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Introduzione al concetto di Impero,

con a margine la biografia del Beato Carlo dAsburgo, ultimo Kaiser dAustria
di Simone Ziviani
e, in appendice, un saggio di Emanuele G.L. Borserini sulla canonizzazione dellImperatore

Duomo di Gorizia, domenica 22 agosto 2010: Santa


Messa per lunit europea durante la Festa dei popoli della Mitteleuropa, tenuta da Sua Eccellenza
Reverendissima Dino De Antoni

Indice
I Parte, a cura di Simone Ziviani

Il mito Impero
-Impero
Il sacro Romano Impero: breve cronistoria
L'Impero cristiano: la riproduzione terrena dell'ordine divino universale
Le radici del concetto di Impero: Auctoritas e Imperium nell'antica Roma
Date a Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che di Dio: la distinzione cristiana tra Imperium e
Sacerdotium
Lincoronazione del Sacro Imperatore negli anni del basso medioevo
L'Impero nel pensiero di alcuni filosofi contemporanei
I cantori dell'Impero nella letteratura italiana: i casi di Dante Aligheri e Ludovico Ariosto
I difensori dell'Impero: Raimondo Montecuccoli, il principe Eugenio, Andreas Hofer
Impero versus imperialismo e altri problemi di definizione

-Limpero come forma politica di unit delle


diversit
Federalismo
Il principio di sussidiariet
Stato organico versus stato liberale
Diritto comune e codificazione positiva

-LImpero Asburgico: il mondo di ieri per


lEuropa di oggi
Un futuro imperiale per lEuropa?
Un sogno chiamato Europa: intervista al dott. Paolo Petiziol
L'Europa e l'Impero nel pensiero dell'Arciduca Ottone di Asburgo

-Conclusioni

Perch credere ancora nellImpero?

LAustria-Ungheria
-I principi imperiali nellAustria del XX secolo
LAusgleich del 1867
Le volont riformatrici di Francesco Ferdinando
Qualche considerazione: L'Impero d'Austria era davvero uno stato arretrato e oppressivo?

-La finis Austriae


Chi e perch ha voluto la scomparsa della monarchia millenaria ?
Conseguenze politiche
La Finis Austriae nella letteratura

Vita del Beato Carlo dAustria


-Imperatore e santo
La fanciullezza, il matrimonio e la famiglia
Calunnie e beatificazione
La catastrofe dell'Impero e la tragedia di Carlo: cos muore un Imperatore
La concezione del potere politico: come il padre il Re dei figli, cos il Re il padre dei padri.

-Il buon guerrier


In guerra
Il militare Carlo secondo la filosofia cattolica: la prudenza di s. Tommaso e la guerra giusta di s. Agostino

-La ricerca della pace

Il conflitto si trasforma: da guerra di potenza in guerra ideologica


L'antecedente americano: la guerra di secessione Usa.
L'affaire Sisto.
Pace esterna, pace interna: l'amnistia del 2 luglio 1917
Tentativi di riforme federali
Vittorio Veneto: fu vera gloria? La volont di Carlo di porre fino al conflitto

-Conclusioni
Quale l'attualit dell'Imperatore Carlo nel 2011? Intervista al prof. Sanguinetti

Bibliografia essenziale
Parte II, a cura di Emanuele Luigi Giovanni
Borserini
Carlo dAustria: perch santo?

Impero
"Un' esperienza storica, in Europa, si configurata nei secoli come il regno terreno meno lontano
dall'immagine del Regno dei cieli: il Sacro Romano Impero. A reggere le sorti di questa straordinaria realt,
dal 1273 e quasi ininterrottamente, stata una sola famiglia: la Casa di Asburgo"
Il Sacro Romano Impero: breve cronistoria

La dinastia d'Absburgo era andata assumendo per tradizione una posizione sovranaturale. Da secoli essa
considerava suo compito di trovare la giusta via di mezzo fra le aspirazioni contrastanti di molti popoli1
Cos scriveva, nel suo libro di memorie, Arthur Polzer-Hoditz, capo di gabinetto civile durante gli anni di
governo di Carlo I d'Austria, parlando della missione storica della Casa di Asburgo. Una missione,
indubbiamente, imperiale.
A questi punti indispensabile fare un passo indietro e spiegare il senso autentico del termine Impero,
perch intorno a questo esiste molta confusione: nel linguaggio comune si tende addirittura a confondere il
concetto di Impero con quello di imperialismo.2
Presentiamo, in prima battuta, una breve (e inevitabilmente riduttiva) rassegna della storia imperiale
dell'Europa occidentale.
In tedesco, la lingua madre della grande famiglia austriaca, che per secoli ha legittimamente detenuto la
corona imperiale in Europa, Imperatore si dice Kaiser, termine che deriva dal latino Caesar. Perch?
Semplice: questo appellativo era riferito agli imperatori romani in onore di Giulio Cesare, il vero fondatore
della monarchia imperiale romana (sebbene convenzionalmente si indichi come data di nascita dell'Impero
romano il 31 a.C. , anno della battaglia navale di Azio e del conseguente predominio di Ottaviano Augusto,
figlio adottivo di Giulio Cesare). Nel 476 d.C. il barbaro Odoacre depose Romolo Augustolo e si proclam
vassallo dell'Imperatore d'Oriente, rinunciando al titolo imperiale: dopo mezzo millennio si chiudeva cos il
sipario sull'Impero Romano d'Occidente.
Ma la notte di Natale dell'800, a Roma, avvenne che Carlomagno, Re dei franchi e dei longobardi, ricevette
dalle mani di Papa Leone III la corona imperiale che fu dei cesari romani. L'antico Imperium, la cui
potenza aveva riposato per tanti secoli, era nato di nuovo 3 Ma era risorto all'ombra della croce di Cristo: il
nuovo Impero, che aveva ereditato lo spirito universale dell'epoca classica, era infatti un Sacro, Romano
Impero.
L'unit della costruzione carolingia venne meno alla morte del suo fondatore, nell'anno 814. Dopo un
periodo convulso dovuto ai contrasti tra i discendenti di Carlo ed al conseguente interregno, sar un sovrano
tedesco, Ottone di Sassonia, a ricomporre almeno in parte l'unit del grande regno, guadagnando a s la sacra
corona imperiale, nell'anno del Signore 962: era nato il Sacro Romano Impero della Nazione Germanica. A
cavallo tra XII e XIII secolo questa grandiosa realt politica raggiunse l'apogeo del suo splendore e fu,
insieme al Papato, uno dei due poteri universali dell'evo medio. Nel corso della seconda met del XIII secolo
si estinse la dinastia sveva, che aveva visto tra le sue fila figure come Federico I Barbarossa, suo nipote
Federico II stupor mundi e il di lui figlio Manfredi, cos descritto da Dante nel canto VI del Purgatorio:
biondo era e bello e di gentile aspetto 4. A loro fece seguito un altro interregno, al termine del quale, nel
1273, per la prima volta divenne Imperatore un Asburgo, Rodolfo I. Nel 1356 Carlo IV di Boemia fiss in
modo definitivo, tramite la Bolla d'oro, le modalit dell'elezione imperiale, che avrebbe dovuto avvenire
col voto dei sette grandi elettori: quattro laici e tre ecclesiastici, tutti appartenenti al mondo tedesco.
Carlo V di Asburgo (1500-1558) non stato l'ultimo sovrano a nutrire il sogno della "Reichsidee", del
principio imperiale, il quale stato mantenuto in vita per secoli dall'esistenza e dall'azione della Casa di
Asburgo; tuttavia egli stato di certo l'ultimo Re Imperatore che ha avuto i mezzi concreti, il potere e la
forza di vivere fattivamente la possibilit di stabilire un dominio universale. Egli, com' noto, grazie alle
eredit dei quattro nonni, si ritrov alla testa di un Impero immenso, comprendente l'Aragona e i suoi
possedimenti italiani, la Castiglia, la Borgogna, i Paesi Bassi, la Germania, l'Austria e le terre asburgiche,
nonch i nuovi domini americani: un Impero, poteva ben dire, sul quale non tramontava mai il sole.
Incoronato Re di Spagna nel 1516, nel 1519, alla morte del nonno Massimiliano, riusc ad essere eletto Sacro
Romano Imperatore. E' storia nota come ci sia avvenuto comprando letteralmente il voto dei grandi elettori.
Ma non solo: "Lelezione imperiale non frutto solo del credito illimitato concesso a Carlo da Jakob Fugger
(1459-1525), potente banchiere di Augusta, ma anche delle garanzie offerte dal nuovo imperatore con le
capitolazioni elettorali, nelle quali simpegnava a difendere la Cristianit e la Cattedra di Pietro, a
rispettare i diritti e le libert dei principi e a convocare periodicamente i vari ceti e ordini dellimpero."5
Quando Carlo nel 1521 riun, a Worms, la prima dieta imperiale, afferm di essere "discendente dai
cristianissimi imperatori del grande popolo germanico, dai cattolici re di Spagna, dagli arciduchi dAustria
e dai duchi di Borgogna [...], figli fedeli della chiesa di Roma [...] sempre impegnati a diffondere la fede e la
salvezza delle anime", e si dichiar "perci risoluto a conservare tutto ci che questi miei predecessori hanno
stabilito
sino
al
presente"6
Il giovane Carlo fu profondamente influenzato dal pensiero del suo cancelliere, Marchese Mercurino Arborio

di Gattinara (1465-1530), il grande umanista piemontese che fece rivivere, in pieno XVI secolo, il sogno
dell'impero universale di Dante. Era stata la Provvidenza divina - sosteneva il Marchese - a far convergere
su Carlo V tutti i titoli dei suoi antenati, affinch lui, per conto di Dio, potesse unificare la Cristianitas e
guidare la lotta contro infedeli ed eretici. E queste idee, inculcate nella mente di Carlo, guideranno la sua
azione lungo tutti gli anni di regno. Egli affront l'Impero ottomano, potenza in formidabile ascesa, e diede
vita ad un pluridecennale conflitto con la Francia che, chiusa nel suo particolarismo nazionale, non accett
mai la supremazia imperiale asburgica. Carlo cerc di governare i suoi sconfinati domini rispettando le
peculiarit locali. Per quanto ogni decisione promanasse da lui, fu sua volont garantire il rispetto delle
tradizioni e dei costumi delle singole province. "Pur approfittando di tutte le occasioni che gli si presentavano
per rafforzare l'autorit della corona in ogni stato, Carlo non attacc mai apertamente le libert dei sudditi
in alcuno di essi"7. Certo, non mancarono momenti di conflittualit, ma la situazione non divenne mai
davvero esplosiva: "Gli stati impedirono dunque il costituirsi di un potere monarchico assoluto come quello
che esisteva in Francia"8 Nel 1530, a Bologna, fu incoronato da Papa Clemente VII Re d'Italia e Imperatore,
nell'ambito di una cerimonia di dimensione sovranazionale: davvero, si pu dire, imperiale.
Nato e cresciuto in Belgio, Re di Spagna, di Germania, d'Italia e Imperatore Romano, Carlo V fu di certo un
precursore dell'unit europea, di un' Europa unita non in nome di meri interessi finanziari, ma in virt di una
storia e una tradizione comune. Da rilevare, in ultima istanza, come egli abbia ereditato e non conquistato
manu militari le sue terre, terre di cui era quindi legittimo Sovrano. In passato la critica storiografica si
interess alla questione se egli fosse stato un uomo di pace o meno, rispondendo spesso affermativamente.
Egli infatti fu quasi sempre trascinato in conflitti che non avrebbe desiderato. "Ci che Dio pi raccomanda ai
Principi la pace"spieg al figlio Filippo II nel suo testamento. Quando, nel 1556, stanco e malato, cap di
non avere pi le forze per continuare a mantenere vivo il suo sogno imperiale, divise i suoi domini tra
Filippo e il fratello Ferdinando, e si ritir in un convento spagnolo, trascorrendo gli ultimi anni di vita in
preghiera e meditazione. Da questo momento e fino al 1700 avremo ben due dinastie asburgiche: gli Asburgo
di Spagna, discendenti di Filippo, e gli Asburgo dell'Impero germanico, discendenti di Ferdinando.
La sconfitta subita al termine della guerra dei trent'anni (1618-1648) rappresent, di fatto, un colpo durissimo
alle aspirazioni della famiglia, ma l'ideologia imperiale e universale continu a caratterizzare l'azione politica
della dinastia, fino alla fine. Nel 1806, in seguito agli sconvolgimenti prodotti dall'avventura napoleonica, il
SRI cess di esistere e dalle sue ceneri sorse l'Impero d'Austria: il sovrano asburgico allora regnante [...]
non si chiam pi imperatore romano ma imperatore d'Austria. Era un disperato tentativo di salvare la
grande idea della unit dei popoli, una ritirata, un concentramento sulla posizione pi forte Il resto storia
recente.
L'Impero cristiano: la riproduzione terrena dell'ordine divino universale
Troviamo una mirabile sintesi della visione cristiana del concetto di Impero nel testo Andreas Hofer eroe
cristiano, dello storico cattolico F.M Agnoli. Egli, come gi detto, attinge a piene mani dagli scritti di F.
Werfel, uno degli autori della "Finis Austriae", preoccupandosi innanzitutto di delineare le differenze col
moderno stato-nazione giacobino, descritto come un'unit demoniaca, il contrario dunque di un regno
unificatore di popoli nato da un'idea sopraordinata. L'Impero quindi per Werfel-Agnoli radicale
opposizione dello stato nazionale (espressione delle forze centrifughe e disgregatrici) ma anche il
tentativo [] di riprodurre in terra un'immagine, sia pure imperfetta e caduca come tutte le cose terrene,
dell'ordine universale, in continuo anelito ad adeguare il particolare all'universale Impero, dunque, come
estrinsecazione nell'ordine politico della concezione cristiana del mondo9
Ma non solo: strettamente legata a questa concezione di Impero quale forma di unit politica organica e
plurinazionale, troviamo del rispetto delle peculiarit culturali locali. Appare davvero incredibile il fatto che
l'Impero d'Austria sia stato presentato dalla retorica nazionalista, sviluppatasi dalla rivoluzione borghese del
1789 e rafforzatasi in epoca romantica, come una rozza prigione di popoli, come un nemico delle nazioni. In
realt l'idea di Impero rappresenta da sempre il contraltare dell'ideologia dello stato nazione, fondata sul
binomio romantico del blut und boden10 Ma proprio in virt di ci che le caratteristiche proprie di ogni
nazionalit hanno trovato nei rassicuranti confini imperiali la possibilit di manifestarsi. Vera prigione per le
singole comunit, soprattutto per le etnie minoritarie, diventeranno gli stati nazionali, per esempio quelli sorti
dalla spartizione dell'Impero. Ritorneremo su questo tema pi avanti, intanto vediamo cosa ne pensa Agnoli,
per il quale l'Austria era un'entit sovranazionale capace di garantire [...] la conservazione delle [...]

originali caratteristiche religiose.11 D'altronde, continua a spiegare il saggista cattolico, la concezione


imperiale cristiana ha la singolare capacit di conservare integro il proprio significato universale pur
adeguandosi agli speciali bisogni delle comunit che l'accolgono; ed in questo si distingue dalla visione
liberale o marxista incapace di intendere l'ordine e l'uguaglianza altrimenti che come un generale
appiattimento e livellamento. E qui il nostro ha gioco facile nel portare ad esempio (ed , vista e considerata
la storia europea dell'ultimo secolo, uno dei meno drammatici che potesse fare) il livellamento culturale
imposto agli italiani dopo l'unit la piatta monotonia del sistema scolastico, che impone l'insegnamento
delle medesime cose o delle medesime menzogne? - a tutti gli allievi dall'Alpe al Lilibeo.
Al vertice di questa struttura tradizionale, e quindi massimo interprete dell'idea imperiale stessa, era
l'Imperatore, il Kaiser. Werfel omaggia Francesco Giuseppe, il quale fu, lungo i suoi sessantotto anni di
Regno, tormentato custode del principio imperiale. Egli consacr [] la sua esistenza all'idea dell'Impero
a sostegno e a difesa della quale egli chiamava tutti gli uomini di buona volont, senza differenza di razza e
di ceto, i tedeschi come gli ungheresi, i boemi e gli italiani, gli aristocratici come i poveri e i poverissimi
Infatti, essendo insita negli uomini la tendenza a personificare, per meglio credervi, i principi e le idee
ovvio che gli uomini che credono nell'idea imperiale come tentativo di riprodurre in terra il divino ordine
universale, evochino a loro modello la figura di colui che ne fu l'estremo ed insuperato custode.
Per ognuno di noi, in effetti, Francesco Giuseppe d'Austria ancora l'Imperatore per eccellenza.
Le radici del concetto di Impero: Auctoritas e Imperium nell'antica Roma
L'Impero romano rimane tutt'ora un insuperato modello di potenza militare, efficienza amministrativa e
prestigio statale. Chiunque abbia nutrito, nei secoli, velleit imperiali, si richiamato, nella simbologia e
spesso anche nel nome, all'Impero di Roma. Cos hanno fatto l'Impero bizantino e l'Impero ottomano,
l'Impero degli Zar di Russia e, nel caso che pi interessa a noi, il Sacro Romano Impero di Carlo Magno e
dei suoi successori. Ma il richiamo a Roma, da parte delle formazioni statali che se ne sono proclamate eredi,
non stato solo esteriore e, per cos dire, propagandastico, ma assai pi profondo e significativo. L'idea
stessa della sacralit del potere politico, alla base del principio spirituale che ha animato qualsiasi autentica
concezione imperiale, affonda le sue radici nell'esperienza romana. Qui, come d'altronde nelle altre societ
tradizionali, ad esempio quelle orientali, l'idea di potere era s un concetto politico, ma anche e soprattutto
religioso e sacro. Il Rex, etimologicamente, era la figura con il compito di guidare rettamente gli uomini,
anche nel rapporto tra questi e gli dei. Il termine Rex, infatti, deriva dal verbo "rego", legato a sua volta al
greco "orego", ossia "tirare avanti una linea retta a partire dal punto che si occupa"12.
Il Re, dunque, guidava gli uomini grazie alla sua Auctoritas, che gli era conferita direttamente da Zeus.
Questa determinava l'Imperium, il suo potere politico, sacro proprio perch, come si visto, conferitogli dal
padre degli Dei. "L'origine dell'Imperium risiede nell'auctoritas che discende direttamente da Giove,
confermata dagli auspicia d'investitura e riconosciuta dal suffragium del popolo in armi [...]
L'acclamazione, suffragium, da parte del popolo o dell'esercito di un Rex, nella Roma delle origini, non
altro che il riconoscimento comune dell'Imperium che dal Rex promana. [...] Nel pensiero tradizionale si
sovrani per volont di Dio, mai solo per volont della nazione. Un Re pu essere riconosciuto tale, ma mai
pu venir eletto poich, dalla prospettiva tradizionale (non solo romana) dal meno non pu provenire il pi,
n dall'umano il divino: il carisma, cio, che fa un Re."13
Non un caso che il Re, nella fase arcaica della storia di Roma, rivestisse anche il ruolo di Sommo
Sacerdote, cio, letteralmente, "colui che rende effettivo, che attualizza il sacro"Egli quindi rappresentava la
pietas, cio il comportamento aderente alla volont degli dei, e possedeva la capacit di dichiarare ci che
era conforme o meno al diritto divino.
E' anche interessante notare che il termine Imperator, in principio, non indicava il sovrano, ma il generale
che, tornato vittorioso a Roma, poteva festeggiare il trionfo militare. Anche in questo caso erano unite
all'uninsono istanze militare, politiche e religiose: se la battaglia, nella concezione sacrale romana, era stata
vinta, ci era accaduto grazie alla volont favorevole degli dei, di cui il generale era stato uno strumento
Attraverso la lettura del saggio "Imperium" di Marco Polia emerge un'importante differenza tra la monarchia
romana e quelle europee cristiane dei secoli successivi: "L'imperium la manifestazione dell'auctoritas
concessa da Giove ed , nella tradizione romana, un carisma divino di cui unica la fonte ed unico il
destinatario: il Rex. In quanto tale, l'auctoritas, morto il rex, si ritira dal mondo degli uomini, torna nel
grembo della fonte suprema per discendere di nuovo, mediante il rito d'investitura regale, sul nuovo rex." In

altri termini, nella Roma delle origini non era prevista l'ereditariet del potere, come invece sar prassi
consolidata nel Regno di Francia e altrove. "E' morto il Re. Viva il Re !" era il celebre motto col quale si
indicava, nelle monarchie cristiane di diritto divino, la continuit dinastica dell'auctoritas, il sacro potere
conferito da Dio al sovrano. Al momento della morte del Re, infatti, questa passava automaticamente nelle
mani del successore, suo figlio o un suo parente prossimo
Facciamo ora alcune considerazioni sui simboli del potere regale romano. Alcuni, come lo scettro, simbolo
per eccellenza dei Re di Roma, sono state adottate dalle monarchie europee dei secoli successivi diventando,
anche nell'immaginario popolare, gli emblemi stessi di ogni monarchia. Il termine scettro deriva dal greco
skeptron, latinizzato in sceptrum. A evidente riprova dell'origine divina del potere regale, lo scettro di Re
Agamennone si faceva risalire, di mano in mano, fino a Zeus. "Il simbolismo dello scettro e del bastone di
comando in generale, per la funzione e la verticalit del medesimo, richiama da vicino quella dell'axis
mundi, immagine, a sua volta, della norma indefettibile che governa le cose. L'accostamento ancora pi
stringente in quanto sovente lo scettro romano (e ancor prima quello etrusco) era sormontato da un'aquila,
rapace sacro a Giove ma che compare presso molte tradizioni in connessione con l'axis mundi."
Un altro simbolo di Roma, adottato dalle civilt che le hanno fatto seguito, sicuramente l'aquila. Ancora ai
nostri giorni gli Stati Uniti d'America, superpotenza del XX secolo, hanno scelto il nobile rapace, da sempre
simbolo di potenza e maest, come loro chiaro simbolo. A Roma l'aquila era la principale insegna militare, e
doveva garantire una protezione sacra alle legioni in battaglia. L'aquila che precedeva la legione ad ali
spiegate, infatti, rappresentava simbolicamente la presenza del potere divino di Giove, che doveva assistere i
soldati romani e condurli alla vittoria.
Date a Cesare quel che di Cesare e a Dio quel che di Dio: la distinzione cristiana tra Imperium e
Sacerdotium
Come abbiamo visto, il potere spirituale e quello temporale nell'antica Roma coincidevano completamente:
l'Imperatore era Summus Pontifex, vertice dell'ordinamento religioso. Questa una differenza importante
che rileviamo confrontando l'Impero romano classico con quello cristiano medievale.
Nella visione cristiana cattolica, infatti, la Provvidenza aveva istituito la Chiesa, costruzione divina guidata
dal successore di S. Pietro. Ne conseguito che per il cattolicesimo le due potest sono inesorabilmente
venute a separarsi. Emblema di questa separazione la famosa massima di biblica memoria "Date a Cesare
quel che di Cesare e a Dio quel che di Dio".
Tuttavia questa distinzione, dovuta all'affermarsi del cristianesimo, non ha portato alla laicizzazione e
desacralizzazione del potere temporale: la fonte dell'autorit temporale, come di quella spirituale, era sempre
la medesima: Iddio onnipotente. Il concetto romano della sacralit del potere politico non venuto meno, ma
anzi divenuto pretesto di legittimazione per le pretese imperiali dei sovrani germanici, che degli antichi
Cesari si sono detti successori. Le radici romane del concetto di Impero, inteso come idea di Regno fondato
su un principio spirituale sono sopravvissute, almeno in teoria, fino al 1918, quando l'ultimo erede del Sacro
Impero spar dalle carte geografiche d'Europa.
Com' noto, nel medioevo i contrasti tra Papato e Impero vertevano principalmente sul fatto che il grande
Regno temporale si riteneva sacro di per se stesso, in quanto voluto da Dio, e i Kaiser affermavano quindi di
non necessitare dell'investitura papale per esercitare le loro prerogative. I pontefici, dal canto loro,
sostenevano di essere gli unici intermediari tra la Divinit e i sovrani terreni, i quali non erano direttamente
legittimati a governare, ma dovevano, appunto, essere riconosciuti dai successori di Pietro. Questo lungo
conflitto contribu al declino di entrambe i poteri universali, che dal XIV secolo videro, se non de jure
certamente de facto, il loro potere e prestigio pesantemente ridimensionato dal rafforzamento delle
monarchie nazionali. Il Re di Francia, cos, pot affermare prima di ogni altro di essere "Imperator in regno
suo", cio di non riconoscere, all'interno del suo stato, nessun potere superiore: "superiorem non
recognoscens". Erano i primi vagiti dei futuri stati nazionali accentrati. Apriamo una breve parentesi per
ricordare che il progressivo declino dell'idea imperiale e il contestuale affermarsi degli stati nazionali non
stato certo un evento privo di conseguenze. Quando, con la rivoluzione francese, si sostitu al sacro principio
dinastico l'ideologia giacobina della nazione, intesa come comunit etnico-linguistica, furono poste le basi
delle guerre civili europee del XX secolo, che hanno comportato la fine stessa dell'Europa.
Tornando al Sacro Romano Impero, a riprova della sacralit del suo potere, almeno a livello di

autorappresentazione simbolica, rileviamo che l'espressione "Dei grazia" inizi ad essere usata in
concomitanza con la nascita stessa del SRI, pi precisamente con Carlo Magno. Ancora nel secolo scorso,
Francesco Giuseppe era Kaiser "von Gottes Gnaden" : equivalente tedesco dellespressione latina.
Lincoronazione del Sacro Imperatore negli anni del basso medioevo
L'incoronazione del Sacro romano Imperatore passava usualmente attraverso diverse fasi: egli, in primo
luogo, riceveva ad Aquisgrana la corona d'argento di Re di Germania. In seguito scendeva nella penisola per
cingere la ferrea corona di Re d'Italia, a Milano o a Pavia. Questa era la premessa indispensabile per ottenere
dalla mani del Papa, finalmente, la corono d'oro di Imperatore Romano. Nel corso dei decenni questi processi
subirono variazioni.
Durante la cerimonia romana il Sovrano veniva unto con l'olio sacro e poi incoronato. In occasione della
successiva "Missa pro Imperatore" il nuovo Kaiser contribuiva a servire la Messa, essendo automaticamente
diventato, durante l'incoronazione, suddiacono, ossia membro del clero sacro (privilegio unico tra i sovrani
dell'orbe cristiano) "La storia ha registrato quanto i Sacri Imperatori presero sul serio quelle prerogative:
Carlo IV (1347-1378) corona in capo, spada in mano, leggeva in chiesa, il giorno di Natale, la settima
lezione del mattino, particolarmente appropriata ad una bocca imperiale, perch inizia con queste parole,
tratte dal Vangelo della Messa di mezzanotte (S. Luca, II, 1): In quel tempo fu pubblicato un editto di Cesare
Augusto ..."14
La Chiesa Cattolica, il venerd santo, nelle sue preghiere ricordava il Sacro Imperatore "Preghiamo anche per
il nostro Cristianissimo Imperatore (se non coronato si dica: Imperatore eletto) affinch Dio, nostro
Signore, gli renda soggette tutte le nazioni barbare per la nostra perpetua pace [...] Dio onnipotente ed
eterno, nelle cui mani stanno tutti i diritti e i poteri dei regni, guarda benignamente lImpero Romano,
affinch le nazioni che confidano nella forza brutale siano domate dalla potenza della tua destra"
Questo era il giuramento che l'Imperatore prestava durante la cerimonia: "Io, (nome dell'Imperatore) Re
dei Romani, per divina disposizione futuro Imperatore, prometto, garantisco, attesto e giuro, dinanzi a Dio e
al Beato Pietro, che per il resto sar difensore e protettore della Santa Chiesa Apostolica Romana, e tuo,
(nome del Papa), della medesima Sommo Pontefice e dei tuoi successori, in tutte le vostre necessit ed
interessi, custodendo e conservando i vostri possessi, dignit e diritti, in quanto, sostenuto dallaiuto di Dio,
sar capace, come sapr e potr, con retta e pura fedelt. Cos mi soccorrano Dio e questi suoi santi
Vangeli"15
L'Impero nel pensiero di alcuni filosofi contemporanei
La "Reichsidee", l'idea di Impero, ha accompagnato tutta la storia del pensiero filosofico tradizionale, e ha
avuto sviluppi notevoli anche in epoca contemporanea. Per il barone Julius Evola, il quale non era n
cattolico n cristiano, ma impegnato in una restaurazione dei valori gerarchici e virili della Roma pagana,
l'Impero per definizione una sintonia naturale dunit etnonazionali. In seguito, nello stesso scritto, si
sofferma sull'Impero austriaco: una collaborazione fra etnie diverse che non andasse a scapito delle loro
specifiche identit era, nel passato, garantita da quel sistema politico, adesso demonizzato dagli imbonitori
di cervelli, che era lImpero. Ultimo fulgido esempio di questo sistema politico fu la doppia monarchia sul
Danubio, lImpero Asburgico."16
E insiste, riprendendo punti sui quali torneremo, con efficacia argomentativa e vigore dialettico:
Contro limpero [...] si erse, negli ultimi due secoli, il nazionalismo di stampo giacobino e massonico. Ci si
riferisce agli stati-nazione, vere prigioni (altro che lImpero Asburgico!) nelle quali venivano (e vengono)
compressi i pi disparati raggruppamenti etnici in modo del tutto innaturale: si pensi caso limite alla
spaventosa condizione del Tibet odierno. Mettendo mano al lavaggio cerebrale mediatico e alla repressione
poliziesca, lo stato nazionale ha sempre cercato di massificare e meticciare la propria popolazione,
costringendola ad una lingua unica, qualche volta fabbricata a tavolino, e obbligandola a vedere se stessa
come appartenente ad un qualche agglomerato umano/disumano, anche quello fabbricato alluopo spesso
anchesso inventato a tavolino (vedi la Jugoslavia, la Cecoslovacchia e anche lItalia).
Anche il filosofo francese Alain De Benoist, in un saggio del 1996, ha affrontato il tema dell'Impero,
arricchendo la discussione in proposito. L'Impero ha spiegato non in primo luogo un territorio, bens
essenzialmente un'idea o un principio17. L'autorit dell'Imperatore deriva dal fatto di incarnare un potere

trascendente: egli non signore di un territorio, ma Signore di Signori, Re di Re. Ogni Impero inoltre
superiore alla somma delle sue parti, alle quali non pu essere ridotto. De Benoist spiega cos questo
principio olistico: l'Impero non pu essere confuso con nessuno dei regni e delle nazioni che esso
abbraccia, essendo qualcosa di qualitativamente diverso, anteriore e superiore, nel suo principio, a ciascuno
di essi18. Questo carattere sacrale del potere imperiale determina la distinzione tra auctoritas e potestas.
Mentra la seconda coincide col mero potere politico esercitato con mezzi legali, la prima ha un valore
mistico e sacro, ed affonda le sue radici nel concetto romano di Rex, come si visto in precedenza.
D'altronde, nell'ambito della polemica guelfi-ghibellini, i sostenitori dell'autorit imperiale, tra cui, come
vedremo, lo stesso Dante Alighieri, sostenevano la sacralit dell'Imperium, un potere complementare al
Sacerdotium, e non derivato da questo: questa renovatio, che fa dell'Imperatore la fonte essenziale del
diritto e gli conferisce il carattere di legge vivente sulla terra (lex animata in terris) contiene tutta l'essenza
della rivendicazione ghibellina: l'Impero deve essere riconosciuto, a medesimo titolo del Papato, come una
istituzione di natura e carattere sacrale19 Pi oltre, De Benoist ribadisce che il principio alla base di un
Impero non pu coincidere con un'etnia nazionale, come sapeva anche Dante:per il quale l'Imperatore non
n germanico n italico, ma romano20.
I cantori dell'Impero nella letteratura italiana: i casi di Dante Aligheri e Ludovico Ariosto
Facendo un rapido excursus nella storia della nostra letteratura, rileviamo come (tra gli altri) due autori del
calibro di Dante e Ariosto si sono occupati, in modo pi o meno critico, della questione imperiale. Il primo
dei due poeti di cui, se pur di sfuggita, andiamo ad occuparci, il grande Dante, considerato il padre della
lingua italiana. Egli si preoccupato, nell'opera nota come "De Monarchia", di sistematizzare a livello
teorico i principi della monarchia imperiale, sottolineando la legittimit delle sue pretese, anche nell'ambito
del grande conflitto col Papato cui abbiamo gi accennato. Conflitto che era ancora vivo all'inizio del XIV
secolo. In quest'opera il poeta toscano ha sostenuto che la potest imperiale di diretta origine divina e che i
prncipi-elettori, durante l'elezione, agiscono addirittura come i cardinali, affidandosi allo spirito santo e
scegliendo cos il candidato voluto da Dio. Usando la celebre metafora del sole e della luna, Dante ha infatti
spiegato che l'Impero (la Luna) non trae il suo essere dalla Chiesa (il Sole): basti pensare al fatto che
l'Impero romano esisteva molto prima della nascita della Chiesa. Tutt'al pi, il primo, autonomo e sacro di
per se stesso, pu trarre dalla seconda l'attitudine ad operare pi efficacemente22
D'altronde, ricorda Dante, giusto che Cesare usi verso Pietro quella reverenza, che dovuta al padre dal
figlio primogenito.23
Solo nell'Impero, per l'Alighieri, gli uomini hanno la possibilit di svolgere serenamente le loro funzioni pi
alte, cio dedicarsi agli studi e alla speculazione filosofica e scientifica. " dunque messo in chiaro che
spetta al genere umano preso nella sua totalit attuare sempre e interamente la potenza dell'intelletto
"possibile", in primo luogo sul piano della speculazione [...] E siccome ci che si attua nella parte si attua

nel tutto, e nell'individuo umano si verifica che si perfezioni in saggezza e sapienza rimanendo in
stato di quiete ne risulta che il genere umano, nella quiete e nella tranquillit della pace, nelle
migliori condizioni di libert e di agio per assolvere quel compito speculativo che gli proprio, e che quasi
divino.24
Questo perch solo la monarchia universale, retta da un Sovrano indicato dal Signore, offre agli uomini la
prospettiva di una pace universale, condizione imprescindibile affinch questi possano dedicarsi all'uso
dell'intelletto nel migliore dei modi possibili: [...] Consideriamo infine un singolo regno, il cui fine quello
stesso della citt ma con pi certe speranze di pace interna; occorre un re unico, il quale regni e governi;
senza il quale non solo coloro che vivono sotto una sovranit regia non raggiungono la loro meta, ma anche
il regno declina verso la propria fine secondo la parola della verit infallibile: "Ogni regno in s diviso si
far deserto". Se questo vero per i casi esaminati e per ogni organismo singolo ordinato a un fine unico,
vera la tesi enunciata sopra; ora noi sappiamo che l'umanit tutta ordinata a un fine unico, come si gi
messo in chiaro inizialmente; dunque occorre vi sia uno che governa o regge, e questi da designare come
"Monarca"o "Imperatore". E cos dimostrato che per il bene del mondo necessaria la esistenza di una
Monarchia o Impero che dir si voglia.25
Secondo la maggior parte degli studiosi, il De Monarchia sarebbe stato composto intorno al 1310, durante i
mesi della discesa in Italia dell'Imperatore Enrico VII, quando i sostenitori dell'Impero poterono vivere
l'effimera speranza di una effettiva restaurazione dell'antico prestigio. Il fato per volle che l'alto Arrigo
cantato da Dante nelle rime immortali della Commedia mor anzitempo, nel bel mezzo della sua

spedizione in Italia, frustrando le speranze dei suoi sostenitori. Vediamo come lo ha descritto Dante, nel
canto XXX del Paradiso: E 'n quel gran seggio a che tu li occhi tieni per la corona che gi v' s posta,
prima che tu a queste nozze ceni, seder l'alma, che fia gi agosta, de l'alto Arrigo, ch'a drizzare Italia verr
in prima ch'ella sia disposta. La cieca cupidigia che v'ammalia simili fatti v'ha al fantolino che muor per
fame e caccia via la balia. E fia prefetto nel foro divino allora tal, che palese e coverto non ander con lui
per un cammino. Ma poco poi sar da Dio sofferto nel santo officio; ch'el sar detruso l dove Simon mago
per suo merto, e far quel d'Alagna intrar pi giuso.26
Da rilevare, sempre nella Commedia, quanta amarezza coglieva il poeta quando si accorgeva che gli interessi
particolari e contingenti avevano gi messo in dubbio il valore universale dell'istituzione imperiale: Ahi
serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie ma
bordello!27 Critiche che non risparmiava agli stessi imperatori, quando a suo parere venivano meno al loro
ruolo: O Alberto tedesco ch'abbandoni costei ch' fatta indomita e selvaggia, e dovresti inforcare li suoi
arcioni, giusto giudizio dalle stelle caggia sovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto, tal che 'l tuo successor
temenza n'aggia28
Nel canto VI del Paradiso abbiamo forse la pi forte definizione della sacralit dell'Impero e della sua
provvidenziale necessit storica. Qui infatti il poeta, nel cielo di Mercurio, incontra l'imperatore Giustiniano,
il quale gli spiega come persino Ges Cristo, Figlio di Dio, nacque suddito dell'Impero di Roma, e ne rispett
le leggi (prova evidente di come il grande regno universale fosse voluto da Dio e funzionale ai suoi progetti
di salvezza) E di come la sacralit dell'Impero, ovviamente, si sia poi trasferita nella costruzione realizzata da
Carlo Magno: Poi, presso al tempo che tutto l ciel volle redur lo mondo a suo modo sereno, Cesare per
voler di Roma il tolle. E quel che f da Varo infino a Reno, Isara vide ed Era e vide Sennae ogne valle onde
Rodano pieno. Quel che f poi chelli usc di Ravenna e salt Rubicon, fu di tal volo, che nol seguiteria
lingua n penna. Inver la Spagna rivolse lo stuolo, poi ver Durazzo, e Farsalia percosse s chal Nil caldo
si sent del duolo. Antandro e Simeonta, onde si mosse, rivide e l dov Ettore si cuba; e mal per Tolomeo
poscia si scosse. [] E quando il dente longobardo morse la Santa Chiesa, sotto le sue ali Carlo

Magno,

vincendo,

la

soccorse29

Ludovico Ariosto, essendo morto nel 1533, pot invece assistere all'intera prima parte dell'epopea di Carlo V,
che in quegli anni, come abbiamo visto, aveva gi ereditato tutti i suoi domini, e aveva gi fatto rivivere ai
contemporanei il sogno dell'Impero. Infatti, appena tre anni prima, non lontano dalla Ferrara estense in cui
viveva Ludovico, Carlo era stato incoronato Sacro Imperatore dal Papa (ultimo caso nella storia). Nel 1532,
un anno prima di morire, Ariosto ebbe l'onore di incontrarlo e presentargli la versione definitiva della sua
opera pi celebre, l' Orlando Furioso. In questo poema cavalleresco ritroviamo espressi i temi classici
dell'idea imperiale romana e cristiana: la continuit tra l'Auctoritas dei Cesari romani e quella degli
imperatori romano-germanici, l'idea del Sacro Regno retto dalla provvidenza divina, e guidato da un grande
uomo, col compito di unificare l'Orbe cristiano e guidarlo verso la pace: e serba a farla al tempo manifesta,
che vorr porre il mondo a monarchia, sotto il pi saggio imperatore e giusto, che sia stato o sar mai dopo
Augusto. Del sangue dAustria e dAragon io veggio nascer sul Reno alla sinistra riva un principe, al valor
del
qual
pareggio
nessun
valor,
di
cui
si
parli
o
scriva.
[]
Per questi merti la Bont suprema non solamente di quel grande impero ha disegnato chabbia diadema
chebbe Augusto, Traian, Marco e Severo; ma dogni terra e quinci e quindi estrema, che mai n al sol n
allanno apre il sentiero: e vuol che sotto a questo imperatore solo un ovile sia, solo un pastore
E perch abbian pi facile successo gli ordini in cielo eternamente scritti, gli pon la somma Providenza
appresso in mare e in terra capitani invitti"30
Appare evidente quanto le considerazioni di cui sopra stonino con la volont di matrice romantica volta a
presentare tutti i poeti e gli uomini di cultura italiani come precursori dell'unit nazionale realizzata nel 1861.
Questo atteggiamento sottintende una visione storica finalista e determinista, e si basa su un sostanziale
distorcimento strumentale del pensiero di alcuni di questi grandi uomini. In occasione del 150 anniversario
dell'unit nazionale, purtroppo sono in stati in tanti a cadere in questo tranello, arruolando ad esempio Dante,
fautore dell'Impero universale, tra gli antenati di Garibaldi e Mazzini (sic). 31
I difensori dell'Impero: Raimondo Montecuccoli, il principe Eugenio, Andreas Hofer

Quante figure, nella storia europea, hanno difeso e incarnato i principi imperiali senza essere sovrani, senza
essere Kaiser! Presentiamo a titolo di esempio la storia di tre splendidi personaggi, in Italia ahinoi semisconosciuti, ma le cui gesta rappresentano fulgidi esempi di cosa abbia significato battersi in nome
dell'Impero. In epoche diverse e con modalit e ruoli particolari, essi hanno difeso gli stessi valori sacri e
atemporali di Francesco Giuseppe o di Carlo, gli ultimi sacri romani imperatori. La prima figura che
propongo all'attenzione dei lettori quella del Principe Eugenio di Savoia, uno dei pi grandi condottieri di
tutti i tempi32. Nato a Parigi nel 1663, discendente del ramo dei Savoia-Carignano, viene descritto da Evola
in questi termini: il principe Eugenio, pi che la Francia in cui era nato, va a sentire come patria adottiva
sempre pi lAustria, la quale pertanto, in quel periodo, non si presentava come una particolare nazione,
bens come lerede dellidea supernazionale del Sacro Romano Impero e quindi come il custode della stessa
tradizione europea di l dalla crisi rappresentata dalla Riforma. 33
Entrato giovanissimo al servizio degli Asburgo, partecip alla battaglia di Vienna del 1683 ed in seguito
intraprese una sfolgorante carriera nell'esercito imperiale, fino a diventarne comandante generale, alla vigilia
della battaglia di Zenta (1697): in quell'occasione i suoi cinquantamila imperiali sbaragliarono l'esercito
ottomano forte di centomila uomini ! E' in seguito a quella battaglia che l'Austria riottenne la Transilvania, la
Croazia e la Slavonia. Da l a pochi anni lo troviamo di nuovo impegnato nella guerra di successione
spagnola:In essa il principe Eugenio sta nuovamente in prima linea come un genio della guerra e come uno
strenuo difensore dellidea imperiale. Qui inutile ricordare la serie delle vittorie da lui conseguite nei vari
teatri delle operazioni, in Italia, sul Reno e nella Germania meridionale. piuttosto importante rilevare che,
in tutte queste imprese, tanto era forte nel principe Eugenio il sentimento lealistico verso il suo sovrano,
quanto la sua persuasione, che il centro di una simile lotta era meno il possesso della Spagna, quanto la
difesa dellidea dellImpero quale idea europea. Al sogno egemonistico della Francia, gi sviluppatasi nel
senso di un centralismo assolutistico, il principe Eugenio opponeva unidea gerarchico-federale avente
ancora, in larga misura, dei caratteri tradizionali in senso superiore.34
Il tirolese Andreas Hofer, a prima vista, sembrerebbe avere poco a che fare col potente e sfolgorante
Eugenio: durante la maggior parte della sua vita fu un anonimo oste della Val Passiria. Questa la sua storia,
in breve: nel 1805-1806 le armi napoleoniche si imposero sulla terza coalizione antifrancese, e la
conseguente pace di Presburgo sanc la cessione dell'intero Tirolo, un tempo definito dall'Imperatore
Massimiliano "Schild und Herz Osterreichs" , ossia "scudo e cuore dell'Austria", dall'Impero Asburgico alla
Baviera alleata di Napoleone. I governanti bavaresi, i famosi "illuminati", imposero subito una legislazione
di stampo massonico, contraria ai sentimenti religiosi del popolo tirolese ed ai costumi dei loro Padri. In
nome dei falsi miti borghesi del "progresso" e della "laicit", nonch dell'inevitabile "lotta contro
l'oscurantismo clericale" furono addirittura proibite, tanto per fare un paio di esempi, le processioni religiose
e il culto del sacro cuore di Ges, particolarmente sentito tra le genti di quelle valli alpine. Inoltre fu abolita
la milizia popolare degli "Schutzen" e stabilita la leva obbligatoria (sic, altro tragico portato della rivoluzione
francese), da tenersi presso l'esercito bavarese.
A questi punti l'intero popolo tirolese, sia di lingua tedesca che italiana o ladina, insorse con le armi, e scelse
il nostro Hofer come sua guida suprema. Non staremo a ripercorrere in questa sede tutte le vicende belliche,
che portarono nel corso degli anni i tirolese a battere pi volte i franco-bavaresi, ancorch fossero
quest'ultimi sempre pi numerosi e meglio armati, e neanche parleremo della violenze e dei soprusi subiti
dalla popolazione in seguito all'inevitabile sconfitta finale, accorsa quando tutta la regione alpina fu investita
dall'urto di un'intera corpo d'armata francese. Quello che ci preme sottolineare la volont di abnegazione di
un popolo che dietro al suo comandante ha lottato per difendere la sua fede e la sua storia. Una lotta in nome
dei valori propri di un mondo che stava tramontando: mentre Napoleone esportava in tutta Europa, sulla
punta delle sue baionette sporche di sangue, i principi del nazionalismo giacobino, i tirolesi si battevano in
nome della fedelt dinastica alla casa di Asburgo e al concetto di Impero; mentre dalla Francia si
diffondevano le idee di stato laico e moderno, su quelle montagne si lottava in nome della Tradizione.
Purtroppo Andreas Hofer non ricordato come meriterebbe: la cultura egemone lo ha descritto o come un
fanatico capo-banda reazionario (liberal-progressisti) o come un nemico straniero (nazionalisti). Gli stessi
tedeschi sbaglierebbero grandemente nel presentarlo come un eroe esclusivamente germanico, dato che
Hofer era, per sangue e per lingua, di certo pi vicino ai bavaresi che ha combattuto piuttosto che ai
dilettissimi tirolesi italiani cui rivolse il famoso proclama del 4 settembre 1809 e che accorsero sotto le sue
insegne, in difesa della Fede e dell'Impero. Forse colui che ha colto meglio lo spirito dell'eroe tirolese
proprio Agnoli: come nei due Imperatori anche in lui s'incarnava, sia pure sopra un piano diverso e pi
limitato, un'idea universale.35 Pi limitato da intendersi non in senso riduttivo, ma altro rispetto alla

missione di Francesco Giuseppe o di Carlo, i due ultimi Imperatori d'Austria, ai quali evidentemente si
riferisce Agnoli: quel principio (il principio imperiale, nds), pur sempre di valore generale, Hofer
rappresentava nel momento del suo adeguarsi alle esigenze ed alla realt esistenziale di un piccolo popolo.
Ci del resto naturale; Francesco Giuseppe era il simbolo del complesso corpo dell'Impero, Andreas Hofer
in una comunit, che al riparo dell'idea e dell'unit imperiale poteva vivere in pace e sviluppare le proprie
peculiari caratteristiche. 36
Raimondo Montecuccoli ricorda, pi che Andreas Hofer, il principe Eugenio, di cui fu in un certo senso un
precursore. Anch'egli fu un italiano al servizio dell'Impero sovranazionale, condottiero vittorioso e, peraltro,
grande teorico militare. Nato da una nobile famiglia modenese, scelse di entrare nell'esercito asburgico, di
cui in pochi anni scal le gerarchie. Partecip a tutte le campagne militari europee dal 1625 fino, in pratica,
alla morte, avvenuta a Linz, dove si era ritirato a scrivere i suoi trattati militari e le sue memorie, nel 1680.
Nel 1664, Comandante supremo dell'esercito del Sacro Romano Impero, vinse la celebre battaglia di San
Gottardo, infliggendo una dura sconfitta agli ottomani. Una curiosit: il suo unico figlio maschio ebbe un
padrino d'eccezione, il Kaiser Leopoldo I d'Asburgo, e per questo fu chiamato, appunto, Leopoldo Filippo.
Impero versus imperialismo e altri problemi di definizione
Defining philosophy is itself a philosophical problem37: definire la filosofia di per s un problema
filosofico ha scritto il pensatore americano Robert Audi. Viste le difficolt che commentatori ed esperti vari
hanno incontrato da sempre quando si sono avventurati nello studio della Reichsidee, direi che possiamo
serenamente estendere il senso dell'espressione di Audi al concetto di Impero, il quale pone di per s molti
problemi. A iniziare, appunto, dalla questione della definizione. Chiedendo numi ad un normale vocabolario
di italiano, infatti, alla voce Impero probabilmente non troveremo altro che una tautologia, della serie
"Impero: organismo politico con a capo un sovrano che ha il titolo di Imperatore"38
Si gi detto, all'inizio del capitolo, che importante non confondere l'idea imperiale con quella di
imperialismo. Riprendiamo questo concetto, demarcando in modo pi dettagliato la distinzione tra Impero e
gli imperialismi coloniali ottocenteschi: Questi sedicenti imperi sono in realt delle semplici costruzioni
frutto dell'azione di potenze impegnate in un processo di mera espansione del loro territorio nazionale."39
Per De Benoist, dunque, nessun principio spirituale e nessuna autentica e sacra auctoritas hanno
accompagnato le imprese degli stati europei in Africa o in Asia. Questi, bens, hanno sfruttato una evidente
superiorit tecnologica per assoggettare terre lontante e, principalmente, poterne sfruttare le materie prime.
Stesso discorso vale per l'imperialismo made in Usa: "Quanto al modello americano, che mira a convertire
l'intero mondo in un sistema omogeneo di consumo materiale e pratiche tecno-economiche, difficile vedere
a quale idea o principio spirituale potrebbe richiamarsi40. Con, forse, qualche aggravante: se il vecchio
capitalismo commerciale ha generato il colonialismo tardo ottocentesco operando su una domanda che cera
gi, il capitalismo industriale, alla base delle istanze neo-colonialiste, ha dovuto e deve creare i beni, non
solo trasferirli. Una volte creati, li deve smerciare, e per questo ha bisogno di nuovi mercati (il terzo mondo).
Il colonialismo derubava il paese assoggettato delle sue materie prime, ma usualmente non modificava stili e
culture di vita. Il neocolonialismo, dovendo cercare sempre nuovi mercati, costretto a imporre
culturalmente lamerican way of life.41 E' interessante notare come l'imperialismo Usa, per De Benoist, si
presenti allora come realmente universalista, al contrario degli autentici Imperi che, mossi s da un
principio universale, hanno per sempre avuto consapevolezza dei loro limes : non hanno mai avuto,
quindi, una vocazione a estendersi su tutta la terra (al contrario del modello sociale consumista-liberista
Usa). D'altronde la concezione universalista figlia di una visione del mondo individualista e atomizzata,
incompatibile col modello organico e corporativo imperiale: essendo l'universalismo direttamente collegato
all'individualismo (concezione dell'umanit come mera somma di atomi individuali) piuttosto partendo
dalla radice individualista dello stato nazionale che si deve pensare l'universalismo politico moderno.
L'esperienza storica dimostra infatti che il nazionalismo assume la forma di un etnocentrismo gonfiato sino
ad assumere le dimensioni di un universale42
Concludiamo la nostra rassegna analizzando una questione terminologica, ossia la differenza, in merito al
concetto di Impero, degli attributi di internazionale ,sovranazionale e plurinazionale. E' Polzer-Hoditz a
presentarci la differenza tra i primi due termini, che a suo dire si escluderebbero a vicenda. L'Impero, per
l'uomo di stato austriaco, sorretto da un principio sovranazionale: il sovranazionalismo apprezza e tutela
qualsiasi caratteristica individuale e la vuole conservata e tutelata in tutti i popoli. L'internazionalismo,
all'opposto, si mette al di sopra delle caratteristiche nazionali e cerca di cancellarle [...]Internazionalismo

una vernice ingannevolmente uniforme stesa sopra una civilt uniforme, frutto del grande capitalismo
internazionale- una pseudocivilt ma al tempo stesso anche l'uniforme tinta grigia di tutto il proletariato
comunista. Il sovranazionalismo , al contrario, ricerca di differenziazione, d'individualismo nazionale.50
Per tentare di delineare la distinzione, pi sottile, che corre tra i concetti di stato plurinazionale e
sovranazionale, possiamo rifarci invece agli scritti di un sacerdote, Ignazio Seipel 51, il quale si colloca in una
fase storica nella quale non pochi pensatori austriaci stavano contribuendo all'elaborazione di un piano di
riforma federale volto alla creazione degli Stati Uniti della Grande Austria (per approfondire vedi capitolo
sul federalismo). Per Seipel, mentre uno stato plurinazionale semplicemente formato da autonome pluralit
politico-etniche, uno stato sovranazionale invece una costruzione sacra, retta da un principio trascendente,
voluta da Dio in vista di un particolare fine, ossia la felicit terrena degli uomini: un Impero, dunque.

A. Polzer-Hoditz, L'ultimo degli Asburgo, Mondadori, 1930, p.10


Definizione di imperialismo secondo il Grande dizionario della lingua italiana a cura di Salvatore Battaglia, p. 447, Editrice
Torinese, 1972 : Tendenza di uno stato ad estendere l'ambito territoriale del proprio potere diretto o della propria influenza
politica ed economica []
3
F. M. Agnoli, Andreas Hofer eroe cristiano, Res editrice, 1979, p.14 , che a sua volta cita Nel crepuscolo di un mondo di Franz
Werfel
4
http://www.stupormundi.it/Svevi_Dante.htm
5
http://www.alleanzacattolica.org/idis_dpf/voci/c_carlo_v_asburgo.htm
6
Ibid.
7
AA.VV. Cambridge University Press "Storia del mondo moderno" Vol. II, "La riforma 1520-1559" p. 400
8
Ibidem, p. 409
9
F.M.Agnoli o.cit. pp.13-17
10
Se il principio di nazionalit si afferma con la rivoluzione francese, ancora nel 1819 il principe di Metternich scriveva
all'Imperatore austriaco Francesco I che voler riunire tutti i tedeschi in una Germania unitaria scopo sacrilego.
N. Merker, Il sangue e la terra. Due secoli di idee sulla nazione, Editori riuniti, 2001, p.79.
Tuttavia erano gli ultimi fuochi di un mondo ormai al tramonto: da l a poco all'Europa di Mettermich avrebbe fatto seguito
l'Europa di Bismarck
11
F. M. Agnoli, op.cit. p. 19. In particolare qui si fa riferimento al Tirolo, regione storica mistilingue cui l'Impero d'Austria aveva
garantito per secoli il rispetto delle sue tradizioni culturali e religiose, subito infrante, altres, dall'arrogante dominio bavaresegiacobino
12
M.Polia "Imperium. Origine e funzione del potere regale nella Roma arcaica" ilCerchio iniziative editoriali, 2001, p.8
13
Ibid. p. 11
2

14

15

16

La monarchia sacra riti di consacrazione imperiale http://www.scribd.com/doc/13142805/Monarchia-Sacra, pp. 74-75


Ego N., Rex Romanorum, annuente Domino futurus Imperator, promitto, spondeo, polliceor atque iuro coram Deo et Beato Petro
me de cetero protectorem atque defensorem fore Sanctae Romanae et Apostolicae Ecclesiae et Tui Talis, summi et eiusdem
Ecclesiae Pontificis, et successorum tuorum in omnibus necessi- tatibus et utilitabus vestris, custodiendo et conservando
possessiones, honores et iura vestra, quantum divino fultus adiu- torio potero, secundum scire et posse meum, recta et pura fide.
Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia. La monarchia sacra riti di consacrazione imperiale
http://www.scribd.com/doc/13142805/Monarchia-Sacra, p.108

http://www.centrostudilaruna.it/etnonazionalismieimperi.html
A.De Benoist L'Impero interiore. Mito autorit potere nell'Europa contemporanea, Ponte alle grazie,1996, p.129
18
Ibidem, p.130
19
Ibidem, p132
20
Ibidem, p.134
22
Storia della letteratura italiana Dante Alighieri di N. Sapegno, Garzanti, 1965, p.78
23
Ibidem, p.79
24
http://www.danteonline.it/italiano/opere2.asp?idcod=000&idope=4&idliv1=1&idliv2=4&idliv3=1&idlang=IT
25
Ibidem
26
D.Alighieri,La divina Commedia, a cura di Natalino Sapegno. Vol. III, Paradiso, La Nuova Italia, pp, 385-386, 1976
27
Dante Alighieri,La divina Commedia, a cura di Natalino Sapegno. Vol II. Purgatorio, La Nuova Italia, p.65, 1976. Spiega
Sapegno, in nota: serva perch, nell'assenza dell'Imperatore, lasciata in balia di governi autoritari e tirannici, comuni o
signorie che siano. Solo la monarchia universale assicura agli uomini, con la giustizia, la vera libert civile.
28
D.Alighieri, op.cit. pp. 66-67 Altro esempio, sempre tratto dal Canto VI della II Cantica: qui la critica per l'Imperatore Alberto di
Asburgo, accusato di disinteressarsi delle sorti della penisola.
17

29

Dante Alighieri,La divina Commedia, a cura di Natalino Sapegno. Vol. III, Paradiso, La Nuova Italia, pp, 71-78, 1976
http://www.orlandofurioso.com/Poema/Canto/Canto%2015.php
31
A questi punti, urge ribadire che il divino poeta quando usava il termine Italia si riferiva all'Italia del nord. La sua Italia, cio, non
contemplava n il regno del sud n, tantomeno, il patrimonio di San Pietro
32
Attualmente la fama del grande italiano al servizio dell'Impero sovranazionale pi viva nel mondo tedesco che in quello latino.
Alla sua memoria l'imperial-regia marina austroungarica consacr una nave da combattimento, cos come la Kriegsmarine del III
Reich pochi anni dopo; inoltre la VII divisione Waffen-SS fu chiamata proprio Prinz-Eugen Division
33
http://msdfli.wordpress.com/2010/01/19/eugenio-di-savoia/
34
Ibid.
35
F.M. Agnoli, op.cit. p.20
36
Ibid.
30

37

R. Audi, Philosophy in Encyclopedia of Philosophy vol. 7 p. 325, 2005 NY Macmillan

38

A.Duro, Vocabolario della lingua italiana, Istituto della enciclopedia italiana, 1987, p.781
A.De Benoist, op.cit. pp 162 e segg.
40
Ibid.
41
Il giornalista Massimo Fini ha affrontato questo tema nel contesto pi generale di due suoi famosi pamphlet, indirizzati contro la
liberaldemocrazia occidentale: M.Fini, Sudditi. Manifesto contro la democrazia . Marsilio, 2004 e, dello stesso autore "Il vizio
oscuro dell'occidente. Manifesto dell'antimodernit"Marsilio, 2004
42
A.De Benoist, op.cit. pp 162-163
43
A. Polzer-Hoditz, op.cit. p 20
44
N. Merker, op.cit., p.111
39

L'impero come forma politica di unit


delle diversit
Federalismo
Impero, ossia regno federale o confederale. Questo , storicamente, un assunto inamovibile: l'idea di un

Impero uniformemente centralizzato equivale ad un ossimoro. Conosciamo gi la differenza tra Impero e


stato nazionale, che pu essere letta anche come differenza tra una visione della politica tradizionale e una
modernista e massonica.1 Concediamoci ora qualche precisazione lessicale, prima di affrontare in modo pi
profondo alcune questioni legate a questo tema.
Il termine federalismo deriva dal latino foedus, che significa alleanza, patto. Con questa parola, in epoca
antica, si indicavano i trattati e le alleanze tra stati. In epoca moderna si riparla di federalismo dalla fine del
XVIII secolo, ma il termine manterr per decenni un'intrinseca ambiguit. Ambiguit, di fatto, non ancora del
tutto superata. Possiamo indicare il federalismo come una particolare forma di organizzazione politica []
basata su una separazione dei poteri su base territoriale, costituzionalmente garantita. Tutte le funzioni
pubbliche, legislative, amministrative, giudiziarie, sono ripartite tra un apparato centrale di governo, che si
estende su tutto il territorio, e stati membri, che ricoprono porzioni limitate 2 Lo stato federale, dunque,
uno stato unitario composto da varie regioni che si governano autonomamente, almeno per quanto riguarda
la maggior parte delle politiche. Di solito, comunque, le ripartizioni dei poteri tra stato centrale e stati
regionali descritto dalla costituzione federale. Una confederazione, invece, un'organizzazione
sovranazionale nata dall'unione di stati sovrani che, pur legandosi attraverso un patto, non rinunciano alla
propria sovranit3 Contraltare di questa esperienza, storicamente, lo stato unitario accentrato. Prototipo
dello stato unitario accentrato stata la Francia post-rivoluzionaria, ma i germi della centralizzazione, nel
paese transalpino, si possono trovare gi dall'epoca post-medievale, con la tendenza dei Re a far venire meno
il potere dell'aristocrazia feudale e ad accentrare a s le leve del governo, dell'amministrazione, dell'esercito.
Principale caratteristica dello stato unitario l'uniformit: tutto il territorio nazionale diviso in comuni e
dipartimenti, dotati di una medesima organizzazione e sottoposti a identiche regole, indipendentemente dalle
loro caratteristiche demografiche e geografiche4 Altro elemento la centralit del dipartimento e del
prefetto [] il prefetto, nominato dal governo centrale, , allo stesso tempo, rappresentante dello stato nella
provincia e capo del governo provinciale5
Il principio di sussidiariet
Un elemento che sicuramente diversifica stato nazionale e Impero la modalit con cui viene concepita
l'unit politica: Il principio stesso dell'Impero mira a conciliare l'uno e il molteplice, il particolare e
l'universale. La sua legge generale quella dell'autonomia e del rispetto delle diversit, per mezzo di una
stretta applicazione del principio di sussidiariet6
Ma cosa significa principio di sussidiariet? Notiamo, come ha denunciato il prof. Claudio Finzi7, che il
termine sussidiariet al giorno d'oggi certamente abusato. Se ne parla tanto, e spesso a sproposito.
Approfondiamo allora questo tema, cos importante ai fini della nostra esposizione. Distinguiamo
innanzitutto tra una sussidiariet "residuale" e una "organica". La prima figlia di una concezione del mondo
liberale e individualista, in cui il privato prevale sul pubblico. E' un modo di intendere la sussidiariet
sostanzialmente antipolitico, perch fa ruotare tutto intorno al singolo cittadino e al suo interesse privato. In
questa visione lo stato non altro che una triste esigenza, che serve per svolgere quei ruoli che i singoli
individui e poi le organizzazioni superiori non sono in grado a loro volta di svolgere "Per la sussidiariet
residuale tutto nasce e si sviluppa dal basso. Ogni livello della societ umana deve fare e pu fare soltanto
ci che non materialmente possibile ai livelli inferiori [...] Nessun livello ha attribuzioni sue proprie,
intrinsecamente legate alla sua natura; bens soltanto funzioni operative, che possono variare da epoca in
epoca. Se le compagnie private, come oggi sta accadendo, sono tecnicamente in grado di condurre la guerra
al posto degli stati, che a queste compagnie si assegnino questi compiti [...] Tutto si riduce a un
funzionalismo, che prelude inevitabilmente all'ideologia tecnocratica"8
Altro discorso vale per la sussidiariet organica, alla base, appunto, dell'idea di societ organica. "In questa
visione si crede fermamente che i corpi intermedi, come solitamente sono chiamati, rispondano alla natura
profonda dell'uomo ed abbiano pertanto una loro funzione irrinunciabile"9. Rientra nella natura dell'uomo,
quindi, vivere nella famiglia, cos come questa si inserisce naturalmente nel contesto della citt, e cos via.
"Naturalmente", cio seguendo la sua natura propria. La teoria dello stato organico risale al pensiero di
Platone e Aristotele: quando lo stagirita affermava che l'uomo uno "zoon politikon", un animale politico (o
forse, per meglio dire, un essere sociale) si riferiva proprio alla condizione naturale per la quale l'uomo
realizza pienamente se stesso solo nell'ambito della polis, citt-stato frutto dell'unione di tante famiglie. In
questa visione lo stato non ci che resta una volta attribuiti ai singoli individui e alla societ civile tutte le

competenze possibili, come vorrebbero i liberali individualisti, ma una costruzione che ci permette di vivere
al meglio la nostra esistenza. Una realt che consente anche ai livelli inferiori di sviluppare al meglio le
proprie facolt, le quali devono essere tutelate senza subire "invasioni di campo" (ad esempio, dello stato nei
confronti della famiglia) ma che proprio nel quadro dello stato hanno modo di realizzarsi al meglio. Finzi,
concludendo il saggio dal quale stiamo attingendo, ci mette in guardia da un ulteriore pericolo: lo statonazione moderno, giacobino e accentrato, chiaramente una costruzione che andata aldil dei suoi limiti
"naturali", portando alla distruzione dei corpi intermedi10, e/o invadendo con violenza le sfere di loro
competenza. Ci, negli ultimi due secoli, ha rappresentato una degenerazione dello stato tradizionale, che
rafforza la tesi di chi sostiene che ogni stato accentrato sia intrinsecamente totalitario. Ma attenzione a non
cadere nella tentazione di velleit antistatali estremiste: "cancellando lo stato, la respublica, a causa delle sue
degenerazioni contemporanee, rischiamo di gettare via il nostro bene pi prezioso: la comunit politica, che
ci rende compiutamente uomini"11
Concludiamo il paragrafo sul federalismo presentando alcune riflessioni di Alexis de Tocqueville. Egli, nella
prima met del XIX secolo, aveva gi intuito i problemi di cui avrebbe sofferto la societ moderna sorta dalle
ceneri dell'ancien regime. A proposito dell'accentramento amministrativo, scrisse che questo era uno dei mali
che avrebbe portato l'uomo ad allontanarsi dalla vita pubblica, e a diventare progressivamente vittima di un
dolce totalitarismo democratico. E che, quindi, era opportuno limitare a ogni costo le istanze di
accentramento. Nella sua disamina, il pensatore francese ricorda come i prodromi dello stato accentrato si
possano trovare gi nella monarchia francese post medievale: sotto Luigi XIV, la Francia ha visto il pi
grande accentramento politico che si possa concepire, poich lo stesso uomo faceva le leggi generali e
aveva il potere di interpretarle, rappresentava la Francia allestero e agiva in suo nome. Letat cest moi,
egli diceva, e aveva ragione12 Tocqueville imputa questo avvenimento proprio allazione della monarchia
assoluta seicentesca, rea di aver svuotato di significato il ruolo dei corpi intermedi, rendendo cos la funzione
della nobilt di provincia poco pi che simbolica. Tuttavia distingue tra un accentramento meramente
politico, indispensabile allesistenza stessa di qualsiasi stato, e un accentramento amministrativo, che va
invece a discapito delle autonomie e libert locali e favorisce il sorgere di quel potere dispotico, abnorme e
paterno, da lui tanto temuto. concentrare in uno stesso luogo e nella stessa mano il potere di dirigere i
primi, (tutte le parti della nazione, nda) equivale a fondare ci che chiamerei accentramento politico.
Concentrare allo stesso modo il potere di dirigere i secondi, (cio gli interessi che riguardano solo alcune
parti della nazione, nda) equivale a fondare ci che chiamerei accentramento amministrativo.13
Stato organico versus stato liberale
Approfondiamo il tema dell'importanza della Respublica (Finzi, nel saggio cui abbiamo fatto riferimento, per
non generare fraintendimenti a proposito del concetto di stato preferisce appunto usare il termine latino)
affrontando la questione dello stato organico, storicamente contrapposto a quello liberale. Il primo infatti si
fonda su principi comunitari e politici; il secondo deriva da un'ideologia individualista e si afferma, non a
caso, nel momento in cui la classe borghese conquista definitivamente il potere politico. Se i prodromi del
liberalismo li possiamo trovare nella riforma protestante e in particolare in alcune sue istanze, come il
sacerdozio universale, il maggiore teorico politico ne stato l'inglese Locke, vissuto nel corso del '600. Le
teorie dello stato organico sono invece assai pi antiche: possiamo inserire nel novero dei pensatori organici
gli stessi Platone e Aristotele, ma anche san Tommaso d'Aquino e i filosofi cattolici, fino ad arrivare ai
Pontefici degli ultimi due secoli che, dalla fondazione della moderna Dottrina sociale della Chiesa in poi,
hanno sempre promosso una visione della societ indubbiamente organica. Ma cosa si intende di preciso per
stato o societ organica? H scritto Gabriele Sabetta: L
" 'idea di stato organico parte integrante di quel
bagaglio di conoscenze spirituali e politiche che possiamo definire mondo della tradizione14 Lo stato, nella
visione organica, una struttura naturale in cui l'uomo pu esprimere se stesso nel migliore dei modi
possibili (la polis di Platone) e non, come vorrebbe invece l'interpretazione liberale, una realt artificiale,
costruita dagli uomini per meglio difendere alcuni valori, tra i quali, in quest'ottica borghese, spiccherebbe la
propriet privata. La teoria totalitario-corporativa non prende le mosse dal singolo individuo, ma dalla
societ. Questa non concepita come semplice somma aritmetica di cittadini considerati
materialisticamente uguali l'uno all'altro, ma il singolo ha un rapporto morale e spirituale con l'organismo
sociale15
Fabio Falchi, in un articolo di qualche anno fa, approfondisce questo tema: "...dottrina dello stato organico

ossia la teoria politica (tipicamente platonica) secondo la quale lo Stato la dimensione necessaria affinch
gli uomini possano sviluppare le loro facolt superiori"E prosegue, facendo riferimento al pensiero di Julius
Evola: "per Evola organico solo lo stato che ha un centro, un'idea che informi di s l'intera comunit e,
tramite una partecipazione dei rappresentanti delle attivit economiche, sociali, culturali e delle identit
locali alla gestione della cosa pubblica -sia tale che ogni parte possa avere un'intima connessione col tutto.
Uno stato organico cio uno stato che, essendo sintesi di unit e molteplicit, integri le differenze secondo
un'istanza gerarchica unitaria, e che distingua l'ordine dei mezzi dall'ordine dei fini. [...]Completamente
diverso il totalitarismo, che per Evola, non che una statolatria, una religione terrestre dell'uomo
materializzato e che egli presenta come esito di un processo sociale di atomizzazione egualitaria imposta
dall'alto a tutti gli individui16
Diritto comune e codificazione positiva
Abbiamo parlato dell'omogeneizzazione culturale imposta da quella particolare forma politica che lo stato
nazionale, lo storico contraltare dell'Impero. Questo appiattimento generale delle peculiarit locali e regionali
passata attraverso un ambito fondamentale e imprescindibile in ogni societ umana organizzata: il Diritto
(ubi societas, ibi ius). La codificazione napoleonica stata la traduzione, legata all'ambito particolare della
giurisprudenza, di quanto pi in generale era avvenuto e stava avvenendo in Europa negli anni a cavallo tra
XVIII e XIX secolo. Centralizzazione politica, diritto codificato uniforme, omogeneizzazione culturale e
linguistica sono gli elementi cardine del moderno stato-nazione. Questi tre concetti, affermatisi all'indomani
della rivoluzione borghese del 1789, sono tra loro consequenziali e inestricabilmente legati. In Europa fino
alla fine del '700 non si conoscevano tali istanze. Ripercorriamo velocemente le tappe dello sviluppo del
diritto comune europeo. Intorno all'anno 1000, parallelamente ad una ripresa economica e culturale, avvenuta
al termine di secoli piuttosto difficili, avvenne il ritorno in auge dell'antico diritto romano, mediante la
riscoperta di vasti passaggi del "Codice di Giustiniano". I giuristi dell'epoca, i pi celebri dei quali erano
raccolti presso l'Universit di Bologna, ebbero non poche difficolt ad attualizzare norme vecchie ormai di
quasi sei secoli, ma alla fine riuscirono nel loro intento con relativo successo. Ben presto, all'idea che
dovesse esistere un solo diritto,si affianc e fu accettato il principio della pluralit delle fonti del diritto. La
Dieta di Roncaglia del 1158, convocata da Federico I Barbarossa, ribad che l'Imperatore, investito da Dio ed
erede dei Cesari Romani, era fonte del diritto comune (ius commune), derivato dall'antico diritto romano. Ma
accanto a questo le varie realt cetuali e locali, in forza delle loro tradizioni e consuetudini (consuetudo locis)
avevano anch'esse potest legislativa (iura propria). E' l'idea della territorialit del diritto, coerente col
principio del "princeps solus, civitas non sola" : il Sacro Imperatore Romano Germanico era la sola guida
della Respublica Romana e Cristiana ma, nell'ambito di questa visione sovranazionale e universale, le
tradizioni e i costumi dei singoli popoli ottenevano riconoscimenti e tutela. Certo, non mancarono, nei secoli,
momenti di contrasto: basta pensare alle lotte tra Barbarossa e i comuni italiani (vicende peraltro, ancora una
volta, distorte e strumentalizzate da una certa storiografia nazionalista): l'Impero, pur nella sua grandiosit, e
anche se tendente al trascendente, era sempre una costruzione umana, con tutti i limiti del caso. Possiamo
citare un esempio storico, tuttavia, per rendere la differenza tra diritto comune imperiale e diritto codificato
nazional-giacobino. Per diversi secoli gli abitanti del Principato vescovile di Trento e Bressanone godettero
di un privilegio particolare, concesso loro dall'Imperatore Massimiliano I nel 1511: i tirolesi erano dispensati
dallo svolgere servizio militare fuori dai confini del Tirolo. Ma, in compenso, dovevano essere pronti a
organizzare compagnie di difesa territoriale (Landesverteidigung Tirols) nel caso che il Tirolo stesso fosse
stato invaso da un nemico esterno. Abbiamo gi visto come nei primi anni dell'800, guidate dall'eroe Hofer,
queste truppe si siano battute contro gli invasori franco-bavaresi, e sappiamo anche con quanto valore si
batterono nel corso della prima guerra mondiale17. Com' noto, il sipario su queste milizie territoriali,
oggigiorno note come Schtzen (difensori) non mai calato: anche se non si battono pi armi alla mano, essi
promuovono, nell'intero Tirolo storico e nella provincia di Belluno, iniziative culturali e folkloristiche, volte
a mantenere vive le glorie del passato e a tutelare l'identit culturale e religiosa della loro terra.

"I principali esponenti della massoneria non hanno dubbi: il federalismo, il particolarismo, il localismo, sinonimi di disordine e
confusione, di Medioevo, di forza bruta e barbarie, in una parola di Chiesa cattolica, vanno assolutamente evitati e superati a favore

dell'omogeneit, dell'identit, dell'unit delle ragioni ideali A.Pellicciari,L'altro risorgimento. Una guerra di religione
dimenticata Piemme, 2000, p. 232
2

T.Groppi, Il federalismo, Laterza, 2004, p.8


Ibid. p.46
4
Ibid. p.87
5
Ibid. p.87
6
Ibidem, p.142
7
AA.VV. "Imperia. Esperienze imperiali nella storia d'Europa", ilCerchio iniziative editoriali, 2008 p. 55
8
Ibid. p. 57
9
Ibid.
10
Una conseguenza della rivoluzione francese fu la definitiva abolizione, nel 1792, delle corporazioni di mestiere (legge Le
Chapelier). Coerentemente coi principi liberali che l'avevano ispirata, la rivoluzione borghese cre un rapporto individuale tra stato e
cittadino, ponendo le basi dell' attuale paradossale e perversa situazione, che vede alcuni singoli avere, nei confronti dello stato, un
potere eccessivo e preponderante (banchieri, finanzieri, leader delle multinazionali) cos da determinarne le politiche in base ai loro
interessi, e una maggioranza di persone indifese contro gli abusi dello stato stesso e dei suoi cittadini pi potenti
11
AA.VV. "Imperia. Esperienze imperiali nella storia d'Europa", p. 61
12
A.de Tocqueville, La democrazia in America, settima Edizione Biblioteca Universale Rizzoli 2007, p. 92
13
Ibid.
14
http://www.fondazionejuliusevola.it/Documenti/Evola,%20lo%20stato%20organico%20e%20la%20perversione%20moderna.pdf
15
Ibid.
16
http://www.fondazionejuliusevola.it/Documenti/OLTRE%20IL%20MURO%20DEL%20NULLA%20Fabio%20Falchi.pdf
17
Anche le truppe di montagna dell'esercito asburgico, i famosi "Kaiserjger" venuvano reclutati nel Tirolo. La retorica nazionalista,
tornata assolutamente in voga in occasione del 150 anniversario dell'Unit d'Italia, ha finora impedito di ricordare
adeguatamante i 60000 abitanti del Tirolo italiano, reclutati nella zona di Trento, che al grido "La patria invasa, la Patria
difendiam" combatterono con valore in difesa dell'Impero
3

L'Impero Asburgico: il mondo di ieri


per l'Europa di oggi
Un futuro imperiale per l'Europa?

...tutto il processo di costruzione europea, iniziato da tre decenni, risponde, nei suoi pi recenti sviluppi, a
un modello che pi debitore al modello di Impero che a quello di stato-nazione. In effetti, si trovano nelle
istituzioni europee certe caratteristiche che sono evidentemente imperiali: il riconoscimento di una
molteplicit delle fonti del diritto, l'affermazione (almeno teorica) del principio di sussidiariet, la
distinzione tra nazionalit e cittadinanza []. Senza dubbio manca ancora l'essenziale: la sovranit
politica, l'applicazione reale del principio di sussidiariet (il deficit democratico) e la presenza di un
principio spirituale forte1 Queste considerazioni di De Benoist sembrano prospettare la possibilit che il
principio imperiale, terminata la stagione degli stati-nazione nati in epoca romantica, possa tornare
nuovamente in auge. Di certo la crisi dello stato nazionale, attaccato contestualmente dalle crescenti
rivendicazioni di autonomia regionale come dall'esigenza di affrontare le sfide della globalizzazione in
chiave supernazionale, un tema centrale del dibattito contemporaneo per la scienza politica, la filosofia
politica, il diritto internazionale. Non manca, d'altro canto, chi sostiene che lo stato, com' tradizionalmente
inteso, non sia per niente alla frutta. Senza voler approfondire la questione in questa sede, rileviamo che
velleit di nostalgismo imperiale non si hanno solo nella vecchia Europa di mezzo, ma anche, tanto per fare
un esempio, nel medioriente di ottomana memoria. In Turchia la linea del presidente Erdogan sembra infatti,
abbandonato l'obiettivo di entrare nell'Ue, volta a ricostruire rapporti economici e politici con stati come
Siria, Iraq e Libano, uniti per secoli nell'ambito di quel grandioso mosaico di popoli che fu il Regno del
Sultano dei Sultani.2
Ma se davvero, dopo due secoli, il binomio stato-nazione e il conseguente sciovinismo fosse giunto al
capolinea, non sarebbe come se novant'anni fa i veri vincitori del conflitto siano stati Carlo I e Mehmet VI,
piuttosto che i leader inglesi e francesi? Le due guerre mondiali, ma anche avvenimenti pi recenti, come il
conflitto etnico che ha insanguinato i balcani negli anni '90, dovrebbero necessariamente portarci a rivalutare
i modelli di coesistenza pacifica tra popoli diversi, come quello offerto dall'Impero asburgico. Se i popoli
europei riusciranno a mettere da parte rivalit particolari e vecchi rancori e si uniranno in nome di un
patrimonio valoriale comune, potrebbero far sorgere una realt non molto diversa, almeno nello spirito, da
quella che fu l'antica monarchia danubiana. Che possa realizzarsi, allora, quell'antica profezia asburgica che
recitava Austria erit in orbe ultima ?
Un sogno chiamato Europa: intervista al dott. Paolo Petiziol
L'Associazione Culturale Mitteleuropa una realt che dal 1974 promuove iniziative storiche, culturali ed
economiche per favorire l'integrazione dei popoli europei e la costruzione di una coscienza europea
condivisa. I meriti avuti dall'associazione nel corso degli anni sono cos notevoli che il presidente, il friulano
Paolo Petiziol, stato insignito del titolo di Console onorario della Repubblica Ceca, oltre a molte altre
onoreficenze guadagnate presso altri stati. Forse proprio perch cresciuto in una terra di confine, che ha
subito le conseguenze degli odi etnici e ideologici, Petiziol da sempre impegnato nel favorire la ripresa di
un percorso di amicizia tra i popoli dell'Europa centrale, percorso durato secoli e drammaticamente spezzato
dai nazionalismi novecenteschi. Egli ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande sull'operato
della sua associazione e sullo stesso futuro dell'Europa.
-Da molti anni, il 18 agosto, in occasione dell'anniversario del genetliaco di Francesco Giuseppe,
l'associazione organizza la Festa dei popoli della Mitteleuropa, tradizionale occasione di incontro e
fratellanza tra i popoli dell'Europa di mezzo. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, questo evento
non permeato da uno spirito nostalgico, ma si protende decisamente verso futuro. Giusto?
-Senz'altro. Nel 1974, in occasione della prima edizione della festa, abbiamo rilevato ed ampliato una
tradizione gi esistente. Infatti deve sapere che i contadini delle valli friulane continuarono a festeggiare il
genetliaco imperiale anche dopo l'annessione all'Italia. Pensi che durante il fascismo erano costretti a
mascherare la celebrazione con la festa dell'Assunzione di Maria del 15 agosto, con tutti i rischi del caso.
Noi abbiamo premiato la tenacia e la forza morale di quelle persone, e abbiamo dato alla festa una
prospettiva futura. L'obiettivo che inseguivamo, il nostro sogno, era la costruzione di un'Europa unita. In
quegli anni la cortina di ferro divideva in due l'intero continente, e separava gli uni dagli altri popoli
storicamente fratelli. In origine uno dei fini della festa era anche quello di dare una speranza ai fratelli
separati, a chi viveva sotto il gioco dei regimi comunisti. All'epoca mi davano del visionario: il nostro

sogno, nel migliore dei casi, era definito una splendida utopia. Nessuno riusciva a immaginarsi che dopo
quindici anni la cortina sarebbe davvero scomparsa-Ci descrive brevemente alcune tra le altre iniziative promosse dall'associazione Mitteleuropa nel corso degli
anni?
-Alcuni esempi: dopo l'89, per cinque anni, in collaborazione con la facolt di medicina dell'Universit di
Udine, abbiamo organizzato dei convegni di medicina interna, chiamando a confrontarsi scienziati
provenienti da Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia... Questo perch ci eravamo accorti che negli
anni della divisione c'era stato poco dialogo tra le comunit scientifiche dell'est e dell'ovest. Questi incontri
hanno contribuito a promuovere il dialogo medico-scientifico su una una branca fondamentale della
medicina. Inoltre abbiamo cercato di favorire il dialogo tra religioni diverse, portando ad incontrarsi ad
Aquileia, sede dell'antico patriarcato, ortodossi, cattolici, uniati.. Da cinque anni organizziamo un convegno
a Gorizia, nel mese di ottobre, in cui i partecipanti possono confrontarsi su temi di geopolitica, economia e
cultura. Poi abbiamo la rivista... insomma, ci diamo da fare!-Parliamo di integrazione europea. Da qualche anno stata istituzionalizzata, nell'ambito dell'Ue, l'esistenza
delle euroregioni, entit amministrative dotate di personalit giuridica, composte da regioni transfrontaliere.
Queste trascendono i confini degli stati nazionali, e in certi casi (penso all'Euregio Trento-BolzanoInnsbrck) sembrano riproporre regioni storiche dell'Impero asburgico (in questo la Contea del Tirolo). Esse
possono essere viste come l'emblema delle difficolt in cui arrancano gli stati nazionali in questi anni? Dal
suo punto di vista che prospettiva di sviluppo hanno ?
-L'istituzione delle euroregioni ha avuto il merito di porre parzialmente rimedio ad alcuni errori compiuti
dagli uomini nel passato. L'esempio da lei citato particolarmente calzante: esiste un solo Tirolo, le cui
diverse zone (nord, sud, est, ovest) sono legate da una secolare comunanza storica e culturale. Pi in
generale, le euroregioni non sono state una novit, ma un tentativo di ridare slancio a zone culturalmente
omogenee. Tuttavia, al giorno d'oggi, in epoca globale, queste non sono pi sufficienti. Ora necessario
ragionare in termini di macroaree, come l'insieme delle aree balcaniche, di recente istituzione, o la
macroarea danubiana, formata dalle regioni attraversate dal fiume, e anch'esse legate da importanti legami
storici. Mi spiego meglio: anche il comune di Gorizia, con due comuni attigui, ha costituito una euroregione:
un'iniziativa lodevole da un punto di vista culturale, ma che obbiettivamente ha poche possibilit di sviluppo
economico. Le macroaree, nell'Europa dei 27, hanno di certo pi possibilit di attirare fondi e investimenti e
competere con le altre grandi regioni del pianeta-Cosa pensa dell'Unione Europea? Condivide le critiche pi comuni che vengono rivolte alle istituzioni
europee?
-Purtroppo s. L'Ue priva di un'anima, e non ha avuto neanche il coraggio di affermare che la cristianit
una sua prerogativa, che ha contribuito a plasmarne il volto. Inoltre i vari popoli non si sentono europei: il
veleno del nazionalismo ancora vivo. Al tempo dell'Impero romano per diventare civis romanus si
operava un sacrificium nationis, che consisteva nel rinunciare a qualcosa di particolare, in vista di un
bene superiore. Oggi in Europa questo spirito non c', tutto vissuto come un mercato. Si vive solo della
rivalit per accedere ai fondi economici.. E tutto ci, mi capisca, lo dico da europeo convinto, da assoluto
assertore della massima di Altiero Spinelli per la quale unirsi un imperativo di civiltL'Europa e l'Impero nel pensiero dell'Arciduca Ottone di Asburgo
Nonostante abbiano perso il trono, spesso gli Asburgo hanno continuato e continuano a fare politica attiva.
Tra questi, negli anni si particolarmente distinto il figlio primogenito di Carlo, l'ultimo Imperatore.
L'Arciduca Ottone di Asburgo, scomparso proprio nel 2011, ha ricoperto per pi di vent'anni la carica di
eurodeputato. Pi in generale, dal secondo dopoguerra egli ha consacrato la sua attivit pubblica alla causa
dell'unit europea. Leggiamo qualche stralcio tratto da un' intervista rilasciata pochi anni fa ma ancora
attualissima, per conoscere il suo pensiero circa la storia, lo spirito e il senso stesso del concetto di Europa.
D'altronde, chi meglio di colui, che ha detenuto dal 1922 al 2007 la carica di Imperatore titolare d'Austria,
potrebbe esprimersi in proposito?

Altezza, Lei il figlio di Carlo dAsburgo, lultimo imperatore dAustria-Ungheria. Che cosa significa
essere un Asburgo alle soglie del XXI secolo?
Credo che essere un Asburgo agli inizi del XXI secolo non significhi nulla di molto differente se paragonato
a quello che era il concetto di un Asburgo agli inizi del secolo scorso. Vede, professor de Anna, gli Asburgo
avevano, e conservano, una tradizione familiare che educava al servizio politico nei confronti dello Stato.
Siamo, in questo senso, una famiglia "politica"e di conseguenza sentiamo che il nostro dovere nellora attuale
di agire nella vita pubblica in favore di un avvenire migliore per le generazioni a venire. A mio giudizio,
questo futuro migliore passa inevitabilmente attraverso lunificazione europea.
Lei proviene da una famiglia che ha da sempre interessato il grande pubblico per le vicende e la personalit
dei suoi rappresentanti. Suo Padre fu lultimo imperatore dAustria-Ungheria succeduto a Francesco
Giuseppe nel 1916. Che ricordo conserva di Carlo dAsburgo? Sua Madre limperatrice Zita, apparteneva
alla dinastia che aveva regnato su Parma. Questa origine italiana di Sua Madre quanta importanza ha avuto
sulla Sua educazione? Esiste un legame speciale tra Lei e lItalia?
Durante la breve vita di mio padre ho vissuto relativamente pochi anni accanto a lui. Era lImperatore e, di
conseguenza, consacrava tutto il suo tempo ai doveri cui era chiamato. Non stato che negli ultimi anni
della sua vita, quando eravamo prigionieri a Madera, che lImperatore ha potuto avere un po di tempo per i
suoi figli. Ci ha insegnato molte cose, ci ha trasmesso molte delle sue conoscenze e soprattutto il suo
sentimento religioso. Per quanto concerne mia Madre, ella era sia di origine francese che italiana.
LImperatrice era dunque nel senso pi pieno una vera europea. Di conseguenza sono nati i nostri rapporti
sia con la Francia che con lItalia.
Come giudica storicamente lesperienza della Mitteleuropa alla luce dei pi recenti avvenimenti? Fu, come
dicono alcuni, il centro di aggregazione dellEuropa continentale o invece uno strumento del dominio
austriaco?
Credo che lAustria-Ungheria sia un eccellente esempio per la creazione di una Comunit Europea, in
particolare per quanto riguarda il problema delle minoranze linguistiche. A questo proposito, quanto viene
chiamato la Mhrischer Ausgleich un esempio cui ricorriamo spesso nel nostro lavoro di deputati del
parlamento dellUnione Europea. LAustria-Ungheria non era certamente un elemento di dominazione
austriaca. Basterebbe scorrere lelenco dei ministri per rendersene conto.
Lei vive una vita molto "europea. Abita a Pcking, nella Germania meridionale, lavora nel parlamento
europeo di Strasburgo, visita le sezioni di Paneuropa sparse nel continente: non una vita un po scomoda?
Non desidererebbe "andare in pensione" e godersi un po di tranquillit? I Suoi figli hanno ereditato da Lei
linteresse per lEuropa?
La mia vita "europea" fonte per me di un grande piacere. Non ho alcuna tentazione di andare in pensione,
finch il Signore me ne dar le forze, continuer. Viviamo in unepoca nella quale si sono potute prendere
decisioni di grande importanza per il futuro. So che le mie frequenti assenze rappresentano un problema per
la mia famiglia. Daltra parte, devo aggiungere che essa mi ha sempre aiutato grandemente; almeno tre dei
miei figli hanno contratto la mia stessa passione politica, e cio Walburga, attualmente segretaria generale
dellUnione Paneuropea, che vive in Svezia, Karl, che abita a Salisburgo, e Georg che risiede in Ungheria.
Una figlia, Gabriela, scultrice e vive in Germania. Quando scomparir, gli Asburgo continueranno a
lavorare.
Altezza parliamo ora dEuropa. Per molti lEuropa una convenienza economica, per altri una garanzia di
sicurezza militare e per altri ancora la perdita della propria identit nazionale. Che cosa significa per Lei
lunione del continente?
Per me lEuropa in primo luogo una comunit culturale e spirituale e in questo quadro costituisce
unentit politica. Leconomia utile ma essa non viene per prima. Lunificazione europea non rappresenta
una minaccia per lidentit di un popolo, anzi, soprattutto per le minoranze, la migliore garanzia della
loro sopravvivenza.
LEuropa dei valori e delle tradizioni. Che significato ha per Lei leredit cristiana per lEuropa? Le radici
cattoliche, ortodosse e protestanti non ci riconducono piuttosto alla divisione che allunificazione?
Senza dubbio la tradizione cristiana giocher un ruolo decisivo nellEuropa futura. Quando visitiamo una

qualsiasi citt europea ci rendiamo conto che senza il cristianesimo la nostra cultura non esiste. Per me, uno
dei gradi giorni della mia vita stato quando dopo tre anni passati negli Stati Uniti a causa degli
avvenimenti della seconda guerra mondiale, sono rientrato in Europa e ho rivisto dopo tanto tempo una citt
nel cui centro si trovava una cattedrale non una grande banca o un edificio amministrativo. La tradizione
cristiana rappresenta certamente il fattore pi importante dellunificazione europea.3

Ancora sul tema della "Reichsidee", citiamo un contributo dell'Arciduca Carlo, primogenito di Ottone:
"il concetto di Impero nel senso che noi intendiamo l'espressione di diritti, leggi e valori sovranazionali,
cos come stato parzialmente rappresentato dall'Impero Austroungarico."L'Ue, lungamente rappresentata
anche da suo padre un'istituzione nella quale ripone una sincera fiducia, ma che a suo avviso ha ancora dei
grossi limiti4 per poter diventare il nuovo Impero, la nuova casa dei popoli europei : "Il consiglio dell'Ue si
considera ancora il potere esecutivo e (in parte) quello legislativo dell'Unione. Ci dovr lentamente
cambiare in futuro se davvero vogliamo un sistema europeo praticabile che si prefigga il meglio per il suo
popolo. Anche in questo caso i principi dell'idea di Impero come ordine sovranazionale, assieme al principio
di sussidiariet come struttura a base cristiana della nostra societ, possono costituire insieme il piano
regolatore per il futuro"5
1

A.De Benoist, op.cit. pp.171-172


La prestigiosa rivista di geopolitica Limes nei mesi scorsi ha dedicato un intero numero al tema: Limes, rivista di geopolitica. Il
ritorno del sultano , Gruppo editoriale l'Espresso, n 4, ottobre-novembre 2010
3
Tratto da http://www.paneuroparsm.org/intervistaOtto.htm, intervista a cura di Luigi De Anna
4
In scienza politica si parla di deficit democratico dell'Ue in riferimento al fatto che l'organo elettivo (l'europarlamento) non ha un
effettivo potere legislativo, che altres in buona parte gestito dal Consiglio dei ministri, composto dai membri degli esecutivi
nazionali (i quali non hanno una dirette legittimazione popolare)
5
AA.VV. "Imperia. Esperienze imperiali nella storia d'Europa", ilCerchio iniziative editoriali, 2008 pp. 5-6
2

Conclusioni:
nell' Impero?

perch

credere

ancora

Perch parlare ancora di Impero nel 2011? Nel capitolo succesivo analizzeremo nel dettaglio questioni
geopolitiche e storiche, legate alla concreta tragedia della Finis Austriae. Ribadiremo i motivi per cui il
nazionalismo giacobino-massonico, realt cos lontana dal vero identitarismo tradizionale, stato un male
che ha avvelenato la vita dei popoli europei per secoli. E capiremo come, per costruire la nuova Europa,

fondata sulla fratellanza delle piccole patrie identitarie, un' Europa che sia pacifica al suo interno e
autorevole verso l'esterno, sar necessario fare riferimento all'esempio dell'Austria-Ungheria, impareggiabile
modello di convivenza serena tra popoli diversi. E costruzione statale nella quale ha vissuto e brillato, in
pieno XX secolo, lo spirito imperiale. Prima per facciamo altre considerazioni, magari un po' pi astratte
ma non per questo meno stimolanti, legate alla condizione dell'uomo occidentale moderno. Questi, in
un'Europa nuovamente e realmente imperiale, sarebbe meno "libero" di adesso? O, forse, potrebbe invece
valorizzare al meglio la sua umanit?
Ha scritto lo studioso apuano Fabio Falchi: "la definitiva separazione della sfera politica da quella
spirituale, che si verifica con il tramonto dellecumene medievale e la dissoluzione del Sacro Romano
Impero, comporta inevitabilmente la fine della societ olistica e rende possibile linstaurazione di un regime
totalitario o, peggio ancora, il dominio di unoligarchia pluto-tecnocratica che trasforma i singoli in una
massa di individui eterodiretti.1 Qui Falchi, rifacendosi a Julius Evola, denuncia il rischio che uno stato non
organico, e privo di un principio spirituale forte alla sua base, possa precipitare i suoi cittadini in una nuova e
particolare forma di totalitarismo. Fermiamoci un attimo. Dove avevamo gi ascoltato una denuncia analoga?
Forse nelle immortali pagine de La democrazia in America di Tocqueville? Proprio cos: Se cerco di
immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potr avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di
uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri.
Ognuno di essi, tenendosi da parte, quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici
formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli vicino ad essi ma
non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una
famiglia, si pu dire che non ha pi patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo
si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. E assoluto, particolareggiato, regolare,
previdente e mite. Rassomiglierebbe allautorit paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli
uomini alla virilit, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nellinfanzia, ama che i cittadini si
divertano, purch non pensino che a divertirsi2 In questo celeberrimo brano il Conte riesce in modo
straordinariamente efficace a prevedere il futuro, e a immaginare, appena pochi anni dopo la fine dell'antico
regime, come si sarebbe evoluta la societ liberale. (N.B: laccostamento tra Tocqueville ed Evola
ovviamente provocatorio e discutibile. Il francese, considerato un padre del liberalismo -per quanto gli
studiosi abbiano interpretato il suo pensiero in modo non certo univoco- ha previsto i limiti della futura
societ liberale di massa; tra le sue considerazioni e le denunce del filosofo antiliberale novecentesco, si
possono trovare secondo me dei punti di contatto)
Ancora Falchi: Con la liquidazione di ogni idea di centro - lImpero interiore - da un lato si afferma il
dominio dei valori economici, dallaltro si radicalizza la crisi del legame sociale per lincapacit dello Stato
moderno di dare forma politica allo sradicamento dellethos comune.3 In uno stato che non abbia alla base
un principio spirituale forte, ammonisce Falchi, il fine dell'uomo rischia di diventare il profitto economico
individuale. Avremmo a che fare, dunque, con un'umanita deumanizzata. Un articolo di Claudio Magris,
pubblicato sul Corriere della Sera qualche anno fa, sembra in qualche modo rispondere alla denuncia del
nostro saggista. Esso descrive il clima che si respirava nell'Impero Austro-Ungarico ancora alla vigilia della
prima guerra mondiale, e che gi contrastava con la pragmatica razionalit economicista delle democrazie
occidentali. Ne riportiamo alcuni significativi stralci:
"...l'austriaco, il cittadino di quel paese plurinazionale, non sfruttava il tempo per guadagnare denaro bensa differenza di molti suoi contemporanei, specie anglosassoni- cercava di guadagnare il denaro necessario
per godere a fondo il tempo [...] non desiderava convertire il tempo in denaro, ma al contrario preferiva
vuotarsi le tasche dei soldi per ricevere tempo. Non si trattava di un atteggiamento anticapitalista o
sprezzante dell'economia, ma di una concezione che, pur attenta all'economia, si rifiuta di trasformarla in
una visione del mondo, di farne una metafisica. [...] quest'ultimo ( l'impero asburgico) era altamente
sviluppato sotto il profilo economico [...] e aveva elaborato un pensiero economico che ha un ruolo
fondamentale nella storia dell'economia. Ma [...] (l'economia) non aveva mai esorbitato dal suo campo
specifico; non era divenuta [...] una visione del mondo, (era) la scienza necessaria per realizzare, tramite
l'economia,
valori
che
non
sono
economici.
[...]
Il denaro, nella letteratura austriaca, non viene investito, non un demone che converte tutto in
qualcos'altro, ma denaro speso all'osteria per godere beni consumabili, immobilizzato nell propiet
agraria di lunga durata anzich investito nella speculazione edilizia che altera quel paesaggio agrario[...]
Non a caso nella letteratura austriaca dell'800 assente il romanzo, il genere artistico per eccellenza della
grande borghesia europea la quale piaceva a Marx perch cambiava e sradicava il mondo con la mobilit

del
denaro
[...]
E a questa divinazzazione del capitale, non al capitale in s, che la cultura austriaca contrappone non solo i
suoi indimenticabili vagabondi- la loro vita lieve come la morte del santo bevitore di Roth, che non ha avuto
nulla ma ha avuto il tempo- ma anche il rigore dei suoi scienziati dell'economia, come Schumpeter, uno dei
maestri del pensiero economico del '900, il quale in un suo frammento narrativo racconta la storia di
un'esistenza che, traducendosi tutta nel produrre, si svuota nel nulla...."4
Con queste considerazioni speriamo di indurre alla riflessione chi continua a vedere lo stato nazionalliberale moderno (sulla base di una mentalit evidentemente determinista) come una realt non criticabile,
non migliorabile, e, in ultima istanza, non superabile; non superabile in favore di quel mito che per
accompagna da sempre la storia e lo spirito del vecchio continente, e che proprio in quanto mito vive nella
tradizione eterna e non invecchia mai: l'Impero.
Oltre il muro del nulla. Orientamenti per un'interpretazione di Juluis Evola" di Fabio Falchi :
http://www.fondazionejuliusevola.it/Documenti/OLTRE%20IL%20MURO%20DEL%20NULLA%20Fabio%20Falchi.pdf
2
A.de Tocqueville, op.cit. p. 732
3
F.Falchi, op.cit
4
Cfr "Corriere della sera" del 19 luglio 2008, p.41

Ultimo erede del Sacro Impero stato l'Impero Austro-Ungarico. Ricordiamo che ufficialmente il SRI fu
sciolto da Francesco II nel 1806, in seguito alle pressioni di Napoleone, e dalle sue ceneri si svilupp
l'Impero d'Austria e poi d'Austria-Ungheria.
Pur con mille limiti, e nonostante molti errori commessi dai suoi dirigenti, l'Austria-Ungheria ha
rappresentato un modello di stato alternativo agli stati unitari liberali, un baluardo della tradizione cattolica
in un' Europa che agli albori del XX secolo si avviava a grandi passi verso la secolarizzazione. E che, da l a
poco, avrebbe fatto di istanze materialistiche quali la razza, il denaro o la classe sociale le nuove religioni,
creando i prodromi di lager, gulag e della seconda guerra mondiale.
In questa seconda parte vedremo meglio il funzionamento della macchina statale austriaca e conosceremo le
cause e soprattutto le diaboliche conseguenze del tracollo dell'Impero, avvenuto al termine del I conflitto

mondiale. In ultima istanza sar analizzata la straordinaria figura del Beato Carlo I d'Austria, l'ultimo
Imperatore, di cui presenteremo una sintetica ma significativa biografia

Austria is a puraly imaginary name, which means neither a distinct people nor a land or nation. It is a
conventional name for a complex of clarly differentiated natiolaties There are italians, germans, slavs,
hungarians, who together constitute the Austrian Empire.
"Austria un nome del tutto immaginario, che non significa n un popolo in particolare n una terra o una
nazione. Esso un nome convenzionale per un complesso di nazionalit chiaramente distinte... Ci sono
italiani, tedeschi, slavi, ungheresi, che tutti insieme costituiscono l'Impero Austriaco"
"The Multinational Empire" R.Kann, Vol. I "Empire and Nationalistes", Columbia University Press, 1950

I principi imperiali nell'Austria del


XX secolo

Chi dice federazione, dice principio federatore. Chi dice Impero, dice idea imperiale
-Alain De Benoist-

L'Ausgleich del 1867


Andando oltre le astratte idealizzazioni e studiando concretamente il funzionamento della macchina
burocratica e amministrativa austro-ungarica, come si traducevano alla vigilia della grande guerra i princpi
imperiali di autodeterminazione delle singole comunit nazionali? La risposta a questa domanda non pu
essere univoca, dal momento che il compromesso del 1867, sancito dalla Costituzione di dicembre, aveva
diviso lo stato asburgico in due regni separati, cui erano rimasti in comune solo tre ministeri (esteri, guerra ed
economia) oltre, ovviamente, alla figura dinastica dell'Imperatore.
Lo spartiacque tra i due regni era il fiume Leitha, perci la parte austriaca era detta Cisleitania (in quanto dal
punto di vista austriaco erano le terre ad ovest del fiume); la parte ungherese era invece detta Transleitania,
perch comprendente le terra ad ovest del Leitha, e aveva il nome ufficiale di Terre della sacra corona
ungherese di S.Stefano. Il compromesso affondava le sue radici nel disastroso esito della guerra
austro-prussiana dell'anno precedente, che ebbe il suo culmine nella battaglia di Sadowa e che signific,
dopo sei secoli, la fine della supremazia degli Asburgo sulla Germania. La compagine statale austriaca, cos
gravemente indebolita, non pot fare altro che concedere questa amplissima autonomia al gruppo etnico pi
compatto e consistente dell'Impero, da sempre spinto da velleit autonomistiche quando non indipendentiste:
i magiari. Ma l'amministrazione ungherese nei confronti delle minoranze etniche della parte orientale
dell'Impero fu permeata da una inequivocabile volont di repressione, e ci min gravemente la stabilit e
l'armonia di tutto lo stato.
L'Ungheria era nelle condizioni stesse dell'Austria, essendo abitata al pari di questa da popoli di razza
diversa; ma essa aveva applicato il metodo degli stati nazionali unitari1
E dire che il regno ungherese, fondato da S.Stefano nell'anno 1000, aveva una plurisecolare storia alle
spalle, una storia che per Polzer-Hoditz non era sempre stata una storia di repressione: un tempo l'Ungheria
era stata una sede ospitale per tutti i popoli che vi avevano sede. La formula di Stefano il Santo -Unius
linguae uniusque moris regnum imbecile et fragile est- aveva conservato tutta la sua magica forza
(ovviamente non negli ultimi anni, nds)2
Infatti mentre nella parte occidentale dell'Impero i tedeschi, etnia di maggioranza relativa, cercavano di
mantenere vivo lo spirito federale3, nelle terre ungheresi i magiari umiliavano puntualmente le
manifestazioni culturali dei vari croati, ucraini ecc, creando un pericolosissimo disagio nella maggior parte
degli slavi della monarchia.4 Inoltre a questo si univa il malcontento dei boemi, etnia predominante
nell'attuale Repubblica Ceca, i quali, in quanto nazione storicamente legata al Sacro Romano Impero da
secoli, avrebbero voluto vedersi riconosciuti da Vienna gli stessi diritti dei magiari. E cos i polacchi, i
croati...
Gi nel corso della prima met del XIX secolo l'etnia magiara aveva cercato di imporre la sua lingua negli
affari ecclesiastici e nell'ambito giuridico, sostituendo il latino. E' facile capire come ci determin la
massima agitazione in tutte le parti non ungheresi del Regno5 E se, all'indomani dell'Ausgleich, la legge sulle
nazionalit voluta dal Deak sembrava poter tutelare le minoranze linguistiche, essa purtroppo fu sempre
applicata in modo arbitrario o non applicata. In Ungheria i veri padroni erano i possidenti terrieri, la
gentry, che in virt di un sistema elettorale antiquato e discriminatore possedevano la quasi totalit della
rappresentanza popolare. Invece a Vienna, nel 1907, inizi a lavorare un parlamento eletto a suffragio
universale, nel quale tutte le minoranze avevano diritto ad una proporzionale rappresentanza parlamentare. I
trentini Alcide de Gasperi e (addirittura) il famoso irredentista Cesare Battisti furono tra gli italofoni che in
questi anni sedettero al Reichsrat.
Ricordiamo che la composizione etnica della monarchia, in base al censimento del 1910, vedeva i seguenti
rapporti demografici di forze: per la Cisleitania, tedeschi 35,6%, cechi 23%, polacchi 17,8%, ruteni 12,6%,
sloveni 4,5%, croati 2,8%, italiani 2,7 % e rumeni 1%; per la Transleitania, magiari 48,1%, rumeni 14,1%,
tedeschi 9,8%, slovacchi 9,4%, croati 8,8%, serbi 5,3% e ruteni 2,3%6
Non che a Vienna nessuno non si rendesse conto della situazione, e non cerc una soluzione, ma gli uomini
di stato austriaci non la poterono trovare, perch era loro inibito d'immischiarsi negli affari ungheresi7
Questo perch Francesco Giuseppe, nel momento dell'incoronazione di Budapest del 1867, aveva
solennemente giurato di rispettare le prerogative costituzionali ungheresi. Mai, negli anni successivi, venne
in mente all'anziano Imperatore di venir meno agli impegni presi con la nobilt magiara, anzi rispett le sfere

d'influenza tra le due parti dell'Impero con precisione quasi matematica e non parl mai con un ministro
di questioni che riguardassero il dicastero d'un altro8. Ci di certo non and in direzione del bene
dell'Impero, ma non possibile affermare con certezza se sarebbe stato possibile agire in modo alternativo: il
giuramento rappresentava per il Kaiser un limite formidabile a sue eventuali volont riformatrici.
Dal giorno in cui si leg col giuramento prestato a Re di Ungheria, egli non govern pi che formalmente:
lo scettro che avrebbe dovuto proteggere ugualmente tutti i popoli dell'Impero nei loro diritti individuali, era
passato, dalle sue mani, a quelle dei magiari9 Rispondere invece alla questione se lo stesso compromesso
del '67 sia stato il male minore, o comunque una scelta inevitabile in un momento difficile della storia
asburgica, non rientra tra gli obiettivi di questo libro.
Non sarebbe onesto da parte nostra negare che anche in Cisleitania furono anni convulsi. D'altronde, la
seconda me t del XIX secolo stata di certo il periodo storico pi delicato per le questioni legate alla
nazionalit. Nel 1871 il Consiglio dei ministri aveva respinto la proposta del prof. Schlffe, che si articolava
in 18 "articoli fondamentali"e prevedeva una profonda riforma federale nella parte austriaca dell'Impero,
comprendente tra le altre istanze la comparazione giuridica tra tedeschi e cechi in Boemia. "Non abbiamo
vinto a Sedn per diventare gli iloti dei cechi"10 arriv a gridare un boemo tedesco, a riprova di quanto
ascendente esercitasse il moderno stato nazionale prussiano sui pangermanisti d'Austria. I cechi, dal canto
loro, avevano le loro rivendicazioni, come abbiamo gi visto. E ci rimasero male non poco quando Francesco
Giuseppe si rimangi la promessa di farsi incoronare Re di Boemia, nell'ambito di un processo che li avrebbe
parificati simbolicamente ai magiari del regno d'Ungheria. D'altra parte, il primo ministro ungherese
Andrassy non avrebbe tollerato una uguaglianza tra ungheresi e boemi, e afferm che ci avrebbe portato
delle conseguenze sulle relazioni tra le due met dello stato. Tuttavia, gi pochi anni dopo a Praga fu creata
una universit ceca, con tutte le facolt. E se ci determin nuove tensioni tra le due etnie, l'Imperatore, "che
parlava sempre solo dei suoi popoli [...] ordin: dovere delle autorit rimane perci quello di mantenere
l'ordine [...] senza riguardi per partiti e nazionalismi"
Per quanto rimanessero aperte molte questioni pi o meno calde ( ad esempio il rapporto tra slavi e italiani in
Istria e soprattutto in Dalmazia), sembrava che almeno in Austria queste potessero essere progressivamente
superate.
Le volont riformatrici di Francesco Ferdinando
La necessit di una riforma in senso federale dell'intera monarchia, comunque, era del tutto chiara agli occhi
dell'erede al trono, Sua Altezza Imperiale Francesco Ferdinando. Zio Francesco, come lo ricordava
affettuosamente il futuro Imperatore Carlo, aveva intuito che in tempi di montante panslavismo mantenere
met Impero sotto il gioco magiaro voleva dire attirare i nazionalisti slavi verso la sfera d'influenza del regno
di Serbia e del gigante russo.
Perci, avendo compreso che la principale causa della passivit istituzionale che aveva caratterizzato gli
ultimi decenni del regno di Francesco Giuseppe era il giuramento prestato ai magiari nel 1867, aveva
elaborato un astuto piano per aggirare i limiti imposti dal giuramento stesso 11, e poter cos riformare l'Impero
in modo da garantire anche agli slavi del Regno di S.Stefano una maggiore autonomia. Si trattava,
semplicemente, di riformare la Costituzione ungherese nei mesi precedenti il giuramento, che avrebbe
dovuto prestare in occasione della solenne incoronazione a Re di Ungheria, da tenersi a Budapest nel giro di
non pi di sei mesi dall'ascesa al trono. Non molti, ma sufficienti per imporre all'etnia magiara, se necessario
anche con la forza, di introdurre in Transleitania il suffragio universale e l'uguaglianza dei diritti per tutte le
nazionalit.
Nel momento in cui era diventato erede al trono, Francesco Ferdinando aveva stabilito il suo quartier
generale presso il castello del Belvedere, e si era circondato di persone di sua fiducia, tra cui il pubblicista
rumeno Aurel Popovici, autore di un'opera che sintetizzava mirabilmente i sentimenti federali dell'Arciduca e
intitolata Stati Uniti della Grande Austria. La proposta, concepita da Popovici nel 1906, prevedeva di
ridisegnare la mappa dell'intero Impero attraverso l'istituzione di stati semiautonomi su base
etnico-linguistica. Se fosse stata promulgata, questa riforma avrebbe attuato in massimo grado i principi della
Costituzione di Kremsier del 184812. Ma la storia volle che il nipote di Francesco Giuseppe non sal mai al
trono.
Non detto, comunque, che anche se fosse divenuto Imperatore, Francesco Ferdinando avrebbe risolto i
problemi interni della monarchia: come sbagliato sostenere deterministicamente che l'Austria era destinata

alla dissoluzione, lo anche ritenere che essa avrebbe per forza dovuto durare in eternum. Fejto, il grande
storico che con maggiore lucidit e capacit argomentativa ha sostenuto la tesi del complotto anti-austriaco
volto alla cancellazione dell'antica monarchia dalle cartine geografiche, ha ad esempio scritto che il suo
progetto (di Francesco Ferdinando, nds) di rivedere il compromesso del 1867 con gli ungheresi che, a suo
parere, ne avevano abusato, e di reintegrare l'Ungheria, se necessario manu militari, nello stato austriaco
ricentralizzato, avrebbe potuto, se ne avesse avuto il tempo, provocare una crisi dalle conseguenze
imprevedibili e, probabilmente, una nuova guerra civile tra Austria e Ungheria13
Ovviamente, non era questo il pensiero del Kronprinz, che nel 1913 rivelava ad un suo confidente di poter
facilmente eliminare i problemi dello stato, su tutti quelli legati al malcontento degli slavi del sud, cui
abbiamo gi fatto riferimento: Conosco bene i croati e i dalmati, e garantisco che non mi servirebbero pi
di quarantotto ore per riportare da loro la stabilit e la fiducia nei confronti della monarchia14
Checch ne pensassero gli ungheresi, ovviamente. Fermiamoci qui, per ora. Come Carlo cercher di superare
questi problemi, pur nel difficile contesto della guerra mondiale, lo scopriremo in seguito, quando
analizzeremo ne dettaglio la vita e l'azione dell'ultimo Imperatore
Qualche considerazione: L'Impero d'Austria era davvero uno stato arretrato e oppressivo?
Nel prossimo paragrafo parleremo della dissoluzione dell'Austria-Ungheria. Qui ricordiamo, in breve, quanto
malizioso e strumentale sia stato, negli anni, presentare l'Impero come un rottame della storia, e come un
regno retrogrado e oppressivo. Lo faremo citando dei dati sporadici, tratti dalla fondamentale "Storia
dell'Impero Asburgico 1700-1918" di Jean Berenger. Checch ne pensino gli invasati apologeti del nostro
risorgimento, ad esempio, ogni confronto tra la duplice monarchia e lo stato sabaudo risulterebbe a dire il
vero impietoso proprio per l'Italia. Si pu fare riferimento, ad esempio, all'alfabetizzazione (l'istruzione
elementare fu resa obbligatoria da Maria Teresa nel 1774); allo stato sociale (negli anni '80 furono promosse
leggi in favore dei lavoratori, quali norme sugli incidenti e assicurazioni sulle malattie, che spinsero il
socialista Adler ad ammettere che l'Austria aveva la migliore legislazione nei confronti dei lavoratori; alla
percentuale di aventi diritto al voto (nel 1867 in Austria poteva votare il 60% dei maggiorenni, in Italia poco
pi dell'1%). In Cisleitania il diritto di voto universale fu approvato nel 1906 (in Italia dopo la prima guerra
mondiale). La stampa era libera, priva di censure e oppressione.
Ancora: se davvero i popoli della monarchia si sentivano oppressi, e le spinte nazional-indipendentiste (che
pur non mancarono, e furono la spina nel fianco dell'Impero fino alla fine) erano cos irresistibili, se ne
deduce che l'esercito avrebbe dovuto disertare in massa il primo giorno di combattimento della grande
guerra. Ma cos non fu: ... se esse non solo fecero il loro dovere in guerra ma - come accadde per le
nazionalit pi evolute, e cio i croati, i polacchi, e persino coi cechi - riconfermarono esplicitamente la
loro appartenenza allo stato come suoi cittadini, ci dimostra (quale che sia il peso che si voglia attribuire
al diritto di guerra) che esse avevano trovato nella struttura federativa della monarchia un appagamento
nazionale tale da non desiderarne lo scioglimento15. In effetti noto che, fino agli ultimi drammatici giorni,
nel corso del conflitto solo pochi reparti cechi disertarono.
Riportiamo altri dati, per sottolineare l'impetuoso sviluppo economico conosciuto dall'Austria-Ungheria nei
decenni a cavallo tra XIX e XX secolo, e che rendono tutto, tranne che l'impressione di uno stato in
decomposizione: tra 1867 e 1913 la popolazione totale crebbe del 35%, mentre la densit di popolazione
crebbe a ritmi dell'1% all'anno; la produzione di carbone in Ungheria raddoppi, mentre quella di grano e
avena triplic; la produzione totale di carbone, nell'Impero, pass dalle ottocentomila tonnellate annue del
1848 ai 34 milioni del 1904. Se vogliamo trovare due limiti all'economia austro-ungarica, la quarta potenza
industriale europea (dopo Gran Bretagna, Germania e Francia) possiamo citare la scarsit di investimenti
indigeni (e quindi la debolezza della borsa e la dipendenza finanziaria dal capitale straniero) e , soprattutto,
un'innegabile disparit di sviluppo sociale tra le varie aree. Le terre abitate dai rumeni e dai ruteni, ad
esempio, registravano problemi sconosciuti alle ricche aree boeme o dell'Austria tedesca.
Concludiamo ricordando che la Vienna di fine secolo era la citt di Freud, di Mahler e di Klimmt. Niente
male, per essere la capitale di uno stato allo sbando.
1

A.Polzer-Hoditz, op.cit, p. 31
Ibid.

Ovviamente anche la Cisleitania non era uno stato perfetto e possedeva i difetti e i limiti di ogni costruzione umana. Le reali leve del
governo erano di fatto nelle mani dei tedeschi (ancora nel 1906, ad esempio, l'80% del totale degli ufficiali dell'esercito comune
erano di etnia tedesca J.Berenger Storia dell'Impero asburgico 1700-1918, Il mulino, 2003, p. 274 ). Inoltre, nella fase
cosiddetta neoassolutista del governo di Francesco Giuseppe, (1849-1861) furono portate avanti politiche di germanizzazione,
in parte forse inevitabili (era impensabile mantenere l'unit dello stato se i vari popoli non avessero potuto comunicare tra di loro,
e per questo era indispensabile che i non germanofoni imparassero il tedesco- lingua parlata dalla maggioranza degli abitanti
dell'Impero- come seconda lingua). Altri provvedimenti di questi anni furono superati con le riforme costituzionali del 18601861.
Comunque, aldil della preponderanza tedesca, in Cisleithania ogni altra nazione aveva modo di esprimere i suoi valori culturali
liberamente. Basti pensare al caso dei polacchi, un popolo disperso in tre stati dalla fine del XVIII secolo, ma che solo nel Regno
di Galizia (Polonia austriaca) godeva della presenza di universit in lingua polacca. A riprova di quanto fosse complicato
risolvere le questioni linguistiche in quel mosaico di popoli che era l'Impero, possiamo citare il caso delle ordinanze Badeni
dell'aprile 1897, le quali prevedevano che gli amministratori pubblici in Boemia e Moravia avrebbero dovuto parlare ceco e
tedesco: ci poteva diventare un problema per i tedeschi pi che per i cechi, i cui dirigenti conoscevano gi quasi tutti il tedesco.
Il rischio che le ordinanze potessero estendersi ad altre aree ed i tedeschi dovessero necessariamente diventare bilingui dove
erano minoranza (ovunque fuori dall'attuale Repubblica austriaca) gener forti proteste e le ordinanze, a loro volta pensate dal
primo ministro Badeni per avere l'appoggio ceco contro i magiari nell'ambito di una disputa fiscale, furono ritirate. (cfr A.Palmer.
Francesco Giuseppe. Il lungo crepuscolo degli AsburgoArnoldo Mondadori, p. 336, 1995 )
4
L'insegnamento elementare, per, anche nel Regno di Santo Stefano si svolgeva nella lingua madre dei vari popoli; quello
secondario invece veniva impartito solo in ungherese e tedesco.
5
A Polzer-Hoditz,op.cit. p. 32
6
N. Merker, op.cit. p.97
7
A. Polzer-Hoditz, op.cit, p.34
8
Ibid. p.35
9
Ibid. p.26
10
F.Herre, "Francesco Giuseppe", Fabbri Editori, p.252, 2000
11
Il giuramento prevedeva, tra le altre cose, di impegnarsi sul Dio vivente, la Vergine Maria e tutti i santi di Dio di preservare
l'integrit delle terre di s.Stefano
12
Nel 1848 il Reichstag rivoluzionario di Kremsier, in Moravia, promosse una riforma federale che avrebbe diviso la monarchia in
circondari politico-amministrativi, governati ( qui l'aspetto quasi rivoluzionario) da diete circondariali elettive. Autogovernate,
insomma. Purtroppo il parlamento venne sciolto dai militari nel marzo del 1849, al termine del periodo sovversivo. La
costituzione del 1861, valida comunque solo per l'Austria, riproponeva i temi del '48 (parit dei diritti per tutte le etnie, tutela e
conservazione delle peculiarit nazionali...) ma in un contesto autoritario e centralizzato.
N. Merker, op.cit. pp. 104-105
13
Ibid. p.184
14
Ibid. p.179
15
F.Von Wieser, "La fine dell'Austria" Archivio Guido Izzi, 1989, p.153

La Finis Austriae
-Siam concordi, in forze unite
del potere il nerbo sta.
Alte imprese fian compite
se concordia in noi sar.
Siam fratelli e un sol pensiero
ne congiunga e un sol cuor

Duri eterno questo Impero


salvi Iddio l'Imperator
Quarta strofa della versione italiana dell'Inno imperiale

L'Impero Austro-Ungarico non era solo l'erede della tradizione politica medievale e cristiana, ma
anche una grande potenza politica ed economica, la cui stessa esistenza aveva un'importanza
geopolitica incalcolabile, in quanto storico punto di riferimento dei popoli dell'Europa centrale, e
baluardo alle velleit espansionistiche russe e tedesche. In questo capitolo analizzeremo brevemente
le cause e le conseguenze dello smembramento dell'Impero.

Chi e perch ha voluto la scomparsa della monarchia millenaria ?


L'Impero asburgico, una monarchia cattolica sovranazionale, sopravvissuta in un'epoca di repubbliche e
stati-nazione giacobini, era un dinosauro, destinato inevitabilmente a crollare su se stesso per i contrasti tra le
diverse nazionalit. Questa, in sintesi, stata l'interpretazione classica della fine dell'Austria, una visione
deterministica per la quale l'antico regno esploso e, soprattutto, non avrebbe potuto non esplodere1. In
questo senso, la grande guerra sarebbe stata solo la "goccia" che ha fatto traboccare il vaso. Negli ultimi
decenni questa versione stata pi volte messa in discussione. Particolarmente nota e importante l'opera
Requiem per un impero defunto dello storico franco-ungherese Franoise Fejt, alla quale ci rifaremo in
pi occasioni.
Egli ha testualmente sostenuto2 che "l'Austria-Ungheria non esplosa, ma stata fatta esplodere"3 Artefice di
questo progetto sarebbe stata la massoneria internazionale, in primo luogo francese e italiana. Ci,
coerentemente con un antico disegno che prevedeva di repubblicanizzare l'Europa e di far trionfare il
principio di nazionalit giacobino, completando cos l'opera iniziata con la rivoluzione del 1789.
Ma i motivi del risentimento antiasburgico della massoneria sono anche altri: il concetto di potere dinastico,
fondato sull'autorit di una famiglia, e volontariamente sottomesso in ultima istanza all'autorit di Dio, non
poteva infatti essere accettato dalla mentalit modernista. Pi in generale, quindi, l'Austria, che per la sua
efficienza e pacificit "costituiva in sostanza un modello di evoluzione sociale alternativo a quello che
scaturisce dall'ideologia del democratismo universale"4 era necessariamente il nemico da abbattere. E, in
primo luogo, da abbattere era il nuovo sovrano, Carlo: se l'anziano Francesco Giuseppe era infatti emblema
di un mondo al crepuscolo, il giovane Asburgo, pieno di vita e con la volont di modernizzare lo stato nella
continuit della tradizione cristiana e monarchica, era fumo negli occhi della "inimica vis". Da qui inizi la
fase della calunnia, dai grembiulini ampiamente giostrata, e a cui faremo ulteriormente riferimento pi
avanti.
Caliamoci ora brevemente, sulla scia di Fejt, nel clima culturale della Francia post secondo impero:
"..l'arrivo al potere in Francia del Partito radicale segn l'apogeo dell'ideologia repubblicana. Si intende il
termine "ideologia"nel senso di "sistema globale di interpretazione storico-politico del mondo", nel quale la
lotta contro i principi nemici- il clericalismo, cio la Chiesa, e il dispotismo, ovvero le monarchie- occupava
una posizione centrale. Questa ideologia fu un singolare miscuglio di razionalismo ereditato dal secolo dei
Lumi e di storicismo romantico (neo-manicheo) [...] Alla vigilia della guerra, i repubblicani controllavano la
stampa, si battevano per una scuola laica e gratuita. "Essi sono gli eredi della Rivoluzione, e vogliono
spingere il proprio vantaggio fino in fondo: repubblicanizzare l'Europa""5
Ma cosa significava repubblicanizzare l'Europa - si chiede allora Fejt? - Semplice: in primo luogo,
distruggere l'Impero d'Austria-Ungheria, baluardo monarchico e cattolico, erede del Sacro Romano Impero e
della tradizione politica medievale. Il diffondersi dell'ideologia repubblicana nella laicissima terza repubblica
ebbe come effetto che durante la guerra i capi di stato poterono sfruttare a fondo "il sentimento patriottico,
rafforzato dal messianismo repubblicano, del quale il nemico era completamente sprovvisto"6
Tuttavia, "se la popolazione francese di sinistra, piccoloborghese e operaia, radicale e repubblicana, era
quasi religiosamente legata alla tradizione rivoluzionaria, si pu dire, ricorrendo allo schema classico
leninista "classe operaia e sua avanguardia", che fu la massoneria, organizzazione elitaria, ben strutturata,
meglio organizzata e pi centralizzata dei partiti politici, a svolgere un ruolo di avanguardia nella

trasformazione della guerra di potenza in guerra ideologica per la repubblicanizzazione dell'Europa"7


Il congresso internazionale massonico dei paesi alleati e neutrali, che si svolse a Parigi tra il 28 e il 30 giugno
1917, fece avere ai rispettivi governi le rivendicazioni dei "popoli oppressi". Vediamo in che termini furono
descritti gli imperi centrali (non facendo distinzione tra Austria e Impero tedesco) dal relatore, Andr Lebey:
"senza la loro irrimediabile disfatta, n i diritti dell'uomo, n i diritti dei popoli esisteranno mai. Se vi una
guerra santa, questa. Dobbiamo ripeterlo senza mai stancarci"8
Insomma, se lo stesso Fejt riconosce che non fu solo la massoneria ad agire in funzione antiaustriaca "per
dichiarare che l'impero fu deliberatamente rovinato [...] per un'azione sotterranea, organizzata, della
massoneria, bisogna fare un bel passo"; subito dopo per ammonisce che " innegabile che il fatto di demolire
l'Austria corrispondeva alle idee dei massoni, in Francia e negli Stati Uniti"9
Questo obiettivo, coerente coi sentimenti degli austrofobi di ogni paese, fu raggiunto soprattutto
sfruttando e incoraggiando i movimenti separatisti della monarchia10, rafforzatisi negli ultimi anni per le
difficolt causate dalla guerra. In questo senso un ruolo di primo piano ebbe anche l'Italia, (il cui governo era
influenzato dalle logge almeno quanto quello dei cugini d'oltralpe),11che fu molto attiva nel farsi paladina
dell'indipendenza delle varie nazionalit danubiane, progetto per l'attuazione del quale lo smembramento
dell'antica monarchia rappresentava una "conditio sine qua non". Nel maggio del 1918, ad esempio, si era
tenuto a Roma il "Congresso dei popoli oppressi dall'Austria-Ungheria", che si pronunci in favore dello
smembramento dell'Impero, infliggendogli, cos, "un colpo mortale"12, anche per il "rigido attaccamento degli
alleati ai trattati con l'Italia, la Serbia e la Romania"13
D'altronde, sono gli stessi massoni a rivelare che le logge francesi e quelle italiane erano vicine
ideologicamente ed entrambe si accordarono per "distruggere l'impero asburgico"14
Concludendo, l'influenza che queste sette poterono esercitare sui governi fu cos alta15 che sembra inevitabile
addebitare loro una grossa fetta di responsabilit in merito a quella tragedia storica, culturale, politica che
stara la finis Austriae
Conseguenze politiche
Come abbiamo visto, secondo Franois Fejt l'Impero asburgico non perito di morte naturale ma stato
deliberatamente assassinato. Ma quali sono state, per l'Europa e per il mondo, le conseguenze della
scomparsa dell'Austria-Ungheria?
Conosciamo l'idea, diffusa da una vasta pubblicistica, soprattutto (ma non esclusivamente) cattolica, secondo
la quale la fine dello stato sovranazionale ha aperto le porte alle ideologie nazionalistiche e ai totalitarismi
novecenteschi, e alla conseguente, drammatica, seconda guerra mondiale. Vediamo di addentrarci
brevemente all'interno di questa scuola di pensiero.
Ufficialmente l'Impero fu smembrato in nome del principio di nazionalit enunciato dai 14 punti 16 di
Wilson17, ma palese come questo stesso principio sia stato contraddetto alla prova dei fatti. E non poteva
che essere altrimenti, data la difficolt a definire precisi confini etnico-linguistico in tutta l'area balcanica e
mitteleuropea. Cos, gli stati sorti, del tutto o in parte, dalle ceneri dell'Austria, 18 si ritrovarono al loro
interno una variegata quantit di minoranze etniche, la cui difficile convivenza sar, appunto, una delle cause
dei futuri traumi europei. Nella nuova Romania, ingrandita dalla cessione della Transilvania, i romeni
rappresentavano solo il 70% della popolazione, e si trovarono a dover convivere con milioni di ungheresi
(almeno il 9% del totale degli abitanti) e con un buon 4% di tedeschi; in Cecoslovacchia, stato artificiale
creato a tavolino dai vincitori della grande guerra, i cecoslovacchi (classificazione gi di per s fumosa in
quanto non contemplante la distinzione tra cechi e slovacchi) erano appena il 64% della popolazione, mentre
i tedeschi erano pari al 22,5%; nella risorta Polonia i cittadini etnicamente polacchi rappresentavano meno
del 70% degli abitanti, gli ucraini corrispondevano all'incirca al 14% dei cittadini ed erano inoltre presenti
rilevanti minoranze tedesche.19 Come se non bastasse, il regno d'Italia inglob consistenti minoranze
tedesche e slave, che negli anni successivi subirono processi di italianizzazione forzata, alla base dei futuri
odi etnici e ideologici che non terminarono neanche con la fine della seconda guerra mondiale ma sfociarono
nell'esodo degli italiani istriano-dalmati e nella tragedia delle foibe20 . Stessa sorte, ricordiamo, capit in
scala ben maggiore ai tedeschi dell'Europa orientale
Una volta ottenuta lindipendenza, i nuovi stati dellEuropa centrale ed orientale - retti da monarchie costituzionali o da governi democratici - dovettero ben presto fare i conti con le loro contraddizioni e con il problema della governabilit del proprio territorio. La soluzione ben presto trovata fu lal-

leanza - per altro spesso faticosa - tra leadership costituzionali democratiche e gruppi di intellettuali o
bande estremiste che propugnavano una forte arroganza etnico-nazionale. Cosicch si pot assistere al processo contraddittorio della ricerca di una legittimazione statale democratica - che in alcuni
paesi richiamava nei toni la vecchia e mai dimenticata benevolenza paternalista della monarchia
asburgica - e leducazione delle giovani generazioni a valori etnici frammischiati a razzismo, antisemitismo e al disprezzo dellaltro o del diverso. [] Gli effetti negativi di questi processi si scaric

soprattutto sulle minoranze etniche che pagarono duramente la non omogeneit con il popolo
dominante [] era stato privilegiato il sistema amministrativo francese ritenuto democratico nella
sua strutturazione per dipartimenti, ma centralista e facilmente asservibile dalla maggioranza
etnica di un paese a danno delle minoranze, che ben presto si trovarono come prigioniere entro i
confini a loro imposti. 21
Ho scelto di sottolineare la parte a mio avviso pi significativa del testo riportato: venuta meno l'idea
universale imperiale, i moderni stati-nazione sono le stati le (vere) prigioni dei popoli dell'Europa
centro-orientale.22 La situazione europea degli anni '20 e '30 si resse cos su di un equilibrio fragilissimo,
destinato a saltare alla prima potenziale occasione. E cos infatti accadde. A titolo di esempio, riportiamo
come il Di Nolfo descrive i preparativi politici messi in atto da Hitler alla vigilia dell'annessione della
Boemia, nel 1939: "L'obiettivo che Hitler persegu dopo l'annessione dei Sudeti non fu subito la Polonia, ma
ci che restava della Cecoslovacchia. Facendo leva sulla profondit dei dissensi che separavano i boemi
dagli slovacchi e dai ruteni della zona subcarpatica, egli favor la formazione di regioni autonome (la Cecoslovacchia e una Rutenia dall'incerto status giuridico) e l'affiorare di movimenti indipendentistici...23.
"..Facendo leva sulla profondit dei dissensi che separavano i boemi dagli slovacchi e dai ruteni..": insomma,
a quanto pare, i conti tornano, dato che l'espansionismo revanscista hitleriano unanimemente considerato
uno dei fattori scatenanti la seconda guerra mondiale, e si attuato, come dimostrano le righe sopra, anche
attraverso lo sfruttamento dei contrasti tra i popoli orfani dell'antica monarchia.
A questo punto appare drammaticamente errata la previsione di Andr Lebey, che abbiamo gi visto essere
stato relatore al congresso internazionale massonico di Parigi. Egli, dopo aver auspicato una Boemia
indipendente, annunci che "nella nuova Europa, Praga sar un incomparabile centro di conciliazione"24
La Cecoslovacchia invece, come aveva gi previsto il buon Francesco Giuseppe, entr nelle mira della
Germania, che da l a poco si sarebbe spartita anche la Polonia con l'Urss25. A ben vedere, la capitale della
repubblica indipendente cecoslovacca, con buona pace di Lebey e di tanti altri "progressisti", non fu un
centro di conciliazione, ma uno dei casus belli della pi terribile deflagrazione della storia.
Col senno di poi, appare drammaticamente profetica la dichiarazione di un ministro austriaco che,
interrogato all'indomani del conflitto sulle responsabilit imperiali verso i cosiddetti popoli oppressi,
rispose: Noi abbiamo saputo amministrare popoli diversi, con una politica che aveva parecchi limiti, ma
che ha registrato lunghi anni di pace, di convivenza e di progresso. Spetta ora agli stati successori, nella
loro confermata multietnicit, dimostrare cosa sapranno fare di meglio26
La Finis Austriae nella letteratura
Una volta esaminati i disastri causati dal venir meno della storica funzione equilibratrice svolta dalla dinastia
imperiale nei confronti dei popoli dell'Europa centrale, soffermiamoci sull'impatto emotivo che la fine
dell'antico regno sovranazionale ha svolto sulle anime di alcuni tra quei poeti e scrittori passati alla storia
come i cantori della Finis Austriae. Grazie a loro il mito absburgico, lungi dal morire con la fine
dell'impero, sembra anzi avere iniziato con questa la sua pi suggestiva e interessante stagione27 Come fu
possibile ci? In primo luogo perch, come abbiamo visto i contrasti nazionali che s'inaspriscono con la
scomparsa della compagine absburgica - e che scoppiano anzi tra le stesse truppe austro-ungariche alla
fine della guerra- rafforzano, ridandogli una sorta di attualit, il vecchio mito absburgico sovranazionale;
anzi, man mano la situazione europea si va facendo pi torbida, s'accentuano il rimpianto e la nostalgica
rievocazione dei vecchi tempi imperialregi28
-Hugo Von Hofmannsthal
Questo scrittore viennese, a dire il vero, sembra essere stato un precursore del mito letterario della finis
Austriae. Infatti, gi quando era ancora in corso il primo conflitto mondiale, ebbe modo in pi occasioni di
mettere in guardia i popoli europei dai pericoli derivati dalle tendenze materialistiche che si stavano
imponendo nell'Europa moderna, invitandoli invece a riscoprire i valori spirituali legati al passato,

soprattutto al ricordo del Sacro Romano Impero, "al fine di garantire all'Europa la pace e l'unit nella
multiformit". "Chi dice Austria"sosteneva lo scrittore viennese "dice una lotta millenaria per l'Europa, una
missione millenaria attraverso l'Europa, una fede millenaria nell'Europa"29. La grande guerra fu interpretata
da Von Hofmannsthal come uno scontro tra la "Kultur" del regno sovranazionale d'Austria, contrapposto alla
Zivilisation degli stati dell'intesa, "che partorir la cieca volont di potenza dei nazionalismi"L'Impero
danubiano combatt quindi la battaglia, tragica e disperata, in difesa di tutti i popoli europei, battaglia al
termine del quale uscir, purtroppo, letteralmente a pezzi.
-Rose Auslaender
Bukowina III30
Gruene Mutter
Bukowina
Schmetterlinge im Haar

Verde madre
Bukowina
farfalle tra i capelli

Trink
Sagt die Sonne
Rote Melonenmilch
Weisse Kukuruzmilch
Ich machte sie suess

Bevi
dice il sole
rosso latte di meloni
bianco latte di granoturco
io li ho resi dolci

Violette Foehrenapfen
Luftfluegel Voegel und Laub

Pigne violette dei pini


ali d'aria uccelli e fronde

Der Karpatenruecken
Vaeterlich
Laedt dich ein
Dich zu tragen

La dorsale dei carpazi


paternamente
ti invita
a portarti

Vier sprachen
viersprachenlieder
Menschen
Die sich verstehen

Quattro lingue
canti in quattro lingue
Uomini
che s'intendono

Prendendo spunto da questa bella poesia di Rose Auslaender possiamo fare una serie di considerazioni,
anche in riferimento alla vita dell'autrice: Rosalie Beatrice Schwarzer. Essa nacque da una famiglia ebraica di
lingua tedesca a Czernowitz, cittadina della Bucowina, una regione dell'Impero Austro-Ungarico abitata
all'epoca anche da polacchi, rumeni ed ucraini. Durante l'infanzia e l'adolescenza conobbe cos la bont del
modello sovranazionale, principio della monarchia danubiana. Oggi la cittadina nella quale Rose nacque pi
di cento anni fa in territorio ucraino, si chiama Cernitvsy, e a quanto pare non ci sono pi n polacchi n
rumeni: la "citt delle quattro lingue", come la definir la poetessa in un suo nostalgico componimento, non
esiste pi, morta nel 1918, quando il grande Impero, dove di lingue diverse se ne parlavano ben undici,
scomparso dalle carte geografiche della Mitteleuropa per fare posto, nell'ordine, agli egoismi nazionalisti dei
nuovi stati, alla seconda guerra mondiale ed alla cinquantennale dittatura comunista che ha desolato gli ex
stati asburgici. La vita di questa donna emblematica delle tragedie occorse ai popoli dell'Europa centrale
dopo il crollo dell'Impero. Le disavventure della sua famiglia infatti iniziarono gi nel 1916, quando insieme
al padre fu costretta a lasciare la sua terra natale per timore dell'avanzata dei militi russi, soldati in fama di
antisemitismo. Dopo la guerra si trasfer negli Usa e spos l'amico Auslaender, e anche se il matrimonio tra
loro risult di breve durata, scelse di mantenere il cognome del marito, che in tedesco significa "straniero",
per sottolineare la sua condizione di straniera, sia fuori che all'interno di quella che avrebbe dovuto essere la
sua nuova patria. E infatti negli anni tra le due guerre si trasfer pi volte: dall'Ucraina agli Usa, dagli Usa
alla Romania, per poi tornare in America dopo il '45 per evitare di cadere sotto il giogo comunista che gi
calpestava, come abbiamo detto, tutta l'Europa di mezzo. Tuttavia dagli anni '50 di nuovo nel vecchio
continente,
a
Vienna
prima
e
in
Germania
poi,
dove

morta
nel
1988.
-Franz Theodor Csokor
Scrittore e drammaturgo, serv nell'esercito imperial-regio durante la grande guerra. Dopo il crollo
dell'Impero elabor una serie di opere volte ad esaltare il passato imperiale dei popoli mitteleurepei, divisi in
fatto di lingua e cultura ma uniti dalla secolare fedelt alla dinastia austriaca.

Claudio Magris, nel suo splendido Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna spiega per che
Csokor and oltre e, sulla scia di Zweig, muovendo dal principio sovranazionale austriaco, arriv a definire il
concetto
di
una
coscienza
europea
condivisa
Ecco
la
trama
di
una
delle
sue
opere
pi
note:
"3
november
1918"
:
in un ospedale sulle Caravanche (catena montuosa al confine tra Austria e Slovenia) un gruppo di ufficiali
dell'esercito in convalescenza sono raggiunti dalla notizia della disfatta militare: la guerra persa, l'esercito
crollato, e tra i popoli dell'Impero iniziano i primi contrasti. Il colonnello Radosin, almeno in quell'angolo di
mondo, cerca di mantenere l'antico ordine e l'antica concordia, si impegna perch prevalga ancora una volta
l'idea della "patria sopra ai popoli", "Vaterland ber Vlkern". Egli incarna il modello imperiale asburgico:
cerca di ricordare che in "Cacania" (per dirla con Musil) prima di essere tedeschi, rumeni, italiani ecc, si
austriaci,
abitanti
del
Regno
sovranazionale.
Visto fallire il suo utopico progetto, si suicida. In seguito i soldati ripartono per i loro nuovi stati. Il romanzo
chiuso dai colpi di fucile tra Lodoltz e Zierowitz, austriaco e sloveno, un tempo migliori amici, divenuti
nemici dopo il crollo dell'Impero ed il subentrare dei nazionalismi.31
-Joseph Roth, Stefan Zweig, Franz Werfel
La nostalgia per il passato imperiale, in questi tre autori di origine ebraica, nati e cresciuti nell'Austria ormai
morente, particolarmente forte ed incisiva, ancorch espressa con modalit narrative non sempre
convergenti. Dei tre, Franz Werfel sembra essere stato il pi convinto apologeta ed esaltatore del passato,
infatti confluisce nell'esaltazione di Werfel la vecchia alienazione politica di tipo religioso, il

paternalistico mito dei popoli contrapposto alla moderna realt delle nazioni nate dalla rivoluzione
francese ...32. Come riporta ancora Magris, per Werfel l'Impero Asburgico chiedeva che il suo suddito
non fosse soltanto un tedesco, un ruteno, un polacco, ma qualcosa di pi, qualcosa al di sopra- richiedevaun vero e proprio sacrificium nationis, [] per cui l'uomo -si trasformava da tedesco o ceco che era (..)
33
nell'austriaco
Vediamo cosa ha scritto invece il grande studioso triestino a proposito del galiziano Joseph Roth:Nei suoi
romanzi Roth raffigura tutto lo smarrimento, il disordine dei sentimenti e la nichilistica disperazione
subentrati negli animi dopo lo sfacelo dell'impero34 [] Rappresentano ( i romanzi, nds) , per via negativa e
indiretta, l'attaccamento di Joseph Roth al mondo absburgico; il nichilismo e il pessimismo sono la reazione
al
crollo
dell'impero.35
Stefan Zweig, nell'ambito del terzetto preso in esame, appare come il meno convinto esaltatore della
monarchia danubiana, non mancando di rilevare, pi di quanto non abbia fatto ad esempio Werfel le
ipocrisie e le miserie spirituali che si celavano sotto la patina rispettabile.36 Tuttavia la sua rievocazione
non priva di tratti nostalgici e comunque ha assunto un grande rilievo culturale, tanto che di quel
mondo[...] Zweig ha offerto forse l'immagine pi celebre e popolare () Per i pi l'Austria francogiuseppina
s'identifica col suo Mondo di ieri 37
David Murgia circoscrive questa indagine sulla Finis Austriae agli artisti che ricordarono con affetto e
nostalgia la figura dell'ultimo Imperatore: da principio Carlo fu l'oggetto di moltissimi romanzi popolari ed
opere letterarie, che prevalsero nel mercato librario, specialmente in Germania e in Austria. Si rivolgevano
ad un pubblico curioso, tradizionalista, sentimentale.38 E ancora: Furono soprattutto i seguenti poeti
cattolici Richard von Kralik, Franz Eichert, Enrica von Handel-Mazzetti, Marie Eugenie Delle Grazie,
Heinrich von Schullern, ad occuparsi nelle loro liriche della figura di Carlo, quel -santo martire lontan
dalla Patria-39
1

Lo storico dell'europa centrale Jean Berenger descrive cos la situazione dello stato a cavallo tra XIX e XX secolo. "L'AustriaUngheria era, nel 1914, una grande potenza ricca e prospera [...] Le elezioni e la stampa erano libere, il suffragio universale era
diventato una realt in Cisleitania [...] I compromessi linguistici dell'inizio del novecento dimostrano che le querelles tra le
nazionalit si andavano affievolendo ..."J.Berenger, op.cit.pp. 382-383
2
Pur avvisando il lettore che di fatto egli stava sostituendo, a quello tradizionale, un determinismo alternativo
3
F.Fejt, op.cit.p.11
4
O.Sanguinetti-I.M.Somma, op.cit.pp.73-74
5
Ibid, pp. 319-320
6
Ibid, p. 322
7
Ibid, p. 349
8
Ibid, p. 354
9
Ibid, p. 357
10
Berenger conferma pienamente la tesi di Fejt circa il peso avuto dai comitati nazionali all'estero nel provocare lo smembramento

dell'Austria: "I governi dell'intesa erano dunque disposti a prestare ascolto alle rivendicazioni dei comitati nazionali" J.Berenger,
op.cit. p,425
11
F.Conti ha calcolato che tra il 1877 ed il 1914 il 40% dei ministri francesi transitato in una delle logge massoniche, e un processo
analogo si sarebbe avuto anche in Italia. M.Carotenuto, op.cit.p.98
12
Ibid, p.54
13
Ibid
14
Ibid, p.100. Carotenuto cita a sua volta il passo della "Rivista massonica" che contiene un passaggio della circolare 73 del 27
giugno 1917
15
Ibid, p.98 "Barbara Arcari ha sostenuto che (gi, nds) alla fine del XIX secolo la massoneria era diventata un organismo potente, in
grado di esercitare forti pressioni, proprio grazie ai ruoli di comando ricoperti da affiliati in seno al governo italiano"
16
In un primo tempo non era nei propositi di Wilson la cancellazione dell'Austria dalle carte geografiche, tanto che a Vienna il punto
10 fu visto favorevolmente, cos come ovviamente lo era stata anche una dichiarazione dello stesso Wilson del 2 marzo 1917,
quando davanti al Congresso afferm di voler mantenere l'integrit dell'Impero.
"Wilson cambi idea riguardo il destino dell'impero danubiano quando Clemenceau rese pubbliche le note di Carlo"
M.Carotenuto,op.cit.p.54
17
L'8 gennaio 1918 il Presidente statunitense Wilson enumer gli obiettivi di guerra americani, i cosiddetti 14 punti. Secondo Ennio
di Nolfo essi erano "intrisi di dogmatismo", al punto che "Wilson affermava di essere il solo a possedere le chiavi della pace nel
mondo". E.di Nolfo, "Dagli imperi militari agli imperi tecnologici. La politica internazionale dal XX secolo a oggi", Laterza,
2002, p.12
18
Austria,Ungheria,Cecoslovacchia,Italia,Romania,Regno dei serbi,degli sloveni e dei croati (poi Jugoslavia),Ucraina,Polonia.
Il 10 dei 14 punti infatti affermava:
"Ai popoli dell'AustriaUngheria, alla quale noi desideriamo di assicurare un posto tra le nazioni, deve essere accordata la pi
ampia possibilit per il loro sviluppo autonomo." tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Quattordici_punti
19
Dati tratti da: Andrea Graziani,"Imperi e nazionalismi nell'Europa orientale", cap.VIII di "Storia contemporanea", Donzelli, 1997,
p. 228
20
G.Motta,"Le minoranze nazionali nel XX secolo. Dallo stato nazionale all'integrazione europea" Angeli, 2007, p. 163
21
http://www.osservatoriosulmondo.com/archivio/11-29_03_04.pdf "L 'economia europea dopo l'allargamento", relatori Sergio
Romano, Tito Favaretto, p. 4
22
D'altronde, come ha ricodato Fejt,"L'idea nuova dello stato-nazione non era applicabile in Europa centrale" F.Fejto, op.cit, p. 141
23
E.di Nolfo, op.cit, p. 135
24
F.Fejt, op.cit. p. 354
25
Nel 1904 Francesco Giuseppe dichiar che " l'Impero non una creazione artificiale, ma un corpo organico. E' un luogo di rifugio,
un asilo per tutte le nazionalit divise, disperse nell'Europa centrale, che se dovessero contare sulle proprie risorse
condurrebbero una misera esistenza, diventando trastulli per i loro vicini pi potenti"
A.Palmer, op.cit. 1995
26

N.De Carlo-Diotisalvi Perin, op.cit.p.67

27

C.Magris, Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna p. 261, Einaudi, 1988
C.Magris, op. cit. p. 265
29
O.Sanguinetti-I.M.Somma, op.cit.pp.145-146
30
Rivista trimestrale Mitteleuropa , p.28, anno 28, n1, aprile 2008
31
Ibid
32
C.Magris, op. cit. p. 19
33
Ibid
34
C. Magris, op. cit. p. 277
35
C. Magris, op.cit. p 279
36
C.Magris, op. cit. p. 292
37
C. Magris, op. cit, p 293
38
D. Murgia, op.cit. p. 64
39
Ibid. p. 65
28

Ora possiamo conoscere meglio la vita di colui che dell'Impero fu l'ultima guida, il beato Carlo: nato a
Persenburg nel 1887, divenuto Imperatore nel 1916, morto in esilio nel 1922, beatificato da Papa Giovanni
Paolo II nel 2004. La sua devozione era nota in tutto il mondo: quando era ancora in vita, il presidente
francese Clemenceau lo defin il Papa della mitteleuropa. Ebbe tanti nemici, che diffusero su di lui notizie
false e calunniose: ma niente pot nascondere ai posteri la bellezza della sua anima.
In lui, per l'ultima volta nella storia, si incarnarono principi e valori eterni. Egli fu l'ultimo Imperatore
cattolico, l'ultimo Sovrano medievale, l'ultimo condottiero cavaliere, e l'ultimo capo di stato a salire agli
onori degli altari. Conoscere la sua storia indispensabile: a lui che dobbiamo guardare per ri-costruire una
nuova Europa: unita ma rispettosa delle tradizionali locali, proiettata nel futuro ma vincolata a principi e
valori immortali.

Imperatore e santo
La fanciullezza, il matrimonio e la famiglia
Forniamo alcune indicazioni biografiche. Carlo nacque nel 1887 nel castello di Persenburg, sul Danubio,
dall'Arciduca Ottone, fratello di Francesco Ferdinando, e da Maria Giuseppina, nata principessa di Sassonia.
Nel 1896 ricev il sacramento della prima confessione, tre anni dopo fece la prima comunione. Nel 1900,
con la Confermazione, fu coronata la sua educazione religiosa. La nobilt d'animo che avrebbe caratterizzato
tutta la sua vita si manifest fin dalla pi tenera et. Mai una vera disubbidienza, mai una bugia. []
Niente gli dava maggior piacere, anche nel gioco, di quello di procurare agli altri una gioia Accadde una
volta ha scritto Zener-Spitzenberg che senza volerlo, per distrazione, danneggiasse un pochino
un'immagine della Madonna nel parco di Wartholz. Il piccolo Arciduca non cess, fino agli anni maturi, di
compensare il danno raddoppiando a quell'immagine i suoi ossequi1
Da ragazzino Carlo rivel un'intelligenza vivace e precoce, unita ad un carattere cordiale e dilettevole, a
dispetto dell'idea che la sincera devozione potesse mai essersi tradotta in un carattere chiuso o bigotto:
possedeva a perfezione la gaiezza e giocondit della giovent e il genuino buon umore dei viennesi2.
Polzer-Hoditz, prima di diventare un suo altissimo funzionario, si occup di parte della formazione politica e
culturale del futuro Imperatore, ed ebbe modo di constatare le sue qualit intellettuali, in parte di certo
ereditate dagli antenati asburgici, come la memoria di ferro e la propensione per le lingue. Ma non solo: in
fatto di storia bisognava star bene in sella, per poterlo seguire nelle conclusioni cui arrivava spesso a gran
salti3 E ancora: L'Arciduca non era per nulla passivo di fronte ai suoi studi, anzi esercitava spesso una
critica acuta e spregiudicata su questo o quell'istituto statuale, su l'una o l'altra situazione politica4
Al 1911 risalgono il fidanzamento e il matrimonio con la principessa Zita dei Borbone di Parma. Ora
dobbiamo condurci l'un l'altro in ciclo5 disse Carlo all'amata, esprimendo il proposito, al quale mai verr
meno, di vivere il matrimonio secondo i pi sinceri sentimenti cristiani.
Da quello ch'egli mi disse del suo prossimo matrimonio intesi con piacere che si trattava di matrimonio
d'amore6 Una delle poche soddisfazioni, possiamo commentare noi, di una vita breve e tragica.
I due giovani nobili, in pratica, si erano sempre conosciuti, in quanto durante le spensierate estati della loro
fanciullezza si ritrovavano a giocare insieme nella tenuta imperiale di Wartholz, nella bassa Austria. Fu per
qualche tempo dopo, rispetto a questi anni felici, che Carlo si innamor di Zita. Lo storico inglese BrookSheperd, biografo dell'Imperatrice, scrive che ci avvenne in Boemia, nella stazione termale di
Franzensbad,dove lei si era recata all'indomani di una malattia e dove si era poi stabilita per tenere
compagnia ad una zia non sposata di Carlo, Maria Annunciata. Nel 1911 Carlo era ufficiale del VII
reggimento Dragoni, e aveva modo di fare spesso visita alla zia. Ben presto apparve chiaro che, pi
dell'anziana parente, ad attrarre l'interesse del giovane ufficiale (nonch erede al trono d'Austria-Ungheria)
era l'amichetta di un tempo. E' facile pensare che il prestigio derivato dalla sua posizione sociale abbia
giocato un ruolo importante perch l'affetto di Carlo fosse presto ricambiato, ma del tutto
indipendentemente da ambizioni di gloria, fra i due esisteva una naturale attrazione dovuta alla differenza di
carattere. Zita era vivace, animata e possedeva un carattere molto forte. Carlo invece, anche se dotato dello
stesso senso dell'umorismo, era, come sua madre, molto pi flemmatico e di natura arrendevole, e quasi
ingenuamente fiducioso della bont di tutte le persone che lo circondavano7 Un contributo importante
perch l'amore tra i due ragazzi si concretizzasse presto in un felice fidanzamento venne dalla nonna di
Carlo, l'Arciduchessa Maria Teresa. Questa era, secondo le parole di Brook-Shepard, una figura angelica, con
una forte vena sentimentale che colpiva tutti gli innamorati
Nella primavera del 1911 organizz una festa nella sua tenuta di caccia in Stiria, e pens bene di invitare sia
Zita che Carlo. Isolato e suggestivo, il luogo non avrebbe potuto essere pi propizio"Il fidanzamento fu
annunciato ufficialmente il 13 giugno. Il 21 ottobre successivo8 monsignor Bisletti, in rappresentanza del
Santo Padre Pio X, nel castello di Schwarzau di propriet della Casa dei Borbone-Parma, un i due
innamorati in matrimonio. E adesso desidero fare le mie pi sincere felicitazioni ai novelli sposi nel loro
grande giorno, con la fiduciosa speranza che troveranno entrambi nella vita quella felicit alla quale sono

destinati. Possa Dio custodire l'Arciduca Carlo e l'Arciduchessa Zita: lunga vita a loro!9 Con queste parole,
un Francesco Giuseppe particolarmente gaio bened l'unione tra i rampolli delle due antichissime e
prestigiosissime casate, che tante altre volte nella storia avevano visto loro esponenti unirsi in matrimonio.
In effetti i due ragazzi erano giovani, belli, cordiali e innamorati. E destinati a diventare una coppia
imperiale10. Apparentemente li aspettava davvero una vita lunga e felice. Ma, come vedremo, ben altro il
crudele destino aveva in serbo per loro...
I primi anni di vita matrimoniale tuttavia trascorsero serenamente, e videro la nascita dei primi bimbi della
coppia: Ottone (1912) e Adelaide (1914), nati prima dello scoppio della guerra. A loro seguiranno altri sei
arciduchi: Roberto, Felice e Carlo Ludovico, nati durante gli anni del conflitto, poi Rodolfo e Carlotta e,
infine, Elisabetta, nata poche settimane dopo la morte di Carlo.
Calunnie e Beatificazione
Falli piuttosto morire che commettere un peccato mortale11
(- Cos il Beato Carlo rivolto alla moglie Zita, a proposito dell'educazione dei figli-)
Fin dalla fase finale della prima guerra mondiale, si era scagliata contro Carlo una violenta campagna di
linciaggio mediatico. Non si pu dubitare, tanti ne sono i segni, che tutto questo era anche opera dei
framassoni, i quali spargevano questi terribili semi per coglierne poi il frutto: far scomparire quel paio di
dominanti cattolici, e cos far crollare il cattolico loro regno12
E questa campagna, nota ancora pi triste, prosegu anche dopo la morte del Sovrano. Si diceva, ad esempio,
che egli fosse dedito al bere: un ubriacone, in altri termini. Vediamo come Polzer-Hoditz, capo del gabinetto
civile durante gli anni di governo di Carlo ed autore di un importante libro di memorie, ha smentito queste
voci: Conobbi l'Imperatore per uno spazio di circa 15 anni [] mai ebbi a vedere il bench minimo fatto
che, anche a metterci una buona dose di fantasia, potesse dar ragione in qualche modo a quella chiacchiera
malevola 13. Addirittura, ha aggiunto il buon funzionario, quando l'Imperatore venne a sapere di quella
voce, diffusa ad arte dai nemici per minare la sua popolarit, rinunci al bicchierino di cognac che gli aveva
prescritto il medico per riprendersi dopo una breve malattia.
Altra leggenda creata a tavolino per distruggere l'immagine di Carlo riguarda una presunta relazione
sessuale, protrattasi tra il 1909 e il 1919, con una certa Carla Chonrowa. Una signora la quale, per, risulta
non essere mai esistita, almeno secondo le indagini della polizia austriaca. La donna che mise in giro questa
voce, Maria Ulmann Lauffer, stando a varie perizie mediche, era un'isterica aggressiva, caratterizzata dai
tipici sintomi dell'egocentrismo, della pseudologia phantastica14 Una psicopatica, dunque, in cerca di un po'
di attenzione. Alle medesime conclusioni arrivarono anche altri periti nominati dal Tribunale ecclesiastico. A
questo punto giova ricordare che i vari tecnici, come sempre accade in questi casi, si limitano a fornire
giudizi medico-scientifici, del tutto neutri. E' questa la stessa prassi legata al riconoscimento dei miracoli: nel
momento in cui la commissione medica comunica al Tribunale che la guarigione in questione
scientificamente inspiegabile, spetta alla Chiesa valutare se ci sia, per cos dire, lo zampino del santo di
turno, ossia la sua santa intercessione presso Dio. Cos successo in occasione della guarigione miracolosa
di suor Maria Zita Gradowska, afflitta da molti anni da ulcera sanguinante alla gamba destra. La religiosa
polacca, molto devota all'Imperatore Carlo, nel 1960 guar improvvisamente. Ci avvenne in modo
istantaneo, duraturo e inspiegabile, come si addice ad ogni guarigione miracolosa. Per la Chiesa non ci
furono dubbi: fu l'intercessione di Carlo ad aver promosso questo evento. Una volta riconosciuta la natura
miracolosa della guarigione, nel 1991, la beatificazione fu soltanto questione di tempo.
Capitava spesso, un tempo, che Re e Imperatori salissero agli onori degli altari: tra venerabili, beati e santi se
ne conta davvero una lunga serie.15 Carlo d'Asburgo, beatificato da Papa Giovanni Paolo II nel 2004,
l'ultimo del gruppo, ed l'unico Sovrano morto nel '900 ad avere avuto questo riconoscimento dal Vaticano.
Cos egli andato ad aggiungersi ai ben noti Luigi IX di Francia, Amedeo IX di Savoia, Maria Cristiana
delle Due Sicilie ecc... quale esempio di rettitudine morale per l'intero orbe cattolico, e soprattutto per chi
riveste responsabilit politiche.
In breve tempo, e ben prima della beatificazione, avvenuta, come abbiamo visto, solo nel 2004, il culto della
memoria di Carlo si diffuse in tutto il mondo cattolico, ben aldil dei confini dell'Impero che fu. Dalla

profezia di una suora austriaca, avvenuta nella fanciullezza dell'Imperatore, si svilupp la famosa
Gebetsliga. Vediamo come. Nel 1895, quando Carlo aveva appena otto anni, Madre Vincenzia, del
convento delle Orsoline di Sopron, rivel una terribile visione a padre Geggerle, insegnante di religione di
Carlo: questi, disse la suora, sarebbe diventato Imperatore, (e ci all'epoca non era affatto scontato perch in
quel momento egli preceduto nella linea di successione al trono dall'Arciduca Francesco Ferdinando e prima
ancora dal di lui padre, l'Arciduca Ottone, fratello di Francesco Giuseppe) ma avrebbe sofferto molto, perch
le forze del male si sarebbero scagliate contro di lui. Era necessario, dunque, pregare molto per il giovane
Asburgo. A questo fine si costitu una associazione religiosa di laici ed ecclesiastici, che nel 1925 fu poi
riconosciuta ufficialmente come Pia Unione, secondo il canone 707 del codice di diritto canonico Un
ruolo di primo piano in questa associazione, che durante i primi anni di vita fu molto limitata
numericamente, ebbero i conti Wallis. Insieme a Padre Geggerle essi, oltre alla preghiera, promossero digiuni
e penitenze in favore di Carlo. Questa attivit si intensific all'indomani dell'incoronazione del 1916 e
prosegu anche dopo il 1922, quando tutti i membri di questo circolo erano pienamente consapevoli [] di
avere ormai un intercessore per il Paradiso16 Negli anni '30 l'associazione si allarg, anche grazie al
contributo del prof. Hans Karl von Zener-Spitzenberg, giurista di origini boeme. Egli, al momento del
crollo dell'Impero, era un funzionario del ministero dell'Istruzione, molto devoto agli Asburgo e alla fede
cattolica. Ci ha lasciato una rapida e sentita biografia del Beato Carlo, tradotta in italiano come Cos muore
un Imperatore. Nel 1938 si oppose all'annessione tedesca al Reich hitleriano e fu internato nel campo di
prigionia di Dachau, dove mor poco dopo, diventando una delle prime vittime del regime nazista. Perch
vedo nella fede in Dio e in un'Austria cristiana, sotto la guida della Casa di Asburgo, l'unica salvezza per
l'indipendenza e l'autonomia della mia Patria: cos rispose alla guardia del lager che gli chiedeva perch si
trovasse incarcerato l.17 In questo modo rivel la sua completa adesione al sacro principio dinastico, e il
rifiuto del concetto giacobino di nazionalit, in nome del quale Hitler stava annettendo tutte le regioni della
Mitteleuropa abitate da stirpi tedesche (portando alle estreme conseguenze la rivoluzione del 1789). Ci,
coerentemente all'asburgico ideale per il quale Patria non dove si parla la stessa lingua, ma dove ci si sente
fratelli. Subito uno degli obiettivi principali della Gebetsliga divenne favorire il processo di canonizzazione
di Carlo. Nel 1965 erano state raccolte cinquantamila firme rivolte alla Santa Sede a favore della
beatificazione. Il processo comunque era gi in corso, in quanto si era aperto il 3 novembre 1949 (nel
trentunesimo anniversario della sconfitta di Vittorio Veneto.) Ora la Gebetsliga presenta sezioni in molti
paesi europei e americani, e nei suoi archivi possiede 2339 comunicazioni di intercessioni soprannaturali a
conferma delle virt dell'Imperatore, accompagnate spesso da lettere commoventi che riguardavano non
solo le proprie preoccupazioni ma pure ricordi personali: fra l'altro da vecchie persone militari che avevano
avuto occasione di ammirare la profonda piet di Carlo I anche al fronte18
Sul retro del santino del Beato Carlo stampato in occasione della beatificazione dall'arcidiocesi di Vienna,
possiamo leggere questa bella preghiera, che ha ottenuto l'imprimatur dall'autorit ecclesiastica:
O Beato Imperatore Carlo, hai accettato il difficile compito e tutte le ardue sfide che Dio ha posto nella tua
vita; in ogni tuo pensiero, in ogni decisione, in ogni tua azione hai sempre confidato nella Santissima Trinit.
Ti preghiamo: intercedi per noi presso il Signore Dio nostro perch ci conceda fede e coraggio, affinch
anche nelle situazioni pi difficili della nostra vita terrena non ci perdiamo d'animo, e percorriamo con fede
il cammino di Cristo. Chiedi per noi la grazia affinch il nostro cuore venga forgiato su esempio del cuore di
Ges. Assistici, affinch possiamo adoperarci con compassione e vigore per i poveri e i bisognosi, affinch
possiamo lottare con coraggio per la pace, in noi stessi e nel mondo, e affinch in ogni situazione possiamo
riporre con speranza tutta la nostra vita nelle mani di Dio, come tu hai fatto, per Cristo nostro Signore.
Amen

Possiamo concudere questo paragrafo citando l'ultima parte dell'intervista rilasciataci dal dott.Petiziol, e che
abbiamo visto quasi interamente nel capitolo sull'Europa. Egli ha voluto dedicare un pensiero particolare alla
figura di Carlo. Quindi, alla domanda se avesse qualche pensiero da esprimere sul Beato, ha risposto cos:
-Le racconto volentieri qualche aneddoto. Non tutti sanno che fu il Pontefice Giovanni Paolo II a volere
fortemente la sua beatificazione, che in Vaticano, a dire il vero, non tutti approvavano. Su questo desiderio
forse ha influito il fatto che il Papa, grazie ai genitori cresciuti nella Polonia austriaca, pu aver conosciuto
la bont del modello statale asburgico. Pensi che quando ricevette in udienza l'Imperatrice Zita, ormai in

esilio, in Vaticano si chiedevano come le si sarebbe rivolto. Di certo, pensava qualcuno, non l'avrebbe
chiamata Maest, dato che essa non regnava pi. Allora il Papa stup tutti accogliendola con queste
parole: Saluto la Sovrana dei miei genitori. E, al termine dell'udienza, contro ogni protocollo, si alz e
l'accompagn fino alle porte dei Palazzi Vaticani !La catastrofe dell'Impero e la tragedia di Carlo: cos muore un Imperatore
Nell'autunno del 1918 si concretizz la catastrofe della quadruplice alleanza. A settembre si ebbe il tracollo
della Bulgaria, seguita a ruota da quello dell'Impero ottomano. La situazione sul fronte balcanico divenne
quindi gravissima per le armate imperiali: cos quando gli italiani sferrarono la grande offensiva sul fronte
veneto, i vertici di un esercito ormai ridotto alla fame (ma non ancora sconfitto sul campo) si decisero a
chiedere l'armistizio, firmato a Villa Giusti, in quel di Padova, il 3 novembre 1918. Da l a pochi giorni anche
gli arroganti tedeschi, ormai sulla difensiva da mesi, cio dal fallimento dell'offensiva di primavera, si
arresero senza condizioni. La monarchia, ormai, non esisteva pi, in quanto i rappresentanti delle nazioni
storiche avevano proclamato l'indipendenza dei propri paesi. Carlo abbandon Vienna, pur senza abdicare (in
seguito vedremo che significato voleva avere questo gesto) e dopo un breve periodo trascorso in una tenuta
di famiglia presso la capitale austriaca si rifugi in Svizzera. Da qui tent due volte di riottenere l'avita
corona di S. Stefano, ristabilendo cos il legittimo ordine monarchico in Ungheria, ma il fallimento di questi
tentativi indusse i responsabili dell'intesa a confinare l'imperiale famiglia nell'isoletta portoghese di Madera,
dove questa sbarc nel novembre del 1921.
Hans Karl Zener-Spitzenberg19 ha descritto con commovente pathos gli ultimi giorni di vita di Carlo in quel
di Madera. Nella desolazione di un esilio miserrimo, nella malattia, consapevole delle sofferenze materiali e
del degrado morale che stavano vivendo i suoi popoli, Carlo non abbandon la fede in Dio e la devozione
verso la Chiesa. Gi il 31 dicembre 1918, al termine dell'anno in cui aveva perso la guerra, il trono, e ogni
ricchezza, fece celebrare un Te deum di ringraziamento. A chi si mostrava colpito da quella scelta,
rispondeva che almeno i popoli d'Europa, finalmente, avevano riavuto la pace. E d'altronde se si disposti a
prendere dalla mano di Dio ci che buono, bisogna anche essere disposti ad accettare con riconoscenza
tutto ci che pu essere difficile e doloroso Quello che colpisce, da un punto di vista prettamente umano,
la totale incapacit di questo uomo buono di provare odio: anche verso chi lo aveva costretto, pur senza
colpe, a vivere lontano dalla Patria e in povert, anche verso coloro da cui era stato tradito. Pur consapevole
della grandiosit del paragone, azzardo dire che nel momento in cui lo sfortunato Imperatore dichiar di
voler perdonare a tutti i nemici e avversari ricord davvero Colui che sulla croce url: Padre, perdonali
perch non sanno quello che fanno.
Dopo un breve periodo trascorso all' Hotel Vittoria, nel centro abitato di Funchal, la famiglia imperiale fu
costretta dalle ristrettezze economiche a trasferirsi in una villa poco lontana, ma situata su un'altura insalubre
e fredda. Per capire la condizione in cui visse la famiglia in questi mesi rifacciamoci allo scritto di una
cameriera che era con lui:Quass non abbiamo luce elettrica [] Per il riscaldamento non abbiamo che
legna verde, che manda fumo di continuo. La casa tanto umida e puzza di muffa. In tutti si vede il fiato che
mandano fuori dalla bocca...
Inevitabile conseguenza di questa situazione difficile fu che il corpo gi indebolito di Carlo fin per contrarre
la malattia che lo avrebbe stroncato tra mille dolori. Le prime avvisaglie di questa si manifestarono il 14
marzo 1922. Esattamente sessantasette anni dopo, il Signore avrebbe chiamato a s l'ormai anziana Zita.
Potrebbe essere un caso, ma per noi che amiamo vedere l'azione imperscrutabile della divina provvidenza
dietro al procedere della storia, forse non lo . Comunque sia, la polmonite se lo sarebbe portato via in poche
settimane. Ad assistere l'Imperatore, in questi giorni, furono davvero poche persone: la fedele Contessa
Mensdorff, la nonna Maria Teresa, Zita.. Durante i vaneggiamenti provocati dalla febbre alta (si mantenne
costantemente sopra ai 39 per diverse settimane) i suoi pensieri correvano spesso alla condizioni dei suoi
popoli. In particolare, la miseria dei contadini della Transilvania prostrata dalla guerra, che aveva constatato
di persona in quanto, come si ricorder, nel '16 aveva combattuto contro i rumeni in quelle zone, lo
perseguitava ancora nei suoi incubi notturni. Pi in generale, in questi anni fu grande la sua preoccupazione
per la deriva laicista e anticattolica avviata negli stati della monarchia appena furono instaurate le nuove
istituzioni repubblicane. Deriva che, pur consapevole della sua contingente impotenza, avrebbe voluto
limitare Oggi [] come in futuro ho l'obbligo davanti a Dio di provvedere ai miei popoli, un impegno dal

quale non mi pu esonerare nessun trattato di pace e nessun parlamento del mondo20 Il processo di
laicizzazione avviato in quegli anni, in ogni caso, perfettamente comprensibile se consideriamo che lo
smembramento dell'Impero e la nascita delle repubbliche fu dovuto in buona parte all'azione della
massoneria.
Tornando alla malattia di Carlo, davvero ammirevole e commovente come i due coniugi si sono venuti
incontro in questi giorni pieni di dolore, sostenendosi reciprocamente, come avevano promesso davanti a Dio
undici anni prima. Se Zita, talvolta, nelle lunghe notti al capezzale del malato, faceva finta di dormire perch
lui non temesse che lei potesse stancarsi (e invece vegliava segretamente su di lui), cos egli aveva premura
di non far capire ai suoi cari quanto stava male: Talvolta accadeva che, per non disturbare, stesse in
posizione molto incomoda, nonostante le difficolt che provava a respirare. E appunto perch se ne stava
cos tranquillo, nessuno voleva molestarlo. Cos egli pativa in silenzio, e senza far udir alcun lamento
Ancora: nonostante la malattia causasse a Carlo sofferenze di varia natura (in pi occasioni fu necessario
somministrargli dell'ossigeno artificialmente) egli voleva essere sempre informato sugli sviluppi politici
europei, ad esempio gli esiti della conferenza di Genova. Pregava quindi Zita di leggergli i quotidiani che
riuscivano a procurarsi, ma capitava spesso che lei gli riferisse che non c'era niente di interessante da
commentare, per non farlo stancare. Uno dei pochi desideri di Carlo fu quello di essere comunicato, in
pratica, quotidianamente. Con suo enorme sollievo, questo volont pot sempre essere assecondata.
Zita, la moglie amatissima; Ges, l'adorato redentore; Ottone, il figlio primogenito e quindi emblema del
futuro della dinastia: il pensiero di queste tre figure ha riempito gli ultimi minuti di vita dell'Imperatore
morente. A Zita, l'amore di un'intera vita, ha infatti sussurrato, come ha ricordato lei stessa in seguito, queste
poche ma intense parole:Ich hab' dich so lieb, cio Ti amo immensamente (cos tanto, traducendo alla
lettera). In seguito, come aveva gi fatto in un'altra occasione, chiese che fosse convocato Ottone. Siamo
certi che Carlo avrebbe volentieri risparmiato al piccolo di appena dieci anni lo strazio di vedere morire un
padre. Tuttavia volle che fosse al suo capezzale, quando cap che l' ora era arrivata. Egli deve sapere come
abbia a contenersi, in questi casi, un cattolico e un Imperatore In seguito lo si sent solamente ripetere pi
volte Ges vieni, sia fatta la tua volont, Ges vieni
Pochi minuti dopo, alle 12:23 del 1 aprile 1922, il cuore malfermo dell'ultimo Imperatore smise di battere.
Fu una morte serena non solo per la Fede che lo sosteneva, ma anche perch gi prima di ammalarsi
(profezia soprannaturale?) egli aveva intuito che da l a poco il suo percorso terreno sarebbe terminato, ch
Dio desiderava il suo sacrificio per il bene dei popoli dell'Impero. Il buon Dio far quello che egli vuole fu
il suo naturale commento di fronte alla triste prospettiva.

La concezione del potere politico: come il padre il Re dei figli, cos il Re il padre dei padri.
Al fine di analizzare la concezione del potere politico di Carlo d'Asburgo, riprendiamo la narrazione dei suoi
ultimi giorni di regno, approfondendo i particolari dell'addio al potere. Innanzitutto ribadiamo che egli NON
ha abdicato, in quanto con una simile azione, nella sua mentalit, avrebbe tradito il giuramento prestato
davanti a Dio al momento dell'incoronazione. Quando, spinto dalla drammaticit degli eventi, fu costretto a
lasciare Vienna, firm un documento in cui dichiarava di rinunciare ai suoi poteri, ma non al trono. Era l'11
novembre 1918. Anche Zita era del tutto persuasa dall'idea che il loro potere era di origine divina, con tutti i
doveri che ci comportava:Un sovrano non pu mai abdicare. Pu venire deposto []. D'accordo. Quella
violenza. Ma abdicare mai, mai, mai ! Morirei piuttosto qui al tuo fianco. Poi ci sarebbe Otto. E anche se
tutti noi qui venissimo uccisi, resterebbero sempre ancora altri Asburgo !21 Cos, il documento che Carlo
accett di firmare quella triste mattina era una sorta di compromesso, non privo di ambiguit, ma sincero e
non fazioso o ipocrita: Sin dalla mia ascesa al trono ho tentato incessantemente di trarre il mio popolo
fuori dagli orrori di una guerra del cui inizio non ho alcune responsabilit. Colmo, ora come sempre, di
incrollabile devozione verso tutte le mie genti, non desidero contrastare con la mia persona il loro progresso.
Riconosco in anticipo qualsiasi decisione l'Austria tedesca prender riguardo alla sua forma futura. Il
popolo, tramite i suoi rappresentanti, ha assunto il governo. Rinuncio ad ogni partecipazione agli affari di
stato...22. Agli affari di stato: al governo, dunque; ma non al trono, ch, come ha ricordato la buona Zita,
un sovrano non abdica. In un clima surreale e penoso, nelle ore successive Carlo sbrig gli ultimi doveri di

stato, consapevole che il giorno successivo sarebbe stata proclamata la repubblica d'Austria.
Provvide, ad esempio, ad insignire il professor Lammasch, l'ultimo presidente del consiglio austriaco, della
grande croce di S.Stefano, come molti altri suoi predecessori prima di lui, e a conferire altre onoreficenze
minori, prima di sciogliere l'intero gabinetto. Dopo lunghe riflessioni, decise che avrebbe trascorso i mesi
successivi nella tenuta di caccia di Eckartsau, a sessantacinque chilometri da Vienna. Ma alla fine di marzo
del 1919 la situazione nel paese si fece pi tesa e la famiglia imperiale fu costretta a lasciare l'Austria, per
raggiungere la tranquilla Svizzera. Al momento del congedo da Eckartsau, i domestici cantarono l'antico inno
imperiale singhiozzando, consapevoli in cuor loro che quella era l'ultima occasione in cui l'inno sarebbe stato
cantato davanti a un Imperatore austriaco vivente. L'Imperatrice Zita, molti anni dopo, racconter che nel
corso del viaggio che lo avrebbe portato lontano dall'Austria, per la prima volta, vide Carlo piangere.
Nei mesi successivi il futuro Beato ebbe modo di rivelare ancora una volta, e per sempre, la sua concezione
del potere: sacrale, medievale, cavalleresca. Non solo auctoritas, ma vera potestas, caratterizzava la figura e
l'azione del monarca tradizionale, figura che ebbe in Carlo l'ultimo interprete storico. Se avesse voluto
comandare tanto per comandare, cio esercitare un mero potere pubblico, nelle modalit stabilite dalla
legge, Carlo avrebbe potuto riottenere la corona, almeno quella dell'Austria tedesca. Ma lui era invece
consapevole dei sacri doveri di un Re Imperatore. Cos, quando la massoneria, realt potentissima e molto
influente nelle nuove istituzioni, spinta dal timore di disordini sociali, gli offr di tornare sul trono purch
facesse loro delle concessioni (ad esempio a tutela della legislazione laica) lui respinse le loro avance senza
indugi. Quanto a questo io, come principe cattolico, non ho una parola da dire E ancora, riferito all'avita
corona offerta dai grembiulini, aggiunse: Non sar mai ch'io accetti dal diavolo ci che mi ha dato Iddio.
Gli furono offerte anche ingenti somme di denaro, nuovamente dai massoni, purch abdicasse
definitivamente, cancellando cos anche formalmente ogni residuo del sacro regno medievale. Ma egli,
nonostante le ristrettezze dell'esilio (anche se in Svizzera la situazione non ancora era grave come sar poi a
Madera) ostinatamente rifiut: Non sia mai che, per amor del danaro, rinunci a quei diritti che Dio mi ha
imposto come doveri23. Anche Brook-Shepard ha documentato situazioni di questo tipo. Nell'aprile del
1919, ad esempio, i rappresentanti di quattro nuove nazioni sorte dalle ceneri dell'Impero, Polonia,
Jugoslavia, Cecoslovacchia e Austria, offrirono a Carlo 184 milioni di franchi svizzeri, come liquidazione
per le propriet di famiglia confiscate, a patto che si impegnasse a non entrare mai pi nei territori della
monarchia, e abdicando rinunciasse a ogni suo titolo. Egli rifiut nuovamente: La corona d'Asburgo disse
non poteva essere trattata come una merce di scambio24
Queste citazioni di Carlo sono emblematiche per comprendere, aldil di ogni mistificazione operata dalla
cultura liberale, il significato della monarchia tradizionale medievale, e del particolare legame che univa il
Re ai suoi popoli. Rifarsi ad uno scritto di Marina Garrese pu essere utile a chiarire alcuni punti in merito a
questo tema: il potere monarchico, fondato su un tacito accordo tra il Re e il popolo, era infatti esercitato nei
limiti previsti dalla tradizione e dagli usi del popolo, che determinavano delle leggi a cui il Re per primo era
soggetto25. Egli non poteva derogare dal rispetto di alcuni principi, e il senso dell'intera sua attivit poteva
essere riassunta in una sola parola: servizio. La monarchia tradizionale era appunto servizio, al quale il Re
era chiamato; un servizio che egli doveva rendere con spirito di paternit verso i propri popoli,
rispettandone le libert, le specificit culturali, le forme di autonomia locali, gli usi, i privilegi26 Pi oltre,
nel testo citato, troviamo la descrizione della dignit, della pietas cristiana, del sentimento paterno regale
verso i sudditi che anim il giovane Francesco II, ultimo sovrano del Regno delle Due Sicilie. Ai nostri occhi
istintivamente sorto un parallelo tra il giovane Borbone e il giovane Asburgo, accomunati da diversi fattori:
entrambi sono stati gli ultimi sovrani dei rispettivi stati, entrambi hanno subito gli esiti di guerre di cui non
nutrivano responsabilit, entrambi sono stati discriminati dalla storiografia dei vincitori, ed entrambi hanno
condiviso una altissima considerazione del ruolo del sovrano, e una grande fede religiosa. Leggiamo ancora
un altro passo tratto dal testo della Garrese, e vediamo se la sua descrizione della figura di Franceschiello
non potrebbe benissimo adattarsi a Carlo: ... partendo, Francesco non port con s neppure il patrimonio
privato, ad indicare che la partenza era un momentaneo allontanamento imposto da necessit superiori e
non una fuga verso la salvezza, lasciando la capitale in balia del nemico. Quella di Francesco II fu una
concezione medioevale, cio cavalleresca, della guerra, certo estranea ai suoi nemici che combatterono per
lo pi senza onore. Una concezione che imponeva al Re di evitare il coinvolgimento della popolazione civile
nella battaglia tra eserciti contrapposti, che gli imponeva anche di ridurre al minimo lo spargimento di
sangue dei soldati stessi, in nome della sacralit della vita e della regalit come paternit...27

Come detto, Carlo oper due tentativi di restaurazione in Ungheria. Questi, spesso bollati come tentativi da
operetta possono invece essere letti come la prova effettiva del senso del dovere di Carlo, e dell'altissima
considerazione che sempre ebbe del suo ruolo. Non dimentichiamo che se non avesse cercato di riottenere la
corona di S. Stefano, che fu cinta per la prima volta da un Asburgo, l'Arciduca Ferdinando, nel 1526, egli
probabilmente sarebbe potuto restare in Svizzera, lontano dai problemi politici, in compagnia della famiglia,
in una situazione economica non esaltante ma neanche drammatica. E magari, qualche anno dopo, avremmo
potuto vederlo in compagnia di altri sovrani detronizzati, a fare la bella vita nei luoghi di culto
dell'aristocrazia, tra Montecarlo e Sankt Moritz28 Invece, come sappiamo, una volta falliti i tentativi di
restaurazione operati in Ungheria, i leader dell'intesa decisero di obbligare l'intera famiglia a lasciare
l'Europa continentale e raggiungere Madera. Soffermiamoci brevemente sul secondo tentativo, operato
nell'ottobre del 1921. Figura chiave della vicenda l'ammiraglio Horthy, il famoso reggente di un regno
senza Re. Egli aveva preso le redini del governo ungherese all'indomani del fallimento della rivoluzione
comunista di Bela Kun, e nei mesi successivi trad per due volte il giuramento di fedelt prestato a Carlo in
qualit di ufficiale della marina austro-ungarica, rifiutandosi di riconsegnare la corona al suo legittimo
detentore. Se, a onor del vero, il primo tentativo di restaurazione sembr un po' improvvisato, il secondo
pareva essere stato meglio organizzato. Vi prese parte anche Zita: i due raggiunsero l'Ungheria in aereo.
Sostenuto da alcuni politici e ufficiali legittimisti, Carlo pot marciare su Budapest alla guida di un esercito
di tremila uomini, ma un tradimento, l'ennesimo, operato stavolta dal generale Gmbs, complic la
spedizione, fino a paventare il rischio di una guerra civile ungherese. Opzione che Carlo, anche in virt di
quello che abbiamo scritto poche righe fa in merito alla concezione del Re come padre dei sudditi, non si
sent di affrontare. Lo stesso traditore Horthy ebbe a commentare che Carlo, di cuore nobile e benigno29,
decise di abortire il tentativo per non causare scontri fratricidi. Era l'inizio della fine: per evitare altri
imprevisti di questo tipo, come detto, i vincitori decisero di relegare la famiglia in un'isola sperduta e dal
clima non certo accogliente, dove Carlo contrarr la malattia che gli si riveler mortale.
La sua visione della politica come attivit altissima, che distingue l'Uomo dagli altri esseri viventi,
nell'ambito di una concezione del potere che abbiamo definito medievale, non deve trarre in inganno, e
portarci a vedere in Carlo un dittatore, magari nel senso novecentesco del termine, un nemico della sovranit
del popolo o altro. E neanche un Re assoluto. Nel prossimo capitolo vedremo cosa l'Imperatore pensasse a
proposito del principio federale dell'autodeterminazione dei popoli, e vedremo anche come egli fosse
favorevole al suffragio universale, e come si batt per l'allargamento del diritto di voto in Ungheria. Quello
che importante sottolineare che Carlo fu un politico del '900, consapevole dei mutamenti avvenuti a
livello mondiale negli anni, desideroso di rispettare le prerogative costituzionali dello stato e le acquisite
libert individuali. Ma, tutto ci, nell'ambito di una concezione sacrale e paterna del suo ruolo, fedele ai
principi della Tradizione, che in quanto atavici non invecchiano mai, ma riflettono valori eterni.
1

H. K. Zener-Spitzenberg Cos muore un imperatore Editrice Antoniniana, 1958


Ibid.
3
A.Polzer-Hoditz, op.cit. p. 46
4
Ibid.
5
Ibid.
6
Ibid. p. 51
7
G.Brook-Sheperd, L'ultima Imperatrice. La vita e l'epoca di Zita d'Austria-Ungheria 1892-1989.Rizzoli, 1992, p.28
8
Il 21 ottobre la data in cui nel calendario liturgico la Chiesa ricorda il Beato Carlo.
9
G.Brook-Shepard, op.cit.p.33
10
Nel 1900 Francesco Ferdinando aveva contratto matrimonio morganatico con la baronessa boema Sophie Chotek, una signora non
abbastanza nobile per un Asburgo, in quanto non appartenente a nessuna famiglia reale europea. Francesco Giuseppe era
contrario, ma alla fine acconsent al matrimonio a patto che l'Arciduca rinunciasse alla successione imperiale per i suoi
discendenti. Primo in linea di successione divenne cos il padre di Carlo, Ottone, morto nel 1906. Al momento del suo
matrimonio, dunque, Carlo era secondo in linea di successione al trono, dietro a Francesco Ferdinando, e destinato un giorno a
succedergli.
11
D.Murgia Carlo d'Asburgo. Intrighi, complotti e segreti dell'ultimo erede del Sacro Romano Impero,Segno, 2004, p.26
12
H. K. Zener-Spitzenberg, op.cit.
13
A. Polzer-Hoditz, op.cit. p.180
14
D.Murgia, op.cit. p.43
15
E questo, senza voler aprire una polemica fine a se stessa, quanto stride con l'atteggiamento della maggior parte dei nostri
politicanti moderni !
16
D.Murgia, op.cit. p.43
2

17

Weil ich im Glauben an Gott und an ein christliches sterreich unter der Fhrung des Hauses Habsburg die einzige Rettung fr die
Unabhngigkeit und Selbstndigkeit meines Vaterlandes sehe http://de.wikipedia.org/wiki/Hans_Karl_Ze%C3%9FnerSpitzenberg
18
D.Murgia, op.cit. p.58
19
H.K Zener-Spitzenberg, op.cit. L'intera narrazione degli ultimi giorni di vita di Carlo tratta dall'opera di Zener-Spitzenberg,
citazione dirette comprese.
20
D.Murgia, op.cit. p. 28
21
G.Brook-Shepard, op.cit.p.158
22
Ibid, p.159
23
H.K Zener-Spitzenberg, op.cit
24
G.Brook-Shepard, op.cit.p.181
25
Questo era il modello di monarchia medievale, il pi caro ai tradizionalisti. Da non confondere con la monarchia assoluta figlia
dell'evo moderno, che con le sue istanze anti-feudali e accentratrici alla base dello stato contemporaneo. Il Re allora si
presentava come al di sopra di ogni legge (legibus solutus), fino a far coincidere lo stato con la sua stessa persona l'tat, c'est
moi dir luigi XIV, prototipo ideale del monarca assoluto del XVII secolo
26
http://spazioattivo.ilcannocchiale.it/2008/05/10/la_monarchia_tradizionale_di_f.html
27
Ibid
28
O.Sanguinetti-I.M. Somma Un cuore per la nuova Europa. Appunti per una biografia del Beato Carlo d'Asburgo, D'Ettoris
editore, 2010, p.113
29
M. Carotenuto, op.cit.p.81

Il buon guerrier
Delle industrie a' bei tesori
sia tutela il buon guerrier
incruenti e miti allori
abbian l'arti ed i saper.
Benedica il cielo e renda

glorioso il patrio suol,


e pacifico risplenda
sovra l'Austria ognora il sol
Terza strofa della versione italiana dell'Inno imperiale
In guerra
Carlo fu un militare valoroso: coraggioso soldato e abile stratega ma, prima di tutto, uomo generoso, sempre
pronto ad anteporre il sentimento cristiano agli interessi contingenti.
La sua carriera nelle file dell'esercito imperial-regio inizi nel 1905, quando, compiuti diciotto anni e
terminati gli studi liceali, fu nominato sottotenente del 1 reggimento ulani di stanza in Boemia. Nel 1906,
in seguito alla morte prematura del padre, divenne secondo in linea di successione al trono. Pertanto si ritir
a Praga e segu un ampio programma di studi politci, ma due anni dopo indoss nuovamente l'uniforme e
scal le gerarchie per essere, alla vigilia della grande guerra, colonnello nel 1 reggimento ussari.1
Nel maggio 1916, ormai comandante del XX Corpo dei Kaiserjger Edel-Weiss, guid un'offensiva sul
fronte italiano, nella zona di Lavarone-Luserna-Folgaria, durante la quale le divisioni ai suoi ordini si
distinsero meritevolmente2. Tra il 5 maggio e il 21 giugno infatti riport una serie di vittorie nell'altipiano di
Asiago. La vita al fronte non comoda e Carlo non si fa scrupolo di condividere, per quanto possibile, gli
stessi disagi dei suoi soldati: nelle frequenti visite nella prime linee non si concede alcun privilegio, n di
trattamento, n di sicurezza. Divide il rancio di trincea con i suoi e spesso l'ultimo a mettersi al riparo
quando iniziano a piovere le granate3
Da quando gli fu affidato il comando del Corpo si propose questo ideale: essere il pi coscienzioso dei
comandanti di corpo. I posti pi avanzati dei suoi uomini erano da lui visitati personalmente. -Io devo
interessarmi- diceva- di tutti i miei soldati, dove sono obbligati a combattere-4
Il fatto che si sia battuto per evitare di sacrificare vite umane in modo superficiale, tra l'altro, differenzia
grandemente la sua condotta da quella di molti altri comandanti militari della prima guerra mondiale. 5
In seguito venne chiamato a guidare un gruppo di armate austro-tedesche sul fronte orientale, dove il
generale russo Brasilov stava sferrando un violentissimo attacco. Nel settembre dello stesso anno l'offensiva
zarista si arrest, ma l'esercito asburgico aveva perso nei mesi precedenti 1.500.000 soldati.6
Dopo l'entrata in guerra della Romania vinse la battaglia di Hermannstadt 7 e s'accinse a conquistare
Bucarest8. A novembre, in seguito alla morte di Francesco Giuseppe, sal al trono.
Le fonti sono unanimi nel descrivere il militare Carlo come ricco di doti fisiche e morali, coraggioso e
sprezzante del pericolo9. ... per il fatto di non ricercare l'agio in situazioni belliche, fu sempre molto
ammirato e amato dai suoi soldati, con i quali divideva il rancio e le bombe, spesso mettendosi in salvo per
ultimo, e per i quali fu un luminoso esempio nelle virt militari...10
Chi negli anni ha parlato, a sproposito, di un uomo debole e, sostanzialmente, di un fallito, dovrebbe
riflettere sul valore guerriero dimostrato dal militare Carlo lungo quei due terribili anni di battaglie, nei quali
il giovane erede al trono ha dato sfoggio in alto grado delle tradizionali doti virili e pugnaci, come il
coraggio, lo sprezzo del pericolo, il senso del dovere e la resistenza fisica. Tutto ci, senza scalfire la sua
visione cristiana del mondo. Questo concetto stato spiegato in modo esemplare da Oscar Sanguinetti: si sa
che il mestiere della armi pu essere vissuto in vari modi: appunto, come un mero mestiere [...], oppure
come occasione per usare della forza per opprimere i deboli [] oppure, ancora, in maniera
cavalleresca.11. E nel momento in cui la disciplina delle armi prevede sacrificio, abnegazione, volont di
difendere i deboli, quanto di cristiano possiamo trovarci !
Sono noti molti aneddoti legati alla statura morale di Carlo, anche nelle difficili situazioni di guerra.
Gli atti processuali della beatificazione raccontano che salv personalmente la vita ad un suo sottoposto che
stava annegando nell'Isonzo12 In un'altra occasione, come narrato dal cappellano Rodolfo Spitzl, durante una
marcia forzata si occup personalmente di un soldato che non riusciva pi a camminare per le piaghe ai
piedi. Non credo- disse Carlo all'ufficiale medico- che lei ed io avremmo marciato con simili piedi cos a
lungo come quest'uomo. Provveda al pi presto ch'egli parta per un convalescenziario13
Ancora: rifiut il pane bianco, chiedendo che fosse distribuito tra i malati e i feriti mentre lui non si fece
invece problemi a mangiare pane nero davanti ai suoi ufficiali; diede inoltre disposizione perch i cavalli di

corte fossero impiegati per l'approvigionamento del cibo nella capitale.


Nell'agosto nel 1917, al termine dell'undicesima battaglia dell'Isonzo, il fotografo di corte Schumann vide
Carlo piangere davanti ai cadaveri carbonizzati e dilaniati, e lo sent sussurrare: Nessun uomo pu pi
rispondere di questo davanti a Dio. Io faccio punto, quanto prima possibile-14
Ma fu soprattutto nel ruolo di Imperatore che egli ebbe modo di rivelare la sua concezione della guerra,
cavalleresca e medievale. Lo fece, ad esempio, opponendosi al progetto tedesco di condurre una guerra
sottomarina ad oltranza. Egli era contrario all'uso dei sottomarini [] perch il loro impiego non
facevadiscernimento tra militari e civili, cos come era contrario all'uso delle bombe incendiarie e dei gas
asfissianti, e fece ogni sforzo perch non venissero utilizzati al fronte14
In particolare, l'ostilit verso l'uso dei sommergibili derivava anche da considerazioni pratiche, come il
timore che l'uso indiscriminato degli stessi avrebbe condotto all'entrata in guerra degli Stati Uniti (come
infatti puntualmente accadde, ed il casus belli fu proprio l'affondamento del transatlantico Lusitania da parte
di un U-boot tedesco15)
Vediamo come Polzer-Hoditz ha descritto le difficolt di Carlo nel confrontarsi coi comandi tedeschi in
merito alla questione della guerra sottomarina, alla vigilia della dichiarazione di guerra degli Usa alla
Germania: Sono sempre stato contrario alla guerra coi sottomarini, che ho combattuto con tutti i mezzi; ma
tutto stato inutile. Intanto, l'America ha gi rotto le relazioni con noi; pu darsi che la Spagna la segua, la
guerra si estender sempre pi e noi ci allontaniamo sempre pi dalla pace. E' terribile! La Germania fa
sempre dei suoi avversari una stima inferiore a quella ch'essi meritano ed anche ora deprezza troppo
l'America ed ha troppa stima di s. Berlino colpita da cecit e ci condurr tutti alla rovina-16
Secondo Polzer-Hoditz, il conte Ottocaro Czernin, ministro degli esteri austriaco, condivideva le medesime
preoccupazioni di Carlo a proposito dei guai che l'uso dei sottomarini avrebbe arrecato alla causa austriaca, e
quindi avrebbe potuto e dovuto svolgere pressioni diplomatiche pi forti nei confronti dei tedeschi. Egli
infatti credeva che ...se avessimo potuto trattenere la Germania dall'inasprire la guerra coi sottomarini, il
vantaggio per noi sarebbe stato grandissimo..17 Pertanto, commenta l'ex capo di gabinetto nel suo libro di
memorie: tanto pi [] deve meravigliare che nelle trattative coi tedeschi egli non abbia tentato nulla per
dissuadere la Germania18.
Il resoconto del definitivo incontro austro-tedesco sulla questione, tenutosi a Vienna il 17 gennaio 1917, ci d
un'idea delle difficolt in cui Carlo si trov ad agire, non solo per l'ottusit degli alleati ma dei suoi stessi
vertici militari: L'ammiraglio Haus e Conrad von Hotzendorff si dichiararono d'accordo; Czernin non
disse n s n no, esprimendo soltanto con molta recisione le sue preoccupazioni riguardo il contegno dei
neutrali. L'Imperatore Carlo, fin da principio contrario all'inasprimento della guerra coi sottomarini, chiuse
la seduta senza aver detto una parola decisiva.19 In realt, poco dopo l'Imperatore ricevette von
Hotzendorff, che era capo di stato maggiore austriaco, e gli comunic la sua contrariet. Senonch, si sent
rispondere cheil consenso di Sua Maest non aveva pi alcuna importanza, poich gli ordini erano gi
partiti quella mattina stessa e i sottomarini eran gi fuori dalle loro basi; richiamarli non era pi possibile
nemmeno per mezzo della telegrafia senza fili, poich essi erano gi immersi [...] Di fronte a queste
dichiarazioni, all'Imperatore Carlo non rimase che protestare violentemente e dare il proprio consenso20
Il militare Carlo secondo la filosofia cattolica: la prudenza di s. Tommaso e la guerra giusta di s.
Agostino
David Murgia, nella sua ricerca dedicata alla figura di Carlo21, fa riferimento alla virt tomista della
prudenza, di cui il Beato, a suo dire, avrebbe goduto in abbondanza. Vediamo allora cosa intendeva di
preciso l'Aquinate quando parlava di virt, e pi precisamente della virt prudenza. Egli nella Somma
contro i gentili spiega che la prudenza l'attitudine che consente di valutare la bont o meno di un' azione,
ossia la recta ratio agibilium22, l'abito del ben valutare. Infatti per capire se un'azione buona, bisogna
valutare, nell'ottica finalistica che caratterizza la speculazione di Tommaso, se lo sono gli obiettivi che essa
persegue. Per fare questo l'uomo usa la ragione speculativa, che riguarda questioni generali e universali, e la
ragione pratica, con la quale invece valuta il caso concreto. Ma in queste valutazioni il nostro giudizio deve
fare i conti con le passioni terrene, dalle quali pu essere distorto. Da qui la necessit che il ragionamento
morale sia sostenuto da una particolare virt, la prudenza, l'abito dell'intelletto pratico che permette di
arrivare a retti giudizi di conoscenza.23. Alla luce di quanto scritto nel paragrafo precedente, ora capiamo
perch secondo Murgia il comandante Carlo sia stato virtuosamente prudente.

Se risaliamo ai tempi di Agostino di Ippona e ai successivi pensatori cattolici che nei secoli hanno codificato
il principio cristiano di guerra giusta, notiamo come diversi elementi dell'azione di Carlo abbiano
rispecchiato le caratteristiche indispensabili perch un conflitto, secondo la dottrina cattolica, possa appunto
essere definito moralmente giusto. Il Catechismo della Chiesa sembra indicare che una guerra giusta
quando sia combattuta per legittima difesa, con una difesa proporzionata24, e ancora quando vengano
rispettati i principi morali fondamentali, in quanto - n per il fatto che una guerra [] disgraziatamente
scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto-, il che vuoi dire che ci sono alcuni
principi morali di etica della guerra come - rispettare e trattare con umanit i non combattenti- cio non
colpire direttamente i civili..25 Ci, come abbiamo avuto modo di vedere, sembra perfettamente in linea con
l'azione di Carlo. Eventuali ulteriori aspetti cui non abbiamo ancora fatto riferimento, come la proibizione dei
bombardamenti aerei e marini di Venezia e di altre citt non fortificate, non possono che rafforzare la tesi di
Carlo soldato giusto26
Pi nello specifico, l'articolo 2309 del Catechismo ha lungamente recitato [] che il ricorso alle armi non
provochi mali e disordini pi gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un
grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione []. La valutazione di tali condizioni di
legittimit morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilit del bene comune27 .
Attualmente stato leggermente modificato, ma il senso dell'articolo non stravolto
E' necessario comunque ricordare che Carlo non reca responsabilit alcuna circa lo scoppio del conflitto.
Tutte le considerazioni di cui sopra, peraltro di certo opinabili, sono volte a rendere l'immagine di Carlo
come buon guerrier, come cristiano coerente ai suoi valori anche nel contesto bellico, e non a sostenere le
ragioni dell'Austria-Ungheria riguardo lo scoppio della I guerra mondiale, tanto meno da un punto di vista
cattolico: questo sarebbe un argomento troppo lungo e complesso ed esulerebbe grandemente dai temi di
questa ricerca.
Possiamo citare un altro episodio poco noto, per dimostrare la buona fede di Carlo, la sua prudenza, la sua
volont di non ottenere la vittoria sul nemico a qualsiasi costo, a costo anche del suo annientamento. In linea,
come detto, con una visione della guerra cavalleresca, d'altri tempi. Nell'estate del 1917 lo stato maggiore
tedesco aveva pensato di facilitare il rientro in territorio russo di rivoluzionari facinorosi, per facilitare lo
scoppio di disordini e, perch no, la rivoluzione comunista, in modo da boicottare in modo gravissimo
l'esercito nemico. Il piano germanico, com' noto, si realizz alla perfezione: a un gruppo di rivoluzionari
russi esuli fu permesso di transitare in territorio tedesco, e raggiungere il paese degli zar. Era l'autunno del
1917. Poche settimane dopo i bolscevichi riuscirono nel loro intento di prendere il potere, e nel marzo del
1918 ritirarono l'Impero russo dal conflitto (armistizio di Brest-Litovsk). Bene: i tedeschi avrebbero voluto
realizzare un piano analogo anche contro l'Italia. Ma Carlo si oppose all'idea, e imped risolutamente che un
treno carico di socialisti potesse raggiungere l'Italia attraverso zone controllate da truppe austriache. Ora, se
vero che nessun rivoluzionario italiano aveva il carisma e l'abilit di Lenin, e quindi non si pu dire se la
rivoluzione si sarebbe affermata o meno anche in Italia, di certo innegabile che la loro presenza avrebbe
creato gravi disordini, in un contesto sociale gi ampiamente provato dai sacrifici della guerra ..bisogna
aggiungere che gi all'inizio del conflitto c'erano state sollevazioni violente in Romagna e nelle Marche
durante la cosiddetta settimana rossa. Ci furono morti e feriti [...] Qualora ci fossero dubbi sull'entit di
quei fatti [] basti ricordare i centomila soldati schierati dal governo Salandra per fronteggiare i
tumulti...28
Perch Carlo, tradendo clamorosamente i suoi stessi interessi, decise di operare in questo modo? Semplice:
una rivoluzione ispirata ai principi del comunismo ateo avrebbe portato alla distruzione della Chiesa in Italia,
e avrebbe potuto comportare un colpo durissimo per lo stesso cattolicesimo, che in Italia aveva il suo cuore
pulsante29 La devozione filiale che provava nei confronti del Pontefice Benedetto XV, e il suo stesso ruolo di
Re Apostolico d'Ungheria, cio successore, per quanto riguarda le terre ungheresi, dell'opera dei dodici
apostoli (un privilegio accordato dalla Santa Sede al primo Re d'Ungheria, Stefano il Santo, e sempre
confermata ai Re ungheresi d'Asburgo) determin la volont di Carlo di scongiurare questo pericolo. I
rivoluzionari non poterono passare neanche per la neutrale Svizzera, e la tenuta bellica dell'Italia non fu
compromessa per causa loro.
Per concludere, abbiamo visto come Carlo non si sia tirato indietro davanti ai suoi doveri di militare. Ma egli
odiava la guerra, e appena pot cerc di porre termine all'inutile strage. I suoi sfortunati tentativi di

promuovere una pace senza vincitori n vinti rappresentano l'oggetto del prossimo capitolo
1

M.Carotenuto, op.cit, p.22-23


http://www.vadopiano.it/Percorsi/InvernaleMonteMaggio/prima_1916.htm
3
O.Sanguinetti-I.M. Somma op.cit.p.48
4
H.K. Zener-Spitzenberg, op.cit.
5
Tra i molti studi in proposito, si pu vedere il recente libro di Angelo del Boca Grande guerra piccoli generali. Una cronaca feroce
della prima guerra mondiale Utet, 2007
6
http://www.icsm.it/articoli/ri/luck.html
7
Molte fonti riportano come il capo di stato maggiore della zona del fronte comandata da Carlo, il tedesco Von Seeckt, pur
considerando l'Arciduca un bigotto non pot non riconoscere le sue capacit militari. Vedi ad es. M. Carotenuto, op.cit. p. 23
8
D. Murgia, op.cit p.9
9
Alan Palmer ha ricordato che l'Imperatore Francesco Giuseppe ordin che Carlo fosse sempre tenuto lontano dai pericoli, in quanto
erede al trono, ma le testimonianze rivelano con quanto senso di abnegazione egli abbia comunque interpretato il suo ruolo di
comandante militare
10
M. Carotenuto, op.cit. p.23
11
O.Sanguinetti-I.M. Somma, op.cit. pp.36-37
12
D.Murgia, op.cit. p.24
13
Ibid.
14
Carlo d'Asburgo, l'ultimo imperatore cattolico di Paolo Mattei, tratto dalla rivista mensile 30 giorni, giugno 2003
( http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=997 )
In seguito vedremo come Carlo avesse gi tentato, ed in seguito tenter ancora vanamente, di dare seguito al nobile proposito di
cui sopra.
14
M.Carotenuto, op. cit. p. 35
15
La guerra sottomarina a oltranza, iniziata nel 1915, era stata parzialmente sospesa dai tedeschi, per poi essere ripresa nel 1917. S.
A.-Rouzeau, J.-J. Becker (a cura di) La prima guerra mondiale Einaudi, 2007, Vol I, p.551
16
A. Polzer-Hoditz, op.cit.p.173
17
Ibid. p. 174
18
Ibid. p. 175
19
Ibid. p. 177
20
Ibid. p. 177
21
D.Murgia, op.cit. p. 6
22
Tommaso d'Aquino. Vita, pensiero, opere scelte. pp 150-155. A cura di A. Massarenti. Edizione speciale per Il sole 24 ore, 2006
23
Ibid. p. 152
2

24

http://www.kattoliko.it/leggendanera/modules.php?name=News&file=article&sid=1276, tratto da il Timone" n. 25,


Maggio/Giugno 2003

25

ibid
Altri esempi a riprova di ci: ... si oppose all'uso dei gas letali contro il nemico () si batt contro l'impiego dei sottomarini per
colpire le citt nemiche che si affacciavano sull'adriatico... Carlo d'Asburgo, l'ultimo imperatore cattolico di Paolo Mattei,
tratto dalla rivista mensile 30 giorni, giugno 2003 ( http://www.30giorni.it/it/articolo.asp?id=997 )
27
http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm
28
N.De Carlo-D.Perin, Il fronte dimenticato. 1918 Dialettica dell'armistizio Vol IV, Comitato Imprenditori Veneti 2000, 2008, p.32
29
Ricordiamo che all'epoca lo stato della Chiesa non esisteva, in quanto la legge delle garanzie offriva al Papa, appunto, delle
garanzie, come l'extraterritorialit, ma non la sovranit e l'indipendenza
26

La ricerca della pace


...Quando l'Arciduca Carlo divenne Imperatore, fino dal primo giorno del suo governo fu tutto preso dal
desiderio di por fine alla guerra al pi presto possibile. Non aveva avuto corresponsabilit1 nello scoppio di
essa. Non vedeva guadagni possibili per i suoi popoli da un prolungamento delle ostilit: riteneva quindi suo
dovere di coscienza di non imporre pi oltre alla nazione gli spaventosi sagrifici resi necessari dalla guerra.

Voleva por fine allo spargimento di sangue; questa l'idea che domin tutti gli atti del suo breve governo e
che serve a dare di tutti la pi chiara e semplice spiegazione...
Arthur Polzer-Hoditz

-Er suchte den Frieden und fand ihn in Gott- (Hans Karl Zener-Spitzenberg)
-Cerc la pace e la trov in Dio-L'empereur Charles a offert la paix; c'est le seul honnete homme qui ait paru au cours de cette
guerre- (Anatole France)
-L'Imperatore Carlo ha offerto la pace; stato l'unico uomo onesto apparso durante la guerraIl conflitto si trasforma: da guerra di potenza in guerra ideologica
L'Imperatore Carlo cerc di attuare il suo proposito di porre fine agli orrori del conflitto sforzandosi di
promuovere una pace senza vincitori n vinti. Furono da un lato lo sciovinismo degli alleati pangermanisti e
dall'altro la volont distruttrice dei nemici a frustrare i suoi tentativi. In particolare, per quanto riguarda il
primo aspetto, pes l'ostinazione dei generalissimi Ludendorff e Hindeburg, convinti, finch non fu troppo
tardi, di poter giungere a una pace vittoriosa2. Per quanto riguarda il secondo aspetto, soprattutto in Francia,
fu decisiva l'originale e disastrosa unione tra nazionalismo giacobino e volont radical-massonica di
trasformare il conflitto da guerra di potenza in guerra ideologica. Cos, nato come guerra di potenza in
conseguenza delle contrastanti aspirazioni egemoniche anglo-tedesche, franco-tedesche e austro-russe, il
conflitto divenne progressivamente uno scontro totale, in cui il nemico fin per incarnare il male assoluto.
Ci complic a tal punto i rapporti tra i contendenti che gli sforzi profusi dal partito della pace, che vedeva
in Carlo e in Papa Benedetto XV i massimi rappresentanti, risultarono vani.
L'antecedente americano: la guerra di secessione Usa.
Alberto Pasolini Zanelli3 ha visto nella guerra civile americana il primo esempio di guerra ideologica e
totale, volta non alla ricerca di un obiettivo particolare o al ridimensionamento del nemico, ma alla sua
completa distruzione. Una vera anticipazione della prima guerra mondiale. D'altronde il generale nordista
Ulisses Simpson Grant si vantava del fatto che le sue iniziali potevano essere lette come United States, ma
anche come Unconditional Surrender, resa incondizionata, che della guerra ideologica e totale rappresenta
l'inevitabile corollario diplomatico. E come il vecchio Sud, descritto dalla pubblicistica yankee come un
mondo barbaro ed arretrato4, cos l'Impero Asburgico fu presentato dalla propaganda nemica come una
costruzione antiquata e oppressiva, da abbattere in nome della libert. E, al pari del mondo di Dixieland, la
monarchia mitteleuropea non sopravvisse allo spaventoso conflitto, che la cancell dal mondo: another
civilazion gone with the wind.
L'affaire Sisto.
Grandi compiti stanno davanti a noi. Il compito principale che deve aver presente colui che responsabile
delle sorti della monarchia di avviare il pi presto possibile una buona pace5 Cos si esprimeva Carlo coi
suoi ministri, a poche ore dalla morte di Francesco Giuseppe. Nei mesi successivi egli si adoperer in prima
persona per concretizzare questi buoni propositi.
Il pi noto tra i tentativi di pace messi in atto durante la grande guerra il cosiddetto affaire Sisto.
L'Imperatrice Zita, moglie di Carlo, come abbiamo gi visto apparteneva alla Casa dei Borbone di Parma, e i
suoi fratelli Sisto e Saverio erano arruolati nell'esercito belga (quello francese li aveva rifiutati proprio in
quanto appartenenti all'antica famiglia regnante). Col beneplacito dello stesso governo belga e di quello
francese6, nel 1917 essi fecero da mediatori tra l'Austria e le potenze alleate. Sisto, un Borbone tagliato per
la politica senza essere un diplomatico francese ed amico e parente dell'Imperatore asburgico senza essere
austriaco7 fu visto da Carlo come la persona ideale per avviare trattative.8 Cos egli, divenuto Imperatore,
chiese alla moglie di scrivere a Sisto, chiedendogli se lo avrebbe potuto mettere in contatto con i francesi

per iniziare i sondaggi di pace su un piano personale-famigliare. Questi negoziati si svolsero tra il gennaio
e l'aprile del 1917, e videro coinvolti, oltre a Carlo, i capi di stato e governo di Regno Unito e Francia. Le
condizioni preliminari poste dagli alleati erano essenzialmente tre: evacuazione immediata di Belgio e
Serbia, occupate militarmente dagli Imperi centrali, e restituzione dell'Alsazia-Lorena, annessa dal Reich
tedesco nel 1871. Carlo si disse favorevole a queste richieste. Come scrisse in una delle lettere a Sisto, suo
unico scopo era mantenere la monarchia nella sua attuale grandezza9 Nel peggiore dei casi, sarebbe stato
disposto a concludere una pace separata, divorziando di fatto dall'alleato tedesco. Avrebbe cercato di
convincere l'Imperatore Guglielmo, ma precis che comunque non poteva sacrificare la monarchia alla
follia dei vicini. Avrebbe fatto la pace separatamente E ancora: Si impegn, in qualit di capo della casa
lorense e discendente dei conti dell'Alsazia, affinch quest'ultima e la Lorena ritornassero alla Francia. 10
Ora, prima di scoprire come e perch fallirono questi negoziati, potremmo chiederci: il flirt di Carlo coi
nemici pu essere considerato come un tradimento nei confronti dell'alleato tedesco, che peraltro aveva pi
volte sostenuto gli sforzi militari della duplice monarchia quando questa si era trovata in difficolt nel corso
del conflitto?11 Polzer-Hoditz categorico nel negare questa eventualit, ancorch confermi che le
aspirazioni di pace, in Carlo, erano cos forti da non fargli escludere a priori la possibilit di giungere a una
pace separata12. Ci che egli poteva dichiarare recisamente, era che una buona pace sarebbe stata accettata
subito. Quanto alla Germania, ci si sarebbe dovuti certamente dividere un giorno, perch egli non credeva
possibile che quella potesse cedere mai l'Alsazia e Lorena13
D'altronde egli non ag di nascosto: gi nel febbraio del 1917 Carlo aveva informato l'Imperatore Guglielmo
di aver sfruttato un'occasione favorevole per avviare trattative con i dirigenti dell'intesa. 14 Questi, dal canto
suo, non se ne ebbe a male, anzi approv l'iniziativa. Il problema, come gi rivelato, non era tanto
l'Imperatore, disposto a trattare persino l'eventualit di una cessione dell'Alsazia-Lorena, ma i militari e
circoli pangermanisti. Inoltre, sempre nel 1917, secondo Polzer-Hoditz, Carlo ricevette dall'intesa una
proposta di pace favorevolissima, respinta perch incompatibile col sentimento di fedelt verso la
Germania15
Insomma, conclude Polzer-Hoditz, nel trattare con Sisto, Carlo non trad di certo gli alleati, ma tutel gli
interessi dell'Austria, preponendoli a qualsiasi altro interesse: era questo un suo diritto ed era il suo diritto
di Sovrano16 Doveva essere piuttosto l'Austria a sentirsi tradita, alla luce di quanto scrive Polzer poco dopo:
Del resto sembra (corsivo mio, nds) che la Germania non avesse scrupolo di fare proposte di pace alla
Francia dietro le spalle dell'Austria e alle spese di questa ! Il principe Sisto di Borbone racconta che ,
quando egli parl per la prima volta delle buone disposizioni dell'Imperatore Carlo al segretario generale
del ministero degli esteri francese, Jules Cambon, questi gli rispose: - La proposta di pace dell'Imperatore
Carlo d'Austria costituisce un novum; finora gli alleati hanno avuto proposte del genere soltanto dalla
Germania. Ecco che cosa essa propone: Costantinopoli e la Bucovina ai russi, la Transilvania ai rumeni, la
Polonia austriaca e la Polonia russa costituiscono un regno indipendente, mentre la Polonia prussiana resta
alla Germania...17 In poche parole, i tedeschi stavano offrendo terre appartenenti alla Casa d'Austria per
diritto storico ! E non era la prima volta, dato che gi nel 1914 avevano offerto il Welschtirol, cio la zona di
Trento (Tirolo italofono) all'Italia purch questa restasse neutrale, a prescindere dall'opinione in proposito del
governo austriaco !18
A far naufragare le speranze di pace legate all'iniziativa di Carlo e di suo cognato pesarono vari fattori. Nel
capitolo successivo vedremo come la massoneria internazionale, che aveva un'influenza notevole sui
governi, tent di far naufragare i vari negoziati, in quanto auspicava la resa dell'esercito asburgico e la
scomparsa della grande monarchia cattolica, come infatti accadde.
Per quanto riguarda gli eventi contingenti, l'intransigenza del governo italiano, nella persona del ministro
Sonnino, limit molte le gi ristrette aperture dei franco-inglesi. A vanificare poi ogni ulteriore tentativo
contribu in modo decisivo l'azione del primo ministro francese Ribot. Insieme, riuscirono a boicottare ogni
trattativa. L'idea di Ribot per la quale una pace separata con l'Austria avrebbe danneggiato la causa della
Francia19 appare francamente incomprensibile, a meno che egli non si riferisse al proposito reale di chi
reggeva le fila dietro le quinte: la dissoluzione dell'Austria
Con il fallimento dell'affare Sisto tramontava quello che forse stato il pi promettente tra i vari tentativi
di pace promossi nel corso della guerra. La buona volont di Carlo non bast a far cessare quella che
Benedetto XV da l a poco avrebbe definito l'inutile strage.20
Pace esterna, pace interna: l'amnistia del 2 luglio 1917

Justitia regnorum fundamenta: spinto da questa ferma convinzione, nelle stesse settimane in cui le
avversit esterne gli impedivano di raggiungere la pace col resto del mondo, Carlo cerc di realizzarla
presso i suoi popoli. Cos il 2 luglio 1917, data dell'onomastico del primogenito Ottone, promosse una
grande amnistia per i delitti politici commessi durante la guerra21. L'iniziativa era rivolta principalmente
verso i prigionieri politici di origine ceca. Gi all'indomani dell'incoronazione aveva intuito che la giustizia
militare aveva commesso gravi errori e che, cosa ancora pi grave, ci era accaduto principalmente ai danni
di un'etnia. Citandomi innumerevoli dati di fatto mi dimostr l'odiosit delle persecuzioni che i cechi
subivano da parte della giustizia militare22 Questa situazione avrebbe potuto avere ripercussioni disastrose
per la coesione interna della monarchia, che gi viveva un periodo molto difficile. Sappiamo infatti che il
malcontento dei boemi cechi era uno dei problemi pi spinosi per la pacifica convivenza in Cisleithania.
Esso era dovuto alla situazione di subalternit sociale che subivano nei confronti della minoranza
germanofona e, pi in generale, al fatto che la loro nazione storica, il regno di san Venceslao, non aveva visto
riconoscersi le stesse prerogative godute altres dai magiari in virt dell'Ausgleich. Perci Carlo decise di
intervenire. D'altronde era molto importante, usando un'espressione cara all'Imperatore, sgonfiare le vele
della propaganda nemica: in questo senso l'amnistia ha lo stesso identico valore della riforma federale,
disgraziatamente mai attuata. Non per niente il massone Masaryk, esule all'estero e fautore dell'indipendenza
della futura mostruosit geopolitica nota come Cecoslovacchia, alla notizia dell'amnistia si sent crollare il
terreno sotto i suoi piedi, come ricorda il Polzer-Hoditz. (a cui, ricordiamo, Carlo affid buona parte del
lavoro anche in questa occasione) bisognava togliere, per quanto possibile, le armi di mano ai nemici della
Monarchia, che conducevano all'estero una fiera campagna contro di noi.23
Visti i troppi errori commessi fino a quel punto dalla giustizia militare, per condurre alla conciliazione dei
popoli, missione suprema dell'Impero degli Asburgo, l'amnistia parve a Carlo del tutto inevitabile. Alla
base della sua decisione, dunque, volont di giustizia e responsabilit politica: non certo incapacit di
comprendere i problemi politici o debolezza e timore, come invece gli fu rimproverato dai soliti calunniatori.
Tentativi di riforme federali
Pace esterna, pace interna: il leiv-motiv del paragrafo precedente si ripete nel momento in cui andiamo a
presentare i tentativi di Carlo di riformare l'Impero in senso federale, promuovendo una nuova armonia tra i
diversi popoli dell'Impero. Riprendiamo dunque la narrazione di questo tema di importanza basilare da dove
ci eravamo fermati il capitolo precedente
Le pallottole del 28 luglio impedirono a Francesco Ferdinando di salire al trono, ma Carlo non ignorava le
aspirazioni federali dello zio. Anzi, in quanto sincero fautore del principio di autodeterminazione dei popoli,
ne condivideva in pieno lo spirito. Il 23 novembre 1916, due giorni dopo la scomparsa dell'anziano
Francesco Giuseppe, eman un proclama ai popoli dell'Impero, dal quale Carotenuto ha estrapolato questo
significativo passaggio: Intendo essere un Sovrano benvoluto ed equanime per i miei popoli. Manterr
intatte le loro libert costituzionali e ne difender l'uguaglianza di fronte alla legge. Sar mia instancabile
premura promuovere il bene morale e spirituale dei miei popoli, custodire la libert e l'ordine nei miei
territori e assicurare i frutti di un onesto lavoro a tutti i membri attivi della societ24
Addirittura, secondo alcune fonti, quali una lettera spedita a Papa Benedetto XV e una testimonianza della
moglie Zita, Carlo avrebbe voluto ricostruire l'Impero su base con-federale, andando oltre l'idea di
federazione25. Probabilmente, se come sostiene Polzer-Hoditz, Carlo auspicava un Impero di struttura
federalistica, ma senza compattezza nazionale, senza tendenze alla centralizzazione 26 la verit sta nel
mezzo.
Ma i suoi saggi e condivisibili propositi furono frustrati dall'opposizione dell'aristocrazia magiara, degli
austro-tedeschi e financo dai suoi stessi collaboratori di governo: E' possibile che nessuno dei miei ministri
comprenda che dobbiamo sgonfiare le vele ai nostri nemici?27 si lament l'Imperatore la sera del 17 marzo
1917. In effetti, come vedremo, l'Intesa si stava propagandisticamente presentando come la tutrice degli
interessi dei popoli e delle minoranze nazionali. Annunciare la volont della riforma federale di cui lo stato,
conformemente alla sua stessa natura imperiale, aveva bisogno, avrebbe chiaramente indebolito le possibilit
di propaganda alleata28. Certo, la particolare situazione dovuta alla guerra non agevol l'azione di Carlo. In
realt per lui fu gi una vittoria essere riuscito a respingere le richieste dei pangermanisti cisleitani che
avrebbero preteso, prima della convocazione del nuovo parlamento, che fossero concessi loro tramite decreto
importanti privilegi (a scapito delle altre nazionalit, ovviamente). Nella primavera del 1917 si gioc la sorte

dell'Impero. Se fosse stata esplicitata la volont di concedere l'autonomia ad ogni nazione, questo avrebbe
potuto evitare la sua tragedia finale Il destino della monarchia fu deciso nella primavera del 1917, non sui
campi di battaglia ma nei palazzi dove risiedevano i governi d'Austria e Ungheria29. Carlo infatti avrebbe
voluto coinvolgere Parlamento e governo nella grande riforma costituzionale, ma l'opposizione che trov tra
le alte sfere fece fallire i suoi propositi. Cos nel discorso al Parlamento di Vienna del maggio 1917 non and
oltre a generiche promesse, senza menzionare il punto chiave della riforma: Il discorso del trono col quale
l'Imperatore Carlo inaugur il Parlamento il 31 maggio 1917 era contenuto entro i ristretti limiti tracciati
dal Ministero responsabile a norma della Costituzione. Vi si parlava, vero, di necessit d'una riforma
costituzionale, ma il modo come si pensava d'attuarla era accennato soltanto in un'oscura forma da
oracolo. L'Imperatore esprimeva la sua fiducia che il Parlamento, insieme con la Corona, avrebbe saputo
creare le condizioni per rendere possibile anche il libero sviluppo nazionale e culturale dei vari popoli, posti
su ugual piede di diritto, entro la cornice dell'unit dello stato e dietro garanzia delle funzioni di esso (...)
Notai con dolore che mancava l'annuncio della concessione d'autonomie nazionali 30
Un vero proclama federale fu reso pubblico solo il 16 ottobre 1918. Esso, noto come Manifesto dei popoli,
fu elaborato la primavera dell'anno precedente col contributo di quel Polzer-Hoditz dalle cui memorie
abbiamo spesso attinto, e che all'epoca, come noto, era capo gabinetto civile. Alla vigilia del crollo finale,
strappato a forza dalla necessit della situazione31: troppo tardi.
Anche per questo esso non serv in alcun modo ad evitare lo smembramento della monarchia. Wilson, che
era il principale destinatario del messaggio politico legato al proclama, in quanto esso si proponeva di
guadagnare una sua intercessione positiva per evitare la spartizione dello stato, fece infatti sapere che gli
obblighi da lui assunti nei confronti dei cechi non gli permettevano pi di appoggiare il progetto federalista
di Carlo32. Ormai anche gli Usa avevano deciso di fare sparire dalle carte geografiche l'Impero danubiano,
anche per gli impegni presi coi rappresentanti delle varie nazionalit che aspiravano all'indipendenza (coi
rappresentanti all'estero, perch, nota importantissima, le varie nazionalit dell'Impero non furono consultate
in proposito!!)33
Vittorio Veneto: fu vera gloria? La volont di Carlo di porre fino al conflitto
La propaganda nazionalista italiana ha sempre descritto l'ultima battaglia della grande guerra sul fronte
veneto come un eccezionale trionfo delle armi del bel paese. Ma fu davvero cos? Il prof. De Carlo ha
realizzato una ricostruzione degli eventi che sembra smentire questa rappresentazione, che pure uno dei
miti fondanti dell'identit nazionale. La battaglia di Vittorio Veneto inizi il 24 ottobre, e cinque giorni dopo,
il 29, i vertici dell'esercito italiano furono informati della richiesta di armistizio austriaco. Il giorno stesso le
truppe imperiali (che, bisogna riconoscere, erano ormai ridotte alla fame, male armate, addirittura senza
biancheria sotto alle divise) ricevettero l'ordine della ritirata, pur controllando ancora 12000 km di territorio
italiano (ci rappresentava di certo un fattore di vantaggio non trascurabile) E, comunque, non c'erano
gravi motivi d'ordine militare per imporre il ripiegamento dell'esercito austro-ungarico senza combattere gi
il 28 ottobre 191834 Senza contare che era usuale che, nel periodo compreso tra l'armistizio e la pace vera e
propria, si rispettasse lo status quo militare: ad esempio, ricorda De Carlo, il 9 agosto 1848 si firm
l'armistizio tra Regno di Sardegna e Austria. Radetzky si ferm sulle sue posizioni, e non ordin ai suoi
soldati di entrare nel Piemonte indifeso. Non solo: un documento, un fonogramma del Comando della IV
armata italiana35 , rivela che alle 12.40 del 29 ottobre gli austriaci reagirono, con fanteria e artiglieria, in
modo violentissimo, dimostrando di essere ancora in grado di combattere e resistere. Ma il pomeriggio
stesso, come da ordini, iniziarono il ripiegamento verso nord. L'orientamento austriaco pu essere
interpretato ritenendo che, una volta deposte le armi in uno schieramento, lo stesso sarebbe
automaticamente accaduto anche presso l'avversario. Certo, non facile comprendere fino in fondo il
grado di consapevolezza di Carlo, nel dare gli ultimi ordini all'esercito del Piave. Di certo i gravissimi
problemi interni hanno contribuito molto alla decisione di ordinare un unilaterale cessate il fuoco quando le
truppe potevano ancora combattere, ma bisogna ricordare che Carlo cerc di disarmare il conflitto gi diversi
mesi prima. Non solo attraverso la diplomazia, come abbiamo visto, ma ad esempio rinunciando a nuove
conquiste territoriali. ...gli austro-ungarici non solo attaccavano, ma avevano anche successo. Il 22
novembre 1917 avevano infatti conquistato il Monte Tomba e c'erano grandi combattimenti sul Grappa. Poi
l'Imperatore Carlo ordin la sospensione dell'offensiva () L'orientamento dell'Imperatore sarebbe () da
interpretare quale rinuncia a conquiste territoriali. Egli aveva in pratica deciso di disarmare la guerra.

L'Imperatore voleva far finire la guerra quanto prima. A ogni costo36


In pratica, dal 29 ottobre fino al 3 novembre (firma dell'armistizio) e al successivo 4 novembre (entrata in
vigore dell'armistizio stesso) l'avanzata italiana si attu contro unit che avevano ricevuto ordine di non
combattere pi. Ci in particolare tra il 3 e il 4 novembre: una testimonianza originale, quella del capitano
dell'esercito italiano Timeus, rivela che quando si diffuse la notizia dell'armistizio alcuni reparti austriaci
avvicinarono i militi del battaglione Tolmezzo per far loro presente che, firmato l'armistizio, non avrebbero
pi protratto azioni offensive contro di loro. Ma, per tutta risposta, furono presi a cannonate.37 Da parte
italiana si detto che, da un punto di vista militare, la ritirata austriaca fu dovuta anche alla mancanza di
viveri, ma questa tesi non prende in considerazione il fatto che un esercito occupante, se vuole, sa sempre
come procurarsi vettovaglie nelle regioni occupate. Quindi, se nell'autunno del 1918 gli austriaci
rinunciarono alle requisizioni, nel Veneto e in Friuli, De Carlo suggerisce che possono averlo fatto per due
motivi: o non consideravano nemico il territorio occupato, o l'indole pacifica di Carlo lo imped, nell'ottica
di una politica che escludesse ad ogni costo la prosecuzione della guerra.
1

Neanche Francesco Giuseppe, nonostante abbia firmato la dichiarazione di guerra alla Serbia il 28 luglio 1914, avrebbe desiderato il
conflitto. Anziano e stanco, l'ottantaquattrenne Imperatore non ebbe la forza di opporsi a ministri e militari. Loro non conoscono
la guerra, io s, l'ho vista a Solferino: questo sarebbe stato il suo commento al momento della firma. Gi dopo esser venuto a
conoscenza del rifiuto serbo dell'ultimatum, disse all'amica Katharina Schratt Ho fatto del mio meglio, ma ora finita Alan
Palmer,op.cit. p.393, 1995. In particolare, egli fu convinto da Von Hotzendorf che il conflitto sarebbe stato breve e limitato, ma
indispensabile per eliminare i pericoli derivanti dal nazionalismo serbo. J.Berenger,op.cit. Pp .407-408.
A onor del vero, lo stesso Berenger attribuisce una pesante responsabilit all'anziano Imperatore per quanto riguarda lo scoppio
del conflitto, in quanto ha, appunto, assecondato le richieste dei suoi collaboratori. Palmer, dal canto suo, riporta come il Kaiser
durante la guerra abbia espresso il desiderio di porre fino al conflitto. Mi sono deciso a fermare la guerra la prossima primavera
[...] Anche a Katharina Schratt l'Imperatore parl della propria determinazione a ristabilire la pace prima che fosse troppo tardi
per tenere unito l'Impero. A.Palmer, op.cit, p.403.
2
Se avevamo un amico in Germania questo era proprio l'Imperatore, il quale era per nelle mani dei suoi generali [...] si rimetteva
completamente a Hindenburg e a Ludendorff [] me lo conferm lui stesso. Cos Zita a proposito dell'atteggiamento di
Guglielmo II nei confronti della coppia imperiale austriaca.
3
A.P.Zanelli, Dalla parte di Lee. La vera storia della guerra di secessione americana, pp. 8-9, Leonardo Facco Editore, 2006
4

Possiamo citare alcuni episodi della campagna ideologica operata dai nordisti contro gli abitanti del sud, presentati come trogloditi e
crudeli verso gli schiavi di colore: 1) alla vigilia della guerra il romanzo La capanna dello zio Tom, caso editoriale e sociale negli
stati del nord, dipingeva gli abitanti del sud come esseri spietati, ma ora si sa che la % di schiavi che tent la fuga non fu in realt mai
superiore allo 0,025%. Pertanto risulta grottesco il fatto che lassociazione segreta ferrovia sotterranea, che era presente nel Sud e
aveva come scopo proprio la liberazione degli schiavi, venisse descritta al nord addirittura come una gigantesca associazione
filantropica 2) Anche il mito di John Brown fu strumentalmente creato a tavolino: in realt egli era un ufficiale dellesercito, che nel
1859 aveva occupato un forte militare in Virginia per tentare (vanamente) di scatenare una rivolta di schiavi e per questo fu poi
giustiziato. Tuttavia gi in passato aveva compiuto atti terroristici. R.Luraghi, Gli Stati Uniti, Storia universale dei popoli e delle
civilt,
vol.
16,
unione
tipografica-editrice
torinese,
1974
Pi in generale, per approfondire il tema della creazione, operata dai vincitori, del concetto di guerra giusta in riferimento alla
guerra civile americana, oltre all'opera di Luraghi si pu consultare anche l'opera gi citata di Pasolini-Zanelli
5

M.Carotenuto, op.cit. p.25


Ibid, p.30
7
Ibid, p.29
8
Inoltre, un'Austria rafforzata nei confronti della Germania era funzionale agli interessi di entrambi: dei francesi, che avrebbero visto
ridotta la pericolosit del nemico storico, e degli stessi austriaci, che sarebbero stati meno dipendenti dal potente alleato.
A.Polzer-Hoditz, op.cit.p. 208
9
Ibid, p.32
10
Ibid.
11
Vedi ad esempio il riferimento all'offensiva Brusilov, stoppata dagli austro-ungarici grazie al sostegno prestato da molte divisione
tedesche
12
N.B: Come non si pu negarlo con certezza, con certezza non lo si pu neanche affermare: a riprova di ci, ricordiamo che Carlo
non corresse una delle note del ministro degli esteri austriaco Czernin, indirizzata alle potenze alleate nell'ambito dell'affaire
Sisto, che si apriva con l'affermazione che l'alleanza tra gli Imperi centrali era indissolubile. Solo, si limit ad aggiungere che
egli avrebbe fatto di tutto per convincere la Germania a cedere l'Alsazia-Lorena. Probabilmente, ha ragione ancora una volta
Polzer quando scrive che l'idea di Carlo era rompere l'alleanza nel caso che la Germania avesse reso impossibile una pace
ragionevole per l'Austria A.Polzer-Hoditz, op.cit. pp. 240-242
13
A.Polzer-Hoditz, op.cit. p. 217
14
M.Carotenuto, op.cit. p. 34
15
Sarebbero state offerte a Carlo la Slesia e la Baviera, in cambio di una pace separata. A.Polzer-Hoditz, op.cit. p.245
16
Ibid. p.248
17
Ibid. p. 249
6

18

Ibid. p. 249
M.Carotenuto, op.cit. pp.39-40
20
Non solo la proposta di Benedetto XV, che prevedeva che la Santa Sede facesse da arbitro in un negoziato per concludere una pace
senza vincitori, non fu accettata dai belligeranti, ma neanche, al termine del conflitto, fu consentito ai rappresentanti vaticani di
partecipare ai negoziati. Questo, soprattutto su istigazione dei governi massonici di Italia e Francia. Confronta ad esempio Fejt,:
I capi della massoneria erano tutti irredentisti ferventi, ostili a qualsiasi iniziativa di pace, soprattutto allorch essa proveniva
dal Vaticano, in quanto temevano che i successi delle iniziative della Santa Sede non potessero che portare al rafforzamento del
Papato e dei gesuiti.F Fejt,,op.cit. p. 361
21
Alla politica d'odio e di ritorsioni che, favorita dalla poca chiarezza della situazione, scaten la guerra mondiale, dovr subentrare
ad ogni costo e da per tutto, finita questa, una politica di conciliazione Dall'autografo con cui l'Imperatore Carlo concesse
l'amnistia. A.P. Hoditz, op.cit. p. 286
22
Ibid. p.288
23
Ibid. p.293
24
M.Carotenuto, op.cit.p.25
25
Ibid, pp.82-83
26
Ibid. p.83
27
A.Polzer-Hoditz, op.cit. p. 261
28
Neanche durante la guerra i magiari si persuasero della necessit di estendere il diritto di voto ai non ungheresi e ai poveri: fu anche
per questo che Carlo obblig il presidente del Consiglio a rassegnare le dimissioni, bench quest'ultimo continuasse a
beneficiare della fiducia del parlamento di Budapest (Jean Berenger op.cit.pag. 401). Il suo successore, Wekerle, approv una
riforma che estendeva il diritto di voto al 13% della popolazione.
29
A.Polzer-Hoditz, op.cit. p.261
30
Ibid, p.271
31
Ibid, p.269
32
M.Carotenuto, op.cit. p. 67
33
F.Fejt, op.cit. p.316
19

34

N.De Carlo-Diotisalvi Perin,op.cit.p.29

35

Ibid, p.47
Rivista trimestrale Mitteleuropa , p.14, anno 28, n1, aprile 2008
37
N.De Carlo-Diotisalvi Perin, op.cit.p.38
36

Conclusioni : il Beato Carlo, un santo per


la nuova Europa ?
Quale l'attualit dell'Imperatore Carlo nel 2011? Intervista al prof. Sanguinetti

Il professor Oscar Sanguinetti, docente di storia moderna presso l'Universit europea di Roma e autore di
molti libri ed articoli di carattere storico, come il testo cui abbiamo riferimento in precedenza Un cuore per
la nuova Europa. Appunti per una biografia del Beato Carlo di Asburgo, ha accettato di aiutarci a
comprendere meglio la figura dell'Imperatore Carlo. Sanguinetti anche militante di Alleanza Cattolica,
movimento controrivoluzionario che annovera tra i suoi obiettivi principali lo studio e la diffusione della
Dottrina sociale della Chiesa, e che vede nella figura del Beato Carlo un riferimento spirituale e culturale
importante. Tuttavia egli ha specificato che in questa sede ha parlato a titolo personale, e non in nome del
movimento.
-Il Beato Carlo, da sempre, una delle venerazioni pi importanti di Alleanza Cattolica. Ci spiega i motivi
del sentimento che vi lega in modo cos forte alla figura dellultimo Imperatore dAustria?
-Ancorch non vi sia un legame strutturale di alcun tipo, Carlo fra le figure di riferimento dellassociazione
quanto a santit laicale. Per la sua beatificazione, come per quella di Pio Bruno Lanteri, si pregava
regolarmente nelle croci, almeno in quelle che ho avuto modo di frequentare.
In lui troviamo conferma che si possono praticare eroicamente le virt cristiane in qualunque stato di vita,
anche in uno stato cos elevato come quello imperialregio, il che smentisce per diametrum labusiva
estensione dellopzione per i poveri anche alla santit che il progressismo attua. Ancora, Carlo stato un
modello di sovrano per il suo altissimo senso cristiano di responsabilit del destino dei propri sudditi, per i
quali si speso oltre ogni limite. Carlo stato un principe illuminato dalla grazia ricevuta nellunzione regia
di sovrano di Ungheria, nonch sposo e padre sostenuto dalla grazia di stato ricevuta nel sacramento del
matrimonio, vissuto a fianco della serva di Dio Zita di Borbone-Parma, con esemplare consapevolezza e
senso del dovere. Infine, Carlo lultimo e forse pi sfolgorante esponente di una dinastia che sempre stata,
tranne qualche monarca un po troppo illuminato, esplicitamente apostolica e romana e dal
comportamento pi che dignitoso, confermato (malauguratamente, ma con sicurezza) da come la famiglia
Asburgo ha saputo vivere lesilio e la relativa povert.
-E possibile, ai giorni nostri, attualizzare il messaggio che Carlo, col suo esempio, ci ha lasciato?
-Certamente. Non facile, anzi impossibile, trovarsi in condizioni simili alle sue, ma chiunque intraprenda
la strada della politica, a qualunque livello di responsabilit, si trova, mutatis mutandis e servata distantia, in
una condizione analoga, e pu quindi imparare moltissimo da lui.
-In particolare, dalla sua santa vita, gli uomini politici del XXI secolo potrebbero trarre degli spunti positivi,
in riferimento ai loro compiti?
-In primis, direi, il senso sacro della politica, come forma elevata di carit verso il prossimo. La forte
dedizione di Carlo verso i doveri civili e militari ne spunto. Cos pure il suo disinteresse verso i beni
materiali e verso gli onori. Anche se si eletti e si governa o si legifera per un periodo di fatto breve, la
preoccupazione morale del politico devessere quella di rappresentare adeguatamente glinteressi di una
parte della popolazione che gli ha affidato un mandato in tal senso, e questa preoccupazione devessere la
dominante assoluta e il criterio discriminante di ogni sua scelta: la piccola parte di bene comune che pu
contribuire a realizzare in concreto.
-In che modo?
-Al politico cattolico raccomanderei la lettura del Catechismo della Chiesa Cattolica e del magistero del Papa
sui doveri della missione cristiana in politica: si tratta di uno strumento prezioso, che ai tempi di Carlo non
esisteva (sebbene i suoi amati gesuiti gli avranno senzaltro insegnato la dottrina cristiana del potere), ma
sono certo che lavrebbe divorato, se lavesse avuto a disposizione
-Come prosegue il processo di canonizzazione?
-Il processo formalmente istituito, in corso ed stato segnalato un secondo miracolo Carlo avrebbe

guarito una signora americana affetta da tumore incurabile , per, come di consueto, non possibile sapere
se e quando si concluder. Sicuramente, trattandosi di una guarigione, occorrer attendere la fine del (lungo)
periodo di osservazione per determinarne la irreversibilit.
-Teme che gli stessi poteri forti che causarono la rovina di Carlo potrebbero esercitare delle pressioni negli
ambienti vaticani per ritardarne la definitiva proclamazione di santit?
-Mah, chi pu dirlo lo sforzo grosso lo hanno fatto riguardo alla beatificazione, ora non saprei
-O invece non esistono motivi per temere che da qui a poco potremo finalmente parlare di san Carlo
dAsburgo?
I motivi per temere che accada il contrario, cio che sar difficile vedere un nuovo san Carlo, sono forse pi
numerosi di quelli a favore. Come mi ha detto uno studioso austriaco che insegna a Roma un sacerdote
curatore di un grosso volume di saggi in difesa della beatificazione nel 2004, vi sarebbero difficolt
consistenti, per esempio il culto ridotto, tuttora limitato a pochi ambienti Ma su questopinione non so
esprimere un giudizio
E poi la Chiesa ci ha abituati alle sorprese: la stessa beatificazione lo stata. Francamente n il sottoscritto
n i dirigenti di Alleanza Cattolica, come affermano spesso, si sarebbero mai aspettati, mentre pregavano per
la beatificazione di Carlo, di vederlo effettivamente cos presto, nel corso stesso della loro vita, elevato agli
altari. Tutti noi, credo, non potremo mai dimenticare la commozione che ci ha colto quando abbiamo visto
srotolare sulla facciata della basilica di San Pietro lenorme drappo con leffigie dellultimo imperatore e
dellultimo imperatore in divisa militare. Questultimo sar un dettaglio, ma a me, figlio di militari, ha fatto
un certo effetto

Un ringraziamento di cuore ai proff. Oscar Sanguinetti e Nerio De Carlo, al dott. Paolo Petiziol, a Loris
Bailini, a Emanuele Borserini e Fabio Arduino e a tutti quelli che hanno sostenuto questo progetto

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http://imperoasburgico.splinder.com/post/15468949/intervista-alla-professoressa-marta-sordi
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=33557
http://www.vadopiano.it/Percorsi/InvernaleMonteMaggio/prima_1916.htm
http://www.icsm.it/articoli/ri/luck.html
http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c2a5_it.htm
http://www.osservatoriosulmondo.com/archivio/11-29_03_04.pdf
http://it.wikipedia.org/wiki/Quattordici_punti

http://www.centrostudilaruna.it/etnonazionalismieimperi.html
http://www.mitteleuropa.it/
http://www.beatocarloabrescia.it/carlo_dasburgo.html

Riviste
"Mitteleuropa"
"30 giorni"
"Il Timone"
"Limes"

Conoscendo la vita di Carlo, dellultimo Imperatore, abbiamo potuto apprezzare, oltre al suo valore
di militare e statista che ha operato in un contesto storico difficilissimo, il suo grande valore umano.
Abbiamo anche accennato a degli aspetti mistici e sacrali della sua esistenza, ma solo di sfuggita.
Ora, grazie al seguente scritto di Emanuele Borserini, scopriremo perch stato aperto e portato
avanti con successo il processo di beatificazione da parte della Chiesa. Quello che a noi comuni
mortali, infatti, ci fa pensare ad un uomo come ad un santo, laicamente inteso, non certo
sufficiente per spingere listituzione ecclesiastica ad indagare in questo senso. La puntuale analisi di

Borserini, allora, ci illustra le ragioni mistiche e spirituali che hanno portato alla beatificazione, e, ci
auguriamo, ad una rapida canonizzazione del nostro Imperatore

Beatus vir qui timet Dominum potens in terra erit semen eius
Sem. Emanuele Borserini

Non certamente il mio compito quello di dimostrare in qualche modo la santit dellimperatore Carlo I
dAsburgo: ci ha gi pensato la Santa Chiesa con il processo di beatificazione. Il mio desiderio piuttosto
quello di consegnare alla riflessione di chi avr la pazienza di continuare leggere alcuni tratti della sua seppur
breve vita che rendano manifesta lattualit e la vicinanza del modello che egli rappresenta perch credo,
come molti e pi autorevoli, che essa abbia ancora qualcosa da dire a noi e al nostro mondo. Senza fare,
anche se sarebbe molto interessante, un elenco di edificanti aneddoti (per conoscere i quali esiste la Positio
super virtutibus), mi limiter dunque a citare quegli episodi necessari a mostrare la grandezza dellopera di
Dio realizzatasi in questo uomo, padre e statista del XX sec. Perch, come dice larcangelo Raffaele nel libro
di Tobia: sacramentum regis abscondere bonum est, opera autem Dei revelare et confiteri honorificum est,
bene tener nascosto il segreto del re, ma cosa gloriosa rivelare e manifestare le opere di Dio (Tb 12,7).
Ritengo illuminante iniziare ripercorrendo le parole che Giovanni Paolo II utilizz nellomelia della Messa di
beatificazione di Carlo, celebrata in piazza San Pietro il 3 ottobre 2004: Il compito decisivo del cristiano
consiste nel cercare in tutto la volont di Dio, riconoscerla e seguirla. L'uomo di Stato e cristiano Carlo
d'Austria si pose quotidianamente questa sfida. Il riferimento alle parole del papa permette di fare anche un
accenno al motivo per cui fu scelta per il convegno la data della memoria liturgica del Beato Giovanni Paolo
II, data non scelta a caso. Come non un caso, lo dir lui stesso, che papa Woytila si chiamasse Karol,
proprio come limperatore sotto cui prest servizio militare il padre. uno dei segni forse pi chiari, che poi
la Provvidenza nella sua infinita sapienza ha portato alla massima evidenza addirittura nel papa, del fascino
che questuomo, come del resto ogni santo, esercitava sulle persone che avevano in qualche modo a che fare
con lui. La necessaria brevit con cui egli sintetizza nella ricerca della volont di Dio la figura di Carlo ci
consegna immediatamente il tratto pi rappresentativo della sua spiritualit. Per questo ho scelto come titolo
del mio intervento lincipit del Salmo 112 (111): beato luomo che teme il Signore. il Timor di Dio, cio
limplacabile desiderio di Verit che fa scorgere la sola buona volont di Dio al di l delle imperfette e a
volte cattive volont degli uomini, a permettergli di restare fino alla fine fedele alla sua vocazione pur tra le
peggiori umiliazioni e ristrettezze che non si possono qui trattare per brevit ma penso di non esagerare
dicendo che era al limite dellumana sopportazione una tale concomitanza di pene fisiche e morali. Dice il
grande teologo bizantino Massimo il Confessore (+662) che la volont umana secondo la creazione tende
alla cooperazione con Dio ma poi, per il peccato, tale sinergia si trasforma in opposizione. Lobbedienza di
Ges ristabilisce la sinergia e, sempre secondo il teologo, il momento in cui ci si manifesta in tutta la sua
drammaticit la preghiera di Ges nellorto degli ulivi con cui ha anche inizio la Passione del Signore.
Diciamo allora qualcosa della vita di Carlo, a partire per non dalla nascita, come forse ci si aspetterebbe, ma
dalla morte, anzi di pi dalla tomba perch appunto la volont di Dio che anche l domina. Vi sta scritto
infatti: obiit [Madeira I IV MCMXXII] adorans SS. Scramentum praesens, dicens Fiat Voluntas Tua (mor
[in Madeira il primo aprile 1922] adorando il Santissimo Sacramento presente, dicendo sia fatta la tua
volont). Proprio a commento di questa descrizione il barone Spitzenberg titoler la sua biografia, una delle
prime scritte, Cos muore un imperatore. Il Salmo 112 (111) ci spiega che tale perseveranza finale
possibile perch preceduta da una forte e costante confidenza in Dio che rende saldo il cuore, pronto ad
affrontare le avversit: Partum cor eius sperre in Dmino, confirmtum est cor eius: donec despciat
inimcos suos (pronto il suo cuore nello sperare nel Signore, sicuro il suo cuore finch disprezzi i suoi
nemici). Per ben tre volte infatti promette il salmo che il giusto non commovbitur (non sar scosso), non
timebit (non temer), non commovbitur.
Infatti, confidando nel Signore, lui, sconfitto agli occhi del mondo, si rivela quale vero trionfatore quando,
davanti allEucarestia esposta nella sua stanza e stringendo il crocifisso, ormai in fin di vita pronunci
distintamente le parole in cui consiste il suo vero trionfo su tutti i nemici: Sei spirato perdonando: anchio
perdono di cuore a tutti i miei nemici, a tutti coloro che mi hanno offeso e a tutti coloro che lavorano contro

di me. Dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano (Mt 5,44). Questa
fu la vittoria con la quale, perdendo dignitosamente la corona terrena, Carlo ottenne la corona di gloria. Con
tale promessa conclude anche il Salmo: Iusttia eius manet in sculum sculi, cornu eius exaltbitur in
glria (la sua giustizia rimane nei secoli, la sua potenza sar innalzata nella gloria). Gettano luce su tutta la
sua vita anche altre parole da lui proferite nella notte della sua morte: Tutti i miei sforzi tendono sempre a
questo fine, di conoscere in tutte le cose la volont di Dio pi chiaramente che sia possibile, ed eseguirla con
la maggior perfezione possibile. Una tale determinazione non pu non richiamare alla mente le parole di
Ges stesso al pozzo di Giacobbe: Mio cibo fare la volont di colui che mi ha mandato (Gv 4, 34).
Quella volont che, ricordiamo, condurr il Signore fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2,8) e
condurr Carlo alla sua ultima croce. La vocazione di un re cattolico quella di essere immagine visibile e
credibile di Cristo Re e di conformarsi a Lui in tutto. E come Ges Cristo il Re dellUniverso anche, e anzi
soprattutto, nel momento in cui maggiormente nasconde la sua regalit divina nella beata Passione, cos
Carlo si mostr a tutti sua vera immagine proprio portando degnamente la croce lungo tutto il suo Calvario.
Devo tanto patire, affinch i miei popoli abbiano a ritrovarsi nuovamente uniti. Questa espressione ci
mostra quali fossero le intenzioni con cui Carlo offriva a Dio i suoi dolori sempre proiettato verso il popolo
affidatogli. Nellimperatore Carlo trova cos un degno esecutore il comando dellApostolo Giovanni: Non
amate n il mondo, n le cose del mondo! [] il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volont
di Dio rimane in eterno! (1Gv 2, 15-17). Quell amate nel testo originale proprio il verbo agapao, la
forma pi alta dellamore che va riservato a Dio e al prossimo, mai alle cose che passano, in altre parole ai
fini e mai ai mezzi. E la lucida distinzione e subordinazione dei mezzi al fine fu una caratteristica di tutto il
governo dellimperatore Carlo.
A sigillo di unintera vita spesa per il suo popolo, come ultimo sacrificio non gli restava che lofferta della
stessa vita per la salvezza di questo popolo e Dio accett questo intimo voto dellImperatore che si ammal e
mor rapidamente completamente escluso e dimenticato dalla scena pubblica. Si avverano cos anche le
profetiche parole pronunciate da San Pio X durante lincontro con Carlo, allora un giovane Arciduca: Io
benedico lArciduca Carlo, il futuro Imperatore dAustria che aiuter a guidare le nazioni ed i loro popoli
verso grandi onori e benedizioni, ma questo non sar riconosciuto che dopo la sua morte. Lamicizia, la
stima e la conoscenza profonda che possono instaurare tra loro i Santi anche senza quasi incontrarsi mai un
mistero grande e affascinante della Grazia divina che meriterebbe un ulteriore approfondimento, qui
evidentemente impossibile. Torniamo quindi in quella umida e povera casetta di Madeira dove limperatore
dAustria era stato confinato. La cronaca della sua agonia lasciataci dalla nipote, lArciduchessa Walburga,
una vera e propria lettura spirituale: la consiglierei a chiunque abbia a che fare con la sofferenza o vi si
voglia ben preparare. un concitato ensamble di preghiera e preoccupazione per il proprio dovere di
imperatore soprattutto nei confronti dellerede Otto, uniti dallumilt e dalla confidenza sconfinata in Dio e
dalla gratitudine nei confronti di Zita. Il tutto tra lo stupore dei medici e laffetto dei pochi amici presenti e
dei numerosi sconosciuti abitanti dellisola portoghese in preghiera allesterno: nella loro semplicit
percepivano che qualcosa di grande stava accadendo tra di loro. Ecco, in queste poche pennellate sulle ultime
ore dellimperatore si possono scorgere alcuni elementi, la moglie, il successore al trono e lEucarestia,
fortemente rappresentativi dei tratti che segnarono profondamente lintera sua vita. Come non vedere,
commenta Sanguinetti, in questi tre elementi il sigillo e lemblema della vocazione del laico cristiano nella
sua triplice dimensione di fedele, sposo e padre? E forse anche, aggiungo io, lautentica decifrazione del
monogramma AEIOU, scelto come titolo dellincontro, come Adoretur Eucharistia In Orbe Universo? Io
credo di si e mi piace immaginare che, nelle lunghe ore che Carlo passava in adorazione del Sacramento,
letteralmente consumando il suo rosario doro, questo scioglimento del secolare acronimo asburgico gli sia
molte volte affiorato alla mente.
Certamente il beato Carlo un modello di vita sponsale e familiare, non v dubbio, e da raccontare ce ne
sarebbe a lungo. Mi vengono in mente a titolo di esempio alcune immagini:la preghiera per i figli negli
ultimi istanti di vita, quando, con piena lucidit, dopo averne elencato i singoli nomi, disse: Custodiscili
nell'anima e nel corpo e fa che muoiano prima di commettere un peccato mortale; oppure il proposito che
sugger a Zita lindomani delle Nozze: Ora dobbiamo condurci l'un l'altro in cielo; ancora, il fatto che sui
loro anelli nuziali Carlo e Zita fecero incidere lantica preghiera mariana Sub tuum presidium confugimus,
Sancta Dei genitrix e che Carlo la volle anche sullelsa della spada; infine, limmagine pi bella e
rappresentativa che ritragga la coppia imperiale credo sia quella celeberrima che li ritrae inginocchiati sui
binari del treno durante una Messa da campo. Tuttavia, ci che mi sta particolarmente a cuore il suo
percorso di santificazione attraverso lesercizio della sua funzione di imperatore, o meglio della sua

vocazione di imperatore. Perch per un re cattolico, unto e consacrato, la funzione di governo non soltanto
un pubblico mestiere come la si concepisce oggi ma un vero e proprio mandato ricevuto da Dio attraverso la
sua Chiesa. Dice Benedetto XVI nellenciclica Deus Caritas est: Dio che governa il mondo, non noi. Noi
gli prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finch Egli ce ne d la forza. Fare, per,
quanto ci possibile con la forza di cui disponiamo. Nel Medioevo molti re e imperatori ricevevano anche
un Ordine maggiore o minore, per esempio San Luigi IX era Suddiacono e limperatore Sigismondo (quello
del Concilio di Costanza, per intenderci) era Diacono. Ecco, penso che limmagine diaconale sia la migliore
per descrivere la funzione del sovrano cattolico: egli colui che pu rendere escatologiche le realt temporali
nella misura in cui si mette al servizio, appunto diacona, del Regno di Dio in germe cio la Chiesa, dalle cui
stesse mani riceve il suo mandato, il suo ministero. Lasciamoci guidare ancora dallomelia di Giovanni Paolo
II: Fin dall'inizio, l'Imperatore Carlo concep la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua
principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santit anche nella sua azione
politica. Anche il papa dunque non ha paura di usare la parola vocazione. Del resto, la santit non va
ricercata al di fuori ma nel e attraverso il proprio dovere quotidiano. Quella di amministrare le cose del
mondo una vocazione anche se oggi appare sempre meno evidente. Anche la politica una forma di carit,
una possibilit a cui alcuni sono chiamati per attuare nella propria vita quella che il Concilio Ecumenico
Vaticano II chiama la vocazione universale alla santit. Proprio negli stessi giorni del convegno, Benedetto
XVI, ricevendo in udienza i Prefetti italiani, ha citato SantAmbrogio che, chiamato allepiscopato dopo una
brillante carriera di funzionario pubblico, era solito sottolineare che listituzione del potere civile deriva cos
bene da Dio che colui che lo esercita pure ministro di Dio. Ne deduce il papa che la funzione civile
assume un carattere quasi sacro. Nel caso di un imperatore sembra tutto cos straordinario ma vale sempre
il principio spirituale secondo cui, per fare bene le grandi cose, bisogna essere fedeli nelle piccole. Dice il
Signore che alla fine dei tempi ai servi fedeli sar detto: Bene, servo buono e fedele. Poich sei stato fedele
nel poco, sopra molto ti dar potere: entra nella gioia del tuo signore (Mt 25,21). Unottima definizione
dello stile politico cristiano, come era quello di Carlo, lha data ancora una volta Benedetto XVI
nellenciclica sociale del 2009 Caritas in veritate al numero 7 dove parla espressamente di carit politica e
ne riprende la potenza escatologica: Ogni cristiano chiamato a questa carit, nel modo della sua vocazione
e secondo le sue possibilit d'incidenza nella plis. questa la via istituzionale possiamo anche dire
politica della carit, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carit che incontra il prossimo
direttamente, fuori delle mediazioni istituzionali della plis. Quando la carit lo anima, l'impegno per il bene
comune ha una valenza superiore a quella dell'impegno soltanto secolare e politico. Come ogni impegno per
la giustizia, esso s'inscrive in quella testimonianza della carit divina che, operando nel tempo, prepara
l'eterno.
Molti contemporanei hanno smarrito il senso della trascendenza e riconducono alle sole capacit fisiche o
psicologiche la capacit di fare grandi penitenze e di avere dei begli slanci filantropici. Ma senza la grazia di
Dio impossibile ad un uomo sacrificare il proprio orgoglio, la cosa a cui forse il cuore delluomo pi
fortemente attaccato, in favore del bene comune e del bene supremo, cio la salvezza dellanima propria e
delle persone affidateci. Ci giunge qui in aiuto il concetto medievale di salus. In realt, molto complesso
quanto affascinante ma in buona sostanza si pu dire che con esso si intenda che le istituzioni debbono
garantire alluomo una salute globale: la Chiesa si occuper della salvezza eterna in senso stretto ma anche
lamministrazione temporale, mentre garantisce la salute fisica, favorisce la salute eterna. Proprio in virt di
questa convinzione, come Baldovino del Belgio (1930-1993), altro grandissimo sovrano del XX sec, Carlo si
trova ad un certo punto costretto ad un atto gravissimo: farsi da parte dal governo per un bene maggiore.
Essi, allapice del potere, sono stati in grado di farsi da parte: anche questo rientra nei doveri di un buon
governante anche se costa la faccia, diremmo noi. Tuttavia, grazie alla loro lungimiranza e autocoscienza
poterono farlo senza rinunciare totalmente alle loro prerogative regali perch sapevano di essere non i
migliori ma certamente gli unici rimasti fedeli, cio di incarnare nel panorama politico della loro epoca, se
posso fare un cos alto paragone, il Resto di Israele. Non mia intenzione formulare dei giudizi storici che
non mi competono, tuttavia vorrei solo far notare che limpero asburgico non sar forse stato loptimum, ma
consideriamo cosa ci sar in seguito: un tempo di ideologie, totalitarismi, di popoli ridotti a masse, di
conflitto perpetuo. Come San Luigi IX (1214-1270), antico re di Francia, Carlo e Baldovino erano
apparentemente, mi si passi lespressione, fuori moda rispetto al loro tempo cio sembravano non rendersi
conto che il mondo in cui vivevano era ormai lontano da quelluniverso di valori in cui invece essi si
muovevano: Luigi aspirando ancora ad una crociata quando ormai la societ si dirige verso ben pi redditizie
conquiste, Baldovino difendendo la vita quando lomicidio nella forma dellaborto inizia ad essere

propagandato come un diritto, Carlo nei confronti della religione e dellonest politica quando ormai la
scristianizzazione dellEuropa inarrestabilmente cominciata. Nostalgici? Sognatori? Direi piuttosto che, in
quanto Santi, erano tanto incarnati nel mondo quanto capaci di elevarsi al di sopra di esso e vedere pi
lontano. Il cammino di santit di ognuno di noi avviene concretamente in unepoca e un contesto sociale ma
il raggiungimento di traguardi di perfezione umana e cristiana consolida un modello che si pone al di sopra e
al di fuori del divenire storico. Tutti i Santi sono vissuti in un contesto storico e geografico ma tutti, proprio
perch Santi, hanno saputo incarnare il messaggio cristiano in maniera tanto elevata da costituire un punto
fisso di riferimento perennemente valido. Immediatamente vorrei per ricordare quale sia il prezzo di questi
buoni propositi: come molti Santi, anche Carlo visse lincomprensione e la calunnia. A tal proposito, mi ha
colpito, durante la preparazione di questo incontro, leggere come Messori abbia definito limperatore Carlo
un re politicamente scorretto. Effettivamente, chiaro che nel panorama degli ideologi e demagoghi del
900, un mite, un cattolico desideroso di mettersi al pieno servizio della Chiesa, un uomo leale usque ad
sanguinem non poteva certo avere gran fortuna. Ma la reazione al manifestarsi del giusto gi laveva
annunziata lo stesso Salmo con alcune immagini a mio avviso stupende: Pecctor vidbit, et irasctur,
dntibus suis fremet et tabscet (lempio vedr e si adirer, digrigner i suoi denti e si consumer). Salvo poi
che: desidrium peccatrum perbit (il desiderio degli empi fallir)!
Personalmente, penso sia davvero difficile comprendere oggi la caparbiet di Carlo nel non abdicare
soprattutto in considerazione dei danni economici che ci sapeva gli avrebbe comportato, ricordiamo che
gli Stati che causarono la disfatta dellImpero furono inizialmente costretti al mantenimento ma lo
privarono anche di questo quando fu chiaro che non avrebbe mai abdicato. Per volont divina Carlo era
divenuto sovrano e a partire da questa consapevolezza ricercava la stessa volont in conformit alla sua
vocazione. Di questo era pervaso e lo era sempre stato: chiarissimo nelle testimonianze dellagonia ma
anche da alcuni episodi della vita. Il pi famoso credo sia la risposta che diede quando gli fu intimato di
rinunciare ai suoi diritti di sovrano: Non sar mai che, per amor del danaro, rinunci a quei diritti che Dio
mi ha imposto come doveri. In Svizzera i massoni fecero almeno tre tentativi per avvicinarsi a lui
offrendogli la corona dei suoi padri affinch facesse con loro dei compromessi, ma Carlo li respinse con le
parole: Quanto a questo, io, come principe cattolico, non ho una parola da dire. E parl cos, bench
vedesse chiaro ci che poi ebbe a dire a coloro che lo circondavano: Ora ogni mia cosa avr cattiva
riuscita. Tuttavia non sar mai ch'io accetti dal diavolo ci che mi ha dato Iddio. Credo che queste parole
siano assolutamente chiarificanti di quale fosse la coscienza di Carlo, di quale fosse il suo orizzonte di
pensiero. E riportano alla mente anche le parole del grande martire SantIgnazio dAntiochia: meglio
per me morire per Cristo che estendere il mio impero fino a i confini del mondo. Del resto, la liturgia
dellincoronazione molto chiara nel mostrare che, come dice Rm 13, ogni autorit viene da Dio. Cos la
descrive lHolbacher: Durante il Rito Sacro che viene celebrato liturgicamente, attraverso la Grazia di
Dio, come un sacramento, il candidato diventa sovrano protetto da Dio nella specifica posizione ed alta
chiamata, in modo che possa guidare il popolo a lui affidato verso la pace, la prosperit e la salvezza. La
cerimonia dellincoronazione ha luogo davanti alloffertorio della santa Messa ed simile alle solenni
professioni, quali lordinazione dei sacerdoti, la benedizione di Abati e la consacrazione dei Vescovi, in cui
il candidato resta sdraiato in terra, con la testa rivolta verso il basso, davanti allaltare, mentre viene
recitata la litania dei Santi. [] Dopo una lunga preghiera durante la quale il candidato per
lincoronazione, in piedi, viene unto con il sacro crisma ed avvolto dalle insegne reali e dagli abiti da
cerimonia, vengono citate singolarmente le sue sacre obbligazioni; in modo che il candidato possa capire
chiaramente lalto valore delle aspettative etiche religiose e delle azioni morali che non possono essere
compiute dalla forza di un singolo uomo senza laiuto di Dio.
In tutta la triste parabola della guerra, ma, in modo particolare, dallesilio in poi, si pu cogliere come la
prima preoccupazione di Carlo fosse sempre quella di ottemperare ai suoi doveri di sovrano a scapito di
qualsiasi interesse personale. Se non chiaro questo, alcune vicende della sua vita come i due tentativi di
riprendere il trono in Ungheria, entrambe le volte accolto dal popolo giubilante ma abbandonato dalle
autorit e coperto di scherno dalla stampa nemica, non ci possono apparire che atti di grande insipienza se
non pura follia. Carlo scelse di essere giudicato male, calunniato, bandito e ridotto a completa povert,
piuttosto che tradire il voto della corona. Era sua convinzione personale che non avrebbe mai potuto abdicare
in quanto aveva ricevuto la corona irrevocabilmente dalle mani di Dio, attraverso la Chiesa. Aveva la
fortissima convinzione interiore che Dio gli avesse affidato la corona quale segno di sacra fiducia (cos la
definisce felicemente il testo della Novena per chiedere lintercessione del Beato Carlo). E cinquantanni
dopo lincoronazione reale avvenuta in Ungheria, limperatrice ne parlava dicendo: La cosa che pi mi

colp di tutta la cerimonia, fu la commovente parte liturgica soprattutto i voti presi dal Re davanti allaltare
prima della sua consacrazione ovvero di preservare la giustizia e lottare per la pace. Questa sacra promessa
data nella cattedrale era esattamente il programma politico che egli intendeva portare avanti. Sentivamo
questo cos fortemente che quasi non erano necessarie parole tra di noi. Indugio volentieri sulla liturgia
dellincoronazione perch anche Carlo prima di accostarvisi ne studi approfonditamente il rito. Ci fu
qualcuno che gli fece notare, data la lunghezza della cerimonia, la possibilit di sopprimere o abbreviare
alcune parti ma egli vi si oppose decisamente. Anche in esilio lImperatore prendeva a cuore i doveri di
Monarca e padre del suo popolo. Per esempio, la moglie usava leggergli il giornale, cosa che lui non poteva
pi fare a causa della malattia; tuttavia ritenendo che gli articoli lo potessero affaticare e preoccupare troppo,
insistette dicendo che non era benefico per lui continuare questa pratica, ma lImperatore rispose
decisamente: mio dovere essere informato, non un piacere!. Non si cada per nellerrore di vedere in
Carlo un effimero sognatore lontano dalla realt. Dalle registrazioni dei discorsi, oggi abbiamo anche questa
possibilit per accostarci ai Santi e percepire qualcosa dalla loro stessa voce, si ha limpressione di una
persona franca, per nulla timida, dai toni vibranti, appassionata allargomento che tratta, capace di stimolare
allazione. (Sanguinetti Musajo Somma). Egli era capace di farsi obbedire come i pi grandi condottieri
della storia: in virt di unautorit ottenuta non con la forza prevaricatrice ma con la condivisione in toto
della dura vita dei suoi sottoposti: Io devo interessarmi diceva di tutti i miei soldati, dove sono obbligati
a combattere. E lo faceva veramente. Insomma, nella sua personalit, accanto alla mitezza non manca la
virilit, altro valore, tale lo ritengo, oggi completamente misconosciuto e occultato agli occhi delle nuove
generazioni.
Rudolf Brougier, vecchio assistente di campo, scrive nelle sue memorie: [Aveva] una fede autentica in Dio,
un cuore generoso, deliziosamente affabile, instancabilmente fedele al suo dovere, ed una particolare abilit
per quanto riguarda la guida delle milizie. La sua naturale umilt e la sua spontanea disposizione erano
rafforzate dalla sua educazione. Egli mancava di superficialit e non aveva bisogno di comportarsi come un
istrione. []. Il coraggio dellArciduca e lassenza di paura per la propria sicurezza, erano gi note e
riconosciute; rimasero le sue caratteristiche come Imperatore ed egli le preserv anche attraverso i tempi pi
duri. Il Beato Carlo si sentiva inoltre completamente responsabile per il bene dei suoi subordinati . Il suo
contegno di pura carit in unione con la sua profonda fede formarono la molla principale della sua lotta
costante per la pace.
E, con queste parole di un testimone oculare, ci addentriamo in uno dei capitoli pi importanti della vita di
Carlo. Parlando, infatti, di carit politica non si pu non trattare della sua immensa opera al servizio della
pace come ricorda anche lomelia della beatificazione, opera cominciata ancora prima della guerra quando
San Pio X, subito dopo l'assassinio dell'arciduca Ferdinando a Sarajevo, gli invi una lettera in cui lo pregava
di far presente a Francesco Giuseppe il pericolo di una guerra che avrebbe portato immane sventura
all'Austria e allEuropa. Ma, poich anche gli ostacoli a questa opera iniziarono da subito, il contenuto della
missiva giunse a conoscenza di chi voleva favorire gli eventi bellici e il funzionario vaticano che la portava
fu bloccato alla frontiera italiana. Questo primo evento sembra profetizzare linsuccesso di tutta la vicenda.
Ma l'esortazione alla pace fatta da Benedetto XV il 24 dicembre 1916 era l'espressione di ci che stava in
fondo all'anima dell'Imperatore, il quale, per esempio, la Domenica in Albis del 1917, fece solennemente
voto di edificare a Vienna una chiesa in onore della Regina della Pace. Nella guerra era in gioco il bene dei
suoi popoli ed ecco che Carlo, con eroico disinteresse, non esit a esporre alloltraggio il proprio onore
piuttosto che permettere che quel bene avesse a correre alcun pericolo. I suoi nemici infatti ottennero che, in
seguito a questi sforzi, comparisse davanti a tutto il mondo come un o debole e un mentitore e che si vedesse
sempre posto davanti a decisioni per lui penosissime. La ricaduta di questo attacco non militare fu sulla
sua salute ma la via chegli batteva era luminosa e incrollabile la sua fedelt al dovere. Pensando anni dopo a
tutto questo, uno come il socialista radicale francese Anatole France disse di Carlo: E' l'unico uomo decente
emerso durante la guerra ad un posto direttivo, ma non lo si ascolt. Egli ha desiderato sinceramente la pace
e perci viene disprezzato da tutto il mondo. Si trascurata una splendida occasione. Anche in questi
momenti bui la sua fede era tanta che non smetteva di rendere grazie a Dio e addirittura fece cantare il Te
Deum il 31 dicembre 1918 e a quanti perplessi gli chiedevano quali fossero le grazie avute in quellanno,
Carlo rispondeva: Se si disposti a prendere dalla mano di Dio ci che buono, bisogna anche essere
disposti ad accettare con riconoscenza tutto ci che pu essere difficile e doloroso. Del resto, quest'anno ha
visto la tanto sospirata fine della guerra. E per il bene della pace vale qualsiasi sacrificio e qualsiasi rinuncia.
[] Anche se tutto andato a monte, dobbiamo ringraziare Dio, giacch le sue vie non sono le nostre vie.
Benedetto XV e Carlo non erano dei pacifisti, essi erano consapevoli che la giustizia, per essere attuata in

temporalibus, necessita talora anche della forza, ma proprio questi realismo e concretezza li portarono a
battersi contro la Grande guerra. A Monaco e Vienna stava operando assiduamente il cardinal Pacelli in
stretto contatto con la casa di Borbone Parma. Anche qui si aprirebbe tutto un altro capitolo, che di nuovo
dobbiamo chiudere, sulloperato di pace di Pio XII non solo nella seconda guerra mondiale ma anche nella
prima. Ma, se quello nella seconda stato ultimamente a fatica dimostrato anche se molti non lo vogliono
considerare preferendo il pettegolezzo alla storia, di quello nella prima nemmeno si parla. La comunicazione
con gli stati belligeranti era resa difficile al Vaticano dalla rottura con lItalia sancita dalle leggi delle
guarentigie e il papa era sempre pi isolato perch ognuno sospettava facesse il gioco dellaltro. Lunico
che ancora una volta gli dava sincero ascolto era il giovane imperatore dAustria, al quale, per, ci cost il
sospetto di tradimento da parte della Germania. Anche alla fine, abbandonato da tutti, Carlo restava
continuamente in contatto col Vaticano e il Papa diceva assai volentieri: Carlo e Zita sono i miei pi cari
figliuoli. La cieca continuazione del conflitto era la vittoria di coloro che, spiega lo storico e politologo
franco ungherese Froncois Fejt (voce a dir poco autorevole su queste questioni), avevano l'ossessione di
una vittoria totale [...]. Nel corso della guerra che si impantan pi di una volta su dei punti morti, dai quali
si usciva tradizionalmente con il negoziato o il compromesso si present un'idea inedita: quella della
vittoria totale, a tutti i costi. Si trattava non pi di costringere il nemico a cedere, a indietreggiare, ma di
infliggergli delle piaghe incurabili; non pi di umiliarlo, ma di distruggerlo. Questo concetto della vittoria
totale condannava a priori al fallimento qualunque ragionevole tentativo di mettere fine, con un
compromesso, a un inutile massacro. Cambi la guerra non soltanto quantitativamente, ma anche, per
adoperare il concetto hegeliano, qualitativamente. L'idea non era nata soltanto per l'esasperazione dei capi
militari di fronte al fallimento o alla paralisi di battaglie che essi avevano ritenuto decisive. N proveniva dai
gabinetti dei diplomatici, dalle cancellerie. Sembrava levarsi dalle profondit popolari. Aveva un accento
quasi mistico. Era ideologica. Consisteva nel demonizzare il nemico, fare della guerra di potenza una guerra
metafisica, una lotta fra il Bene e il Male, una crociata. Questo per farci unidea di quale fosse il mostro
contro cui Carlo, come Davide davanti a Golia, si trovava a combattere. Il Signore proclama beati gli
operatori di pace, perch saranno chiamati figli di Dio (Mt 5,9). Nel suo libro Ges di Nazaret, Benedetto
XVI fa notare come questa promessa di Ges dovesse ricordare alle orecchie dei suoi ascoltatori ebrei la
profezia rivolta a Davide sul figlio Salomone (il cui nome stesso contiene la radice di shalom, pace) nella
quale Dio dice: Pace e tranquillit dar a Israele in tutti i suoi giorni, [] egli sar per me figlio e io sar
per lui padre (1Cr 22, 9-10). Si evidenzia cos cito Ratzinger una connessione tra filiazione divina e
regalit della pace: Ges il Figlio e lo veramente. Per questo solo lui il vero Salomone, colui che porta
la pace. [] La settima beatitudine invita dunque a essere e a fare quello che fa il Figlio per diventare noi
stessi figli di Dio. E limperatore Carlo, abbiamo visto, non aveva desiderio pi grande che imitare nella sua
vita e nei suoi compiti il vero Figlio Ges. Poich (ancora Ratzinger): questo vale anzitutto nel piccolo
ambito della vita di ciascuno, comincia con quella decisione fondamentale che Paolo ci supplica
appassionatamente di prendere: lasciatevi riconciliare con Dio (2Cor 5,20). Ecco lintima connessione tra
vita interiore ed esteriore, tra piccolo e grande, tra lanima di un solo uomo e il destino di milioni di altri
uomini: a partire dalla sua pacificazione e riconciliazione costante con Dio nel suo cuore, dal suo trovarsi
nella eudoka, il beneplacito di Dio, Carlo pot adoperarsi instancabilmente con una caparbiet oggi difficile
da comprendere per la pacificazione tra i popoli.
Chi mi conosce sa anche della mia avversione per i luoghi comuni e i dogmatismi storiografici. Di
conseguenza, come pi sopra ho cercato di avvicinare la figura di Carlo a quella di altri sovrani europei resisi
interpreti del Vangelo nella loro vocazione regale, vorrei ora accostarlo a Umberto II di Savoia, ultimo re
dItalia, quale altro grande operatore di pace. E invitarvi ad osservare, quella che per anni ci hanno
presentato come unennesima vile fuga, come invece lestremo sacrificio di s di un sovrano che, conscio del
pieno appoggio popolare su cui poteva contare, per evitare che ideologizzati e disonesti sobillatori
scatenassero una guerra civile, preferisce rinunciare alla sua faccia piuttosto che alla vita di molte anime a
lui affidate. Ma ritorniamo immediatamente a parlare del nostro Beato Carlo senza indugiare troppo su
argomenti per me molto interessanti ma forse ancora troppo vicini per farne una valutazione storica davvero
scevra da coinvolgimenti personali. Ebbene, spesso dietro allapparente fallimento di questi uomini, dico
apparente perch le mie vie non sono le vostre vie, oracolo del Signore (Is 55,8) e solo il Signore sa
ricondurre i fili dellumana esperienza verso la pienezza del suo significato, sta lagire del diavolo che, a
seconda delle epoche e delle situazioni, prende forme diverse. Tra i nemici dellopera di pacificazione di
Carlo vi fu certamente la Massoneria che il nono capitolo del saggio di Sanguinetti e Musajo Somma
definisce inimica vis degli Asburgo, riprendendo la definizione coniata da papa Leone XIII nellomonima

enciclica diretta ai vescovi dItalia nel 1892. Lintenzione di colpire, attraverso limpero e il suo imperatore,
la cristianit tutta non una mistificazione posteriori, quel gusto per il vittimismo o il complottismo che
prende le societ in crisi come quella cristiana, ma ormai storia, una tesi confermata anche dagli studi non
certo di parte del Fejto. Carlo, del resto, non si era vergognato di denunciare lincompatibilit della visione
massonica con il cattolicesimo e Zita scriver al card. Bisleti che li aveva sposati: I miei avversari sono in
gran parte quegli stessi che hanno giurato odio e distruzione al Regno di Dio e pi si accaniscono contro la
sua Chiesa. Se lanzianissimo Francesco Giuseppe inginocchiato davanti allEucarestia durante il XXIII
Congresso Eucaristico mondiale di Vienna nel 1912 poteva aver fatto sorridere chi temeva un ritorno di
fervore cattolico nellImpero, il preciso progetto di modernizzazione nella continuit di Francesco
Ferdinando (e come suona attuale questa locuzione usata da Sanguinetti gi nel 2004) e la rettitudine morale
di Carlo, ma forse ancor pi la giovane et e lintraprendenza di entrambi non poteva che averli spaventati
seriamente. Il primo fu eliminato fisicamente, il secondo moralmente attraverso la calunnia e lisolamento
psicologico prima e fisico poi.
A proposito dellesperienza di questo isolamento fisico, cio dellesilio a Madeira, non basterebbe un libro
intero per portare a conoscenza delle grandi cose che Dio opera anche quando tutto sembra finito, come la
desolazione del Sabato Santo preludio alla gioia pasquale. Davvero grande fu infatti la luce che il breve
passaggio di un uomo malato e dimenticato lasci in quellisola. Il giusto exrtum est in tnebris lumen
rectis: misricors, et misertor, et iustus (spunta nelle tenebre come luce per i retti, compassionevole e
misericordioso e giusto), per dirlo ancora una volta con il Salmo 112 (111). Il Vescovo di Funchal disse una
volta ad un religioso austriaco: Nessuna missione ha concorso cos efficacemente a ravvivare la fede nella
mia diocesi quanto l'esempio che le diede il suo Imperatore nella sua infermit e nella sua morte. Erano
infatti quasi tutti l i cittadini di Funchal quel giorno di primavera del 1922. Volevano salutare ancora una
volta quellamico che si era congedato pronunciando come ultima parola un semplice nome: Ges.
Quell'imperatore trentaquattrenne aveva commosso gli abitanti di Madeira per qualcosa che non aveva forse
pi a che fare esplicitamente con il suo titolo regale ma in realt ne ancora una volta espressione: l'affetto
con cui pronunciava quel semplice Nome che li aveva colpiti in quei cinque mesi. E lunica difesa per il
popolo cristiano proprio la confidenza in quel semplice nome cos tante volte invocato dall'ultimo
imperatore anche nellultima sua notte. La contessa Mensdorff gli diceva in quei momenti: Vostra Maest
deve cercare di dormire ma egli rispondeva: Non posso, ho ancora tanto da pregare. Per la grande pena
che provava nel vedere il fervore del suo popolo affievolirsi progressivamente aveva detto una volta
discorrendo col P. Mauro Carnot O. S. B. come sono vili a volte i cattolici!. Questa amara constatazione
voleva per essere, seppur in chiave opposta, lo stesso sprone del Papa allultima giornata mondiale della
giovent di Madrid che, senza nascondere i pericoli a cui ci si espone, e Carlo lo sapeva bene, ha mostrato
quanto sia bello testimoniare la propria fede.
Per concludere, vorrei lasciarvi con un aforisma del fiorentino Giovanni Papini, peraltro un interventista
della prima guerra mondiale pentito, che mi pare possa riportare ad unit i numerosi temi con cui la breve
ma intensa vita di Carlo dAustria ci ha portato a confrontarci, sperando che questo confronto sia stato anche
per voi appassionante come lo stato per me:
Gli uomini cercano un posto per Cristo nella storia,
invece la storia che deve cercare il suo posto in Cristo.

Simone Ziviani, giornalista pubblicista, studente di storia moderna presso luniversit di Pisa e collabora
con diversi giornali e riviste. Da sempre appassionato di storia asburgica, membro dellAssociazione
culturale Mitteleuropa e della Lega dellImperatore Carlo per la pace tra i popoli (Gebetsliga)
Emanuele Giovanni Luigi Borserini, seminarista presso lOpus Mariae Matris Ecclesiae, studioso di santi e
beati, autore di svariati articoli agiografici, ed anchegli membro della Lega dellImperatore Carlo per la
pace tra i popoli

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