano. Molti padiglioni nazionali ed eventi collaterali si sono occupati in maniera esplicita di questioni legate allidea di nazione, di stato, di confini e dappartenenza, probabilmente in risposta al titolo annunciato dalla Direttrice Artistica per questa Biennale. Ma gi da tempo questi temi sono al centro di interventi critici sia nei vari padiglioni nazionali che nelle mostre centrali, e con sempre maggiore insistenza a partire dalla 49a Biennale, curata
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da Harald Szeemann nel 2001 con il titolo Platea dellUmanit. Si pensi in particolare al padiglione dellOlanda del 2007, con il progetto Citizens and Subjects: the Netherlands, for example di Aernout Mik, una critica dellisteria contemporanea per la sicurezza nazionale, oppure allintervento di Santiago Sierra del 2003, lanno della Dittatura dello Spettatore, in cui lartista costru un muro per bloccare parzialmente lingresso al Padiglione della Spagna (Muro Cerrando un Espacio), ne copr la scritta SPAGNA con un telo di plastica (Palabra Tapada) e imped a tutti i visitatori non in possesso di un passaporto spagnolo di visitarne linterno - vuoto. In unintervista con lartista messicana Teresa Margolles, alla domanda sul perch il padiglione fosse stato lasciato vuoto Sierra risponde:
Una nazione in realt non nulla; i paesi non esistono. [] Sono costruzioni politiche, e cosa c allinterno di una costruzione? Qualunque cosa tu ci voglia mettere. E in realt il padiglione non era vuoto: cerano dei detriti rimasti dalle mostre precedenti. Era un atto di rispetto nei confronti della storia di quel luogo.12

ILLUMInazioni sembra una reazione diretta proprio a provocazioni come questa, ma Sierra nel 2003 aveva gi confutato con straordinaria efficacia simbolica ci che la Biennale del 2011 si sforza di sostenere: non c bisogno che i padiglioni continuino a rappresentare entit politiche come le nazioni per mantenere vivo nella memoria lelemento cronologico e geografico che rende la Biennale una stratificazione di storie. Sierra ha dimostrato piuttosto, con letterale ferocia, che le mura di un padiglione possono funzionare ancora oggi come limiti mentali e fisici. La mostra centrale della Curiger, poi, si concentra sui confini storico-artistici, ovvero sulla percezione e sulle definizioni di arte moderna e contemporanea, includendo artisti di generazioni precedenti e persino alcune tele del Tintoretto; eppure ILLUMInazioni non tocca il tema dei confini e dei simboli nazionali se non marginalmente. La grande tela Polizeischwein (1986) di Sigmar Polke si fa beffa dellautorit degli organi di stato ripresentando la foto di una guardia di confine con un maiale da fiuto; il collettivo Norma Jeane presenta un parallelepipedo di plastilina con i colori della bandiera egiziana (Whos
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a sinistra: Santiago Sierra, Palabra Tapada, 2003, plastica e nastro adesivo; Padiglione Spagna, Giardini, 2003. a destra: Sigmar Polke, Polizeischwein, 1986, acrilico su tela, 300 x 225cm..

Afraid of Free Expression?, 2011), che i visitatori sono invitati a manipolare per la durata della mostra; una foresta di aste da bandiera senza bandiera accompagna i visitatori verso il padiglione Centrale nellopera Fantasia (2010) di Latfa Echakhch. Si tratta di opere mordaci, ma che nel complesso non contribuiscono ad una problematizzazione del tema centrale in chiave socio-politica; funzionano piuttosto come truismi o illustrazioni, in una mostra che avrebbe il potenziale di mettere in gioco, anche nellallestimento, implicazioni geografiche, spaziali e culturali ben pi visibili. Laccento si sposta invece sullinterazione, il dialogo e lo scambio creativo nei quattro para-padiglioni, dove alcuni artisti sono chiamati a creare strutture architettoniche come elementi complementari o supplementari ad opere di altri artisti. Presentati come simboli dello spirito apolide del mondo dellarte, i para-padiglioni svolgono unottima funzione
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di modello potenziale per tutti gli altri padiglioni, dimostrando che uno spazio pu partecipare allarticolazione di un discorso narrativo ed ermeneutico in una variet di modi, se attivato attraverso un dialogo culturale attivo, anzich dato per scontato nel proprio ruolo di contenitore. anzi un peccato che lidea non sia stata utilizzata in maniera pi estesa nella mostra centrale ai Giardini e allArsenale: il resto dellallestimento appare piuttosto frammentario, la maggior parte delle opere isolate dal resto, ognuna illuminata dal proprio occhio di bue (metaforico o letterale), cos che un dialogo organico tra le opere appare ben pi limitato rispetto alla fluida narrativa spaziale escogitata da Birnbaum in Fare Mondi. Ho gi scritto di come molti padiglioni nazionali presentati alla 53a Biennale nel 2009 avessero optato per unattitudine autoriflessiva rispetto alla propria funzione di rappresentanza; tra questi, i Paesi Nordici e la Danimarca, che lhanno felicemente messa

a sinistra: Latfa Echakhch, Fantasia, 2010, fibra di vetro e acciaio, ILLUMInazioni, esterno del Padiglione Centrale, Giardini. a destra: Norma Jeane, Whos Afraid of Free Expression?, 2011, plastilina; ILLUMInazioni, Padiglione Centrale, Giardini.

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da parte per dare invece spazio alla selezione transnazionale e multidisciplinare operata dagli artisti/curatori Elmgreen & Dragset in The Collectors. Questanno il Padiglione della Danimarca presenta unaltra mostra collettiva, che non solo trascura confini nazionali e culturali, ma fa dellidea stessa di libert culturale il proprio tema centrale. Il comitato organizzativo danese, con approccio radicale, ha invitato solo curatori stranieri a proporre idee per il padiglione del 2011, dopo aver notato che The Collectors aveva mantenuto tutto sommato una forte componente scandinava.13 La scelta caduta su Katerina Gregos, curatrice greca ma basata a Bruxelles, la cui mostra Speech Matters parte da un tema dattualit particolarmente sentito in Danimarca la libert di parola per metterne in evidenza la dimensione universale, senza per ridurne la complessit filosofica ad una facile retorica liberal. Dopo la polemica sulla raffigurazione satirica del profeta Maometto in una vignetta pubblicata sul quotidiano di Copenhagen JyllandsPosten nel 2005, il dibattito locale sul tema della libert di espressione infatti pi che mai rilevante, sovrapponendosi ad altre delicate questioni politiche, culturali e giuridiche come il multiculturalismo e la tolleranza, lautocensura e il politicamente scorretto. Speech Matters non si limita a descrivere il libero pensiero come un principio inalienabile, ma ne mette in evidenza anche aspetti controversi e paradossali, come riassunto egregiamente nella frase di Orwell che fa da epigrafe alla mostra: Se la parola libert significa qualcosa, il diritto di dire alla gente ci che questa non vuole sentire.14 Oltre alla mostra nel padiglione, che presenta opere di artisti di diverse generazioni dai dissacranti fumetti di Robert Crumb allindagine fotografica di An American Index of the Hidden and Unfamiliar di Taryn Simon (2007); dal surrealismo satirico del film The Garden di Jan vankmajer (1968) alla performance di Lilibeth Cuenca Rasmussen sulla costruzione dei ruoli di genere nella cultura afgana (Afghan Hound, 2011), il padiglione si moltiplica e si estende al di fuori dei suoi limiti fisici, partendo dallaffresco bizantino-postmoderno realizzato da Stelios Faitakis sulla facciata neoclassica delledificio, passando per il Pavilion for Revolutionary Free Speech di Thomas Kilpper (2011), palcoscenico letterale di una serie di eventi e dibattiti allaperto dotato di uno Speakers Corner da cui i visitatori sono invitati ad esprimere il proprio libero pensiero. FOS (Thomas Poulsen) presenta inoltre Osloo, un
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FOS, Osloo, 1999-2011, installazione itinerante, 70mq, parte di Speech Matters, Padiglione Danimarca, 2011.

vero e proprio padiglione galleggiante di 70 mq completo di bar e stazione radiofonica, che esporta lidea della Biennale come piattaforma per la libera espressione al di fuori dei Giardini e attraverso la Laguna. Il padiglione della Polonia presenta invece ...and Europe will be stunned, trilogia filmica in cui lartista israeliana Yael Bartana (ri)costruisce gli eventi chiave dellimmaginario Movimento per il Rinascimento Ebreo in Polonia (Jewish Renaissance Movement in Poland, o JRMiP). Questo gruppo di cittadini israeliani promuove un ritorno alla terra dei propri padri, la Polonia, e la costruzione di un multiculturalismo ideale basato sullidea di convivenza; una sorta di sionismo inverso, che prende per il mitizzato utopismo socialista della prima fase della fondazione di Israele come un esempio da seguire nella costruzione di un futuro diverso per lEuropa, dove i conflitti politici e sociali possano essere superati attraverso un rinnovato senso di comunit. Tuttavia, Bartana non si illude che questo possa mai diventare un obiettivo semplice o persino possibile: nei suoi film le idee del JRMiP sono mostrate come controverse e demagogiche, viste con sospetto da molti polacchi cos come
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da molti israeliani sionisti, e presentate con il linguaggio retorico e visivo della propaganda politica. Per Bartana, questa una rappresentazione universale dellimpossibilit della convivenza,15 il cui scopo di fondo di comprendere le motivazioni di questa impossibilit e i meccanismi che finiscono col distorcere ed esacerbare ogni ideale nel momento in cui esso prende forma nellimmaginario collettivo e nel campo politico (si veda in proposito anche il saggio di Giorgia Cal nel presente volume, pp.117-19). Altri padiglioni presentano uno sguardo obliquo sulla propria funzione di rappresentanza: gli Stati Uniti presentano Gloria, mostra di Jennifer Allora & Guillermo Calzadilla (luna americana, laltro cubano, entrambi basati in Portorico) che accosta diverse forme di simbolismo patriottico e celebrativo attraverso una serie di sculture e performances dal chiaro intento ironico, sebbene presentate in un tono composto e rarefatto. Tutta la mostra si fonda sullincontro inaspettato di elementi incongrui, tra discipline olimpiche e disciplina militare (un atleta fa jogging sui cingoli di un carro armato in Track and Field),

Due opere di Allora & Calzadilla; a sinistra: Algorhythm, 2011, organo a canne, bancomat, computer, 589 x 305 x 150cm; a destra: Body in Flight (American), 2011, legno policromo e ginnasta; Padiglione Stati Uniti, Giardini.

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estetica monumentale (la Libert Armata del Campidoglio di Washington che si fa la lampada in Armed Freedom Lying on a Sunbed) e inni alle transazioni finanziarie (un bancomat funzionante usa i chip delle carte di credito del pubblico per generare musica da un enorme organo a canne in Algorhythm), esercizi di status symbol (due repliche in legno di sedili business class di compagnie aeree statunitensi usate come attrezzi ginnici nelle performances Body in Flight (Delta) e Body in Flight (American)) e simbolismo di Stato (nel video Half Mast/Full Mast dei giovani prestanti fanno la bandiera sullo sfondo dellisola di Vieques in Portorico, fino al 2003 sotto il controllo della Marina statunitense). In I, Impostor Mike Nelson tramuta invece il padiglione britannico in uno dei suoi tipici scenari narrativi sospesi, con una capacit di mimesi ed una cura nei dettagli a dir poco strabilianti. Dai Giardini passiamo allinterno polveroso di una serie di edifici, e persino un cortile allaperto, in ci che sembra essere un caravanserraglio turco; Nelson

Mike Nelson, vista dellinstallazione I, Impostor, 2011, Padiglione Inghilterra, Giardini.

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lascia che siano i visitatori a ricostruirne la storia, osservando gli indizi sparsi in ogni angolo della labirintica installazione, dallatmosfera a tratti claustrofobica e sinistra. Lartista riesce a creare tensione e suspense con una serie di stanze deserte, dove rimangono solo oggetti, odori, luci e temperature cromatiche a fungere da enigmatiche tracce o significanti di eventi mai accaduti. In realt Nelson ha qui ricostruito attraverso fotografie il vero caravanserraglio seicentesco dove aveva realizzato linstallazione Magazin: Byk Valide Han alla Biennale di Istanbul nel 2003; si tratta dunque di una doppia narrativa, dove realt e finzione si confondono in un modo pi che mai stratificato ed indistinguibile. Nelson stabilisce dunque un legame tra Istanbul e Venezia, un tempo vivacissimi snodi commerciali nellasse degli scambi tra Est ed Ovest, e oggi sedi di due delle pi importanti Biennali internazionali darte contemporanea. Anche ignorando questa origine, in effetti mai esplicitata nellopera in modo diretto, I, Impostor rimane unesperienza incredibilmente ricca, se non altro di stimoli allosservazione e di interrogativi, particolarmente produttivi proprio perch perennemente irrisolti. Esemplare anche lintervento della Spagna con LInadeguato, mostra messa letteralmente in scena dallartista Dora Garca. LInadeguato una summa dei vari progetti dellartista incentrati sul ruolo dellAltro, nel suo senso pi ampio: migranti, senzatetto, dissidenti politici, malati mentali, ma anche attori, critici, artisti ed intellettuali radicali o (auto)emarginati. Al centro del padiglione un palco dove ogni giorno vengono reinterpretate istruzioni, improvvisati copioni, raccontate storie e scambiate opinioni, seguendo un ricchissimo programma di eventi lungo tutta la Biennale; intorno ad esso, proiezioni e vetrine con una pletora di oggetti e materiali di lettura sui temi della mostra che funzionano in parte come museo, in parte come biblioteca. In ogni caso, il padiglione si presenta come un luogo dove mettere in discussione la propria percezione dellAltro e di se stessi ed difficile per il visitatore non sentirsi a propria volta inadeguato, isolato, confuso ed osservato, quando viene interrogato in modo diretto dai performers in Real Artists Dont Have Teeth o in Rehearsal/retrospective, e le sue azioni descritte e proiettate in diretta su un maxischermo in Instant Narrative (sul Padiglione Spagna si veda anche il saggio di Maura Favero nel presente volume, pp.38-64).
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Diohandi, Beyond Reform, 2011, vista dellesterno del Padiglione Grecia, Giardini.

Si parlato di conflitti sociali, ed impossibile non parlare di quei paesi che questanno hanno vissuto e stanno ancora vivendo momenti di tensione e di rivolta, dovuta alle misure di austerity imposte dalla crisi economica-finanziaria globale da un lato, e dallaltro alloppressione di regimi autoritari, sempre pi insostenibili in un mondo in cui linformazione e la comunicazione sono armi alla portata di un numero di persone che cresce ogni anno in modo esponenziale. Prendiamo rispettivamente il caso della Grecia e dellEgitto. Il padiglione della Grecia si presenta questanno transennato allinterno di una struttura in legno, la facciata bizantineggiante appena visibile attraverso gli spazi tra le assi. Linterno, lasciato al buio, riempito dacqua come un edificio alluvionato, e il visitatore obbligato a passarvi attraverso camminando su pedane di legno sospese. Lintervento dellartista Diohandi, dal titolo Beyond Reform, fa riferimento alla situazione non solo ambientale, ma soprattutto politica ed economica europea, e in particolare greca, con governi sommersi
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di debiti e costretti a correre ai ripari, ovviamente a scapito delle classi medio-basse che lasciate allo scuro dei meccanismi che hanno portato a questa condizione - vedono limitate le proprie possibilit, tagliati i servizi sociali e infrante le demagogiche promesse delle liberaldemocrazie capitaliste: agi, diritti e libert di consumi. Con nero pessimismo, Diohandi sembra dirci che la situazione ormai oltre ogni possibilit di riparo, quantomeno da parte di questa classe politica, e che non nemmeno possibile, almeno per ora, intravedere delle alternative reali. Ma il padiglione dellEgitto forse il pi attuale, quello che trasmette il senso di urgenza pi reale e drammatico, il coinvolgimento pi diretto di una pratica artistica allinterno di un movimento per un cambiamento politico attraverso lattivismo dal basso. 30 Days of Running in the Place presenta uninstallazione multimediale dellartista Ahmed Basiouny, ucciso il 28 gennaio 2011 da un cecchino, allet di 32 anni, mentre documentava le sommosse popolari iniziate il 25 gennaio che hanno infine portato alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak, da trentanni a capo di un regime militare corrotto e oppressivo. Oltre al progetto per la Biennale, incentrato sulla conversione in immagini dei dati raccolti dalla speciale tuta indossata da Basiouny durante una giornaliera routine di jogging, nel padiglione sono proiettate le riprese di eventi casuali raccolte dallartista nei giorni precedenti alla sua morte, senza editing, crude e pi che mai vere. Nel saggio in catalogo dal titolo Dov Ai Weiwei? (ironicamente assente anche da questo saggio, a parte il titolo), lautore Giovanni Carmine, direttore della Kunsthalle St. Gallen, tira in ballo gli eventi della Primavera Araba a sostegno dellapologia del padiglione della Curiger. Carmine si dichiara cosciente delle problematiche legate al principio di nazionalit:
Certamente non si vuole cos mitizzare un elemento che sia artisticamente sia nella filosofia politica gi stato pi volte criticato e dichiarato obsoleto. Si tratta invece di una mise en abyme tematica []. Non una novit per affermare che lidentit nazionale non pi una chiave di lettura adeguata per capire le complesse strutture sociopolitiche del mondo odierno (e forse una mostra darte non neanche lo strumento pi efficace per farlo).16 167

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Dunque la scelta di questa Biennale stata quella di mantenere il proprio status quo istituzionale - le critiche degli ultimi anni sminuite come fossero un trend tematico passeggero, da non prendere troppo sul serio. Carmine prosegue poi sottolineando come, con un occhio allattualit pi recente (come se larte contemporanea vivesse in una dimensione a s stante, da cui ogni tanto il curatore riemerge per prendere appunti), le proteste politiche in Nord Africa e in Medio Oriente possano essere viste come un fenomeno esemplare per dimostrare che lidea o meglio lideale di nazione [] sia capace ancora oggi di creare movimenti estremamente immaginativi e propositivi17. Le proteste della Primavera Araba avevano per chiaramente ben altre priorit rispetto alla critica del concetto di identit nazionale: esse miravano piuttosto a rovesciare regimi esistenti nel nome della riconquista di una res publica, attraverso lesercizio della sovranit popolare. Il fatto che ciascun episodio di protesta fosse limitato allinterno dei confini esistenti dei singoli stati, e che questa res publica sia stata fatta coincidere con le singole nazioni, una conseguenza pratica di circostanze storiche prima ancora che di motivazioni ideologiche. Queste popolazioni hanno trovato la forza e la motivazione di scendere in piazza ed unirsi anche per mezzo del senso di appartenenza ad una comunit civile senzaltro descritta localmente nel linguaggio di una retorica nazional-popolare. Basiouny stesso ci tiene a far sapere il padiglione egiziano aveva scritto su Facebook poco prima di morire: Se loro vogliono la guerra, noi vogliamo la pace. Sto solo cercando di riconquistare un po della dignit della mia nazione.18 Ma la Biennale non dovrebbe avere scuse per rimanere ancorata al concetto di nazione: in linea di principio, la gran parte della (non)comunit che essa chiamata a rappresentare ha gi internalizzato da tempo la pluralit di idee e di voci che caratterizza la societ contemporanea in generale, e ancor pi distintamente le classi intellettuali e creative. La prima Biennale dellAvana nel 1984 e Documenta 11 nel 2002 hanno rappresentato punti di svolta decisivi nella diffusione di un discorso critico sulle diaspore, sulla condizione post-coloniale, sulla creolizzazione, sulla costruzione dellAltro da parte di critici e curatori attivi nelle scene artistiche nord-occidentali; nessun curatore che si rispetti pu oggi dire di non aver mai sentito parlare di Frantz Fanon, Edward Said, Homi Bhabha o Gayatri
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Chakravorty Spivak. E allinterno stesso del sistema dellarte, la diffusione del modello della biennale internazionale in ogni angolo del globo negli ultimi quindici anni19, cos come la proliferazione delle residenze per artisti, tracciano ogni anno cos tante nuove rotte, flussi, correnti e connessioni da rendere la mappa geopolitica ormai una matassa consunta ed inintelligibile di segni e linee. Tutto questo non pu che rendere il concetto di rappresentanza nazionale come scrive Homi Bhabha, unidea la cui compulsione culturale si fonda sullimpossibile unit della nazione come forza simbolica20 non solo obsoleto, ma risibile e controproducente. A Venezia, laumento esponenziale delle partecipazioni nazionali21 una contingenza dovuta alla struttura tradizionale della Biennale come istituzione non, al contrario, una prova tangibile della sua necessit. Parlare di nazioni ancora, senza dubbio, storicamente e socialmente rilevante; non avrebbe senso ignorarne lesistenza. Difenderne la legittimit come principio curatoriale per un passo indietro, anche solo rispetto alle proposte teoriche e simboliche di Birnbaum di due anni fa. Lenorme vantaggio concesso al mondo dellarte la possibilit di trascendere ogni logica politica, spaziale e legislativa, e per riflettere questo aspetto non c alcun bisogno di demolire i padiglioni: basterebbe invece, come primo passo, smettere di considerarli come residenze estive di Ministeri della Cultura ed altri organi di governo. Se, come spiega Hannah Arendt, noi vediamo i popoli e le comunit politiche riflessi nellimmagine di una famiglia le cui faccende quotidiane devono essere sbrigate da una gigantesca amministrazione domestica su un piano nazionale22, allora giunta lora che le nuove generazioni diventino, una volta per tutte, autonome ed indipendenti.

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NOTE
1. Bice Curiger citata in 54a Esposizione Internazionale DArte - Le Linee Generali, labiennale.org, 20.10.2010. Web: <http://labiennale.org/it/arte/news/illuminazioni.html> (consultato il 22.08.2011). 2. Bice Curiger, ILLUMInazioni, in La Biennale di Venezia: 54a Esposizione Internazionale dArte. ILLUMInazioni, cat., Venezia: Marsilio, 2011, p.43. 3. Ibid. 4. Ibid., pp.112-29. 5. Benedict Anderson, Comunit immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Roma: Manifestolibri, 1996 (orig. Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, London: Verso, 1983). 6. Ibid., pp.23-26. 7. Bice Curiger, op. cit., p.43. 8. Vd. n.1. 9. Bice Curiger, op. cit., p.45. 10. Comunicato stampa: Padiglione Italia alla 54. Esposizione Internazionale dArte della Biennale di Venezia. LArte non Cosa Nostra, pubblicato in versione estesa su Arskey, s.d. Web: <http://www.teknemedia.net/ archivi/2011/6/3/mostra/43981.html>; consultato il 26.08.2011. Alcune di queste personalit, e molti artisti, hanno rifiutato di partecipare. Cfr. anche Francesca Pasini e Giorgio Verzotto, Padiglione Italia. Possibile che sia stato cos difficile dire di no?, Arskey, 13.06.2011. Web: <http://www.teknemedia.net/magazine_detail. html?mId=8661>; consultato il 26.08.2011. 11. Ibid. 12. Santiago Sierra, intervista di Teresa Margolles, in BOMB, n. 86, Brooklyn, NY, inverno 2004 (trad. mia). 13. Christine Buhl Andersen, Preface, in Speech Matters, cat., Milano: Mousse, 2011, pp. 3-4 (trad. mia). 14. Cit. in ibid. 15. Zachta National Gallery of Art, comunicato stampa: POLAND at the 54th International Art Exhibition in Venice, La Biennale Di Venezia, Yael Bartana, ...and Europe Will Be Stunned, 07.04.2011. Web: <http:// labiennale.art.pl/en/exhibition>; consultato il 20.10.2011 (trad. mia). 16. Giovanni Carmine, Dov Ai Weiwei?, in La Biennale di Venezia: 54a Esposizione Internazionale dArte. ILLUMInazioni, op. cit., p.60. 17. Ibid.

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APOLOGIA DEL PADIGLIONE 18. Egitto, in ibid., p.350. 19. Un fenomeno, quello della cosiddetta Biennalizzazione, non certo privo di problemi: laltra faccia della medaglia il turismo culturale mordi-e-fuggi, lasservimento ai meccanismi dei mercati dellarte (non solo occidentali) e lomologazione acritica del gusto. Si veda a riguardo il saggio di Eugenia Battisti nel presente volume, pp.133-50. 20. Homi Bhabha, Introduction: narrating the nation, in H. Bhabha (a cura di), Nation and Narration, London: Routledge, 1990, p.1 (trad. mia). 21. Molte infatti le nazioni che partecipano a questa Biennale per la prima volta in assoluto con un padiglione dedicato (Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh, Haiti) e quelle che ritornano dopo anni di assenza (India, Iraq, Zimbabwe, Sudafrica, Costa Rica e Cuba). 22. Hanna Arendt, Vita Activa. La Condizione Umana, Milano: Bompiani 1964/1991, p. 62 (orig. The Human Condition, Chicago: University of Chicago Press, 1958).

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BIBLIOGRAFIA
Benedict Anderson, Comunit immaginate. Origini e fortuna dei nazionalismi, Roma: Manifestolibri, 1996 (orig. Imagined Communities: Reflections on the Origin and Spread of Nationalism, London: Verso, 1983). Hanna Arendt, Vita Activa. La Condizione Umana, Milano: Bompiani 1964/1991, p.62 (orig. The Human Condition, Chicago: University of Chicago Press, 1958). H. Bhabha (a cura di), Nation and Narration, London: Routledge, 1990. Bice Curiger (a cura di), La Biennale di Venezia: 54a Esposizione Internazionale dArte. ILLUMInazioni, cat., Venezia: Marsilio, 2011. Alexangra Griegos (a cura di), Speech Matters, cat., Milano: Mousse, 2011. Teresa Margolles, Santiago Sierra, intervista, in BOMB, n. 86, Brooklyn, NY, inverno 2004. Francesca Pasini e Giorgio Verzotto, Padiglione Italia. Possibile che sia stato cos difficile dire di no?, Arskey, 13.06.2011. Web: <http://www.teknemedia.net/magazine_detail.html?mId=8661> Zachta National Gallery of Art, comunicato stampa: POLAND at the 54th International Art Exhibition in Venice, La Biennale Di Venezia, Yael Bartana, ...and Europe Will Be Stunned, 07.04.2011. Web: <http://labiennale.art.pl/en/exhibition> (consultato il 20.10.2011) 54a Esposizione Internazionale DArte - Le Linee Generali, labiennale.org, 20 Ottobre 2010. Web: <http://labiennale.org/it/arte/news/illuminazioni.html> (consultato il 22.08.2011). Comunicato stampa: Padiglione Italia alla 54a Esposizione Internazionale dArte della Biennale di Venezia. LArte non Cosa Nostra, pubblicato in versione estesa su Arskey, s.d. Web: <http://www. teknemedia.net/archivi/2011/6/3/mostra/43981.html> (consultato il 26.08.2011). 172

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