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RIASSUNTO DI:
LA GESTIONE
DELLIMPRESA
Ottava Edizione
CEDAM
PARTE PRIMA
ELEMENTI DI ECONOMIA DELLIMPRESA
Capitolo Primo: IL CONTESTO SOCIO-ECONOMICO
1. I CONCETTI DI <<AMBIENTE>> E <<MERCATO>>.
Limpresa vive allinterno di un ambiente pi vasto con il quale scambia risorse e crea ricchezza. Questo ambiente pu
scomporsi in due contesti: micro-ambiente,definito dai mercati con cui limpresa attiva lo scambio di risorse,e un macroambiente da cui ne derivano le condizioni e i vincoli entro cui questo scambio pu verificarsi. Il micro-ambiente pu a
sua volta essere diviso in due gruppi: ambiente transazionale e ambiente competitivo.
AMBIENTE TRANSAZIONALE: Ogni impresa avr bisogno di attingere certe risorse dallesterno collegandosi nei vari
mercati con un insieme di transazioni o atti di scambio. Il tipo di risorse dipender dalle comparazioni di convenienza tra
il produrre allinterno i materiali o il procedere allacquisto allesterno. Pi limpresa si orienta nella prima soluzione pi
si render autonoma nei confronti del mercato. Al contrario pi si far ricorso al mercato pi si amplier lambiente
transazionale con il quale limpresa dovr interagire.
AMBIENTE COMPETITIVO: Invece dipender dalla scelta delle porzioni di mercato a cui cedere beni e servizi prodotti.
Limpresa definir lambiente competitivo di riferimento. Opera in un micro-ambiente inserito nel macro-ambiente dove
vi saranno pi interlocutori (stakeholder) a cui dovr rivolgersi per le risorse. Questi interlocutori si raggrupperanno
formando dei mercati con il quale limpresa dovr attivare un sistema dimpresa.
Ogni impresa si collegher dunque con:
determinano il sistema di vincoli-opportunit entro cui dovr trovare sviluppo lattivit aziendale. Lambiente sul piano
teorico pu essere scomposto in quattro sub-sistemi generali:
Il
Il
Il
Il
sistema
sistema
sistema
sistema
o ambiente politico-istituzionale
culturale-tecnologico
demografico-sociale
economico
Le modifiche avvenute negli ultimi anni, avvenute a seguito della <<compressione>> del tempo e dello spazio, hanno
fatto si che si diffondessero mezzi di trasporto e comunicazione sempre pi veloci ed efficienti, per eliminare il fatto
<<distanza>>. Proprio questi mutamenti hanno fatto si che vi fosse bisogno di flessibilit ed efficienza nellimpresa. La
maggiore complessit non dovuta solo ai fenomeni di turbolenza, ma anche ai processi di internazionalizzazione
delleconomia e di globalizzazione dei mercati. Ci significa che anche le piccole e medie imprese hanno dovuto imparare
a proteggersi dalla concorrenza agguerrita delle imprese straniere, per poter concorrere su scala internazionale
allacquisizione delle risorse e al collocamento delle produzioni realizzate, su scala internazionale. Il concetto di
<<globalizzazione>> deve essere inteso come processo di convergenza, a livello mondiale, degli aspetti culturali, politici
ed economici e come il superamento del controllo sociale degli Stati nazionali sulleconomia ( globalizzazione del
capitalismo: sottrazione della forza e delle logiche del capitale al controllo sociale degli Stati nazionali). Loggetto della
protesta dei <<no global>> quindi la possibilit di un distacco sempre pi marcato tra paesi ricchi e paesi poveri. Nel
caso delleconomia di impresa il concetto deve essere approfondito sotto laspetto dellinterrelazione su scala mondiale di
certi mercati, che ampliano la concorrenza a livello internazionale, e sotto laspetto dellomogeneit della domanda, che
rende possibile la standardizzazione delle politiche aziendali nei vari Paesi serviti. In altre parole, la globalizzazione si
riferisce ad un mercato senza confini geografici, piuttosto che ad un mercato mondiale omogeneo. Oggi si parla di
industria globale per intendere un settore produttivo allinterno del quale la posizione competitiva di unimpresa di un
certo Paese viene influenzata in modo rilevante dalla posizione che essa in grado di conquistare e di mantenere in altri
Paesi. Ci rende pi difficile la delimitazione dei settori industriali e impone allimpresa una maggiore mobilit.
Quindi lo SCAMBIO, il fulcro del concetto di impresa perch per lo scambio che limpresa prende le risorse e le
trasforma. Per trasformarle limpresa sostiene dei costi, che recupera attraverso il reddito, cio il divario positivo tra ricavi
e costi. Per trasformare le risorse in modo da farle valere pi del prezzo di acquisto (principio di marginalit), limpresa
deve essere organizzata in modo specifico e efficiente. Quindi limpresa un organizzazione economica che, usando
diverse risorse, svolge dei processi di acquisizione di beni e servizi per scambiarli con entit esterne per generare reddito.
Limpresa pu essere vista come un sistema che opera con altri sistemi in cui inserita, lambiente e il mercato. Un
sistema un complesso interrelato di parti, cio le parti che lo compongono sono dipendenti tra loro. Per cui l impresa
un sistema ordinato, fatto da molte parti che sono interdipendenti tra loro rispetto a un obiettivo condiviso, inserito in
un macro-ambiente, dato da ambiente + mercato e per questo deve essere dinamico, cio cambia dimensione e risorse
per adattarsi allambiente.
I sistemi possono essere pi o meno complessi, Boulding ne individua nove tipi e secondo la sua classificazione si pu dire
che l impresa un sistema sociale di tipo aperto: un sistema perch fatto da parti e ogni parte svolge una funzione ma
tutte sono coordinate tra loro per raggiungere un unico obiettivo.
Aperto perch per operare deve interagire con altri sistemi attraverso lo scambio, che pu essere di input
(approvvigiono), e di output (prodotti finiti). Per queste caratteristiche limpresa spesso avvicinata a un corpo vivente,
ma questo parallelo non corretto perch limpresa prima di tutto, vuole perdurare nel tempo e quindi oltre la morte del
fondatore, e poi limpresa ha un fine e i suoi sforzi sono mirano a quello, mentre un corpo cresce anche senza volerlo.
Allinterno dellimpresa operano persone e mezzi tecnologici, ed entrambi vanno organizzati, per cui si pu parlare di
sistema aperto di tipo socio-tecnico.
2. LA VISIONE SOCIALE DELLIMPRESA
Limpresa non scambia solo beni e servizi, ma deve anche migliorare lambiente in cui opera (corporate social
responsability) e quindi stringe con lambiente degli accordi su come deve o pu funzionare. Dato che il continuo scambio
di risorse influenza la vita della collettivit, limpresa diventa protagonista e responsabile del contributo che produce.
intrecciano elementi tangibili e non tangibili ,immobilizzazioni materiali e non, tecnologia e intelligenza, risorse umane e
finanziarie secondo un disegno che ha SEMPRE Come obiettivo la produzione di valore.
La figura centrale nellimpresa resta limprenditore, perch il soggetto economico che decide di rischiare i suoi capitali e
usare le proprie capacit nellimpresa. La gestione pu essere nelle mani dellimprenditore proprietario, o in quelle del
manager. Si distinguono allora due funzioni di governo, quella imprenditoriale e quella manageriale. Schumpeter si basa
sulle innovazioni come focus dellimprenditorialit, perch solo limprenditore pu essere interessato a promuovere un
cambiamento. Le caratteristiche (leadership, spirito diniziativa, capacit di previsione, intuito) dellimprenditore fanno si
che egli arrivi a valutare e decidere in modo diverso da chi opera con i suoi stessi obiettivi in situazioni simili, anche
perch ha acceso a informazioni particolari cui gli altri non possono accedere. Per cui imprenditorialit lattitudine a
prendere decisioni anche rischiose per innovare i comportamenti dellazienda, managerialit sviluppare queste decisioni
e metterle in pratica razionalmente. Uno decide laltro deve saper mettere in pratica in modo razionale. A questo si
collegano i concetti di efficienza e efficacia, che combinati fanno si che limpresa abbia successo. L efficacia tipica dell
imprenditore che deve prendere le decisioni migliori, mentre l efficienza tipica del manager, che a fronte delle scelte
prese, deve trovare il modo migliore per attuarle.
Nellimpresa vi sono due tipi di organi, quelli che decidono e quelli che le eseguono. Facendo una classificazione degli
organi se ne individuano 3: deliberanti , esecutivi e di controllo. In realt questi organi non sono sempre divisi in maniera
cos netta nelle imprese, ma utile fare questa distinzione a livello teorico, per capirne le diverse caratteristiche.
Deliberanti: composti da coloro che prendono le decisioni, hanno pi potere discrezionale nel
prendere queste decisioni, per cui le scelte che fanno riguardano tutta lazienda;
Esecutivi: coloro che le eseguono hanno un margine di scelta ridotto, relativo solo alla loro area di
lavoro;
Controllo: coloro che controllano la coerenza tra esecuzione e decisione. Questi organi sono
costituiti dallinsieme di 3 organi : di propriet (azionisti), amministrativi e di direzione, che anche se
con competenze diverse, valutano insieme le decisioni da prendere.
Lautorit da sola non una condizione sufficiente per decidere, servono anche capacit di controllo delle operazioni,
disponibilit di informazioni e abilit professionale: queste caratteristiche dovrebbero essere peculiari per una buona
governance. Questi requisiti, al crescere della complessit ambientale e tecnologica, diventano sempre pi importanti per
prendere le decisioni migliori e quindi il potere non sar pi legato allo status dellorganizzazione, ma ai requisiti
soggettivi necessari.
INDIVIDUARLI;
STABILIRE IL LORO PESO;
VALUTARE CHE INTERESSI HANNO;
ORIENTARE LA MISSIONE DELLIMPRESA ANCHE IN BASE A LORO.
Tutto questo esalta ancora di pi il ruolo dellimprenditore, che deve farsi carico degli obiettivi da seguire e delle
condizioni di sviluppo. Secondo la teoria degli stakeholder l impresa si pu definire come unorganizzazione economica,
che, attraverso la combinazione delle risorse, produce e scambia beni e servizi con stakeholder interni e esterni. Tale
scambio fatto per generare e distribuire valore tra i diversi processi di scambio.
3. LIMPORTANZA, NEL
<<STAKEHOLDER>>
GOVERNO
DELLIMPRESA,
DELLINDIVIDUAZIONE
CLASSIFICAZIONE
DEGLI
Capire il comportamento di chi ho di fronte aiuta a definire in che modo comportarsi, quindi gli stakeholder vengono divisi
in 4 categorie a seconda del grado di collaborazione, contrasto o minaccia verso limpresa.
Vi sono stakeholder:
-AMICHEVOLI (supportive): da cui vi un sostegno
-AVVERSARI (non supportive): che generano difficolt
-NON ORIENTATI (mixed blessing): a seconda delle volte possono essere daiuto o dostacolo
-MARGINALI: non hanno peso.
A seconda del tipo di stakeholder con cui ci si confronta si adotteranno:
-Strategie di collaborazione con i supportive,
-Ricerca di collaborazione con i non orientati
-Di difesa con i non supportive,
-Di monitoraggio con i marginali
Gestire unimpresa considerando anche gli interessi degli stakeholder pi difficile che gestirla solo in funzione delle
finalit dellimprenditore, ma sicuramente pi proficuo. Il ruolo centrale sempre dellimprenditore che oltre a
rapportarsi con gli stakeholder, deve mantenere un equilibrio generale che sia favorevole allo sviluppo aziendale. La
propriet ha un ruolo problematico nella teoria degli stakeholder perch esiste una propriet investitrice, limprenditore e
il management. Limprenditore cura il rapporto con gli stakeholder e quindi non uno di loro. Ma nel caso in cui la
propriet gestita da un manager, anche limprenditore diventa uno stakeholder. Limpresa deve remunerare i suoi
investitori attraverso i dividendi. Questo comporta che esisteranno degli stakeholder con una retribuzione fissata da
contratto, e altri che riceveranno solo ci che resta del profitto dopo che questo stato distribuito tra gli altri (azionisti). In
realt sappiamo benissimo che questa parte non pu essere residuale, perch ne andrebbe della quotazione dellimpresa.
Si crea una sorta di accordo tacito per cui ci che viene distribuito non pu essere residuale, ma deve essere
massimizzato. Se ci non accade limpresa pu decidere di licenziare il management o disinvestire. (teoria dellagenzia)
La relazione di agenzia definita come "un contratto in base al quale una o pi persone(principale) obbliga un'altra
persona (agente) a ricoprire per suo conto una data mansione,che implica una delega di potere all'agente". Il contratto di
agenzia, per, presenta alcuni rischi, dovuti al comportamento opportunistico delle parti, che tendono a massimizzare la
propria utilit (tale comportamento opportunistico non eliminabile, pu essere tuttavia limitato).
In particolare vi possono essere due tipi di opportunismo:
-SELEZIONE AVVERSA (opportunismo ex ante): l'agente fornir al principale informazioni erronee o incomplete sulle
proprie capacit e competenze per farsi assumere.
- AZZARDO MORALE (opportunismo ex post): costituito dal comportamento scorretto che l'agente mette in atto in
presenza di asimmetrie informative in quanto esso sicuramente a conoscenza di un maggior numero di informazioni
rispetto al principale sul ruolo da svolgere, e pu sfruttare queste asimmetrie informative tenendo comportamenti
opportunistici.
La teoria dell'agenzia suppone che i comportamenti opportunistici dell'agente non siano eliminabili, e che praticamente
impossibile che esso operi nell'interesse del principale;questo genera dei costi detti "costi di agenzia":
COSTI DI SORVEGLIANZA ED INCENTIVAZIONE: necessari per orientare il comportamento dell'agente;
COSTI DI OBBLIGAZIONE: che l'agente deve sostenere per assicurare il principale che non adotter comportamenti
opportunistici che lo possano danneggiare, ed eventualmente indennizzarlo;
PARTE RESIDUA: che rappresentata dalla differenza tra l'utilit derivante dal comportamento effettivo dell'agente e
l'utilit derivante dal comportamento che avrebbe dovuto tenere l'agente.
La teoria dell'agenzia riguarda dunque in generale qualsiasi relazione principale-agente in cui vi sia una delega di potere
dall'uno all'altro; ha avuto tuttavia molta influenza sullo sviluppo di sistemi retributivi di manager basati non su una
retribuzione fissa, ma su un tipo di retribuzione variabile in base ai risultati dell'impresa e su altri tipi di incentivi
(partecipazione azionaria, stock option) volti a limitare i comportamenti opportunistici dei manager.
4. UNA PRIMA REVISIONE DELLE TEORIE CLASSICHE: LA TEORIA COMPORTAMENTISTICA O DEI <<LIMITI
SOCIALI>> ALLA MASSIMIZZAZIONE DEL
PROFITTO
Ogni azienda cooperativa perch composta da pi gruppi, ma la sua vita contrassegnata anche dai conflitti che si
creano con i gruppi esterni (fornitori,concorrenza, clienti, ecc) e i gruppi interni (dirigenti, lavoratori, sindacati,ecc). Ogni
gruppo portatore di interessi specifici. Nei conflitti esterni pi facile che limpresa sfrutti la sua forza per imporre le
proprie condizioni, perch ci sono meno vincoli, mentre nei conflitti interni, in teoria limprenditore pu licenziare la causa
del problema ma in realt la tutela sindacale limita la forza dellimprenditore. La contrapposizione dinteressi, e i relativi
vincoli sociali, incide in termini di costi e ricavi sulla creazione di profitto. I gruppi sociali con cui limpresa ha dei rapporti
sono:
CONSUMATORI
CONCORRENTI
LAVORATORI
FORNITORI
DISTRIBUTORI
STATO
SOCI
RICAVI
COSTI
PROFITTI
Partiamo dal presupposto che limprenditore vuole massimizzare il profitto e per farlo pu o aumentare i ricavi o ridurre i
costi.
Per fare lanalisi si parte da questi punti:
1) il profitto non genera dividendi che vanno divisi,
2) limprenditore non promuove innovazioni sui prodotti, quindi il rapporto prodotto/mercato resta stabile,
3) limpresa tratta un solo prodotto.
Poste queste basi se limprenditore vuole aumentare i ricavi pu cercare di influire su 2 variabili: prezzo e quantit di
beni. Se aumenta il prezzo si scontra con i consumatori che quindi potrebbero rivolgersi a un concorrente o
semplicemente non acquistare e in questo modo si ottiene una riduzione dei volumi di vendita. Quindi far leva sul prezzo
limitato dallelasticit della domanda. Se aumenta la quantit, e la domanda sempre la stessa, vuol dire che andiamo
a cercare di sottrarre quote alla concorrenza.
Agire sui costi comporta dei problemi: le variabili su cui posso agire sono riduzione del costo unitario o uso meno
risorse. Se si abbassa il costo unitario si dovranno ridurre gli stipendi, i prezzi pagati ai fornitori, i margini ai distributori,
gli interessi ai finanziatori. Non si possono cambiare le aliquote perch sono statali e su di esse non vi potere di scelta.
Se si usano meno risorse vuol dire che si dovr licenziare, acquistare meno risorse, fare meno finanziamenti.
I vari gruppi sono in opposizione allabbassamento del costo unitario e questo sembra non permettere allimprenditore di
ottenere vantaggi economici durevoli e consistenti.
Si pu uscire dal circolo vizioso facendo innovazione. Se si sostengono costi di ricerca e sviluppo e costi organizzativi si
potranno trovare nuove applicazioni delle tecnologie e nuovi modi per gestire lazienda. A questi costi non corrisponde
nessun gruppo sociale specifico, a meno che si considerino i dipendenti che svolgeranno queste ricerche, che si ha la
possibilit di ridurre senza difficolt, ma riducendoli significherebbe avere una redditivit e produttivit minore. Questi
costi sono quelli che vengono tagliati pi spesso, proprio perch tagliarli non comporta alcun conflitto.
Davanti a costi pi alti per le voci di spesa, lunica via percorribile sembra quella di aumentare il volume di attivit e per
farlo limpresa deve trovare delle occasioni per espandersi nel suo mercato o in altri e quindi deve innovare .
PARTE SECONDA
I COMPORTAMENTI IMPRENDITORIALI E LA GESTIONE STRATEGICA
Capitolo Quinto: LA GESTIONE STRATEGICA
1. PREMESSA
La vita dellimpresa si sviluppa seguendo un complesso di decisioni. Anche il processo decisorio ha carattere sistematico
perch le varie scelte si legano ad un sistema che deve rispondere alle finalit da raggiungere e che deve tenere presenti
le interrelazioni tra i vari atti decisionali. E chiaro che allinterno del sistema sussiste un ordine gerarchico che vede le
scelte di lungo tempo guidare quelle di breve tempo e inoltre le scelte di organizzazione disciplinare quelle relative a parti
specifiche e sempre pi limitate di essa.
politiche di gestione, mentre gli altri due hanno obiettivi di lunga durata e piani ben definiti. Strategia quindi un
comportamento dellimprenditore di tempo lungo per raggiungere gli obiettivi primari della gestione, considerando come
si evolve il rapporto tra impresa e ambiente. In genere comunque la strategia volta a migliorare sempre di pi lazienda.
Si riconoscono 3 strategie:
1. Complessive, o dimpresa. Gli organi di governo scelgono i campi in cui operare seguendo una certa strategia
dimpresa. (di sviluppo o mantenimento di posizioni gi acquisite. Valutare come confrontarsi con la concorrenza che si
pu trovare nelle aree daffari scelte;
2. Competitive, o darea daffari: obiettivi e politiche da adottare in base alla concorrenza;
3.Funzionali: sono fatte in base alle strategie competitive che si vuole attuare.
Altra teoria per definire larea strategica daffari definire il business, cio la porzione di mercato in cui limpresa vuole
operare. Per valutare dove inserirsi, Abell suggerisce di considerare 3 varianti: le funzioni duso del prodotto, il gruppo di
clienti a cui ci si rivolger e le tecnologie usate per produrre. Decidendo la funzione del prodotto, si potr identificare un
target interessato al mio prodotto e individuare una quota di mercato.
- Fattori produttivi;
- Differenziazione dei prodotti.
GESTIONE
Economie di scala: i costi diminuiscono al crescere dei volumi prodotti, sia fase tecnica, sia nell approvvigionamento.
Alcuni mercati hanno volumi molto alti di produzione, perch solo con questi riescono ad abbassare i costi, e quindi per
entravi (barriera allingresso) necessario raggiungere almeno lo stesso volume. Le imprese riescono a fare economie di
scala facendo grandi volumi di acquisti (pi compro pi posso contrattare prezzi migliori). Solo le imprese pi grandi e
forti riescono a fare grandi volumi di acquisto e quindi ad abbassare i prezzi, e questo diventa una barriera allingresso per
gli altri pi piccoli. La grande impresa fa economie di scala perch ha impianti di grandi dimensioni (dimpianto), ma
avendo anche unorganizzazione pi estesa, fa economie anche sulla commercializzazione e sullamministrazione
(dimpresa). Mano a mano che unimpresa si trova in un mercato, impara a razionalizzare i suoi comportamenti, questa
esperienza, acquisita con il processo di apprendimento, un altro ostacolo allingresso, perch i nuovi concorrenti non
hanno maturato la stessa esperienza. C poi il discorso dell inflazione, per cui chi ha comprato i macchinari prima, li ha
pagati meno rispetto ai nuovi concorrenti; questo vantaggio detto del costo storico e con questo il produttore pi
vecchio si ritrover sempre in vantaggio rispetto al pi recente. Il vantaggio del costo storico ha senso solo quando le
tecnologie di produzione sono poco dinamiche.
Alle imprese richiesta sempre pi flessibilit, e ci significa avere una gamma di prodotti sempre pi ampia, produrre di
pi ma con meno operazioni e quindi fare economie di scopo: risparmio attraverso lo svolgimento in comune di pi
attivit (sinergie). Queste sinergie avvengono sia allinterno dellimpresa, sia alesterno, cio creando delle reti di relazioni
con altri produttori, e per questo le economie si definiscono di relazioni. Queste relazioni di fiducia sinstaurano sia con
fornitori sia con i clienti e questo migliora la posizione dellimpresa sia nellambiente transazionale, sia in quello
competitivo.
KNOW-HOW BREVETTI E FATTORI PRODUTTIVI
Finch i brevetti e il know-how sono di propriet di pochi produttori, i nuovi, che non li possiedono, trovano molte difficolt
a entrare in quel mercato. Lo steso avviene per i fattori produttivi.
DIFFERENZIAZIONE
Altra barriera data dal fatto che pi i produttori differenziano i loro prodotti, pi si creano una nicchia nella quale
difficile entrare. Questo significa che per sottrarre quote alla concorrenza si deve far percepire al consumatore la
differenza rispetto agli altri, pubblicizzando il prodotto e rendendolo innovativo.
BARRIERE ALLUSCITA
Oltre che in entrata possibile trovare barriere alluscita, cio vincoli o regolamenti che rendono difficile uscire da un
mercato, sia da un punto di vista sociale, per cui le imprese non possono chiudere perch dovrebbero licenziare
personale, sia dal pdv economico, perch magari difficile disinvestire. Questo a sua volta pu diventare una barriera
allentrata, perch i nuovi potrebbero essere fermati dal fatto che poi difficile uscirne. Le barriere smettono di avere
senso quando i produttori di altri mercati entrano in un mercato diverso dal loro sostituendo i prodotti di questo mercato
con dei prodotti tipici del loro mercato di partenza. Bisogna aggiungere che le barriere allentrata variano in base alle
risorse dellimpresa, per cui alcune barriere sembrano pi alte per quellimpresa che ha meno risorse per poterle
superare. Questa teoria detta resource based theory per cui lanalisi competitiva va fatta partendo da ci che
limpresa possiede: risorse, competenze e capacit, e non dalla concorrenza. Quindi pi le risorse di unimpresa sono
uniche e inimitabili, pi quellimpresa pu creare delle barriere allentrata, sottraendosi alla concorrenza reale (cio chi
gi presente nel mercato) e potenziale (chi potrebbe entrarci). La concorrenza risente anche delle barriere interne o di
mobilit, cio la possibilit per le imprese di spostarsi allinterno dello stesso mercato o settore, perch a seconda di
quanto le imprese si muovono, sar possibile per la concorrenza posizionarsi in una nicchia o meno.
Ci sono attivit primarie , come la logistica interna e esterna, il marketing, i servizi al cliente, e attivit di supporto,
che sono date dalla gestione delle risorse umane, lo sviluppo della tecnologia e le attivit infrastrutturali, tipo la
contabilit, che servono comunque a realizzare quelle primarie.
VANTAGGI
Aumento dei ricavi:
- Maggiori volumi
- Prezzi pi elevati
Riduzione dei costi:
- Economie di scala
- Economie di apprendimento
INTERNI
EFFETTI
LIMITI
SVANTAGGI
Diseconomia di scala
Rigidit organizzativa
Perdita di controllo
Visibilit di mercato ( per cui le azioni
dellazienda sono pi incisive e possono
generare controreazioni forti da parte
dei concorrenti
ESTERNI
Risorse manageriali
Potenzialit organizzativa
Capacit finanziarie
INTERNE
Risorse aziendali sfruttate solo in modo
parzieale
ESTERNE
Occasioni favorevoli di business
1- INNALZAMENTO DI BARRIERE
Nel tentativo di spiegare i fattori che inducono limpresa a orientarsi verso linternalizzazione (make) o lesternalizzazione
(buy) di determinate attivit, la dottrina economica ha sviluppato la teoria dei costi di transazione. Il costo del bene
scambiato uguale non soltanto al prezzo pagato per il suo acquisto, ma anche allo sforzo sostenuto dallacquirente e
dallo stesso venditore per ricercare le informazioni utili a perfezionare la contrattazione. I costi di transazione
comprendono, quindi, tutti i costi necessari per progettare, negoziare e tutelare un accordo di scambio. Rappresentano,
dunque, i costi duso del mercato. La definizione del confine efficiente dellorganizzazione, ossia delle attivit da
svolgere allinterno per ottenere il massimo livello di efficienza operativa, dipende da due tipologie di valutazioni:
ECONOMICITA: si ottiene comparando i costi duso del mercato con quelli da sostenere allinterno dellorganizzazione di
impresa (e svolgendo allinterno le attivit che sarebbero pi costose se delegate allesterno);
RISCHIOSITA DELLA TRANSAZIONE:
Il controllo delle condizioni dacquisizione di beni o servizi maggiore nellipotesi di produzione interna rispetto a quelle di
un rapporto contrattuale di scambio.
5.3. ALTRI TIPI DI INTEGRAZIONE
Laterale e diagonale.
Laterale: avviene quando si inserisce nella produzione dei beni legati al proprio o dal punto di vista tecnologico o al
proprio mercato di sbocco.
Diagonale: si introduce nellorganizzazione delle produzioni ausiliarie (faccio conserve, assorbo uno scatolificio).
6. LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE PRODUTTIVA
In base al rapporto tra attivit di marketing e profilo tecnologico si distinguono 4 casi, in cui si osservano due tipi di
diversificazione: laterale quando c un collegamento tra la produzione vecchia e nuova, e conglomerale quando non
esiste nessun legame:
- Prodotti simili per profilo tecnologico e di marketing (sviluppo orizzontale integrato);
- Prodotti simili per marketing, ma diversi per tecnologia: faccio prodotti per la casa e prodotti alimentari (diversificazione
laterale);
- Prodotti simili per tecnologia, ma diversi per marketing: faccio carta da imballaggio e carta da parati (diversificazione
laterale);
- Prodotti senza alcune legame: faccio prodotti dolciari e materie plastiche (diversificazione conglomerale).
Va poi aggiunto che alla diversificazione della produzione segue la diversificazione del rischio su pi mercati, che pu
attenuare un andamento pi o meno favorevole. Per quanto riguarda la strategia, va detto che a seconda del tipo di
diversificazione scelta,ci sar una strategia adeguata, per cui ad una diversificazione laterale corrisponder la creazione
di nuovi impianti e unespansione interna, mentre alla diversificazione conglomerale corrisponder unespansione
esterna.
7. LA STRATEGIA DI ESPANSIONE INTERNAZIONALE
Il vantaggio dellespansione internazionale che spesso delocalizzando la produzione, o solo alcune fasi di essa, se ne
abbattono i costi (perch ci sono costi del lavoro pi bassi). Lespansione internazionale pu essere vista come la
prosecuzione logica della diversificazione ma le differenze ci sono: la diversificazione porta a una diminuzione della
specializzazione dellattivit di unimpresa, nel senso che lo sforzo tecnologico e commerciale si estende su pi prodotti.
Se si desidera crescere in maniera equilibrata necessario cercare di compensare i risultati con la diversificazione delle
attivit, e sia con lesportazione, sia con la diversificazione posso ottenere profitti in grado di assicurarmi un buon
sviluppo dimensionale.
Diversificazione = produzioni diverse
Esportazione = paesi diversi
Esportazione: quando si entra in un nuovo mercato estero si seguono alcune tappe.
1.Esportazione: i prodotti vengono fabbricati in patria e poi esportati;
2.Produzione indiretta: si fanno accordi con imprese straniere a cui vengono ceduti brevetti e know-how (cessione di
licenze di fabbricazione);
3.Vendita diretta: si fanno investimenti in loco per creare nuove reti di vendita;
4.Produzione e vendita diretta: si costruiscono in loco impianti che seguono tutta la produzione, ma la direzione resta
in patria;
5.Costituzione di unimpresa allestero: costruito limpianto, viene spostata anche la direzione e creata unimpresa
allestero autosufficiente,
con centri di direzione e di ricerca;
6.Organizzazione multinazionale: coordinamento della gestione a livello multinazionale.
Limpresa che si sposta allestero deve essere gestita da un management adeguato e di qualit, il quale non solo un
fattore da sfruttare, ma probabilmente lelemento che fa si che linternazionalizzazione avvenga. Certo, oltre al
management, ci deve essere una buona disponibilit di capitali, senza la quale sarebbe impossibile operare.
8. LE MODALITA DI REALIZZAZIONE DELLE STRATEGIE DI SVILUPPO: IL RUOLO DEGLI ACCORDI STRATEGICI
TRA IMPRESE
Spesso la decisione di integrazione verticale o sviluppo orizzontale solo una fase del processo di crescita, per cui
unazienda prima si rafforzer nel suo mercato (sviluppo orizzontale) e poi penser di andare a svilupparsi o verticalmente
o con la diversificazione.
In generale la crescita si divide in 2 passaggi:
1. Dalla produzione unica alla produzione multipla;
2. Dal raggiungimento di obiettivi dintegrazione verticale alla diversificazione oltre alla logica interna e
esterna di crescita troviamo ora la crescita interrelata di tipo interaziendale. La crescita interna avviene in fase
di start up e intende rispondere a coprire interamente la domanda, quella esterna punta invece a stringere pi rapporti
prodotto/mercato.
Questo tipo di crescita crea una sorta di effetto-leva nel senso che a parit dimpiego di risorse di altri tipi di crescita, due
aziende che si uniscono possono svilupparsi di pi. Questa fase si sostituisce allo sviluppo orizzontale e allintegrazione
verticale, per cui attraverso la collaborazione si riescono lo stesso a raggiungere gli obiettivi di aumento della quota di
mercato e del valore aggiunto.
9. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
La scelta di un particolare modello di crescita si collega o dovrebbe collegarsi allopportunit di realizzare strategie
competitive di successo. Solo avendo adeguate risorse specifiche si potr assicurare una crescita equilibrata e durevole
nel tempo. Se il processo di formulazione dei comportamenti strategici segue un iter di programmazione che vede al
centro la definizione della strategie complessiva vi sar un collegamento stretto anche tra strategia complessiva e
strategia funzionale. I processi operativi di commercializzazione dei prodotti, di realizzazione dei prodotti da porre sul
mercato, di logistica, di ricerca tecnologica e di approvvigionamento finanziario saranno alla base del tipo di strategia
competitiva prescelta nelle aree di affari in cui limpresa risulter operante o vorr inserirsi.
PARTE TERZA
LA DIREZIONE DELLIMPRESA
Capitolo Ottavo: IL CICLO DI DIREZIONE DELLIMPRESA E IL PROCESSO ORGANIZZATIVO
1. IL RUOLO DEL MANAGEMENT
La gestione dellimpresa si svolger in conformit delle strategie complessiva e funzionali definite dal vertice
imprenditoriale. Per far si che le scelte assunte possano tradursi in risultati necessaria unattivit di direzione sia sul
piano direzionale che sul piano operativo, soprattutto per disciplinare luso delle risorse disponibili. A chi dirige compete,
infatti, la responsabilit dellefficienza nellimpiego del fattore umano, dei mezzi finanziari, delle competenze tecnologiche
e commerciali. Tra il momento strategico e quello dellesecuzione sinterpone il processo direzionale. Organizzare le forze
in campo, programmare il ciclo operativo e controllarne gli esiti configura la responsabilit specifica di chi riveste cariche
direzionali allinterno del sistema aziendale.
2. IL PROCESSO DI DIREZIONE AZIENDALE
Lazienda diventa pi grande, il rapporto con il mercato pi difficile e la tecnologia si diffusa anche nei processi di
gestione. Questo fa si che la direzione aziendale deve preoccuparsi, oltre che a dare ordini e farli eseguire, anche di
partecipare attivamente alla formulazione di strategie e politiche di gestione.
In che modo? Con un ciclo, detto ciclo di direzione, che consiste in una serie di azioni strettamente legate tra loro, che
sono programmazione (stabilisco obiettivi e modo in cui raggiungerli), organizzazione (decidere chi esegue le
decisioni), conduzione (dico come vanno fatte le cose e motivo a farle) e controllo (valutazione) della gestione. A
questo ciclo di direzione corrisponde un ciclo informativo, perch per passare da una fase allaltra deve avvenire un
passaggio dinformazioni. Dato che il ciclo termina con il controllo proprio il passaggio dinformazioni dalla fase di
controllo a quella nuova di programmazione che permette di ricominciare un nuovo ciclo.
CICLO DIREZIONALE
PROGRAMMAZIONE (atti di decisione)
ORGANIZZAZIONE (atti di disposizione)
CONDUZIONE (atti di guida)
CONTROLLO (atti di valutazione)
CORRISPONDE
CICLO
INFORMATIVO
PER
DIREZIONE
INFORMAZIONI SULLAMBIENTE
DIRETTIVE PER LESECUZIONE
RISULTATI DELLESECUZIONE
DATI INTERNI DI CONTROLLO
LA
3. LA FUNZIONE ORGANIZZATIVA
L Impresa una struttura composta da persone e macchine e le sue parti (organi) devono essere organizzate per
conseguire un fine comune.
Organizzare vuol dire appunto ordinare un sistema in varie parti correlate e interdipendenti. Esistono 2 concetti teorici che
parlano di organizzazione: 1) Marshalliano: vede la funzione organizzativa come un azione ordinata di tutti i fattori
produttivi, materiali e immateriali dellimpresa:
2) Ristretto: immagina che questa funzione si occupi solo di ordinare il fattore umano.
Lo scopo della funzione organizzativa raggiungere lefficienza dividendo,specializzando e organizzando le attivit in un
sistema. Facendo questo si attiva un processo sinergico per cui ogni elemento rende di pi in rapporto agli altri di quanto
non renderebbe da solo. Altro scopo soddisfare le esigenze di coloro che lavorano nellimpresa, impiegandoli nel modo
giusto e migliorando cos il rendimento globale. Lo studio dellorganizzazione pu essere fatto dal punto di vista di un
profilo strutturale, cio analizzo compiti,scelti dalla strategia e responsabilit, dei lavoratori, o da quello di un profilo
comportamentale, cio i rapporti interpersonali di equilibrio e conflitto a fronte del funzionamento.
4. LE SCELTE ORGANIZZATIVE
Progettare significa:
1) Fissare degli obiettivi da raggiungere in base ai quali fare scelte diverse;
2) Fissati gli obiettivi la prima scelta da fare definire il confine efficiente, cio la convenienza tra produrre allinterno o
esternalizzare.
A seconda che si debba svolgere questo processo in unazienda di nuova nascita o gi esistente cambiano i vincoli a cui si
sottoposti. In una gi esistente il vincolo dato dal personale gi presente, in una nuova il vincolo principale la
quantit di fondi a disposizione.
Se si organizza una nuova impresa i fattori che devo considerare sono:
1) Che obiettivi si hanno e che strategia perseguire in un certo settore;
2) Quanti soldi si hanno a disposizione per organizzarsi;
3) Che risorse umane offre il mercato e quante se ne possono assumere.
Altri vincoli da considerare sono:
- Capacit professionali presenti sul mercato che si possono acquisire;
- Investimento che si possono sostenere;
- Costi fissi di lavoro che influiscono sulla propria rigidit.
5. I MODELLI DI STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Strutture molto piccole: forme di organizzazione molto semplici, limprenditore la figura centrale, poca formalit,
divisione del lavoro fatta in aree funzionali e i rapporti interpersonali sono forti e non codificati. Quando il numero dei
lavoratori in azienda cresce, la struttura tende a modificarsi, perch bisogna coordinare pi persone e le funzioni, le
divisioni e i poteri devono essere chiare a tutti, perci si stabilisce il vertice e si segmentano i processi di gestione, dando
a ognuno il suo compito.
Per suddividere i compiti esistono 2 mezzi:
- Per funzione, i compiti si aggregano e si affidano a un solo responsabile;
- Per divisione, i compiti si dividono per segmenti di gestione modello funzionale: divisione per funzioni, cio compiti
complementari e interdipendenti rispetto a un fine.
Per prima cosa bisogna definire le funzioni di vertice, che hanno carattere di:
- UNIVERSALITA, perch sono presenti in tutti i tipi di azienda simili; - ESSENZIALITA, perch il loro compito quello principale dellimpresa;
- SUDDIVISIBILTA, perch si possono dividere in linee generiche;
- IMPOSSIBILITA DI AGGREGAZIONE CON ALTRI FATTORI.
Si avr per esempio la direzione marketing e allinterno altre sottofunzioni, ognuna con un responsabile. I compiti sono
divisi in base alla loro natura e ogni area operativa ne svolge uno. Questa struttura risulta poco propensa all innovazione,
ha bisogno di meno coordinamento, tipica di aziende poco diversificate. Quando le aziende diventano pi dinamiche si
passer al modello divisionale, in cui ogni divisione si occupa di un prodotto e allinterno della divisione ci si divide poi per
funzioni. In questa struttura ogni divisione pu essere percepita come unazienda a s e, quindi, come un centro di
profitto nelle mani di un responsabile. Da questa struttura possibile arrivare alla cosiddetta multifunzionale, in cui
alcune divisioni vengono staccate dalle altre diventando comuni, come la divisione finanza o gestione del personale, ma
questo avviene solo se centralizzandole si ottengono maggiori benefici dalla loro specializzazione e un miglioramento
generale per lorganizzazione. La multi divisionale pone lattenzione ai risultati pi che ai compiti e porta addirittura le
divisioni a competere tra loro, con il rischio che configgano. Se le divisioni si staccassero, ottenendo pi autonomia,
arriveremmo allorganizzazione di gruppo, cio una struttura holding, utile per governare attivit molto differenziate, ma
anche per dividere gli utile, pagando meno tasse, diversificare i rischi e avere pi possibilit di ottenere finanziamenti,
perch ognuna ha diritto di farlo.
6. LE STRUTTURE ORGANIZZATIVE INNOVATIVE: LORGANIZZAZIONE PER PROCESSI A RETE
Pi lambiente diventa complesso, pi lazienda deve adattarsi, per cui l organizzazione verr sempre pi destrutturata
piuttosto che strutturata, e alcune funzioni vengono esternalizzate. Il nuovo tipo di organizzazione che emerge quello
per processi, in cui tutte le attivit sono coordinate secondo obiettivi globali a cui tutte tendono. Altro tipo di
organizzazione quella a rete, che porta a instaurare collaborazioni con i fornitori e i clienti. Importante in questa
struttura sono i rapporti, cio il modo in cui si decide di regolare alcune procedure, non si creano unit organizzative; in
questo modo si lavoro pi velocemente, con flessibilit e efficienza. Ovviamente perch questo sia possibile occorre che le
informazioni circolino in fretta allinterno della rete. Le strutture pi flessibili sono quelle a progetto e a matrice. Quella a
progetto simile a quella funzionale, con la differenza che i gruppi si creano temporaneamente per portare a termine un
progetto e poi si sciolgono. Quella a matrice solo l istituzionalizzazione di quella a progetto. In quella a matrice ogni
responsabile sottosta a un direttore di linea e a quello di prodotto nello stesso momento. Altro fattore importante la
suddivisione dei poteri, pi decentralizzo i poteri, pi livelli gerarchici creo. Per consentire velocit e creativit molte
imprese usano le strutture corte o appiattite, in cui i canali di comunicazione tra direttori e esecutori sono pi corti e
parlano meglio. Lampiezza del controllo consiste invece nel definire quanto pu essere grande un gruppo sotto uno
stesso leader, per esempio se i compiti da svolgere sono facili, i subordinati sono maturi ed facile comunicare, allora si
potr ampliare il controllo, al contrario viene ridotto.
Il controllo antecedente serve a valutare preventivamente la bont di certe scelte e trova sostanza nello stesso
processo di programmazione, visto come forma di controllo delle future linnee di gestione. Il controllo concomitante si
lega alla programmazione poich ha lo scopo di guidare a tutti i livelli dellorganizzazione lattuazione dei piani
formulati. Il controllo susseguente va inteso come valutazione dellefficienza e dellefficacia della gestione, cio come
strumento dindirizzo per la formulazione delle decisioni future. Quello prospettico deve essere inquadrato quale mezzo
per verificare la bont delle scelte strategiche e organizzative i essere.
Per ogni attivit da compiere si stabiliscono degli obiettivi. Gli obiettivi possono essere desunti dalla programmazione
formulata o essere fissati in fase di attuazione di specifiche politiche o azioni operative. In ogni azienda buona norma
stabilire un sistema di reporting in grado di far giungere con regolarit i dati sui risultati di gestione ai dirigenti
interessati. Lanalisi casuale momento di grande importanza perch deve fornire elementi preziosi sulla genesi delle
deviazioni. Unanalisi non corretta pu orientare in modo sbagliato gli interventi di gestione. Il controllo operativo
deve assicurare il mantenimento dellequilibrio tra obiettivi e risorse impiegate nellattivit di gestione. Gli interventi di
correzione possono avere per oggetto il livello delle prestazioni ottenibili prefissati, tendono a riportare lattivit in linea
con la programmazione; i secondi hanno invece per scopo il riadeguamento di questultima alle mutate condizioni
interne ed esterne di svolgimento della gestione. Lattuazione della programmazione e del controllo operativo consente
di realizzare il tipo pi moderno di conduzione dellattivit aziendale: la direzione per obiettivi e il controllo per risultati.
Il controllo concomitante trova la sua sintesi ideale nel raffronto tra i risultati economici di gestione raggiunti e quelli
presi a base del budget aziendali. La costruzione di conti economici mensili consente di sorvegliare costantemente gli
esiti dellattivit aziendale e di valutare le difformit rispetto a quanto programmato. Questo richiede che sia il budget
economico che quello finanziario siano articolati per periodi infrannuali in modo da poter determinare gli scostamenti di
maggiore rilievo, individuare le cause degli stessi e intervenire rapidamente con le opportune misure di gestione. La
funzione di controllo della gestione si completa con lattuazione delle valutazione di efficienza sulla gestione
aziendale. Queste rappresentano dei controlli a posteriori del rendimento dei vari fattori impegnati nella combinazione
produttiva. Lefficienza misurata dal rapporto tra i risultati conseguiti e le risorse impegnate, mentre lefficacia
misurata dal rapporto tra gli obiettivi ottenuti e quelli che si sarebbero dovuti conseguire.
3. IL CONTROLLO STRATEGICO O PROSPETTICO.
Il controllo di gestione non sufficiente per fornire alla direzione aziendale gli elementi di guida dellorganizzazione
perch soffre di due limiti, il primo connesso con il rapporto di interdipendenza nei confronti del sistema di
programmazione adottato nellimpresa; il secondo rappresentato dalla difficolt di ampliare le analisi sul piano
dellintera struttura organizzativa aziendale. Il controllo porta ad individuare certe aree specifiche di scarsa efficienza,
ma non si spinge a valutare la rispondenza del modello base dellorganizzazione o il corretto impiego degli uomini che in
questa organizzazione si trovano ad operare. I limiti nel controllo di gestione fanno convincere della necessit di un altro
tipo di controllo strategico. I suoi obiettivi peculiari sono:
a) Congruenza esterna del comportamento strategico dellazienda che discende dalla rispondenza del comportamento
aziendale,
proiettato nel medio-lungo periodo, allevoluzione dellambiente in cui limpresa gi opera e intender operare in
futuro.
b) Congruenza organizzativa tra strategia e struttura dellazienda in quanto intende verificare se in rapporto alla
strategia in essere
e alle sue eventuali modificazioni, rimane valida lorganizzazione prescelta;
c) Efficienza del sistema e dei responsabili di direzione; nellimpresa assume un rilievo a se stante il sistema di direzione
ossia il
meccanismo procedurale mediante il quale strategia e struttura si legano durante la vita dellimpresa.
Lefficacia delle procedure di organizzazione, programmazione e controllo della gestione condizioner sia la
formulazione e laggiornamento delle strategie,sia le scelte di fondo e le successive revisioni in materia di
organizzazione. Linserimento di questo obiettivo richiede non solo un ampliamento delle analisi da condurre, ma anche
una modificazione del controllo strategico da procedura interna attuata dalla stessa dirigenza aziendale a procedura
esterna realizzata da organizzazioni di consulenza. Il controllo strategico si amplia e diviene un tipo di controllo
eccezionale ed esterno. In questo senso esso comporta un vero e proprio check-up aziendale che si caratterizza per il
maggior grado di approfondimento e per lestensione allintero sistema dellindagine diagnostica, per il suo carattere di
verifica, che prescinde dallemergere di particolari fatti patologici. Nellimpresa il check-up assume unimportanza
rilevante, proprio a cagione delle possibilit del sistema aziendale di regolare e programmare il suo sviluppo. Deve
consentire anche di valutare le potenzialit non sfruttate o sfruttate soltanto parzialmente, in modo da orientare il
sistema stesso verso condizioni di equilibrio superiori a quelle primigenie.
sempre motivate e rendano. Per questo una soluzione positiva lasciare ai responsabili di gestione un po pi di
autonomia e potere nelle decisioni da prendere. Nella direzione per obiettivi e in quella del controllo dei risultati il
controllare e il controllato vengono cos a coincidere.
Secondo problema: eccesso di controlli, che in questo modo diventano costosi e fanno perdere tempo. I controlli
dovrebbero essere funzionali, cio relativi solo agli aspetti pi importanti della gestione per identificare in fretta
inefficienze e problemi. Lefficacia del controllo si basa sulle fasi che lo precedono nel senso che, essendo un ciclo, il
controllo prevede che prima ci sia stata unorganizzazione e una programmazione, mentre la programmazione prevede
che ci sia stata prima un organizzazione e poi un controllo.
Ultimo problema luso di tecniche e strumenti adeguati alle esigenze dellazienda, cos da evitare sprechi di risorse.
Non sempre le tecniche e gli strumenti migliori rispondono in maniera adeguata alle necessit dellazienda, magari
perch danno pi di quello che serve.
instaurare un clima favorevole al raggiungimento degli stessi. A seconda di come viene considerata la persona adotter
uno stile direzionale adeguato, quindi ci sar il passaggio da una direzione autoritaria, con forte controllo, gerarchia dei
ruoli definita, a una direzione partecipativa, basata sul consenso, in cui il lavoratore stesso che si autocontrolla, c
meno gerarchia e si cerca di creare motivazione. Il lavoratore render di pi se i suoi obiettivi coincidono con quelli
aziendali, e questo principio, didentificazione, alla base della motivazione.
Motivazione che pu essere di due tipi: a partecipare , e quindi a far parte dellorganizzazione, e a produrre e quindi ad
assicurare la produzione richiesta.
Dai bisogni si pu capire come variare il comportamento di una persona, che si possono classificare attraverso la piramide
dei bisogni di Maslow:
1) Bisogni primari di sussistenza: cibo, casa, vestiti;
2) Bisogni di sicurezza: avere un posto di lavoro, avere protezione;
3) Bisogni di socialit: affetto;
4) Bisogni di stima: reputazione;
5) Bisogni di autorealizzazione: ottenere il meglio da s stessi.
I bisogni sono in ordine dimportanza. In unazienda si vede che i primi devono essere soddisfatti attraverso stimoli
economici, mentre via via che si scende nella piramide, si preferir avere stimoli psicologici , cio gratificazioni morali.
Ci sono per alcune critiche che vanno fatte:
1) Non detto che per passare al bisogno successivo si debba soddisfare al 100% quello precedente;
2) Il soddisfacimento di uno o dellaltro varia in base alla persona;
3) E possibile che attraverso le scelte di una persona si soddisfino contemporaneamente pi bisogni.
Herzberg costruisce un modello teorico adatto allimpresa, individuando quei bisogni che sono tipici dei lavoratori:
bisogni soddisfattivi, che una volta appagati, conducono allazione, e bisogni insoddisfattivi , che se non soddisfatti,
portano alla frustrazione e quindi allinazione. Oggi un metodo molto usato per incentivare le persone dato dalla
partecipazione economica ai risultati dimpresa, per cui si lega una parte dello stipendio al raggiungimento di specifici
risultati. Per fare questa scelta bisogna per capire qual la parte di rendimento che influenzata da questi
comportamenti. Perci si pensato di distinguere lincentivazione in base al tipo di performance, se individuale o di
gruppo, e in base al periodo, se breve o lungo.
Da questi fattori scaturisce una matrice:
PERFORMANCE INDIVIDUALE
PERFORMANCE DI GRUPPO
BREVE PERIODO
AUMENTI SALARIALI
GRATIFICHE
LUNGO PERIODO
PIANO DI INCENTIVI
STOCK OPTION
La stock option consiste nella possibilit di fissare un prezzo per lacquisto futuro di unazione dellazienda per cui si
lavora. In questo modo anche i lavoratori sono collegati al rischio dimpresa. La motivazione a partecipare influenzata
anche dal tipo di struttura aziendale, come accade in strutture snelle, o corte, che avvicinano i luoghi delle decisioni e
favoriscono la comunicazione, cos come in strutture che prevedono gruppi di lavoro integrati (a progetto).
Stile autoritario: le decisioni sono nelle mani di uno o di pochi e si attuano attraverso il comando ed il controllo. Il
rapporto gerarchico: chi sta sopra comanda ed eventualmente punisce chi sta sotto.
Stile partecipativo: le decisioni vengono prese in modo comune, o almeno coinvolgendo i subordinati, i quali si
autocontrollano e si assumono responsabilit precise. Il capo non pi colui che ordina ma colui che coordina e guida,
diventando cos un leader.
Secondo alcuni, esistono 2 teorie alla base di ciascuno di questi concetti:
1) Si parte dallidea che luomo detesta il lavoro e quindi lo fa ma non vuole prendere responsabilit in merito, quindi
lunico modo per farlo lavorare
il controllo e la minaccia.
2) Luomo accetta il lavoro come un fatto naturale della propria vita e accetta delle responsabilit se queste gli
permettono di soddisfare ulteriori bisogni. In questo secondo caso, luomo non solo va motivato, ma va valorizzato e
coinvolto. Questo concetto quello che sta alla base del principio del clan, per cui se in un gruppo si affermano dei valori
condivisi verso gli obiettivi aziendali, non pi necessario un rapporto gerarchico. Inoltre il solo rapporto gerarchico non
pi pensabile in unimpresa che fonda il suo successo sul soddisfacimento degli interessi di tutti gli stakeholder che ne
fanno parte.
Altro punto importante la coerenza tra sistema premiante e premi effettivi, perch se restano solo teorici hanno un
effetto negativo sulla motivazione e sulla presa di responsabilit. Affinch lo stile partecipativo abbia successo occorre
che il leader sia riconosciuto e seguito, cos che i subalterni modifichino il loro comportamento in base a quello del leader.
Il leader deve avere autorevolezza e creare motivazione, cos da mantenere sempre al top la performance dei lavoratori,
anche perch pi il lavoro diventa un lavoro di cervello, pi la leadership partecipa in modo essenziale, perch non ci sono
cose da costruire, ma cose da pensare. Il leader deve essere in grado di creare spirito di gruppo, essere desempio, far
capire e interiorizzare i valori dellazienda. Il leader quindi non chiede solo di risolvere dei problemi, ma lancia sfide, voglia
di competere e tensione ai risultati, tenendo sempre un occhio alloperativit, per cui sar tanto pi abile, quanto pi
riuscir a realizzare velocemente le scelte e mantenere coeso il gruppo.
Le informazioni sono fondamentali per far funzionare correttamente unazienda: per pianificare le attivit, coordinarle,
documentarle e valutarne le performance, prendere decisioni.
Le persone dovranno poi essere motivate a usare questo strumento, capendone lutilit e quindi importante capire:
- Che interventi fare per coinvolgere gli utenti chiave, key users. Per esempio se sono coinvolte nella sua
definizione, ottengono un prodotto adatto a loro, lo usano e lo consigliano;
- Il potenziale di setup dellutente, cio il tempo che impiegher per cambiare il proprio lavoro in base al nuovo
sistema e per appropriarsi delle sue potenzialit.
KNOWLEDGE
Il diffondersi di strumenti web based ha fatto capire sempre di pi limportanza di sistemi informativi per la gestione della
conoscenza organizzativa, knowledge management.
Dallinformazione alla conoscenza
L informazione deriva dall interpretazioni dei dati in base a ci che interessa a un soggetto. La conoscenza invece
deriva dall integrazione tra diverse informazioni. In poche parole la conoscenza un sistema di informazioni organizzate,
organizzate da una persona che realizza uno sforza cognitivo, pensa, mette a frutto le esperienze e ne rielabora il senso.
Le risorse immateriali diventano sempre pi importanti per ottenere un vantaggio competitivo e quindi diventa
fondamentale riuscire a far circolare le conoscenze che sono racchiuse nei singoli lavoratori e allinterno dellimpresa.
vero che limpresa apprende (cio modifica, aumenta le sue conoscenze) solo se gli individui apprendono a loro volta
(learning orgnisation), ma questa conoscenza in pi deve essere resa accessibile a coloro che non lhanno generata
distribuendola in base alle specifiche necessit. I processi aziendali potrebbero infatti migliorare se si riuscisse a
capitalizzare la conoscenza che producono. La conoscenza deriva dal mix di conoscenze esplicita, che pu essere
codificata, e conoscenza tacita, che risiede nella mente delle persone. Questultimo tipo di conoscenza quello pi
difficile da raggiungere e da far emergere. I sistemi informativi tendono a recuperare tutte queste conoscenze, e a farle
parlare tra loro, cos che dal confronto si generi altra conoscenza. Il knowledge management un approccio strategico
che identifica nel capitale intellettuale la risorsa da gestire per migliorare le capacit dazione di una persona e
dellimpresa, cos, gestendo correttamente la conoscenza, possibile coglierne tutto il patrimonio informativo, non solo
quello contenuto nei database, nei documenti e nelle procedure (conoscenze esplicita), ma anche quello presente nella
mente di ciascun lavoratore, come somma di esperienze e competenze (conoscenza tacita).
Molti investono in KM secondo linee di sviluppo:
- Realizzando knowledge map che fanno un censimento di chi sa cosa e lo mettono a disposizione;
- Creando corporate knowledge base, cio insieme di archivi che memorizzano documenti di ogni tipo;
- Creando reti intranet e portali che permettono a tutti gli utenti di accedere a informazioni e conoscenze, e
permettendo anche di comunicare;
- Creando strumenti che favoriscono le comunit di pratica e il lavoro di gruppo, groupware.
Lostacolo maggiore allo sviluppo del KM di tipo culturale, inutile investire in tecnologia se nellorganizzazione non se
ne promuove luso attraverso una cultura partecipativa, volta al knowledge sharing. A volte poi il possesso di una
conoscenza considerato sinonimo di potere, perch chi lo possiede lo considera un vantaggio sugli altri e sullambiente
ed poco disposto a condividerlo, ma cos non condivide neanche gli errori commessi, rischiando che altri li
ricommettano. Per ovviare a questo problema, limpresa deve valorizzare il KM, valorizzando prima i comportamenti
partecipativi e creando un clima di rispetto e stima tra i lavoratori.
PARTE QUARTA
LA GESTIONE OPERATIVA
Capitolo Tredicesimo: LE GESTIONE OPERATIVA E IL MARKETING
1. IL RAPPORTO TRA LA STRATEGIA COMPETITIVA E LE STRATEGIE FUNZIONALI
Nelle imprese ben amministrate viene definito un quadro strategico (corporate) composto da una strategia complessiva,
strategie competitive e strategie funzionali. Ogni impresa infatti dovr produrre un bene o servizio, dovr curarne la
distribuzione e la vendita, avr bisogno di approvvigionarsi dei materiali, dovr governare la finanza, attuare la ricerca,
ecc In realt sussiste uno stretto legame tra strategia competitiva e tutte le strategie funzionai, dato che ogni scelta
aziendale dovr inserirsi in un sistema di scelte che ricomprender i molteplici aspetti della gestione.
STRATEGIA COMPETITIVA
STRATEGIA DI PRODUZIONE
DI RICERCA E SVILUPPO
STRATEGIA DI MARKETING
STRATEGIA FINANZIARIA
STRATEGIA
Le politiche di marketing compongo linsieme degli strumenti rivolti allottenimento degli obiettivi di mercato fissati di
periodo in periodo. In questa combinazione sono anche comprese delle scelte inerenti ai prodotti, ai prezzi, alle
promozioni e ai canali, il cui fine quello di avvicinare lofferta dellazienda alla domanda presente nel mercato
mediante un processo di adattamento che coinvolge le variabili essenziali dello scambio che sono: bene offerto,prezzo
di vendita, informazione del prodotto e disponibilit del bene nei punti vendita. Le difficolt e i costi promozionali
necessari per acquisire nuovi clienti fanno si che la customer satisfaction (qualit) e la customer retention
(fidelizzazione) diventino obiettivi principali dellazione del marketing.
6. IL COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE E LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO
Le scelte del consumatore dipendono dalla disponibilit del reddito che si pu frazionare in due parti: impegnarlo per il
soddisfacimento di bisogni essenziali (REDDITO IMPEGNATO) o per il risparmio o per lappagamento di bisogni non
essenziali (REDDITO DISCREZIONALE). Poi per la destinazione del reddito discrezionale il consumatore attua un processo
di scelta a tre stadi (bisogni, beni e marca), e di conseguenza il consumatore si trova a dover fronteggiare una
concorrenza indiretta o tra bisogni (scelta del bisogno non di prima necessit), una concorrenza allargata o tra beni
alternativi (scelta del bene per soddisfare il bisogno non di prima necessit) ed una concorrenza diretta o tra marche
(selezionare una particolare offerta). Le motivazioni di acquisto si dividono in tre gruppi:
a) Motivazioni razionali; incentrate sul calcolo economico e orientate sulla valutazione del
rapporto prezzo-qualit del bene da acquistare;
b) Motivazioni emotive; sfera dei sentimenti e fattori di gusto, estetica, personalit del consumatore;
c) Motivazioni di patrocinio; fiducia nel produttore e nel distributore e creazione di un rapporto dintegrazione tra il
consumatore e la marca.
Il rapporto tra prezzo del bene e reddito disponibile influenza le modalit e le motivazioni dellacquisto, pi questo
rapporto alto pi prevalgono i motivi ragionali e di patrocinio rispetto a quelli emotivi. Ogni mercato si pu frazionare
in pi sub-mercati e <segmenti> di mercato, ciascuno comprendente una particolare categoria di acquirenti. La
segmentazione pu essere pi o meno spinta a seconda della variabilit di tali comportamenti di acquisto e anche dalla
consistenza dei segmenti cos individuabili. Il compito pi difficile nellattuazione del processo di segmentazione
consiste nellindividuare le caratteristiche o fattori principali che distinguono strati differenti di mercato e nello scegliere
quello o quelli che meglio si prestano a definire le classi di acquirenti. I parametri pi utilizzati per effettuare la
segmentazione sono:
1. Parametri demografici
2. Parametri socio-economici
3. Parametri ubicazionali
4. Parametri psicografici
5. Parametri comportamentali
Come vediamo nel grafico limpresa ha adottato 4 decisioni diverse per quanto riguarda il posizionamento: limpresa A
ha scelto una politica di qualit e di prezzo alto, limpresa C si orientata per i prezzi pi contenuti e standard qualitativi
meno elevati, mentre le aziende B e D si sono attestate su posizioni intermedie di qualit e di prezzo del prodotto. Le
scelte del posizionamento derivano dalla considerazione congiunta dei fattori di produzione e di mercato e che esse
possono essere attuate facendo leva anche su altre caratteristiche dellazione di marketing. La cosi detta conquista
della nicchia di mercato legata allopportunit di offrire ad un certo gruppo di acquirenti un valore unico nelle
condizioni di offerta,che assicuri allimpresa il successo durevole nei confronti della concorrenza operante nello stesso
segmento. La gamma di vendita la risultante di tre tipi di scelte:
1. Scelta dei settori di attivit;
2. Scelta delle linee produttive;
3. Scelte dei modelli da produrre.
8.2.2 CICLO DI VITA DEL PRODOTTO E NECESSITA DEL RINNOVAMENTO DELLA GAMMA
Ciascun prodotto ha un suo ciclo di vita, che si svolge dalla nascita, allaffermazione allo sviluppo e poi al declino. Di
conseguenza per limpresa importante decidere al ringiovanimento dei prodotti obsoleti e allinserimento dei prodotti
nuovi nella gamma di vendita. Ogni prodotto attraversa 4 fasi:
1. Introduzione nella quale inizia ad affermarsi con una crescita molto lenta della vendita;
2. Sviluppo nella quale lespansione delle vendite ha luogo ad un ritmo molto rapido;
3. Maturit nella quale le vendite continuano a svilupparsi;
4. Declino,fase nella quale il volume di vendita comincia a ridursi per lobsolescenza del prodotto.
Il ciclo del prodotto pu riferirsi alla categoria del prodotto,alla versione del prodotto e alla marca. In generale la curva
del ciclo di vita viene rappresentata con una funzione logistica. Questa curva ha un andamento diverso in relazione alla
natura del prodotto e alle politiche di mercato. Nella fase di introduzione del prodotto si generano perdite dovute alla
limitatezza della quantit collocata sul mercato;durante lo sviluppo si ottengono dei margini crescenti ;nella fase della
maturit il prodotto continua a generare profitti elevati;nella fase del declino si perde interesse per il prodotto e i
margini di profilo si comprimono tanto da decidere di radiare il prodotto dalla gamma. Questa partecipazione al reddito
aziendale alla base della matrice del portafoglio prodotti.In questa matrice per ciascun prodotto la situazione
sfavorevole o favorevole dipende dalla quota di mercato detenuta dallimpresa e dal tasso di variazione della domanda
globale. Allinterno di questa matrice figurano 4 quadranti:
Prodotti con bassa quota di mercato e lento sviluppo della domanda (prodotto marginale);
Prodotti con bassa quota e rapido sviluppo della domanda (prodotto rischioso);
Prodotti con alta quota e rapido sviluppo della domanda (prodotto di successo);
Prodotti con alta quota e lento sviluppo della domanda (prodotto da reddito).
Vengono classificati in base al concetto del cash-flow di prodotto.
PRODOTTO MARGINALE: ha un flusso di cassa insoddisfacente, costo elevato, mercato che non cresce dove lazienda
detiene una quota di mercato modesta;
PRODOTTO RISCHIOSO: ha il cash-flow peggiore, elevati investimenti per fronteggiare un mercato in rapido
sviluppo,la quota detenuta limitata cos come i ricavi;
PRODOTTO DI SUCCESSO: cash-flow positivo, anche se deve continuare ad investire risorse per battere la
concorrenza;
PRODOTTO DA REDDITO: lazienda sfrutta la sua posizione di forza in un mercato poco soddisfacente per la
concorrenza.
Anche se con dei limiti la matrice del portafoglio prodotti pu aiutare la direzione aziendale a valutare la potenzialit
economico-finanziaria dei prodotti compresi nella gamma di vendita per far si che si determinano le quantit di risorse
da investire nelle azioni di marketing.
8.2.3 LA POLITICA DELLA MARCA E LE ALTRE SCELTE CHE RIENTRANO NELLA POLITICA DI PRODOTTO
La politica della marca, insieme a quella del confezionamento del prodotto e dellassistenza post-vendita, finisce per
rappresentare un aspetto della politica del prodotto importante. Limpresa pu scegliere tra ladozione di una marca
industriale o commerciale e fra quelle di una marca unica per lintera famiglia di prodotti o di marche distinte per
ciascun prodotto venduto. La rinuncia ad una politica della marca frequente da parte delle piccole unit industriali che
non hanno i mezzi finanziari. Il produttore pu porsi la scelta fra ladozione di una o pi marche allinterno della gamma
di vendita; nel primo caso dove di solito la marca associata al nome dellazienda viene sfruttato nel caso di prodotti di
largo consumo,di certi beni durevoli e di quasi tutti i beni strumentali. In altri casi invece pu essere necessario
specializzare le marche in modo da ottenere una differenziazione dei prodotti,che pu servire per rivolgersi a pi
segmenti del mercato. Quindi la marca che rappresenta lunico veicolo di marketing in quanto garantisce la qualit,
laggiornamento e limmagine dei prodotti. Successivamente per certi tipi di beni assume importanza sotto il profilo
promozionale il tipo di confezionamento. Lindustrial packaging per molti prodotti alimentari divenuto un fattore
competitivo fondamentale. Nellambito della politica del prodotto c il problema delle garanzie da fornire ai compratori,
comune nella maggior parte dei prodotti, e pu essere implicita nel nome del produttore oppure nellapplicazione di
marchi di qualit, e dellassistenza post-vendita, assicurare assistenza gratuita da parte del produttore di solito entro un
lasso di tempo dalla data di acquisto del bene. La garanzia di uso uno strumento promozionale importante in alcuni
settori produttivi.
9. LA POLITICA DI PREZZO
La fissazione del prezzo assume un ruolo importante nellelaborazione del programma di marketing e assume un rilievo
importante a seconda del mercato servito e del grado di concorrenza tra i produttori. Per certe produzioni lo Stato a
fissare i prezzi massimi di offerta e in certe circostanze lo stesso committente stabilisce il prezzo di acquisto del bene o
servizio. E pi importante se limpresa vende direttamente al consumatore o allutilizzatore perch determina il prezzo
finale di vendita del bene o servizio,obiettivo difficile da raggiungere se vende al distributore. La formazione del prezzo
finisce per essere pi o meno regolamentata allinterno di mercati oligopolistici soprattutto quando pochi produttori
detengono il controllo del mercato.
Il prezzo pu essere lo strumento migliore per posizionare il prodotto nellambito del segmento di mercato prescelto. La
fissazione del prezzo avviene in due fasi: prima a livello di specifico articolo,poi in funzione dellintera gamma trattata.
La determinazione dei prezzi richiede un processo di approssimazioni successive dove elementi di conoscenza,
esperienza e politica generale dellimpresa contribuiscono a definire le soluzioni da adottare. Bisogna definire il margine
di manovra del prezzo che risulta definita da tre elementi:il costo del prodotto,lelasticit della domanda e la pressione
della concorrenza. Il metodo pi usato quello di aggiungere al costo un margine di profitto;metodo pi semplice ma
non considera le condizioni prevalenti del mercato. Per fare ci bisogna tener conto dellelasticit della domanda e dei
prezzi praticati dalla concorrenza,poi rispetto a questi limpresa potr adottare una politica di imitazione o di
differenziazione. La predeterminazione del costo collegata alla previsione del volume di vendita e di produzione che a
sua volta correlata al prezzo cui dovr essere collocato il particolare prodotto. I dati di costo servono per valutare
lopportunit di praticare certe quotazioni. Il ragionamento per stato semplificato e impostato in un rapporto a pi
ipotesi di costi-volumi-prezzi. Sulla base degli elementi interni (costi) ed esterni (domanda e concorrenza) si dovrebbero
determinare i limiti di manovra del prezzo, anche se in certi casi questi limiti potrebbero non essere rispettati. Nelle
attuali condizioni di mercato si sostiene addirittura che i costi si fanno sui prezzi, cio il produttore, nel momento in cui
si accerta del possibile prezzo del bene nel mercato, dovrebbe gestire i costi in modo da ottenere un margine positivo
per limpresa. La determinazione del prezzo dovrebbe essere fondata sul valore attribuito al prodotto da parte del
consumatore.
La possibile escursione del prezzo dipende da:
a) La concorrenza reale, cio la presenza nel mercato di prodotti con caratteristiche pi o meno similari a quelle del
prodotto considerati;
b) La concorrenza potenziale, ossia la possibile entrata di altri produttori, una volta superate certe soglie di prezzo;
c) La concorrenza indiretta, cio la minaccia di prodotti sostitutivi;
d) Il grado di differenziazione del prodotto rispetto alla concorrenza;
e) Le qualit del servizio fornito insieme al prodotto.
Il concetto della politica di prezzo la differenziazione del prodotto. E il grado di differenziazione che permette di
ricavare un premium-price, cio un differenziale favorevole di prezzo nella vendita del prodotto. La fissazione dei prezzi
di vendita orientata dagli obiettivi e dalle politiche che lazienda intende perseguire nel tempo breve e nel lungo
termine. Limpresa pu prefiggersi di conquistare la quota pi elevata di mercato nel minor tempo possibile, cercando di
raggiungere il numero pi ampio di acquirenti fissando un prezzo minimo che gli consente di acquisire una fascia larga
di clientela e di recuperare in termini di profitto globali un minor margine unitario (PENETRATURA), oppure di sfruttare al
meglio la differente capacit di spesa del consumatore con lo scopo di conquistare segmenti di mercato sempre meno
ricchi o classi di consumatori disposte a spendere sempre meno per acquistare il particolare prodotto (SCREMATURA), il
cui fine quello di massimizzare il prezzo unitario come via per massimizzare il profitto globale. La politica di
penetrazione consigliata quando possibile ottenere significative economie di scala e la differenziazione del prodotto
annullabile in tempi brevi. La minaccia della concorrenza reale e potenziale e lopportunit di sfruttare delle economie
di costo fanno scegliere al produttore la conquista rapida della pi ampia quota di mercato. La politica di scrematura
invece si preferisce quando il prodotto ha una protezione diffusa nel tempo, non viene accolto subito da larghe fasce di
clientela e consente di segmentare redditiziamente il mercato. Una politica di penetratura e di scrematura pu essere
adottata in fasi successive del ciclo di vita del prodotto e per fasce diverse di clientela. Per determinazione del prezzo di
vendita non si deve intendere come la scelta di quotazioni articoli per articoli, ma come la fissazione di scarti o
differenziali di prezzo fra i vari articoli compresi in listino. Le decisioni sui prezzi si collegano ad altre scelte di marketing
in quanto il livello dei prezzi un elemento determinante delle politiche di segmentazione del mercato e di
posizionamento della marca.
3. Il momento attivo in cui si passa alla fase materiale dellacquisto mediante una comparazione delle varie offerte di
mercato.
Le scelte del consumatore sono effettuate soltanto fra le marche che egli conosce o ricorda al momento
dellacquisto,quindi lo scopo della promozione proprio quello di far conoscere e ricordare il nome del prodotto in modo
da ottenere il suo inserimento fra le alternative di acquisto. La politica promozionale pu essere realizzata mediante:
a) Lattivit di relazioni pubbliche;
b) La pubblicit;
c) La promozione in senso stretto;
d) Lattivit persuasiva dei venditori.
Queste attivit si collocano in posizioni nellimbuto promozionale. Si definisce imbuto per sottolineare limmissione
nellattivit promozionale di risorse, diverse per modalit dimpiego e effetti prodotti, allo scopo di sviluppare le vendite.
Sintende per pubblicit qualsiasi forma di messaggio impersonale inviato a pagamento da un promotore individuato a
coloro che sono o possono essere interessati al prodotto. Viene realizzata dai media ed di solito attuata mediante
apposite campagne necessarie per propagandare un nuovo prodotto, per rivitalizzare un prodotto in declino, per
rafforzare laffermazione della marca e per sottolineare la continuit di presenza del prodotto nel mercato.
Uninnovazione importante potrebbe essere lutilizzo di internet come mezzo dinformazione. Accanto alla pubblicit
possono, le imprese, rafforzare leffetto di richiamo con azioni dette di promozione in senso stretto, cio creare, di solito
per periodi limitati di tempo, particolari incentivi per lacquisto dei prodotti aziendali. La promozione commerciale si pu
rivolgere agli intermediari mercantili (trade marketing) con la concessione di particolari sconti o con lassenza sul punto
di vendita. Nellambito di una combinazione di marketing sinserisce una combinazione promozionale, che deve
essere orientata dallindividuazioni dei target-group. I problemi di composizione quali-quantitativa della miscela
promozionale fanno parte della formulazione del budget pubblicitario. Il primo problema da risolvere concerne
lammontare dei mezzi da destinare alla promozione delle vendite.
Lobiettivo finale del marketing relazionale il miglioramento della profittabilit della clientela nel lungo termine e la
massimizzazione del customer lifetime value. Definisce il valore che un cliente pu generare per una determinata
impresa. In termini di ricavi pu essere calcolato moltiplicando il valore medio delle transazioni per la frequenza annua
di acquisto e per il ciclo di vita atteso del cliente. Le radici concettuali del CRM sono impiantate nel relationship
marketing dal quale trae alcuni principi fondamentali: i clienti sono asse dellimpresa, che devono essere gestiti in
unottica di lungo termine; la profittabilit dei clienti varia e non tutti i clienti sono ugualmente desiderabili; conoscendo
sempre meglio i bisogni, le preferenze, i comportamenti di acquisto dei consumatori, le imprese possono costruire
unofferta a misura di ciascun cliente, cos da allungare lorizzonte temporale della relazione, massimizzando il valore
complessivo del portafoglio-clienti. In questo modo la strategia di marketing riuscir a proiettarsi nel lungo termine.
c) Scelte di gestione operativa, la cui finalit di razionalizzare loperativit del processo produttivo mediante la
programmazione e il controllo della produzione.
b)
La progettazione dellimpianto;
c)
La logistica.
b)
c)
d)
Questi tipi di produzione si ordinano secondo il grado di ripetitivit e di uniformit dei prodotti. Il primo caso quello di
produzioni che si differenziano per caratteristiche sostanziali in rapporto ad indicazioni specifiche del committente. La
produzione su commessa comporta unelevata capacit di adattamento alle richieste della clientela,attrezzature meno
specializzate e personale pi versatile. Ogni commessa richiede lapposita programmazione dellintero ciclo di lavoro ed
il costante controllo del suo avanzamento. Una commessa pu essere singola (progetto) o ripetitiva (job); nel primo
caso loutput di processo unico e spesso caratterizzato da tempi lunghi di realizzazione o da dimensioni considerevoli.
Nel secondo caso loutput ha dimensioni inferiori e pu essere rappresentato da pi unit, simili tra di loro, e comunque
prodotte in numero limitato. Allaltro estremo si colloca la produzione continua, caratterizzata dalla continuit e
dallindifferenziazione dei prodotti posti in essere; il modello tipico delle lavorazioni petrolchimiche, del cemento e
dellacciaio. Loutput presenta una variet pressoch nulla e viene realizzato in quantit elevate e commercializzato a
peso o con altra opportuna unit di misura. In posizione intermedia si situa la produzione di massa. Lorganizzazione di
una produzione di massa standardizzata (ripetitiva) comune nelle situazioni in cui possibile sfruttare a fondo il
principio delle economie di scala. La produzione assume il carattere delle parti componenti e sulla creazione della
differenziazione in fase di montaggio finale. Si definisce per lotti in quanto si sviluppa nellallestimento di particolari
serie di prodotti, caratterizzate da alcune differenze. Richiede una programmazione pi flessibile del ciclo produttivo
poich bisogna predisporre le operazioni in funzione delle caratteristiche dei lotti da allestire. Si pu riconoscere una
distinzione fondamentale tra OUTSOURCING e DEINTEGRAZIONE. Loutsourcing il principio in base al quale le
aziende acquistano allesterno funzioni logistiche, produttive ed eventualmente accessorie, al fine di ottenere vantaggi
in termini di maggiore flessibilit nei costi (da fissi a variabili), riduzione fabbisogni finanziari e rischi, concentrazione
know how, economie di scala e di rete per gli operatori specializzati, innovazioni e investimenti, focalizzazione sul core
business. La deintegrazione una scelta organizzativa che rappresenta una tendenza diffusa nellattuale economia
globale, rinunciando a certe fasi di lavorazione, prima svolte allinterno dellorganizzazione. Un prodotto finito quando
esce dal ciclo di lavorazione di unazienda (impresa produttrice), mentre diventa finale quando non richiede ulteriori
trasformazioni per essere destinato ad un particolare uso (utilizzo diretto per il consumo o per produrre altri beni).
Mentre finale quando non richiede ulteriori trasformazioni per essere destinato ad un particolare uso. Le imprese
possono suddividere la loro produzione tra pi stabilimenti. In queste aziende multiplant lorganizzazione dei cicli
produttivi si amplia fino a comprendere un modello di rete di impianti differentemente articolato da caso a caso. Quando
unazienda dispone di pi unit produttive, oltre al problema del dimensionamento di ciascuna di esse, si presenta
lesigenza di scegliere un determinato modello di suddivisione dei cicli o delle linee di produzione. Le soluzioni adottabili
sono:
a) Un modello di ripetizione degli impianti quando ogni centro operativo lavora fondamentalmente gli stessi
prodotti;
b) Un modello di parcellizzazione del ciclo di produzione allorch ciascun impianto svolge una certa parte del
processo di fabbricazione,producendo parti o semilavorati da avviare ad alcuni stabilimenti centrali di montaggi;
c)
Un modello di specializzazione,quando ogni impianto produce un particolare tipo di prodotto inserito nella
gamma aziendale.
4. LA PROGETTAZIONE DELLIMPIANTO
La disposizione fisica delle strutture tecnico-produttive costituisce il LAY-OUT, disposizione delle strutture edilizie, delle
macchine,delle attrezzature e dei posti di lavoro allinterno della fabbrica che deve contribuire allottimazione delle 4
M (men, materials, machines, money) rendendo pi rapido e diretto il movimento dei materiali in corso di lavorazione
e riducendo i tempi di ozio. La progettazione del LAY-OUT elemento fondamentale dellallestimento dellimpianto perch
incide sullampiezza e sullutilizzazione degli spazi coperti degli stabilimenti. Con la scelta del lay-out si definiscono la
collocazione dei posti di lavoro nella sequenza ottimale richiesta dal tipo e dalle condizioni di produzione e si
disciplinano i flussi di materiali e lubicazione dei servizi di fabbrica. La concezione del lay-out legata alla
programmazione del ciclo di produzione. La sistemazione dei macchinari allinterno dello stabilimento pu seguire due
criteri: i macchinari possono essere posizionati in sequenza secondo le lavorazioni successive necessarie per giungere
alla realizzazione di un certo prodotto finito ( LAYOUT PER PRODOTTO ) oppure per essere accorpati per tipo di
operazioni/attivit svolta (LAYOUT FUNZIONALE). Limpresa a volte per costretta a decidere di adottare una particolare
forma di organizzazione legata alla tecnologia utilizzata che pu imporre processi di lavorazione a ciclo:
Continuo, la lavorazione si svolge ininterrottamente dallingresso in ciclo dei materiali fino alluscita del prodotto
finito. Si attua questo processo su produzione per processi o per convenienza economica.
di lavoro differenziate.
Misto, organizzato in parte in modo continuo e in parte in modo intermittente. Si attua perch alcune fasi
possono essere totalmente automatizzate mentre altre richiedono operazioni complesse ed affidate ad altri
reparti.
Le scelte qualitative nella progettazione dellimpianto riguardano la determinazione del layout, il livello di tecnologia e
lorganizzazione del lavoro in fabbrica e gli obiettivi di queste scelte sono quelli di disporre di strutture tecnicamente
efficienti e in grado di minimizzare i costi di produzione e i rischi di mercato. Lesigenza di fondo diviene quella di
assicurare flessibilit al sistema di produzione e a questo proposito bisogna distinguere tra:
Il grado di elasticit o FLESSIBILIT ECONOMICA, ovvero la capacit dellimpianto di rimanere competitivo anche in
condizioni di parziale utilizzazione;
Il grado di FLESSIBILIT TECNICA, ossia la capacit dellimpianto di adattarsi a produrre beni differenti senza incorrere
in costi non facilmente sopportabili sotto il profilo competitivo.
I progressi in fabbrica sono stati straordinari sotto due profili: LAUTOMAZIONE, che ha raggiunto un suo punto
ottimale mediante linformatica, che consente il governo dellintero ciclo mediante computer, coordinano le singole fasi
del processo e di produrre a ciclo continuo su commessae la robotica che ha permesso di sottrarre alluomo i lavori
pi faticosi, che vengono svolti da robot sempre pi sofisticati. Per la flessibilit, il governo computerizzato del processo
ha reso possibili variazioni nelle fasi di lavorazione con tempi di preparazione ed attrezzaggio (setup) nellordine di
pochi minuti. Oggi, nellallestimento dellimpianto, frequente lapplicazione di sistemi computerizzati per la
progettazione, per la trasformazione industriale e per la gestione dei fabbisogni dei materiali. Le imprese hanno anche
interesse nel conferire maggiore flessibilit alle strutture di produzione per poter disporre di capacit di adattamento ai
mutamenti dellambiente e del mercato. Il problema quello di ottenere la flessibilit senza rinunciare ai vantaggi
dellautomazione, dati i riflessi positivi da questi generati sulleconomicit del processo produttivo.
oppure quella media. Quindi gli impianti saranno caratterizzati da un grado di utilizzazione che andr via via
diminuendo allaumentare della variabilit del ciclo di vendita. In pratica ci non accade perch nellipotesi di
produzione di beni e non di servizi, lequilibrio temporale rispetto alle vendite ottenuto mediante la creazione di scorte
di prodotti utilizzabile per rispondere al variare dellandamento delle richieste del mercato. Nel caso del ricorso alle
scorte, il problema si concreta nel dimensionare la capacit di produzione intorno al livello medio della domanda per
poter soddisfare le esigenze attuali e prospettiche del mercato producendo un quantitativo costante di output. Il regime
di produzione andrebbe regolato in funzione dellentit e del periodo in cui potrebbero verificarsi le maggiori richieste
da parte del mercato. Per ottenere il bilanciamento tra quote di produzione e richieste del mercato limpresa pu
ricorrere ad altri strumenti, quali laumento dei turni di lavoro, il lavoro straordinario, il lavoro interinale e lacquisto di
prodotti da terzi. Limpresa del tipo mono-plant quando lattivit produttiva si realizza in un solo stabilimento. La
scelta dellampiezza di un impianto deriva dalleffetto sui costi unitari di produzione di una diversa potenzialit di
lavorazione. La potenzialit di un impianto definita dalla potenzialit della fase terminale del processo. Un impianto
un sistema complesso, ciascuna macchina rappresenta un fattore quanto il cui costo prevalente in funzione del fluire
del tempo pi che della sua effettiva utilizzazione. Limpresa tende allo sfruttamento integrale dei fattori per ridurre al
minimo il costo unitario di produzione. Il problema sorge per il fatto che non tutte le macchine hanno una capacit
produttiva uguagliabile in ordine al numero delle operazioni da realizzare nella stessa quantit di tempo. Questo
comporta lacquisto di una seconda macchina con un salto verso lalto dei costi fissi. Questi sbalzi di costi fanno variare
laltezza del costo unitario in rapporto al grado di utilizzazione dellimpianto. Ogni azienda opera con una certa struttura
di costi e di ricavi con una differente leva operativa. La condizione di leva operativa si traduce nellopportunit di
diminuzione dei costi globali unitari di produzione allaumentare del volume prodotto, in funzione del migliore
sfruttamento dei costi fissi. Pi gioca la leva operativa,pi aumenta il rischio, pi cresce il vantaggio generato
dellespansione dellattivit produttiva. La scelta del livello di leva operativa sinquadra allinterno della strategia
aziendale, poich limprenditore deve decidere fino a che punto sfruttare questo vantaggio potenziale. E sempre
necessario comunque raggiungere un volume minimo di attivit per recuperare integralmente i costi fissi e variabili, il
cosiddetto punto di pareggio o break-even point, poich in quella condizione per limpresa dovrebbe essere indifferente
produrre o rimanere inattiva. Il punto di pareggio si ricava graficamente con la costruzione del diagramma di redditivit
che con un sistema di assi cartesiani riproduce landamento dei costi fissi, dei costi variabili e dei ricavi al variare delle
quantit prodotta. A questo concetto si lega quello del MARGINE DI SICUREZZA rappresentato dalla differenza tra il
previsto volume di utilizzo dellimpianto e quello a cui corrisponde il punto di pareggio.
Nel brevissimo termine per organizzare il lavoro dei centri di produzione in funzione delle quote settimanali,
quindicinali o mensili da realizzare.
La programmazione della gestione produttiva richiede una particolare attenzione perch si traduce in scelte che
impegnano lazienda per tempi non brevi e che esigono linvestimento di cospicue risorse finanziarie. La complessit
della programmazione della produzione funzione del sistema di fabbricazione adottato nellazienda e della sua
regolarit nel tempo. Nellipotesi di produzione di serie, organizzate con cicli continui, la programmazione assume un
carattere standard e si attua mediante procedure che possono essere agevolmente automatizzate; nellipotesi di
produzione di beni per unit distinte per le quali bisogna programmare la commessa di lavorazione, il problema assume
aspetti sempre nuovi e richiede procedure particolari. Nei casi di produzione make to stock (per il magazzino ovvero
su previsione), loggetto della programmazione, vale a dire quello che i programmi considerano come output, sar il
prodotto finito,mentre nel caso di assemble to order(produzione di componenti per il magazzino e assemblaggio degli
stessi solo dopo la ricezione dellordine) loggetto della programmazione saranno proprio i componenti.
Il concetto base che possibile comparare alternative o singole fasi di produzione al fine di individuare quella pi
economica. In questo modo si punta ad ottimizzare limpiego delle risorse ed evitare operazioni superflue. Limportanza
dellanalisi del valore comprovata dal consistente risparmio di costi conseguente alla sua applicazione in azienda.
Nellimpresa quindi importante avere sottocchio costantemente il fabbisogno finanziario netto, per capire come usare le
fonti in esubero, quando ce ne sono, o trovare nuove fonti di finanziamento, qualora sia necessario. Gli strumenti a
disposizione per capire questa dinamica sono lanalisi dei flussi di capitale circolante e lanalisi dei flussi monetari. La
gestione finanziaria deve garantire la solvibilit (equilibrio finanziario) e la liquidit (equilibrio monetario), ecco perch
serve fare 2 analisi.
La gestione finanziaria ha lobiettivo di assicurare: omogeneit, flessibilit, elasticit e economicit alla struttura
finanziaria.
Omogeneit: uso di capitali omogenei al fabbisogno da coprire. Se finanzio immobilizzazioni lo faccio con mezzi finanziari
di lungo termine e viceversa;
Flessibilit: possibilit di modificare la struttura finanziaria in base al fabbisogno, per cui libero o attraggo fondi a seconda
delle prospettive di ritorno economico che ho, migliorando cos il risultato finanziario. La flessibilit dipende dalla
combinazione delle fonti di finanziamento. Si cerca lequilibrio tra fonti e impieghi. Flessibile: si modella in base alle
esigenze della gestione;
Elasticit: una struttura tanto pi elastica quanto pi possibile trovare soluzioni di espansione. Questo significa che chi
sceglie le fonti di finanziamento, ha pi possibilit tra cui scegliere. Si cerca di ampliare il processo di scelta delle fonti di
finanziamento. Elastica: pu essere espansa.
Economicit: si deve massimizzare la differenza tra il rendimento dellinvestimento e la costosit del capitale. La gestione
finanziaria orientata alla minimizzazione degli oneri e del rischio. Il rischio legato allo squilibrio che pu verificarsi tra
fonti e impieghi, rischio di insolvenza, e a carenze occasionali di cassa, rischio di illiquidit.
Lilliquidit comunque sinonimo di incapacit a gestire i flussi correnti e se non viene analizzata in maniera
approfondita, pu portare allinsolvenza.
5. LA LEVA FINANZIARIA
Ogni impresa ha bisogno di un fondo che le permetta di coprire le esigenze di avviamento e di mantenimento e questo
fondo destinato a crescere in base alla crescita delle dimensioni aziendali. Il fabbisogno dato da 4 esigenze:
-
A seconda del fabbisogno che deve coprire, lazienda cercher capitali a diversa scadenza e con diverse modalit di
vincolo. Una delle scelte fondamentali riguarda proprio il livello di indebitamento da scegliere per limpresa. Oltre a
considerare la rischiosit e la rigidit legate allaumento della situazione di debito, sar opportuno valutare leffetto del
fattore leva finanziaria. Questo fattore pu migliorare o peggiorare la redditivit: la migliore se il reddito sar superiore al
costo dellindebitamento. La peggiora se invece costa pi indebitarsi di quanto se ne ricavi. Si parla di leva per
sottolineare la capacit dellindebitamento di ampliare la redditivit aziendale. Da cosa dipende leffetto leva? Dalla
distanza tra il rendimento netto del capitale investito e il costo reale del capitale preso a prestito: caricando gli oneri
finanziari a conto economico capisco la cifra che risparmierei, a questo punto sottraggo tale cifra agli interessi da dare al
finanziatore. Il risultato, cio il costo reale del capitale, servir anche per capire se preferisco finanziare linvestimento con
capitale proprio o con capitale di terzi. Altro aspetto fondamentale, in questa scelta, la congiuntura del mercato, per cui
in caso di congiuntura favorevole leffetto leva di solito positivo, perch i ritorni sono superiori al costo del capitale preso
a prestito, ma se il segno cambia, cambia anche leffetto leva.
- Se invece ci fosse bisogno di un finanziamento occasionale, i soci potrebbero fare dei finanziamenti diretti,
anticipazioni o prestito obbligazionario;
- Quotazioni in borsa, cio mercato mobiliare, con cui si colloca parte del capitale sociale tra i risparmiatori. In questo
modo possibile ampliare la struttura facendo aumenti di capitale e successivo collocamento azionario. Altro tipo la
partecipazione di venture-capitalist, in veste di investitori istituzionali.
Oltre a queste modalit, c poi il ricorso alle fonti esterne, tra cui la pi diffusa il credito bancario, oltre ai
risparmiatori, glinvestitoti, i dipendenti e i fornitori.
Finanziamento da fonti esterne:
- Credito bancario: il finanziamento di lungo periodo se si fa un mutuo, oppure di breve in altri casi. Proprio perch
cos diffuso a livello di finanziamento dimprese, il credito si specializzato proponendo operazioni autoliquidantesi e non
autoliquidantesi. Le autoliquidantesi sono anticipi concessi alle imprese che vantano crediti su terzi e che quindi si
estinguono al momento dellincasso. Le non autoliquidantesi sono fidi allo scoperto, per cui la banca chiede garanzie
personali o reali. A livello bancario ci sono poi altri strumenti disponibili, come i crediti di firma, per esempio le
fidejussioni. Per ricevere qualunque tipo di prestito limprese deve dare delle garanzie alle banche, che ne valutano il
merito creditizio e attribuiscono un rating in base alla solidit patrimoniale e reddituale di impresa e imprenditore. Oltre a
queste formule di finanziamento esterno, esistono il leasing, il factoring e il forfaiting;
- Leasing: limpresa ottiene il bene di cui ha bisogno senza sostenerne linvestimento, perch paga un canone di
locazione per un certo periodo, alla fine del quale ha diritto a riscattare il bene, o lasciarlo allagenzia. Gli oneri finanziari
sono i canoni, che tra laltro sono costi deducibili dal reddito quando il contratto ha durata superiore alla met del periodo
di ammortamento fiscale previsto;
- Formula particolare il lease-back, per cui si vende un bene a una societ di leasing e lo si richiede contestualmente in
locazione. In questo modo si ottiene un finanziamento immediato, ma si mantiene anche il bene, che pu essere
riscattato alla fine del periodo;
- Altra opzione il factoring, avviene per fatture o titoli imperfetti, di cui si cede il credito a un factor. La norma pi
comune per la cessione del credito pro-solvendo, in cui il rischio di insolvenza ripartito tra debitore e cedente, oppure,
se il rischio non condiviso, si chiama pro-soluto. Si affida la gestione del portafoglio clienti a un factor, di solito un
istituto specializzato, che dovr occuparsi di riscuotere il credito, ricevendo una commissione;
- Laltra forma di finanziamento a breve il forfaiting, una tecnica finanziaria che permette lo smobilizzo dei crediti
derivanti da operazioni di esportazione con pagamento dilazionato a medio termine. Limpresa vende pro-soluto questi
crediti a un tasso detto forfait.
Anche il credito commerciale, cio i crediti verso i fornitori o gli anticipi dei clienti, viene a volte considerato una forma
di finanziamento esterno, anche se pi parte del capitale circolante. Questo credito comporta comunque sempre un
costo, esplicito o nascosto: esplicito perch si devono pagare degli interessi sui pagamenti dilazionati ai fornitori, nascosto
se a causa della dilazione perdo lo sconto di cassa.
Questa classificazione ci fa comprendere la difficile gestione delle varie tipologie di prodotti, per alcune delle quali
(prodotti leva e critici) sar opportuno stringere accordi durevoli con i fornitori assicurandosi le migliori condizioni di
acquisto; per altre (colli di bottiglia) sar necessario garantirsi la tempestivit e la precisione dellesecuzione degli ordini
selezionando pi fornitori ad alta affidabilit;per altre (prodotti non critici) converr disporre di un ampio albo dei
fornitori, in modo da poter usufruire di una pluralit di offerte tra cui operare le scelte pi vantaggiose.
dell'innovazione che incide sull'economicit, ci vuol dire che bisogna cercare di rientrare velocemente nell'investimento
prima che l'innovazione possa essere copiata e non rappresenti pi un vantaggio nellambiente competitivo.
Le innovazioni tecnologiche possono essere:
- DI PRODOTTO: Apportano cambiamenti alla gamma
- DI PROCESSO: Migliorano l'Efficienza del ciclo di Lavorazione
- DIMPIANTO: Progettano impianti con ONU Pi alto Coefficiente di rendimento.
E ancora possibile distinguere innovazioni autonome, che possono essere portate avanti in maniera indipendente da
altre innovazioni, e sistemiche, che invece possono essere realizzate solo se inserite in un sistema di innovazioni, poich
possono produrre vantaggi solo se accompagnate da altre innovazioni complementari e accessorie.
PROFILO STRATEGICO
PROFILO OPERATIVOGRADO DI IMPATTO
GRADO DI PROTEZIONE
PROFILO ECONOMICO
SULLORGANIZZAZIONE
OFFENSIVE
MANAGERIALI
AUTONOME
PROTETTE
REDDITIVITA
IMMEDIATA
NEUTRALI
TECNOLOGICHE:
-Prodotto
SISTEMATICHE
PROTEGGIBILI
REDDITIVITA
-Processo
DIFFUSA
-Impianto
DIFENSIVE
COMMERCIALI
NON PROTETTE
REDDITIVITA
FUTURA
3. IL PROCESSO INNOVATIVO
L'Innovazione deve essere vista come il risultato di un processo continuo, che integra il technology-push, cio lattivazione
delle opportunit tecnologiche, e il demand-pull, cio il percorso stimolato dalle opportunit di mercato. La diffusione
dell'innovazione nell'impresa solo il punto finale del processo innovativo, chesiI articola in vari stadi: Invenzione, cio
generazione delle idee, Selezione, cio valutazione della fattibilit delle idee e infine, Diffusione. Tra tutti gli step ci
sono continue risposte, ecco perch ogni innovazione influenzata o influenzabile da ogni passaggio di apprendimento. Il
momento pi critico del processo forse quello in cui il gestione fa partire tutte le attivit con cui pu valutare e
selezionare i progetti di innovazione, poich si mettono in gioco tutte le risorse tecnico-scientifiche e finanziarie di cui
dispone lazienda.
4. IL PROCESSO DI PRODUZIONE DELLE INNOVAZIONE E IL <<KNOWLEDGE MANAGEMENT>>
I cambiamenti oggi sono all'ordine del giorno, e l'unico modo, per l'impresa, di restare in vita, creare novit nel prodotto,
nel modo di produrre, nel modo di distribuire, nelle tecniche direzionali ed operative, in modo da combattere la
concorrenza.
Il knowledge management la capacit dell'impresa di organizzare l'apprendimento, in modo da produrre conoscenze
utili nella gestione dell'Impresa. Per svilupparlo necessario:
1) Finalizzare la gestione della conoscenza rappresentata dalla creazione di valore;
2) Definire una strategia in linea con gli obiettivi competitivi basandosi sul capitale intellettuale;
3) Adottare sistemi operativi in grado di riconoscere le competenze distintive, lacquisizione e lo sviluppo delle
conoscenze critiche, la condivisione delle informazioni ed il monitoraggio del patrimonio di conoscenze
nellorganizzazione;
4) Attivare processi di valutazione, si problem solving, di decisione, che permettano all'impresa di accrescere le
conoscenze nel tempo.
L'impresa si trova allinterno di un ambiente da cui deve imparare. Esistono poi vari processi di apprendimento, interni
ed esterni:
- Di ricerca pura o di base: c molta incertezza tecnica perch ci sono poche conoscenze sulloggetto dindagine.
Questa fase come una sorta di incubazione tecnologica;
-Ricerca applicata: si cerca di consolidare le conoscenze acquisite durante la ricerca pura, per capire se le si pu
applicare al prodotto o al processo. In questa fase tutte le funzioni organizzative collaborano tra loro e da qui si parte per
diffondere linnovazione;
-Ricerca di sviluppo: molto vicina al momento dei ritorni economici perch gli ostacoli tecnici e scientifici sono stati
superati. Questi progetti hanno lobiettivo di sfruttare economicamente linnovazione, impegnando limpresa in
trasformazione che ne permettano lutilizzo.
6. IL FINANZIAMENTO DELLINNOVAZIONE
Punto delicato nel gestire linnovazione il reperimento dei fondi, sia per tipologia, sia per quantit necessarie. Perch
cos difficile trovare fondi? Perch di solito ne servono molti per innovare, e la redditivit avviene in archi di tempo
piuttosto lunghi e per pi aspetti e inoltre linvestimento immateriale e non permette di dare adeguate garanzie agli
investitori.
Quando si deve finanziare si valuta:
- Il rischio intrinseco, cio il grado dincertezza dei ritorni economici previsti dai processi innovativi;
- Tempo di recupero: prima di rientrare dellinvestimento occorre molto tempo, e di solito le risorse impegnate non sono
poche;
- La struttura finanziaria, cio lentit e il tipo di risorse da investire. Il rischio legato a questo tipo dinvestimento non
sempre controbilanciato da garanzie reali e questo rende difficile chiedere debiti.
- Livello della retribuzione, in base a quanto viene dato normalmente sul mercato e tramite la contrattazione collettiva e
alle possibilit dellimpresa;
- Struttura della retribuzione, cio quanto prende ogni lavoratore in base alla posizione;
- Dinamica della retribuzione, cio le variazioni salariali in base al tempo.
La rigidit del fattore lavoro, come tutte le rigidit, fonte di costi per limpresa e pu quindi condizionarne le potenzialit
economico-strutturali. La flessibilit nasce dalla combinazione di condizioni esterne e interne che variano in base a :
- Modalit temporali della domanda;
- Tipologia produttiva della domanda;
- Grado di utilizzo della capacit produttiva.
Altre forme di lavoro atipico sono quelle del part time, del lavoro interinale, del lavoro a tempo determinato e il
job sharing, il lavoro intermittente o lo staff leasing.
Job sharing: lo stesso posto di lavoro condiviso da due lavoratori, e ne sono entrambi responsabili. In questo modo
possono organizzarsi e ridurre lassenteismo.
Lavoro intermittente, a chiamata: c un picco di lavoro ed necessario avere pi personale.
Staff leasing: unimpresa esterna affitta un gruppo di lavoratori a unaltra per svolgere alcune attivit esterne.
Part time: occupazione regolare e volontaria in cui si lavora a orario ridotto rispetto al normale.
Lavoro interinale: si svolge un lavoro temporaneo attraverso la mediazione di unagenzia che lunica titolare del
contratto di lavoro. (Il rapporto quindi a 3). Una forma di lavoro temporaneo esiste anche per i manager, cio i cosiddetti
temporary manager, che gestiscono unimpresa solo per determinati periodi, per esempio nel caso del lancio di un
nuovo prodotto, o lentrata in un nuovo mercato. In questo modo la disponibilit immediata e lintervento rapido,
facile misurare i risultati e il rapporto solo temporaneo.
6. UN AREA FONDAMENTALE
AMMINISTRATIVO-CONTABILE
DI
<<SUPPORTO>>
NELLA
GESTIONE
AZIENDALE:
LA
FUNZIONE
La funzione amministrativa deve tenere la contabilit generale e ci la mette in stretto rapporto con la funzione
finanziaria. Laspetto contabile dato dal volume di operazioni da fare in modo ricorrente in base a procedure fissate,
mentre quello finanziario dato dalla programmazione e controllo della provvista e dellimpiego delle fonti nella gestione.
Attraverso i compiti di natura amministrativa possibile curare i rapporti finanziari tra lorganizzazione e i gruppi esterni
con cui limpresa entra in contatto. Le informazioni sulla gestione passata fanno parte della contabilit generale, dei costi,
industriale, lIVA e la redazione del bilancio. Ma accanto a questa necessario anche portare avanti il recupero dei crediti,
senza per perdere i clienti, mantenere i rapporti con il fisco, amministrare i beni immobili, le partecipazioni azionarie, le
propriet industriali, ecc. quindi importante per la direzione avere in mano i dati contabili per poter fare le scelte giuste
nel corso della gestione, per poter controllare landamento dellimpresa e eventualmente correggerlo e riprogrammarlo.
PARTE QUINTA
STRUMENTI E TECNICHE DI GESTIONE
Capitolo Diciannovesimo: LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO
1. LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO
La programmazione e il controllo della gestione finanziaria servono per preservare le condizioni di solvibilit e liquidit
dellimpresa.
2. LA PROGRAMMAZIONE E IL CONTROLLO DELLA GESTIONE FINANZIARIA
Ai fini del controllo vi sono da redigere dei documenti fondamentali, che sono IL PROPETTO DELLE FONTI E DEGLI
IMPIEGHI, IL PROSPETTO GENERALE DEi FLUSSI MONETARI DELLE OPERAZIONI DI ESERCIZIO, IL QUADRO GENERALE DEI
MOVIMENTO MONETARI E IL PIANO DI CASSA O BUDGET DI TESORIERA.
Il prospetto delle fonti e degli impieghi serve per valutare lequilibrio tra il fabbisogno finanziario e le possibilit di fonti di
finanziamento per un periodo pluriennale e serve anche a controllare che tale equilibrio sia raggiunto e mantenuto nel
rispetto del principio dell omogeneit. Il prospetto suddiviso in due parti: la parte superiore si riferisce alla valutazione
tra equilibrio e omogeneit tra le FONTI E GLI USI NON CONCORRENTI ( ossia quelli che si riferiscono a periodi pluriennali)
e la parte inferiore destinata a stimare le stesse caratteristiche per le FONTI CONCORRENTI (ovvero quelle che sono
relativi allesercizio). Le fonti sono distinte in tre gruppi: FONTI DELLA GESTIONE, che nel loro complesso rappresentano il
CASH-FLOW aziendale (risultato desercizio + ammortamenti + accantonamenti); FONTI CONCORRENTI, in cui si fa
rientrare laumento dei debiti a breve; e FONTI NON CONCORRENTI, in cui si comprendono dati relativi a periodi
pluriennali (capitale, alienazioni patrimoniali, debiti a medio-lungo termine, ecc..). Anche gli usi sono divisi in due gruppi,
quelli CONCORRENTI, relativi al finanziamento dellesercizio, e quelli NON CONCORRENTI, inerenti ad esempio a processi
di investimento, di rimborso dei debiti a medio lungo termine e di distribuzione dei dividendi. Il prospetto consente la
determinazione di tre saldi: il SALDO FINANZIARI, derivato dalla contrapposizione di usi e fonti non concorrenti e che
riguarda la modificazione della struttura finanziaria dellazienda, il SALDO CONCORRENTE, che riviene dalla
contrapposizione di fonti e usi concorrenti ed attiene ai tre cicli economico, di produzione e finanziario, e il SALDO
COMPLESSIVO (saldo concorrente + saldo non concorrente). Con questo prospetto dunque possibile verificare
anticipatamente le alternative per la copertura dei flussi finanziari determinati dagli usi al fine di preservare
costantemente lequilibrio finanziario nel rispetto del principio dellomogeneit. Se i saldi tendono a 0, la situazione
ottimale perch c equilibrio tra fonti e usi correnti e non e quindi lomogeneit rispettata. Se il saldo molto positivo
bisogna ricercare un opportunit di investimento per evitare di tenere della liquidit infruttifera. Se negativo si deve
provvedere anticipatamente alla sua copertura o al ridimensionamento degli impieghi.
Il prospetto dei flussi monetari delle operazioni di esercizio analizza per ogni partita lentrata o luscita effettiva,
ed il saldo dato dalla somma algebrica tra lammontare dei debiti e crediti allinizio dellesercizio, gli incassi e le uscite
durante lesercizio e lammontare dei debiti/crediti alla fine dellesercizio. Questo prospetto permette di determinare il
saldo positivo o negativo derivante dalle operazioni connesse con l'esercizio. Nel primo caso il prospetto indica la
presenza di una disponibilit netta derivante dalle partite correnti di carattere commerciale-finanziario, nell'altro indica
il sopravvenire di un fabbisogno netto. Questo saldo viene poi riportato nel quadro generale dei movimenti monetari
in cui si spiega da cosa sono composte entrate e uscite. Il piano di cassa il cosiddetto budget, analizza i 2 documenti
precedenti mese per mese, guardando il flusso delle entrate e delle uscite. Con questa operazione si pu determinare un
saldo monetario, capire se possibile coprire i saldi negativi che si hanno o usare meglio le risorse. La situazione di cassa
e banca il collegamento tra i due esercizi. Quando si considerano entrate e uscite bisogna tener conto che le entrate
possono essere certe, molto probabili e probabili, mentre le uscite possono essere fisse mensili, per esempio gli
stipendi, periodiche, come lIVA, o straordinarie, per esempio il licenziamento di dipendenti. La situazione monetaria
diventa difficile quando alla fine del periodo il saldo banche maggiore di quanto si ricevuto allinizio. La gestione
finanziaria sar quindi controllata con il piano di cassa e il prospetto delle fonti e degli impieghi. Se si compila il piano
finanziario, il prospetto e i preventivi di cassa, sar pi facile capire che tipi dinvestimento fare, e quanto capitale lasciare
corrente, in modo da avere sempre liquidit. Per questo la pianificazione finanziaria, anche se specifica di una funzione
della gestione, viene di solito presa come una dimensione generale della stessa.
3. LA VALUTAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA E STRATEGICA DEI PROGETTI DI INVESTIMENTO
Nellambito della programmazione finanziaria, centrale il problema della valutazione dei progetti di investimento. Per
condurre queste valutazioni si possono utilizzare apposite tecniche di carattere economico-finanziario atte a:
a) STABILIRE LACCETTABILITA DI UN PROGETTO RISPETTO A VALORI STANDARD PREFISSATI;
b) COMPARARE PROGETTI ALTERNATIVI.
Gli elementi da valutare sono il ritorno economico (rendimento diretto), il vantaggio economico prodotto in altre aree
dellorganizzazione (rendimento indiretto) e i ritorni non economici o di qualit, in grado di accrescere le risorse
intangibili, mentre le difficolt di valutazione comprendono le attendibilit delle previsioni formulate (flussi e costo del
capitale) e la complessit della stima dei risultati di carattere non quantitativo. Le principali tecniche di valutazione sono
tre: il PAY-BACK PERIOD, IL VAN E IL TIR.
Pay back period: periodo di recupero. Questo metodo fa capire quanto rischioso un investimento perch indica quanto
tempo passa tra il momento in cui inizia linvestimento e il momento in cui rientra dell capitale investito (inflow).
Analizzando i tempi dei vari progetti si pu definire una graduatoria di priorit degli impieghi. Questo fa capire che
lelemento determinante il tempo di esposizione al rischio piuttosto che il rischio in s ed importante capire la
velocit con cui si riesce a rientrare e quanto ci vorr per ottenerne un reddito accettabile.
Tasso di redditivit attualizzato: il denaro ha un valore che stabilito in modo oggettivo dal mercato, attraverso il
tasso dinteresse, e in modo soggettivo dallinvestitore in base alla preferenza per disponibilit liquide. Questo valore
tender a diminuire pi la possibilit di averlo liquido si allontaner nel tempo. (CUTOFF PERIOD: tempo prefissato per il
recupero di un progetto, soglia di accettazione o rinuncia del progetto). Perch allora attualizzare? Per comparare pi
facilmente i progetti, perch si compara in un unico momento storico. Questo permette di vedere se la redditivit
attualizzata superiore al costo che si sta sostenendo per realizzarla. Per fare questa operazione si ha bisogno di
due metodi: TIR e VAN.
TIR tasso interno di rendimento
Per prima cosa si deve ottenere il tasso di attualizzazione che rende uguali i flussi di entrate e uscite. Trovato questo tasso
si potr compararlo con quello che bisogna pagare per reperire i fondi e se il divario positivo, allora conveniente
investire. TIR 9%, costo per acquisire i fondi 6%, si investe, perch pi conveniente usare le proprie risorse piuttosto che
indebitarsi.
VAN valore attuale netto
Si immagini che il tasso di attualizzazione sia uguale al costo del capitale, cos si capisce se il proprio investimento attuale
conveniente. Un VAN pi alto fa capire che linvestimento conveniente. Con questi metodi matematici non si ha una
risposta per capire se giusto fare linvestimento, ma piuttosto unindicazione della priorit; infatti anche se si ottengono
risposte certe, non si riesce a dire quale incidenza pu avere quellinvestimento su altre aree dellazienda, per cui
quellinvestimento potrebbe essere utilissimo. Ogni investimento deve poi essere valutato anche in base al suo grado di
flessibilit strategica, cio mentre si investe potrebbero presentarsi altre opportunit e queste saranno di pi o di
meno a seconda che si riesca a smobilitare il proprio investimento. Questa teoria detta delle opzioni e ne individua 4:
- Di sviluppo: possibilit di crescita legate allo sviluppo dellinvestimento;
- Di abbandono: possibilit di interrompere linvestimento se ci si rende conto che non conveniente;
- Di differimento: possibilit di scegliere il tempo dellinvestimento, senza che gli effetti siano influenzati dalla
concorrenza (per esempio si sfrutta un brevetto);
- Di flessibilit: possibilit di poter cambiare linvestimento in base ai cambiamenti dellambiente.
punto di pareggio, o break even point, cio il punto in cui i costi e ricavi si eguagliano. Oltre questo punto si avr un
ricavo, prima una perdita. La differenza tra quanto prodotto e quanto venduto serve per ottenere il pareggio; detto
margine di sicurezza, se positivo e di deficit, se negativo. Grazie a questo punto si riuscir a dire, a seconda di
dov posizionato, qual la potenzialit economico-strutturale dellimpresa. Dato che divide la zona di perdita e quella di
ricavo se si hanno pi costi o meno ricavi si sposta verso destra, larea delle perdite aumenta e diminuisce quella dei
profitti e viceversa. Se larea dei profitti aumenta si ha una maggiore potenzialit economico-strutturale.
.
Questo grafico, anche se molto utile, si basa su 4 linee semplificatrici, che vanno considerate per ridimensionare il valore
dello strumento:
- Costanza dei ricavi unitari di vendita;
- Invariabilit della composizione quali-quantitativa della gamma;
- Proporzionalit dei costi variabili;
- Staticit dellambiente di riferimento.
Al punto di pareggio si collega il concetto di leva operativa, intesa come il rapporto tra la variazione percentuale del
reddito operativo e quella delle unit vendute; pu essere intesa anche come il grado di sfruttamento dei costi fissi.
Leva Operativa = Variazione percentuale del reddito operativo
Variazione percentuale delle vendite
Unazienda con alti costi fissi in rapporti a quelli totali e ai ricavi ha una leva operativa alta, perch allaumentare della
produzione il suo reddito cresce pi in fretta rispetto a una con leva operativa pi bassa. Daltra parte in questo modo la
struttura meno flessibile e pi rischiosa. Pi costi fissi si hanno e pi bisogna produrre perch questi incidano meno sulle
singole unit prodotte. Il punto di pareggio pu essere calcolato, per produzioni omogenee, partendo dallequazione del
profitto. Il punto di pareggio prevede che il profitto sia pari a 0 e quindi R x Q = Cf + ( Cv x Q ) da cui ottenere Q= Cf / R
Cv. R sono i ricavi, Cf i costi fissi, Cv i costi variabili, Q la quantit di vendita. In Q determinata cos si ha il punto di
pareggio. Se invece si avesse il coefficiente della linea dei costi (a), il costo complessivo x e i costi fissi k, partendo
dallequazione x=y, si avr questa formula: x=ay + k da cui deriva y=k/1-a.
5. LE TECNICHE DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO DELLE SCORTE
Altra area della gestione su cui soffermarsi quella della logistica, cio relativa alle scorte e al magazzino. Le scorte
possono essere di materie, cio quelle che servono per produrre, o di prodotti finiti, semilavorati o in corso di produzione
da vendere. Il problema capire quando e quanto ordinare le materie che servono nella produzione. Due diverse
impostazioni di gestione della quantit di giacenze da tenere in magazzino:
1) Dipende dai tempi di assorbimento dei materiali e dai tempi di riapprovigionamneto degli stessi:
- Stock Control: cio controllo il livello delle scorte senza considerare come cambiano i processi di produzione e vendita
(scorte separate e ciclo di ordinazione).
2) Dipende dallandamento della domanda:
- Flow Control: cio le scorte vengono determinate in base agli ordini di vendita da evadere.
Da ci derivano il Material Requirements Planning (MRP), cio si cerca di far coincidere le scorte con il fabbisogno di
breve periodo, in modo da ridurre le giacenze accumulate. Per farlo si parte dallordine di vendita e si acquistano i
materiali in base ai tempi di produzione dei prodotti ordinati,e il Just-in-time per cui si cerca di ridurre a zero le giacenza
per generare vantaggi economici e eliminare i rischi dimmobilizzo. Per farlo bisogna creare una rete molto efficiente con i
fornitori e questo possibile se si ha potere per imporsi sui fornitori. Il justin time rende fragile la lean production, ma
permette di risparmiare sulle scorte, che altrimenti incidono molto sul prezzo
Attraverso una serie di calcoli si pu dire che i due costi variano al variare della quantit: allaumentare della quantit
ordinata, scende il costo di ordinazione e sale il costo di mantenimento. In realt questa soluzione un po semplificata
perch parte dal presupposto che i costi per la conservazione cambino solo al cambiare della quantit di scorte. anche
da considerare che pi acquisto pi potrei avere costi di trasporto e di acquisto pi bassi e questi fattori possono portare a
fare scelte diverse.
Ciclo di ordinazione: si parla di scorta ottimale perch la quantit cambia di volta involta, mentre resta ferma la quantit
di stock da avere all inizio di ogni periodo. Dato che i prodotti da stoccare sono molti e diversi, alcuni hanno pi valore di
altri e quindi andranno stoccati in modo diverso. L gestione delle giacenze fatta in modo selettivo e questo metodo
detto ABC, cio i prodotti sono divisi in prodotti A che hanno pi valore per limpresa, prodotti B che hanno valore, ma
meno rispetto agli A e prodotti C che sono meno necessari. A e B di solito vengono gestiti con il metodo delle scorte
separate, mentre per C si usa il ciclo di ordinazione.
Altri criteri per distinguere i prodotti e le scorte la valutazione dell essenzialit dei materiali, la difficolt di
reperirli e la variabilit dellofferta nel tempo.
Si ottiene un risultato che mi dice in media dopo quanto si rinnovato il magazzino. Pi questo indice elevato meglio
stato gestito il magazzino perch vuol dire o che sono usciti pi materiali o che diminuita la giacenza media. Calcolare il
tasso di rotazione permette di capire la velocit di assorbimento dei prodotti immessi sul mercato e quindi landamento
della domanda e se la rotazione in linea con gli anni precedenti o con la concorrenza si pu pensare a scelte alternative
di produzione o vendita. Vista la difficolt nel calcolare lindice considerando i prezzi, sar meglio usare solo quantit
fisiche, che dicono comunque quante volte si rinnova il magazzino in un lasso di tempo. Pu essere infine utile capire:
1) Quanto incide il magazzino sul costo di produzione, rapportando il costo del magazzino con il costo di produzione e
2) Quanto incide lo stesso costo su ogni singola unit prodotta rapportando il costo di magazzino con la giacenza media.
Altri due indici significativi sono:
costi di magazzino
a)
costi di magazzino
b)
costo di produzione
giacenza media
6. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLA VALUTAZIONE DEI RISCHI DIMPRESA
Lerrata formulazione della previsione dei volumi di vendita, pu inficiare lattendibilit e lutilit del complessivo business
plan.
Il Business Plan risulter coerente quando siano presi nella giusta considerazione i collegamenti fra strategie, scelte
operative, ipotesi di partenza e dati economico-finanziari e venga parallelamente garantito il rispetto delle connessioni
logiche (nessi di causalit o interdipendenza) che sussistono tra insiemi di scelte diverse e tra i differenti prospetti
economico-finanziari.
Capitolo Ventesimo: LE TECNICHE DI VALUTAZIONE DELLEFFICIENZA AZIENDALE
1. LE TECNICHE DI VALUTAZIONE DELLEFFICIENZA AZIENDALE
La valutazione dellefficienza consente di apprezzare lo stato di salute dellimpresa nel suo complesso o in relazione a sue
parti significative. un classico controllo di tipo susseguente. Generalmente viene realizzato sui dati annuali, ma pu
riguardare anche periodi infra-annuali (in tal caso si avvicina alla logica del controllo concomitante). Alcune delle tecniche
e degli strumenti utilizzati per la valutazione dellefficienza aziendale possono essere impiegati anche per il controllo
antecedente, concomitante e susseguente.
Il reddito di esercizio, in linea teorica, misura il successo delle operazioni svolte nellanno. E un valore residuale, funzione
delle politiche di bilancio, condizionato dalle scelte passate e dalle prospettive di gestione. RICAVI DI ESERCIZIO COSTI
DI ESERCIZIO
Per questo motivo, se riferito al singolo esercizio, non pu essere considerato un valido indicatore dellefficienza globale
della gestione.
2. IL CASH-FLOW E IL MARGINE OPERATIVO QUALI VALORI INDICATIVI DELLEFFICIENZA AZIENDALE
A questo scopo, si adoperano altri indicatori, come il cash flow e il margine (o reddito) operativo, lordo e netto. Il
Cash-flow rappresenta la misura dellautofinanziamento aziendale. Esso pu essere FINANZIARIO (risultato di esercizio +
ammortamenti netti + accantonamenti netti) o reddituale (risultato di esercizio + accantonamenti netti). Il margine o
reddito operativo rappresenta il risultato della sola gestione caratteristica.
RICAVI OPERATIVI COSTI OPERATIVI
In ogni impresa si possono separare quattro tipi di attivit o fenomeni di differente matrice gestionale:
Il cash-flow o flusso di cassa rappresenta la quantit di risorse finanziarie generate nellesercizio. pari allutile netto
prodotto dalla gestione pi il
complesso di costi, caricati sempre allesercizio, ma non seguiti da uscite di cassa. dato dalla sommatoria dellutile
netto di esercizio e delle quote di
ammortamento e di accantonamento al netto degli usi (cash-flow finanziario) oppure dalla sommatoria allutile netto di
esercizio delle sole quote di ammortamento al netto degli usi (cash-flow reddituale). La maggiore significativit del cashflow rispetto al reddito deriva dal fatto che spesso, proprio mediante la dilatazione o la compressione delle politiche di
ammortamento e di accantonamento, si determina il risultato di esercizio.
3. LA VALUTAZIONE DELLEFFICIENZA ORGANIZZATIVA E COMMERCIALE
La valutazione dellefficienza organizzativa e commerciale riguarda le risorse umane, la struttura e le procedure. La
valutazione di questo tipo di efficienza va dunque condotta sia mediante la misurazione del rendimento del personale, sia
per mezzo di appropriate analisi organizzative. Il primo generalmente valutato sulla base di indici quantitativi e
qualitativi, di cui il pi importante senza dubbio lindice di produttivit, che si costruisce ponendo a raffronto il
risultato conseguito e lo sforzo sostenuto e che serve a misurare lefficienza del lavoro sia umano sia meccanico.
Per quanto riguarda laltro aspetto dellefficienza organizzativa, cio quello relativo alla struttura e alle procedure di
lavoro, non possibile costruire degli indici quantitativi o qualitativi, ma bisogna condurre delle analisi piuttosto
complesse mediante interviste ai responsabili dei servizi o delle divisioni amministrative, valutazione delle mansioni, ecc..
Queste analisi richiedono limpiego di specialisti in organizzazione aziendale, in grado di valutare ladeguatezza della
struttura alle strategia che limprese intende attuare, con particolare riguardo al corretto impiego delle capacit personali
presenti nellazienda.
L efficienza economica pu invece essere misurata con riferimento a tre parametri: costi, ricavi e reddito.
Due sono i tipi di indici quantitativi pi utilizzati:
1) INDICI DI ECONOMICITA: costi di singole funzioni (o costi totali) / ricavi;
A seconda delloggetto dellanalisi (specifica attivit, oggetto di spesa o segmento di vendita), i costi distributivi possono
essere distinti in diretti, indiretti e semidiretti.
a) DIRETTI: specificamente attribuibili allelemento per cui si conduce lanalisi;
b) INDIRETTI: non imputabili direttamente alloggetto dellanalisi;
c) SEMIDIRETTI: costi indiretti che, sulla base di criteri razionali, possono essere attribuiti in modo appropriato
allelemento dellanalisi.
La tecnica del costo pieno (full costing) considera tutti i costi sostenuti per la distribuzione (diretti, indiretti e
semidiretti). La tecnica del direct costing prende in considerazione solo i costi diretti. Questa impostazione tanto pi
significativa quanto meno rilevante lincidenza dei costi indiretti sul totale dei costi di distribuzione.
7. LANALISI DEI RENDIMENTI DELLA RETE DI VENDITA
Serve a misurare lefficienza della rete di vendita mediante la costruzione di una serie di indicatori volti ad analizzare
specifici aspetti.
Attivit sistematica di controllo della concorrenza mediante il confronto delle performance realizzate. Lo scopo di
individuare le cause del vantaggio competitivo soprattutto delle imprese eccellenti per poter ridurre lo svantaggio. Per
una valida attivit di benchmarking, di fondamentale importanza la corretta scelta delle imprese da utilizzare come
parametro di raffronto e di riferimento.