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PERIFERICHE DI MEMORIZZAZIONE

Floppy Disk

Un floppy disk da 5 pollici e un quarto

Un floppy disk è un supporto di memorizzazione che contiene, all'interno di un contenitore


quadrato o rettangolare di plastica, un disco sottile e flessibile (da cui "floppy") su cui vengono
memorizzati magneticamente i dati. I floppy disk sono letti e scritti da un floppy disk drive o FDD

Premessa

Schema di un Floppy disk: 1)Selettore di scrittura 2)Perno del disco 3)Linguetta protettiva
4)Plastica dell'involucro 5)Carta protettiva 6)Disco magnetico 7)Settore di scrittura

I floppy disk, detti anche floppy o dischetti (in inglese diskettes un nome volutamente scelto per
essere simile alla parola cassette), erano diffusissimi negli anni '80 e negli anni '90, usati su
piattaforme di home e personal computer come l'Apple II, il Macintosh, il Commodore 64, l'Amiga

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e il PC IBM al fine di distribuire software, trasferire dati tra calcolatori o fare piccoli backup. Prima
che i dischi rigidi divenissero popolari sui PC, i floppy disk erano spesso usati per memorizzare il
sistema operativo dei PC, il software applicativo, e altri dati. Molti computer domestici avevano il
kernel primario del proprio sistema operativo memorizzato permanentemente in una memoria
ROM, ma il resto del sistema operativo su un floppy disk, sia che si trattasse di un sistema
proprietario, sia di CP/M, sia, più tardi, del DOS.

All'inizio degli anni '90, l'aumento delle dimensioni del software costrinse alla distribuzione di
molti programmi su più floppy disk. Verso la fine del decennio, la distribuzione del software migrò
gradualmente verso i CD-ROM, e furono introdotti nuovi formati di backup a più grande capacità
(ad esempio lo Iomega Zip disk). Con l'avvento di Internet, e le economiche reti Ethernet e ai
pendrive USB, i floppy disk non sono più necessari neanche per il trasferimento dati, e i dischetti
stanno diventando obsoleti. I backup di massa vengono ora effettuati nelle unità a nastro come i
DAT o scritte su CD o DVD. Un tentativo alla fine degli anni '90 di rilanciare l'uso dei floppy disk
fu quello del SuperDisk (LS120) con una capacità di 120 MB, compatibile all'indietro con lo
standard floppy da 3½ pollici, senza però riscontrare il favore del mercato.

Nonostante ciò, i fornitori sono riluttanti a rimuovere le unità floppy disk dai loro PC, per
conservare la compatibilità all'indietro e perché molti dipartimenti di Information Technology delle
aziende apprezzano un meccanismo di trasferimento dei file che funzioni sempre e che non abbia
bisogno di un device driver per operare correttamente. Apple Computer è stato il primo produttore
di computer ad eliminare del tutto le unità floppy disk dai propri modelli con l'uscita dell'iMac nel
1998, mentre la Dell ha reso opzionali i floppy drive in alcuni modelli a partire dal 2003. Ad oggi,
tuttavia, questi cambiamenti non hanno ancora segnato la fine del floppy disk come tradizionale
mezzo di memorizzazione e scambio dati.

Esistono comunque unità floppy esterne basate su USB per PC privi di floppy drive, che funzionano
su qualsiasi calcolatore che supporti USB.

La capacita dei dischi è normalemente espressa in KB dove la "K" è usata per indicare il "kilo
binario" (1.024).

Storia
I floppy disk nacquero nel 1967 quando la IBM studiò un sistema semplice e poco costoso per
caricare microcodice sui suoi mainframe System/370. Il risultato fu un disco di sola lettura, di 8
pollici (20 cm) di diametro, chiamato "memory disk".

Da quella data fino ad oggi il floppy disk ha subito un continuo sviluppo che lo ha portato a
diventare sempre più piccolo e più capiente. La prima azienda ad incorporarlo in un personal
computer fu la Olivetti, presentando alla fiera di Hannover nell'Aprile del 1975, il P6060.

Sono stati prodotti floppy disk delle dimensioni e capacità più svariate. Tuttavia i formati più
conosciuti sono quello da 5¼ pollici, diffuso per essere stato scelto dalla maggior parte dei primi
produttori di personal computer ed in particolare da IBM sul su primo personal computer e quello
da 3½ pollici, introdotto inizialmente dalla Apple sul proprio Apple Macintosh ed in seguito
adottato da tutti i produttori fino ad essere l'unico ancora adottato.

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Floppy disk da 3½ pollici

Floppy da 3½ pollici

Il dischetto da 3½ pollici è composto da una custodia in plastica rigida, con all'interno un sandwich
composto da tessuto - supporto magnetico - tessuto come sui dischi da 5¼. La parte frontale ha solo
un'etichetta ed una piccola apertura per leggere e scrivere i dati protetta da una copertura metallica a
molla, la quale viene spinta indietro quanto il dischetto viene inserito nel drive. Il retro ha
un'apertura per permettere al motore di connettersi a un disco metallico incollato al supporto
magnetico.

La custodia è di forma rettangolare (90 mm x 94mm) questo, unito ad uno smusso presente nella
parte superiore destra, serve per evitare che il disco venga inserito in posizione errata. Sull'angolo
superiore sinistro è normalmente presente una freccia per indicare il corretto verso di inserimento.

Sono inoltre presenti due fori all'estremità inferiore. Il foro di sinistra è utilizzato per la protezione
contro la scrittura ed è dotato di un meccanismo che permette di chiuderlo. Il disco può essere
scritto solo con il foro chiuso. Il foro di destra è presente solo sui dischi a alta densità (capacità 2
MB non formattati equivalenti a 1440 KB sui sistemi MS-DOS) e serve a distinguerli da quelli a
doppia densità.

I floppy disk da 3½ sono stati prodotti principalmente in tre formati tutti a doppia faccia: (le
capacità sono riferite alla formattazione con MS-DOS file sistem FAT)

• DD - doppia densità, capacità formattata 720 KiB (non hanno il foro sul lato destro)
• HD - alta densità, capacità formattata 1440 KiB (gli unici ancora in uso)
• ED - densità estesa, capacità formattata 2880 KiB (utilizzati in pratica solo da IBM sui
modelli PS/2, scarsissima diffusione)

Tramite software appositi (WinImage) è possibile adottare tipi di formattazione non standard a
1.68MB o anche a 1.72MB. Questo tipo di formattazione fu adottata da MicroSoft per la
realizzazione dei floppy di installazione di Windows 95®

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Compatibilità
Le diverse misure fisiche dei dischetti sono incompatibili, ed i dischetti possono essere caricati solo
su drive di dimensione corretta. Nel periodo di transazione fra i due formati esistevano dei drive che
accettavano entrambe le misure, 3½ pollici e 5¼.

Tuttora permangono incompatibilità fra ogni standard di formattazione. Considerate, come esempio
che i computer Apple Macintosh possono leggere, scrivere e formattare dischetti IBM PC da 3½
pollici, purché il software appropriato sia installato, mentre è impossibile fare l'inverso sui computer
IBM compatibili

All'interno del mondo dei computer IBM-compatibili, le tre densità di dischetti da 3½ pollici sono
parzialmente compatibili. Drive ad alta densità sono costruiti per leggere, scrivere ed anche
formattare media con densità minori senza problemi. È possibile formattare un dischetto vergine ad
una densità minore di quella nominale senza particolari problemi. Non è invece consigliabile farlo
con un disco già formattato ad alta densità in quanto a causa della diversa intensità del campo
magnetico utilizzato le vecchie tracce non verranno completamente cancellate e porteranno a errori
di lettura.

La situazione era anche più complessa con i dischetti da 5¼. Il traferro della testina di un drive con
capacità di 1.2 MB è più piccolo rispetto a quello con capacità di 360 KB, ma formatterà, leggerà, e
scriverà dischetti da 360 KB con apparente successo. Un dischetto vuoto da 360 KB formattato e
scritto su un drive con capacità da 1.2 MB può essere usato su un drive da 360 KB senza problemi,
in maniera del tutto simile un dischetto formattato su un drive con capacità di 360 KB può essere
usato su un drive con capacità di 1.2 MB. Ma un disco scritto con un drive da 360 KB e aggiornato
con un drive da 1.2 MB diventa permanentemente illeggibile su ogni drive da 360 KB, ciò è dovuto
all'incompatibilità della larghezza delle tracce.

Utilizzo
Uno dei principali problemi di utilizzo dei floppy disk risiede nella loro vulnerabilità. Sebbene sia
protetto da una custodia in plastica, il disco rimane comunque altamente sensibile alla polvere, alla
condensa, ed alle temperature estreme. Così come ogni altra unità di memorizzazione magnetica, è
anche vulnerabile ai campi magnetici. Dischetti vuoti sono di solito distribuiti con un esauriente
assortimento di avvertenze, che avvisano l'utente di non esporre il floppy a condizioni che
potrebbero rovinarlo.

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Hard disk

Interno di un hard disk

L'hard disk o disco rigido (anche chiamato disco fisso) è un dispositivo utilizzato per la
memorizzazione a lungo termine dei dati in un computer. È costituito fondamentalmente da uno o
più dischi in alluminio o vetro, rivestiti di materiale ferromagnetico in rapida rotazione e da due
testine per ogni disco (una per lato), poste a piccolissima distanza dalla superficie del disco stesso in
grado di leggere e scrivere i dati. La testina è tenuta sollevata dall'aria mossa dalla rotazione stessa
dei dischi che può superare i 15.000 giri al minuto.

Storia

Testina di un hard disk

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L'hard disk è stato inventato nel 1956 dall'IBM, era costituito da 50 dischi del diametro di 24 pollici
(circa 60 cm) e poteva immagazzinare circa 5 megabyte di dati. La denominazione originaria era
fixed disk (disco fisso), il termine hard disk nacque intorno al 1970 per contrapposizione coi neonati
floppy disk.

Nel 1963 sempre IBM ideò il meccanismo di sollevamento della testina mediante l'aria. Nel 1973
IBM introdusse il modello 3340 Winchester, così denominato per analogia con il popolare modello
di fucile ".30-30 Winchester" poiché era dotato di due dischi da 30 MB l'uno; questo nome entrò
nell'uso comune come sinonimo di hard disk perché questo modello fu il predecessore di tutti gli
hard disk moderni.

Il primo modello per microcomputer fu l'ST506 prodotto da Seagate Technology nel 1980, aveva
una capacità di 5 MB, diametro di 5 pollici e 1/4 ed era dotato di motore passo-passo per il
movimento delle testine (il controllo voice coil arriverà solo qualche anno dopo). Questo modello
equipaggiava i personal computer AT&T con processore 286 prodotti negli stabilimenti Olivetti di
Scarmagno, in seguito alla joy-venture della società di Ivrea con la multinazionale americana.
Contemporaneamente, la società OPE (Olivetti Peripheral Equipment), una consociata Olivetti,
forniva gli hard disk per i computer M24; l'unico (e rimase), produttore europeo di hard disk.

Caratteristiche prestazionali

Hard disk da 8 GigaByte smontato nelle sue componenti

Gli hard disk moderni hanno capacità e prestazioni enormemente superiori a quelle dei primi
modelli, ma restano comunque molto al di sotto delle prestazioni dei componenti elettronici che
compongono il resto del computer. Per questo motivo, l'hard disk è spesso la causa principale del
rallentamento di un computer.

Le caratteristiche principali di un hard disk moderno sono:

• la capacità
• il tempo di accesso
• la velocità di trasferimento

La capacità è in genere espressa in gigabyte (GB). I produttori usano i gigabyte metrici, invece
delle approssimazioni per potenze di due usate per la memoria. Questo significa che un hard disk di
una data capacità è in realtà un poco più piccolo di un modulo di memoria con la stessa capacità, e

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lo scarto aumenta all'aumentare delle dimensioni. Gli hard disk si trovano in vendita con capacità
generalmente comprese tra 40 e 750 gigabyte. La capacità può essere aumentata incrementando la
densità con cui le informazioni vengono memorizzate sui dischi, usando dischi più grandi, o usando
un numero maggiore di dischi. In maggio 2006, Seagate ha prodotto e messo in vendita un hard disk
da ben 750 Gb, il Barracuda 7200.10.

Il tempo di accesso è la variabile più importante nel determinare le prestazioni di un hard disk, ma
spesso non viene menzionata dal produttore. Si tratta del tempo medio necessario perché un dato
posto in una parte a caso dell'hard disk possa essere reperito. Il tempo impiegato dipende dal fatto
che la testina deve spostarsi, e contemporaneamente il disco deve girare finché il dato interessante
non si trova sotto la testina (latenza rotazionale). I produttori cercano perciò di realizzare testine
sempre più leggere (che possono spostarsi più in fretta perché dotate di minore inerzia) e dischi che
girano più velocemente. Il tempo di accesso tipico per un hard disk consumer è attorno ai 10
millisecondi. Per un hard disk ad alte prestazioni (15.000 giri) è di 3 o 4 millisecondi.

La velocità di trasferimento è la quantità di dati che l'hard disk è teoricamente in grado di leggere o
scrivere sul disco in un determinato tempo (in genere si prende 1 secondo come riferimento). Usare
dischi che ruotano più velocemente o incrementare la densità di memorizzazione porta ad un
miglioramento diretto della velocità di trasferimento. C'è da dire che, a parte casi particolari, la
velocità di trasferimento teorica viene raramente raggiunta e il tempo di accesso è quello che
maggiormente influenza le prestazioni di un hard disk.

Oltre alle tre viste sopra, altre caratteristiche influenzano in misura minore le prestazioni di un hard
disk. Tra queste:

• il buffer di memoria
• la velocità dell'interfaccia

Il buffer è una piccola memoria cache (in genere di alcuni megabyte) posta a bordo dell'hard disk,
che ha il compito di memorizzare gli ultimi dati letti o scritti dal disco. Nel caso che un programma
legga ripetutamente le stesse informazioni, queste possono essere reperite nel buffer invece che sul
disco. Essendo il buffer un componente elettronico e non meccanico, la velocità di trasferimento è
molto maggiore, nel tempo, la capacità di questa memoria è andata sempre aumentando,
attualmente 16 MB sono una dimensione abbastanza usuale.

L' interfaccia di collegamento tra l'hard disk e la scheda madre (o, più specificatamente, il
controllore) può influenzare le prestazioni perché specifica la velocità massima alla quale le
informazioni possono essere trasferite da o per l'hard disk. Le moderne interfacce tipo ATA133,
Serial ATA o SCSI possono trasferire centinaia di megabyte per secondo, molto più di quanto
qualunque singolo hard disk possa fare, e quindi l'interfaccia non è in genere un fattore limitante. Il
discorso può cambiare nell'utilizzo di più dischi in configurazione RAID, nel qual caso è importante
utilizzare l'interfaccia più veloce possibile, come per esempio la Fibre Channel da 2 Gb/s.

Principi fisici di registrazione magnetica


La memorizzazione dell'informazione sulla superifice del supporto ferromagnetico consiste
sostanzialmente nel trasferimento di un determinato verso alla magnetizzazione di un certo numero
di domini di Weiss. Il numero di domini di Weiss che costituiscono un singolo bit moltiplicato per
la loro estensione superficiale media, rapportato alla superficie di archiviazione disponibile,
fornisce la densità d'informazione (bit al pollice quadro). Quindi stipare una maggiore quantità di
dati sullo stesso disco richiede la riduzione del numero di domini che concorrono alla definizione di
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un singolo bit e/o la riduzione dell'area di un singolo dominio magnetico. L'evoluzione continua
della tecnologia degli hard disk ci ha portati ormai vicino al limite inferiore tollerabile: quando
infatti il numero di domini che definiscono un singolo bit si è avvicinato all'unità e la loro area è
dell'ordine di pochi nanometri quadri, l'energia termica del sistema è diventata ormai paragonabile
all'energia magnetica ed è sufficiente un tempo brevissimo a far invertire il verso della
magnetizzazione del dominio (trattasi di una fluttuazione) e perdere in questo modo l'informazione
contenuta.

La lettura dell'informazione magnetica in passato veniva affidata a testine induttive, avvolgimenti di


rame miniaturizzati in grado di rilevare la variazione del flusso del campo magnetico statico al
transitare della testina tra un bit ed il successivo, secondo il principio di induzione magnetica.
L'evoluzione che la spintronica ha portato nelle case di tutti sono state le testine magnetoresistive,
basate su un dispositivo, la spin-valve, in grado di variare resistenza al mutare dell'intensità del
campo magnetico. Il vantaggio dato da queste testine risiede nella loro sensibilità, migliore rispetto
alle vecchie testine induttive, e nella loro dimensione ridottissima, cosa che consente di seguire il
passo delle evoluzioni verso il nanometro per quanto riguarda l'area di un singolo bit. Infine, il
prossimo futuro vedrà protagoniste della scena le testine di lettura basate sulle magnetic tunneling
junction, MTJ.

Gli hard disk più veloci sviluppano molto calore. Alcuni devono addirittura essere raffreddati con
ventole apposite.

Il rumore emesso da un hard disk può essere molto fastidioso nel caso di un computer da tavolo. È
composto da un sibilo continuo, dato dalla rotazione dei dischi ad alta velocità, e da un crepitio
intermittente, di cui ogni clic corrisponde ad un movimento della testina. I produttori di hard disk
possono scegliere tra realizzare un hard disk silenzioso ma lento, o rumoroso ma veloce. Per
maggiore flessibilità in alcuni hard disk la velocità della testina è impostabile via software, alcuni
produttori, per ridurre di qualche decibel il rumore, adottano come supporto dell'albero rotante, la
bronzina al posto del cuscinetto.

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Hard disk IDE

Connettore IDE di un hard disk

L'interfaccia più comune è quella IDE, poi evolutasi in EIDE e ATA. Un cavo piatto, solitamente
grigio, è usato per connettere l'hard disk alla scheda madre. Spesso il cavo ha un terzo connettore
per poter usare un altro hard disk (o altre periferiche ATA come i lettori cd) con lo stesso cavo. In
tal caso, per poter distinguere tra le due periferiche, esse devono essere configurate una come
master e una come slave. Questa configurazione può avvenire sia manualmente, spostando dei
jumper presenti sulle periferiche, sia automaticamente se esse sono impostate come cable select. In
quest'ultimo caso è la scheda madre a decidere chi è il master e chi lo slave. Questo è
particolarmente utile quando si utilizzano dischi fissi vecchi, o nel caso di bassa compatibilità tra
unità diverse (ad esempio due dischi fissi, ma anche un disco fisso e un lettore CD).

Una scheda madre ha solitamente due connettori IDE (primario e secondario, detti spesso canali e
impropriamente controller), ad ognuno dei quali è possibile connettere due unità per un totale di
quattro periferiche. Non mancano schede madri con quattro connettori. Il cavo IDE non porta
l'alimentazione elettrica necessaria per il funzionamento delle periferiche, che quindi devono essere
connesse all'alimentatore per mezzo di un cavo separato.

Tipicamente, un personal computer ha un disco fisso come master sul canale IDE primario, ma a
seconda del sistema operativo utilizzato esso può risiedere su una qualunque interfaccia IDE.

Ecco un esempio delle possibili connessioni all'IDE di un pc:

• canale primario:
o master: hard disk;
o slave: lettore cd (con il jumper su cable select)
• canale secondario:
o master: hard disk;
o slave: masterizzatore DVD

Impostazione di master, slave, cable select

Ogni unità che può essere connessa ad un cavo IDE (hard disk, lettore/masterizzatore CD/DVD)
possiede un gruppo di pin nella parte posteriore, tra il connettore per il cavo IDE e quello per
l'alimentazione, che possono essere collegati a due a due da un apposito jumper. La posizione dei
jumper per ottenere le diverse funzioni è normalmente descritta sull'etichetta che riporta le
caratteristiche dell'hard disk.

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Serial ATA

Hard disk Serial ATA da 3,5 pollici - Su questo modello sono visibili, in alto da sinistra verso
destra: il connettore di alimentazione specifico Serial ATA a 15 contatti, il connettore dati a 7
contatti, l'alloggiamento per i jumper, il connettore di alimentazione di tipo tradizionale.

Il Serial ATA (SATA) è una interfaccia per computer generalmente utilizzata per connettere un
hard disk nell'ambito di un computer. È l'evoluzione dell'ATA (più conosciuto come IDE). I
vantaggi principali sono tre: la velocità, la gestione dei cavi e la funzione di hot swap. L'interfaccia
ATA è stata rinominata a Parallel ATA (PATA), per evitare confusione.

La prima versione del Serial ATA supporta una velocità di trasmissione dei dati pari a 150
megabyte al secondo. Sono tuttavia già presenti controller SATA di seconda generazione (detti
SATA II) in grado di trasferire 300 MB/Sec e si prevede una terza generazione di controller da 600
megabyte al secondo per il 2007.

Cavo dati Serial ATA

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Dal punto di vista tecnico, il più grande cambiamento è costituito dai cavi utilizzati. I dati viaggiano
su un cavo flessibile con 7 contatti, le cui estremità sono larghe 8 millimetri, con i contatti disposti
su due file. Rispetto ai corti (tra 45 e 90 cm) e larghi cavi da 40 o 80 contatti dell'interfaccia ATA,
sono sicuramente più pratici. Essendo molto più stretti, e quindi meno ingombranti, facilitano
inoltre il passaggio dell'aria all'interno del case, migliorando la ventilazione dei componenti. Il
concetto di master e slave, presente con i cavi ATA, è stato abolito a favore di un singolo cavo per
hard disk. I connettori hanno una sagoma asimmetrica, e non possono quindi essere inseriti in
posizione errata.

Cavo alimentazione

Gli hard disk Serial ATA prevedono un tipo di connettore di alimentazione diverso. Simile al cavo
di trasmissione dei dati, è più largo ed è costituito da 15 conduttori, che trasportano le tre diverse
tensioni di alimentazione necessarie: 3,3 V, 5 V e 12 V.

Non c'è differenza tra i cavi degli hard disk da 3,5 pollici e quelli da 2,5 pollici per notebook.

Durante la transizione tra l'interfaccia IDE ed il Serial ATA sono previsti diversi convertitori per
rendere compatibili i due standard. Per quanto riguarda l'alimentazione, i cavi ad Y con connettori
standard sono sostituiti dai cavi di alimentazione Serial ATA, che hanno un connettore femmina
standard e due connettori maschi SATA. Per quanto riguarda la conversione del trasporto dati, è
necessario un ponte che converta la trasmissione di dati parallela in seriale e viceversa. Diversi
produttori di hard disk hanno già a listino drive nativi Serial ATA e la maggior parte dei nuovi
modelli di schede madri supporta almeno due hard disk di questo tipo oltre ai due canali IDE,
spesso sono supportate anche le diverse configurazioni RAID.

Le specifiche Serial ATA prevedono la possibilità di inserimento hot (a caldo), cioè senza necessità
di togliere l'alimentazione al personal computer, tuttavia alcuni controller non implementano questa
funzione, spesso a causa di limitazioni presenti nel BIOS.

Di recente sono stati introdotti Hard Disk Serial ATA con un'interfaccia in grado di trasmettere fino
a 3 Gigabit/s. (SATA II)

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SCSI - Small Computer System Interface

Hard disk SCSI Ultra2 Multi-Mode LVD da 3,5 pollici - Su questo modello sono visibili, da sinistra
verso destra: il connettore dati a 68 contatti, l'alloggiamento per i jumper e il connettore di
alimentazione standard a 4 contatti

Lo SCSI (acronimo di Small Computer System Interface) è un'interfaccia standard progettata per
realizzare il trasferimento di dati fra diversi dispositivi interni di un computer (detti devices)
collegati fra di loro tramite un bus. SCSI si pronuncia scasi (qualcuno, senza successo, ha proposto
in passato la pronuncia sexy).

Per collegare un computer ad un host, il bus di collegamento ha bisogno di un host adapter SCSI
che gestisce il trasferimento dei dati sul bus stesso. La periferica deve disporre di un controller
SCSI, che è solitamente incorporato in tutte le periferiche, ad eccezione di quelle di più vecchia
concezione. L'interfaccia SCSI viene per lo più usata per la comunicazione con unità hard disk e
unità nastro di memorizzazione di massa, ma anche per connettere una vasta gamma di dispositivi,
come scanner d'immagini, lettori e scrittori di CD (CD-R e CD-RW), lettori DVD. In effetti lo
standard SCSI è stato ideato per favorire l'intercambiabiltà e la compatibilità dei dispositivi (tutti,
almeno in teoria). Esistono anche stampanti SCSI.

In passato l'interfaccia SCSI era molto diffusa in ogni tipologia di computer, mentre attualmente
trova un vasto impiego solamente in workstation, server e periferiche di fascia alta (cioè con elevate
prestazioni). I computer desktop e portatili sono invece di solito equipaggiati con l'interfaccia ATA/
IDE (acronimi rispettivamente di Advanced Technology Attachment e Integrated Drive Electronics)
per gli hard disk e con l'interfaccia USB (Universal Serial Bus) per altre periferiche di uso comune.
Queste ultime interfacce sono più lente della SCSI, ma anche più economiche. Notare che l'USB
utilizza lo stesso set di comandi dello SCSI per implementare alcune delle sue funzionalità.

Storia
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Un terminale SCSI

Nel 1979 Alan Shugart, fondatore della Shugart Technology, introdusse sul mercato un'interfaccia
semplificata, chiamata SASI. Contemporaneamente la divisione Periferiche della NCR Corporation
(ora diventata Engenio), aveva sviluppato un prodotto più evoluto, il BYSE, e, per implementarlo,
stava progettando un ASIC (Application Specific Integrated Circuit cioè circuito integrato per
applicazioni specifiche o custom). Alla fine del 1981, NCR e Shugart si accordarono per far
convergere il meglio delle due soluzioni in un unico progetto, in modo da costituire la base per un
nuovo standard ANSI. Dopo una serie di riunioni del comitato normativo, e dopo che molti altri
produttori avevano deciso di adottare il nuovo standard, fu scelto il nome SCSI.

Nel 1986, quando già lo SCSI si era largamente diffuso, l'ANSI approvò definitivamente la
cosiddetta specifica SCSI (nota con la sigla X3.131-1986). Da allora lo SCSI si è affermato come
uno standard industriale universale, in grado di trovare applicazioni in quasi tutti i sistemi di
computer (c'è stata perfino un implementazione SCSI per il famoso home computer Commodore
64, per alcuni diventato un vero e proprio oggetto di culto). Il primo ASIC impiegato per realizzare
un'interfaccia SCSI è stato donato dalla NCR allo Smithsonian Museum, a dimostrazione della
grande popolarità raggiunta.

Versioni

Controller SCSI ISA per masterizzatori CD

Lo SCSI ha subito un'evoluzione negli anni, ma prima di illustrarne le caratteristiche è opportuno


fare chiarezza sulla differente terminologia usata quando ci si riferisce allo standard SCSI vero e
proprio, codificata da comitato T10 dell'INCITS, e dal linguaggio di uso corrente, codificato dalla
associazione dei venditori di dispositivi SCSI.

Nel 2003 esistevano soltanto tre standard: SCSI-1, SCSI-2, e SCSI-3, tutti di tipo modulare,
incorporanti funzionalità che i vari produttori potevano decidere di includere o non includere. I vari
vendor hanno dato nomi particolari a specifiche combinazioni di funzionalità. Ad esempio il
termine Ultra-SCSI è definito nello standard, ma di solito è utilizzato per indicare quelle versioni

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dotate di velocità di trasferimento dati doppie di quelle ottenibili con il Fast-SCSI. Questa velocità
di trasferimento non è conforme alla specifica SCSI-2, ma invece è una delle opzioni previste dallo
SCSI-3. Analogamente, nessuna versione dello standard richiede di indicare se il dispositivo è di
tipo LVD (Low Voltage Differential) che significa che utilizza 3 volt di livello logico, invece dei 5
volt del tipo HVD (High Voltage Differential). Ciononostante i prodotti marcati Ultra-2 SCSI
includono tutti questa opzione. Questo tipo di terminologia è utile ai consumatori perché
denominare un dispositivo Ultra-2 SCSI descrive le funzionalità meglio che denominarlo SCSI-3.

Nessuna edizione della specifica SCSI ha mai prescritto il tipo di connettori da usare, che sono stati
invece scelti dai vari vendor. Sebbene i dispositivi SCSI-1 siano equipaggiati tipicamente con
connettori tipo Centronics Blue Ribbon, e gli SCSI-2 con connettori tipo Mini-D, non è corretto
riferirsi a questi tipi come i connettori degli SCSI-1 e SCSI-2.

Le principali implementazioni dello standard SCSI sono le seguenti (in ordine cronologico e usando
la terminologia di uso corrente):

Riepilogo caratteristiche dell'interfaccia SCSI


Velocità del bus
Larghezza del Max lunghezza Max numero di
Interfaccia (Transfer rate)
bus (bits) cavi (metri) dispositivi
(MByte/s)
SCSI 5 8 6 8
Fast SCSI 10 8 1,5-3 8
Wide SCSI 20 16 1,5-3 16
Ultra SCSI 20 8 1,5-3 5-8
Ultra Wide
40 16 1,5-3 5-8
SCSI
Ultra2 SCSI 40 8 12 8
Ultra2 Wide
80 16 12 16
SCSI
Ultra3 SCSI 160 16 12 16
Ultra-320
320 16 12 16
SCSI
limitata solo dalle
iSCSI N/A N/A ??
caratteristiche di rete

RAID Redundant Array of Independent Disks


In informatica, un Redundant array of independent disks (Insieme ridondante di dischi
indipendenti), conosciuto più comunemente con il nome di RAID, è un sistema che usa un insieme
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di dischi rigidi per condividere o replicare le informazioni. I benefici del RAID sono di aumentare
l'integrità dei dati, la tolleranza ai guasti e/o le prestazioni, rispetto all'uso di un disco singolo. Nella
sua implementazione originaria (nella quale l'acronimo era l'abbreviazione di "Redundant Array of
Inexpensive Disks", cioè "Insieme ridondante di dischi economici"), il fattore chiave era l'abilità di
combinare parecchi dischi a basso costo e obsoleti in modo da rendere il sistema nel suo complesso
migliore di un disco di ultima generazione per capacità, affidabilità e/o velocità.

Nel suo livello più semplice, il sistema RAID permette di combinare un insieme di dischi in una
sola unità logica. In questo modo il sistema operativo, invece di vedere differenti dischi, ne vede
solamente uno. Il RAID è tipicamente usato nei server, e di solito è implementato con dischi di
identica capacità. Con il calo del costo dei dischi rigidi e con il diffondersi della tecnologia RAID
nei chipset delle scheda madri, il RAID è spesso offerto come opzione sia sui computer di fascia
alta sia su quelli usati da utenti domestici, specialmente se dedicati a compiti che richiedono un
grande immagazzinamento di dati, come il montaggio audio/video.

Le specifiche originali suggerivano un diverso numero di "livelli di RAID", o combinazioni di


dischi. Ogni combinazione aveva dei vantaggi e degli svantaggi. Con il passare degli anni, sono
nate diverse implementazioni del concetto di RAID. La maggior parte differiscono sostanzialmente
nell'implementazione dei livelli RAID ideati inizialmente. Questo può portare spesso a confusione,
poiché un'implementazione RAID-5 può essere molto diversa da un'altra. RAID-3 e RAID-4 sono
spesso confusi o scambiati tra loro.

La vera definizione di RAID è stata oggetto di dibattito nel corso degli anni. L'uso del termine
ridondante porta a molte discussioni se il RAID-0 sia "vero" RAID. Analogamente, il cambio da
economico a indipendente confonde molti dei concetti alla base del RAID. Infatti ci sono alcune
implementazioni del RAID che usano un solo disco! Indichiamo come RAID ogni sistema che
sviluppa il concetto base di ricombinare lo spazio fisico di dischi diversi per lo scopo di
aumentare l'affidabilità o le prestazioni del sistema nel suo complesso.

Storia
Il RAID è stato brevettato per la prima volta da IBM nel 1978. Nel 1988, i livelli RAID dal numero
1 al numero 5 sono stati definiti formalmente da David A. Patterson, Garth A. Gibson e Randy H.
Katz nell'articolo "A Case for Redundant Arrays of Inexpensive Disks (RAID)" che è stato
pubblicato alla SIGMOD Conference 1988: pp 109–116. Il termine "RAID" ha iniziato ad essere
usato con questo articolo.

Implementazioni RAID
Data Striping

I dati vengono partizionati in segmenti di uguale lunghezza e scritti su dischi differenti. La


grandezza della partizione si chiama unità di striping. Le partizioni vengono solitamente
distribuite fra i dischi usando un algoritmo round robin. Quando la dimensione dei dati richiesti è
superiore ad un'unità di striping, tali dati vengono distribuiti su più dischi e possono essere letti in
parallelo aumentando le prestazioni (alcuni sistemi di RAID implementano questa funzionalità). Ad
esempio se abbiamo un'unità di striping di 1 bit e abbiamo un array di D dischi, le sequenze di dati
lunghe D bit o più necessitano di tutti i dischi.

Economico o indipendente
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Sebbene la "I" di RAID oggi generalmente significhi independent (indipendente) invece di
inexpensive (economico), uno dei vantaggi originali del RAID era l'uso di apparecchiature poco
costose e rimane vero in molte situazioni, soprattutto dove vengono usati dischi IDE/ATA o SATA.

Più comunemente, invece, vengono usati dischi SCSI indipendenti (e più costosi), anche se il costo
di tali dischi è molto minore del sistema che il RAID in genere sostituisce.

Hardware o software

Il RAID può essere implementato sia con hardware dedicato sia con software specifico su hardware
di uso comune.

Con una implementazione software, il sistema operativo gestisce l'insieme di dischi attraverso un
normale controller (ATA, SCSI, Fibre Channel o altro). Questa opzione può essere più lenta di un
RAID hardware, ma non richiede l'acquisto di componenti extra.

Una implementazione hardware del RAID richiede (almeno) un controllore RAID ad-hoc. Nei
computer desktop, questo può essere una scheda di espansione PCI o può essere usato il controller
presente nella scheda madre. Nei RAID più grandi, il controller e i dischi sono sistemati in un
alloggiamento esterno. Questi dischi possono essere ATA, SATA, SCSI, o Fibre Channel mentre il
controllore collega il computer ospite con uno o più collegamenti ad alta velocità SCSI, Fibre
Channel o connessioni iSCSI, sia direttamente sia come NAS. Questo controllore gestisce i dischi, e
compie i controlli di parità (di cui molti livelli RAID hanno necessità). Questa opzione tende a dare
le migliori prestazioni e a rendere la gestione nel sistema operativo molto più semplice. Le
implementazione hardware in genere supportanno lo scambio a caldo (hot swapping), permettendo
di sostituire un disco mentre il sistema rimane in esecuzione.

Sia i sistemi hardware che software supportano l'uso degli hot spare, dischi preinstallati che
vengono usati immediatamente (e quasi automaticamente) quando un altro disco si rompe.

Livelli RAID standard


RAID 0

Il sistema RAID 0 divide i dati equamente tra due o più dischi con nessuna informazione di parità o
ridondanza. Bisogna notare che il RAID-0 non era presente tra i livelli RAID originari, e che non è
ridondante. RAID-0 è usato generalmente per aumentare le prestazioni di un sistema, anche se è
molto utile per creare un piccolo numero di grandi dischi virtuali da un grande numero di piccoli
dischi fisici. Sebbene il RAID-0 non sia indicato tra i livelli RAID originari, in un sistema ideale di
tipo RAID-0 le operazioni di I/O si dividerebbero in blocchi di dimensioni uguali e si
applicherebbero equamente su tutti i dischi. Le implementazioni di sistemi RAID-0 su più di due
dischi sono possibili, ma l'affidabilità di un dato sistema RAID-0 è uguale all'affidabilità media dei
dischi diviso per il numero di dischi presenti. Quindi l'affidabilità, misurata come tempo medio tra
due guasti (MTBF) è inversamente proporzionale al numero degli elementi; cioè un sistema di due
dischi è affidabile la metà di un disco solo. La ragione per la quale succede ciò è che il file system è
diviso tra tutti i dischi. Quando un drive si guasta, il file system non può gestire una perdita di dati
così grande visto che i dati sono divisi tra tutti i dischi. I dati possono essere spesso recuperati con
qualche strumento, anche se saranno sicuramente incompleti e corrotti.

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RAID-0 è molto utile per creare grandi server NFS server in sola posizione, nei casi nei quali
montare molti dischi è dispendioso o impossibile e la ridondanza è irrilevante. Si usa anche quando
il numero di dischi sia limitato dal sistema operativo. In Microsoft Windows, il numero delle lettere
dei dischi è limitato a 24, così il RAID-0 è un modo molto diffuso per usare un numero maggiori di
dischi. Comunque, siccome non c'è ridondanza, i dati sono condivisi tra i dischi e i dischi non
possono essere sostituiti visto che sono tutti dipendenti tra di loro.

Concatenazione (JBOD)

Sebbene una concatenazione di dischi (chiamata anche JBOD, o "Just a Bunch of Disks") non sia
uno dei livelli RAID, è un metodo popolare per combinare un insieme di dischi fisici in un grande
disco virtuale. Come il nome indica, è semplicemente un concatenamento di dischi al fine di far
sembrare l'insieme come un singolo disco.

In questo senso, la concatenazione è un modo per invertire il partizionamento. Mentre il


partizionamento prende un singolo disco fisico e crea uno o più dischi logici, JBOD usa due o più
dischi fisici per creare un singolo disco logico. Anche il JBOD, come il RAID 0, nel caso di rottura
di un disco rende inutilizzabile l'intero array di dischi. In questo caso però il recupero dei dati sarà
un po' più probabile rispetto al RAID 0 in quanto i dati sono scritti linearmente come se fosse un
solo Hard Disk con un numero di blocchi danneggiati pari alla dimensione dell'Hard Disk
danneggiato.

Per questo motivo può essere definito un Insieme di dischi Economici (senza ridondanza), e può
essere visto come un parente lontano del RAID. JBOD è utile a volte per trasformare un insieme di
dischi di diverse dimensioni in un disco logico di dimensioni utili. Quindi, JBOD può usare dischi
da 3 GB, 15 GB, 5,5 GB e 12 GB per creare un singolo disco logico da 35,5 GB, di certo più utile
dei singoli dischi presi separatamente.

Nel kernel di linux 2.6 è definito come RAID Linear.

RAID 1

Sistema RAID-1. A1, A2, etc. son divisi tra i due dischi, aumentando
l'affidabilita e la velocità

Il sistema RAID 1 crea una copia esatta (o mirror) di tutti i dati su due o più dischi. È utile nei casi
in cui la ridondanza è più importante che usare tutti i dischi alla loro massima capacità: infatti il
sistema può avere una capacità massima pari a quella del disco più piccolo. In un sistema ideale,
formato da due dischi, l'affidabilità aumenta di un fattore due rispetto al sistema a disco singolo, ma
è possibile avere più di una copia dei dischi. Poiché ogni disco può essere gestito autonomamente

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nel caso l'altro si guasti, l'affidabilità aumenta linearmente al numero di dischi presenti. RAID-1
aumenta anche le prestazioni in lettura, visto che molte implementazioni possono leggere da un
disco mentre l'altro è occupato.

Una pratica comune è di creare un mirror extra di un disco (detto anche con Business Continuance
Volume or BCV) che può essere diviso dal sistema RAID originario ed essere usato in maniera
indipendente. In alcune implementazioni, questi mirror aggiuntivi possono essere divisi e aggiunti
in maniera incrementale, invece di richiedere un ricostruzione completa del RAID.

RAID 4

A1, B1, etc. rappresentano ognuno un blocco di dati

Il sistema RAID 4 usa una divisione (striping) a livello di blocchi con un disco dedicato alla parità.
Il RAID-4 assomiglia molto al RAID-3 con l'eccezione che divide i dati al livello di blocchi invece
che al livello di byte. Questo permette ad ogni disco appartenente al sistema di operare in maniera
indipendente quando è richiesto un singolo blocco. Se il controllore del disco lo permette, un
sistema RAID-4 può servire diverse richieste di lettura contemporaneamente.

Nell'esempio accanto, una richiesta al blocco "A1" potrebbe essere evasa dal disco 1. Una richiesta
simultanea al blocco B1 dovrebbe aspettare, ma una richiesta al blocco B2 portebbe essere servita
allo stesso momento.

RAID 5

Un sistema RAID 5 usa una divisione dei dati a livello di blocco con i dati di parità distribuiti tra
tutti i dischi appartenenti al RAID. Questa è una delle implementazioni più popolari, sia in
hardware che in software. Virtualmente ogni sistema di storage permette il RAID-5 tra le sue
opzioni.

Nell'esempio sottostante, una richiesta al blocco "A1" potrebbe essere evasa dal disco 1. Una
simultanea richiesta per il blocco B1 dovrebbe aspettare, ma una richiesta simultanea per il blocco
B2 potrebbe essere evasa in contemporanea.

A1, B2, etc rappresentano ognuno un blocco di dati.

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Ogni volta che un blocco di dati (chiamato delle volte chunk) deve essere scritto nel sistema di
dischi, un blocco di parità viene generato all'interno della stripe. (Un blocco è spesso composto da
molti settori di disco, delle volte anche 256. Una serie di blocchi consecutivi è chiamato stripe). Se
un altro blocco, o qualche porzione dello stesso blocco, è scritta nella stessa stripe, il blocco di
parità viene ricalcolato e riscritto. Il disco usato per memorizzare le parità viene modificato tra una
stripe e la successiva; in questo modo si riescono a distribuire i blocchi di parità.

Bisogna notare che il blocco di parità non viene letto quando si leggono i dati da disco, visto che
sarebbero un sovraccarico non necessario e diminuirebbe le performance. Il blocco di parità è letto,
invece, quando la lettura di un settore da un errore CRC. In questo caso, il settore nella stessa
posizione relativa nei blocchi di dati rimanenti della stripe, insieme al blocco di parità, vengono
usati per ricostruire il blocco mancante. In questo modo l'errore di CRC viene nascosto al computer
chiamante. Nella stessa maniera, se un disco dovesse danneggiarsi all'interno del sistema, i blocchi
di parità dei dischi rimanenti sono combinati matematicamente "al volo" con i blocchi dati rimasti
per ricostruire i dati del disco guasto.

Questa procedura viene chiamata di solito Interim Data Recovery Mode. Il computer principale non
è messo al corrente che un disco si è danneggiato. Le letture e scritture verso il sistema di dischi
avvengono tranquillamente come prima, sebbene con qualche calo di prestazioni.

In un sistema RAID 5 che ha un solo blocco di parità per stripe, la rottura di un secondo disco
comporta la perdita di tutti i dati presenti nel sistema.

Il numero massimo di dischi è teoricamente illimitato, ma una pratica comune è di mantenere il


numero massimo di dischi a 14 o meno per le implementazioni che hanno solo un blocco di parità
per stripe. Le ragioni per questo limite sono che la probabilità che due dischi del sistema si
rompano in successione cresce con il crescere del numero di dischi. Quando il numero di dischi in
un sistema RAID-5 cresce, il MTBF del sistema nel suo complesso può persino diventare minore di
quello di un singolo disco. Questo succede quando la probabilità che si rompa un secondo disco
degli (N - 1) rimanenti, tra il tempo di accorgersi, sostituire e ricreare il primo disco guasto, diventi
maggiore della probabilità che un singolo disco si guasti.

Bisogna ricordare che più dischi insieme aumentano il calore, che abbassa il vero MTBF di ogni
disco. Inoltre, i dischi di uno stesso gruppo comprati nello stesso periodo potrebbero raggiungere la
fine della loro vita insieme, abbassando in maniera significativa il MTBF del sistema.

Nelle implementazioni con più di 14 dischi, o in situazioni dove è necessaria grande ridondanza dei
dati, viene usata spesso una implementazione RAID 5 con doppia parità (detta anche RAID 6), che
riesce a gestire il guasto contemporaneo di due dischi.

Compact disc

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Tipico supporto CD visto dal lato su cui avviene la lettura e scrittura

Un Compact-disc (Letteralmente in italiano Disco Compatto) (nell'acronimo di lingua inglese CD)


è un supporto di memorizzazione digitale composto da un disco di resina termoplastica trasparente,
generalmente di 12 centimetri di diametro, ricoperto da un sottile foglio di materiale metallico sul
quale sono memorizzate le informazioni come successioni "buchi" e "terre"(in inglese "pits" e
"lands", rispettivamente identificati ai valori digitali 1 e 0) successivamente letti per mezzo di un
laser - per questo motivo sono detti anche dischi ottici.

Nascita del CD

L'origine del CD risale al 1979, quando fu inventato, congiuntamente, dalle aziende Sony e
Philips.La genesi del CD è dovuta alla ricerca, da parte del mondo della telefonia, di un sistema
efficiente di moltiplicazione per le informazioni, attraverso la numerizzazione e semplificazione dei
segnali.L'applicazione congiunta del sistema binario al suono e del laser diede vita al compact disc.

Struttura fisica

I CD hanno una struttura paragonabile a quella dei normali dischi musicali: i dati sono ordinati
lungo un'unica traccia a forma di spirale, un'organizzazione quindi molto diverse da quella dei
dischi magnetici. La spirale parte al centro (contrariamente ai dischi in vinile) e procede verso
l'esterno, permettendo così di avere CD più piccoli dello standard (per esempio i mini-CD o i CD a
forma di carta di credito).La struttura a spirale del CD-ROM è tale da massimizzare le prestazioni
per l'accesso sequenziale a scapito dell'accesso diretto.Una caratteristica dei CD è data dalla
velocità di lettura costante (CLV). Il principio stabilisce che il laser deve leggere i dati a velocità
uniforme, sia che si tratti della parte esterna sia quella interna del disco. Questo si ottiene variando
la velocità di rotazione del disco, che passa da 500 giri al minuto al centro a 200 giri al minuto
all'esterno. In CD musicali questo non è un problema, ma nei CD-ROM è necessario cambiare
costantemente la velocità di rotazione, causando pause di lettura e rumori.

Formati fisici
I formati fisici dei CD sono definiti da documenti che prendono il nome di Red Book, Yellow Book
noti collettivamente con il nome di Rainbow Books. Il motivo di utilizzare nomi di colori per gli
standard si perde nella leggenda: pare che la prima versione delle specifiche del CD Audio fosse
rilegata in un libro in cartoncino rosso, da cui il nome.

CD Audio (Red Book)

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Fu il primo, originale tipo di compact disc, messo in commercio nei primi anni '80, concepito per la
memorizzazione di suoni.

CD-ROM (Yellow Book)

Acronimo di Compact Disc Read Only Memory, sono usati per la memorizzazione di dati generici.
Si ottengono stampati con appositi macchinari industriali. I CD-ROM di più larga distribuzione
vedono una capienza di 74 minuti/650 MB e di 80 minuti/700 MB, mentre più rari sono i formati da
90 minuti e da 100 minuti/870 MB.

CD-R/CD-RW (Orange Book)

Acronimo di Compact Disc Recordable e di Compact Disc Re-Writable. L'arrivo sul mercato nel
1990 dei primi masterizzatori di CD rendeva necessario uno standard commerciale. L'orange book
prevede, in realtà tre diverse tipologie:

• CD-R Compact Disc Scrivibili


• MO Dischi magneto-ottici
• RW Compact disc Riscrivibili

CD-i (Green Book)

Acronimo di Compact Disc Interactive. Inventato dalla Philips nel 1986 e ceduto poi alla Sony, può
essere definito il progenitore del DVD, in quanto è un supporto in grado di contenere audio, video
ed altra multimedialità integrata seppur di qualità comparabile alle cassette VHS. La loro diffusione
è limitata all'oriente e agli Stati Uniti. Fanno parte di questo standard anche i Photo CD di origine
Kodak.

Video-CD (White Book)

Si tratta di un formato in grado di memorizzare audio e video in formato MPEG-1, con qualità più o
meno equivalente a quella di una videocassetta VHS. Può contenere sino a 74 minuti di video a
schermo pieno, e di solito un film completo è memorizzato su due dischi. Molto diffusi in oriente e
pressoché sconosciuto da noi, è stato in gran parte soppiantato dal DVD.

CD-XA o CD-Extra (Blue Book)

Contrazione di Compact Disc Extended Architecture. Formato apparso nel 1989 da una
collaborazione tra Sony, Philips e Microsoft, che permette di mescolare tracce audio secondo il Red
Book, tracce di dati secondo lo Yellow Book, permettendo così di ottenere CD audio multimediali,
CD-Text, CD-Plus o CD+G (Karaoke). Una delle caratteristiche di questo formato, fondamentale
per il multimedia,è la tecnica dell'interleaving: è possibile memorizzare fisicamente le informazioni
in modo diverso dall'ordine logico, in modo da minimizzare il movimento della testina.

Compatibilità

In generale, dato che i Book sono apparsi in modo cronologico, un lettore moderno dovrebbe essere
in grado di leggere tutti i tipi di formati. In realtà spesso non è così: vi sono problemi relativi al CD-
RW dato che la riflettività del materiale utilizzato è diversa e che necessita in genere di modifiche
speciali (e costose). I CD più antichi (e quelli di livello non eccelso come quelli delle autoradio) non
sono in grado di leggere i Blue book senza problemi, specie se la traccia dati è all'inizio.

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Formati logici
I formati logici stabiliscono il significato dei dati memorizzati sui CD ed hanno nomi ancora più
fantasiosi e strani del formati fisici.

CD-Audio

Lo standard utilizzato dai CD audio prevede di campionare con codifica PCM l'onda sonora,
utilizzando una quantizzazione a 16 bit (che fornisce una dinamica di 96dB) ed una frequenza di
campionamento di 44100 campioni al secondo (che fornisce una risposta in frequenza di 5-20 Khz).
I dati sono memorizzati sul disco nei settori, ciascuno dei quali rappresenta 1/75 di secondo audio.
È possibile ripartire i data in un massimo di 99 tracce. La velocità di trasferimento dati è circa
150kbit/s, detta anche CDx1.

ISO 9660

È il formato più utilizzato, dato che utilizza una base comune molto semplice ed è estensibile
facilmente.

• Il primo livello di ISO9660 prevede solo nomi con standard MS-DOS, ovvero 8 caratteri per
il nome, 3 di estensione ed interamente maiuscole. Ogni nome deve essere diverso dai nomi
degli altri files nella stessa directory.
• Il secondo livello (con qualche problema di compatibilità) prevede l'uso di nomi lunghi, fino
a 31 caratteri e non sono ammessi file condivisi.
• Il terzo livello è privo di ogni limitazione.

In ogni caso, dato che i sistemi operativi sono tanti e ciascuno ha le proprie caratteristiche, sono
previste estensioni specifiche al formato ISO. Tali estensioni sono:

• El Torito Estensione per il Boot via BIOS. Occorre preparare l'immagine di un dischetto di
boot.
• Joliet Estensione per Windows 95. Prevede nomi in formato Unicode lunghi sino a 64
caratteri.
• Rock Ridge Definisce un modo per introdurre nomi con caratteri maiuscoli e minuscoli e
collegamenti simbolici. Poiché si tratta ancora di un filesystem ISO9660, i file possono
ancora essere letti da macchine che non supportano questa estensione, semplicemente non
saranno visibili i nomi lunghi dei files. Rock Ridge è supportato dai sistemi Unix-like.
• Apple estensione per Apple Macintosh. Tali dischi sono leggibili dai sistemi MS-DOS
(perdendo le informazioni specifiche di Macintosh)
• Romeo Opzione di alcuni software di masterizzazione che consente la registrazione di CD
con nomi di file lunghi fino a 128 caratteri, spazi inclusi. Tale opzione non è inclusa nello
standard Joliet, non supporta i caratteri Unicode, e non prevede nomi file DOS associati.

I sistemi Windows 95/98 e NT leggono i nome file Romeo. I sistemi Macintosh leggono i dischi
Romeo se la lunghezza dei nomi file non supera i 31 caratteri.

APPLE-ISO (HFS)

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Permette di memorizzare i dati secondo il sistema di file di Macintosh, e prevede quindi nomi con
maiuscole, minuscole e di lunghezza sino a 31 caratteri. Oltre a ciò memorizza altri dati tipici del
filesysem HFS. Tale CD può essere utilizzato nativamente solo sui computer Macintosh

Mixed Mode

Noto anche come CD Ibrido (Hybrid CD). Permette di mescolare, ad esempio, un CD Macintosh e
un CD Windows.

Photo CD

Formato specifico utilizzato dalla Kodak. Permette di memorizzare 100 immagini ad alta, media e
bassa risoluzione su un singolo disco.

UDF

Si tratta di un nuovo filesystem in grado di superare le limitazioni di ISO9660. Viene anche usato
da certi software di scrittura a pacchetti CD-R/CD-RW.

Problemi

Se tra i punti forti del CD possiamo elencare il basso costo, l'elevata capacità e la durata fisica del
mezzo, non mancano diversi problemi.

• Lentezza

La lentezza del CD-ROM è un fattore decisivo. Nonostante i produttori sbandierino lettori CD con
velocità x30, x40 o x60, non è possibile accelerare il tempo di "seek" di un CD, ovvero lo
spostamento fisico della testina, reso ancora più lento dalla struttura a spirale della traccia. Per fare
un paragone, se il tempo di accesso medio di un calcolatore è equivalente a perdere 20 secondi per
cercare qualcosa nell'indice di un libro, il tempo equivalente per un CD è di circa 2 anni e mezzo!

• Sicurezza

Quando i CD furono inventati, le macchine duplicatrici erano costosissime e 650MB sembravano


un'enormità. Oggi tali macchine sono estremamente a buon mercato, e chiunque può creare una
copia perfetta di un CD (audio, dati, video), spendendo meno di 1 euro; se si passa produzione su
larga scala, un CD-ROM può costare meno di 10 centesimi. Per questo motivo, le ditte produttrici si
sono preoccupate per le copie non autorizzate e hanno cercato, di introdurre sistemi anti-copia.
ricerca di nuove tecniche anti-cracker.

La tecnologia DVD: Digital Video Disk


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Caratteristiche generali
l formato DVD nasce per fornire un supporto "definitivo" al video digitale, cercando di superare i
limiti di Video CD, LaserDisc e sopratutto dello standard VHS. Le specifiche per un nuovo fromato
sono nate nel Settembre 1995 in base ad un accordo tra le più grandi industrie del digital video,
come Sony, Philips Toshiba e Matsushita.
Iniziamo dalla sigla: DVD sta per Digital Video Disk (o Digital Versatile Disk) ed il supporto fisico
sembra uguale a quello di un normale CD audio. In realtà di uguale c'è solo la dimensione, 12
centimetri; tutto il resto è completamente differente.

Un DVD può essere di due tipi: DVD-Video o DVD-ROM, paragonabili rispettivamente al CD-
audio e al CD-ROM. Il DVD-Video può contenere un intero film con audio digitale, e può essere
riprodotto da un lettore dedicato collegabile alla TV o da un lettore DVD per PC. Il DVD-ROM
contiene dati, quindi il suo utilizzo è legato ai computer; il supporto fisico o il filesystem in ogni
caso è uguale per entrambi i tipi. A proposito di filesystem, questo è diverso dal tradizionale CDFS
utilizzato sui CD-ROM e viene chiamato UDF.

i DVD possono avere varie capacità. Come sappiamo, un tradizionale CD-ROM può contenere 650
Mb circa di dati, o 74 minuti di audio. Per il DVD la capacità è legata a tre fattori:

immagine tratta dal sito www.c-cube.com

1. Sia su CD che su DVD, i dati sono rappresentati da una serie di microincisioni disposti in
una spirale, a partire dal centro del disco. In un DVD però queste microincisioni sono più
piccole e la spirale è più stretta rispetto ad un CD, consentendo una maggiore densità di dati
sulla stessa area .
Il DVD può avere due strati distinti sovrapposti
dove sono contenuti i dati. Il primo strato è
semitrasparente, ed il laser della testina è
calibrato per leggerlo senza problemi. Per
leggere il secondo strato, viene cambiata la
messa a fuoco del laser, in modo da farlo
penetrare attraverso il primo strato e leggere i
dati contenuti sul secondo strato. Con questa
tecnica si può raddoppiare la quantità di dati.
immagine tratta dal sito www.c-cube.com

3. Ogni disco può essere inciso da entrambi i lati (e ogni lato può avere due strati), quindi si è
quadruplicata la capacità rispetto al caso iniziale; ovviameete è necessario girarlo il disco a

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mano per leggere il secondo lato.

In dettaglio, queste sono le possibili capacità:

numero di strati per lato lati registrati capacità in Gigabyte ore di filmati
1 1 4.7 2
2 1 8.5 4
1 2 8.7 4.5
2 2 17 8

La tecnologia DVD: il formato video

Vedere un film su DVD può essere davvero un'esperienza emozionante. La qualità visiva è molto
alta, senza dubbio superiore a quella di una classica video cassetta VHS. La definizione di un film
su DVD si può misurare in 600 linee orizzontali, contro le 240 del VHS o le 425 del LaserDisc.
Ricordo che lo standard televisivo PAL, utilizzato in Europa, conta 625 linee orizzontali e una
frequenza di 50Hz.

Per poter vedere i DVD-Video bisogna disporre di un player DVD stand-alone, cioè di un
apparecchio da collegare al televisore, di forma e utilizzo analogo ad un videoregistratore, oppure di
un PC dotato di lettore di dischi DVD e di un sistema di riproduzione video. Quest'ultimo caso sarà
trattato più ampiamente in seguito; ora diamo un'occhiata alle specifiche tecniche video e audio dei
DVD-Video.

I filmati sono codificanti in standard MPEG-2, un formato di compressione digitale simile per
concezione al normale MPEG ma qualitativamente molto più evoluto. Nonostante anche l'MPEG-2
adotti un algoritmo di compressione "a perdita d'informazione", come può essere il JPEG o lo stesso
MPEG-1, la qualità finale resta sempre molto alta, sicuramente più di quella di una videocassetta
VHS.

L'algoritmo di compressione MPEG-2 lavora eliminando le informazioni ridondanti in ogni


fotogramma, secondo varie modalità, ad esempio eliminando le parti uguali tra vari fotogrammi in
sequenza (esempio, il cielo o in genere lo sfondo di una data scena è sempre lo stesso), oppure
togliendo le informazioni non percepibili dall'occhio umano. C'è da considerare però un aspetto
fondamentale: i dati MPEG-2 sono interamente digitali, e non soffrono di tutta quella serie di
inconvenienti dovuti ai dati analogici. Non ci sono problemi dovuti alle testine di riproduzione
(come accade nei videoregistratori), problemi di usura dovuti al tempo o alla polvere, problemi di
dispersione del segnale lungo i cavi, problemi di alimentazione elettrica, interferenze magnetiche o
calore dovuti a parti meccaniche/elettroniche costruite in economia. Insomma, il processo di
riproduzione digitale riesce a offrire una qualità che soltanto i dispositivi analogici più costosi
riescono a garantire. Per dispositivo si intende anche lo standard: è noto che il VHS ha una scarsa
risoluzione orizzontale se confrontato con un Super-VHS o un Hi-8.

Un'altra caratteristica del formato MPEG-2 è il bit-rate (la banda passante a disposizione) variabile.
Come detto prima, il formato MPEG-2 lavora tenendo conto delle differenze tra un frame e l'altro.
In fase di realizzazione di un video, considerando un flusso di dati costante, si avrebbe un problema:
le scene molto complesse, con frame molto diversi tra loro, implicano una certa perdita di efficienza
dell'algoritmo MPEG-2. Dunque ci si troverebbe di fronte a due scelte:
95
Si mantiene il bit-rate molto alto, in modo da assicurare una fluidità d'immagine anche nei casi
peggiori; però in questo modo le dimensioni del file video diventano enormi e il lavoro del
processo di decodifica cresce molto, impegnando continuamente le risorse di sistema, anche
quando non è necessario

Si mantiene un bit-rate medio; in questo caso, nelle scene molto complesse avremo delle
incertezze o una perdità di qualità, però in compenso la dimensione del file rimane accettabile e
il processo di decodifica è accessibile anche disponendo di hardware poco potente.

Durante il processo di codifica (encoding) con bit rate variabile invece, viene utilizzato un bit-rate
medio di 3,5 megabit al secondo. Nel caso in cui la scena sia complessa, il data-rate può aumentare
fino a 9 Mbit, per poi scendere molto al di sotto dei 3,5 Mbit nelle scene più semplici. In fase di
riproduzione, viene impiegata la banda passante strettamente necessaria alla scena attuale, con un
enorme aumento dell'efficienza generale.
I dati video registrati sul DVD devono tenere conto dei differenti standard televisivi attualmente in
vigore: il PAL in europa e l'NTSC in America.
Per i DVD in formato PAL, avremo una risoluzione di 720x576 pixel a 25 frame al secondo. Per
quelli in formato NTSC invece avremo una risoluzione di 720x480 a 30 frame al secondo. In
entrambi i casi la profondità di colore è a 24 bit. Inoltre si possono avere due formati di
visualizzazione: uno concepito per le normali TV e i monitor, chiamato 4:3, ed un altro per i
televisori o proiettori WideScreen (a schermo largo) chiamato 16:9, simile al formato utilizzato al
cinema.
Il produttore può decidere di utilizzare uno dei due formati o entrambi. Se il formato utilizzato è
uno solo, ci sono dei sistemi per risolvere un'eventuale incompatibilità con le periferiche a propria
disposizone. Il caso più comune è quello di un film in formato 16:9 da visualizzare su un TV o su
un monitor; esistono due possibilità:

• Si adatta la dimensione dell'immagine al formato del monitor riducendola


proporzionalmente: in questo caso l'immagine sarà simile all'originale, ma avremo due
bande nere in alto e in basso. Questa modalità è chiamata Letterbox.

1. Si tagliano le due estremità di destra e sinistra dell'immagine in modo da farla apparire a


pieno schermo. Questa invece è la modalità Pan & Scan.

La scelta di una delle due modalità è a carico dell'utente e tutti i player DVD lo permettono.

La tecnologia DVD: il formato audio

Per quanto riguarda i dati audio, su un disco DVD possono esserci fino a 8 tracce (stream) conteneti
dati sonori, codificati secondo varie modalità:
LPCM: E' un formato digitale non compresso, quindi non soggetto a decodifica. E' analogo al
formato presente nei normali CD audio, e la qualità è uguale o superiore ad essi. Può essere
digitalizzato a 48 o 96 KHz, da 16 fino a 24 bit (per confronto, lo standard CD Audio prevede 44
KHz a 16 bit). Questo formato assicura una qualità altissima ma non è di tipo "spaziale", quindi non
c'è l'effetto surround.
Dolby Digital AC-3: E' un formato digitale compresso multi-canale, per utilizzarlo è necessario un
sistema di decodifica esterno. Deriva dal formato LPCM e mantiene un sample-rate di 48 Khz fino
a 24 bit, con un bit-rate variabile da 64 a 448 Kbit per secondo. Consente il miglior effetto di
spazialità grazie al supporto di fino a 5.1 diffusori (5 principali più il sub-woofer). Rappresenta lo
standard per ottenere il migliore effetto di home-theatre.

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MPEG-2 audio: Da non confondere con l'MP3, è un formato digitale compresso multi-canale
(come il Dolby Digital AC-3), deriva dall'originario LPCM e mantiene un sample rate di 48 KHz
ma a 16 bit. Il bit-rate può variare da 32 a 912 Kbit per secondo. Può utilizzare fino a 7.1 diffusori
(due frontali, due laterali, due posteriori, uno centrale più il sub-woofer). Nonostante possa
utilizzare 8 diffusori, il Dolby Digital rimane migliore.
DTS: Digital Theatre Sound, altro formato digitale multi-canale, compresso a 48KHz, fino a 20 bit
per sample. Il data-rate varia da 64 a 1536 Kbit/sec. Una particolarità è il sistema di
codifica/decodifica in tempo reale che consente di codificare i 6 canali audio nello spazio previsto
per i due canali a 16 bit della modalità LPCM, per poi essere ricostruito durante la riproduzione agli
originari 8 canali. Non molto utilizzato.
Queste sono le modalità tipiche che si trovano sulle tracce di un DVD; oltre a queste c'è la
famigerata modalità Dolby Pro-Logic. Di cosa si tratta?
La modalità Dolby Digital AC-3 (o la MPEG-2) può essere trasformata in modalità Dolby Pro-logic
attraverso un processo di "down-mixing". Nei player DVD c'è un codificatore che riduce i 5.1
canali del Dolby Digital in una modalità a 2 canali analogica o digitale; quindi il sistema di
riproduzione Dolby Pro-logic ricava 4 o più uscite da questi due canali. E' ovvio che la qualità a
questo punto subisce un degrado, in particolare dell'effetto surround, infatti ora non c'è più
l'indipendenza sonora di ogni diffusore. Questa modalità è necessaria per assicurare la compatibilità
del segnale audio con i vecchi sistemi di diffusione sonora.
Per ottenere l'audio Dolby Digital è necessario disporre di due elementi: una scheda di decodifica
hardware con uscita audio digitale (oppure un player DVD stand-alone) e un sistema di decodifica
esterno AC-3 con 5+1 diffusori.
Riguardo al formato MPEG-2 Audio, c'è stata una forte diatriba a proprosito del suo utilizzo;
Philips era interessata a spingere questo formato esclusivamente per i DVD-Video in standard PAL
(quindi per il mercato europeo), nonostante fosse qualitativamente inferiore al Dolby Digital; nel
1997 si è deciso di includere anche l'AC3 data la maggiore diffusione di quest'ultimo.

La tecnologia DVD: altre particolarità


Abbiamo visto cosa c'è dentro un DVD e in quale modo sono registrati i dati audio-video; ma
l'universo DVD è molto più ampio di quanto si possa immaginare fino a questo momento. Dato il
grande spazio a disposizione, i produttori di DVD-Video possono aggiungere tutta una serie di
caratteristiche opzionali a loro piacimento. Esaminiamone qualcuna.
La più interessante di tutte è forse l'audio multi-lingua. I dialoghi dei film possono essere registrati
in più lingue, dato che le tracce audio sono indipendenti da quelle video. Ad esempio, per un film
prodotto in America potremmo avere, oltre ai dialoghi originali in inglese, anche quelli doppiati in
italiano, tedesco, francese, spagnolo, ecc. Questo rappresenta una potenzialità enorme per due
motivi: il poter gustare i film in lingua originale, sogno di parecchi cinefili, e la possibilità di
imparare le lingue divertendosi.
Non è finita qui: si possono visualizzare dei sottotitoli, sempre a scelta tra le varie lingue, in modo
da agevolare ancora di più lo sfruttamento delle potenzialità appena descritte. Sono disponibili 32
tracce per i sottotitoli; questi possono essere anche di tipo "karaoke".
Sempre a discrezione del produttore, una data scena può essere registrata con differenti angolazioni
di telecamera. Tramite un menù accessibile dal player DVD, ad esempio, per un film d'azione che si
svolge in un'auto potremmo avere una ripresa effettuata dall'interno dell'auto o una dall'esterno. I
limiti sono dettati esclusivamente dalla fantasia o dalla voglia del regista e dallo spazio a
disposizione.
Questo è possibile perchè oltre al film principale, è possibile inserire sul DVD-Video delle tracce
aggiuntive con scene video separate. quindi potremmo trovare anche interviste agli attori, cut-scene,
quiz o giochini vari, il tutto accessibile sempre dal menù.

97
Altre caratteristica dei DVD-Video è la possibilità dello slow-motion o fast-forward istantaneo,
oltre ad un fermo immagine perfetto, data la natura del segnale digitale. Non è possibile invece la
riproduzione al contrario per via dell'algoritmo MPEG-2, che è progressivo.
Dalle preferenze del player DVD è possibile impostare un livello di visione per i bambini, chiamato
"parental lock": in pratica si possono tagliare le varie scene violente o di sesso a seconda della
modalità impostata, dipendente dall'età di chi dovrà vedere il film. Per fortuna questa funzione è
disabilitata di default ed è attivabile solo a richiesta...
Fin qui sono tutte rose e fiori; anche il DVD ha alcuni svantaggi. Il primo è che la qualità audio-
video dipende dal processo di registrazione, che può essere effettuato bene o meno bene. Sono tanti
i fattori in gioco, non si tratta solo della capacità dell' "umano" che materialmente effettuerà la
transizione in digitale del film su pellicola. Le apparecchiature devono essere perfette e non
consentono economie; la qualità dei grandi film è sempre elevata, assicurata dalla notorietà del
produttore; quando l'encoding MPEG-2 sarà alla portata anche dei piccoli studi, probabilmente si
assiterà anche a produzioni scadenti, un pò come è avvenuto per i CD-ROM, o i nastri VHS.
La codifica MPEG-2, per quanto sia fatta bene, è sempre una codifica a perdita d'informazione; può
capitare che in alcuni casi questo venga notato, come una lieve scattosità dell'immagine o distrubi di
vario tipo.
Veniamo dunque al punto dolente: le misure anti-copia. Viste le potenzialità del DVD-Video, le
major hollywoodiane hanno rimpinzato le specifiche del DVD con decine di misure anti-pirateria,
alcune delle quali rappresentano addirittura una violazione dei diritti del consumatore o comportano
un certo degrado della qualità dell'immagine finale.

La tecnologia DVD: le protezioni anti-copia

Esistono varie misure anti-pirateria, alcune sono legate all'hardware, altre sono a discrezione del
produttore del DVD-Video.

Regional lock: E' la più famosa ed evidente delle protezioni. Prevede che il mondo sia diviso in 6
macro-regioni, queste sono in dettaglio:

1) Canada e Stati Uniti


2) Europa, Giappone, Sud-Africa e Medio-Oriente
3) Sud-est Asiatico e lontano oriente
4) Australia, Pacifico, centro e sud America
5) Nord e centro Asia, India, Nord e centro Africa
6) Cina

Un DVD-Video può essere "limitato" a una di queste regioni, tramite la scrittura di alcuni codici sul
disco; se ad esempio viene realizzato per la regione 2, il film potrà essere visto esclusivamente nella
regione 2.
Questo ragionamento contorto serve per ritardare l'uscita dei film (esempio: un film esce in
America, in seguito sarà disponibile per il resto del mondo) e per evitare la diffusione incontrollata
dei titoli e la circolazione di copie di essi. Il Regional Lock è a discrezione del produttore del film e
può essere implementato o meno. Il controllo del regional lock può avvenire anche da parte del
lettore DVD, quindi a livello hardware, e non solo da parte del player software. Il regional lock non
è applicato ai DVD-ROM.
Macrovision: Questo sistema di protezione serve ad impedire la copia di un film da un DVD-Video
ad un videoregistratore. La protezione Macrovision aggiunge dei segnali particolari al segnale video
in uscita, nel momento in cui questo viene convertito in analogico per la visualizzazione su TV.
Questi segnali aggiuntivi confondono la quasi totalità dei videoregistratori, con il risultato di
immagini disturbate e confuse. Tutto l'hardware in commercio deve essere predisposto al

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Macrovision, comprese le schede per PC. Il problema è che il Macrovision comporta una certa
perdita di qualità generale, col risultato che anche gli onesti sono danneggiati; inoltre i lettori DVD
più vecchi che non supportano il Macrovision non possono leggere i DVD codificati con questo
sistema. Come nel caso del regional lock, il produttore può decidere di implementare o meno questa
protezione (se decide di farlo, dovrà pagare delle royalties a Macrovision).
CSS: Content Scrambling System, si tratta di una forma di criptazione dei dati, per evitare la lettura
"in chiaro" dei dati digitali presenti sul DVD. Il player deve scambiare la chiave di decodifica con il
lettore prima di poter iniziare la trasmissione dei dati. E' evidente che sia l'hardware che il software
devono supportare questo tipo di criptazione, altrimenti verrà impedito ogni tipo di transito dei dati;
questo implica l'aggiunta di parti hardware che alzano il costo delle apparecchiature DVD.
Esistono poi altre forme di protezione come il CGMS o il DCPS, in via di standardizzazione.
Tutte queste forme di protezione, lo ripeto, sono opzionali e un disco DVD-Video può prevederle o
meno. L'hardware deve supportare tutto ciò, e per il 1999 si prevede che tutti lettori e player siano
abilitati al riconoscimento di queste 3 forme di protezione.
Tutto ciò, è evidente, non impedirà di certo il proliferare di copie abusive. Il fastidio più grande è il
regional lock, perchè danneggia tutti gli utenti, non solo i pirati; anzi questi ultimi non sono affatto
toccati dal regional lock, in quanto esistono altre forme di protezione ben più complesse, come
abbiamo visto. Solitamente, i sistemi di riproduzione hardware DVD permettono di variare la
regione fino ad un numero limitato di volte. In giro per il web esistono decine di siti con patch e
software vario per togliere questo limite: alcuni tra questi sono VisualDomain, ricco di informazioni
per quanto riguarda il kit Creative Encore Dxr2, oppure Multimania per invece il kit Guillemot
Maxi Theatre. In alcuni casi, sarà necessario anche aggiornare il firmware del lettore DVD.
Ovviamente, chi decide di utilizzare un software illegale lo fa a proprio rischio e pericolo.

Scheda video

Immagine di una scheda video GeForce 4200. Si noti il grosso dissipatore dotato di ventola per
raffreddare la GPU ed i banchi di memoria disposti attorno.

Una scheda video è un componente del computer che ha lo scopo di generare un segnale elettrico
(output) di quello che il sistema stà facendo perché possa essere mostrato a monitor (display). A
seconda del tipo di computer questo dispositivo può essere più o meno potente: i primi modelli di
scheda video potevano visualizzare solo testo; successivamente si sono diffuse anche schede video
in grado di mostrare output grafici (immagini non testuali) e, recentemente, anche modelli

99
tridimensionali texturizzati in movimento e in tempo reale. Questi ultimi tipi di scheda provvedono
anche ad elaborare e modificare l'immagine nella propria memoria interna, mentre in passato con le
vecchie schede 2D si potevano elaborare semplici immagini 3D con l'aiuto della CPU che doveva
così eseguire una lunga e complessa serie di calcoli. Ora invece, una moderna scheda video integra
al suo interno una GPU (Graphics processing unit), ossia un processore specializzato nel
trattamento di immagini e formato da un certo numero di pipeline e vertex unit, e della memoria
RAM.

Tipologia e architettura delle schede video

Schema di una scheda video AGP

Una tipica scheda video contiene un integrato grafico (o più di uno) che gestisce una certa quantità
di RAM dedicata a memorizzare i dati grafici da visualizzare e che risiede fisicamente sulla scheda
stessa. Le schede video costruite per i PC IBM e compatibili contengono anche una ROM con un
driver molto semplice(chiamato firmware che è aggiornabile nelle moderne schede video), usato dal
BIOS per il bootstrap.

Il funzionamento di una scheda video è, in linea di massima, molto semplice: ogni locazione di
RAM grafica contiene il colore di un pixel dello schermo, o di un carattere se la scheda sta
visualizzando solo testo: il chip grafico si limita a leggere in sequenza le locazioni necessarie (se sta
lavorando in modo testo, ogni locazione viene elaborata da un generatore di caratteri) e a pilotare
un convertitore digitale-analogico, detto RAMDAC, che genera il segnale video che sarà
visualizzato dal monitor. Dalla quantità di RAM grafica equipaggiata nella scheda e dalla velocità
(frequenza) massima del suo RAMDAC dipendono la risoluzione massima raggiungibile e il
numero di colori contemporaneamente visibili.

Tutte le schede video possono visualizzare anche grafica tridimensionale (al limite anche quelle
con sola modalità testo, se si accetta una rappresentazione ASCII art), ma senza funzioni apposite di
accelerazione. L'intero lavoro di calcolo deve essere svolto, pixel per pixel, dalla CPU principale
del computer, che viene spesso completamente assorbita da questo compito: una scheda grafica non
tridimensionale si limita in pratica a visualizzare una serie di immagini bidimensionali che le
vengono inviate dal sistema.

Modo testo

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Scheda Nvidia GeForce 6200TC

Tutte le schede video dispongono almeno del modo di funzionamento detto modalità testo o a
caratteri: in questa modalità lo schermo del computer è organizzato come una griglia di caselle
rettangolari in ciascuna delle quali viene scritto un carattere tipografico, di stile prefissato da un
generatore di caratteri interno alla scheda (generalmente una sezione del chip video che si occupa
di leggere la descrizione dei vari caratteri richiesti dalla ROM o da una parte della RAM video). Per
esempio, nei PC IBM originali il modo testo era di 80 colonne per 25 righe. Una parte della RAM
della scheda viene poi usata per memorizzare il codice (in genere in codice ASCII) di un carattere
tipografico.

In questa modalità, per far comparire sullo schermo la scritta "pippo" è sufficiente che il calcolatore
scriva i cinque codici ASCII delle lettere componenti (112,105,112,112,111) in cinque locazioni
della memoria RAM della scheda video: sarà poi il generatore di caratteri del chip grafico a tradurre
i codici in serie di pixel e fare tutto il resto.

Modalità grafica

Quasi tutte le schede video (con pochissime eccezioni) possono poi operare anche in modalità
grafica, vale a dire senza avvalersi del generatore di caratteri interno ma specificando l'immagine
pixel per pixel. In questa modalità il colore di ogni pixel è specificato singolarmente, in genere
usando una o più locazioni di memoria video. Questa modalità ha bisogno di molta più memoria
RAM del modo testo: una schermata in modo testo occupa generalmente da 2 a 6 KB di RAM
video, mentre in modalità grafica, a seconda della risoluzione in pixel e della quantità di colori usati
contemporaneamente serve da 10 a 1000 volte tanto. Il modo di rappresentare del singolo pixel in
memoria video varia molto a seconda del tipo di approccio usato dal costruttore e dalla particolare
modalità grafica: in genere però si adotta una corrispondenza di tipo bitmap, cioè a mappa di bit.
Per le immagini degli ultimi giochi 3D si utilizza quindi molta più RAM dei programmi solo testo e
le ultime schede video partono da almeno 128 Mb (o 64 Mb per quelle di qualche anno fa) fino ad
arrivare alle moderne schede video aventi fino a 512 Mb come i modelli ATI X1600, X1800XT o
1900XTX e il modello 7900GTX dell'Nvidia, e persino 1 Gb della GeForce 7950 GX2, anche
questa dell' Nvidia.

Schede video con accelerazione 2D

Già da un po' di tempo il chip grafico è in grado di eseguire alcune funzioni grafiche in modo
autonomo, senza che il processore principale debba intervenire: le prime schede grafiche con questi

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chip sono dette 2D accelerate, perché possono svolgere da sole una parte del lavoro di disegno che
altrimenti spetterebbe al processore. Le operazioni più comuni da implementare in hardware sono il
tracciamento di linee, di archi e di forme geometriche semplici (poligoni, cerchi, ellissi) e il bit
blitting, cioè lo spostamento da una parte all'altra dell'immagine di blocchi di pixel. È in genere
presente anche un generatore di caratteri evoluto, capace di funzionare anche in modalità grafica e
di visualizzare contemporaneamente caratteri di molti font e grandezze diverse.

Schede video con accelerazione 3D

Scheda Nvidia GeForce 2 MX 400

Le schede video con capacità grafiche tridimensionali (o 3D accelerate) hanno le stesse capacità
bidimensionali delle precedenti, e in più ne hanno una completamente nuova, la modalità 3D
appunto, in cui i pixel dell'immagine da visualizzare vengono calcolati dalla GPU, fotogramma per
fotogramma, partendo da una serie di dati geometrici forniti dalla CPU.

In questa modalità, la RAM video contiene una serie di sottoimmagini, le texture. Ciascuna di
queste viene associata ad una particolare superficie bidimensionale di un modello tridimensionale di
cui ne costituisce la "pelle": volendo, si possono considerare le varie texture come delle carte da
parati elettroniche. Per ogni fotogramma (frame) da visualizzare in modalità 3D, la scheda video
riceve dal processore una serie di punti geometrici (vertici) che specificano delle superfici in uno
spazio tridimensionale con l'indicazione di quali texture applicare alle varie superfici: la GPU si
occupa di calcolare, a partire dai dati ricevuti, se la particolare superficie sia visibile o no, e, se
visibile, la sua forma in due dimensioni (coordinate schermo); poi si occupa di applicare la (o le)
texture indicate. Il valore di ogni pixel viene quindi calcolato a partire da quali e quanti texel (i
pixel delle texture) sono contenuti in esso.

Ulteriori funzioni di accelerazione, utili per aumentare il livello di realismo delle immagini
calcolate, sono il calcolo in hardware delle luci incidenti (Transform and Lighting o T&L), i pixel
shader, il vertex shader e il rendering (rasterizzazione), il filtro anisotropico e il filtro
antialiasing.

Con tutte queste nuove tecnologie le schede video riescono così a sollevare molto la CPU dal carico
di calcoli che prima era costretta a eseguire, difatti la stessa scheda video, montata su sistemi di
diversa potenza, produce risultati molto simili anche se è ovvio che un buon sistema di supporto è
comunque importante (anche per non creare dei colli di bottiglia).

Le prime schede video accelerate 3D destinate al grande pubblico (prima di allora erano molto
costose e riservate a professionisti) sono state le famose Voodoo della 3dfx, la prima industria a

102
produrre schede video con capacità 3D a prezzi popolari, assorbita nel 2001 dalla concorrente
Nvidia.

Schede video a coppia


Soluzione Nvidia (SLI)

Scheda Nvidia Geforce7800gt, sistema Quad SLI di NVIDIA


adatta per utilizzare la modalità SLI mostrato al CES di Las Vegas nel Gennaio 2006

103
Il concetto che è dietro la sigla "SLI" (Scalable Link Interface), nome ricalcato dalla tecnologia di
calcolo parallelo delle Voodoo 2 di 3dfx, è l'aumento della potenza elaborativa della parte grafica
sistema tramite l'accoppiamento di due schede video identiche tramite un determinato chipset ed
una determinata predisposizione della scheda madre.

Questa tecnologia permette a due (ora anche a quattro grazie a sistemi molto complessi denominati
"Quad SLI") schede video di comunicare e suddividere i calcoli per l'elaborazione video a patto che
esse siano identiche. Oltre alle due schede video bisogna possedere una scheda madre che supporti
due socket PCI-Express, mediamente più costosa delle controparti con un solo socket; per collegare
le due schede NVidia offre in dotazione un "ponte elettrico" (un piccolo cavo rigido) che collega le
due schede sulla loro parte superiore tramite due appositi connettori.

Le due schede si dividono così il lavoro: ognuna elabora i dati di una metà dello schermo (suddiviso
in varie maniere, o metà e metà oppure anche a "scacchiera" rendendo la suddivisione più uniforme)
per poi unire i dati mandandoli al monitor.

Soluzione ATI (Crossfire)

sistema Crossfire con schede Radeon X1950XTX

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Nel 1999 ATI introdusse la sua prima soluzione a doppio processore grafico che non ebbe molto
successo: la Rage Fury MAXX.

Rage Fury MAXX

Per funzionare un sistema Crossfire necessita di una scheda madre con un chipset compatibile e due
slot PCI-Express per inserire fisicamente le due schede. Diversamente però dal sistema SLI della
concorrente NVidia non esiste la limitazione di possedere due schede video identiche ma basta che
una delle due in possesso sia una scheda certificata Crossfire di tipo Master, ovvero una scheda
video abilitata per questa tecnologia che possieda sul proprio PCB un chip denominato Compositing
Engine che, a seconda della potenza dell'altra scheda collegata al sistema e denominata Slave,
distribuisca la mole dei calcoli in maniera equilibrata rendendo così tutte le schede compatibili.. Per
collegare le due schede, ATI utilizza un cavo esterno (NVidia, al contrario, usa un ponte interno tra
le schede) che collega due uscite DVI delle due schede e presenta un terzo connettore che và
collegato al monitor.

CrossFire vs SLI: vantaggi e limitazioni

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CrossFire è da sempre stata definita come una soluzione realizzata da ATI per rispondere allo SLI
di NVIDIA e in questa sede possiamo confermare come tale affermazione sia decisamente
corrispondente a verità. Molte delle scelte tecniche effettuate dalla casa canadese, infatti,
dimostrano come di fatto i prodotti della famiglia Radeon X800 e Radeon X850 non sono stati
progettati con CrossFire in mente. L'analisi del layout della Radeon X850 XT CrossFire Edition ha
svelato la presenza di un TDMS receiver e di un DSP, componenti elettroniche mai viste prima su
una scheda video. Il Silicon Image Sil1162 lavora ad una frequenza di 165 Mhz, esattamente come
la maggioranza dei TDMS transmitter disponibili, compresi quelli integrati in GPU come R480 o
G70. Questo pertanto non dovrebbe rappresentare un limite per la tecnologia CrossFire: i TDMS
transmitter con queste caratteristiche supportano senza problemi una risoluzione di 1920x1200 con
un refresh rate pari a 60 Hz. Nonostante ciò, benché non sia nostra abitudine utilizzare risoluzioni
superiori a 1600x1200, abbiamo effettuato qualche prova in proposito constatando che CrossFire
non è in grado di supportare una risoluzione maggiore di 1600x1200 con 60 Hz di refresh rate. Non
conoscendo i dettagli implementativi alla base di CrossFire possiamo solo ipotizzare la motivazione
di questa limitazione.

Analizzando le specifiche tecniche del composing engine, il chip Xilinx serie Spartan 3,
apprendiamo che nonostante le sue interessanti capacità in termini di programmabilità, manca di un
accesso e di un quantitativo di memoria necessario a trattare le informazioni relative alle due
immagini prodotte dai processori grafici in modalità CrossFire. Tutte le operazioni, quindi, devono
essere eseguite probabilmente al volo dal DSP, il che comporta un costo sia in termini di memoria
che computazionale, probabilmente al di sopra delle sue capacità nel momento in cui si supera una
determinata risoluzione e/o refresh rate. Chiarito questo, ci si può porre la seguente domanda:
perché ATI ha adottato una soluzione con questa limitazione? La risposta è estremamente semplice:
questo è l'unico modo che gli ingegneri canadesi hanno trovato per consentire l'utilizzo della
tecnologia CrossFire anche a coloro che hanno già acquistato nell'ultimo anno una scheda video
Radeon X800 e X850. Inoltre ATI ha ritenuto poco grave questa problematica in quanto
statisticamente sono pochissimi i videogiocatori che utilizzano risoluzioni superiori a 1600x1200
perché i monitor LCD in grado di supportare tali specifiche sono spesso al di fuori delle possibilità
economiche dell'utenza, mentre i possessori di monitor CRT possono comunque sopperire a questa
limitazione utilizzando impostazioni di antialiasing più aggressive. Non escludiamo, in ogni caso,
che l'implementazione di CrossFire nella prossima generazione di GPU Radeon possa essere
differente proprio per superare tale limitazione.

Un ulteriore elemento a sfavore di CrossFire è legato al suo funzionamento esclusivamente in


modalità fullscreen: tutte le applicazioni tridimensionali in finestra non trarranno alcun beneficio
dalla sua attivazione. Nei videogames questo non è un problema molto sentito, ma ciò rende
CrossFire sicuramente sconsigliato per coloro che fanno ampio uso di applicativi CAD e
modellazione tridimensionale.

Passiamo adesso a quelli che sono i maggiori punti di forza di CrossFire: la flessibilità hardware e
la compatibilità software. Per flessibilità hardware intendiamo la possibilità di collegare tra loro due
schede in modalità CrossFire anche se non prodotte dal medesimo produttore e non dotate dello
stesso quantitativo di memoria e di un processore grafico identico. La tecnologia SLI in questo
ambito è decisamente più vincolante al momento attuale, ma la situazione è destinata a cambiare
radicalmente con l'introduzione dei driver Forceware 80, attesa nel corso della prossima settimana.

Un'ulteriore limitazione della tecnologia SLI è legata alla compatibilità software: ogni videogames
deve essere supportato direttamente nei driver ForceWare affinché possa trarre beneficio dalla
presenza di SLI; da driver, agendo sulle impostazioni avanzate e creando un profilo ad hoc, un
utente esperto può tuttavia forzare l'abilitazione della modalità SLI anche con i giochi che non sono

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al momento ufficialmente supportati. Alcuni titoli non vengono direttamente supportati in
particolari revision dei driver in quanto NVIDIA sta provvedendo a risolvere i bug con SLI
abilitato; può anche presentarsi il caso nel quale tutto funziona correttamente e con incrementi
prestazionali interessanti ma in alcune scene si può presentare qualche artefatto video che non
permette in quel momento di abilitare il supporto ufficiale. Ad ogni nuova revision ufficiale dei
driver Forceware NVIDIA aumenta la lista dei titoli supportati nativamente da SLI, pertanto col
passare del tempo l'utilizzabilità immediata di SLI viene ad aumentare.

CrossFire, al contrario, nonostante probabilmente sia comunque legato a profili realizzati ad hoc per
i titoli più diffusi, garantisce sempre l'utilizzo della modalità Supertiling per tutte le applicazioni
Direct3D e Scissor Mode per quelle OpenGL, assicurandosi un bacino più ampio di videogames
supportati.

Segnaliamo anche la possibilità di utilizzare CrossFire per collegare contemporaneamente fino a


quattro monitor sfruttando le quattro uscite DVI disponibili sulle due schede e fino a cinque
montando CrossFire su un chipset Radeon XPress 200 dotato di grafica integrata. Quest’ultima
funzionalità rappresenta un’ulteriore punto a favore della tecnologia CrossFire nel confronto con
SLI, anche se la sua applicabilità è ovviamente limitata solo ad un numero limitato di utenti.

E' nostra intenzione, inoltre, fare un po' di chiarezza sulla compatibilità delle modalità CrossFire e
SLI con schede madri dotate di chipset differente da quelli direttamente proposti da ATI e NVIDIA.
Abbiamo provato ad installare le due schede video Radeon X850 XT sulla Asus A8N-SLI Deluxe
dotata di chipset NFORCE 4 SLI: Windows XP ha riconosciuto correttamente la presenza delle due
schede video, ma il Catalyst Control Center non ci ha permesso di abilitare la modalità CrossFire (la
voce non era presente nel menu). Analogamente abbiamo sperimentato anche l'installazione di due
schede GeForce 7800 GTX sulla piattaforma Radeon XPress 200 CrossFire, procedura eseguita con
non poche difficoltà vista la piccola distanza che intercorre tra i due slot PCI Express 16x in questa
piattaforma che ci ha costretto a montare le schede non perfettamente allineate. Anche in questo
caso, tuttavia, i nostri sforzi non si sono concretizzati in un successo: il sistema non ha effettuato il
boot. E', quindi, evidente che sia dal punto di vista hardware che software esistono delle
incompatibilità a livello di chipset tra queste due tecnologie. Attualmente Intel resta l'unico
produttore di chipset ad aver annunciato il supporto sia a CrossFire che a SLI.

Scheda audio
Una scheda audio è una scheda di espansione che può acquisire in input o restituire in output suoni
sotto il controllo di un programma.

Caratteristiche Generali

Una scheda audio tipica include un chip sonoro solitamente equipaggiato con un convertitore
digitale-analogico che converte onde sonore registrate o generate in digitale in un segnale
analogico. Questo segnale è indirizzato a un connettore al quale può essere connesso un
amplificatore o un'apparecchiatura simile.

Le architetture più avanzate solitamente includono più di un chip sonoro, e dividono fra
sintetizzatore di suoni (solitamente usato per generare suoni in tempo reale con poco uso della
CPU) e riproduzione digitale di suoni.

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Esistono vari tipi di schede video ognuno dei quali specifico per determinati sistemi audio: 2.1 (due
altoparlanti e un subwoofer) 3.1 (tre altoparlanti e un subwoofer) 4.1 (quattro altoparlanti e un
subwoofer) 5.1 (cinque altoparlanti e un subwoofer) 6.1 (sei altoparlanti e un subwoofer) 7.1 (sette
altoparlanti e un subwoofer) 9.1 (nove altoparlanti e un subwoofer)

scheda audio ISA, AWE32, stereo scheda audio PCI, soudblaster compatibile, 5.1

PCI, prodigy, 7.1

PCMCIA, creative Audigy

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scheda audio esterna USB, creative soundblaster MP3

Scheda di rete
Interfaccia digitale che viene inserita solitamente all'interno di un Personal Computer, Server,
Stampante, Router etc., per consentire la connessione ad una rete informatica.
Altri nomi per questa interfaccia possono essere:

• NIC (Network Interface Controller)


• Scheda LAN (Local Area Network)

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scheda di rete su slot ISA, 10MB/s, sceda di rete PCI, 10/100 MB/s
connettore RJ45 e BNC connettore RJ45

scheda di rete PCI, 10/100/1000 MB/s scheda di rete PCMCIA, 10/100 MB/s
connettore RJ45 connettore RJ45

scheda di rete integrata nella scheda madre

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Modem
Il modem è un dispositivo elettronico che rende possibile la comunicazione di più sistemi
informatici (ad esempio dei computer) utilizzando un canale di comunicazione a banda acustica
(tipicamente una normale linea telefonica).

Significato di modem
Questo dispositivo permette la MOdulazione e la DEModulazione dei segnali contenenti le
informazioni, dal nome di queste due funzioni principali il dispositivo prende appunto il nome di
MODEM. In altre parole, sequenze di bit vengono ricodificate come segnali acustici, che appaiono
come dei fischi. Il modem è anche una componente fondamentale del Fax.

Tipi di modem

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La prima distinzione che si deve fare fra i diversi tipi di modem è il tipo di supporto trasmissivo, il
"filo" telefonico e quello che c'è lungo il suo percorso o, più propriamente, la banda passante di
questo "filo". Per maggiore precisione, questo "filo" è un doppino telefonico (o coppia telefonica)
con particolari caratteristiche costruttive ed elettriche: impedenza tipica, immunità ai disturbi,
resistenza tipica ecc.
Se questo doppino telefonico non attraversa dei centralini telefonici (PABX) o dei gruppi di
pupinizzazione, la sua banda passante teorica dipende solo dalla sua impedenza tipica e,
limitatamente a qualche decina di chilometri (fra i 5 e i 25 Km dipendente dalle caratteristiche
dell'apparecchiatura), potremo usare dei modem di tipo banda base.
Se la coppia attraversa gruppi di pupinizzazione, centralini telefonici (PABX), sistemi di
amplificazione eccetera, la banda passante sarà quella tipica per le comunicazioni telefoniche, che
in Italia è compresa fra i 300 ed i 3300 Hz. In questo caso dovremo usare dei modem di tipo banda
fonica. Le distanze teoriche raggiungibili non hanno limiti fisici.
Se la coppia deve essere usata sia per fonia che per la trasmissione dati dovremo usare la banda
inferiore (fino ai 3300 Hz più una zona di rispetto) per l'uso fonico e il resto della banda passante di
quel doppino per la trasmissione dei dati. In questo caso si adopererà dei modem di tipo data over
voice o modem vocali. Questi modem necessitano di particolari filtri passa banda alla sorgente,
all'arrivo e per attraversare PABX o simili. Le distanze raggiungibili sono molto limitate e possono
arrivare a qualche chilometro.

Modem in banda base

Per le applicazioni industriali, professionali, di sicurezza, si può disporre di linee telefoniche private
o noleggiate e, di solito, queste linee sono linee in rame dirette. In questo caso può essere usato o, a
volte, deve essere usato un modem in banda base. Esso può essere sia di tipo sincrono che di tipo
asincrono ma oggi, anche se l'interfaccia verso il DTE (Data Terminal Equipment o terminale dati,
ovvero il computer) è di tipo asincrono i modem (DCE), essendo dotati di un microprocessore
interno, instaurano fra di loro una connessione di tipo sincrono con l'eliminazione e rigenerazione
automatica dei bit di start e di stop (in generale accettano un solo bit di stop).
Nei modem in banda base la velocità di trasmissione comporta un maggior uso della banda passante
e, tipicamente, avranno una modulazione di tipo PSK (Phase Shift Key) o simili. In pratica
useranno sempre un baud per bit.

Modem in Banda Fonica

Questi tipi di modem sono adatti ad essere connessi su una linea telefonica commutata, ovvero
connessa ad un centralino telefonico (PABX) e devono rispettare tutte le normative relative alle
comunicazioni telefoniche. Per questo motivo la banda di frequenze adoperata ed il livello del
segnale dovrà rispettare dei valori standard. Per la banda di frequenza essa è compresa fra i 300 e i
3300 Hz. Questa banda permette un passaggio di un massimo di 1200 Baud. I primi Modem, infatti,
potevano instaurare delle connessioni half duplex a questa velocità massima e, attraverso i segnali
di controllo dell'interfaccia fisica EIA RS232 poteva essere instaurata una connessione di tipo
semiduplex a 1200 bit/sec o Full Duplex a 600 bit/sec. In altri casi, ove c'era la necessità, venivano
usate connessioni a 600/300 e sottocanale di servizio a 75 bit/sec. La tecnica di trasmissione si è
evoluta permettendo da prima ad avere connessioni Full Duplex a 2400 e, successivamente a 4800,
9600 ed ora fino agi attuali 56 kbit/sec con lo standard V.90. È da notare però che comunque i baud
trasmessi sono sempre 1200 ma le informazioni che ogni singolo baud oggi è in grado di trasferire
passa da un bit alle origini fino a raggiungere i teorici 46,6 bit per baud. In pratica questo non è vero
perché intervengono altri fattori come la compressione dei dati, la soppressione dei bit di Start e di

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stop e l'uso di protocolli particolari fra i Modem o, per meglio dire, fra i microprocessori dei
Modem.
La maggior parte dei Modem in Banda Fonica attuali sono tutti Asincroni, full duplex, a chiamata
automatica (cioè possono chiamare un altro modem e stabile una connessione sotto il controllo di
un programma) e a risposta automatica (cioè possono rivelare quando il telefono collegato suona e
possono rispondere per stabilire una connessione).

Principio di Funzionamento

Supponiamo di avere due computer in due punti geograficamente distanti e collegati a due modem
in Banda Fonica Auto Call e Auto answer e di voler trasmettere dei dati da uno all’altro tramite una
normale linea telefonica :
• il primo computer invierà dei caratteri particolari alla propria porta seriale dando il comando al
Modem di effettuare la chiamata del numero telefonico del computer destinatario. (codifica AT)
• il Modem effettuerà la composizione del numero in base al comando AT ricevuto e attenderà la
risposta del modem remoto.
• il modem remoto, ricevendo la chiamata invierà al proprio computer il segnale di Ring Indicator e,
se attivato, dei caratteri alfanumerici secondo la codifica ASCII formanti la parola RING. Se il
proprio PC ha attivato il segnale sulla porta EIARS232 di DTR (Terminale pronto) il Modem è
autorizzato a rispondere e, dopo il numero di squilli stabiliti nella propria memoria, risponderà
aprendo la linea e immettendo su questa un tono di risposta.
• il Modem chiamante, sentendo il tono di risposta del secondo modem, inizierà ad inviare dei dati
riguardanti le sue caratteristiche più elevate ed attendendo risposta. Se non ottiene risposta riproverà
ad inviare dati secondo un tipo di codifica inferiore fino ad ottenere la risposta. A questo punto i
due Modem si scambiano dati e test sulla qualità della linea fino a stabilire una connessione alla
massima velocità possibile per le caratteristiche comuni ai due modem e alla qualità della linea. Da
notare che i Modem, fra i primi comandi e toni inviati, lanciano anche un comando dedicato agli
amplificatori e ponti radio telefonici per inibire la sopressione dell'eco di linea. Le transazioni
terminano lanciando al proprio computer dei caratteri ASCII formanti la parola CONNECT seguita
dalla velocità di connessione stabilita. Se previsto dalla programmazione del Modem l'altoparlante
del modem diventerà silenzioso.
• In fine i dati del primo computer verranno inviati all’uscita ossia alla porta seriale del computer
• la porta seriale che fa da interfaccia tra il computer ed il modem spedisce al modem le
informazioni sottoforma di flussi di bit
• questi flussi di bit vengono trasformati da un circuito di modulazione in frequenze (al limite
bastano soltanto due frequenze visto che i valori possibili sono o 0 o 1) ed inviati
• il modem dopo aver tradotto le informazioni digitali (Bit) in informazioni analogiche (frequenze
sonore) le pone in uscita
• il CANALE, che nel nostro caso è la linea telefonica provvederà a trasportare i dati fino al
destinatario, ossia il modem del computer ricevente
• questo acquisirà i dati in formato analogico e li tradurrà attraverso una procedura di
demodulazione in formato digitale
• invierà questa informazione all’interfaccia seriale
• ed alla fine le informazioni saranno trasmesse al computer ricevente
La velocità di trasmissione dei dati tra due sistemi è misurata normalmente in bit al secondo b/s,
mente il Baud Rate massimo è sempre di 1200 per una banda fonica.

Altre funzioni

Oltre al compito fondamentale di modulazione-demodulazione, i modem ne possono svolgere


numerosi altri, in funzione delle modalità e dei requisiti del collegamento, come ad esempio la

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ricezione o l'invio dei fax. Per fare questo il modem deve essere conforme agli standard ITU v.17 e
T.30 che è il vero e proprio protocollo per i fax. Oppure se il modem è un modem voce, all'arrivo di
una chiamata fa suonare il campanello del computer.

Modem Vocali

I modem vocali possono permettere comunicazioni simultanee di voci e dati nello stesso momento.
Questi modem sono marchiati con la sigla AVSD (Analog Simultaneous Voice and Data), conformi
allo standard V.34Q ITU-T, o DSVD (Digital Simultaneous Voice and Data)conformi allo standard
V.70.

Collegamenti
È comunemente collegato al computer tramite una porta seriale RS-232 oppure una porta USB.

Tecnologie usate per la comunicazione


I modem più comuni sono quelli che utilizzano la comune rete analogica PSTN (Public Switched
Telephone Network). Vengono comunemente chiamati con lo stesso nome analoghi dispositivi
capaci di interfacciarsi con linee digitali ISDN (Integrated Services Digital Network)e ADSL
(Asymmetric Digital Subscriber Line). Tuttavia questi dispositivi non sono propriamente definibili
modem, in quanto non svolgono la funzione di modulazione/demodulazione del segnale digitale
sopra una portante analogica.

modem acustico (1966)

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Modem interno ISA, 33600 bps Modem interno PCI, 56000bps

Modem PCMCIA , 56000bps Modem Esterno seriale

Multiprocessore
Con il termine multiprocessore si intende un sistema (computer, workstation, server) equipaggiato
con più di 2 processori operanti in parallelo in cui le elaborazioni di un processore vengono
replicate e controllate da un processore gemello, per garantire l'integrità e l'esattezza dei dati.

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Inizialmente questo avveniva solo sui sistemi che chiedevano un'elevata potenza di calcolo, come
quelli che dovevano operare su database di grandi dimensioni o eseguire calcoli molto complessi di
simulazione o in ambienti dove le informazioni sono di importanza vitale. Non a caso gli unici
processori che supportano tale modalità sono quelli espressamente progettati per il settore server,
come gli Intel Xeon MP (multi processor), o Itanium 2 MP e gli AMD Athlon MP e Opteron.

Per sfruttare i vantaggi di un sistema multiprocessore, al pari di uno biprocessore, è necessario che
anche il sistema operativo e i programmi siano realizzati in maniera da utilizzare le maggiori risorse
offerte. In pratica, in fase di programmazione è necessario "parallelizzare" il codice in modo che
non si abbiano situazioni in cui l'applicazione "vede" solo uno dei processori saturandolo, lasciando
inutilizzati tutti gli altri.

Spesso è necessario utilizzare più processori, gruppi di processori e cluster. Nel caso di basi di
utenti molto ampie e diffuse, i gruppi di più processori e le varie istanze del database possono anche
essere geograficamente dispersi.

Nei multiprocessori diverse CPU condividono una memoria comune:

• le CPU devono coordinarsi per accedere alla memoria


• esistono diversi schemi di collegamento tra CPU e memoria; quello più semplice prevede un
bus condiviso.

Nel corso del 2005 sia Intel che AMD sono giunti ad un punto in cui non riescono più ad aumentare
il clock dei propri processori e quindi, dato che ormai i processi di miniaturizzazione lo consentono,
hanno cominciato ad intraprendere la nuova strada del processore dual core che è una sorta di
sistema biprocessore un po' particolare. Il socket sulla motherboard rimane uno solo, ma sul
package vengono montati due core identici, che vengono visti dal sistema operativo come due core
"fisici", quindi quasi come se fosse un sistema biprocessore tradizionale. In realtà questo non è
propriamente un sistema biprocessore, considerando che un sistema dual core condivide lo stesso
BUS tra i due core.

Combinando processori dual core con motherboard dotate di due socket si avranno in pratica 4 core
fisici di elaborazione; questo, secondo le definizioni iniziali rimane un sistema biprocessore, anche
se all'atto pratico è come se fosse un "quadriprocessore". È già previsto che nel corso del 2007
arriveranno sui mercati le prime CPU quad core ovvero composte da ben 4 core distinti; sebbene
non sia ancora chiaro se tali core saranno ancora identici o diversi e specializzati in particolari
settori di calcolo, è charo fin d'ora che il futuro si muoverà in questa direzione.

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Intel ha già dimostrato un sistema Itanium 2 Montecito (processore dual core) composto da 4
processori. Moltiplicando il numero di CPU per il numero di core di ciascuna, e considerando che
ogni core implementa la tecnologia Hyper-Threading, il sistema operativo vedeva ben 16 processori
"logici".

Tyan TIGER 100

carico distribuito su 2 cpu carico distribuito su 4 cpu

Problematiche di temperatura e smaltimento del calore

Dissipatore

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In elettronica un dissipatore è un dispositivo che consente l'abbassamento di temperatura di
componenti che sprigionano calore come i Transistor o i processori, evitando che il
surriscaldamento degli stessi ne provochi il malfunzionamento, l'arresto o la rottura.
I materiali utilizzati sono il rame e l'alluminio; il primo viene impiegato nei casi dove occorra la
massima efficienza nel trasferimento termico, accettandone il maggior costo e il maggior peso
specifico, l'alluminio viene scelto per condizioni operative meno impegnative. Tutte le CPU ne sono
dotate a causa dell'elevato calore generato. Solitamente è a forma toroidale, configurato a lamelle,
per aumentare l'efficienza nella sottrazione di calore, viene accoppiato ad una ventola mossa da un
piccolo motore elettrico (collegato direttamente alla scheda madre) che fornisce un flusso di aria di
ventilazione. Ne esistono di molte altre forme, conformate in funzione dei componenti a cui devono
essere applicati. Il principio sfruttato è sempre quello di aumentare la superficie radiante per
favorire la dispersione del calore per irraggiamento e convezione. Quando necessita efficienza
estrema e minimo ingombro, si adotta la soluzione definita "ventilazione forzata", come nel caso
delle CPU o della strumentazione elettronica.

In casi particolari, qualora si richieda lo smaltimento di flussi termici particolarmente alti


(overclock) o sia prioritaria la silenziosità di funzionamento si adottano sistemi di raffreddamento a
liquido. Il dissipatore viene sostituito da un “waterblock” entro cui passa il fluido refrigerante
(acqua, glicol etilenico) mosso da una pompa. Il calore viene smaltito lontano dalla cpu. Venuti
meno i limiti dimensionali (60x60 o 80x80) lo scambiatore di calore acqua aria può avere
dimensioni molto generose. L’adozione di ventole anche da 180mm di diametro consente bassi giri
di rotazione e quindi silenziosità

Particolare attenzione va rivolta all'accoppiamento meccanico tra il dispositivo generante calore e il


dissipatore (o waterblock), per ottenere la massima efficienza, viene interposto tra le due superfici a
contatto, una pasta termoconduttiva, avente funzione di eliminare completamente il velo di aria
inevitabilmente presente, essendo la stessa un pessimo conduttore termico, ne limiterebbe
l'efficienza. Le migliori sono a base di Argento. I migliori risultati si ottengono con quantitativi
modesti.

Tipico dissipatore per CPU Waterblock di rame: staffa di fissaggio e tubi

con ventola integrata

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water cooling kit per CPU water cooling kit per GPU

modding: apertura foro posteriore notebook modding: ventola superiore che estrae aria calda

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modding: collocazione ventola laterale per immettere aria verso schede AGP e PCI

modding: utilizzo di una valigia come case per PC trasportabile

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