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HEGEL E LIDEALISMO ASSOLUTO

questi appunti riproducono sostanzialmente il capitolo su Hegel del manuale di filosofia Abbagnano/Fornero, Protagonisti e testi della filosofia: sono stati apportati alcuni tagli di parti marginali, e inserite alcune parti (estratte da altri testi, di Trombino e di Reale/Antiseri) per spiegare meglio alcuni punti difficili.
Opere principali da ricordare: Fra gli scritti giovanili (1793-1800): Lo spirito del Cristianesimo e il suo destino La prima espressione della filosofia matura di Hegel: La fenomenologia dello Spirito (1807) Grandi opere sistematiche: La scienza della logica (1812-1816), LEnciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817), Lineamenti di filosofia del diritto (1821) Lezioni tenute da Hegel allUniversit di Berlino, trascritte e pubblicate dai suoi discepoli dopo la sua morte: Lezioni di filosofia della storia , Estetica , Lezioni di filosofia della religione , Lezioni sulla storia della filosofia .

3. Il giovane Hegel
Gli scritti giovanili comprendono le opere scritte dal 1793 al 1800 . Essi rimasero inediti per tutto lOttocento. In questi scritti largomento dominante teologico, ma molto netta la connessione con la politica. Hegel studia infatti un tema profondamente connesso con la rivoluzione francese, della quale in Germania arrivano echi sempre pi intensi (e che suscita in Hegel grande entusiasmo): il tema della rigenerazione morale e religiosa delluomo come fondamento della sua rigenerazione politica. Perch laspirazione dei popoli ad una vita migliore, alla libert e alleguaglianza possa realizzarsi, occorre una nuova forma di religione, vissuta come comunanza dei cuori, che permetta a ciascuno dei cittadini di partecipare con la propria vita interiore alla vita dello Spirito di Dio e di riconoscere nella vita interiore del suo vicino il riflesso dellunica vita di Dio Lopera pi importante del periodo giovanile Lo spirito del cristianesimo e il suo destino; in questopera viene attuato un confronto (a partire dalla riflessione filosofica sulla Bibbia e sulla mitologia greca) tra la religiosit ebraica e quella greca. Lantitesi tra la religiosit ebraica e quella greca si rende manifesta, secondo Hegel, nel racconto biblico del diluvio universale e nellanalogo mito greco di Deucalione e Pirra. Gli Ebrei, dice Hegel, hanno reagito al diluvio ancorando la salvezza dalla natura, che li minaccia di morte, alla fede nella potenza del loro Dio. Il diluvio letto dagli ebrei come un tradimento della natura nei confronti dei suoi figli; Dio pensato come il Signore estraneo alla natura a cui essa, come ogni cosa, sottomessa . Gli Ebrei hanno dunque pensato Dio contrapponendolo alla natura: Egli tutto, la natura e luomo sono niente ( il Dio personale ebraico, per Hegel, solamente un pensato, cio qualcosa di costruito dallintelletto). Per questo motivo gli ebrei hanno scelto di vivere in inimicizia con la natura e in ostilit con gli altri uomini; essi infatti ripongono la salvezza nel loro lontano Dio trascendente, di cui sono il popolo eletto. E il loro Dio geloso: esige una fedelt esclusiva, non permette nessun rapporto con altri dei e, di conseguenza, con altri popoli. Ma lostilit degli ebrei verso la natura e verso i popoli stranieri lacera la profonda unit di vita che lega tutti i viventi, e la vita offesa, lacerata, si vendica, condannando gli ebrei allinfelicit. Hegel parte qui dallidea che la vita sia unica: pertanto una posizione ostile verso la natura e verso altri popoli (come quella degli ebrei) una posizione ostile verso la vita stessa (gli ebrei, odiando gli altri popoli, offendono e lacerano la propria stessa vita). I greci invece hanno vissuto il loro rapporto con la natura in spirito di bellezza, godendo cio di un sereno accordo con essa (la loro morale in accordo con i loro desideri, i loro dei sono immersi nella natura, espressione delle stesse forze naturali e cos via). Nel mito greco, dopo la distruzione del genere umano, Deucalione e Pirra non hanno reagito come No, ma hanno sottoscritto un nuovo patto di fiducia nei confronti della natura e della vita. I greci non hanno creato alcuna scissione tra s e lunica vita del tutto. Hegel studia quindi la figura di Ges, che ha rifiutato la scelta del suo popolo e ha predicato la le gge dellamore, cio del superamento dellostilit in nome della profonda unit di vita che lega tutti i viventi. La figura di Ges quindi, secondo Hegel, pi vicina al mondo greco che a quello ebraico. Tuttavia Ges stato sconfitto, perch stato ucciso dal suo popolo, ma soprattutto perch il suo messaggio di amore stato tradito dai suoi seguaci, che hanno fondato le Chiese cristiane riproponendo il Dio trascendente degli ebrei e tutto il loro spirito di separazione e di inimicizia. Daltra parte anche lo spirito di bellezza del mondo greco stato superato da nuove esperienze della

civilt occidentale. Occorre dunque una nuova religione, fondata sul messaggio originale, autentico di Ges, cio sullamore, sullunit di vita dei viventi OSSERVAZIONI: Si noti che il problema che posto da Hegel il problema del Romanticismo, il problema del rapporto finito-infinito, o, in altri termini, il problema di ritrovare larmonia perduta tra luomo e il tutto dopo lepoca felice dellantichit greca. I mezzi per ristabilire larmonia variano, ma lideale comune a tutti i romantici, e anche a Hegel. (Per esempio, il compagno di studi di Hegel, Friedrich Holderlin, lo vagheggi nella sua poesia e nel romanzo Iperione assegnando al poeta romantico il compito di guidare il suo popolo verso una forma di vita altrettanto armonica della vita greca) Hegel negli scritti teologici giovanili indic come mezzo una religione rinnovata, fondata sullamore vissuto e predicato da Ges (e poi tradito dalle chiese cristiane). Successivamente la religione e lamore come mezzi per il ritrovamento dellarmonia verranno sostituiti dalla filosofia e dalla ragione.

4. I CAPISALDI DEL SISTEMA


Per poter seguire proficuamente lo svolgimento del pensiero di Hegel risulta indispensabile aver chiare, sin dallinizio, le tesi di fondo del suo idealismo: a) la risoluzione del finito nellinfinito; b) lidentit fra ragione e realt; c) la funzione giustificatrice della filosofia.

a) Finito e infinito
Con la prima tesi Hegel intende dire che la realt non un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario di cui tutto ci che esiste parte o manifestazione. Tale organismo, non avendo nulla al di fuori di s e rappresentando la ragion dessere di ogni realt, coincide con lAssoluto e con lInfinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincidono con il finito. Di conseguenza, il finito, come tale, non esiste, perch ci che noi chiamiamo finito nientaltro che unespressione parziale dellInfinito. In fatti, come la parte non pu esistere se non in connessione con il Tutto, in rapporto al quale soltanto ha vita e senso, cos il finito esiste unicamente nellinfinito e in virt dellinfinito. Detto altrimenti: il finito, in quanto reale, non tale, ma lo stesso infinito. Lhegelismo si configura quindi come una forma di monismo panteistico: vale a dire teoria la quale esiste ununica realt divina (monismo) di cui il mondo visibile costituisce la realizzazione o la manifestazione . (nella concezione cristiana invece Dio trascendente,c una distinzione ontologica fra il Creatore e il mondo creato). Tuttavia il panteismo di Hegel si differenzia da quello moderno (di Giordano Bruno e di Spinoza) perch per Bruno e per Spinoza lAssoluto una Sostanza statica che coincide con la Natura, per lidealista Hegel invece lAsssoluto si identifica con un Soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ci che esiste un momento o una tappa di realizzazione. Infatti, dire che la realt non Sostanza, ma Soggetto, significa dire, secondo Hegel, che essa non qualcosa di immutabile e di gi dato, ma un processo di auto-produzione che soltanto alla fine, cio con luomo (= lo Spirito), giunge a rivelarsi per quello che veramente: Il vero - scrive Hegel nella Prefazione alla Fenomenologia dello Spirito - lintero. Ma lintero soltanto lessenza che si completa mediante il suo sviluppo. DellAssoluto devesi dire che esso essenzialmente Risultato, che solo alla fine ci che in verit ...

b) Ragione e realt
Il Soggetto spirituale infinito che sta alla base della realt viene denominato da Hegel con il termine di Idea o di Ragione, intendendo con queste espressioni lidentit di pensiero ed essere, o meglio, di ragione e realt. Da ci il noto aforisma, contenuto nella Prefazione ai Lineamenti di filosofia del diritto, in cui si riassume il senso stesso dellhegelismo: Ci che razionale reale; e ci che reale razionale. Con la prima parte della formula, Hegel intende dire che la razionalit non pura idealit, astrazione, schema, dover-essere, ma la forma stessa di ci che esiste, poich la ragione governa il mondo e lo costituisce. Viceversa, con la seconda parte della formula, Hegel intende affermare che la realt non una materia caotica, ma il dispiegarsi di una struttura razionale (lIdea o la Ragione) che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in modo consapevole nelluomo. Per cui, con il suo aforisma, Hegel non esprime la semplice possibilit che la realt sia penetrata o intesa dalla ragione, ma la necessaria, totale e sostanziale identit di realt e ragione. Tale identit implica anche lidentit fra essere e dover-essere, in quanto ci che risulta anche ci che razionalmente deve essere. Tant vero che le opere di Hegel sono costellate di osservazioni piene di ironia e di scherno a proposito dell astratto e moralistico dover-essere che non , dellideale che non reale. E tutte quante insistono sul fatto che il mondo, in quanto , e cos com, razionalit dispiegata, ovvero ragione reale e realt razionale - che si manifesta attraverso una serie di momenti necessari che non possono essere diversi da come sono. Infatti, da qualsiasi punto di vista guardiamo il mondo, troviamo ovunque, secondo Hegel, una rete di connessioni necessarie e di passaggi

obbligati che costituiscono larticolazione vivente dellunica Idea o Ragione. In altri termini, Hegel, secondo uno schema tipico della filosofia romantica, ritiene che la realt costituisca una totalit processuale necessaria, formata da una serie ascendente di gradi o momenti, che rappresentano, ognuno, il risultato di quelli precedenti ed il presupposto di quelli seguenti.

c) La funzione della filosofia


Coerentemente con il suo orizzonte teorico, fondato sulle categorie di totalit e di necessit, Hegel ritiene che il compito della filosofia consista nel prendere atto della realt e nel comprendere le strutture razionali che la costituiscono: Comprendere ci che il compito della filosofia, poich ci che la ragione. A dire come devessere il mondo, la filosofia arriva sempre troppo tardi; giacch sopraggiunge quando la realt ha compiuto il suo processo di formazione. Essa, afferma Hegel con un paragone famoso, come la nottola di Minerva che inizia il suo volo sul far del crepuscolo, cio quando la realt gi belle fatta. La filosofia deve dunque mantener si in pace con la realt e rinunciare alla pretesa assurda di determinarla e guidarla. Deve soltanto portare nella forma del pensiero, cio elaborare in concetti, il contenuto reale che lesperienza le offre, dimostrandone, con la riflessione, lintrinseca razionalit. Questi chiarimenti delineano il tratto essenziale della filosofia e della personalit di Hegel. Lautentico compito ch e Hegel ha inteso attribuire alla filosofia (e ha cercato di realizzare con la sua filosofia) la giustificazione razionale della realt, della presenzialit, del fatto. Questo compito egli lha affrontato con maggiore energia proprio l dove esso sembra pi rischioso: cio nei confronti della realt politica, dello Stato (infatti pu sembrare ovvio che il mondo naturale sia razionale, in quanto regolato da leggi necessarie, mentre pi difficile riconoscere che qualsiasi costruzione storica delluomo sia lespressione di una necessit razionale, e che quindi debba essere accettata cos com)

d) il dibattito critico intorno al giustificazionismo hegeliano


Hegel in un passo dellEnciclopedia ha precisato che la sua filosofia non pu essere scambiata per una banale accettazione della realt in tutti i suoi aspetti, perch non vanno inclusi nel concetto di realt gli aspetti superficiali e accidentali dellesistenza (ma come possa esistere laccidentale in una realt razionale e necessaria resta oscuro). A partire da questa precisazione taluni critici hanno negato il carattere giustificazionista della filosofia hegeliana: un filone interpretativo che va da Engels a Marcuse (pensatori della sinistra rivoluzionaria), pur ammettendo gli aspetti conservatori del pensiero hegeliano, ha tuttavia cercato di mostrare come esso possa venir letto in modo dinamico e rivoluzionario. Infatti secondo tali autori laforisma di Hegel significherebbe in sostanza che il reale destinato a coincidere con il razionale, me ntre lirrazionale destinato a perire (si tratterebbe insomma dellaffermazione di un progresso necessario). Ora, questa lettura di Hegel rappresenta, pi che uninterpretazione, una correzione di Hegel alla luce degli ideali rivoluzionari dei suoi auto ri. In conclusione ci sembra che i testi di Hegel documentino in modo chiaro e inequivocabile il suo atteggiamento fondamentalmente giustificazionista nei confronti della realt.

5. Idea, Natura e Spirito.

Le parti della filosofia

Hegel ritiene che il farsi dinamico dellAssoluto passi attraverso i tre momenti dellIdea in s e per s (tesi), dellIdea fuori di s (antitesi) e dellIdea che ritorna in s (sintesi). Tant vero che il disegno complessivo dell'Enciclopedia hegeliana quello di una grande triade dialettica. LIdea in s e per s o Idea pura lIdea considerata in se stessa, a prescindere dalla sua concreta realizzazione nel mondo. Da questo angolo prospettico, lIdea, secondo un noto paragone teologico di Hegel, assimilabi le a Dio prima della creazione della natura e di uno spirito finito, ovvero, in termini meno equivocanti (visto che l'Assoluto hegeliano un infinito immanente, che non crea il mondo, ma il mondo) al programma o allossatura logico-razionale della realt. LIdea fuori di s o Idea nel suo esser altro la Natura, cio lestrinsecazione o lalienazione dellIdea nelle realt spazio-temporali del mondo. LIdea che ritorna in s lo Spirito, cio lIdea che dopo essersi fatta natura torna presso di s nelluomo. Ovviamente, questa triade non da intendersi in senso cronologico, come se prima ci fosse lIdea in s e per s, poi la Natura e infine lo Spirito, ma in senso ideale. Infatti ci che concretamente esiste nella realt lo Spirito (la sintesi), il quale ha come sua coeterna condizione la Natura (lantitesi) e come suo coeterno presupposto il programma logico rappresentato dallIdea pura (la tesi). A questi tre momenti strutturali dell'Assoluto Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico: 1) la logica, che la scienza dellIdea in s e per s, cio dellIdea considerata nel suo essere implicito (= in s) e nel suo graduale esplicarsi (= per s), ma a prescindere, come si visto, dalla sua concreta realizzazione nella natura e nello spirito; 2) la filosofia della natura, che la scienza dellIdea nel suo alie narsi da s; 3) la filosofia dello spirito, che la scienza dellIdea, che dal suo alienamento ritorna in s. Ecco un primo schema generale (cui seguiranno altri pi analitici):

Logica

1. dottrina dell'essere 2. dottrina dell'essenza 3. dottrina del concetto

Filosofia della natura


a) antropologia b) fenomenologia c) psicologia a) diritto b) moralit c) eticit a) arte b) religione c) filosofia

1. meccanica 2. fisica 3. organica

1. soggettivo

Filosofia dello Spirito

2. oggettivo

3. assoluto

6. La Dialettica
Come si visto, l'Assoluto, per Hegel, fondamentalmente divenire. La legge che regola tale divenire la dialettica, che rappresenta, al tempo stesso, la legge (ontologica) di sviluppo della realt e la legge (logica) di comprensione della realt. Hegel non ha offerto, della dialettica, una teoria sistematica, limitandosi, per lo pi, ad utilizzarla nei vari settori della filosofia. Ci non esclude la possibilit di fissare qualche tratto generale di essa. Nel par. 79 dell'Enciclopedia Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero: a) l'astratto o intellettuale; b) il dialettico o negativo-razionale; c) lo speculativo o positivo-razionale. Il momento astratto o intellettuale consiste nel concepire lesistente sotto forma di una molteplicit di determinazioni statiche e separate le une dalle altre. In altri termini, il momento intellettuale (che il grado pi basso della ragione) quello per cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realt, limitandosi a considerarle nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identit e di non-contraddizione (secondo cui ogni cosa se stessa ed assolutamente diversa dalle altre). Il momento dialettico o negativo-razionale consiste nel mostrare come le sopraccitate determinazioni siano unilaterali ed esigano di essere messe in movimento, ovvero di essere relazionate con altre determinazioni. Infatti, poich ogni affermazione sottintende una negazione, in quanto per specificare ci che una cosa bisogna implicitamente chiarire ci che essa non , risulta indispensabile procedere oltre il principio di identit e mettere in rapporto le varie determinazioni con le determinazioni opposte (ad es. il concetto di uno, non appena venga smosso dalla sua astratta rigidezza, richiama quello di molti e manifesta uno stretto legame con esso. E cos dicasi di ogni altro concetto: il particolare richiama luniversale, luguale il disuguale, il bene il male ecc.). Il terzo momento, quello speculativo o positivo-razionale, consiste invece nel cogliere lunit delle determinazioni opposte, ossia nel rendersi conto che tali determinazioni sono aspetti unilaterali di una realt pi alta che li ri-comprende o sintetizza entrambi (ad es. si scopre che la realt vera non n lunit in astratto n la molteplicit in astratto, bens ununit che vive solo attraverso la molteplicit). Globalmente e sinteticamente considerata, la dialettica consiste quindi: 1) nellaffermazione o posizione di un concetto astratto e limitato, che funge da tesi; 2) nella negazione di questo concetto come alcunch di limitato o di finito e nel passaggio ad un concetto opposto, che funge da antitesi; 3) nella unificazione della precedente affermazione e negazione in una sintesi positiva comprensiva di entrambe. Sintesi che si configura come una ri-affermazione potenziata dellaffermazione iniziale (tesi), ottenuta tramite la negazione della negazione intermedia (antitesi). Riaffermazione che Hegel focalizza con il termine tecnico di Aufhebung il quale esprime lidea di un superamento che , al tempo stesso, un togliere (lopposizione fra tesi ed antitesi) ed un conservare (la verit della tesi, dellantitesi e della loro lotta).

6.1 Puntualizzazioni circa la dialettica


l) Come si pu notare, la dialettica non comprende soltanto il secondo momento (quello che Hegel chiama dialettico in senso stretto) ma la totalit dei tre momenti elencati. 2) La dialettica non fa che illustrare il principio fondamentale della filosofia hegeliana: la risoluzione del finito nellinfinito. Infatti essa ci mostra come ogni finito, cio ogni spicchio di realt, non possa esistere in se stesso (poich in tal caso sarebbe un Assoluto, ovvero un infinito autosufficiente) ma solo in un contesto di rapporti. Infatti, per porre se stesso il finito obbligato ad opporsi a qualcosaltro, cio ad entr are in quella trama di relazioni

che forma la realt e che coincide con il tutto infinito di cui esso parte o manifestazione. E poich il tutto di cui parla Hegel, ovvero lIdea, una entit dinamica, la dialettica esprime appunto il processo mediante c ui le varie parti o determinazioni della realt perdono la loro rigidezza, si fluidificano e diventano momenti di unIdea unica ed infinita. Detto altrimenti, la dialettica rappresenta la crisi del finito e la sua risoluzione necessaria nellinfinito: ogni finito ha questo di proprio, che sopprime se medesimo. La dialettica forma, dunque, lanima motrice del progresso scientifico... in essa, soprattutto la vera, e non estrinseca elevazione sul finito . 3) La dialettica ha un significato globalmente ottimistico, poich essa ha il compito di unificare il molteplice, conciliare le opposizioni, pacificare i conflitti, ridurre ogni cosa allordine e alla perfezione del Tutto. Molteplicit, opposizione, conflitto sono senza dubbio reali secondo Hegel, ma solo come momenti di passaggio. In altri termini, il negativo, per Hegel, sussiste solo come un momento del farsi del positivo e la tragedia, nella sua filosofia, solo laspetto superficiale e transeunte di una sostanziale comme dia (nel senso letterale di vicenda avente un epilogo positivo). 4) Appurato che pensare dialetticamente significa pensare la realt come una totalit processuale che procede secondo lo schema triadico di tesi, antitesi e sintesi, ci si pu chiedere se la dialettica hegeliana sia a sintesi aperta o a sintesi chiusa. Infatti, poich ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di unaltra antitesi, cui succede unulteriore sintesi e cos via, sembrerebbe, a prima vista, che la dialettica esprima un processo costitutivamente aperto. In verit, Hegel pensa che in tal caso si avrebbe il trionfo della cattiva infinit ossia un processo che, spostando indefinitamente la meta da raggiungere, toglierebbe allo spirito il pieno possesso di se medesimo. Di conseguenza, egli opta per una dialettica a sintesi finale chiusa, cio per una dialettica che ha un ben preciso punto di arrivo: Mentre nei gradi intermedi della dialettica prevale la rappresentazione della spirale, nella visione complessiva e finale del sistema prevale la rappresentazione del circolo chiuso, che soffoca la vita dello spirito, dando al suo progresso un termine, al di l del quale ogni attivit creatrice si annulla, perch, avendo lo spirito realizzato pienamente se stesso, non gli resta che ripercorrere il cammino gi fatto ... Limpetuosa corrente sfocia in uno stagnante mare, e nellimmobile specchio trema la vena delle acque che vi affluiscono ... (Guido De Ruggiero). 5) E in effetti, tutti i filosofi che si sono rifatti in qualche modo allhegelismo (da Engels a Croce e ai neomarxisti) hanno criticato l'idea di uno stagnante epilogo della storia del mondo, recuperando invece lidea di un processo che risulta costitutivamente aperto. Inoltre, pi che sul momento della conciliazione o sintesi, tali filosofi hanno insistito sul momento dell opposizione e della contraddizione , ossia su ci che Hegel, nella Fenomenologia, chiama il travaglio del negativo.

7. La critica alle filosofie precedenti


Dopo aver definito in positivo i capisaldi dellhegelismo, venuto il momento di illustrarli in negativo, ossia di vedere a quali filosofie esso storicamente si contrapponga.

a) Hegel e gli illuministi


La filosofia di Hegel implica un oggettivo rifiuto della maniera illuministica di rapportarsi al mondo. Infatti gli illuministi, facendo dellintelletto il giudice della storia, sono costretti a ritenere che il reale non razionale, dimenticando cos che la vera ragione (= lo Spirito) proprio quella che prende corpo nella storia ed abita in tutti i momenti di essa. Invece la ragione degli illuministi esprime solo le esigenze e le aspirazioni degli individui: una ragione finita e parziale, ovvero un intelletto astratto, che pretende di dare lezione alla realt e alla storia, stabilendo come dovrebbe essere e non , mentre la realt sempre necessariamente ci che deve essere. (...)

b) Hegel e Kant
Kant aveva voluto costruire una filosofia del finito, e lantitesi fra il fenomeno e il noumeno, fra il dover essere e lessere, tra la ragione e la realt, fa parte integrante di una tale filosofia. Nel campo conoscitivo luomo limitato alla sfera dei fenomeni, le idee della ragione sono soltanto ideali regolativi, che spingono la ricerca scientifica allinfinito, verso una compiutezza che essa non pu raggiungere mai. Anche nel dominio morale, la santit, cio la perfetta conformit della volont alla legge della ragione, il termine di un progresso allinfinito. In una parola, lessere non si adegua mai al dover essere, la realt alla razionalit. Secondo Hegel, in vece, questa adeguazione in ogni caso possibile e necessaria (tutta la filosofia di Hegel costituisce una mediazione tra finito e infinito, cio un metodo per accedere, sia razionalmente sia moralmente, allAssoluto). A Kant Hegel rimprovera anche la pretesa di voler indagare la facolt di conoscere prima di procedere a conoscere: pretesa che egli assimila allassurdo proposito di imparare a nuotare prima di entrare nellacqua.

c)Hegel e i romantici
Il dissenso di Hegel nei confronti dei romantici verte essenzialmente su due punti.

In primo luogo Hegel contesta il primato del sentimento, dellarte o della fede, sostenendo che la filosofia, in quanto scienza dellAssoluto, non pu che essere una forma di sapere mediato e razionale. In secondo luogo, Hegel contesta gli atteggiamenti individualistici dei romantici (o, per meglio dire, di una parte dei romantici), affermando che lintellettuale non deve narcisisticamente ripiegarsi sul proprio io, ma tener docchio soprattutto loggettivo corso del mondo, cercando dintegrarsi nelle istituzioni socio-politiche del proprio tempo. In realt Hegel, pur non rientrando nella scuola romantica in senso stretto, risulta profondamente partecipe del clima culturale romantico, del quale oltre a numerosi motivi particolari (il concetto della creativit dello Spirito, dello sviluppo provvidenziale della storia, della spiritualit incosciente della natura ecc.) condivide soprattutto il tema dellinfinito, anche se ritiene che ad esso si acceda speculativamente e non attraverso vie immediate.

d) Hegel e Fichte
(...) Hegel accusa Fichte di aver ridotto linfinito a semplice meta ideale dellio finito. Ma in tal modo il finito, per adeguarsi allinfinito e ricongiungersi con esso, lanciato in un progresso allinfinito che non raggiunge mai il suo termine. Ora questo progresso allinfinito , secondo Hegel, il falso o cattivo infinito o linfinito negativo; non supera veramente il finito perch lo fa continuamente risorgere, ed esprime soltanto lesigenza astratta del suo superamento. Di conseguenza, Fichte si troverebbe ancora, dal punto di vista di Hegel, in una filosofia incapace di attingere quella piena coincidenza tra finito e infinito, razionale e reale, essere e dover-essere, che costituisce la sostanza dellidealismo.

8. La Fenomenologia dello Spirito


La Fenomenologia dello Spirito (1807) la prima opera in cui Hegel espone il suo pensiero maturo, quel pensiero di cui abbiamo gi presentato i fondamenti e il metodo (vedi sopra: i capisaldi del sistema e la dialettica). Il termine Fenomenologia (dalla parola greca phainomenon = ci che si manifesta, che appare) significa Studio delle manifestazioni dello Spirito. (Si tenga presente che il termine fenomeno in Hegel non comporta una distinzione kantiana tra apparenza e cosa in s inconoscibile: infatti posta lidentit tra pensiero e essere, tra ragione e realt, nulla pu sfuggire alla coscienza). Nella Fenomenologia dello Spirito Hegel vuol descrivere il percorso della coscienza verso il sapere assoluto, vale a dire litinerario dalla coscienza comune alla piena coscienza filosofica. La coscienza comune la coscienza delluomo che vede il mondo come un insieme di oggetti e soggetti indipendenti gli uni dagli altri senza rendersi conto che il mondo costituisce ununit e che anche la differenza tra il soggetto cosciente e le cose va compresa allinterno dellunit razionale dellAssoluto. La coscienza filosofica invece quella che vede le cose e gli eventi come la frammentaria manifestazione del Tutto, e considera una semplice illusione la possibilit di identificarle separatamente. Alla coscienza comune il mondo appare come un arcipelago composto da moltissime isole - gli uomini, gli oggetti, gli eventi - separate le une dalle altre. La coscienza filosofica scopre invece che le isole sono le cime di monti sottomarini, che formano ununica catena montuosa che si eleva dal fondo del mare. Allo sguardo del filosofo dietro la differenza compare la comune radice di ogni essere 1. Litinerario dalla coscienza comune alla coscienza filosofica segnato da una serie di tappe (che Hegel chiama figure) che costituiscono fasi della storia dellumanit, fasi che il singolo individuo deve ripercorrere (per elevarsi alla coscienza filosofica, al punto di vista dellassoluto). Ma queste tappe sono anche manifestazioni dellassoluto perch, come abbiamo gi detto, tutti gli eventi della storia non sono altro che momenti necessari del divenire dellassoluto, della totalit infinita. Quindi la fenomenologia descrive la via che conduce lindividuo al sapere assoluto (in questo senso la Fenomenologia dello Spirito pu essere intesa come un BildungsRoman: un romanzo di formazione, nel quale il protagonista, attraverso il duro tirocinio di unesperienza sofferta, supera l e originarie convinzioni e giunge alla verit), ma descrive anche, e soprattutto, la via attraverso la quale lAssoluto stesso giunge allautocoscienza (lAssoluto si autoconosce attraverso il filosofo) La Fenomenologia dello Spirito costituita da 6 tappe fondamentali: COSCIENZA AUTOCOSCIENZA RAGIONE SPIRITO RELIGIONE SAPERE ASSOLUTO
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Vedi Mario Trombino, Da Kant a Hegel, vol. 2.2 di Filosofia testi - percorsi, Poseidonia

Le prime tre tappe descrivono linnalzamento dalla coscienza individuale finita alla ragione come consapevolezza filosofica. Le successive tre tappe descrivono il dispiegarsi della coscienza che ha conquistato il punto di vista dellAssoluto. Siccome lo svolgimento della filosofia come conoscenza dal punto di vista dell Assoluto viene riproposto in modo pi sistematico nelle opere successive di Hegel, prendiamo in considerazione solo i primi tre momenti. COSCIENZA: Nel primo momento della Coscienza questa si rivolge a un oggetto che considerato esterno rispetto ad essa. AUTOCOSCIENZA: La seconda tappa dellitinerario fenomenologico costituito dalla autocoscienza che, attraverso i singoli momenti, impara a sapere che cosa essa sia propriamente. Lautocoscienza si manifesta, dapprima, come caratterizzata dallappetito e dal desiderio, ossia come tendenza ad appropriarsi delle cose e a far dipendere tutto da s, a togliere lalterit che si presenta come vita indipendente. Ma lautocoscienza necessita di altre autocoscienze in grado di darle la certezza di essere tale: luomo acquista coscienza di s, si afferma come autocoscienza, solo se riesce a farsi riconoscere da altri uomini, da altre autocoscienze (dice Hegel: lautocoscienza raggiunge il suo appagamento solo in unaltra autocoscienza) Luomo per non rispetta laltro nella sua diversit, ma vuole appropriarsene, vuole ridurlo a una cosa propria (perch, come abbiam detto, lautocoscienza si manifesta come tendenza a far dipendere tutto da s) e di conseguenza nasce in maniera necessaria una lotta tra i due uomini la cui posta in gioco proprio il riconoscimento. Il riconoscimento deve passare attraverso un conflitto (e non attraverso lamore cfr. pensiero giovanile di Hegel), solo attraverso la lotta per la vita e per la morte lautocoscienza pu realizzarsi. Ma poich ogni autocoscienza ha bisogno strutturalmente dellaltra la lotta non deve aver come esito la morte di una delle due, ma il soggiogamento di una allaltra. Nasce, cos, la dialettica tra padrone e servo (che corrisponde, nella storia, alla civilt antica), che Hegel descrive in pagine divenute famosissime, e che effettivamente fra le cose pi profonde e pi belle della Fenomenologia. Il padrone ha rischiato nella lotta la sua vita e nella vittoria diventato, di conseguenza, padrone. Il servo ha avuto timore della morte e, nella sconfitta, per aver salva la vita fisica, h a accettato la condizione di schiavit ed diventato come una cosa dipendente dal padrone. Il padrone usa il servo e lo fa lavorare per s, limitandosi a godere delle cose che il servo fa per lui. Ma, in questo tipo di rapporto, si sviluppa un movimen to dialettico, che finir col portare al rovesciamento delle parti. Infatti il padrone finisce col diventare dipendente dal servo, perch pu appropriarsi delle cose solo attraverso il lavoro del servo (il padrone rimane inerte). Il servo invece, per mezzo del lavoro, finisce per diventare indipendente, perch impara a dominare se stesso (autodisciplina) e impara a dominare le cose trasformandole, imprimendo in esse una forma che il riflesso dellautocoscienza. La figura della dialettica Padrone-Servo stata apprezzata soprattutto dai marxisti, i quali hanno visto in essa unintuizione dellimportanza del lavoro e della dialettica della storia, nella quale, grazie allesperienza della sottomissione, si generano le condizioni per la liberazione. Resta tuttavia una differenza fondamentale tra Marx ed Hegel: infatti la figura hegeliana non si conclude con una rivoluzione sociale o politica, ma con la coscienza dellindipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del padrone nei confront i del lavoro servile. Unaltra figura celebre dellAutocoscienza quella della Coscienza infelice, che descrive la condizione della coscienza tipica della religione ebraica e del Cristianesimo medievale. La coscienza infelice la coscienza che vive se stessa come coscienza finita, mortale, che per esistere deve ancorarsi a una realt assoluta, infinita, del tutto estranea alla coscienza stessa ( = Dio trascendente). In questa figura c quindi una profonda scissione tra lautocoscienza delluomo (finita , mutevole) e loggetto della coscienza, la realt vera, assoluta, infinita, a cui la coscienza tende senza mai poterla raggiungere. Nella figura della Coscienza infelice ogni accostamento delluomo alla Divinit trascendente significa una mortificazione, unumiliazione, un sentire la propria nullit, e da ci deriva appunto linfelicit. Nel Cristianesimo si cerca poi di rendere accessibile il Dio trascendente per mezzo del Dio incarnato (Ges Cristo); tuttavia, secondo Hegel, la pretesa di cogliere lAssoluto in una figura storica destinata al fallimento, perch Cristo, vissuto in uno specifico e irripetibile periodo storico, risulta pur sempre lontano, e quindi per la coscienza rimane separato, estraneo. Di conseguenza, anche con il cristianesimo, la coscienza continua ad essere infelice e Dio continua a configurarsi come un irraggiungibile al di l che sfugge. RAGIONE: Lautocoscienza era il momento in cui la coscienza aveva preso se stessa come oggetto, ma il suo culmine nella coscienza infelice mostra limpossibilit di comprendere se stessa restando entro i limiti di s.

La Ragione nasce nel momento in cui la Coscienza, abbandonato il vano sforzo di unificarsi con Dio, si rende conto di essere lei stessa Dio, il Soggetto assoluto, in altri termi ni acquisisce la certezza di essere ogni realt. E questa la posizione propria dellidealismo: lunit di pensiero ed essere. Questa certezza di essere ogni realt sorge nel Rinascimento, si sviluppa durante let moderna e ha il suo culmine nellIdealismo. Il camminodella Ragione si conclude con il superamento del punto di vista individuale: la coscienza comprende che ogni atto della vita individuale si situa dentro una realt storico-sociale che lo fonda e lo rende possibile, e quindi la ragione si realizza concretamente nelle istituzioni storico-politiche di un popolo e dello Stato; ma con questo entriamo nel mondo dello Spirito, per il quale, come abbiam gi detto, rimandiamo alla Filosofia dello Spirito esposta nelle opere successive.

IL SISTEMA
Nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio troviamo lesposizione sistematica di tutti i momenti costitutivi dellassoluto, nel loro ordine necessario. La Fenomenologia dello Spirito ci ha mostrato come la coscienza empirica giunge al Sapere assoluto. Il sistema ci mostra lAssoluto visto da quel punto di vista che la Fenomenologia ha guadagnato. Su questo piano tolta ogni differenza tra certezza (elemento soggettivo) e verit. Lesposizione segue il ritmo triadico di tesi (Idea in s), a ntitesi (Idea fuori di s, cio natura), sintesi (Idea che ritorna in s, cio Spirito) e si divide in Logica, Filosofia della Natura, Filosofia dello Spirito.

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