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SCELTA

DI

CURIOSIT LETTERARIE
IN E D IT E 0 R A R E D A IS E C O L OXIII A LX IX

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Di questa SCELTA usciranno otto o dieci volumetti all'anno : la tiratura di essi verr eseguita in numero non maggiore di esemplari 2 0 2 : i l prezzo sar uniformato al num. dei fogli di ciascheduna dispensa, e alla quantit degli esemplari tirati: sesto, carta e caratteri, uguali al presente fascicolo.
G aclano Rom agnoli.

OPUSCOLI GI* PUBBLICATI

I. Novelle d incerti Autori del Secolo XIV. II. Lezione di Maestro Bartolino dal Canto de Bischeri. III. Martirio duna Fanciulla Faentina, nar rato ^ e r Frate Filippo da Siena nel SecoIV. Due Novelle MoralrdAutore Anonimo del Secolo XIV. V. Vita di Francesco Petrarca scritta da incerto trecentista. VI. Storia'di una fanciulla tradita da un suo am ante, di riesser Simone Forestani da Siena. VII. Commento di Ser Agresto da Ficaruolo sopra la prima ficaia del Padre Siceo. VIII. La Mula, la Chiave e Madrigali satirici del Doni Fiorentino. IX. Dodici Conti Morali dAnonimo S en ese, testo inedito del secolo XIII. X. La Lusignacca, Novella inedita scritta nel buon secolo della lingua italiana. XI. Dottrina dello Schiavo di Bari, secondo la lezione di tre antichi -Testi a penna. XII. Il Passio o Vangelo di Nicodemo, volga rizzato nel buon secolo della lingua, e non mai fin qui stampato. XIII. Sermone di S. Bernardino da Siena sulle soccite di bestiami, volgarizzato nel Seco lo XV, e non mai fin qui stampato. XIV. Storia duna Crudele Matrigna, ove si narrano piacevoli Novelle.

VITA E FRAMMENTI
DI

SAFFO DA MITILENE
DISCORSO E VERSIONE
( PRIMA INTERA )
DI

GIUSEPPE

BiSTCLLI

PROFESSORE DI IET TE RA T U RA ITALIANA E STORIA NEL R . ISTITUTO TECNICO DI DOLOGNA

BOLOGNA

Presso Gaetano Romagnoli


1803

Edizione di soli 202 esemplari ordinatamente numerati

N . 137

TIPI FAVA E GARAGNANi

Al Chiarissimo Signor Cavaliere

FRANCESCO ZAMBRINI
Presidente della R. Comm'ssione de Testi di Lingua p e r V E m ilia .

Mio caro Cavaliere

Voglioso io che la recente amicizia nostra maturi ed invecchi, volli suggellarla offerendovi alcun frutto degli studii lelterarii, ad ambidue ca rissimi. A voi dunque io dedico que st' operetta, a voi che, leggendola ma noscritta, m'animaste, per approvazione troppo benevola, a farla pubblica. Di che prendo, stampandola, novella cagione d' intitolartela. E possa que sta dedicazione perdurare come schietta favella dell' affetto e della stima cK io professo a voi , bibliografo e filologo giustamente rinomato, e senza fallo benemerito! Non vi sia discara ; e sem pre accetto vi rimanga
Bologna, 1 di Settembre, 1863.
I l d e v o t is s im o v o s t r o

0. BUSTELLI.

VITA
DI

SAFFO DA MITILENE

Sommario.
(. Preambolo. II. Quando fior Saffo. III. Quistione delle due Saffo. IV. Genitori e patria della Nostra. V. Se nascesse bella. VI. Famiglia , stu d ii, discepole, amiche. VII. Se vivesse pudica. V ili. Esiglio. IX. Opere e trovati nell arte poetica e musicale. Com menti e ritratti antichi di Saffo. X. Come giudicata dall antichit. XI. Come da noi. XII. Traduttori ita liani.

I. Parlare di Saffo briga non piccola ; e vorrebbe forse altra dovizia di recondito sa pere eh io non m abbia. Ma d altra parte chi desse tradotti i suoi frammenti, e si tacesse della vita, farebbe opera manchevole, n forse dilettevole. Di lei sappiamo pochissimo; e questo abbujato dall antichit, combattuto dai dispareri de dotti, guasto dalle favole e da gli scambii, contraffatto dal folleggiar de* ro manzieri e de* poeti drammatici. Non torna

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agevole stricar bene materia intricatissima. E come della vita, cosi delle poesie : ce ne resta pochissimo; e sperperato, il pi, in minuzzoli di frammenti, ai quali pi volte fu mestieri accattare, o correggendo o divinando o aggiun gendo, un significato. Laonde Saffo grandeg gia pi per altrui testimonianza che per no stro proprio giudizio: ch perdemmo le sue pagine, molte e celebratissime. Tuttavia le preziose reliquie non ci contendono di figurar nella mente l immagine maestosa del grande poetico edilzio: da questi sottili e dispersi brandellini indoviniamo e misuriamo , della poetessa, la grandezza e l infelicit. Dotto io non mi tengo, n voglio parere: spigolai pertanto quel che narro di Saffo da parecchi libri e dalle testimonianze antiche, raccolte per Giovan Cristiano Wolf(Sapphus Fragmcnta et Elogia, Hamburgi, 1733); e recai tutto in buon ordine e il pi breve mente che seppi: dacch non volli gravare il mio testo di lunghissime dispute, n di bio grafia ponderosa, ma ridotta possibilmente a certezza, e possibilmente mondata di scambia menti e favole. M'attenni ai migliori antichi e ai moderni migliori : ma d altri modernis simi e stranieri non potetti valermi, per non

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essere agevoli a ritrovare in Italia. Di quel che discorro nel . VII sulle meretrici gre che molto levai dalla Sappho et les Lesbiennes d Emilio Deschanel (nella Revue des deux Mondes, Iuillet, 1847). Condussi con molto amore la versione, con diligenza minuta il resto: ma curai principalmente del tradurre; e vo eh* ogni altra cosa abbiasi per sola giunta alla derrata; e per non si possa di scretamente riprendere d insufficienza e scar sit. Bensi, qualora 1 umile mia fatica non ispiaccia al pubblico, ed io ne venga inco rato ad una ristampa; metter cura ch ella ricompaja, quanto da me, pi compiuta ed emendata, se alcuna menda alcun dotto let tore mi sveler. Scelsi, per volgarizzare, il testo diligentemente purgato da non poche lezioni false de precedenti per Cristiano Fe derico Neue ( Sapphonis Mytilenaeae Fragmenta, specimen operis in omnibus artis Graecorum Lyricae reliquiis, excepto Pindaro, collocandae ; Berolini, Ex officina G. C. Nauckii, mdcccxxvii, in 4 , di pag. 106). De te sti che mi vennero a mano questo Y ot timo. Quest umile versioncella, tessuta di minutaglie, simili per picciolezza e valuta alle pietre preziose, vanta solo un pregio : les sere , eh' io sappia, la prima intero in Italia.

K II. La voce Saffo grecamente significa explico, ovvero perserutor , ovvero perspicuus. Oscuro il quando appunto nascesse e il quanto vivesse la Nostra. La Cronaca d* Eu sebio le assegna 1 Olimpiade x liv ; Suida ed Eudcia T Olimp. x lii ; un* et fuor di squa dra Cedreno (Annali). Fioriva ella di larga fama, se ascoltiamo Ateneo ( x m ) , quando regnava Aliatte, Re di Lidia e padre di Creso (dall* Olimp. xxxviij, a. 1. allOlimp. lii, a. 2); secondo la Cronaca d Eusebio, quando re gnava Tarquinio Prisco; secondo Isidoro di Carace (Cronaca citata dal Meursio) quando Sedecia di Giuda, e allorch Solone dava leggi ad Atene (Olimp. x l v i , a. 2). Queste date facilmente s accozzano ad un punto medesimo. Con Ennio Quirino Visconti ( Iconografia Gre ca, i, 1, 5 ) , e coi pi, noi porremo, se guendo Suida ed Eudocia, ch ella dovesse nascere alquanto prima o certo non dopo 1*Olimp. x lii, a. 1, innanzi Cristo 612; es sendo eh esulasse da Mitilene, secondo i Marmi d Oxford, nel 596. Non diversamente il Neue s attiene a Strabone (x iii), Suida ed Eudocia, e la fa coetanea dAlceo, Stesicoro e Pittaco. Pi giovine alquanto d Alceo, ne super Saffo la fama; e, per tempo, entr

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forse tra quello cd Anacreonte ; fiorendo tra il finir del primo e il. cominciar dell altro. Coetaneo d essa anche Esopo Frigio, vivuto schiavo in Atene e morto in Delfo del 560; inoltre Solone e Alcmane, che fu, con Alceo, Stesicoro e Saffo, de nove lirici massimi di Grecia. Ma che vita le bastasse oltre l Olimp. l u i , A. C. 568, ragionevolmente argomenta Carlo Ottofredo Muller (Istoria della Lettera tura Greca, prima traduzione italiana di Giu seppe Muller ed Eugenio Ferrai, Firenze, F, Le Monnier, 1858; Cap. xm ); avendosi per probabilissimo, che Carasso, duramente, se condo Erodoto ( il, 135), rimbrottato da Saffo sorella in un Ode per avere sposato la schiavi} e meretrice Rodopide, costei non comperasse innanzi al regno d Amasi, cominciato d e l569. III. Pi fiera quistione ardette tra filologi sulle due Saffo, l una da Mitilene e l altra da Ereso; ambedue citt di Lesbo quistione forse inestricabile; n lo stricarla appartiene a me non filologo. La Saffo d Ereso, mere trice e poetessa fors anco (lo accenna Suida) v colla quale probabilmente fu scambiata la mitelenese, nacque pi tardi; e costei,.pi. secondo il vero, am disperatamente Faone, e salt per Ini da Leucade, Molti-critici, (or-

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viati della poesia d Ovidio ( Eroidi, xv ), re carono alla prima cotesto amore; e ammi rasi il Visconti ( il cui ragionamento qui reco in somma) come in siffatto svarione incap passero il Fabbricio, l Hardion, il Bayle, il Barthlemv ed altrettali dotti uomini. Ma gli scrittori pi vicini a lei d* et, quando favel larono d essa e degli amori e accadimenti suoi, tacquero della sciagurata fine: visibile indizio ch ella dovesse altramente morire; e che Ovidio, per non conoscere 1 altra Saffo, o perch dal mescolare la grandezza dell* una colle calamit deir altra vantaggiava la poe sia, le confuse in una, e favoleggi di lei come solevano i poeti e sogliono. Di fatto abbiamo recise testimonianze di pi autori greci, Ninfi, Ateneo, Eliano, Suida, Aposto l i (e due volte Fozio, nel Lessico, Voci Aevxarrjs e *wv; non potuto citare dal Viscon ti perch venuto la prima volta a luce nel medesimo anno che liconografia Greca, 1808): de quali i due primi assai dotti, e raccogli tori delle opinioni raccettate dal meglio dei sapienti coetanei. Tutti costoro mantennero le due Saffo: se non che Suida scambi il nome, delle lor patrie, facendo mitilenea l e resia cd eresia la mitilenea. La contraria

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sentenza s ajuterebbe assai della testimonianza di Menandro e Strabone ( x ) , se costoro ricisamente significassero che parlano della poe tessa famosa da Mitilene. Il perch ne resta solo propugnatore Ovidio ; seguito per alcuni poeti posteriori. Trarremo anche prove dal silenzio de* pi vecchi scrittori. L dove Erodoto parla di Saffo e della sua vita e delle opere, nulla di Faone e di Leucade; e verisimilmente il gittarsi da quel promontorio, non punto menzionato da Erodoto, non co stumava per ancora, o almanco non era tor nato in uso, al tempo dello scrittore (il quale curioso indagatore e narratore di simili par ticolari, n taciuto 1*avrebbe, n trasandato di riandarne Y origine);, massime perch Stra bone non seppe mai che altri saltasse innanzi al poeta Monandro, vissuto oltre tre secoli dopo Saffo e buon tratto dopo Erodoto. Il rimanente altres del costui racconto dee sempre pi convincere che Saffo non perisse di quella morte : perciocch lo storico ram menta certi versi ond ella proverbi il fra tello Carasso, quando costui riscatt e men seco Rodope, regnando Amasi; che non go vern prima del 570: cio a dire dettolli in sui 50 anni. Ermesiariatte, pi antico poeta di

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Menandro, accennando in un elegia sulle fra gilit de poeti celebri gli amori di Saffo con Anacreonte, tacque della funesta avventura; che sarebbe stato strano silenzio; confacen dosi questa, meglio che ogni altro fatto della vita saffica, al proposito dell elegia. In un epigramma di Antipatro da Sidone sulla tom ba della Nostra, non un motto di cotal mor te; ma in quello scambio si lascia credere che, passata essa di morte naturale, se le desse tomba in patria. 1 1 solo epigramma ri mastone di Pinito, antico poeta, un epi taffio per lei : medesimamente n q u i, n in pi altri epigrammi dellAntologia, lodativi di Saffo, non un motto n indizio di Leucade. Tolomeo Efestione, nella storia del salto di Leucade, compendiataci da Fozio, punto non memora la Nostra: tace per vero anche di Saffo d Ereso ; ma costei, che non tocc mai la celebrit dell altra, verisimilmente usci di memoria all* autor dell opera o del compen dio. Servio ancora (Sopra Y Eneide, in, 374), accennando d una femmina lanciatasi da Leu cade per Faone, n la nomina, n mostra averla per chiara e riguardevole. Cosi dottamente e dirittamente il Visconti : alle cui gagliarde ragioni ripugni chi vuole:

n d i io non voglio, n so. Nuova e tutta sua non fu l opinione del Visconti: che gi I ave vano, almanco in parte, sostenuta il Voss, il Lloyd, l Hoffman, il Perizonio, Francesco Filelfo, Carlo Stefano, il Moreri, A. Schneider, eccetera: ma niuno quant egli l ebbe chiarita e afforzata a tale, che la dovessero abbracciare, come fecero, insigni filologi; in Italia il Mustoxidi (Vita d Anacreonte) e il Leopardi ( Canti, Nota 5 ), in Germania, per alcuna parte, il Neue e il Muller ed altri: quantunque altri, e fra costoro villanamente il Khler (nella Biblioteca Italiana di Milano, Num. 70), la combattessero ; sdegnato il Khler perch il Visconti non tratt la quistione con tedesca prolissit; ma rimbeccato dall Abbate Zannoni (Elogio d E. Q. Visconti nell Antologia di Firenze, Tomo vi). Fozio e Suida ( questi quasi copiando quello, alla Vo ce +*/wv) ed Apostolio (Proverbii, x x , 15) contano della Saffo meretrice, non della pi celebre, il salto da Leucade: altri parecchi, Ovidio, Stazio (Selve, v, 3, 155), Ausonio (Idillii, vi, 21, ed Epigrammi, 9 2 ) ed Alcifrone epistolografo greco del tempo forse di Luciano ( ili, 1 ), tutti da Ovidio preceduti, riferendo il fatto a una Saffo, come Strabono

e Monandro, non dichiarano apertamente di parlar della famosa mitilenese. Spetta alla No stra la testimonianza d Esichio Milesio, nel libro Degli uomini per dottrina celebri, si per lo titolo dell opera, e s perch Saffo vien messa tra Stesicoro e Sofocle, l uno a lei contemporaneo, l altro posteriore. Ma lo travi forse Ovidio; e ad ogni modo lo se parano da Saffo dieci secoli. Negano fede al tristo caso il Neue e il Muller: mosso il primo principalmente dal silenzio di Tolomeo Efestione, e persuadendosi tuttavolta che Saffo amasse, non riamata, Faone ; 1 * altro consi derando che cotal tradizione fu medesima mente riferita ad Afrodite, addolorata per la morte d Adonide ( vedi Tolomeo Efe stione, nella Biblioteca di Fozio, /3i/3i/'ov ?, e che niuna contezza ci giunse della princi pale circostanza del fatto ; se , cio, Saffo so pravvivesse al salto o ne perisse. Forse la professione poetica, affermata da Suida in ambedue le Saffo, gener la confusione e Y er rore che alla pi illustre appropri l amor faoniano e il salto celebratissimo. Anco lo scambio degli amori tra le due poetesse po tette avere appicco dalle poesie medesime della Nostra; che, se crediamo a Pausania

(Beolici, 2 7 ), e se questi non allude unica mente ad opinioni di teogonia, lasci assai versi intorno Amore, ma tra loro alquanto repugnanti. Abbiamo da Suida ( v. W v) che correva un proverbio o dettato greco siffatto : tu sei di bellezza e di costume un Faone; tolto dal Faone amato da Saffo; non dalla poetessa, aggiunge Suida, ma da un* altra da Lesbo, che per lui si lanci da Leucade. Dai Dialoghi delle Cortigiane di Luciano (x n ) possiam raccogliere, che le bagasce dAtene, almeno al tempo dello scrittore, nominavano Faone ogni lor prediletto anco daltro nome. Nelle reliquie saffiche, dove la poetessa pur mentova quanto o per amore o per odio me glio erale entrato in cuore; la madre, la figlietta, le amiche, le rivali; non ricordo mai di costui. Che pi? dimostra irrepugna bilmente il Mtiller (Ivi): che mentre i comici ateniesi hanno di frequente sulla bocca il sup posto nome di questo giovine Faone (come nei versi di Menandro presso Strabone, pag. 452), esso per non fu mai pronunziato nelle poe sie di Saffo. Ch altrimenti in fatti come avrebbe potuto nascere Fopinione, che la don na che s accese del bel Faone fosse Saffo T etra, anzich la poetessa ( Presso Ateneo,

Hi \ u i , 596 c , c varii lessicografi dell anti chit)? A questo si aggiunge poich le nar razioni meravigliose intorno alla belt di Faone e allamore che gli port la Dea Afrodite, manifestamente son tratte dal mito dAdonide, dove si rinvengono identiche esattamente. ( Qui T autore addita in una nota le antiche fonti di cotesta tradizione; e avverte come si di Faone e si di Adonide si fingesse che Afrodite gli appiattasse nella lattuga. ) Esiodo parla d un Faetone, figlio dellAurora e di Ce falo, che Afrodite aveva rapito quand era ancora tenero fanciullo, per farlo custode dell adito de suoi templi (Esiodo, Teog., 986 e seg. ). Fondamento di questa favola aperta mente la tradizione d Adonide, che da Cipro venne a notizia dei Greci ; onde poi si dedu ce che i Greci abbian dato a questo favorito dAfrodite il nome greco di Faetone o Faone, e questo in seguito, per una serie di male intelligenze ed interpretazioni, si sia trasfor mato nellamante di Saffo; se pure Saffo me desima non celebr in un canto per Adonide, e ne compose certamente di tali, il bel Faone, si che i suoi versi potessero riferirsi ad un amante suo proprio. Che se Palefato ( n tp i ^7TT(*>vl, 1 9 ) , Snida ed Eudocia

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( V. 4>ocv)j Apostolio (Proverbii, XX, 15) memorano versi amorosi di Saffo pei* Faone;. crederei che male interpetrassero i canti del la Nostra o dicessero della eresia, meretrice e amatrice di colui: la quale ancora, come vedemmo in Suida, verseggi. Il Neue e il Muller, dopo il D Ajano, poco persuasi d una doppia Saffo, rinnovellarono, l opinione del Cramer (De patria Sapphus; Ienae, 1755): che sola una Saffo, nata ad Ereso, citt di Lesbo e sottoposta a Mitilene, dalla minor citt passasse alla maggiore, e pigliassevi stanza: di che le venisse nome di Mitilenese. Ma io resto pi capace della du plice Saffo. Cotesta duplicit di nomi celebri spesseggia nella storia e delle lettere e dei popoli greci. E , per offerirne esempii, non furono anticamente due Minos, ambidue Re di Creta, ma l uno figlio di Giove e d Eu ropa e giusto, l altro nipote del primo e figliuol di Licante e crudele tiranno ; e. il dop pio nome non forviava insino il giudizio di Plutarco (Vita di Teseo, XVI), e daltri molti innanzi e dopo lui, che insieme gli confu sero? Ad Ercole, a Bacco, a Mercurio avvenuto lo stesso: gli eroi di questo nome furono pi di uno ; anzf ogni nazione ha avu2

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to il suo ; ma i posteri hanno in un solo riu nite le azioni illustri e le celebri fatiche di tanti, formandone poi un solo Ercole, un solo Bacco, un sol Mercurio (Francesco Saverio De Rogati, Vita di Saffo). Si noverano due Aspasie, molte Sibille; e tra le bagasce due Fririi, due Laidi e due Glicere; e tra le poe tesse due Corinne o tre (quantunque Tanaquillo Fabbro, e poscia il Mongin, contro Suida, le riducano ad una d incerta patria ), e forse un pajo d Erinne ; e tra gli altri scrittori due Omeri, l epico e il tragico, due Platoni, il filosofo e il drammatico, due Simonidi, due Stesicori almeno, tre Senofonti, due prosatori ed uno medico, due Teocriti, l uno siracu sano e l altro da Scio, ricordato in un antico epigramma d Artemidoro Grammatico; e de Luciani infino a dieci ebbe a contarne il Fabbricio (Biblioteca Greca, IV), de quali due sofisti, l uno quel famoso da Samosata, l altro posteriore e amico di Giuliano Imperadore, ed autor forse del Filopatride, dia logo stalo attribuito al Samosatense. Donde gli scambii de posteri, che persino un tratto recarono in uno Teocrito e Mosco, nomi tra s diversissimi. S arroge che I croide ovidiana, mescolante le due Saffo in una, man

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c a , secondo che V Heinsio not, ne vecchi codici del poeta: di che alcuni critici la tarono apocrifa; e potette essere scritta per alcun poeta posteriore e imitatore d<*l Sulmonese. S arroge che nelle medaglie e gemme e statue antiche gli antiquarii avvisano due diverse effigie di Saffo, e diversa foggia di vesti e d ornamenti. Lo Sponio ( Aotiq, select., IV ) riporta una medaglia coll* mtnagine di questa donna sedente, intorno alla quale gli abitanti di Mitilene sono espressi in atto di far festa. Air incontro in un erma colla testa di questa poetessa, gi del Museo Belloni, si vede il nome di Saffo unito a quello della citt di Ereso, lAfi+Q e p z u a (Gronovio, Thesaur. Antiq. Graec., T- Il); e, a farne il confronto, la fisonomia di questa ben diversa da quella della medaglia, alla quale per altro somiglia moltissimo il busto di bronzo, che di Saffo mitilene.se esiste nel Museo Reale d Ercolano. Al dir di Le Fevre, nel Museo di Fulvio Orsini si vedevano due gemme, in una delle quali vi era Saffo co ronata di lauro, nella seconda si vedeva la stessa di altra fisonomia, coronata di ellera. Quello che poi scioglie ogni contesa circa le due poetesse la medaglia che si trova ri

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portata dal Goltzio (Numismata Graeca, Tab. XIV); in cui da un lato si vede il busto di Saffo coronato di edera, co capelli sciolti alle spalle, dall altro lato vi Saffo in pie di, con capelli raccorciati, colla cetra in mano, in atto di danzare, collepigrafe sah+w aexb'is, di vestimenti, di sembianze e d or nato dissimili una dall altra (F. S. De Roga ti, Ivi). Della qual sentenza vennero in confermazione altri due ritratti, l uno della Saffo nostra, l altro dell eresia, trovati pri mamente del 1822, che recano il nome di ciascheduna : il primo dipinto sopra un vaso disseppellito dalle rovine d Agrigento, e rap presenta, l una rimpetto all altra, le figure coi nomi di Saffo e dAlceo, sebbene le costoro sembianze diversifichino dalle conosciute; e fu pubblicato dallo Steinbuchel; il secondo, re cante il nome sAn+Q e le lettere epeci (Ereso), fu dato alla luce da Luigi Allier De Hauteroche, che trasselo da una medaglia venuta di Grecia, togliendone occasione di scrivere una Notizia sopra la cortigiana Saffo d Ereso. IV Del padre e della patria novella in certezza. Genitori di Saffo universalmente si tengono Clide e Scamandronimo. Ma, come pur d Anacreonte accadde, si dubit tra pi

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nomi paterni : Simono, Eunomino (o Eumene), Eerigio (o Eurigio), Ecrito, Semo, Camono, Etarco; filatessa registrata da Suida ed Eudocia. Altra variet porge un epigramma pre messo agli Scolii Pindarici: Eurigiro o Eurigoro. Questa copia d incerti nomi insinu nel Perizonio e nello Scheffero il reo sospetto che la Nostra nascesse spuria: quantunque esso Perizonio, annotando Eliano, creda che la diversit del nome paterno, del quale non s accordano parecchi autori, potesse proce dere dal confondere i padri di pi Saffo l uno coll altro : perciocch questo era nome com munissimo, e pi divent quando l ingegno della Nostra ebbelo perpetuato. Facilmente adunque si scambiarono e produssero abbagli ne biografi que nomi, avendosi a sceverar dalle molte Saffo la memorabile. Novello ar gomento cotesto contro 1 unica Saffo. Que vo caboli veramente sentono il pi di corruzione e confusione : il pi legittimo ( o certo il pi generalmente accettato) sembra Scamandronimo, se ci atteniamo ad Erodoto (II, 135), ad Eliano (Var. Ist., x n , 195), allo Sco liaste di Platone ( Fedro ) ; e fu registrato pur dai predetti Suida ed Eudocia; che ci danno anco il nome della madre, Clide, confermato

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dal sopraccitato epigramma. Se non che du bita il Neue non forse il nome della figlioletta della poetessa fosse trasferito, per iscambio, all avola. Rispetto alla patria, pendono alcuni dotti fra Mitilene ed Ereso : dubbio ri gettato da chi le due Saffo distingua. Laonde io non istarei sospeso tra Mitilene ed Ereso, e perch credo alle due Saffo, e perch po chi antichi stanno per Ereso ( Suida per isbglio, coni e soleva, Eudocia, che copi o fu copiata da lui, Dioscoride nell Antol., Palat., vii, 407, e un iscrizione apocrifa d una statua nel Gronovio, Tesoro, T. u , Tav. 3 4 ), molti per Mitilene (Erodoto, che dice Carasso uomo di Mitilene, n , 135; Mosco, h i, 92; Strabono, x u i; Ateneo, x ; lo Scoliaste di Platone, Fedro; Aristotile, Rettorica, n , 23; Polluce, ix , 6, 84; Tul lio Laurea, nell Antol. Palat., vii, 17; e Da mocari, nell Appendice all Antol. Palat., iv, 310). E Fozio e Suida, alla Voce Wwv, colle parole Saffo, non la poetessa, ma la lesbia, non dimostrano che la prima fosse generalmente avuta e detta mitilenea? Ma, per giunta, chiare e da troncare ogni di sputa parranno altrui le parole d Aristide (Epitaffio per Alessandro): i Mitilenesi hanno

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a gloriarsi della nascita di Saffo e dAlceo, come gli Smirnesi d Omero, i Parii d Archiloco, i Beoti d Esiodo, i Cei di Simonide, glImeresi di Stesicoro, i Tebani di Pindaro. V. Il biografo, che ad ogni passo della vita saffica scontra una quistione, ridotto a dover disputare eziandio sulla costei bellezza o deformit, sulla impudicizia o castit. Ma della castit nel . VII. Delle sembianze varia negli scrittori il giudizio. Angela Veronese, interrogata dal Foscolo giovine che pensasse di Saffo, da femmina accorta penso, ri sposi, eh ella fosse pi brutta che brava, poich Faone la abbandon.... Oh! cosa dici, ragazza mia? esclam Foscolo: questa una bestemmia: Saffo era bellissima, grande, bruna, ben fatta, ed avea due occhi che pareano due stelle (Notizie sulla vita di Aglaja Anassillide, scritte da lei medesima, e pre poste ai suoi Versi, Padova, Crescini, 1826). Ma s ella avesse raggiato di bellezza come di poesia raggi, non se ne disputerebbe: in dizio pessimo in cotal materia la disputa. Chi la presume bella, fondasi nelle testimonianze di Platone (Fedro), Plutarco (Amatorio), Giuliano (Epistola ad Ecebolo, 1 9 ), Eustazio (Sull Iliade, x x ) , Temistio (Oraz., x x )

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Anna Comnena ( Alessiade ). Ma i passi di costoro testimonii d udita, non di ve duta si vogliono intendere con Massimo Tino della* leggiadria poetica, o, al pi, della giocondit e amabilit delle maniere; delFa(jrable francese. Graeci revera hoc vocabulum (pulchritudo) viris etiam propter libroFum venusta tem non raro largiuntur ( Neue ). N il frammento sopraccitato dAl ceo fornisce argomento di bellezza : sibbene e solamente di piacevolezza, di grazioso e ag gradevole aspetto. La volgare opinione con traria allega Ovidio (roid., x v , 31 e seg.) e Massimo Tirio (Disseri, x x iv ), che vo gliono la poetessa pi traente al brutto che al bello; piccina e scuretta; sentenza forse la pi probabile. Credibilissimo'in questo 0vidio poeta, pi che uno storico: poich i poeti spesso cantando le brutte abbllano, mai le belle non deformano a scapito della poesia; e , nel caso d Ovidio, a scapito del suo proposito d* intenerir Faone. Ovidio dun que la dipinse bruttina per non si contrap porre, senza buon effetto, alla pi vera e diffusa fama. N troppo diversamente ne trat teggia le forme Damocari nell epigramma al trove citato, descrivendo una pittura che la

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ritraeva: di sfavillanti occhi, raffiguranti la speditezza vivacissima della fantasia; di cute osservabile per ispontanea liscezza, non procacciata dall arte; di mezzana grassezza; di volto la cui cera ilare ed umidetta accu sava unita in lei la poesia con Venere. Tutto cotesto, certo, non fa bellezza. VI. Se vorremo acquetarci ad Ovidio (Eroidi, x v , 61-62), nel sesto anno perdette il padre; n troppo tardi, sembra, anche la madre, sebbene di questo nome diventi pi dolce il Framm. x x x n , dolcissimo; poich la figlia, natale postuma, chiam del nome materno. Questa figliuola ebbe dalle nozze con Cercola, andrese, ricchissimo, secondo Suida; secondo il Neue, un pover uomo e ramingo, al quale i commediografi greci, in festi alla memoria di Saffo, dessero per istrazio questo nome, che in greco bruttamente suona. Certo al marito, se ricchissimo e al tero delle ricchezze, ella richissima dellin gegno e del Cuore, poteva alteramente dire: Sposo, or non v ha fanciulla altra cotale ( Framm. lxii ). Nomin la sua Clide nel Framm. lxxii, recato per Efestione senza nome d autore, ma, come lascia intendere Suida, costantemente avuto per

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saffico sin dall antichit. La ricord, senza no minarla, nel Framm. xxvi. Giorgio Menila d Alessandria della Paglia, il fiero avversario del Poliziano, nel commentario delleroide ovidiana di Saffo a Faone, anticamente stam pato, pose, n veramente so donde e sei cavasse, che da queste nozze uscisse un fi gliuolo che Saffo nom Didan. Vissuta al quanto col consorte doviziosissimo, lo per dette : n la vedova, quantunque giovanissima e dottissima e danarosa, consent a nuovo connubio; e gli anni della vedovanza diede onoratamente agli studii, e , un po troppo liberamente, alla volutt. Ma la volutt non imped lei, come suole altrui, dagli studii. A Saffo nella sollecita vedovanza e nel rifiuto di rimaritarsi e nella vedovanza spesa, co mecch meno prosperamente, nel poetare, somigli la nostra Vittoria Colonna; che per incorrotta costumatezza forte le dissomigli. Le rimasero Larico, Eurigio e Carasso, fra telli: al primo, perch somministrava ai Mitilenesi il vino nel Pritaneo (cio nella Cu ria), verseggi lodi affettuose (Ateneo, x ; Eustazio, SullIliade, xx); a Carasso invet tive. Questi, andato a Neucrati per mercan teggiare il vino di Lesbo, invagh col di

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certa mala femmina, per nome Dorica o al tramente Rodopide, dal cui padrone compe ndia a gran prezzo (Erodoto, 11, 135, Strabone, x v i i , Ateneo, x m , Diodoro, i). Co stei, trace d origine, aveva un tempo ser vito con Esopo a Iadmone Samio: poi, ragunate assai ricchezze in Egitto, consacr a Delfo, a ricordanza di s, molte aste o pun goli di ferro da stimolar buoi. Altro narra rono di costei gli antichi, favoleggiando. Carasso, sposatala, n ebbe prole: ma Saffo rim brott duramente ne versi Dorica e il fra tello, fattosi, pi che compagno, schiavo di avara e impudica e ingannatrice femmina ( Ero doto ed Ateneo; Suida, Voce TocTw/r/^o^). Non restando memoria del maestro di Saffo, Saverio Broglio dAjano ( Saffo di Lesbo, Par. I, Note), considerato ebe Terpandro d Antissa e Arione di Metimna, illustri mu sici, lirici ed innografi, le fiorirono il primo un poco innanzi e l altro contemporaneo, tenne per probabile che l uno in sua vec chiezza , l altro in giovent la disciplinassero. Chella studiasse in Pamfo innografo, avuto per coetaneo di Lino, fu detto da Pausania (Beotici, 2 9 ): leggermente e sicuramente pos siamo conghietturare, eh ella svolgesse e me

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ditasse i molti e celebrati poeti che la pre cedettero. Ammaestr liberalmente, / * secondo Massimo Tirio, nelle lettere greche e nella mu sica, le fanciulle cittadine e forestiere, che a lei concorrevano da pi bande; da Bisan zio, Rodi, Mileto, Colofone, Teo, Salamina; e d altronde. Durano, rammemorati da Ovi dio, Massimo Tirio (Dissert. x x iv ), Suida (Voce 2tr<>) e Zenobio,e dai Frammenti della maestra, i nomi di Damofila Pamfilia, Mnaide, Dorica, Eunica, Pirino, Cidno, Auli tone, Telesilla, Anattoria, Megara, Gorgone, Anagora, Gellone, Erinna, Attide, Andro meda , Gongila ; tutte amiche e discepole sue. Il D Ajano aggiunge, non so donde tratta, Cirene. Di costoro vennero in alcuna fama Eunica da Salamina, Anagora di Mileto, Damofila di Pamfilia, Gongila di Colofone; ma d assai pi l Erinna da Lesbo (o Rodi o Teo), 1 una delle nove maggiori poetesse greche: la quale attestano intrinseca della Nostra Suida ( Voce "Hp/wa ) ed Eustazio (Sopra l Iliade, il). Costei, morta immatura a diciannove anni, pareggi, per giudizio di Suida, co versi epici Omero, e , secondo Filostrato (Vita di Apollonio Tianeo, i, 30), lasci poemi e famosi inni a Diana Pergea.

La Grecia fior di poetesse, come di poeti, a ribocco: e Goffredo Oleario (De potrii' graecis) ne computa meglio che settata; ma valentissime le nove famose; Saio, C o rinna, Erinna, Anite, TeksSb, Mirtde, Noside, Miro, Prassilla. < Suida, alT articolo 2a>r$>, fa una distinzione fra le t - i . f z i e le uoL^rjfiat di Saffo: ma certameate le ETZLpxi in principio furon aahrzztxi <Mil ler ). > Nominando Suida tra le costei di scepole un Anagora da MDeto e M a s o Tirio un' Anattoria, 3 D Ajano ed altri le credettero due diverse alunne:se non che 9 Mller opin dover esser nomi alquanto di versi d una medesima femmina; essendo che la citt di Mileto, patria della prima, fa detta primamente Anattoria ( Stefano Bizantino. Voce MAijrc; ; Eustazio, Sopra T Diade , li, 8; Scoliaste d Apollonio Rodio, i, 1*7 j. Di coleste discepole Saffo motte am fanr di modo, altre odi: Damofila, ssa fami?Va rissima, spron coll esempio a verseggiare (Apollonio Tianeo presso Filostrato, i . 30 y. talune, le pi care o le pi nimicbe, oomuta o accenna berteggiando ne' Frammenti ( \ iv , x x i, xxxv, XXXIX, XLL, LV, LXXXVII); e di Gellone vergine, cbe diede occasione a un

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proverbio greco, pianse forse ne canti la morte immatura (Zenobio, Proverbii, ih , 3). VII. Del costume ebbe accusatori moltis simi , difensori pochi : i quali, s io ben veggo, non isgarano gli altri. Quantunque mi gar risca Seneca (L ett. lx x x y iu ), il quale tra le frivole quistioni ventilate ne suoi quattro mila volumi da Didimo Grammatico mette questa: an Sappho publica fuerit; et alia quae erant dediscenda, si scires; e quan tunque all orecchio mio mormori Saffo me desima Non toccar la melma! ( Framm. lx x x i ) io, per debito di narratore veridico, non posso, come vorrei, tacermene. I biografi pi amici a lei sostengono che l incolpazione di T/9c/3a</a 9 accolta generalmente ab antico, n cancellata forse dall apologia di Federico Teofilo W elcker, pigliasse fondamento dalle ca lunnie di Carasso e Rodopide, aspreggiali dalle poetiche invettive della N ostra; e d Alceo, furioso per l amore non ottenuto; e che le calunnie ripetessero e propagassero, trafitte da invidia, re m u le femmine ed anco le discepole. Nonpertanto Saffo (seguono gli avvocati suoi) persever continovo a studiare e insegnare; e solo talvolta la sconoscenza delle diflamatrici

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lesbiesi castig ne versi d ironiche punture. 1 1 Welcker, il Neue e il Muller la tengono tortamente infamata da commediografi, che appresso menzioneremo, infesti alla sua me moria. Non vidi il libro del Welcker, stam pato a Gottinga del 1816: ma dal brevissimo estratto portone dal Neue m accorgo eh egli fa capitale, per nettar Saffo, del silenzio d al cuni scrittori; e non mi convince. Scrissero dopo il Welcker il Du Luth, il Deschanel ed altri, che ripetono e rinfrescano la vecchia accusa: la ripete anco il Visconti, e diffidasi di poterne prosciogliere l incolpata. E coi pi m aduno anch io : parendomi che dove i Greci generalmente, e le lesbiesi segnatamente, non escano mondi, come non usci ranno di facile, dalla sozza macchia, non sia da poterne forbir Saffo, gravata dalle testi monianze antiche e dalle proprie. Che gli amori vietati da natura sciaguratamente fos sero abbarbicati in Grecia, s hanno continui riscontri negli scrittori greci medesimi; e negli Amori di Luciano ( a dritto o a torto attribuiti a lu i, ma greca scrittura pur sem pre ) n udiamo tessere l apologia svergognata : dove conchiudesi che* la rea costumanza de finita per le^gi divine venuta fra noi e per

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successione (Trad. di Luigi Settembrini). I miseri profani pretessevano, gloriando, l esempio de loro pi profani Iddi ; e milita vano sotto la bandiera di Giove e Ganimede, deificazione della sozzissima oscenit. Non si perit punto Emilio Deschanel di cacciar Saffo tra le meretrici greche, e ammazzolarla con Laide, Frine ed Aspasia: n monta op porre (e segue) eh ella si maritasse; quando anco Aspasia spos Pericle. A tanto non m ar rischio io: ma della castit di Saffo non mi capacito; e per non battagliero per quella di conserto con Massimo Tirio, filosofo pla tonico. Le donne lesbie particolarmente fu rono s rotte alla peggior lussuria, che il nome di lesbiesi e la frase amare alla lesbiese, passati quasi proverbii nella favella greca, giustificano il detto di Luciano (Dialoghi delle Cortigiane, v ), ch io dar non volga rizzato: T O i a r a ; y p A s a f i u Xyovat y u v a f xa<7, i no avdpwv /xe'v oux iOsXovtja* auro noio X e t y , y u v a i i cf a u r a $ wffrrep

vd>a$. Giovan Cristiano Wolf, additando i Numismata insularum Graeciae, Tab. x iv , del Goltz, e il Thesaurus Numismatum, il, del Patino, ci rammenta come quei di Lesbo si licenziassero di tanto da effigiare cotali

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infami bruttare in sulle monete. Le donne lascive riboccarono in Lesbo per forma, che la mollissima isola gareggi con Mileto, colonia jonica, nel provveder di squisite bagasce la Grecia. Corinto, Abido, Tenedo e altri luo ghi, per quantunque ricchissimi di cotal merce, non tolsero la palma a que due. Si distingue vano in Grecia meretrici civili, dette etre, da volgari ; e Solone, riputando pernicioso lo sterminarle dalla repubblica, le protesse di leggi; e solamente a costoro, delle femmine, fu conceduta la squisitezza delle vestimento. Elleno, forti della bellezza, anche saddestra vano in pi guise di studii: n permettevasi ad altre femmine l educazione e la coltura dello spirito: sole costoro partecipavano alla vita pubblica, alla fama letteraria e filosofica, all esercizio delle arti belle ; sole costoro s ac contavano e s addomesticavano cogl illustri politici e letterati dell et. Ambirono il fa vore degl ingegni cospicui, e ne fomentarono de nuovi. Per si meritarono la stima d in signi filosofi, e divennero gl idoli di quel po polo entusiasta delle grazie, le dittatrici del buon gusto (Foscolo, intorno ai Dialoghi delle Cortigiane di Luciano; Opere, ediz. del Le Monnier, Voi. xi). A tutta Grecia, salvo al3

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cun poco Sparla, era nonna la massima di Pericle in Tucidide ( l i, 4 5 ): quella esser ottima donna che meno vada per le bocche degli uomini, cosi biasimata come lodata. Ondech le pudiche, vergini o spose, passa vano oscure, inonorate, dimenticate : le chiu deva la casa, fatta prigione perpetua: gli stu dii e le discipline gentili solo armavano di tutto punto le impudiche; e alcune femmine greche antiche, costumate e dotte, abbile per eccezioni. Tanto pu la forma dell educare, qual ch ella sia! Per le meretrici si forma vano scuole governate dalle pi esperte e ad dottrinate : quivi s imparavano ginnastica, danza e musica, ajuti possenti al mestiere; e quest ultima, come il nome suona, abbrac ciava le arti tutte delle Muse ; e pertanto an cora la filosofia. Delle varie filosofie le baga sce di Mileto e di Lesbo preferivano l epi curea o la cinica: certo le pi accordabili col mestiero. E le disoneste scuole fruttarono bagasce infinite, dell arte espertissime e nel praticarla abilissime. Le pi famose amavano, riamate, i pi famosi de Greci; e potevano smisuratamente; infino a diventare alcuna volta arbitro della guerra e della pace, come < ! Aspasia da Mileto fu, per cui s accesero

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le guerre di Samo e di Megara; e da que st* ultima l altra pi fiera e ostinata del Pe loponneso. E quell* Aspasia dottissima, che conoscevasi di rettorica e poetava (abbiamo di lei non so che frammento nel volume Mulierum Graecarum Fragmenta et Elogia, com pilato da Giovan Cristiano Wolf), ammaestr Pericle, Alcibiade e Socrate, dal quale si nom Socratica; e, commendata da Luciano d astuzia politica, di politica disputava con essi Pericle e Socrate. Coi ragionamenti filo sofici, ornati di facondia, ella oper che Se nofonte si rappaciasse colla moglie. Molto amor di gloria, non disgiunto da qualche opera di virt, n andava meschiato in co storo con tanta corruzione del costume : e fu visto a Leena la tortura non poter ca vare di bocca un segreto. Frine propose (proposta non accettata) di rifabbricare a sua spesa le mura di Tebe, s veramente che vi si scrivesse a un canto: Alessandro le di strusse , Frine le riedific. Que cuori, che il reo mestiere suole abbiettare, s accendevano alcuna volta di non ignobili amori. Ascoltali favellare in Luciano; e non gli dovrai sem pre sempre spregiare: non ispregerai certo Innide (Dial. xm ). A Frine da Tespi fu di-

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Tensore in giudizio V oratore Iperide, ama tore lo scultor Pressitele : ella porse le sua forme ad Apelle per modello della Venere Anadiomne. Ed Apelle am di cotali femmine una e celebre, Laide da Corinto: Aristippo, Diogene il Cinico e Demostene vuoisi che amassero un altra Laide d Iccara in Sicilia. Una Glicera (ch due ne furono) offeriva al tempio di Tespi in Beozia una bellissima sta tua d Amore, donatale da Pressitele (Uno scolio greco agli Amori di Luciano ). Ipparchia, la celeberrima delle filosofesse ci niche, am e spos, comecch gobbo e po verissimo, il filosofo Crete. E ci pervenne con tezza di Leena, amante d Armodio, d Archeanassa, amante di Platone, d Erpillide, amante d Aristotile, che gener di lei Nicomaco, di Leonzia, amante d Epicuro e poi del costui discepolo Metrodoro, di Nemea, amica d Al cibiade, di Pizionice e Glicera, amanti una dopo 1 * altra di Arpale, di Callissena e Taide, ambe sollazzo del Magno Alessandro, di La mia, amica di Demetrio Poliorcete. Ad esal tar Naide volgeva un orazione il retore Alcidamante; e alle danzatrici Aristonice, Agatoclea ed Enante s inchinavano insino i Re. Ricevettero talune di costoro onoranze straor

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dinarie: a Leena venne alzata una colonna per monumento nazionale: Pizionice ebbe vi vendo onori da regina e, morta, una statua di metallo. Pi segnalato e civile servigio rendettero le cortigiane alla'patria greca in sullo scader suo. E quando i flagelli della tirannide e della ipocrisia religiosa ebbero trasfigurata la Grecia, elle sole resistettero lungamente al naufragio delle antiche istitu zioni, ed esercitarono ancora un tal predo minio sulla moltitudine, che Luciano, letterato il pi celebre de suoi tempi, spregiatore ar ditissimo della impostura, tratt con amore questa materia, come una delle meno vili del suo secolo (Foscolo, Ivi). S io mi distesi alquanto sulle meretrici gre che, non mi dilungai troppo dall argomento; e volli proporre ai leggitori, come in ispecchietto, la condizione di costoro in Grecia; tanto eh essi veggano e di per s stimino, raffrontando le reliquie saffiche alle testimo nianze antiche, se debbano adagiarsi alla sentenza del Deschanel, che tuttavia n pri mo n unico la profer. Sia pur d ambiguo valore, e per non autorevol prova, il ma scula Sappho d Orazio (E pist., i, 19, 28). Meretrice, per due volte, scopertamente, chia

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m Taziano (Oraz. ai Greci, 52 e 53) la Nostra: femminella impudica, cantatrice di sue lascivie. Bucinavasi, come in Suida leg giamo, tener Saffo brutta dimestichezza colle amiche; ed essergliene venuta e mala voce e vergogna. Massimo Tirio (Dissert. x x iv ), pur isforzandosi di nettarla dall infamia, con fessa che Saffo nelle poesie celebrava di fre quente gli amori femminili, come Socrate i maschili; e non celava damar assaissimo, e da ogni bella persona lasciarsi facilissimamente ammaliare. L ottimo filosofo, per farne chiari ch egli, onestando gli amori di Saffo, non piglia platonicamente un granchio, ci spac cia li presso per estetici gli amori d Anacreonte per Batillo, Smerdia e Cleobolo. Nelle Quistioni Convivali di Plutarco leggiamo ( vii , 8 ): qualora si recitassero canti di Saffo ed Anacreonte, io penserei, mosso da pudore, dover deporre il nappo. Non altramente rappresentano la mollissima poesia saffica Temistio (Oraz., x m ), Orazio (O di, li, 43, 21 e seg. ), Ovidio (Eroidi, x v ), Apulejo (Apologia); tutti concordi a riprovarne, o almanco affermarne, loscenit. Citeremo d 0vidio versi per lei vituperosi: Nota sit et Sappho : quid enim lascivius ill (Arte d amare, li, 331 )?

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Lesbia quid doeuit Sappho nisi amare puellas (Trist., il, 363)? Lesbides, infamem quae me fecistis amatae (Eroidi, x v , 201). Il qual poeta trasse certamente dai libri saffici il seguente, come altri concetti del1 * Eroide quindicesima, che i dotti reputano versione o imitazione dal greco; e dove ad ogni modo il Sulmonese non dovette dipin gere il cuore della poetessa altro da quel che negli scritti apparisse. Molle meum levibusque cor est violabile telis, Et semper caussa est cur ego semper amem (Ivi, 79-80). Sentimento che perfettamente consuona colT altro soprarrecato di Massimo Tirio. Non troppo casta la dice anco Marziale ( vii , 69 ). Che Alceo la salutasse casta , non fa forza: lode insidiosa del poeta, che sperava ren derla impudica a piacer suo : ma la prova gli falli. Tracce non poche di mollezza trop po dannevole restano ancora nelle Odi e nei Frammenti che il tempo non divor. L Ode famosissima, da tanti imitata, non agguagliata mai, non fu dettata per Faone, come avvi sarono molti ; sibbene per una donzella amata, come attesta chiaramente Plutarco (Amatorio):

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pw/Asves tripavec$*}$(vediancora ilPearce, Note a Longino, e il Saint-Marc, Commen tatore del Boileau). Agli accusatori non vor rebbe credere il Barthlemv, perch scris sero molto dopo T et saffica : m a, senza che questi potettero attingere le accuse da scrit tori passati, tolti a noi dal tempo, bene al Barthlemy rispose il Deschanel: di ci solamente inferirsi che il reo costume, di steso all et di Saffo dappertutto, non era notato, n ripreso. Ai secoli impudenti sogliono succedere i secoli ipocriti, che san tamente infiorano la putredine. Vili. A stornarla dagli studii soprav venne 1 esiglio eh ella prese da Mitilene, come abbiamo dai Marmi di Paro (Epoca 37, da raffrontare con Ovidio, Eroid., x v , 52): dove non rimane traccia dell anno can cellato dal tempo ; che i dotti conghietturando supplirono. Quell anno, secondo il Muller, si vuol collocare tra lOlimp. xliv, 1, e 1 Olimp. xlvh, 2: verso l Olimp. x lv i, A. C. 596, par eh esulasse la Nostra, nella pi rigogliosa et sua. N anche accennano i Marmi il perch dellesiglio: bens, ponendosi fuggita , non partita, Saffo, pensano il Barthlemy (Anacarsi, Suppl., m ) e il Visconti, ch ella avesse partecipato

il
alle contese civili d allora. Pi alla sicura il DAjano assevera eh* ella cospirasse col poeta Alceo contro Pittaco, uno de sette Sapienti, Signore di Mitilene; e che, sconfitti i congiu rati, ricoverasse nella Sicilia; donde rimpa triasse per lo perdono generale di Pittaco. Non esce del probabile eh ella s impacciasse nelle gare civili con Alceo, riottoso spirito, nel quale parve rivivere il mordace e peggiore Archiloco; al quale Alceo s era dapprima, per amor dellarte, accostata e divenutagli amica. Ma quell Alceo, che n ottenne amici zia, la richiese anco damore: ella rifiut. Sappiamo per Aristotile (Rettorica, i, 9 ) come chiedesse il poeta e come la poetessa rispondesse. Quegli dimanda a fior di labbra, peritoso per verecotdia o per presentimento della repulsa: l altra intende subito, come le donne sogliono; e se ne spaccia con un luogo topico della rettorica femminile, con una di quelle risposte che ogni femmina, let terata o no, pudica o impudica, tien pronte per amatore discaro. Innanzi ad amatore di scaro ogni Lucrezia Borgia si trasforma in Lucrezia Romana o Lucrezia Mazzanti. N manc tuttavia chi credesse nato da momen taneo sdegno quel rifiuto amaro : perciocch,

it secondo Ermesianatte citato da Ateneo ( xiii ), Alceo soleva cantar sulla cetra questo amore. E d Alceo ci pervenne un saluto a Saffo ( nell Arte di Attilio Fortunaziano): Saffo, dalle chiome di viola, casta, dal dolce sorriso. Co munque sia, di questi amori possiamo favel lare e credere; e non rimandarli tra le fa vole, come quelli della Nostra con Anacrconte, immaginati da Ermesianatte e Camaleonte (Ate neo, x iii), per istorpiar la cronologia; cui pi dottamente dislog le ossa il Cramer, in ventando il sincronismo d Anacreonte e Saffo. Se non ripugna alla cronologia, come il Vi sconti (Ivi, i, 1, 6 ) osserv, che i due si conoscessero, ben ripugna che s amassero, quella attempata, l altro giovanissimo e vo luttuosissimo. Ove mai quel da Teo avesse di mandato amore alla vergine dalla soave lo quela (parole d un frammento anacreontico per Saffo, nell Arte di Attilio Fortunaziano), pronta risposta avrebbe ricevuto; Saffo me desima ce ne accerta: Se amico inver mi se i, Cerca pi fresca amica: Non io vorrei, men giovine, costante Dimestichezza con pi verde amante (Framm. xviii ).

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Sugli amori suoi con Archiloco di Paro e Ipponace d Efeso ( poeti satirici, il primo anteriore, l altro posteriore a lei), pi li beramente fantasticati dal drammatico Difilo di Sinope, citato per Ateneo ( x m ) , non ac cade fermarsi. IX. Del quanto Saifo vivesse e del quan do per appunto uscisse di vita non abbiamo certezza: ma che morisse in patria, dopo il 568, non volerne dubitare. Tullio Laurea c informa dell eolia , cio lesbia, tomba di Saifo ; cui pur Antipatro Sidonio dice sepolta nella terra eolia (Antologia Palatina, vii, 14, 17). Visse certamente dall Olimp. x lii, a. 1, all Olimp. liv , dal 612 al 570 innanzi Cri sto. Or un motto delle opere sue. Correvano per le mani degli antichi, per detto di Suida ed Eudocia, nove libri di liriche saffiche; forse pubblicate, secondo che pensa il Neue, divisamente dalla poetessa, ma raccolte in un corpo dai Grammatici. Gli antichi citano gli Epitalamii, famosi e celebrati da Dionigi d Alicarnasso (Art. R ett.), da Imerio (Oraz., i, 4 ), da Dioscoride ( Antol. Palat., vii , 407 ) e da un poeta incerto (Ivi, i x , 189); e imitati, come dimostrano Isacco Voss e il Muller, da Catullo; gl inni (Monandro, Deh

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l Encom., i, 2; c Giuliano, Lctt. 3 0 ); gli epigrammi e le elegie (Suida ed Eudocia), i giambi e le monodie (Suida). Si compia cque anco molto degli Scolii ; genere di poe tare ai Lesbiesi carissimo (Muller). Secondo Pausania (Beotici, 2 9 ) , tolse da Pamfo il nome di Etolino, e cant questo ed Adone; secondo lo Scoliaste d Apollonio Rodio ( i v , 5 7 ), cant pur l amore della luna; secondo Servio (Sopra Virg., Egl., vi, 4 2 ), anco la favola di Prometeo. Colombano (Lettera a Fedolio, presso il Meursio nelle Note ad Esichio) qualific Saffo per poetessa delle Tro ia n e: ondech suppose il D Ajano (Ivi, h i ) aver lei cantato di queir argomento, con poe ma o poesie forse di quel titolo. N la teo gonia ignor: perciocch la quistione, dove i sapienti dissentivano, sulla generazione di Cupido risolvette filosoficamente, dandogli per genitori il Cielo e la Terra ( Scoliaste d Apol lonio Rodio, i h , 26). Scrisse in dialetto eolico, per testimonianza di Terenziano Mauro ( il, 658) e d altri Gram matici. Coni alcuni vocaboli nuovi; e par che verseggiasse alcuna satira di stil mezzano e dimesso (Demetrio Falereo, Dell Elocuz., 167); e fu riputata d eccellenza unica nella

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poesia d amore ; ed un epigramma dell An tologia ( i , 67, 14) la pone sopra Erinna, risguardo alle poesie meliche, sotto, risguardo agli esametri. La strofa saffica prese nome da lei : ma perch pur Alceo la us, par dubbio tra esso e la Nostra il pregio dell invenzione : Diomede Pascrive a Saffo: rimane in forse Efestione (Dei m etri, 14): Mario Vittorino e Attilio Fortunaziano risolutamente ne vogliono inventore Alceo ; Vittorino anzi opina che saf fico si nominasse quel metro solo perch Saffo pi spessamente lo tratt. Ma e Vitto rino e Terenziano Mauro la dicono inventrice del metro eolico; e Attilio Fortunaziano delT antipastico. Trov ella, secondo Aristosseno presso Plutarco (Della Musica, 16 e 2 8 ), l armonia missolidia, molle e flebile: se non che altri ne divulgarono inventore Pitoclide flautista, altri Terpandro. Menecmo da Sicione, allegato per Ateneo ( x iv ) , scrive che prima Saffo, tra poeti greci, trattasse la pettide , stromento straniero ( Ari stosseno presso Ateneo, iv ), usato dai Lidii: altrove Ateneo ( meno probabilmente, secondo il Neue, perch contraddetto da un frammento pindarico, recato da esso medesimo) pone Menecmo aver attribuito a Saffo, non che

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Fuso, l invenzione della petlide. Ma quanto al plettro , secondo Suida ed Eudocia inven tato da lei, stima il Neue che dalla voce pettide i due scrittori formassero 1 * altra. Di fatto la pettide non sonavasi toccandola col plettro, ma colle dita; e il plettro occorreva in altro antico stromento, nel (ppfiiyyt. Trovati que sti rilevantissimi in Grecia, dove di musica sapevano i pi grandi poeti, filosofi e oratori; e dalla musica e dalla danza venne il nome a Stesicoro ( istitutor di cori ) ; e delle novit recate in quell arte brigavasi la repubblica. Musica e danza nella poesia greca s* affratella rono come nell italiana de primi secoli: i quali da suono, tono e ballo chiamarono alcune specie di poesia sonetto, intonata e ballata. Commentarono le poesie saffiche per iscritto Calliade lesbiese (Strabone, x iii ) e Dracone di Stratonica, grammatico ( Suida, Voce apaxwv); a bocca Alessandro Sofista (Aristide, Epitaf.). Sull autrice compose un libro Ca maleonte d Eraclea (Ateneo, xiii). Amfi, Antifane di Rodi, Efippo e Timocle ateniesi, Difilo di Sinope ( Antiatticista, negli Aneddoti Greci del Bekkero; Polluce, v ii ; Ateneo, vili, x , xi e x iii , in due luoghi) e Platone (Meinekio, Quest. Scen., n ) , drammatici, la re

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carono sulle scene. Per lei, come per Omero, si coniarono monete coir effigie sua, singo larmente in Mitilene (Aristotile, Rettor., n , 23; Polluce, ix , 6 , 84). La dipinse in abito di danzatrice il pittor Leone (Plinio, Stor. Nat., xxxv , 11, 4 0); la ritrasse in istatua di bronzo Silanione, scultor famoso; statua che fregiava il Pritaneo di Siracusa, e cui Verre invol (Cicerone, Contro Verre, il, 4 , 57; Taziano, Oraz. ai Greci, 52). X. Profusamente e concordemente la en comia tuttaquanta 1 antichit : la quale, fer mato un novero di nove lirici greci massimi e d altrettante poetesse, in ambidue sin golarissima onoranza colloc la divina fem mina. Solone, legislatore amico alla poesia, come ud per un suo nipote uno de pi su blimi canti saffici, esclam non voler morire innanzi che sei mandasse a memoria ( Stobeo, Serm. x x ix , 28). Lei chiamarono prima Musa Cedreno ( Annali ), decima Musa Platone, Antipatro Sidonio, Dioscoride e un Incerto ( An tol. Palat., ix , 506, 66, v ii , 14, 407, ix , 5 7 1 ), Ausonio (Epigr., xxxii ) ed Eusebio nella Cronaca; Omero del minor sesso e pri ma delle poetesse greche Antipatro (Antol. Palat., v ii , 15); dottissima Terenziano Mauro

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( Dei metri ), una de sapienti Platone il filo sofo (nel Fedro; imitato da Eliano, Var. Ist., xii, 19). E Strabone (x iii; al quale rende eco Eustazio, Commento alla Periegesi di Dio nisio, 536): femmina ammirabile, cui delle altre poetesse niuna sinora compara bile. Vedi eziandio Plutarco (Oracolo Pizio, Convito, Amatorio) e Solino ( x lii). Ma compendia tutti gli altri 1 encomio di Galeno (Protrept., l): citando il poeta, intendersi Omero, la poetessa, Saffo. XI. La lirica greca salse appunto a grand eccellenza nell et saffica. Prima Archiloco, pi presso Tirteo, precedettero la Nostra : su bito l ebbe seguitata Anacreonte. Quel Pin daro, che la posterit riverisce principe dei lirici antichi, porterebbe forse gran pericolo della maggioranza, qualvolta per improvviso miracolo ripigliassero voce e suono le perdute o sepolte melodie della Mitilenese. Quantun que alcun verso d amore uscisse dal mordace Alceo, Alceo conobbi, a dir d amor s scorto (Petrarca, Trionfo dAmore, iv, 16); riman vero che la Mitilenese, trattandone ex professo e pi largamente e pi divinamente, alzasse prima l insegna della poesia d amore ;

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cui poscia illustr di nuove glorie Anacreonte, Anacreonte, che rimesse Avea sue Muse sol d Amore in porto (Petrarca, Ivi, 17-18): se non che l'una senti e cant la passione, l altro il piacere, c Rispetto alla lingua greca, Saffo concorse ad ampliarla e insieme fermarla. La frase omerica somiglia panno ondeggiante di larghe pieghe: Saffo la rassett; la strinse: non per levandole grazia ; ma solo conforme il ritmo lirico ricercava; il quale ella vari, dettando inni, odi, elegie ; e mescol 1 * eletta elocuzione co lenocinii della pronunzia e del dialetto eolico. Lei tutti gli antichi salutarono pari quasi ad Omero, maggiore quasi di Pin daro ( Deschanel ). E il nostro Petrarca ( Ivi, 25-27): Una giovene greca a paro a paro Coi nobili poeti gi cantando, Ed avea un suo stil leggiadro e raro. Costei, d anima ardentissima, certo am pi che femminilmente; e di quel foco scald le pagine; e quel foco, ridotto per ingiuria del tempo a favilluzze ne molti frammenti ri mastici, gitta per anche luce e calore. Di quelle infocate poesie ci desta vivissima Y imagine Plutarco nell Amatorio, paragonando

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Saffo a quel Caco figliuolo di Vulcano, che vomitava fuoco e fiamme dalla bocca; e: aOTy) d'oXyOJi (soggiunge) //-e/Aiy/As'vot nvfit $6yy8Toci. Leggendo i frammentuoli preziosi, tu sei tratto a ripetere la parola che all* in felice poetessa prest Ovidio (Eroid., xv, 12): Me calor Aetnaeo non minor igne coquit. N que rimasugli ti riescono scarsissimi ad indagare e quasi ritessere, per divinazione di cuore, la storia di cotesta singolare anima. L Ode il nell antica poesia, non invecchiata mai, dei Greci e de Latini regna come unica signora, chi la risguardi come la pi viva e spirante manifestazione della passione e delT amore antico. Tanto stupendamente vera e visibilmente parlante, che innamoratosi Antioco (figliuol di Seleuco Re di Siria) della matrigna Stratonica, ed ammalatone, occultando la pas sione; il medico Erasistrato, scorti nel giovine, all apparir dell amata, i segni di violento amore, come Saffo li divisa, ne scoperse e potette sanare la celata infermit (Plutarco, Vita di Demetrio): di che venne famoso tra i medici. E d amore impetuoso, profondo, quasi direi da moderno romantico, segna Saffo un orma lucida, incancellabile nel Framm. l x x ; col quale puoi mettere a riscontro i

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Franim. x x x , x x x v , l i , l x x x v i i , non dis simili, che l altro commentano. Io mi vo fi gurando che, se noi moderni possedessimo tutte le liriche di Saffo, molto ne potremmo apprendere sul magistero di contemperare, e quasi contessere, 1 arte antica e il moderno sentire ; per la cui disunione oggid moltiplica tanto brulicame di pedanti e frenetici. La luna, pomposa del candore, il pomiero agitato dal vento, la stella della sera, le dipinture cam pestri, gli orti delle Ninfe (Demetrio Falereo, Dell Elocuz., 132); i nappi e i sacrifizii; gl inni e la bestemmia ; le preghiere d amore infocato e le invettive di gelosia furente; l af fetto grecamente dilicato e l ironia finamente socratica (Massimo Tirio, Dissert. x x i v ) ; l amore accolto e il rifiutato; il convegno fal lito e la solitudine; le amiche e le nimiche; le discepole sconoscenti e la bamboletta con solatrice; l invidia battagliera dei presenti e ( contrapposto remoto, ma certo e fortemente presentito) la deificazione de posteri; e Ve nere ed Amore che scendono dal cielo; e i doni destinati a placare Afrodite; tali e altre somiglianti le figure ch e, variamente raggruppate, ora coll amplesso beato delle Grazie, ora col cipiglio tetro dell Eumenidi,

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atteggiarono o agitarono la poesia saffica. Suada, la Dea della persuasione, che, giusta Saffo, era prole di Venere (Scoliaste di Esiodo, Opere e giorni, 7 3 ) , la cospergeva di gajezza perpetua. Vi spesseggiavano gli encom ii. ai fiori ; alla rosa nomatamente. c Saffo la rosa am a, e corona quella sem pre di alcuno encomio, le belle tra le ver gini a quella agguagliando (Filostrato, Lett. l x x iii ). Negli Epitalamii, soavit di para goni freschi e floridi come le bellezze eterne di natura onde la poetessa li toglieva in pre stito. Quivi s introducevano, come nell Epi talamio catulliano (Vesper adest; imitazione dei saffici, che s abbella pur del Framm. lxv ) , due cori, l une di fanciulle, di gio vani T altro ; che graziosamente contendevano, quelle accusando, questi scagionando, Esper. pitturetta davvero dilicatissima, se vera mente della Nostra, il Framm. xliii . Studii qui chi vuol sapere scernere le grazie gre che dalle smancerie d Arcadia. Non ci sfug gano certi riscontri fra questi brani e la Bib bia. Il Framm. l i x , conforme facetamente chiosa il Deschanel, ci riporta a quel de Salmi ( x x iii ) , nella Domenica delle Palme: A t tonite portas, Principes, vestras, et eleva-

urini, portae aeternales, et introibit Rex Gloriae. I Framm. x x x i i e l i x gli diresti vir gulti spiccati dai verzieri del Cantico dei Cantici. Serena o tempestosa, la poesia prendeva qualit dall animo della cantatrice. Alla qual sentenze am are, scredenti nel bene, traeva di bocca il dolore (Framm. x ) ; e , a breve intervallo forse, giocondissimi versi la volutt: Amo la volutt, Sin che del sole il fulgido Volto mirare e il bel m incontrer ( Framm. x l ). Linfinita mi pare Volta del ciel toccare ( Framm. ix ; donde il Sublimi feriam sidera vertice d Orazio ). Dolore estremo ed estremo piacere sono men fieri aw ersarii, da meno spazio divisi, che non paja di primo tratto. Non badate a lei che vanta mitezza d animo (Framm. xxvii): che non rimpiattasse in cuore, come pugnale nel fodero, segreti rancori, lo avete a cre dere alla nobile infelice: ma quel petto, con tale animo, non posava placido, se non quanto, per la serenit dell aria, 1 * oceano; che, traen do il vento, s apre in cento abissi, aggira

cento vortici spaventevoli. Come ascendeva coll altera fantasia verso l altezza massima del bello, fors*ancora agognava una perfetta beatitudine : forse la nauseava il bene, quando se gli appiccasse una menoma particella di male : N miei, n pecchia io voglio (Framm . x c n ). Ma, sventurata e bruttina com era, baldanzeggiava con femmine eh erano, o si tene vano, pi belle, pi vezzeggiate, pi amoreg giate ; ed esaltava s medesima, come renduta felice dalle Muse; e presagiva a coloro, dopo m orte, quella obblivione che non avrebbe po tuto seppellir lei (A ristide, Opere, Voi. h i ; e Saffo, Framm. x v i i ). Quando lagghiacciava il presente, la rianimava l avvenire, guardato a gran fidanza. Il presente sempre occupa, ta lora schiaccia, i piccoli: all avvenire mirano i grandi. I suoi volumi ella ebbe in onto d amici, di consorti nella sventura fedelissimi : ( qui per solito s allega Porfirione, Sopra 0razio, Serm ., n , 1 , 30; m a, considerato il passo, io temetti che Porfirione fosse stato franteso dai filologi). Deplorando le calamit proprie, raccoglieva tutte le potenze dell af fetto sulla fiorente e vezzosa bamboletta, u-

niea consolatrice; e colla melodia del verso ne chetava il pianto (Framm. x xvi). Avr cercate, ancora cavate, dolcezze dall amore: ma Amore, che per Socrate era sofista, per Saffo era dolce-amaro, datore di molesti doni, ciurmadore ( ylvxvmxpov t cc**/effiVw/JOv, du0otzMxov ; Massimo Tirio, Dissert. x xiv). E come le vittime venivano inghirlandate innanzi che sagrificate, la Musa di Mitilene piacevasi, al paro d Alceo, di coronarsi d aneto e d appio (Polluce, v i, 1 9 ,1 0 7 ; Scoliaste di Teocrito, v i i , 6 3 ); e quelle corone allegre assai delle volte, contrastando, avranno dop piato mestizia alla poesia mesta! XII. De traduttori italiani, brevissima mente. Molti furono: alcuni, come l Anguilla e il parafraste Cappone, pessimi; pochissimi buoni ; compiuto d ogni eccellenza niuno. Quale volt un Ode, quale ambedue ; quale un frammento, quale un altro; e taluno pa recchi e i men brevi. Ecco il novero dei traduttori conosciuti da me. Traslatarono lOde i Giambattista Possevini, Antonio Conti, Ippo lito Pindemonte e Stefano Valletta; e in prosa Niccol Tommaso e Francesco Domenico Guer razzi; lOde il Francesco Anguilla, Ugo Foscolo, Paolo Costa e Giovanni Marchetti ; ambedue le

Odi Francesco Antonio Cappone, Francesco Venini, Francesco Saverio De Rogati, Alessan dro Verri, Giuseppe Maria Pagnini, Saverio Broglio D Ajano, Giovanni Caselli (m a pi veramente Francesco Benedetti da Cortona), Giuseppe Milani e Bonaventura Viani. Di co storo fu chi trasportasse ancora alcuni, chi molti, frammenti. Vincenzo Monti tradusse parte del Framm. x v i i e il x l , Antonio Mezzanotte la Canzonetta sulla Rosa, Giulio Perticari elegantemente, ma troppo libera mente, il Framm. x l i : altri altre minuzie. Di tutte le versioni, la meno manchevole di frammenti quella del D Ajano: ma sole poe tiche, al mio sentire, e da non isvergognar 1 originale, quantunque non troppo fedeli, quelle del Foscolo, del Costa e del Marchetti. Mi terrei dunque pusillanime, o certo m in fingerei , se volessi spegnere o celare la spe ranza (commune e naturale nei volgarizza tori) di superar chi mi precedette. Io, come studiante ancora di greco, la vorai sul testo e la versione letterale in prosa latina del Neue: ne* luoghi dubbii o di bujo significato o trascendenti la mia troppo scarsa grecit, mi soccorsero graziosamente d interpetrazione l illustre amico mio Prof. Giosu

57
Carducci e il Prof. Pietro Casanova; ch io qui nomino, ringraziando, per debito di gra titudine. Mi guardai sempre, a poter mio, quanto il metro e la poesia concedeva, dalr aggiugnere anche bazzecole : dacch Y in cantevole e sobria e possente ingenuit dell originale stimai sacra cosa, e da non dover sene disperdere in bella prova pur un atomo. N tuttavia m incontr di potermene sempre sempre astenere. Le parole chiuse tra le pa rentesi quadre dovetti aggiunger di mio, per compiere il senso, ai frammenti pi mutili. Ten tai d infondere nel verso passione, serbando fedelt: debbo soggiungere, per avviso a pedanti, fedelt poetica, non letterale? Del metro saffico non presi cura, n sollecitudi ne , imitando altri : quel metro per vero stran gola il traduttore, lo sforza a stemperare o p i strofa greca in due strofe, o poco meno, italiane, e invita agli arbitrii; quel metro in ceppa sempre, e tira a distoreere, a intar siare, ad annacquare. E veramente anche i nostri maggiori lirici non l ebbero dimestico. Ogni frammento accettai; pur taluno sospetto o quasi certamente apocrifo: bastando a me che gi fosse creduto di Saffo o si creda an cora; e solamente notandolo qui di dubbia

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autenticit. Ma trasandai que pochi e. non buoni versi di risposta ad Anacreonte* per ch, non che altro, Ateneo stesso, recando gli ( xiii ), li bolla di falsit ; n da lui si di partirono il Mustoxidi ( Vita d Anacreonte ) e la maggiore schiera de filologi vecchi e nuovi. E certe inezie d una sola parola ciascuna o d un pajo, che non rendono alcun signifi cato , o che da niuna parte mi sembrarono di conto, n possibili a tradurre in verso, ec cetto che (brutto vezzo) parafrasando, io, per non empiere di minuzzame questo liber colo, non le raccattai. Di che fui costretto, pur mantenendo a frammenti la serie del Neue, di scorciarne il numero. Finalmente avvertir come talvolta gli antichi, offeren doci i brani saffici, non citano l autore ; ma i dotti gli ascrivono alla Nostra per conghietture quando pi, quando meno ragionevoli; e talune incerte; ma non rado giustissime, accettabili, accettate. Sono de siffatti i Framm.
XXXI, XXXII, XXXV, XXXVI, XLIII, XLV, LII, LIV, LXI, LXXI, LXXII, LXXIV, XCIII, XCV, GII:

de quali i x x x v , x x x v i, l i i , l x x i i sicura mente autentici; dubbii, chi pi e quale meno, gli altri; sospetti la Canzonetta sulla Rosa ( x c v ), il frammento di Scolio ( x c v i ) , 1 E

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pigramma ( x c v ii ), gli Epitaffi ( x c v m e x c i x ) e 1 * Enigma sulla Lettera ( c ). Traducendo tu tto , imito il Neue, che non guarentisce di tutto P autenticit. Queste diligenze e non minor affetto io posi nella presente versioncella : se con frutto o indarno, a te, leggitore, il giudizio.

ODI E FRAMMENTI DI SAFFO

0 suavis anim a, quale in te dicam bonura Antehac fuisse, tales quum sint reliquiae! F ed r o , Lib. Ili, Fav. 1.

I.

( Da Dionigi dAlicamasso, Della collocazione delle parole, 2 3 .j

A Venere.
0 Venere dal soglio Variopinto, o germoglio Di Giove, eterno ; o d* amorosi furti Artefice, a te supplico: di rea Cura e d angoscia non g ra v a rm i, o Dea. Vieni, se orecchio attento Al mio d* amor lam ento, Che spesso io ti m andava, unqua porgesti. Lo udivi ; e , la paterna aula v a rc ata , A me traevi; e, al cocchio aureo aggiogata

Di passeri leggiadra Celere coppia , 1 adra T e rr a , quaggi m enandoti, dall* a l t o , Aleggiando agilissima ra d e a , Per mezzo l 'a e r e ; e subita giungea. T u, beata, del volto Immortale a me volto 11 celeste s o rris o , o n d e , chiedevi, Onde il dolor per eh* io mi trangosciai, E qual fosse cagion eh* io ti chiamai. Come il profondo mio Furioso desio Meglio a me piaccia ra c q u e ta r, per quale Nuova facondia o laccio altro d amore : Chi, Saffo mia, chi ti martella il core? Fugge or da te costui? Fra poco i passi tui Seguiter; rifiuta ora i tuoi doni? Dargli esso medesmo; * non t 'a m a ora? T amer p re s to , al tuo dispetto ancora. Torna a me di presente: Sana la sanguinente Ferita m ia; quanto il desir domanda Che tu compia per m e, compiere imprendi; E tu medesma a p ugnar meco scendi.

II.

(Da Longino, o Dionigi & Alicamasso, Del Sublime, 10.^ A ll Amata.


D onna, beato, uguale Panni a un Dio quel mortale Cbe ti siede di fro n te , e , a te ristretto , Soavemente favellar ti sente, Sorridere ti mira amabilmente. Com io ti v id i, in petto Attonito, distretto Sentimi il c o r; com io ti v id i, spenta Manc la voce nella gola; ratto La lingua a me fiaccavasi, e di tratto Serpeggiando una fiamma Sottile, i membri infiamma; Fugge dagli occhi la veduta; ingombra Le orecchie un zufolio ; ghiaccio un sudore D iscorre, e tutta m occupa un tremore : Per eh io com* erba imbianco, per poco io non m an co , E fuor di vita appajo. Or ogni ardita Opra tentar vogl i o , poi che m en dica. . .

64
III.

(Da Eustazio, Sopra l Iliade, V ili.)


Corteggiano le stelle La graziosa luna; E il volto splendiente Novellamente c elan o , quand* ella La terra tuttaquanta Dal pieno disco di candore ammanta. IV.

(Da Ermogene, Delle forme dell orazione, II, L)


La gelid aura intorno Susurra per le ramora del melo ; E dalle scosse fronde Il sonno si diffonde.

V.
(Da Ateneo, XI.)
Vien q u i , Ciprigna ; e in aurei n a p p i, a questi Amici nostri e tuoi nettare mesci, Che di gioconda voluttade inonda. VI.

(Da Strabone, I.)

Frammento dun Inno a Venere.


Sia che te Cipro o Pafo [abbia] o Panormo.

65
VII.

(Da Apollonio, Del Pronome, p. 104.,)


A te bianca una capra in guiderdone Io sgozzer , ti lib e r ...

V ili.

(Dallo Scoliaste di Pindaro, Pizie, I , \0.)

D elle colom be im paurite.


Quelle , agghiacciate in core, abbassr 1 * ale. IX.

(Da Erodiano, npi' povripoxn;


L infinita mi pare Volta del ciel toccare. X.

, p. 1.)

(Da Aristotile, Rettorica, I I , 23 .)


Morte sciagura: tale Sentenzia il ciel costei : S altro fosse, morrebbero gli Dei. XI.

(Dal Grand Etimologico, p. 3 35 , ZI.)


Ma il garritore sperdano mordenti Angosce e i venti.

H6
Ho qui seguito la lezione d Erodiano ( i l e p i sogno forse, dal Neue.
jjlov

p ovs ) s e w s ) : x a t /xeXec/wvat ; corretta, senza bi

XII.

(Da Ammonio, Differenza delle parole,p. 23.)


L 'A u ro ra dai calzari aurei [cantava]. XIII.

(Da Apollonio, Del Pronome, p. 127 )


M ardi. XIV.

(Da Efestione, p. 42.^


Io te per certo un giorno, Attide, amai. XV.

(Da Ateneo, XI.)


Molti, infiniti inver nappi tracanni. XVI.

(Da Dione Crisostomo, Oraz., X X X V lL )


. . . . Per a lc u n o , il s e n to , Ricordata io n andr, pur tr a 'f u tu r i.

G7
XVII.

(Da Giovanni Slobeo, Florilegio, IV , \"2.)

Ad u n a fem m ina ricca e ignorante


(Vedi Stobeo slesso e Plutarco, Precetti Conjugali e Convito, I I I , 1).
TRADUZIONE ALQUANTO LARGA, SECONDO IL TESTO DEL W O L F .

M orrai, tutta morrai ; n ricordanza Di te dopo T avello Sorviver nessuna: Per che mai non dispiccasti rosa Nata in Pieria: bruna Tragitterai dell Orco L dolente laguna; N t e , fanciulla, Persona riv e d r , quando sarai Volata via tra vani Simulacri de Mani.
TRADUZIONE P I STRETTA E F E D E L E , SECONDO IL TESTO DEL NEUE.

Quando che s ia , tu giacerai sepolta; Agli avvenir membranza Niuna di te varcando;

68
Gh la Pieria rosa a .te Don verna : la bruna ancor per la magione inferna V a g olerai, per mezzo Le vane ombre volando. XVIII.

(Dallo stesso, Florilegio, L X X I, L )


Se amico inver mi s e i , Cerca pi fresca amica : Non io vorrei, m en.giovine, costante Dimestichezza con pi verde amante. XIX.

(Da Polluce, X , 2 7 , \ U .)

Di Amore.
Di cielo [Amor] venia; E una diffusa clamide Di porpora vestia.
Pi fedelmente la fine :

E una purpurea clamide vestia. XX.

(Dall Argomento di Teocrito , 28.,/


Grazie pudiche dalle rosee b r a c c ia , Figlie di Giove, il canto mio spirate.

w
XXI

1Da Aieneo, I.) Contro Androm eda.


Costei, sciatta e di rozzi abiti c i n t a , Costei t* entra nel core ; ella che ignora Come insino ai calcagni imi dispieghe La gonnella ondeggiante a larghe pieghe?
Ma questa libera versione. Pi fedelmente :

Deh ! quale il cor t ammali donzella Rozzamente vestita ; N di spiegar perita Sino agl' imi calcagni la gonnella ?
Se interpetri col Miiller, trad u rrai: N di se rra r perita Dattorno all imo pi l ampia gonnella? annota il Miiller (S toria e traduzione altrove ci tate ) : < per la spiegazione servono le opere dell arte a n tic a , dove le donne si rappresentano nell atto del m uoversi, che stringono fortemente i vestiti d intorno alla gam ba, al di sopra della noce del piede. V edi, per esempio, il rilievo del Museo Capitolino, Tomo IV, Tav. 43.

T O
XXII.

(Da Ermogene, Delle forme dellorazione, II, L)


Testuggine divina, Vieni, mi parla; e manderai le note. XXIII.

(Da Ateneo, IX.)

A Venere.
Questi purpurei veli Non isdegnar; presenti Preziosi d a s s a i, Che alle ginocchia tue Dalla Focea mandai. XX IV .

(Dallo stesso, XV.)


Ed al tenero collo attortigliate Molte ghirlande intorno.
PI* BREVEMENTE

E molti serti al molle collo avvinti.

71
XXV.
/Da

Plutarco , Amatorio./

Piccolina per anche e rovidetta Mi sem b ri, giovinetta. X XVI.

( Da Massimo Trrio, Disseti. XXI V. t

A lla sua bam bina.


Questo a noi disconviene: Sconcio il sonar del pianto in frequentata Magion dalle Camene. XXVII.

(Dal Grand Etimologico, p. 2 , 45. >


Non una io delle donne Che nudrono lo sdegno; Io di placido ingegno. XXVIII

(Dallo stesso, p. 822 , 39J


Fama che Leda ritrovasse un giorno Ravviluppato un uovo, Dal color di giacinto.

72
XXIX.

(Da Polluce, VII, 16, 13.)


Di sinuosi intorno Vellosi tovagliuoli acconciamente L avvilupp. X XX .

(Da Efestione, p. 60 J
Madre m ia , tessere Non so : la tenera Dea nell1 amor D un caro giovine Mi doma il cor.
ALTRA.

Mia dolce m adre, tessere Io pi non posso : il core La molle Dea d un giovine Mi doma nell amore.
ALTRA PI FEDELE.

0 dolce madre, tessere Non posso io pi ; d un giovine La dilicata Venere Mi doma nel desir.

73
y x x i.

(Dallo

tesso, p. b \.)

Vo* che Menon leggiadro alcun qui chiam i, Se piaccia a 'voi che del convito io goda.
Non per affatto erto che questi versi appar te n g a n o a Saffo. > Miiller.

XXXII

( Dallo slesso, p. Ai.)


A c h e , sposo d ile tto , Te drittamente agguaglier? T agguaglio, Sopra ogni co sa, a stelo graciletto.
Questo e i X L V I, XLV1I1, L X , LX11, LXV, LXIX, LXXTV, C I , C I I , sembrano frammenti d Epitalamii.

XXXIII.

(Dallo Scoliaste di Teocrito, 11, 39J


Spunta dal ramo estremo il dolce pomo. XX XI V.

(DaUo Scoliaste di Sofocle, Elettra, \b9.)

V usignoletta la soave nota


Gorgheggia a nunzlar la primavera.

74.
XXXV.

(Da Efestione p. 42 J
Mi riagita Amore, La non domabil fiera, Che mesce assenzio e miele, e i membri fiacca. Or ecco a disam armi, Attide, p r e n d i, E ad Andromeda tendi. XXXVI.

(Dallo stesso, p. 41J


L usciero avea di sette braccia piedi ; E dieci calzolari Di cinque buoi del cuojo Gli lavorar calzari. XXXVII.

(Dal Grand Etimologico, p. 417, 15J


Gli occhi un* atra caligine vel. XXXVIII.

(Da Galeno, Esortatorio, %.)


Chi nacque bel, mentre eh* visto, bello; Ma chi g iu s to , a brev ora Bello diventa ancora.

75
XXXIX.

(Da Efestione, p. O-iJ


tu , Mnasidica, Tu che la morbida Girinno superi; Tu stessa, femmina Di te qui mai Pi malinconica Non troverai. XL.

(Da Atemo, XV.)


Amo la volutt; Sin che del sole il fulgido Volto mirare e il bel m incontrer. XLI.

(Dallo stesso, XV.)


Tu serti alle gioconde Chiome avvolgi, o Mnasidica ; rintreeci La dilicata mano Dell aneto le fronde ; Poi che di fiori adorne Pi lieto accetta il ciel ; non coronate Le vittime d isp etta , P er le nozze immolate.

76
XLII.

(Dallo Scoliaste di Pindaro, Olimpie, II, 96.)


Non incolpabil ospite , scompagnata da virt , ricchezza : Chi T una e 1 altra giugne Ogni beatitudine raggiugne. XLIII

(Da Efestione} p. 6 3 J
Cotali un d le vergini di Creta 1 pi sottili in graziosa ridda Dattorno alia gioconda ara movino , Mollemente premendo i tenerelli Dell erbetta germogli.
Versi di Saffo, secondo una ragionevole conghiettura del Blomfield.

XLI V.

(Da Ateneo, XIII.)


Or questo canto io, g ra ta , A queste amiche mie Bellamente sciorr.

XLV

(Da Demetrio Falene, DeW Bocuziome, 141 #


B e lla c ic a la . Di sotto a T ale u sottil casto s e tte , Quando aleggia tra i colti e li riarde Lo spiro della state.
XLVI.

(Da Servio, Sopra Virgilio, Georgiche, /, 31J


0 sposa, a te sala te ; Molta salate a t e , sposo onorando. XLVII.

(Da Efestione, p. 52 J
Voi, Grazie dilicate, V oi, Mose da' leggiadri C apelli, or mi spirate. XLVIII.

(Da Demetrio Falereo, Del?Elocuzione, 1 4 0 J


Verginit, Verginit, ne v a i , M'abbandoni cos? No, sciagurata, Tua non sar , tua non sar pi mai.

78
PI FEDELMENTE.

Verginit, Verginit, d e h ! . .. . dove, Lasciandomi, ne vai? Non mi vedrai pi m a i , Non mi vedrai pi mai! XLIX.

(Da Efestione, p. 66.)


Che a me di Pandione La rondine che canta in primavera?
Qnesto d e frammenti meno sani e meno facili ad intendere. L wpavioc deriverei da w p , stagione e , per eccellenza, prim avera: gli antichi nostri fior di stagione per fior di primavera. Secondai questo con siglio di Giosu C arducci, preceduto dall Orsini e da Isacco Voss ; non badando al N e u e , che interpetra ad

coelum usque.

L.

(Dallo stesso, p. 69.)


Con Cipride nel sogno ho favellato. LI.

(Da Erodiano, ut pi fxovipovs HZ&oStp. 3 9 J


.............. Io ru o to , Ruoto su molle coltrice le membra.

70
LI I.

(Da Efestione, p. 65.y


Le Plejadi e la luna il dolce lume Velar ; la notte ammezza, e 1 * ora varca ; sola io giaccio sulle fredde piume.
PI FEDELMENTE.

la luna e le Plejadi S parir; la notte ammezza e 1' ora vola; E sulla coltrice Io giaccio sola!
Questo frammento potremmo crederlo intero col De R o g ati, col Foscolo (Poesie inedite, Lugano, 4831) e col D Ajano: s perch si veggono di siffatte poesie bre vissime in A n acreonte, e s per 1 autorit di Dionigi d Alicarnasso ; dal cui trattato Della collocazione delle parole sappiamo che Saffo ed Alceo solevano verseg giare un concetto in piccole strofe ; e concetto finito e da re g g e r solo questo. La citazione dellAlicarnasseo vaglia per altri frammenti a n c o ra , b r e v i , ma di senso compiuto ; e specialmente per i X V I I, XXX , X X X IX , XLI e LVIII.
l iii.

(Dallo stesso, p. 63.^


Piena apparia la luna : Q uelle, poi eh accerchiata ebbero 1 ara ,

80
LIV.

( Dallo stesso, p . 63. y


Altre (ch turpe cosa Agli Arcadi non ) pestane crude.
Le olive, intende il Nene.

LV.

(Dallo stesso , p . 82 .)
Nha, per mia f, bel guiderdone Andrmeda! Saffo, or perch l onnipossente Venere [Supplicar]? LVI.

(Da Apollonio , Della Sintassi, III.)


Il letto geniale ogni donzella Desia, pur tenerella. LV II

( Dallo stesso , Del Pronome, p. 6 4 .)


Di questo io consapevole a me sono.

81
L VI I I.

(Da Aristotile, Rettorica, I, 9 .)

R isp o sta a lla proposta d* Alco :


Saffo, vorrei p arlarti... ma la verecondia mi frena.
Se del buono e del giusto Ti sospignesse amor, non ordirebbe La lingua i detti che il tacere bello; E , da pudore infesto Non vinto a te lo sguardo, Favelleresti onesto. LI X.

(Da Ateneo, XIII.)

A d un giovine d i fam osa b ellezza.


Pommiti innanzi, amico; e raggia fuori Le grazie dello sguardo. LX.

(Da Efestione, p. 1 0 2 J
Felice sposo, o r , vedi, Le sospirate sponsalizie hai s tre tto , La sospirata vergine possiedi.

82
LXI .

(Dallo stesso, p. 1 0 3 J
D un color dolce, somigliante a miele, Si dipignea la graziosa faccia.
Il lesto ha p t l X p o o s - , ma perch color di miele mi riesci v a , in italiano ed o g g i, una goffaggine, tem perai la frase. Vedi a questo luogo le citazioni greche di Giovan Cristiano W olf, pag. 236. Certo epigramma greco anonim o, tradotto da Vincenzo M onti, ha per soave 1 odor del vino.

PI FEDELMENTE

Biondo F amabil viso un color pinge. LXII.

(Da Dionigi dAlicarnasso, Della collocazione, delle parole, 2 5 J


S p o so , or non v ha fanciulla altra cotale. LXIII.

(Da Ateneo, II.)


Aurei ceti sbocciavano dai lidi.

83

LX IV.

(Dallo stesso, XIII.)


Certo Latona e Niobe Fur dolcissime amiche.

LXV.

(Dal Grand, Etimologico, p. i l i , il.)


Esper ne radduce Tutto quanto la luce Dell Aurora fug.

(Da Demetrio Falereo, Dell Elocuzione, M i.)


Tu ne rim eni, Vespero, ogni cosa: I conviti rimeni e la bottiglia; Rimeni la c a p re tta , e all amorosa Madre la figlia.
Di bottigliere Prospero Viani ( Dizionario di pretesi francesismi ) adduce csempii del Secolo XIV ; e di bot tiglia esempii d Annibai Caro (E n e id e , X I ) , di Nicrola Amenta ( Cap. V ), eccetera. Avviso ai cacciatori di francesismi.

84
LXVI.

(Da Demetrio Falereo, Dell'Elocuzione, 146 .)


Maggioreggia siccome 11 Cantor Lesbio infra cantori estrani.
Parla di Terpandro o d A rione, ambidue lesbiesi; c il primo detto dai Lacedemoni, per antonomasia, il Cantor di Lesbo. Secondo 1 O rsini, s accenna ad Alceo.

LXVII.

(Da Ateneo, XI.)


Tutti ad un tempo i nappi Stringevano lib a n d o , E allo sposo pregando ogni ventura. LXVIII.

(Da Apollonio, Della Congiunzione, p. 490.^


Poi eh* io per certo ancora Alle vergini I* animo dirizzo. LXIX.

(Da Demetrio Falereo, Dell' Elocuzione, 148 J


Ors , levate , artefici, 1 1 palco della stanza

85
Alto: lo sposo avanza Di membra a Marte uguale ; E d ogn alta persona assai pi sale.
A ciascuno dei due primi versi nel testo, come lo reca Efestione, s gue l invocazione o Imeneo , c h io lasciai perch disagevole a introdurre con buon garbo nel verso italiano.

L XX .

(Da Massimo Tirio, Dissert. XXIV.)


La mente Amor m in v e ste , Siccome ala di turbine che fiacca Le montane foreste.

ALTRA.

La mente mia combatte Amor, siccome il turbine Le alpestri elei dibatte.

PI FEDELMENTE.

Amor la mente mia Croll colla tempesta Che 1 elei investa il turbine sul monte.

8(>
LXXI.

(Dal Grand Etimologico, p. 662, 3 2 J


Come figlia a madre vola. LXXII.

(Da Efestione, p. 9 5 J
Io m ho bellina Una bambina, Di forma agli aurei Fior somiglievole: quest* amabile Mia Clide!... Oto lei Con tutta Lidia [Non cangerei!] . LXXIII

(Dallo stesso, p. 1 0 2 J

V aurea [m agion] lasciate,


Traete qua novellamente, o Muse. LXX IV .

(Dallo stesso, p. 25 .)
Salve, o sposa; o sposo, salve.

87
LXXV.

(Da Ateneo, X.j


D ambrosia infusa era la coppa; Ermete, Per mescer vino a D e i, l anfora tolse. L XX VI .

(Da Massimo Tirio, Dissert. XXIV.)


Molta salute alla figliuola invio Di Polianatte. LXXVII.

(Dallo stesso, Ivi.)


V e n e re a d A m o re.
E a te , leggiadro Donzello, Amore. LXXVIII.

(Dallo Scoliaste d'Aristofane, Pluto, 129.)


Breve stillante lino. LXXIX.

(Da Polluce, VII, 2 2 , 93.)


Screziata una soga, Lidio lavor leggiadro.

88
LXXX.

(Dallo Scoliaste d Apollonio Rodio, 1, 121.)


Screziata a color di tutte guise. LXXXI.

(Dallo stesso, I , 1123.^


.............. Non toccar la melma! LXXXII.

(Dal Grand' Etimologico, p. 250, \6.)


T addorm : il petto D amica tenera Ti sar letto... LXXXIII.

(Dallo stesso, p. 449, 32.y


Quelli a eh io fui benefica M addentano pi fieri! LXXXIV.

(Da Prisciano, VI.)


Marte cedette, e minacci che seco Trarria Vulcano a forza.
Fram m ento assai guasto, e ram m endalo , come si po teva m eglio, dal N e u e , clic ne seppe cavare alcun si gnificato.

81)
LXXXV.

(Da Apollonio, Del Pronome, p. 136.J


Il suo figliuolo appella. L X XX V I

(Dallo stesso, Ivi, p. 144 J


Mi fecero onorabile, fregiando Me di lor fregi.
Le Muse, intende il Volger.

LXXXVII.

(Da Cherobosco,

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ti

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61j ^ u x w v ,

nelle Cornucopie d Aldo, p. 268 .)


Fieramente Gorgone a nausea presi!
Qui non interpetrai totalmente col Neue.

LXXXVIII.

(Da Ateneo, XII.)


Una fanciulla giovenetta assai Vidi muover le mani a coglier fiori.

90
LXXXIX.

(Da Plutarco, Dell ira.)


Se dal petto si sfrena L ira , il ringhiare a vuoto Della tua lingua infrena. XC.

(Da Ateneo, II.)


Candido assai pi eh uovo. XCI .

(Da Demetrio Falereo, Dell Elocuzione, 162.,/


Di pettide pi assai Melodiosa, aurea pi c h 'o r o assai. XCII.

/ Da Moscopulo, Opuscoli, p. 8 6 , ed. Titz.)


N miei n pecchia io voglio.
P a re un proverbio applicabile a cui non si curi il avere il bene unito col male. G. Carducci.

91

xeni.
(Da Efestione, p. 59.^
0 Citerea, perisce il molle Adone: Or che faremo? Vergini, piangete, Lacerate le tuniche.
Non cita Efestione 1' autore : il Blomfeld attribuisce il frammento ad Alceo ; pi verisimilmente a Saffo il Neue.

XCIV.

(Dallo Scoliaste di Pindaro, Pizie, 4-, 4-07J


Perch figlio di Giove L oro tarma n verme altro non rode ; L or, cui T umana m e n te , Che ogn altra mente eccede , Balia di s concede.

xcv.
(Da Achille Tazio, IL)
Se al popolo de fiori Giove sceglieva un R e , la rosa certo Privilegiato, avria di cotal serto. Costei la terra abbella : Fra tutte piante brilla C ostei, de fior pupilla.

92
D ella invermiglia il prato : Pi bella d ogni fiore, Spiratrice d a m o re , A Venere t inesca; e lussureggia D olenti foglie; e , co* bocciuoli tremuli Tripudiando, il calice A Zeffiro vezzeggia.
Non Achille Tazio, ma Enrico Stefano e Goffredo Oleario danno per saffica questa c a n z o n etta, da quel1 antico ridotta in prosa ; mossi dalle paroL* di Filostrato per me recate nella V ita, . XI.

XCVI.

(Da Eustazio, Sopra lIliade, II.)


D Admeto, amico, il detto Im parando, ama i b u o n i, i poltri cansa : Ben sai che il poltro per brev ora accetto.
Qui cita Eustazio il Lessico Attico di Pausania ; se condo il quale questo principio di uno Scolio che cantavasi in A te n e , e attribuivasi per alcuni ad A lceo, per altri a Saffo, per altri a Prassilla da Sicionc.

XCVI I.

(Dall Antologia Palatina, VI, 269 .)


Fanciulle, ancor che m uta, P arlo, s altri m interroghi: che al piede Loquela infaticabile mi siede.

93
Alla Latonia Vergine Dalla faccia vermiglia (1) Me consacr dell' ottima Glide e del padre Eurigiro la figlia, Serva a te , delle femmine o Regina. (2) Tu , eh io saluto , pia Vogli che illustre sia la stirpe noetra.
(1) Nel testo: A i0O 7tia : epiteto proprio di Diana; che ha il colore a rd en te , affocato. G. Carducci. (2) Nel tosto: iairoivot. Regina era chiamata specialmente dalle donne quando a lei si rivolgevano con esclamazioni : Diana ; regina e padrona. Co> nei Drammatici spesso. G. Carducci.

XCVIII.

(Dalla stessa, VII, 489J


Giace Timade qui : del geniale Talamo in cambio, il negro Di Proserpina sale. Morta costei, tutte le am iche, m e ste , Di subito affilar Un ferro , e dischiomar le belle teste. XCIX.

(Dalla stessa, VII, 5 0 5 J


La nassa e il remo (fregio Onde il padre Menisco

91
GU effigi 1' avello ) Di Pelagone pescatore addita La fortunosa vita.
APPENDICE ALLA RACCOLTA DEL NEUE.

(Da Eustazio, Sopra X Iliade, VI.)


E n ig m a .
10 so di certa femmina Di tai portati gravida, Che a chiaro favellare La muta lingua sciolgono, Anco traverso il mare.
SCIOGLIMENTO.

Costei si noma Lettera, Che, di portati a immagine, Chiude le c ifre ; ond ella, Bench di lingua tacita, Ai rimoti favella.
Saffo, secondo Eustazio , scrisse quest enigma ; cui riferisce ancora, verseggiato da Antifane nella Saffo, Ateneo (X): ma perch Antifane lo rifece forse del suo pi lungam ente, io tradussi dalla breve prosa d Eustazio. 11 Du L u t, avendolo per assai sospetto , lo escluse da!I edizione su a: ma lo comprese A. Schneider nel AvGy;,

Giessen, 1803.

05
CI.

(Dagli Scolli ad Ermogene, presso il Walz, Retori Greci, Voi. VII, 2 , p . 883 .)
Come invermiglia la soave mela Del ramo in vetta; nella somma vetta Del ram o, ove obblirla I coglitor di mele ; N 1 obblir per vero, Ma cor non la potero.
Vedi il Fram m . X X X III, primo verso di questo , che col seguente io traggo dalla Storia del Muller ; se condo il quale qui si paragona la bella e intatta ver gine ad una m ela, non potuta cogliere perch troppo alta s u l/ albero.

C ll.

(Da Demetrio Falereo, Dell Elocuzione, 106-j


Qual co' piedi il giacinto alla montagna Calpestano i pastori Giace il purpureo lior.

96
Creduto certamente di Saffo dal Miiller ; secondo il quale qui si paragona la fanciulla che non abbia proteggitore un uom o, n appartenga ad alcuno, col fiore che sorge nel campo e non nel sicuro recinto d un giardino. Qui faccio luogo ad una m inuzia, non inutile a ram m entare la grande rispondenza dell italiano, specialmente del trecento, rol greco. Questi 7 r o i / / .s v e $ clvop&i di Saffo, c h io non tradussi nel verso letteralm ente, gli abbiamo nei Fatti di Giuseppe E b reo, scrittura caris sima del buon secolo, m andata a stampa dall egregio Cav. Zambrini ( Cap. X XII): E voi direte che voi siete uomini pastori, suoi servi dalla vostra giovent.

97

DIECI EPIGRAMMI DELL ANTOLOGIA GRECA PER SAFFO

(Dal testo grecolatino del Wolf, Sapphus Fragmenta et Elogia, Hamburgi, 1733.;

I.

D Incerto (m a forse A ntipatro Sidonio).


(I li, 26, 65.;
Saffo io mi nomo; c tanto Le cantatrici femmine, Quanto il Mconio gli u om ini, Io superai del canto.

98
II.

D A ntipatro Sidonio.
<1, 67, 9 .)
Quando Mnemosine La voce amena D Saffo u d , Tem che decima Una Gamena Sorgesse qui. II I .

D Incerto.
( I l i , 26, 65.y
De' nove Lirici Non entr 1' ultima Saffo nel novero; Ma tra le amabili Muse entra decima. IV.

Di P latone.
(I, 67, 13.)
Chi nove Muse conta erra di lunga : La Lesbia Saffo, decima, s aggiunga.

99
V.

D Incerto.
(V , i ,
1 2 .;

La di Pieria giocondissim ape Saffo da Lesbo, tacita sedea; E , accinta ad inneggiar, Alle silenti Muse ella parea Lo spirito atteggiar. VI.

D Incerto.
(I, 6 7 , 12J
Al riguardevol tempio Di Giuno dagli azzurri occhi tra e te , Lesbie fanciulle; ed agili Co pi 1 orme premete. Qui bel coro alla Iddia Fia tessuto per voi : Duca ne fia Saffo, tra mano 1 aurea Lira stringendo. Oh fortunate voi Per s gaja carola ! Ben di costei nel cantico Udrete di Calliope La melata parola.

100
VII.

Di Damocari.
(I V, 2 7 , 19 .)
PER UN RITRATTO 01 SA FFO .

Essa natura artefice A pinger la Pieride Mitilenese ti scaltr, pittore. Sprizza dagli occhi un vivido fulgore, Specchio fedel d eir agile Possente fantasia. La carne una spontanea, natia Liscezza in ta tta , senza fu c o , avviva E scema del soperchio; e nella faccia Tra umidetta e giuliva La Poesia con Venere s* abbraccia.

V ili.

Di P inito.
(II I , 2 5 , 63 J
L ossa di Saffo accolgono E il muto nome dell avello i marmi ; I Sapienti, gl* immortali carmi.

101
IX.

Di T ullio Laurea.
( II I , 2 5 , 64 .)
Ospite, che, l eolia Tomba ra dend o, valichi, In lei non creder chiusa N spenta me di Mitilene Musa. Quest* avel fabbric destra mortale ; E ogn* opera mortai rapida notte D obblivione inghiotte. Ma, se per me dalle Pierie Dee, C he, a muta a m u t a , i miei Nove quaderni ingentilir d un fiore, Vogli impetrar favore , Saprai come alle tenebre Dell Orco io m involai; ch mai non fia Fosca un aurora per la lira mia. X.

D A ntipatro di T essaglia.
(1 , 6 7 , 8 .)
LE NOVE POETESSE GRECHE.

Queste, lingue di ciel, Pierie donne D inni Elicona e il Macedonio giogo

102
Nutrir: Prassilla e Miro e il dir d Anite, Femmineo Omero; e Saffo, ondhanno lustro Le ben chiomate vergini di Lesbo; Erinna e Telesilla alma e C orinna, Che il forte scudo celebr di Palla; Nosside , arguta femminil favella , E la dolce di Mirtide canzone. Tutte d eterne pagine fur madri. Nove ha Muse il gran cielo ; e, immortai gioia, Nove al mortale ne figli la terra.

IN D IC E
-----------------------------------------

D edicatoria........................................ Pag. Vita di S a f f o ........................................ Odi e Frammenti di Saffo . . . . Dieci Epigrammi d eir Antologia Greca per S a f f o ........................................

3 5 61 07

10-t

Errata

Corrige

Pag. 9 , lin. 25 mitelenese 2 5 , # 2t ricbissima 31, 10 Du Luth 4 3 , 27 x J i T i T t x d o s

mitilenese ricchissima Da Lut


xX tjtcxous

Varianti, pi prossime al testo, dell Ode I, St. V, v. 4.


Tua novell esca o laccio altro d amore: Tua nuov arte che allacci altri d amore :

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