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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI NAPOLI LORIENTALE DIPARTIMENTO DI STUDI ASIATICI ISTITUTO ITALIANO PER LAFRICA E LORIENTE ROMA

Series Minor LXV

STUDI IN ONORE DI UMBERTO SCERRATO PER IL SUO SETTANTACINQUESIMO COMPLEANNO

a cura di

Maria Vittoria Fontana & Bruno Genito

Volume II

Napoli 2003

INDICE

I
INDICE TABULA GRATULATORIA PREMESSA (M.V. Fontana & B. Genito) PRESENTAZIONE (Gherardo Gnoli) Bianca Maria ALFIERI Sabina ANTONINI Alessandra BAGNERA Michele BERNARDINI Carlo BERTELLI Graziella BERTI Un codice tardo-moghul dellAccademia Nazionale dei Lincei Bant d. Figurative Motifs in South-Arabian Temples I bagni di Cefal Diana: nuovi dati archeologici e questioni aperte Un mongolo nella Crocifissione trecentesca del Sacro Speco di Subiaco Il Cairo di Gentile Bellini I bacini islamici del Museo Nazionale di San Matteo Pisa: ventanni dopo la pubblicazione del corpus Some Notes on the So-Called Temple of the Fratarakas at Persepolis A guastada with Images of the Zodiac Frammenti cinesi da Hormuz: una rilettura Le croci di San Tommaso e la letteratura cristiana in lingue medioiraniche Il cratere, il dinos e il lebete. Strategie elitarie della cremazione nel VI secolo in Campania V IX XI XV 1 17 35 77 105 121

Pierfrancesco CALLIERI Stefano CARBONI Lucia CATERINA Carlo Giovanni CERETI Bruno DAGOSTINO

153 167 181 193 207

XXII
Franco DAGOSTINO & Lorenzo VERDERAME Franco DANGELO Maria Amalia DE LUCA Alessandro DE MAIGRET A Text on Silver Rings from Ur Alcuni aspetti dei pesi monetali islamici in vetro Reperti inediti con iscrizioni in arabo rinvenuti nel sito archeologico di Milena: i sigilli e le monete Alla riscoperta di Tamna, antica capitale dellArabia del Sud. Risultati di quattro anni di scavi italo-francesi (1999-2002) On a Hitherto Sole Gandharan Relief Depicting the Valhassa Jtaka I bronzi bianchi nelle collezioni islamiche del Museo nazionale darte orientale Due imprese non realizzate: 1953, in Occidente The Tree Hares from Br-Ko-Ghwaai Il sagittario, leclissi e il ghepardo Lintervista a Buddhaplita nel 677 o allinizio del 678 Della possibile, pacifica, convivenza. Ebrei, musulmani e cristiani nella Puglia del IX secolo Una nuova iscrizione libica dallAlgeria Al di l dei confini degli imperi iranici e oltre... 219 225 231 259

Giuseppe DE MARCO Gabriella DI FLUMERI Domenico FACCENNA Anna FILIGENZI Maria Vittoria FONTANA Antonino FORTE Eugenio GALDIERI Giovanni GARBINI Bruno GENITO

271 295 317 327 347 369 385 397 403 431

Erminia GENTILE ORTONA Tradizione persiana e influenze occidentali nellarte di Abl-asan n affr San al-Mulk. Qualche considerazione sugli anni di formazione TAVOLE

II
INDICE Roberta GIUNTA Ernst J. GRUBE Antonio INVERNIZZI Un texte de construction dpoque ride azn An Unidentified Ceremony Il viaggio di Johann Christoph Tayfel in Turchia e in Persia (1587-1591) XXI 439 457 465

XXIII
Anatol A. IVANOV Michael JUNG Bronze Cauldron with the Name of Ma|md ibn ...al-asan (?) al-Qazwn Breve disamina delle ricerche sullarte rupestre in Afghanistan con una nota sui graffiti della valle di Lamn Una scena di caccia dalla necropoli di Kopeny (Minusinsk) Un altro frammento dellaljuba dellinfante Felipe 479 485

Alessandra C. LAVAGNINO Niu Jie e i musulmani di Pechino, oggi Ciro LO MUZIO Gabriella MANNA

503 519 539 547 565 573 593 609 629 635 641 657 669 681 701

Maria Antonietta MARINO Su alcuni specchi in bronzo del Museo di Arte Islamica del Cairo Donatella MAZZEO Ruggero MORICHI Luca M. OLIVIERI Valentino PACE Paolo E. PECORELLA Angelo M. PIEMONTESE Anna Maria QUAGLIOTTI Rocco RANTE Fiorella RISPOLI Adriano Valerio ROSSI Martina RUGIADI Il contributo di Umberto Scerrato alla formazione delle collezioni del Museo nazionale darte orientale Rilievo e disegno dellarchitettura antica La fase di occupazione islamica del colle di Brko le evidenze dalla ricognizione e dello scavo Fra lIslam e lOccidente: il mistero degli olifanti Una nota sugli Accadi a Tell Barri Madrasa Il Buddha che insegna la legge: una stele raffigurante una terra pura Su uninterpretazione cosmologica di una scultura conservata nel Museo Nazionale di Tehran I levigatoi/skin-rubbers della valle del Chao Phraya (Thailandia centrale) Archeologia, storia e filologia a Susa La ceramica di qalat om: vasellame di lusso e di uso comune, il contesto storico e le funzioni della cittadella islamica Spunti per una definizione dei sistemi di relazione tra lIran orientale e lAsia Centrale meridionale. I flaconi per cosmetici in clorite: distribuzione e variabilit Ipotesi meneghina per lo scialle di Sabina

Sandro SALVATORI

721

Gianroberto SCARCIA

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XXII
Biancamaria SCARCIA AMORETTI Ilaria E. SCERRATO Chiara SILVI ANTONINI Eleanor SIMS Alessandro TADDEI Sebastiano TUSA A proposito dellalbero benedetto e del suo olio Motivi convenzionali e figure naturalistiche: note su alcuni oggetti lignei kafiri Il motivo dellanimale in cerchio nellarte delle steppe Images and Their Afterlives: Four Safavid Reception-Scenes in the ihil Sutn Decorazioni a squame con piuma di pavone in alcuni mosaici parietali di Tessalonica Cenni di storia ed archeologia sulla lunga durata dei collegamenti tra la Sicilia ed il mondo orientale e nord-africano Labrasivo pi antico Superficie e filigrana nei disegni di Georges Seurat Pompei, prima e dopo leruzione 745 769 781 791 805 817

Massimo VIDALE Claudio ZAMBIANCHI Fausto ZEVI TAVOLE

827 839 851

UNA SCENA DI CACCIA DALLA NECROPOLI DI KOPENY (MINUSINSK) Ciro Lo Muzio

l corredo di placche di bronzo di cui si compone la scena di caccia cui dedico queste note che spero meritino linteresse di Umberto Scerrato frutto di un rinvenimento tuttaltro che recente (Tav. LXXXIIIa-c). Fu ritrovato alla fine degli anni Trenta nel corso degli scavi della necropoli di Kopeny, sulla riva destra dello Enisej, ai margini settentrionali della conca di Minusinsk (Siberia meridionale). a S.V. Kiselev (1951 : 620 ss., tavv. LVII.14, LVIII.1-2) che dobbiamo la prima analisi dettagliata di questa scena di caccia e lo sforzo di darle una collocazione nel panorama cos vasto e sfuggente dellarte eurasiatica. Con la sola eccezione di G.A. Fedorov-Davydov (1976: 65-69, figg. 44-46), gli studiosi che successivamente hanno preso in considerazione il reperto, spesso solo per citazioni sommarie, nulla di sostanziale hanno aggiunto a quanto era gi stato osservato da Kiselev (Ghirshman 1962: 327, fig. 437; Esin 1968: 26-27, fig. 4; Pugaenkova 1981: 57, fig. 27). Le possibilit di confronto offerte dai materiali forniti dalle indagini archeologiche degli ultimi decenni mi hanno spinto a riprendere in esame questa decorazione, alimentando limmodesto proposito di integrare la lettura iconografica di Kiselev e di suggerire una possibile traccia per linterpretazione della scena rappresentata. Ma prima di entrare in media res sar utile fare una premessa sul contesto archeologico di questo interessante manufatto. La necropoli di Kopeny appartiene alla cultura dei aatas (lett. pietra della guerra), termine che in lingua khakassa ha in sostanza il medesimo significato di kurgan (tumulo), ma che nella letteratura archeologica designa, in particolare, i monumenti funerari della conca di Minusinsk (e, appunto, la cultura che essi rappresentano) del periodo compreso tra il VI e il IX secolo dC. In questo contesto larea funeraria di Kopeny ha assunto valore paradigmatico, perch tra le pi significative e meglio indagate, tanto da dare il nome a un periodo preciso della storia culturale della regione, quello che

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coincide con lVIII secolo e la prima met del IX.1 La cultura di Kopeny fa quindi seguito alla prima fase di espansione e consolidamento dellegemonia turca nel medio Enisej che si vuole corrisponda alla cultura di Kojbal (VIVII secolo) e coincide con la formazione della potente lite militare kirghiza, che nella prima met dellVIII secolo si lancia alla conquista dei territori a sud e a est delle sue sedi originarie (Kazakhstan orientale, Altai, Tuva, Bajkal) e segna la fine del potentato uiguro (840). Sono diverse e sostanziali le caratteristiche che contraddistinguono i aatas nel complesso delle culture archeologiche turche (Kiselev 1951: 600 ss.; L.R. Kyzlasov 1981: 46-52). Innanzitutto il rituale funerario; diversamente dalle necropoli altaiche e tuvine, che testimoniano in maniera quasi univoca della pratica dellinumazione del defunto (insieme con il suo cavallo),2 nel bacino dello Enisej era generalizzato il rito dellincinerazione. I resti combusti dei defunti, accompagnati da un corredo costituito per lo pi da vasellame e da offerte di cibo, erano deposti allinterno di fosse segnalate in superficie da strutture costituite da un tumulo centrale racchiuso da un recinto di pietre di pianta quadrangolare o esagonale. Negli allineamenti in cui queste tombe erano disposte si stagliavano i kurgan dellaristocrazia, in ragione sia delle dimensioni imponenti sia della presenza di stele lungo il perimetro esterno, non di rado cippi di et anche assai pi antica, rimaneggiati o meno. Le stele situate sul lato sud-orientale, quello di accesso al monumento, recavano spesso iscrizioni commemorative in lingua turca e nella variante locale (Enisej) della scrittura runica (L.R. Kyzlasov 1981: 47 ss.; I.L. Kyzlasov 1994: 621-22). Sono proprio le stele i reperti che saldano alla compagine dei primi potentati turchi la cultura dei aatas, che per gran parte del suo quadro archeologico si mostra invece erede delle precedenti culture della conca di Minusinsk, in particolare di quella di Tatyk (I-V secolo dC; Mokova 1992: 23646; Vadeckaja 1999). A questa rimandano la tenace preferenza accordata al rito della cremazione, le tipologie delle strutture funerarie, il vasellame (che costituisce lomogeneo complesso ceramico che va sotto il nome di vasi kirghizi; Kyzlasov & Martynov 1986), e altri reperti (armi e ornamenti).

1 2

Le cronologie qui indicate sono quelle esposte in Savinov (1989: 821-22).

Pletneva 1981: 29-43. Sugli sporadici rinvenimenti di tombe turche a incinerazione nella Tuva, v. Gra (1968).

Una scena di caccia dalla necropoli di Kopeny

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Quel che accresce la specificit della regione del medio Enisej, abitato da una popolazione composita che raggruppava genti di ceppo samoiedo, ugrico e paleoasiatico cui, tuttavia, gi nel periodo di Tashtyk si affianca lelemento altaico (Mokova 1992: 46) lantichissima vocazione agricola e la ricchezza di risorse minerarie. in questo contesto che si impianta, nel VI-VII secolo, il dominio turco, anche se questo non fu molto pi che una sovranit nominale. Tuttavia, piuttosto che sepolture dellaristocrazia turca, come la presenza di stele con epigrafi runiche potrebbe indurci a credere, nei aatas sono da riconoscere le testimonianze funerarie delllite locale che per lo meno nella lingua e nei modi despressione dellideologia della classe egemone, in particolare luso di erigere stele commemorative, doveva essere profondamente turcizzata. I aatas dunque appartengono a quellaristocrazia militare che sar artefice dellespansione territoriale kirghiza di cui ci informano le fonti cinesi; le quali, forse conviene ricordarlo, attribuiscono ai Kirghizi capelli rossi e occhi chiari.3 Ma torniamo a occuparci della necropoli di Kopeny. grazie a uninconsueta usanza funeraria quella di deporre corredi supplementari in piccole fosse scavate solitamente in coppie a poca distanza dalle sepolture e coperte da una lastra di pietra che il gruppo di placche di bronzo cui ci interessiamo (rinvenuto in una delle due fosse connesse alla tomba 6) sfuggito alle attenzioni dei saccheggiatori che hanno depredato gran parte dei tumuli di Kopeny. Secondo la convincente ricostruzione proposta dagli archeologi, che oltretutto hanno potuto valersi dellanalisi di un altro corredo di ornamenti del tutto identico al nostro, rinvenuto nel secondo dei due ricettacoli esterni della medesima sepoltura, queste placche a rilievo, ottenute a stampo, costituivano la decorazione di un arco di sella. Al sommo dellarco raffigurata una catena di montagne dalle pareti corrugate e dalle cime ricoperte di alberi, descritti da piccoli gruppi di chiome tondeggianti; al di sopra di questa una nuvola trattata secondo la maniera cinese, ossia stilizzata a forma di spirale. A destra e a sinistra delle alture si dispiegano due scene di caccia identiche e simmetriche. Due tigri (la prima, a partire dal centro della composizione, di dimensioni inferiori) si scagliano su un arciere che, su un cavallo lanciato al

3 Sulla pi antica storia dei Kirghizi alla luce delle fonti scritte, in particolare cinesi, si veda Chudjakov (2001; id., in Butanaev & Chudjakov 2001: 137-45).

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galoppo nella direzione opposta alle due fiere, si volge allindietro (dando le spalle allosservatore) nellatto di scoccare una freccia. Dinanzi al cavaliere, preceduto da un cane, una fila di animali di specie diverse in fuga: un leopardo delle nevi, un cinghiale, uno stambecco e, probabilmente, un daino. Al di sopra di questi, altre nuvole. Le tigri, dal manto striato, sono raffigurate di tre quarti in posa rampante e con le fauci spalancate. Larciere veste una tunica corta che lascia scoperte le ginocchia, tenuta in vita da una cintura, e stivali senza tacco; i capelli sono fermati da una fascia. Dal fianco destro pende la faretra di forma cilindrica leggermente svasata verso il basso. La piccola sella, con arco frontale piuttosto rilevato, poggiata su una gualdrappa ovale; sono chiaramente visibili le staffe di forma arcuata. Per il resto la bardatura piuttosto semplice; si segnalano le nappe che decorano le cinghie pettorali e sotto coda e le placchette circolari poste allintersezione delle redini. Il cavallo, di forma tarchiata, ha la criniera tagliata e la coda annodata. Oltre alle decorazioni per sella, le due fosse del tumulo in questione hanno restituito alcuni pregevoli oggetti doro, in particolare un grande piatto con decorazione vegetale e zoomorfa (fenici affrontate poggianti su due loti aperti ai lati di un elemento vegetale stilizzato del quale tengono gli steli nel becco) e due brocche con ornamentazione affine a quella del piatto (Kiselev 1951: tav. LVI; Fedorov-Davydov 1976: 60, 62, figg. 42, 43); ma anche elementi di bardatura equestre, tra cui un pendente di forma foliata con rappresentazione di due leoni fluttuanti (con la parte posteriore del corpo sollevata) e affrontati ai lati di un fiore stilizzato (Kiselev 1951: tav. LVII.9; qui, Fig. 1).

Fig. 1 Pendente di bronzo da bardatura equestre, necropoli di Kopeny (Minusinsk), VIII-IX sec. (da Pletneva 1981)

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Questi reperti sono tradizionalmente chiamati a testimoniare lalto livello dellartigianato dei Kirghizi dello Enisej; in realt non vi sono prove certe che tutti questi oggetti, e in particolare le placche di bronzo in questione, siano stati fabbricati in loco. Certo la vocazione metallurgica della conca di Minusinsk indubitabile; sembra superfluo rammentare la splendida produzione di bronzi di Tagar (VII-III secolo aC), che in parte si prolunga nella successiva cultura di Tesin (III/II-I secolo aC); ma tra questa e lepoca kirghiza si frappongono i cinque secoli delle cultura di Tatyk in cui la produzione artistica in bronzo subisce una nettissima diminuzione. Quel che certo che diversi elementi consentono di riportare i manufatti di Kopeny a un orizzonte artistico che interessa una regione piuttosto vasta. Brocche di forme del tutto simili a quelle di Kopeny (ma non cos riccamente decorate) sono state ritrovate anche in necropoli altaiche (Kiselev 1951: tav. LII.4; Savinov 1989: fig. 3). Pendenti per bardature dal caratteristico bordo lobato e decorato da foglie stilizzate provengono da diverse localit della periferia occidentale della Cina: il motivo centrale in genere costituito da un fiore, un uccello, un cervo, ma anche, come nel nostro esemplare, da due leoni. il caso dei pendenti in argento dorato appartenenti a una bardatura della Collezione Pritzker proveniente dal Qinghai, nella Cina occidentale, e datata tra la met dellVIII e il IX secolo, quando la regione era sotto il dominio tibetano (Heller 2003: 60, fig. 9b; qui, Tav. LXXXIVa); in questo caso le fiere sono in posa rampante, ai lati di un fiore centrale. Alla stessa bardatura appartiene una serie di placche dargento (Tav. LXXXIVb) raffiguranti animali in corsa cervidi, stambecchi, pantere (?) e, a capo di entrambe le file simmetriche, un animale fantastico alato che, per la loro rappresentazione dinamica, ma al tempo stesso pacata, ordinata, ci sembrano davvero affini agli animali in fuga delle placche di Kopeny. Di non minore interesse poi un pendente proveniente dai pressi di Huachi (Gansu) con scena di caccia (Juliano & Lerner 2001: 327, nr. 119; qui, Tav. LXXXIVc): un cavaliere tira darco allindietro mirando a un uccello, mentre un cervo raffigurato in corsa dinanzi a lui; pi in basso un altro cavaliere al galoppo punta la lancia contro una tigre rampante assai simile alle fiere della decorazione di Kopeny; la sella, la gualdrappa, la coda annodata del cavallo accentuano la parentela tra le due rappresentazioni. dunque una categoria di manufatti che, per stile e repertorio ornamentale (tra questi anche il diffusissimo motivo delle fenici affrontate), sembra patrimonio comune della vasta zona

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di interferenza tra lAsia turca, le regioni di influenza sogdiana e tibetana e la Cina dei Tang. Nello studio delle placche kirghize, passaggio obbligato il confronto con le placche dosso incise dalla necropoli turca di Kudyrge (Altai, VI-VII secolo), che non fu trascurato n da Kiselev (1951: 626-27, tav. LVIII.3), n da Fedorov-Davydov (1976: 69, figg. 47-49). Anche in questo caso il campo figurato si adegua al profilo di una sella, dunque arcuato, e il soggetto una scena di caccia. La composizione, tuttavia, diversa. La scena si dipana in una sola direzione, parte dallestremit inferiore destra, si svolge fino al sommo dellarco e prosegue nel segmento di sinistra. La sequenza si apre con un arciere a cavallo, preceduto da animali di specie diverse in fuga; la scena riprende a sinistra con un altro cavaliere che insegue, con larco teso, unaltra serie di prede. Diversamente dalle placche kirghize, la fuga degli animali non segue un andamento ordinatamente unidirezionale; alcuni di essi sono rappresentati per traverso oppure in movimento nella direzione opposta. Come a Kopeny, tuttavia, notiamo la variet delle specie animali rappresentate, con la singolare inclusione, in questo caso, anche di due pesci, raffigurati in basso tra il primo degli arcieri e la preda a lui pi vicina. Tra tutte si stagliano le due tigri, che, estranee alla tensione che anima la scena e ritratte in posa araldica al culmine della composizione, non sembrano davvero appartenere al novero delle prede cacciate. Un particolare degno di nota , inoltre, la presenza di una volpe e di un lepre al di sopra delle due fiere, rispettivamente a destra e a sinistra. Dei due cavalieri lincisore si preoccupato di mettere in evidenza la capigliatura che ricade dietro le spalle e termina in una serie di trecce. Per il resto la scena di caccia di Kudyrge e in particolare il motivo dellarciere che insegue prede di specie diverse, presente anche a Kopeny appartiene a un retaggio pi antico che, tuttavia, non si esaurisce nel repertorio della toreutica sasanide, di cui, in ultima analisi, sia Kiselev sia Fedorov-Davydov reputavano debitrici entrambe le raffigurazioni siberiane. Innanzitutto opportuno ricordare che la scena di caccia ha lasciato alcune significative testimonianze nella conca di Minusinsk nel periodo di Tatyk: le tavolette incise dalla tomba 1 di Tepsej III (Fig. 2), con scene di combattimento e di caccia, forse databili agli inizi del I millennio dC (Martynov 1991: 85-86, fig. 119), e, rinvenimento pi recente, un gruppo di piccole placche lignee da una sepoltura di Taeba (Fig. 3) con la rappresentazione incisa di un vorticosa corsa di arcieri, cavalli e cervi, datate, con notevole approssimazione, al I-V secolo dC (Efimov, Pauls & Podolsky 1995:

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figg. 2-6), bench sia forse preferibile il termine pi tardo di questo arco cronologico. In una delle placche si notano, infatti, i capelli ricadenti dietro le spalle in lunghe ciocche ondulate (trecce?) di uno dei personaggi a cavallo, ossia la capigliatura che abbiamo gi riscontrato negli arcieri di Kudyrge e che viene comunemente considerata alla stregua di un marchio di identificazione culturale (e iconografico) dei primi Turchi.

Fig. 2 Tavolette lignee con decorazione incisa con scene di caccia e di combattimento, necropoli di Tepsej (Minusinsk), inizi del I millennio dC (da Martynov 1991)

La scena di caccia di Kudyrge trova analogie forse ancor pi stringenti in quella incisa su due placche in osso dal Tempio dellOxus di Tat-i Sangn (III secolo aC-III secolo dC), in Battriana (Fig. 4). Questi reperti sono stati di recente ripresi in esame da B.A. Litvinskij, che ha loro dedicato uno studio approfondito (Litvinskij 2001), cui si rimanda il lettore per una descrizione particolareggiata dei pezzi. Ci limiteremo a sottolineare lessenziale, e cio che qui, come a Kudyrge, si rappresentano cavalieri impegnati in una battuta di caccia ad animali di specie diverse un leopardo insieme con i due piccoli, stambecchi, daini e cervi. Gli arcieri accompagnati da una o due lepri e,

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in un caso, anche da una volpe e gli animali in fuga non procedono in ununica direzione, ma si incrociano creando un effetto apparentemente caotico. Dunque, lidea di Fedorov-Davydov (1976: 69) che il movimento scomposto degli animali di Kudyrge sia un artificio proprio della nuova arte delle steppe pu essere accolta solo a patto che gli inizi di questa nuova arte non si facciano coincidere con lavvento dei Turchi, come verosimilmente lo studioso riteneva, ma si situino diversi secoli prima dellepoca in cui fu realizzato il manufatto altaico.

Fig. 3 Placchette lignee con decorazione figurata incisa con scena di caccia, necropoli di Taeba (Minusinsk), I-V sec. dC (da Efimov, Pauls & Podolsky 1995)

Fatta eccezione per lorso, assente a Tat-i Sangn (ma si tenga conto che la rappresentazione lacunosa), si rimarca una sostanziale coincidenza delle specie animali raffigurate a Kudyrge e in Battriana. Dallanalisi delle specie presenti nelle placche di Tat-i Sangn, Litvinskij (2001: 156) ricava limpressione che le incisioni riproducano una battuta di caccia ambientata in Battriana. In realt, come lo stesso autore ammette, i cervidi sono estranei alla fauna locale, al contrario sono del tutto appropriati in un paesaggio siberiano. Si ha pertanto la sensazione che, piuttosto che a una scena ambientata

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in un contesto realistico e geograficamente determinato, ci si trovi di fronte a un topos delliconografia eurasiatica, a una caccia che si svolge, se non nella dimensione del mito, quanto meno in una cornice in cui lelemento simbolico prevale su quello realistico: limmagine archetipica del cavaliere nomade che domina lintero regno animale, presentata con un corredo di elementi figurativi e metaforici canonici. E tra questi si annoverano senza dubbio la lepre e la volpe, presenti anche a Kudyrge, delle quali lo stesso Litvinskij indaga le valenze simboliche (Litvinskij 2001: 156-59).

Fig. 4 Placche davorio con decorazione figurata incisa con scena di caccia, Tat-i Sangn, tempio dellOxus, III sec. dC (?), Dushanbe (da Litvinskij 2001)

Sono probabilmente questi lo spirito e il senso che animano le scene di caccia che decorano una delle due placche in osso dalla necropoli nomadica di Orlat, presso Samarcanda (Tav. LXXXVa) che sembrano recalcitranti a qualsiasi tentativo di attribuzione cronologica precisa (Ilyasov & Rusanov 1997-98; Litvinskij 2001: 149 ss., con bibl. precedente), ma che ritengo prudente datare a non prima del IV-V secolo ma anche in due citt della Sogdiana altomedievale, a dimostrare, se ve ne fosse bisogno, lascendente dellimmagi-

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nario nomadico sulle regioni di cultura stanziale della Transoxiana: nel tempio di ar Tapa (IV-inizi V secolo; Berdimuradov & Samibaev 2001; qui, Fig. 5), e in un ambiente annesso alla residenza governativa di Penjikent (VI secolo; Marshak & Raspopova 1990; qui, Fig. 6). Nel caso di Orlat le prede sono mufloni e cervi (pi altre non facilmente identificabili); oltre a questi a ar Tapa troviamo una pantera, mentre larciere di Penjikent insegue un branco di soli mufloni. In questultima scena, si nota sullo sfondo il crinale ondulato di una montagna, accennato anche nella placca di Orlat; ma anche, come a Kudyrge, la lunga banda di capelli ricadenti dietro le spalle delluomo alla maniera turca, la faretra e la custodia dellarco rivestiti di una pelle striata e la criniera dentellata del cavallo.

Fig. 5 Dipinto murale con scena di caccia, Tempio di ar Tapa (Sogdiana), IV-inizi V sec. dC, Samarcanda, Istituto di Archeologia (da Berdimuradov & Samibaev 2001)

Le placche dosso di Tat-i Sangn offrono spunto per ulteriori riflessioni sulla questione del rapporto tra queste iconografie e larte persiana. La convinzione che linflusso della toreutica sasanide sia da considerare determinante nella realizzazione delle placche di Tat-i Sangn porta Litvinskij a posticipare la data di questi manufatti al III secolo dC. Tuttavia, fatta eccezione per alcuni accessori delle bardature e dettagli del costume, il confronto con il repertorio iconografico della caccia regale sasanide ci pone di fronte ad alcune incongruenze che rendono lipotesi di Litvinskij difficilmente condivisibile. I paralleli pi pertinenti con le placche battriane sono infatti da cercare nel Gruppo II della classificazione formulata da P. Harper (1981), che include sia scene che, secondo il modello tradizionale, ritraggono il ca-

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valiere nellatto di cacciare due sole prede (una delle quali in genere gi colpita a morte e giace in primo piano), sia composizioni che mostrano un maggior numero di animali. Allinterno di queste ultime occorre inoltre distinguere tra i casi in cui gli animali raffigurati appartengono alla stessa specie, come in un piatto del Metropolitan Museum of Art di New York (Harper & Meyers 1981: tav. 17) che ritrae Peroz (459-484) o Kavad I (488-531), e quelli in cui le specie sono diverse, come in un piatto della Bibliothque

Fig. 6 Dipinto murale con scena di caccia, Penjikent, cittadella, VI sec. (da Marshak & Raspopova 1990)

nationale de France a Parigi (ibid.: tav. 22; qui, Tav. LXXXVc). Come osserva la Harper (ibid.: 72): The real changes, the inclusion of more than one species, of odd number of animals or of unequal numbers shown alive and dead, comes only after Peroz, with the group of plates depicting kings who could be one of many but who are all certainly as late as Kavad I. Le conclusioni della studiosa, soprattutto per le loro implicazioni cronologiche, invitano a ribaltare la prospettiva suggerita da Litvinskij e a considerare piuttosto leventualit che, almeno per quanto riguarda il tipo di scena di caccia in questione, la toreutica sasanide abbia tratto ispirazione dallarte dellAsia

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Centrale e in unepoca ben pi recente di quella ipotizzabile per le placche di Tat-i Sangn.4 al medesimo filone che si deve ricondurre la scena di caccia di Kopeny, allinterno della quale, tuttavia, vi sono altre importanti componenti da considerare. Liconografia dellarciere che punta la freccia a una tigre che lo attacca alle spalle evoca un modello figurativo consolidato nella toreutica sasanide, dove, tuttavia, laggressore pi di frequente un leone, la preda riservata al Re dei Re. Possiamo citare a esempio un piatto del Cleveland Museum (Harper & Meyers 1981: tav. 14; qui, Tav. LXXXVd), in cui la fiera si scaglia verso il cavaliere, come nel caso di Kopeny, mentre un altro leone giace ucciso in primo piano. Al di sotto dei felini la rappresentazione stilizzata di un paesaggio montuoso, descritto da una bassa schiera di rocce di forma trilobata. Lingresso della tigre nel bestiario della caccia regale sasanide sembra sia da porre in relazione con i Kushano-Sasanidi (Tanabe 2001); tuttavia non sembra vi siano rappresentazioni in cui la posizione dellarciere e quella dellanimale rispecchino lo schema di Kopeny o quello del piatto del Cleveland Museum (Tav. LXXXVd), per quanto riguarda la caccia regale al leone. I prototipi della caccia alla tigre di Kopeny sono piuttosto da ricercare in raffigurazioni estremo-orientali di arcieri nomadi che nulla devono alliconografia sasanide. Pensiamo al cavaliere che, volgendosi allindietro, tende larco in direzione di una tigre che lo insegue in un paesaggio montagnoso, rappresentato su un pilastrino rivestito di stucco con decorazione a stampo dellepoca degli Han occidentali (206 aC-9 dC; Tav. LXXXVIa);5 o alle scene di soggetto analogo alla precedente, ma ambientate in un paesaggio surreale popolato di animali diversi e dominato da una montagna sullo sfondo, nelle decorazioni di un carro di bronzo da Lelang (Knauer 2001: fig. 17; qui, Fig. 7), in Corea, e di una carrozza da una sepoltura di Sanpanshan (Hebei, Cina; Pirazzoli-TSerstevens 1996: 188; qui, Fig. 8), entrambi datati al II-I secolo

Non sarebbe questo lunico caso in cui linflusso iconografico potrebbe aver seguito una direzione inversa a quella ritenuta consueta (cio, Iran vs. Asia Centrale). Si veda, per esempio, lipotesi di Tanabe (2001) sulla probabile ascendenza centroasiatica del soggetto della caccia alla tigre nella toreutica sasanide.
5 Muse Cernuschi (2001). Pilastrini simili a questi, ma raffiguranti combattimenti animali e scene di caccia a cervi e stambecchi, sono citati da Kiselev (1951: 623 e n. 5). 4

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aC. singolare constatare la sopravvivenza, nella decorazione di Kopeny, di alcune convenzioni stilistiche di queste antiche testimonianze, quali la caratteristica sagoma a S del cavaliere, come nel pilastrino han, o la resa stilizzata della montagna e, lungo il suo crinale, degli alberi dalla chioma globosa e dal fogliame reso da un tratteggio verticale, nelle altre due rappresentazioni.

Fig. 7 Decorazione di carro in bronzo con scena di caccia, Lelang (Corea), II-I sec. aC, Tokyo School of Arts (da Knauer 2001)

Tra gli esempi risalenti a unepoca molto pi vicina a quella delle placche di Kopeny, si possono citare due manufatti appartenenti al tesoro dello Shsin (VII-VIII secolo), a Nara. Il primo (Tav. LXXXVIb) una custodia per plettro di biwa (liuto giapponese) con decorazione dipinta, in cui due cacciatori su cavalli bardati in modo analogo a quelli dei nostri arcieri siberiani tendono larco verso una tigre rampante ai piedi di una montagna dai pendii scoscesi e corrugati e coronata da gruppi di alberi (Sullivan 1980: fig. 50). Il secondo (Tav. LXXXVIc) un tessuto di ispirazione sasanide o sogdiana, ma di produzione cinese (VIII secolo), che ci suggerisce, oltretutto,

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dove sia da ricercare lorigine dello schema simmetrico che i bronzisti di Kopeny preferirono alla rappresentazione continua della decorazione incisa di Kudyrge (Tav. LXXXVa); il tessuto ornato da medaglioni perlati contenenti ciascuno una scena di caccia al leopardo (ma vi sono anche un cervo e uno stambecco) ripetuta simmetricamente sia nella met superiore del medaglione, sia ribaltata in quella inferiore (Ghirshman 1962: 333, fig. 444; qui, Tav. LXXXVIc).

Fig. 8 Decorazione di carrozza con scena di caccia, da una tomba di Sanpaan (Hebei), II-I sec. aC (da Pirazzoli-TSerstevens 1996)

Dunque, la scena di caccia di Kopeny non di per s una novit. piuttosto da considerare esito tra i pi recenti di un filone iconografico pienamente sperimentato non solo nelle steppe eurasiatiche, ma anche nelle regioni che con queste furono in costante contatto. Vi troviamo riuniti, in particolare, due motivi che nelle epoche precedenti sembra siano stati coltivati separatamente: larciere a cavallo raffigurato nel gesto di tirare darco a una tigre che lo assale alle spalle, che, pur presentando analogie compositive con alcune scene sasanidi di caccia al leone, appare nel nostro caso erede di uno schema gi consolidato in epoca pi antica nellarte estremo-orientale; dallaltra linseguimento di un branco di animali di specie diverse che, probabi-

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le tributo delliconografia dei cacciatori siberiani al repertorio dellarte nomadica, testimoniato a Tepsej e Taeba (Minusinsk), a Tat-i Sangn, in Battriana, e, successivamente, nella toreutica sasanide, nella necropoli di Orlat, nella pittura sogdiana e nella prima arte turca. Al di l della identificazione dei pi plausibili modelli iconografici della composizione di Kopeny, che tuttavia, in quanto espressione di strutture figurative (e mentali) di lunga durata, sfuggono a un preciso inquadramento geografico e culturale, forse possibile individuare lelemento che sembra dare un senso specifico a questa scena, chiarendone il legame con il contesto storico e ideologico che le proprio. In molte delle testimonianze figurative sin qui esaminate, la scena di caccia si svolge in prossimit o sullo sfondo di una montagna, per via di unassociazione che verosimilmente affonda le radici in tempi antichissimi. La montagna pu essere un elemento isolato nella scansione paratattica di figure umane, animali e notazioni di paesaggio (Tav. LXXXVIa), o fare da quinta alla rappresentazione (Fig. 7), e in alcuni casi ne dobbiamo indovinare i contorni in un onirico gorgo di linee per scoprirne limponenza (Fig. 8); pu essere suggerita da una linea ondulata, orlata o meno da una linea di alberi (Figg. 5, 6), o atrofizzata nella convenzionale fila di rocce dei piatti sasanidi (Tav. LXXXVd). Nella decorazione incisa di Kudyrge la montagna non rappresentata, tuttavia non mi sentirei di escludere che a essa alluda la forma stessa del manufatto, e cio che la caccia, rappresentata come lo spezzone di un evento ciclico, si svolga sui versanti di unaltura dominata dalle due tigri.6 In nessun altro esempio a me noto, tuttavia, una chiostra di montagne eletta a fulcro della composizione, come nella decorazione di Kopeny. Lintera rappresentazione sembra muovere dalle vette della montagna collocata al sommo dellarco: il balzo delle tigri, la corsa dellarciere e la fuga degli altri animali. La ripetizione a specchio della scena enfatizza la centralit della catena montuosa, che, al pari dellalbero della vita nella decorazione del tessuto dello Shsin (Tav. LXXXVIc), della rappresentazione il cardine compositivo e simbolico.

Singolare lanalogia che questo specifico motivo trova in due placche doro da un kurgan di Issyk (V-IV secolo aC), raffiguranti una pantera alata che si erge sulle vette di una montagna, v. Silvi Antonini & Bajpakov (1999: figg. 273-74; qui, Tav. LXXXVId).

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Categoria del patrimonio religioso universale, la sacralit della montagna forse nozione troppo generica per fornire una chiave di lettura soddisfacente. Se tuttavia consideriamo la scena di caccia di Kopeny nella cornice storica e culturale cui essa appartiene, il simbolo-montagna assume contorni pi nitidi. Con i Turchi, infatti, il culto della montagna acquista un rilievo forse ineguagliato nel contesto delle culture eurasiatiche e dei potentati sorti in seno a queste. La montagna ha un significato cruciale quale luogo delle origini della stirpe e fulcro geografico e politico dei territori governati dal Qaghan. Sono queste, in particolare, le caratteristiche delltkn, la catena montuosa cui pi di frequente si fa riferimento nei testi epigrafici turchi e in altre fonti, alla quale peraltro ci si sforzati di dare determinatezza geografica, identificandola con questo o quellaltro sistema montuoso del territorio abitato dagli antichi Turchi.7 Ltkn-y, la montagna boscosa delle iscrizioni dellOrkhon, rappresenta un recesso di grande importanza strategica, sorta di refugium per i capi della nazione turca e di questa simbolico centro di gravit: il luogo dal quale il regno dovrebbe essere governato.8 La sua sacert si ritiene derivi dal culto indirizzato a una divinit (probabilmente femminile) della Terra o agli antenati (Pelliot 1929: 218; Marazzi 1989: 17-18). La montagna la sede del qut (fortuna), o meglio del qut proprio del Qaghan, dunque della fortuna regale (Bombaci 1966: 17 ss.). questo il senso che si trae dallespressione il tkn qut, la fortuna della regione di tkn, che ricorre nel colofone di un manoscritto manicheo uiguro (v. ibid. e Gnoli 1982: 260), ma anche dalla leggenda uigura sulla Montagna della Fortuna (qut-ta), tramandata da fonti islamiche depoca mongola (Bombaci: 1966: 18 e n. 36). Evidentemente ci muoviamo in un ambito speculativo affine a quello incentrato sulla nozione iranica dello xvarnah, anchesso simbolicamente connesso con le montagne9. Tuttavia, come lo stesso Gnoli osservava, traendo sostegno da uno studio di Tucci sul carattere sacro della regalit tibetana (Tucci 1955-56: in part. 202 ss.), la concezione turca appartiene, a sua volta, a un orizzonte religioso molto vasto, che sembra racchiudere lintera area centro-asiatica, la Mongolia e il Tibet, dove, con forme

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un problema sul quale non ci soffermeremo; si rimanda a Potapov (1957).

Bombaci 1966: 18; Grousset 1991: 112. Sulltkn v. Pelliot (1929); Potapov (1957); Roux (1984: 179 ss.). Gnoli 1982: 259; per i riferimenti ai testi zoroastriani cfr. ibid.: 254 ss.

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proprie e peculiari, pure presente un ciclo culturale nel quale ricorre la connessione fra la montagna, gli antenati e la regalit (Gnoli 1982: 261). In questo orizzonte religioso, per lo meno in quella parte che vi occupano Turchi e Mongoli, viva la credenza che gli spiriti dei morti facciano ritorno alla montagna (Roux 1963: 97), e che questa sia la sede per antonomasia dellantenato, con il quale essa viene idealmente assimilata. Non sorprende, pertanto, che la valenza simbolica della montagna si sia conservata, presso le popolazioni altaiche e siberiane, fin quasi al presente, soprattutto nelle credenze legate allo sciamanesimo (v., in particolare, Potapov 1946 e 1957). infine interessante constatare che nella Tuva, per lo meno allepoca delle ricerche etnografiche di Potapov, larcaico termine tgen (= tkn) continuasse a essere utilizzato per designare una catena montuosa coperta dalla taiga, e particolarmente venerata dagli sciamani, che sulle carte geografiche era tuttavia indicata con altra denominazione (Potapov 1957: 111 ss.). Si potrebbe quindi suggerire lipotesi che la montagna boscosa su cui si impernia la composizione delle placche di Kopeny sia da interpretare alla luce delle connessioni simboliche sopra tratteggiate. In relazione, cio, alla concezione altaica in virt della quale la montagna regione totemica e luogo escatologico, sede dellantenato e centro ideale del governo. Se in questa caccia kirghiza si intendesse raffigurare il Qaghan o lantenato, suo archetipo celeste, immortalato nella pi nobile delle attivit difficile dirlo; ma altrettanto difficile immaginare che questa rappresentazione, sospesa tra le cime di una catena montuosa e le nuvole, non sia nulla pi che una scena di genere: Sulla vetta delltgen ci sono sempre le nuvole (ibid.: 112).

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