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DOSSIER Introduzione

di Giovanna Parodi da Passano


e Alessandra Brivio

S
ommesso e intenso narratore delle pianure della valle Va detto che quello delineato nelle note del diario è un
padana, Gianni Celati è anche autore di un acuto e antropologo se non proprio caricaturale, di certo neppu-
autoironico diario di viaggio e di smarrimenti nell’al- re sfiorato dalla tempesta del decostruzionismo: a tutti i
trove africano: Avventure in Africa (1998). Il libro, scritto costi infatti l’antropologo di Celati vuole trovare riscontri
col passo svelto del racconto quotidiano, è la cronaca di e sul campo prende tutto «come informazione, dato di fat-
una sconclusionata peregrinazione attraverso il Mali, il Se- to, spiegazione concettuale» (p. 66). Se ciò non bastasse,
negal e la Mauritania. Appena sbarcato dall’aereo a Bama- l’antropologo in questione non sembra neanche aver letto
ko, nel Mali, Celati si pone la fatidica domanda di Bruce Goffmann, lontano come è dal considerare il self quale for-
Chatwin “che ci faccio qui?” e da subito rinuncia a capire mula mutevole e dal realizzare che la vita va anche pensata
cosa stia succedendo intorno a lui (pp. 9-10). E anche in come teatro-gioco-recitazione. Gli antropologi, per dirla
seguito, durante tutta la sua permanenza, egli continuerà a ancora con le parole dell’autore di Avventure in Africa,
non riuscire a identificarsi in nessuno dei ruoli assegnati ai «non tengono mai conto di queste recite, né del fatto che
bianchi nel cosiddetto continente nero, un continente che tutti recitiamo per far finta di essere noi stessi» (p. 66).
resta per lui l’Africa elusiva di Michel Leiris. Quanto al turista, se il giudizio di Celati nei confronti della
Celati è consapevole, beninteso, del fatto che la banalità categoria è apparentemente più indulgente, non per que-
turistica è un fenomeno da cui nessuno è totalmente esente sto è meno impietoso. Il turista bianco in Africa viene de-
e dà per scontata pertanto la propria ineluttabile apparte- scritto come un «pallido fantasma che ciondola stranito»
nenza, in una qualche misura, ai «casi esemplari di turismo (pp. 17, 21), uno che quando esce dal suo «campo di con-
africano» (p. 10) – così come del resto assume la propria centrazione», l’albergo, è «destinato a guardare tutto come
totale disappartenenza alla vita che lo circonda – tuttavia da dietro un vetro» (p. 22).
egli non vuole essere prigioniero di un’“ideologia” come Celati finisce per domandarsi se non sarebbe meglio, per
lo sono i turisti (Simonicca 2007, p. 72). “Turista per caso” gli antropologi, arrendersi all’evidenza e cessare di brac-
nell’Africa occidentale, Celati evita di rinchiudersi nella bo- care i sopravvissuti delle civiltà scomparse ridotti ormai a
Yto Barrada, ria del nostro sapere e nell’anestesia della nostra esperienza mere comparse esotiche per consacrarsi a un oggetto di
Vacant lot personale. Lo scrittore Celati rifiuta dunque programmati- studio meno deperibile come appunto sono i turisti, «l’uni-
#3, Avenue camente di “appartenere alla tribù” (la nostra parafrasi di co popolo a cui si può appartenere ormai, in quanto viag-
d’Espagne,
Tangeri,
un titolo del Moravia africano1 è intenzionale) degli intel- giatori o sbandati perpetui» (p. 163).
2007. lettuali d’Occidente contagiati dal mal d’Africa che, armati Ma la di là di questa provocazione, o sotto le descrizioni
Courtesy della loro cultura, viaggiano attraverso quel continente e parzialmente ironiche delle varie tipologie di turisti, ciò che
the artist “capiscono tutto”. Celati non nasconde infatti il suo fasti- risulta del tutto evidente nella narrazione di Celati (senza
dio nei confronti di chi tenta di spiegare l’alterità africana dimenticare le semplificazioni che ogni lettura della com-
a forza di concetti generali. Già insofferente verso i giudizi plessa esperienza turistica impone) è che il solo effettivo
categorici quando percorre da viandante disorientato il de- terreno dell’incontro tra «bianchi visitatori e popolazione
vastato paesaggio post-industriale delle campagne di casa nera» (p. 19) è il campo della contrattazione. A Celati non
nostra (da tempo come noto egli sostiene, alla Wittgen- sfugge certo come la partita fra i turisti bianchi «ricchi,
stein, l’esigenza di dire solo quello che può essere detto),2 potenti, moderni, compratori di tutto» (p. 11) e i nativi che
da straniero in territorio africano Celati osserva l’animato li vedono «come delle vacche da mungere per un senso di
disordine della vita locale con un atteggiamento fra lo scon- giustizia naturale» (p. 21) sia un “gioco ad armi impari”
certato e il curioso e non cessa di rimarcare la necessità di (l’espressione è di Olu Oguibe). I processi di negoziazione
congedarsi dal terreno delle spiegazioni definitive, di sot- fra hosts e guests operano indubbiamente in un quadro di
trarsi ai nostri luoghi comuni. Abbandonato alla deriva del consumo dell’esotismo influenzato dal persistente squi-
mondo africano, egli asseconda più che mai quell’“andare librio di poteri fra mondo africano e mondo occidentale
alla deriva in mezzo a tutto ciò che non capisce”3 che è (ma a Celati non sfugge neppure la strumentalizzazione di
diventato il suo inconfondibile modo di attraversare tanto tale presupposto di disparità da parte dei locali). Tuttavia,
il paesaggio, quanto la pagina scritta. per quanto condizionate da rapporti di forza subiti o ne-
Non a caso, “sul terreno”, due fantasmi perturbano Gianni goziati, e per quanto prevedibili nel loro continuo oscillare
2 Celati: il turista e l’antropologo. tra conflitto e ricomposizione, le contrattazioni di questo
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genere portano ad esiti non necessariamente scontati e identità e potere fra nativi e turisti, ma anche all’interno
fanno emergere le numerose “trasversalità” che nei circuiti delle stesse comunità ospitanti, non è quasi mai assente.
del turismo locali investono le operazioni di costruzione Strettamente intrecciata al filo conduttore del presente
e di manifestazione delle identità. Nonostante infatti una dossier, che si tiene alle due direttrici incrociate del pa-
ripetitività nei rispettivi modi di manipolazione dei codici trimonio e del turismo, la dimensione della negoziazione
dell’altro e nonostante la tendenza da parte di entrambi gli si mostra cruciale se situata nella più ampia prospettiva
schieramenti a definire i propri interlocutori attribuendo che lega il fare e rifare di culture e di luoghi ai processi
loro d’ufficio fisionomia e motivazioni, ogni negoziazione di costruzione locale di identità, tradizioni e autenticità.
è reinterpretazione e come tale ricalca solo in parte un co- Processi che hanno contribuito all’istituzionalizzazione
pione prestabilito. Nel gioco delle parti fra persone venute patrimoniale e turistica delle società africane quali culture
per vivere l’esotico e altre organizzate per venderlo l’eco- “etniche”, “incontaminate” e “originarie”. Negli odierni
nomia si confronta con l’immaginario. Il fatto che nelle contesti africani del turismo la pratica delle negoziazioni
contrattazioni gli attori locali mettano in scena la loro cul- rimanda pertanto a “relazioni di contatto” che, come ri-
tura secondo le nostre aspettative, ma anche secondo i loro corda James Clifford, «non sono mai trasparenti o prive di
desideri e le loro risorse cognitive, cambiando a seconda appropriazione» (2004, p. 38).
delle opportunità e dei contesti, e in più casi adottando Seguendo questa linea di pensiero, gli autori da noi invi-
atteggiamenti alquanto plastici nei confronti delle pretese tati a collaborare a questa pubblicazione non hanno certo
“tradizioni”, non va interpretato come accettazione passiva trascurato nei loro scritti il ruolo della negoziazione dei
o opportunistico adattamento (Lane 1988, p. 66), ma piut- significati e delle identità (con tutte le implicazioni che
tosto come conferma della osservazione che ogni contrat- essa può avere: economiche, politiche, etiche ed estetiche)
tazione “turistica”, oltre ad essere carica di interessi ben all’interno delle dinamiche di appropriazione e di riappro-
reali, è scambio di segni sociali. Aspetto, quest’ultimo, che priazione culturali.
appare con chiarezza nelle incessanti trattative – registrate Presi nell’insieme i contributi, dalle angolature diverse ma
con inalterabile sense of humour in Avventure in Africa – tutte pertinenti, ci pare siano ampiamente riusciti a rag-
fra l’autore o il suo compagno di viaggio e i “venditori indi- giungere il duplice obiettivo che avevamo individuato.
geni” (p. 19). Trattative dove la negoziazione di immagine, Il primo – basandosi su esperienze dirette, sul campo – era

Yto Barrada,
Hotel Ahlen,
Tangeri,
2006.
Courtesy
the artist

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quello di focalizzare la ricerca, attraverso analisi circostan- dell’industria del turismo basato sull’esperienza dell’etnici-
ziate di processi di patrimonializzazione e di valorizza- tà altra. Un mercato le cui logiche neo-coloniali in versione
zione turistica dei beni ambientali e culturali materiali e consumistica (logiche che esigono l’annessione bulimica di
immateriali, su cosa si costruisce e si trasforma all’interno sempre nuovi orizzonti ai sogni e all’economia dell’Occiden-
dell’“inautenticità” turistica, evidenziando in particolare le te) sono assecondate dall’orientamento prevalente in poteri
poste politiche e identitarie del mito dell’“autenticità” per centrali e locali dei paesi del Sud a considerare paesaggi na-
fare emergere il complesso gioco di incastri e di negoziazio- turali e culturali come una risorsa economica da sfruttare.
ni che si manifesta in ogni processo di “turistificazione”. In In quest’ottica vengono utilizzati modelli di gestione/mo-
altre parole, di contribuire in qualche misura alla decostru- difica del territorio mutuati dall’Occidente per rispondere
zione ormai in atto da tempo della dicotomia fra autentici- alle esigenze del turismo di massa che necessita di strutture
tà e artificialità, partendo dal presupposto che, come scrive standardizzate.
Ulf Hannerz (2001, p. 36), «bisogna abbandonare l’idea E anche quando, al contrario, (come nell’approccio “pro-
che il locale sia autonomo, che abbia un’integrità sua pro- tezionistico” adottato in Africa nella gestione della natura
pria, e dire piuttosto invece che esso ha significato come durante il periodo coloniale e post-coloniale con la cre-
arena in cui si riuniscono influenze di vario genere». azione di parchi e aree protette) si “blinda” un’area (di-
Il secondo – ponendosi in questo caso su scala più ampia sconoscendo i tradizionali diritti d’uso sulle riserve delle
– era di tornare ancora una volta, fornendo possibilmente popolazioni locali in più casi costrette allo spostamento)
alcuni elementi di aggiornamento, su temi fondamentali lo si fa in nome di una visione di preservazione di paesaggi
quali le molteplici declinazioni dell’autenticità, la messa in “originari” anch’essa importata dai paesi colonizzatori. Per
scena della memoria e dell’identità e la costruzione dei sen- “decostruire” la nostra idea di Africa come terra di paesag-
timenti di appartenenza – a un luogo, a un territorio, a una gi fisici e umani incontaminati basterebbe infatti la consi-
cultura. Interrogandosi quindi innanzitutto sul significato derazione di quanto poco in genere abbia a che vedere con
stesso di patrimonio in contesti non occidentali. i vissuti locali la messa in scena di “autenticità preservata”
Che cosa infatti si può definire patrimonio in culture altre (che al meglio è ricostruzione in dimensione folklorica di
da quella europea occidentale (unica ad aver elaborato la identità e specificità culturali) in grado di corrispondere al
nozione universalistica di “patrimonio culturale”)? I luo- bagaglio di percezione dei turisti.
ghi di memoria, i monumenti, le architetture, le feste, i se- Nondimeno, il fatto che in genere le società ospitanti, in-
gni, le immagini, gli oggetti rappresentativi di quale storia? vase ieri da coloni e oggi da turisti, mostrino atteggiamenti
Quali forme di arte e di produzione artigianale (“tradizio- ambivalenti nei confronti dell’occidentalizzazione, non di
nali”, contemporanee)? rado rivelandosi capaci di creatività culturale nella loro
La grande tematica, su cui convergono turismo e antropo- costruzione di un’interfaccia con le “orde” degli ospita-
logia, della costruzione del patrimonio (artistico, paesag- ti, impegna la riflessione antropologica a non sottovalu-
gistico, umano) – con tutti i processi che tale costruzione tare egemonie e resistenze, specie in contesti colonizzati
mette in gioco, dalla produzione di autenticità, tradizio- nell’economia e nell’immaginario.
nalismo e localismo, alla ricostruzione dell’etnicità, alla La rifunzionalizzazione della tradizione e la messa in scena
risemantizzazione del passato, e così via – è al cuore del della memoria – negli attuali contesti di crescente com-
pensiero critico contemporaneo interno agli studi cultu- mercializzazione delle culture “esotiche” legata al consu-
rali. Ad essa si lega strettamente l’altrettanto ampiamente mo turistico di luoghi, narrazioni e identità – porta a una
dibattuta problematica della commercializzazione della continua rivisitazione della storia e dell’antropologia nelle
cultura e dell’heritage. politiche comunicative locali. Tali strategie di valorizzazio-
Data la complessità delle poste in gioco la questione del ne del proprio heritage costituiscono un campo privilegia-
patrimonio e del rapporto fra identità, memoria (o meglio, to ai fini dello studio delle trasformazioni, ridefinizioni e
memorie spesso contrastanti e incompatibili) e patrimonio, rinegoziazioni identitarie.
è nevralgica nelle società ex-colonizzate fino a ieri oggetto L’irrisolta querelle su costi e ricavi del turismo di massa
di ricerca dell’etnologia tradizionale e oggi meta del turi- (fattore di sviluppo e fonte di ricchezza per paesi in diffi-
smo esotico. coltà da un lato, motore di una mercificazione consumisti-
Non si deve infatti dimenticare da un lato la funzione im- ca distruttiva per l’ambiente, non meno che per la cultura
portante che lo sguardo coloniale ha avuto sia nella for- e il tessuto sociale, dall’altro) si presenta in tutte le regioni
mazione dell’identità del colonizzatore e del colonizzato, del Terzo mondo in via di modernizzazione.
sia nella nascita del turismo verso le aree extra-europee (in In Africa tuttavia il dibattito antropologico su turismo e
Africa il turismo viene “inventato” dai bianchi nella secon- patrimonio assume un rilievo particolare per almeno tre
da metà dell’Ottocento sull’onda delle spedizioni colonia- motivi.
li), sia nel consolidarsi nell’immagine dei media dell’idea Per prima cosa, dato che il fenomeno del dominio coloniale
dei territori esotici come realtà ferme nel tempo. e neocoloniale nel caso dell’Africa ha interessato, se pur con
Né va trascurato, dall’altro, il peso degli interessi economi- modalità diverse, la totalità del continente, l’interazione sul
ci e turistici globali (che non necessariamente coincidono territorio fra politici locali, chi controlla i capitali (prevalen-
con gli interessi delle popolazioni locali) sulle politiche pa- temente stranieri) e l’immaginario “costruito” che sottende
trimoniali dei paesi meta di vacanze esotiche, paesi per- all’azione dei primi due, emerge in tutta la sua complessità.
lopiù arretrati le cui fragili economie finiscono per essere Nel valutare il senso e l’impatto che il fenomeno turistico
assai dipendenti dal turismo. può avere, oltre a prendere in considerazione le ricadute
È indubbio che a rendere incerta la prospettiva sul desti- economiche e sociali, dobbiamo anche confrontarci con
no dei patrimoni ambientali e culturali di molti “scenari questo carico di rappresentazioni che nel passato hanno 5
esotici” contribuisce in maniera non irrilevante l’invasività fatto del continente africano un “continente immobile” AeM 65-66 aprile 09
ad uso e consumo del sistema imperialista e colonialista, e mata da Alessandro Simonicca (2006, p. 35) fra «un’auten-
che mostrano nel presente una persistente facoltà di agire ticità fredda», tipica dei costruttori istituzionali di immagi-
e sugli immaginari occidentali e sulle dinamiche africane ni, e «un’autenticità calda», operata all’interno dei siti da
di ritradizionalizzazione. Il turismo in Africa, soprattutto parte dei residenti. Legata quest’ultima al sempre più forte
quello che si focalizza sulle risorse culturali ed etniche, è desiderio locale di riappropriarsi delle forme religiose, del-
la continuazione di un discorso che non ha mai smesso di la musica, della danza e dell’arte in genere e pensarle come
produrre fantasmi e fraintendimenti, barriere e gerarchie. patrimonio da conservare e “rivendere” fuori dall’Africa o
La seconda ragione è attinente alla prima. La patrimonia- alle varie comunità di turisti che visitano il continente.
lizzazione si afferma in terra d’Africa attraverso sguardi La terza ma non ultima ragione consiste nel fatto che l’Afri-
e intenzioni straniere. Gli eventi che hanno consentito ca, un mondo «saturo dell’immaginario planetario» (Am-
alle società africane il riconoscimento internazionale del selle 2001, p. 14) nel quale le tradizionali destinazioni del
proprio patrimonio locale (fatto che ha permesso l’avvio turismo di massa continuano a registrare - nonostante la
dello sviluppo turistico) vanno quindi letti nell’ambito di diffusa instabilità politica e sociale, e nonostante i dati di
un processo di contaminazione culturale e tale lettura fa una contrazione dei flussi turistici in più aree del continente
emergere rapporti di forza e condizionamenti del potere - un rilevante afflusso di visitatori, resta anche la terra nella
affioranti nello stesso censimento delle risorse locali e nella quale maggiormente sono concentrati i paesi più poveri del
loro utilizzazione a fini di valorizzazione e/o di reddito. mondo. Oggi, pur nella diversità dei contesti e nell’ambito
Alla luce del già menzionato fatto che, nel caso dell’Africa, di storie e istituzioni assai diverse di luogo in luogo (l’Africa
secoli di contatti con gli europei e decenni di colonizzazio- presenta una grande varietà di situazioni dal punto di vista
ne avevano già costretto le popolazioni locali a ripensare il dell’attività turistica), le fondamentali domande sul ruolo
loro legame con la memoria e con l’identità e considerando dell’industria turistica in rapporto alla definizione del pa-
che, più in generale, nelle questioni inerenti al patrimo- trimonio culturale, all’uso di tale definizione ai fini di mo-
nio ambientale e culturale si riflettono le tensioni prodotte dellare il territorio, alle modalità di tutela e rielaborazione
dall’incrociarsi di rappresentazioni e memorie stratificate del patrimonio, si pongono in tutto il continente.
e contraddittorie, così come di aspettative e interessi di- Per quanto sviluppati sotto vesti diverse e animati da dif-
versi e conflittuali, non c’è da stupirsi del ruolo rilevante ferenti filosofie, i modelli di turismo proposti portano ine-
che tuttora sembra giocare l’immaginario coloniale (molto vitabilmente con sé un carico di contraddizioni. Il turismo
presente va sottolineato in chi guida gli investimenti psi- di massa è un fenomeno che agisce come un rivelatore dei
cologici ed economici del turismo esotico) nelle politiche paradossi e delle crudeltà del mondo in cui viviamo e che,
del consumo turistico regionali e locali africane e nella co- per dirla con Abdelwahab Bouhdiba, «inietta il comporta-
struzione degli heritage. Politiche che, comunque vengano mento di una società del superfluo all’interno di una socie-
impostate, si trovano per forza di cose a relazionarsi con tà del bisogno».
il bagaglio di stereotipi e di pregiudizi che alimentano il Il che non aiuta certo a risolvere gli squilibri e le inquie-
mercato occidentale del viaggio e dell’evasione nella “pri- tudini sociali ed economiche che continuano a turbare
mordialità” e nella “autenticità” africane. l’Africa. Gli africani di oggi vogliono approfittare della
I governi locali sembrerebbero peraltro assecondare in ge- mondializzazione, del consumismo, aspirano insomma a
nere le immagini che l’Occidente ha prodotto, come tanti una modernità, e la loro aspirazione si traduce nel desi-
processi di patrimonializzazione e museificazione continua- derio di accedere a un mondo di privilegi da cui hanno
no a testimoniare. Basti pensare alla pressoché generale ado- spesso la convinzione, per i motivi più diversi, di essere
zione da parte degli stati africani di strategie neocoloniali stati esclusi. Le barriere e le frontiere, sia interne al con-
di valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale tinente sia esterne, sono le nuove forme di esclusione di
(dalle varie operazioni di costruzione dell’autenticità e del un’umanità che preme per avere ciò che a priori le è pre-
pittoresco, ai processi di esteticizzazione e di esoticizzazione cluso. La dimensione da analizzare, come suggerisce Fer-
del paesaggio e della vita locale). Tali strategie importate, guson (2005), è quindi quella spaziale. Gli “emarginati”
finalizzate alla massimizzazione del richiamo turistico e stru- non attendono un futuro migliore, ma si spostano nello
mentali alle logiche dello sfruttamento post-coloniale (Rami spazio per cercarlo, anche quando il progetto è ad alto
Ceci 2005, p. 43 e 58-59), finiscono anche per modificare rischio e la possibilità di successo infinitesimale. Gli stessi
il modo di autopercepirsi delle comunità locali favorendo luoghi infatti che rappresentano scenografie edeniche per
processi di riappropriazioni e riclassificazioni identitarie. i turisti provenienti dal Nord del mondo sono spesso vis-
Sotto questa prospettiva possiamo intravedere nel fenome- suti come inferni dai nativi, luoghi da cui scappare verso
no turistico, oltre all’assimilazione di un linguaggio egemo- i paradisi dell’Occidente. Lo spostamento rappresenta
ne, anche la capacità da parte degli attori locali di utilizzare una forma di asimmetria, che il turismo e la migrazione
a proprio vantaggio le parole chiave del vocabolario degli mettono chiaramente in luce. Il “bianco” deve, oltre a
occidentali “a caccia di avventure” nell’alterità africana, pa- incarnare la categoria alla quale è assegnato, spiegare per-
role quali “tradizione”, “esotico”, “primitivo”. Da cacciato- ché è potuto arrivare in Africa con i documenti in regola
re a preda, il turista bianco (viaggiatore o mercante che sia) e dopo un viaggio confortevole mentre i giovani africani
nella sua costante ricerca di arti e rituali “tribali” è ingab- devono confrontarsi con barriere sempre più alte che li
biato nelle costruzioni che lui stesso, nel corso della storia, vorrebbero tener fermi in un luogo, in un paese o almeno
ha contribuito a realizzare, e come tale diventa vittima desi- all’interno del loro continente.
gnata di raggiri (si pensi alla falsificazione delle opere d’arte La stridente coesistenza dei due movimenti inversi dei mi-
o al coinvolgimento dei “bianchi” in rituali esoterici). granti e dei turisti trova un’eco e una denuncia nel campo
Va inoltre evidenziato che nei contesti africani del turismo dell’arte.
6 è ben presente la sovrapposizione-contrapposizione richia- Interprete del nostro tempo e come tale aperta a qualsia-
Yto Barrada,
Fields of irises,
Tangeri 2007.
Courtesy
the artist

si interferenza e influenza, e al contempo particolarmen- a Tangeri – avrebbe potuto garantirci una resa migliore del
te sensibile ai temi dell’appartenenza, della storia locale, fatto che il turismo, così come in genere si sviluppa nei pa-
della contraddittoria e ambigua memoria dei luoghi, della esi del Sud del mondo, non è soltanto l’incontro di indivi-
mercificazione della cultura, dell’asservimento dell’imma- dui appartenenti a differenti comunità e dei loro rispettivi
ginario – tutti temi che si misurano con gli effetti della ri- desideri, scopi e pratiche, ma è anche, inevitabilmente, le
caduta sui diversi scenari africani delle pratiche occidentali nuove forme culturali e le scelte che scaturiscono da questi
di patrimonializzazione – una nuova generazione di artisti incontri? Scelte che a Tangeri negli ultimi anni hanno spin-
africani, attenta alla storia e all’attualità dei propri paesi, to un processo di esteticizzazione che porta a sua volta ad
testimonia dell’attuale interazione creativa fra centro e pe- ulteriori scelte e pratiche (Tucker 2003, p. 1).
riferia. Lontani dagli stereotipi turistici e integrati nella rete L’iris della Barrada – fiore autoctono dei terrains vagues di
globale della creazione contemporanea, per quanto ancora Tangeri che sta scomparendo a causa degli innumerevoli
costretti a confrontarsi con le Afriche fantasma dei musei cantieri che, per “sviluppare” la città, sventrano con in-
di etnologia, gli artisti africani (che spaziano dal disegno discriminata violenza il territorio – diventa un durissimo
alla pittura, alla scultura, all’installazione, al video, alla fo- attacco all’attuale politica del turismo del governo maroc-
tografia, alla performance) propongono in più casi un’arte chino. Politica che disinvoltamente forza strutture e ca-
molto politica, destinata a suscitare dibattiti in quanto tesa ratteristiche dei luoghi per allestirvi attività di sostegno al
a sottolineare le contraddizioni del presente e capace di turismo che possano essere realizzate in tempi brevi, e che
interagire con esso. per costruire giganteschi complessi turistici e residenziali
La loro ricerca estetica si spinge talvolta più in là delle in- interviene in maniera scriteriata nella modifica del pae-
terpretazioni di antropologi, sociologi e critici nel catturare saggio locale. Si elimina così ciò che nel corso del tempo
i fermenti e le idee emergenti nei loro mondi, e per tanto le ha assunto un significato di rilievo per la collettività met-
loro opere più significative sono illuminanti per far conosce- tendo anche a rischio modi secolari di vita, e si sta distrug-
re, far capire e far sentire che cosa oggi l’Africa pensa di sé. gendo una biodiversità unica per rimpiazzarla con palme
Quale immagine ad esempio più della struggente opera sul lungomare e gerani rossi in perenne fioritura secondo
Iris Tingitana. La botanica del potere realizzata dall’artista un modello di parco standardizzato e importato da fuori.
franco-marocchina Yto Barrada per la Biennale di Vene- Scrive la Barrada per presentare questo suo lavoro:
zia del 2007 – opera composta da una serie di fotografie
accompagnate da uno scritto e in cui la botanica è usata Di solito, i fiori sono considerati poetici. Qui, sono 7
come denuncia della rovinosa speculazione edilizia in atto diventati politica. AeM 65-66 aprile 09
Da dieci anni a questa parte, a Tangeri e tutto intor- Bibliografia
no, i campi, i mercati, le foreste un tempo protette, le J.L. Amselle, Connessioni. Antropologia dell’universalità
spiagge e gli edifici storici, sono lasciati in balia dei delle culture, Bollati Boringhieri, Torino 2001; ed. or. Bran-
promotori turistici, degli imprenditori e degli agenti chements. Antropologie de l’universalité des cultures, Flam-
immobiliari. Si vuole produrre nel più breve tempo marion, Paris 2001
possibile un clone della Costa del Sol spagnola, meta J. Clifford, Ai margini dell’antropologia. Interviste, Mel-
del turismo vacanziero di massa. temi, Roma 2004; ed. or. On the Edges of Anthropology,
Nel gennaio scorso gli iris selvatici, già minacciati di Prickly Paradgm Press LLC, Chicago 2003
estinzione sono spuntati tra ruspe che caracollavano G. Celati, Avventure in Africa, Feltrinelli, Milano 1998
in lottizzazioni fantasma e in cantieri ingombri di F. James, Decomposing modernity: history and hierarchy af-
macerie, in mezzo a praterie in cui fioriscono anco- ter development, in A. Loomba, S. Kaul, M. Bunzl, A. Bur-
ra centinaia di specie autoctone, essendo la penisola ton e J. Esty (a cura di), Postcolonial Studies and Beyond,
tingitana la regione a più alta biodiversità di tutto il Duke University Press, 2005
Mediterraneo. U. Hannerz, La diversità culturale, Il Mulino, Bologna
I fiori potrebbero essere i proverbiali canarini nella 2001; ed. or. Transnational Connections. Culture, People,
miniera di carbone. Lo scopo, più o meno consapevo- Places, Routledge, London-New York 1996
le, delle autorità è di confezionare un Marocco nuovo, P.J. Lane, Tourism and Social Change among the Dogon, Af-
lindo, adatto al mercato globale, in cui le sole specie rican Arts, Vol. XXI (4), 1988, pp. 66-69 e 92
autoctone da mostrare al pubblico siano quelle con- A. Moravia, A quale tribù appartieni?, Bompiani, Milano
sacrate dalla modernità, o addomesticate entro una 1972
cornice folcloristica. L. Rami Ceci (a cura di), Turismo e sostenibilità. Risorse
La domanda è: nella nuova Tangeri ci sarà spazio per i locali e promozione turistica come valore, Armando editore,
fiori selvatici, per i mercati scoperti, per chi ha voglia Roma 2005
di fare la siesta in un prato?… A. Simonicca, Viaggi e comunità. Prospettive antropologi-
Esisteranno ancora quei luoghi abbandonati, margi- che, Meltemi, Roma 2006
nali, insperati che costituiscono un “patrimonio invi- A. Simonicca, Turismo fra discorso, narrativa e potere, in M.
sibile”? Aime (a cura di), Antropologia del turismo, in «La ricerca
folklorica», n. 56, 2007, pp. 7-29
Rispondere all’angoscioso interrogativo sollevato dall’arti- R. Tafersiti, Tanger 1999-2003. Chroniques d’une transition,
sta non sembra oggi cura prioritaria per le autorità locali: Edition Zarouila, Tanger 2004
nella nuova Tangeri ci si prepara ad accogliere grandio- H. Tucker, Living with Tourism, Routledge, London and
samente ipotetiche migliaia di turisti stranieri mossi “dal New York 2003
desiderio d’Oriente”. Al contrario, le effettive migliaia di
deprivati che, spinti dal “desiderio d’Occidente”, sono Note
confluiti in questi ultimi anni nella “mitica” – “ma mitica 1 - A partire dal 1963 per anni Moravia ha intrapreso lunghi viaggi
per chi?” si domanda Mohamed Choukri e, con lui, Rachid in Africa. L’esperienza africana dapprima riportata nei suoi articoli
Tafersiti (Tafersiti 2004, p. 89) – città bianca della spon- sulla terza pagina del Corriere della Sera è poi confluita nei volumi A
da africana dello stretto di Gibilterra possono uscirne con quale tribù appartieni? (1972), Lettere dal Sahara (1981), Passeggiate
sempre maggiore difficoltà (dato che, dopo gli accordi di africane (1987).
Yto Barrada, Schengen, lo stretto braccio di mare che divide il Marocco 2 - Nei “Nuovi preamboli” del 1986 alle sue ormai celebri Finzioni
Vacant lot dalla Spagna è diventato un muro pressoché invalicabile). occidentali Celati parla dei cinque saggi che compongono il volume
#2, Rue de (apparso in prima edizione nel 1975) come di un tentativo sistemati-
Fes, Tangeri,
2007.
Giovanna Parodi da Passano è docente presso l’Universi- co di abbandono della sindrome razionalistica occidentale e del suo
Courtesy tà di Genova di “Etnologia e Antropologia del Turismo” “delirio di consapevolezza”.
the artist nel corso di laurea triennale in “Scienze geografiche per il 3 - La frase di Gianni Celati è citata in Alfredo Giuliani, Celati con-
territorio, il turismo ed il paesaggio culturale”, e di “Cul- trabbandiere d’immagini, in «la Repubblica», 5 maggio 1989.
ture ed estetica dell’Africa” nel corso di laurea magistrale
in “Antropologia culturale ed Etnologia”. Africanista di
formazione, attualmente si occupa dei culti legati ad as-
sociazioni di maschere e di estetica della rappresentazione
nello spazio culturale yoruba sudoccidentale; della muse-
T ourism is a subject of interest for anthropology
as it touches on important issues and concepts
such as authenticity, modernity, ethnicity, identity,
alizzazione di oggetti e memorie inerenti ai culti afro-cu- memory, and the invention of tradition – which are
bani a Cuba (ha in corso una collaborazione con il Museo components of social changes and the focus of both
Municipale di Guanabacoa, l’Avana); di street art, moda e anthropology and cultural studies. In Africa heritage
design in Africa politics used to be a product of the hegemonic colonial
experience, which involved the entire continent, and
Alessandra Brivio si è dottorata in antropologia presso it changed both the colonized and the colonizers.
l’Università di Milano Bicocca, sotto la direzione di Alice Today’s tourism is marked by important economic
Bellagamba. Svolge ricerca in Togo, Benin e Ghana su temi interests that can orientate the heritage politics of
correlati alla religione “tradizionale”. Tra il 2002 e il 2004 “exotic” countries (sometimes even in contrast with
ha collaborato all’ideazione e messa in opera dell’esposi- local interests) and influences local economies and
zione Euhé-Ouachi: un’estetica del disordine con G. Parodi environment policies.
8 da Passano e il CSAA di Milano
9
AeM 65-66 aprile 09

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