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numero 17 anno VI 7 maggio 2014


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NO EXPO, NO CANAL E LAMAREZZA DEI NON VIOLENTI


Luca Beltrami Gadola
Qualche giorno addietro in una brevissima intervista rilasciata a Radio
Popolare ho detto che il sentimento
prevalente di fronte alle vicende di
Expo lamarezza: lamarezza dei
non violenti quella di chi crede ancora nella politica e nel sistema democratico. Poi qualche giorno dopo
ho letto che cera chi si era infilato
nel cantiere della Darsena e aveva
danneggiato alcune macchine operatrici ritenendo con questo di rappresentare la rabbia dei No Canal.
In un momento come questo, con
quel che succede in giro per il mondo e intorno ai campi di calcio si potrebbe derubricare questo episodio
tra i de minimis. Fino a un certo
punto.
Perch attorno alla vicenda Expo si
lasciato invelenire il dibattito e il
confronto? Perch una parte di chi
manifestava e manifesta diversit di
opinione costretta nellangolo e
finisce con lassumere atteggiamenti
violenti? Chi ne porta la responsabilit? Chi tentato dalla risposta di
comodo c sempre una frangia di
antagonismo puro e semplice che
cavalca qualunque cosa sa di dire
una mezza verit, anzi una piccola
parte di verit: sul qualunque cosa che dobbiamo ragionare.
Il qualunque cosa non nasce
allinterno dellantagonismo purch
sia, ma lantagonismo che sa co-

gliere il momento nel quale si rompe


lequilibrio tra dissenso civile e potere politico. Lorigine dunque sta nella politica e nel modo di gestire il
confronto e credo che il caso Expo
sia paradigmatico. Se qualcuno mai
avr voglia di scrivere la storia di
Expo 2015 non potr che raccontare come una buona idea si sia ormai
trasformata in una sorta di incubo
collettivo che con ogni mezzo,
spesso rozzo e superficiale e con
distribuzione clientelare di risorse, si
cerca di trasformare da incubo ad
attesa di successo e in sforzo collettivo.
Il giorno della vittoria di Milano su
Smirne tutti avevano capito che
cera a portata di mano unoccasione storica: poter diventare il Paese di riferimento per chi intenda affrontare in maniera civile e corretta il
problema della fame nel mondo. Le
cose sono andate ben diversamente
ed inutile ripercorrere le vicende
note a tutti tra liti, voracit, stupidit
e nessun senso del bene comune e
chiusura totale a qualunque apporto
esterno: la vicenda del Expo Diffusa
e Sostenibile ne un esempio. Il
motto sembrava essere quello che
leggevamo sui tram milanesi negli
anni dellinfanzia: non disturbare il
manovratore che intento alla manovra. Era e in parte ancora la politica italiana.

Oggi abbiamo capito, e ce lo ricorda


Emilio Molinari a parlando della
questione acqua su queste stesse
pagine, che Expo sar unaltra cosa
rispetto al tema originario e anche il
sindaco Giuliano Pisapia di recente,
ma tardivamente, ha sollevato il
problema: possiamo dire che siamo
di fronte al tradimento di unidea.
Perche non capire che nel fondo
allorigine dei movimenti di No Expo
e No canal c anche e proprio la
rabbia per il tradimento dellidea?
Se dobbiamo ammettere ulteriore
occupazione di suolo o compromissioni del paesaggio, ammesso che
non fossero evitabili, il sacrificio sarebbe parso quantomeno utile in un
bilancio di costi e ricavi sociali e politici positivo. Il tradimento dellidea
e la consapevolezza di interessi economici non dichiarati e mai discussi sono il terreno di cultura
dellantagonismo di marca Expo.
Tutto poteva essere evitato. Checch se ne dica o si voglia credere
mi domando quanti sono i milanesi
che stanno sulla riva del fiume, silenti, aspettando che passi il cadavere di Expo 2015. Magra soddisfazione. Una prece. Io invece spero
ancora perch Milano, malgrado
tutto, la mia citt e le sue sconfitte
sono le mie.

QUESTIONI CHE MERITANO UN CONFRONTO: LACQUA


Emilio Molinari
Il Contratto Mondiale e la rete internazionale dei movimenti dell'acqua
posero, fin dal loro nascere, due
punti ben precisi: 1. Far dichiarare
all'ONU che l'acqua un diritto umano. 2. Affidare la politica mondiale dell'acqua a una legittimata istituzione pubblica. Romano Prodi, tempo fa, sintetizz questo secondo obiettivo del movimento, con la proposta di fare di Milano, in occasione
di Expo: la sede dell'Autorit Mondiale dell'Acqua. Su ci, si ha aperto il confronto con la Giunta milanese il 22 marzo, in occasione
della giornata Mondiale dell'Acqua,
con un Convegno patrocinato dal
Comune stesso. Ora il tema conquista anche Green Italia e il consigliere regionale Umberto Ambrosoli che
lanciano una petizione. Bene, spero
e ci sono tutte le premesse, si possa marciare assieme con un ampio
schieramento.

n. 17 VI 7 maggio 2014

La questione per va posta molto


seriamente. L'istituzione di una vera
Autorit Mondiale dell'Acqua cosa
molto complessa, ha bisogno di
troppi consensi a partire dagli Stati,
dall'Europa, dai G8/20 e dai movimenti sociali. Si scontra con grandi
interessi e trova non poche difficolt
nel definirne la forma: una Agenzia
dell'ONU? Un Trattato internazionale? E poi chi sanzioner le inadempienze? Realisticamente da Milano
e dall'occasione di Expo, possono
essere lanciati: una proposta, un
percorso e una sede. In poche parole l'inizio di un confronto nazionale e
internazionale con il coinvolgimento
dei cittadini e dei movimenti.
Grande sarebbe il prestigio che ne
trarrebbe Milano da un simile inizio.
Che deve partire da un punto fermo:
l'Assemblea Generale dell'ONU nel
2010 ha dichiarato che l'acqua e i
servizi igienici sono un diritto umano. Inserendolo poi nel Consiglio

per diritti umani, sociali, culturali ed


economici. Quindi, per dirla con il
linguaggio istituzionale: un diritto
giudiziabile. Una vittoria, che i movimenti mondiali dell'acqua e i paesi
dell'America Latina, hanno regalato
all'umanit e che se vogliamo non
resti una enunciazione, dobbiamo
necessariamente concretizzare.
Come concretizzare il diritto umano
all'acqua? Rispondere a questa
domanda dare un senso alla richiesta di una Autorit Mondiale e
alla raccolta da parte dei movimenti
dell'acqua di 1,8 milioni di firme in
Europa per l'iniziativa ICE sul diritto
all'acqua.
Ma permettetemi di riprendere ancora la vittoria del 2010. La risoluzione dell'ONU una vittoria del sogno universale. in controtendenza
all'angusto orizzonte in cui sono
precipitati la politica e il senso comune della gente come ritrovare
ci che stato cancellato dalla me2

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moria: quel proletari di tutto il mondo unitevi. Di tutto il mondo ricordate? Dove i proletari oggi sono l'intera umanit a cui, multinazionali e
banche, tolgono persino l'acqua per
vivere. Ci obbliga a ricordare 1,5
miliardi di persone senza acqua potabile, 2,5 senza servizi igienici e
che, anche nella nostra Europa, 170
milioni di europei sono senza acqua
controllata. Che la chiusura dei rubinetti ai poveri o negarla alle baraccopoli di immigrati e di Rom
violare un diritto umano.
Concretizzare il diritto all'acqua,
vuol dire parlare di norme per un
suo governo mondiale, diverso dalla
governance privata del Consiglio
Mondiale dell'Acqua diretto dagli
stakeholder Suez e Veolia. Sappiamo che sia sulla questione
dell'Autorit Mondiale, sia su Expo
esistono serie riserve politiche nei
movimenti dell'acqua. Vediamo per
se possibile trovare un modo con
cui confrontarci tutti.
a. L'Autorit mondiale si presenta di
difficile realizzazione e suscita troppe contraddizioni. Resta l'orizzonte
a cui tendere tracciando un percorso concreto e condivisibile. Costituzionalisti come Postiglione, Scovazzi e il Centro Diritti Umani di Papisca, concordano con la scelta di

non diluire il diritto all'acqua nei vari


diritti: diritto ambientale o diritto alla
salute ecc... ma di partire dal diritto
umano all'acqua in quanto tale. Da
qui definire i passaggi intermedi e in
che consiste questo diritto: la quantit di acqua minima necessaria alla
vita, ci che si frappone ai popoli e
agli individui nell'accesso di tale diritto, le regole e le priorit nell'uso
tra i diversi consumatori, le responsabilit degli Stati nel garantirlo, la
tutela della potabilit, i rapporti transfrontalieri nell'accesso al diritto ecc
... .Quindi un primo e condiviso da
tutti, passo, pu essere quello di un
Protocollo Internazionale per il diritto umano all'acqua.
b. Expo invece si presenta col miraggio di voler rendere pi bella Milano, di favorire la crescita economica del paese (con l'ennesima colata di cemento) e di parlare dei
grandi temi della alimentazione e
dell'acqua. In realt Expo nasce per
arricchire le imprese che da sempre
si dividono gli appalti delle grandi
opere, dominano la politica, disseminano di cattedrali nel deserto il
paese, producono debito pubblico e
grande criminalit. Inoltre, la vera
mission diventata quella della
grande fiera della gastronomia. Una
Eataly internazionale e una passe-

rella per le Multinazionali Coca Cola, Nestl, Barilla. Quindi un convinto No Expo.
Ma qui sta il punto, nel merito dei
temi di Expo, chi tenter di parlare a
quella moltitudine in arrivo di scatenati consumatori, dei grandi diritti
negati a miliardi di persone? In tanti
vorrebbero che le voci del movimento dell'acqua, dei movimenti cittadini, delle associazioni, della politica
alternativa, fossero marginalizzate.
Non c' bisogno perci che ci si
marginalizzi da noi stessi.
Non riusciremo a piegare Expo alle
nostre idee, ma abbiamo con noi un
voto di 27 milioni di italiani e quindi il
dovere di parlare e proporre anche
in questo contesto, il Protocollo
dell'acqua, che nasca una sede dove discuterlo e favorire incontri internazionali e dove il Sindaco potrebbe cominciare a riunire Sindaci
di altre citt del mondo. Sono convinto che abbiamo un altro dovere:
quello di non piegarci al destino
che con la crisi, sia un lusso guardare e parlare delle cose del mondo
e di non rassegnarci mai a che il
senso comune degradi ancora di pi
nei micro orizzonti locali, etnici o
nazionali. Abbiamo il diritto di pensare che l'acqua pu ancora regalare vittorie all'umanit.

A PARTIRE DA ADRIANO OLIVETTI: UN PROGETTO PER I GIOVANI


Pier Vito Antoniazzi
Il Comune di Milano onora la figura
di Adriano Olivetti, un gigante del
900, con un convegno il 13 maggio
al Piccolo Teatro Grassi. Ma non si
tratta di archeologia industriale o di
celebrazione commemorativa. Il
convegno, in collaborazione lAssociazione Etica, Sviluppo, Ambiente
- Adriano Olivetti diretta da Luciano
Valle, fortemente voluto dallamministrazione (che vede la partecipazione di tre assessori) e sostenuto
da Fondazione Cariplo (che presente con il suo segretario generale
Pier Mario Vello, recente autore della pubblicazione La societ generosa) vedr unampia partecipazione degli studenti degli ultimi anni
delle medie superiori ed stato preceduto da incontri nelle scuole.
Negli anni '50 del dopoguerra Adriano Olivetti fu mirabile costruttore
di incontro tra cultura scientifica e
umanesimo, tra impresa e societ,
inseguendo e praticando una sintesi, un laboratorio unico di interesse
internazionale, volto a un nuovo
Rinascimento che coniugasse libert della persona, giustizia sociale,
valorizzazione e tutela del territorio,

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sviluppo dello spirito comunitario e


del ruolo della cultura come promozione sociale permanente.
Il paradigma olivettiano (recentemente richiamato dal Presidente del
Consiglio Renzi sul tema dellequit
salariale tra operai e dirigenti- la regola del rapporto 1 a 10) pu e deve
ritrovare a Milano una sua centralit
naturale. La citt di Verri, di Cattaneo, di Turati e dei sindaci riformisti,
la citt della sintesi tra pensiero e
azione, tra libert del singolo e tessuto sociale pu riprendere la strada di capitale morale del paese e
di punto di forza dellinnovazione
economica ma anche politica e sociale.
Il convegno si rivolge ai giovani con
due punti di forza. Il primo una tavola rotonda tra i rettori delle universit milanesi. Anche le universit
stanno cambiando (con linternazionalizzazione degli studenti per esempio) e cambiano anche i rettori.
Questo ricambio generazionale nella direzione delluniversit non
stato ancora notato. Alcuni rettori
sono al primo mandato e sono cinquantenni. Cristina Messa della Bi-

cocca la prima rettore donna a


Milano ( e la quarta in Italia, non
una cosa di cui vantarsi, ma almeno
si comincia ). A loro verr posta la
domanda su come la formazione
pu contribuire a ridurre le distanze
tra specialismi ed etica, su come
luniversit possa aiutare un rinascimento italiano.
Il secondo punto di forza la seconda tavola rotonda tra imprenditori. Alcuni dei pi innovativi nuovi
imprenditori saranno chiamati a
spiegare gli ingredienti del fare
impresa oggi senza perdere il senso
della responsabilit sociale e guardando a una crescita non solo di
benessere economico ma pi generale della societ. Limpresa
chiamata a essere costruttrice di
innovazione e di civitas.
Per una volta unamministrazione
verso cui si sono rivolte molte speranze di cambiamento (dopo anni di
deserto culturale e amministrazione
di condominio come standard massimo ) non parla con gli atti amministrativi ma si ferma a riflettere
sui fondamenti (anche morali) di un
impegno per la polis. Laugurio

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che oltre a un po di ossigeno per le
incombenti grandi scadenze di Milano (area metropolitana ed Expo)
nasca, magari direttamente dai giovani, un impegno a costituirsi come
soggetto comune civico, come mo-

tore di quella grande spinta a fare


comunit che Adriano Olivetti ci ha
insegnato.
Milano che si propone di ospitare il
mondo con lExpo non pu offrire
solo luoghi e consumo ma deve a-

prirsi a un dibattito culturale mondiale su come si esce dalla crisi del paradigma della modernit.

NUOVE SCUOLE MILANESI. VINCE IL LEGNO?


Alessandro Trivelli
Il recente accordo fra il Comune di
Milano e Federlegno (FLA, Federazione Italiana) per lo sviluppo e il
sostegno del programma di costruzione di nuovi edifici scolastici non
ha convinto tutti. Il Programma milanese, firmato da Pisapia, ha giocato leggermente in anticipo rispetto
alle
prospettive
di
sviluppo
delledilizia scolastica annunciate
dalla Presidenza del Consiglio, lasciando qualcuno impreparato. Un
programma che trova tutti entusiasti, perch in un periodo in cui si fa
poco, qualsiasi notizia sul fare
sempre ben accolta ma alcuni di
questi fare fanno anche storcere il
naso. Perch, e chi potrebbe storcere il naso? La collettivit potrebbe
avere dei dubbi?
Capire i periodi di transizione come
quello che stiamo attraversando non
facile per nessuno, ancora meno
per chi vive sulla propria pelle la forte crisi edilizia che stiamo sperimentando. Di certo la collettivit vede
con grande speranza la soluzione
degli annosi problemi dinefficienza
e a volte di pericolo degli edifici scolastici, cosa messa in premessa
allaccordo comunale. Le nuove
scuole in legno promettono di essere sicure, veloci nella costruzione,
ecosostenibili, biocompatibili, energeticamente efficienti nulla di pi
desiderabile. Eppure nel mondo della costruzione non tutti sembrano
convinti.
Il mondo dei progettisti e costruttori
condividono questa incertezza?
Probabilmente no. I primi potrebbero anche pensare che un edificio
scolastico deve avere una solidit
eterna, la vetustas, anche solo
rassicurante; unadeguatezza per
sfidare il tempo che la tecnologia
del legno non sempre riesce a dare,
anche solo psicologicamente. Non
solo, non tutti apprezzano che una
tecnologia costruttiva sia scelta prima del progetto, che il progetto si
debba piegare alle logiche costruttive di una tecnologia, alle logiche di
uno strumento. I secondi, a pensar
male, potevano solo sperare di riprendere a costruire scuole, magari

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con gli stessi strumenti, le stesse


modalit, gli stessi materiali e le
stesse competenze di prima.
Non solo, Milano non proprio un
luogo in cui le imprese di costruzione, negli ultimi anni, si siano sprecate nel proporre questa tecnologia,
non appartenendo alla filiera costruttiva del legno. Ci nonostante
nei recenti Concorsi di architettura,
come lHousing sociale di Via Cenni, vi sono stati molti progettisti, tra
cui il vincitore, a proporre uno spazio architettonico con lutilizzo della
tecnologia in legno per realizzarlo.
Daltra parte alcuni progettisti considerano limitante, dal punto di vista
espressivo, lutilizzo imposto di una
specifica tecnologia. Eppure sono
stati gli architetti, molti nel recente
passato, a sostenere, promuovere,
proporre in tante situazioni, in tanti
altri contesti la tecnologia in legno
per i propri progetti, e, in generale,
forse non sono cos conservatori da
evitare le sfide. Sicuramente c chi
festeggia: alcuni sono i produttori e
costruttori del sistema, molto attivi e
partecipi nel sostegno alle politiche
di risparmio energetico e sostenibilit della costruzione. Altri sono i sostenitori delle sfide dellinnovazione
applicate alle costruzione e alle ricadute che ha nellarchitettura.
Il legno materia, materiale e sistema tecnologico. un materiale
da costruzione talmente antico che,
normalmente, non lo riteniamo capace dinnovazione. Il legno lo ritroviamo utilizzato anche dai maestri
dellarchitettura moderna del novecento, che hanno attinto a piene
mani nellinnovazione; invisibile,
nella Gropius House (Massachusset, 1938, W. Gropius) gi allora
utilizzato dallarchitetto tedesco come sistema. In seguito, il legno lo
ritroviamo, fra gli esempi significativi, declinato nellinterpretazione della tradizione americana nella Fisher
House (Pennsylvania, L. Kahn,
1967): qui materia, materiale e sistema. Il legno porta con s, per
molti, oltre al gran fascino anche un
qualche fastidio progettuale. Dato
che quando un sistema prefabbri-

cato, ha dei limiti dimensionali e


formali e se utilizzato in forme pi
libere, chiede di essere messo in
mostra, a volte caratterizzando eccessivamente larchitettura. Recenti
opere come Metropol Parasol (Siviglia, Jurgen Maier H. Architects,
2011) ci spingono a pensare che in
realt il sistema e il materiale, si
possa adattare molto alle formenonforme di una certa architettura
contemporanea, ma anche a esaltare il rigore progettuale unito al trasferimento della qualit espressiva
della materia, come negli esempi di
K. Kuma e Shigeru Ban.
Quindi grandi limitazioni progettuali
e applicative, anche in considerazione che il legno si pu integrare
con altri sistemi tecnologici, io non
le vedo. Forse anche vero che
gradi di complessit che il progetto
di architettura contemporaneo deve
affrontare potrebbero essere risolti
dalluso dei sistemi in legno. In parte
forse s, e non a caso sono state
scelte per la sperimentazione milanese delle strutture semplici come
le scuole, che non si costruiscono
pi con le dimensioni di quelle degli
anni sessanta. Da un certo punto di
vista, esasperando un po il tema, si
possono trovare in questa scelta
elementi anticipatori della via da seguire nel post crisi edilizia. La costruzione nel tempo presente dovr
essere economica senza rinunciare
alla qualit, semplice nella sua parte
strutturale, ambientalmente sostenibile e il cantiere dovr avere tempi
certi.
Un progetto che prevede una sistema a secco e parzialmente prefabbricato, come per le tecnologie
moderne in legno, deve essere progettato in tutte le sue parti e non
consente significative variazioni di
tempi in cantiere. Lorganizzazione,
la logica costruttiva e la qualit del
progetto saranno sempre pi protagonisti mentre la gestione incontrollata del cantiere sar un triste ricordo del passato, con una diretta riduzione dello spreco delle risorse.

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A QUANDO LA RIFORMA DELLA SANIT? LE NOMINE DEL PD


Massimo Cingolani
Il ministro Lorenzin twitta entusiasta: niente tagli alla sanit. Tutto
rinviato alle Regioni. Speriamo che
finalmente si discuta in maniera adulta di come gestire al meglio la
sanit pubblica. Comunque, del
Servizio Sanitario Nazionale due
italiani su tre si lamentano per i
tempi troppo lunghi di attesa, per
poter prenotare una visita o un esame, ma poi il 43% lo apprezza
per il solo fatto che garantisce a
tutti il diritto alla salute, quale diritto
fondamentale delluomo.
Da uno studio dellOsservatorio Sanit un italiano su quattro, cio il
26%, gradisce che il SSN sia ancora in grado di erogare prestazioni
gratuitamente o a prezzi contenuti.
Il tema sentito in modo particolare
in un contesto di crisi economica e
di rallentamento della qualit generale del welfare pubblico. Il 17%
considera il personale medico che
opera nelle strutture pubbliche pi
qualificato rispetto a quello che esercita la professione nelle private,
mentre il 10% apprezza la presenza
capillare sul territorio, che offre la
sicurezza di poter trovare strutture
in grado di prestare assistenza medica qualificata ovunque ci si trovi.
Tuttavia, ampio il dissenso per i
difetti del sistema pubblico, solo
parzialmente bilanciati dai pregi di
quello privato. Il 71% dei cittadini
intervistati vorrebbe che lofferta
pubblica migliorasse soprattutto
nelle tempistiche. Unesigenza ma-

nifestata molto pi dagli over 55


(76%) che dagli adulti tra i 30 e i 34
anni (57%). A voler tempi pi rapidi
sono soprattutto gli abitanti del
Nord (77%), mentre al Sud si dichiarano pi pazienti (54%). Il 13%
lamenta larretratezza delle strutture
pubbliche, mentre il 9% del campione segnala quelle private come
pi accoglienti. Solo il 7% indica
come principale necessit quella di
maggiori posti letto negli ospedali
pubblici. I minori tempi dattesa delle cliniche private stravincono nelle
preferenze degli intervistati con il
65% delle preferenze. Ma quanto
resister questo Sistema?
Mario Monti aveva avuto il coraggio
di dire che il sistema sanitario pubblico non pu reggere ancora per
molto e che rischia il collasso. Subito non erano mancate prese di posizioni di principio sul welfare ferito
al cuore, sul pericolo privatizzazione. La paura di una sanit
allamericana, che ignora i diritti
sociali, dei pi deboli e dei pi poveri, contribuisce a frenare ogni iniziativa di riforma. Nella realt lombarda di fatto esistono gi due sanit, in particolare per le visite specialistiche, la riabilitazione post traumatica, la chirurgia in day hospital,
alcune spese medicinali, per non
parlare delle cure dentarie. Ma
quello delle spese odontoiatriche
cos da sempre, la sanit pubblica
si ferma davanti allo studio dentistico, come se avesse pudore ad en-

trare. Succede cos che chi pu, o


pu a costo di enormi sacrifici costretto a rivolgersi alla sanit privata
per necessit e non per scelta, perch i servizi o sono scadenti o hanno dei tempi molto lunghi di attesa.
Infatti la spesa annua per ecografie,
analisi del sangue e farmaci di
circa 30 miliardi di Euro, quasi un
quarto del 140 miliardi spesi dal sistema sanitario nazionale.
Individuare delle possibili soluzioni,
senza abbandonare il principio che
il sistema deve tutelare le fasce pi
deboli delle popolazione non
semplice. Che siano necessarie
competenze tecniche ed economiche, per poter effettuare tagli selettivi premiando qualit e merito un
affermazione ragionevole, ma difficile da mettere in pratica in quel
mondo che il sistema pubblico.
Sono anni che queste cose sono
sottolineate, ma nonostante le affermazioni di principio, nessuno ha
fatto niente, anzi competenze e professionalit sono state snobbate da
chi ci amministra. La sanit un
ambito in cui si percepisce il peso
della politica, infatti le nomine sono
fatte su base spartitoria e diventano
un costo indiretto della politica, sarebbe un grande segnale di cambiamento se il PD si sfilasse da
questa logica pretendendo criteri
basati sul merito. Se una logica di
questo tipo passa nella sanit, crocevia di interessi forti, sar pi facile proporla allintero paese.

MILANO: UN MEZZANINO PER I SIRIANI LA BUSINESS CLASS PER GLI EMIRATI


Giulia Mattace Raso
Ci sar il mondo uno dei nuovi
claim di Expo 2015. Ma non tutto il
mondo attende Expo per arrivare
qua, sono gi 5600 i profughi siriani
passati da Milano da ottobre a oggi.
Lambizione internazionale, la dimensione cosmopolita di Milano si
scontra con i livelli amministrativi e
di governo. Il Comune in prima linea, la Regione imboscata, il Governo in contumacia. E questo vale
per i profughi siriani, quanto per la
partita su Malpensa e le sue tratte.
Uno scontro che travalica le appartenenze politiche e mette a confronto gli interessi elettorali, le relazioni
commerciali, i principi umanitari.
Maroni dovrebbe informarsi meglio.
In stazione centrale non ci sono bivacchi senza controllo. E questo
soltanto grazie alla mobilitazione
imponente e solidale del Terzo set-

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tore e del mondo del volontariato


milanese, con la regia del Comune.
Perch fosse per la Regione, grande assente in questa vicenda, allora
s che centinaia di profughi siriani in
fuga dalla guerra e per gran parte
bambini si ritroverebbero l abbandonati a se stessi, buoni soltanto
per farci sopra un po di speculazione e campagna elettorale alla Salvini. Queste le parole di Lucia Castellano capogruppo di Patto Civico
in Regione Lombardia.
Un film gi visto del resto con la
scorsa giunta: vi ricordate nel 2006
gli eritrei accampati ai Giardini Pubblici in via Manin? E loccupazione
da parte dei profughi del Corno
dAfrica del convento di via Kramer?
Erano 200 persone. Questanno di
profughi siriani ne sono passati circa 5600, di cui 1400 bambini e men-

tre il Comune con la generosit del


volontariato e delle associazioni in
prima linea nel gestire questo
dramma umanitario, Regione Lombardia latita.
La latitanza organizzativa, non
mette a disposizione n alloggiamenti idonei, visto che il Comune di
Milano ha esaurito tutta la propria
disponibilit, n idonea assistenza
sanitaria. Tantomeno sollecita il Governo per ottenere un immediato
piano che comprenda il permesso
umanitario, in modo da consentire la
circolazione su tutto il territorio europeo. Ma soprattutto latitanza
politica quella del centrodestra che
non ammette la discussione in aula
della mozione delle opposizioni, negando il sussistere di una emergenza nel momento in cui dovrebbe assumersi delle responsabilit, ma

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pronta a sbandierarla a fini elettorali, mistificando lo status dei siriani
da profughi a clandestini.
Le parole di Pierfrancesco Majorino
nei confronti del Governo sono durissime: Il governo se ne lava le
mani, gioca a nascondino. Scarica
tutto lonere della gestione materiale
su due punti, la Sicilia e noi. Milano
sola come Lampedusa. () inutile che ci giriamo intorno: questi
profughi se non sono assistiti fanno
il loro viaggio grazie alle reti criminali. Di fatto il governo, volente o
nolente, confida che la manodopera
criminale porti via dallItalia i siriani.
Questa lesperienza che stiamo
facendo in questi mesi.. E sfiora la
minaccia: Il governo o ci , o ci fa.
Non pensi, quando avremo il semestre di presidenza europea, che Milano si prester a fare il gioco sporco per nascondere sotto il tappeto il
problema dei profughi. Il giorno do-

po Alfano arrivato a Milano.


Lemergenza non c dice Angelino
Alfano, come lo potrebbe dire un
milanese che non passa dalla Stazione Centrale e non vede, non sa.
La differenza, non lieve, che lui
ministro dellInterno.
Il cosmopolitismo di Milano passa
anche da qui: da relazioni internazionali che non si esauriscono nel
fare da osti alle parate ufficiali,
allAsem gli incontri bilaterali tra Asia e Europa, o nelle riunioni informali dei ministri europei durante il
semestre di presidenza. Ma che si
coltivano con pratiche che non fanno dei principi umanitari delle vuote
etichette retoriche e con gesti simbolici come la cittadinanza onoraria
a chi sta aspettando il 18 anno, affrontando la lunga trafila burocratica
prevista dalla legge, per essere
considerato a tutti gli effetti un cittadino italiano.

Ma il Comune non si ferma qui,


pensa in grande e rilancia, sceso
in campo a difesa del collegamento
diretto Milano-New York operato
dalla compagnia aerea Emirates.
Palazzo Marino ha deciso di costituirsi in giudizio davanti al Consiglio
di Stato per ottenere la riforma della
sentenza con cui il Tar Lazio si era
espresso contro lautorizzazione
concessa a Emirates di collegare
direttamente Malpensa con scalo di
JFK. In nome di Expo ma non solo,
a tutela della continuit del servizio,
che ha avuto positive ricadute turistiche e occupazionali, ed evitare
enormi disagi per tutti i passeggeri.
Non vogliamo che Malpensa sia
penalizzata, come successo in
passato, perch anche da qui che
passa lo sviluppo del Paese. Maroni se ci sei batti un colpo.

BILANCIO COMUNALE E CITT METROPOLITANA: NON PERDIAMO IL TRENO


Franco DAlfonso
Il Comune di Milano, come gli altri
8091 Comuni dItalia, sta per iniziare la discussione sul proprio bilancio
preventivo a primavera inoltrata e
soprattutto con un quadro di legislativo che non incerto come negli
anni scorsi, semplicemente inesistente. Non serve nemmeno fare
troppi esempi, basta restare sulla
nuova tassa municipale Iuc, in pratica il mistero della SS Trinit: ha
sostituito lImu con un soprannome
che fa da cappello alla stessa Imu,
alla Tarsu chiamata con altro nome
e alla nuova Tari, comparsa con le
stesse caratteristiche dello Spirito
Santo ed stata varata nel mese di
marzo come tassa annuale (!) essendo gi stabilito che il prossimo
anno cambier completamente, anche se ovviamente non si sa in che
verso, come direbbe il premier
Renzi.
Come sia possibile rispettare principi fondanti della gestione pubblica
antichi come quello della necessit
della previsione contabile antecedente alla spesa, principio peraltro
sotterrato nel ridicolo dopo i preventivi dello scorso anno approvati il 30
novembre a causa della farsesca
gestione dellImu; ovvero moderni,
modernissimi e giustissimi come
quello della formulazione del bilancio triennale di previsione vincolante, in pratica lestensione al triennio
degli obblighi procedurali autorizzativi, non dato di sapere.
La sovrapposizione fra un sistema
di gestione delle autonomie che
considera Motta Visconti uguale a

n. 17 VI - 7 maggio 2014

Roma e i tentativi ora generosi ora


affannosi di riformarlo sempre in
maniera rigorosamente disorganica
e contraddittoria, la crisi dei rapporti
istituzionali e politici e la crisi economica ha reso quello che in tutte le
Amministrazioni del mondo latto
politico per eccellenza una specie di
corsa dei bastoni che vede il Sindaco e la Giunta nei panni del disgraziato che deve correre fra due file di
manganellatori composte da consiglieri comunali, revisori dei conti,
dirigenti comunali, regionali e nazionali, magistrati della Corte dei
Conti, passanti e giornalisti che
possono permettersi di ignorare nella forma e nella sostanza il contenuto del fagotto e menare fendenti sotto forma di bollini di conformit, voti
in commissione e in consiglio e via
dichiarando, costringendo a una
prova di abilit e resistenza del tutto
fine a se stessa coloro che dovrebbero proprio attraverso questo atto
esplicitare le proprie scelte e sottoporsi a una verifica politica.
Grazie allabilit che sconfina nel
virtuosismo degli assessori e dei
tecnici si riesce in pochi e selezionati casi, come a Milano, ad avere
un documento di bilancio che rispetta tutte le forme e le norme, comprese quelle assolutamente cervellotiche introdotte negli ultimi tre anni: ma come non pensare, dovendo
ricominciare il calvario annuale,
allinutile strage di tempo, parole e
perfino vita privata di tanti bravi
consiglieri impegnati per decine di
sedute h24 a cercare di dare valo-

re politico a discussioni che si ostinano a negare il pi antico e importante brocardo prodotto dalla civilt
giuridica, ad impossibilia nemo tenetur?
A Milano come nelle altre nove citt
metropolitane questanno la situazione resa ancora pi surreale dal
fatto che a partire (forse) dal 2015
ma certamente dal 2016 dovr aver
visto la luce uno schema di bilancio
della Citt metropolitana, con la definizione chiara e puntuale della
spesa corrente che spetter a quel
livello e soprattutto delle fonti di finanziamento necessarie: quale
senso ha redigere documenti contabili che si riferiscono alla realt
definita nel 1923 con linglobamento
degli undici Comuni come se la
stessa dovesse durare immutata
altri cento anni? Nessuno ovviamente, tranne che per i numerosi
un uomo chiamato cavillo che
hanno preso il sopravvento nella
definizione dellordinamento statale
imponendo come sacro il principio
se la procedura rispettata, dormiamo tutti il sonno dei giusti.
per questo che sono convinto che
Giunta e maggioranza debbano esplicitare in un documento politico
quello che finora emerso solo attraverso alcune interviste e annesse
(flebili) polemiche e cio che la definizione dei compiti primari e delle
risorse della Grande Milano attraverso una messa in discussione dei
rapporti con gli altri livelli istituzionali, Governo ma soprattutto Regione
Lombardia, viene prima e comun-

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que infinitamente pi importante
della definizione dei meccanismi
elettorali. Occorre infatti dire con
chiarezza che funzioni cruciali come
il trasporto locale, il welfare, la sanit non ospedaliera, la casa, i servizi
urbani come rifiuti e acqua, che sul
solo Comune di Milano impattano
per quasi 2 miliardi di euro su un
totale di meno di tre, non sono di
competenza della Citt metropolitana ma sono la Citt metropolitana.
La questione del finanziamento della sostenibilit e dellorganizzazione
delle stesse ne costituiscono il progetto politico e operativo e ogni in-

terferenza o intermediazione di una


Regione guidata per di pi da esponenti politici convinti che il punto di
mediazione e controllo sia il Sacro
Monte a Varese solo fonte di ritardi e confusione .
definendo la realt della Citt metropolitana che avremo loccasione
di tentare di realizzare quello che
temo resterebbe altrimenti un sogno
impossibile anche per la #rivoluzione(magari)diRenzi#, la riforma della
Amministrazione pubblica che, con
grande rammarico, anche a Milano
abbiamo scoperto essere pi simile
a quella di don Gonzalo Fernandez

de Cordoba piuttosto che a quella di


Maria Teresa. Limitare il perimetro
di azione diretta della PA, incrementare luso delle municipalizzate invertendo la demenziale demagogia
che accomuna lAtm efficiente e in
attivo alle societ create per distribuire stipendi e compensi, recuperare efficienza nellimpiego dei quasi
150 mila dipendenti pubblici operanti nellarea metropolitana: forse non
baster n una legislatura n una
generazione per farlo, ma unaltra
occasione come questa non si ripresenter pi.

IL VERDE IN PIAZZA DEL DUOMO TRA STORIA E FORMA DELLA CITT


Cristoforo Bono
Voglio parlare ancora di Milano come paradigma della citt e dire
qualcosa a proposito degli ultimi interventi come il verde in Piazza del
Duomo a partire dalla distanza concettuale tra gli interventi di Caruso e
il mio su queste colonne, distanza
che credo abbia un significato anche generale, e non solo di tipo personale o individuale. Io vedo, rispetto al concetto di Caruso, un rapporto pi complesso e dialettico tra idea e forma, tra politica e cultura.
Non propendo per l'identificazione
tra idea di citt e la sua forma. Mi
sembra che l'idea di citt sia una
nozione civile pi ampia, che l'architettura (civile) deve interpretare - e
credo senza l'intermediazione politica o dei politici, ma come parte della politica: quella parte nella quale
gli architetti hanno piena e non delegabile responsabilit. Per cui credo che nella costruzione (collettiva)
della citt non debba non debbano
esserci elementi di tipo prescrittivo,
sia pure condivisi. Credo che il progetto sia sempre ritrovamento, e
non mai conseguenza o frutto di
prescrizioni: anche quando pu apparire un punto di incontro logico tra
le due modalit.
Provo a fare un esempio, che ritrovo
in una relazione di venti anni fa' di
Aldo Rossi (di cui un disegno illustra, con certa mia invidia, lo scritto
di Caruso di cui tratto ) Nel merito
di un progetto accanto alla "casa
degli artisti" in zona Brera, Rossi
scrive: " inoltre essa (la casa degli
artisti), pu essere l'inizio della ricostruzione della via Tomaso da Cazzaniga, intesa come unit della cortina stradale, promuovendo la formazione di corti interne. La proposta muove da considerazioni che

hanno come motivo centrale la ricostruzione di una parte della citt,


tanto carica di storia quanto distrutta; forse uno degli esempi dove Milano ha perso il tracciato topografico
fino a perdere le relazioni con l'introno".
Sono temi vicini a quelli trattati da
Caruso. Quando essi nascono da
una norma o da un dovere (lo dico
estremizzando), restano il pi delle
volte lettera morta, o memoria inerte; quando sono il frutto di un progetto inteso come ritrovamento di
una idea, e di un'idea civile, sono un
grande contributo alla citt.
Ecco allora - per intima anche se
non evidente analogia - che mi sento ancora una volta di dissentire da
quanto Caruso dice su Piazza del
Duomo. Quanto dice mi sembra ipotetico e non reale: infatti tutto da
dimostrare che, se si facesse un
bosco in Piazza del Duomo, questo
avrebbe "successo popolare". Mi
pare che la piazza, cos com', di
successo ne abbia avuto tanto, e
che sia sempre stata approdo costante di tante persone, che dall'hinterland venivano (e vengono) a partecipare, e godere, di una citt ancora fondamentalmente monocentrica. E, proprio in forza di questa
persistenza, molti progetti di trasformazione della piazza sono - nel
corso degli anni - scivolati via come
acqua sui vetri.
Ci ricordiamo negli anni '80 dello
scorso secolo la commissione (proposta dalla politica) di venti progettisti, venti, che proponeva, tra l'altro,
anche di tagliare una fetta dell'Arengario . Gli alberi in piazza
possono essere il sentimento anche
dolce di un grande uomo di musica
come Abbado: non per forza coinci-

dente con il sentimento della citt. E


il bel pavimento del Sagrato del Portaluppi, che Caruso cita, ancora l
ai piedi del Duomo, e ancora incanta quella variet di pietre, che dalle
Prealpi sono "scese" per costruire la
citt: cos come, per tutti e un tempo, il marmo di Candoglia.
Non so invece che dire - e forse
meglio tacere - di eventuali e provvisorie ortaglie (in vasche d'acciaio)
in occasione di Expo 2015. Le sintonie tra le esposizioni universali e
le citt sono sempre state alterne e
forse rare: certo la fortuna di Lisbona (1998), ma anche la noia infinita
di Hannover (2000), e cos via. Mi
sembrano pi in tema le cascine
della Bassa: come da alcuni progetti. E sarebbe stato bello rifare quei
quattro ponti sui Navigli che impediscono, e impediranno al visitatore
nel 2015 di navigare da Locarno a
Pavia, attraversando quei luoghi
che sono stati i pi fertili del mondo:
grazie al lavoro dell'uomo, alla capacit di governare le acque.
Bench incompiuta, la storia di
Piazza del Duomo una storia progressiva, entro quello straordinario
contesto lombardo. Una storia nella
quale le idee sono diventate architettura; dove la primitiva volont di
realizzare una strada-bazar che collegasse con la Scala, diventata la
Galleria. Una nozione storica e viva
di architettura civile, ci riporta sempre, pi che a possibili prescrizioni o
regolamenti, alle idee e alle parole
che possiamo scambiarci: come
quelle lontane e forti di Carlo Cattaneo, che suggeriva di "non disperdere la citt di fronte alla faccia del
Duomo".

LA SOCIET GENEROSA E LE SUE ISTITUZIONI. A BUON INTENDITOR

n. 17 VI - 7 maggio 2014

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Giuliana Nuvoli
La natura delleconomia moderna
ha subito un sostanziale impoverimento a causa della distanza venutasi a creare tra leconomia e letica
(Sen 1987): da questo postulato
muove La societ generosa (Milano,
Feltrinelli, 2014) di Pier Mario Vello
e Martina Reolon, testo che restituisce una centralit spesso dimenticata allindividuo, come motore di
ogni azione possibile, come ultimo
depositario di valori, come ens construens di ogni futura societ e di
ogni possibile benessere.
La tesi non certo nuova, ma stimolante e rimanda a una visione del
mondo in cui non pi il singolo a
farsi carico di creare speranza, ma
accanto a lui agiscono, in armonia,
le istituzioni. Il percorso del testo
costruito su unimplicita, ma ineludibile, memoria della Divina Commedia: da due vizi capitali quali linvidia
e lavidit, in perenne conflitto con la
creativit e la generosit, si giunge
a unomeostasi ideale in cui lo stato,
leconomia e la filantropia coesistono bilanciandosi in un interscambio
che va a tutto vantaggio dei singoli
e della societ nel suo complesso.
linvidia e non lavidit il sentimento maggiormente distruttivo.
Essa, a differenza dellavidit, non
cerca solo di derubare quanto ritenuto buono nelloggetto del suo desiderio, ma mette anche gli elementi
cattivi del S nelloggetto desiderato, attraverso una proiezione che ha
come scopo quello di danneggiare
loggetto
e
di
distruggerlo.
Questaspetto () porta alla distruzione della creativit. (pp. 47-48)
Gli autori indicano come da lungo
tempo siano stati riconosciuti legami
profondi fra la generosit e lattivit
dellintelletto, poich, a guardar bene la generosit aspetto fondativo
dello sviluppo della mente (). La
generosit ha profondi legami con la
possibilit stessa di una cognizione
allargata e flessibile del mondo che
circonda. Il canale profondo che collega generosit con creativit passa
attraverso la cognizione premurosa
e, soprattutto, attraverso limmaginazione (p. 52.)
La generosit vola leggera per sovrabbondanza dessere: () come un paradigma sovramorale, non
settario, areligioso, non fideistico,
transnazionale, sovraetnico. (p.
50), in un rapporto simpatetico con
la creativit, e con almeno sette caratteristiche che si riscontrano specularmente nelluna e nellaltra:
1. operano attraverso lintegrazione
e linclusione;
2. in loro presente la gratuit ed
assente il calcolo;

n. 17 VI - 7 maggio 2014

3. possiedono capacit di attesa;


4. hanno una dimensione giocosa;
5. tollerano il vuoto, lincertezza, il
rischio;
6. sono produttive e generano abbondanza;
7. questi sei elementi si rafforzano
tra loro attraverso unazione sinergica.
Sono la generosit e la creativit a
dare colore alla vita, mentre il denaro e i suoi meccanismi rendono
luomo moderno blas, disincantato, disilluso, piatto (Simmel). Ed
la generosit a rappresentare la vera apertura allintersoggettivit, s da
dover essere collocata alla radice
dellesistere sociale e della sua base etica.
A questo punto la generosit - esaminata sinora come elemento caratterizzante del singolo - viene fatta
slittare ad altro piano, quello delle
istituzioni e degli organismi di potere. Dopo nefasti totalitarismi, ci si
resi conto della necessit di un modello dialogante tra lo Stato e le diverse istanze della societ civile:
Stiamo parlando della concezione di
uno Stato sociale che abbia come
prevalenti obiettivi lattenuazione
delle diseguaglianze economiche e
delliniquit sociale tra i cittadini, la
valorizzazione delle differenze, la
garanzia per tutti dellespressione
delle libert individuali, la gestione
ottimale della redistribuzione delle
risorse, la gestione della giustizia in
modo neutrale, la promozione della
solidariet tra i cittadini. su questa
idea di Stato che sinnesca la possibilit di un rapporto significante e
dialogante con il dono, la generosit
e la solidariet espressi a livello locale e microscopico della societ
civile nei rapporti riconoscenti tra i
soggetti, e a livello istituzionale nel
mondo della filantropia organizzata.
(167)
La filantropia che rappresenta larea
della generosit istituzionalizzata e
organizzata, il cui significato trascende quello psicologico e morale
del soggetto generoso, e che costituisce la terza area etica, dopo lo
stato e leconomia. In unanalisi appassionata ma non acritica della filantropia, torna centrale il tema del
dono, come lelemento su cui si
regge la societ, come il formatore
per eccellenza delle alleanze. Ci
che le suggella, le simboleggia, le
garantisce e le rende vive (Caill).
Chi dona si dichiara pronto a giocare il gioco dellassociazione e
dellalleanza: e il filantropo fa proprio questo, in unoperazione non
aliena da rischi tra i quali, non ultimo, lassenza di un parametro chia-

ro e condiviso che faccia da spartiacque tra lazione che risponde a


logiche di profitto, e quella che segue logiche sociali e filantropiche.
Il modello dentro il quale muoversi
sar allora quello indicato nella Social Innovation Agenda 2013 del
Miur che riconosce linnovazione
sociale nel raggiungimento di obiettivi che rispondono in modo innovativo alle necessit sociali, ma anche
nellutilizzo di processi che coinvolgano interazioni sociali tra le tre
componenti interessate, policy makers, attori del mercato e societ
civile. Un finale che restituisce alla
societ civile, rimasta nelle pieghe
del testo pi come destinatario che
come attore, il ruolo che pareva esserle stato negato.
Il modello cui far riferimento - laico,
realistico, condivisibile - il mondo
occidentale lo possiede da secoli,
ed quello indicato da Cicerone nel
De amicitia, dove recupera l'ideale
ellenico della filantropia, calandolo
nel contesto della realt romana,
per cui diventa legame interessato, fra persone cui era propria quella humanitas in grado di generare
una benevolenza verso il prossimo
che scaturiva dall'intimo, e che lo
spingeva ad aiutare gli altri disinteressatamente. Persone unite da
comuni ideali etici, e tese ad allargare i legami fra gli individui, ponendo alle fondamenta valori come
virtus e probitas, che si collocano
esattamente agli antipodi rispetto
allinvidia e allavidit.
Il dono cos da collocare in un
contesto di reciprocit fra le parti,
nel riconoscimento dei medesimi
obiettivi e delle stesse strategie; uno
scambio produttivo in cui la creativit individuale o di gruppo viene sostenuta dal contributo economico
che rende possibile la techn e
lattuazione pratica dellidea, ma che
fornisce alla filantropia, contestualmente, la sua ragion dessere. Una
filantropia che, per, ha bisogno di
attori illuminati e lungimiranti; che
abbiano progetti di ampio respiro e
capacit di riconoscere la creativit
generosa. Il rischio della filantropia
quello di buona parte delle istituzioni: essere resa meno efficace da
miope, insipienze, limitatezze culturali degli apparati. Mentre la storia
insegna (anche in Italia) che protagonisti illuminati della filantropia
hanno provocato scatti in avanti
nellinnovazione, intervenendo l
dove lo Stato non ha saputo (o potuto) dare una risposta adeguata.
Interazione e sinergia costante,
dunque, fra etica ed economia per
una societ in cui minore sia la vio-

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lenza, la disparit, il dolore. Amartya
Sen sostiene che se vero che
letica pu dare molto alleconomia,
anche leconomia pu rendere pi
ricca letica. Tesi che condividiamo
perch leconomia
1. individua un fondamento realistico delle regole, legato allindividuo,
al suo qui e al suo dove, limando le
asperit dellassolutezza etica;

2. ravvede la necessit del rispetto


dei valori individuali, di gruppo, della
terra, delletnia (il cui misconoscimento indurrebbe a investimenti
sbagliati);
3. se letica pu rendere pi giusta
leconomia, questa pu rendere
letica pi flessibile e generosa.
In questo contesto di libero e reciproco scambio, dove nessuno si
colloca in un ruolo di superiorit

perch d (mentre laltro in apparenza riceve), si pu pensare a costruire anche una societ pi felice.
Utopia? Forse. Ma siamo grati a libri
come La societ generosa, poich
non possiamo dilazionare pi a lungo un percorso globale, profondamente condiviso e - questa volta
irreversibile - verso unautentica filantropia (e non solo istituzionale).

VECCHI LIBRI IN PIAZZA: MILANO UNA CAPITALE


Daniela Muti
La manifestazione Vecchi Libri in
Piazza celebra il prossimo 11 maggio, in Piazza Diaz a Milano, i suoi
primi, fortunati ventanni. Nata nel
1995 su iniziativa della storica Libreria Antiquaria Malavasi di via Santa
Tecla, in collaborazione con il Comune di Milano, ha visto aumentare
nel tempo sia il numero degli espositori che degli appassionati di libri a
caccia di qualche rarit, o pi semplicemente di libri esauriti o fuori catalogo.
Inizialmente spiega Sergio Malavasi, titolare con il fratello Maurizio
dellomonima libreria milanese e responsabile dellAssociazione Maremagnum Librorum che cura la mostra-mercato non erano pi di
una ventina di librerie che trattavano
principalmente libri antichi, ma presto le adesioni da parte dei librai
sono via via cresciute, cos come si
ampliata lofferta che andata estendendosi ai generi pi diversi e
alle pi svariate edizioni.
Attualmente lappuntamento di piazza Diaz che si ripete puntualmente
ogni seconda domenica del mese
da settembre a giugno, riunisce un
centinaio di espositori provenienti
da tutta Italia, con loccasionale presenza di librai francesi, e conta una
produzione libraria che spazia dalla
letteratura alla storia, dallarte

alleditoria per linfanzia, alla medicina, al fumetto, toccando insomma


tutti i generi. Versatile, curiosa, impegnata o ludica la sfilata di bancarelle che si snoda lungo i portici meridionali di Piazza del Duomo, i portici di piazza Diaz, via Baracchini e
via Gonzaga, rappresenta unoccasione unica e festosa per tutti coloro
che amano i libri e la lettura.
Lidea di creare un luogo allaperto
dedicato ai libri, sebbene non alternativo alla libreria, mi era venuto
visitando la rassegna parigina al
Parc Brassens, allepoca la pi importante spiega Sergio Malavasi,
libraio antiquario per tradizione, ma
allo stesso tempo, grande innovatore per aver creato con Maremagnum, il primo sito web italiano di
vendita di libri antichi ed esauriti.
Oggi - dichiara giustamente orgoglioso Malavasi - Vecchi Libri in
Piazza non solo una consolidata
realt milanese culturale e commerciale che si sostiene senza sovvenzioni, ma diventata la prima manifestazione di libri allaperto dEuropa
con oltre diecimila presenze lanno".
A fare da protagonista soprattutto
la produzione editoriale del XX secolo, e il pubblico un tempo esclusivamente di bibliofili, oggi si compone sopratutto di appassionati lettori
di diversa generazione. Tra i banchi,

a sfogliare con competente, talvolta


febbrile attenzione, non raro vedere lerudito bibliofilo Umberto Eco, il
dotto Giuseppe Calasso con la moglie Fleur Jaeggy, o Fabio Fazio,
eppure il grande successo della
manifestazione lo si deve soprattutto al grande numero di semplici appassionati che sfidando anche i rigori dei mesi invernali, si presentano fedelmente allappuntamento
mensile.
In questi tempi difficili per tutto e per
tutti, dove le librerie tradizionali
chiudono una dopo laltra o sopravvivano a fatica, le sempre affollatissime bancarelle di piazza Diaz, dai
banchi stracolmi di libri di carta,
vecchie illustrazioni, qualche preziosa edizione, rimandano un segnale di fiducia, sembrano dire che
il caro vecchio libro come in molti
labbiamo conosciuto non morto.
Jung diceva: Il libro, soggetto della
storia del furore di essere, si trasforma in oggetto di desiderio, sollecitando quel furore di avere che si
esprimer solo con il possesso di
molti libri. Il piacere del tatto, quel
particolare piacere fisico di sfogliare
le pagine, di annusarle sembra ancora sfidare il tempo e i suoi rivoluzionari cambiamenti. Resister?

1915-2015 CENTANNI DI GUERRA E PACE, NON SOLO EXPO


Emilio Vimercati
Il 2015 non sar solo lanno
dellExpo. Ricorre infatti il centenario di un conflitto armato, con trentadue paesi partecipanti, che nel
1915 vide lItalia, a fianco delle potenze dellIntesa, coinvolta nella
prima guerra mondiale nella storiografia considerata la quarta guerra
dindipendenza a conclusione del
Risorgimento e dellUnit dItalia.
Una devastazione con il suo seguito
di dolorosi lutti che caus la perdita
tra il 15 e il 18 di circa 651.000 sol-

n. 17 VI - 7 maggio 2014

dati e di 589.000 civili, per un totale


di 1.240.000 morti su una popolazione di 36 milioni, con la pi alta
mortalit compresa tra i 20 e i 26
anni, e un altissimo numero di mutilati e invalidi, combattenti e reduci
sbandati, oltre ai danni di guerra
con migliaia di famiglie senza tetto e
senza lavoro, situazione complicata
dal diffondersi della pandemia influenzale di origine spagnola che
in Europa fece pi vittime della pe-

ste nera del XIV secolo e della stessa Grande Guerra.


LExpo con il suo importante tema,
Nutrire il pianeta Energia per la vita,
avr inizio il 1 maggio 2015 per
concludersi il 31 ottobre e coincider con lanniversario del centenario
dellimmane conflitto iniziato il 24
maggio 1915, data celebrata
dallinno La leggenda del Piave di
E. A. Mario pseudonimo di Giovanni
Gaeta i cui versi una volta si apprendevano nelle scuole elementari:

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Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il
ventiquattro maggio. Speriamo che
lomonima piazza milanese sia almeno riqualificata in tempo.
Ogni paese o citt dItalia ha dedicato una piazza ai suoi militi per lo
pi ponendo al centro un monumento ai caduti di quella sanguinosa
guerra iniziata centanni fa per ricordare, a imperitura memoria, i
propri concittadini che hanno dato la
vita per la patria, scolpendo sui lati
nomi, cognomi e grado; cos come
penso che a tutti sia capitato di soffermarsi e riflettere, camminando
sui nostri monti tra resti di trincee e
forti diroccati sui tanti patimenti
sopportati da quei giovani eroici alpini, i ragazzi del 99, provenienti da
tutta, tutta la penisola da nord a sud
cui per la prima volta era stata messa addosso una divisa e in mano un
moschetto, come mirabilmente descritto nel film capolavoro La grande guerra di Monicelli. Levento assurge a epopea nella narrazione
dellufficiale di complemento Emilio
Lussu in Un anno sullaltipiano cos come esaltato nei celebri versi
di Giuseppe Ungaretti, volontario
nel 19 reggimento di fanteria: La
morte/ si sconta/ vivendo. dedicati
alla memoria dei commilitoni caduti,
al pari dellorrore della guerra descritta nelle dolorose pagine dal vo-

lontario Carlo Emilio Gadda nel


Giornale di guerra e di prigionia.
Durante quel triennio Milano svolse
un ruolo di retrovia, ricovero di militari feriti in convalescenza, tra cui
Ernest Hemingway autore di Addio
alle armi, di centro per la produzione di materiale bellico e venne direttamente colpita dalla guerra in occasione di un unico bombardamento
aereo austriaco il 14 febbraio 1918
che caus la morte di 18 persone.
Anche Milano, come le altre citt, ha
ovviamente dato il suo prezioso
contributo in uomini e mezzi; nel
promuovere il tema dellEsposizione
2015 pu ulteriormente aggiungere
un significativo segno di pace ricordando che da quella data del maggio 1915 i centanni non sono trascorsi invano.
Centanni di cui la prima parte,
trentanni dal 1915 al 1945 di sofferenze, con due guerre mondiali e un
ventennio di oppressione concluso
con la lotta di liberazione, nella seconda settantanni di pace da rivendicare. Scrive Denis Mac Smith nella sua Storia dItalia: Nel 1918
lItalia dichiar di aver chiamato sotto le armi cinque milioni di uomini.
Ma lonere finanziario era stato enorme, una somma doppia a quelle
delle spese complessive dello Stato
nei cinquantanni precedenti. Le
macerie lasciate da questa terribile

guerra furono una delle ragioni per


cui lItalia dovette soffrire venticinque anni di tirannia. Di contro, aggiungo, c chi ha ammassato fortune durante la guerra senza preoccuparsi molto delle condizioni materiali della popolazione.
Da pochi anni stata soppressa la
chiamata di leva ma le persone di
una certa et sanno cosa significava aspettare la cartolina. Ben venga che fra i giovani si siano estinte
parole come rancio e gavetta, c.a.r.
e corve, permesso tre pi due,
marcar visita, consegnato, contare i
giorni allalba, riduzioni militari e ragazzi.
Allalba del 24 maggio 1915 dal Regio Esercito fu sparato a Cervignano del Friuli il primo colpo di cannone contro il nemico. Il messaggio di
Expo 2015 contenuto in Nutrire il
pianeta Energia per la vita, senza
temere alcuna retorica, accompagni
la prossima ricorrenza centenaria
del 1915-2015 con un abbraccio fraterno ai caduti nella speranza che
un simile avvenimento non debba
ripetersi mai pi e nel contempo esalti il valore di una auspicabile configurazione unitaria della civilt europea. Nelloccasione, lExpo nel
2015 sia un incontro mondiale senza frontiere anche in tal senso. Ripudiare la guerra Favorire la pace.

NOMINE PUBBLICHE E PARIT DI GENERE: QUALCOSA SI MUOVE, MA NON BASTA


Ilaria Li Vigni
Il Governo, nei giorni scorsi, ha annunciato le proprie scelte per i vertici dei giganti del gas, della luce, dei
trasporti, delle comunicazioni e di
molte altre societ partecipate e
controllate dallo Stato. La faticosa
scelta su tali nomine ha un indiscusso merito: non ci si limitati a
inserire nomi femminili nei consigli
di amministrazione e nei collegi sindacali, come prevede la legge sulle
quote di genere, ma alcune donne
sono arrivate ai vertici delle societ
stesse.
I nomi sono noti, grandi professioniste del mondo dellimprenditoria e
del management, esponenti di punta delleconomia della nostra nazione negli ultimi anni: Emma Marcegaglia allEni, Patrizia Grieco
allEnel, Luisa Todini alle Poste, Catia Bastioli a Terna.
Due sono manager, per formazione
e lunga esperienza (Grieco e Bastioli, la prima presidente esecutivo
di Olivetti, la seconda amministratrice delegata di Novamont), due figure pi politico-istituzionali (Marcegaglia, ex presidente di Confindu-

n. 17 VI - 7 maggio 2014

stria, e Todini, imprenditrice, ex parlamentare Pdl oggi nel Cda della


Rai).
Questo il dato formale, la sostanza
sembra essere molto pi complessa
e vale la pena di analizzarla attentamente. Anzitutto, un dato negativo: la presidenza delle societ partecipate o controllate dallo Stato
stata spesso nella nostra storia economica e imprenditoriale un ruolo
di rappresentanza, slegata dalle decisioni fondamentali che fanno capo
al consiglio di amministrazione. Le
regole della conduzione societaria,
la cosiddetta governance, affidano
per al presidente il delicato ruolo di
condurre e indirizzare i lavori del
consiglio di amministrazione. E
quindi le nuove presidenti nominate
potranno, se vorranno interpretare
correttamente e nei pieni poteri il
loro ruolo, effettivamente impostare
il lavoro del consiglio di amministrazione a livello di indirizzo politico,
sollecitando determinate prese di
posizione e tutelando le pari opportunit di genere.

Inoltre due dati numerici appaiono


significativi e degni di nota: fino a
oggi, le sei societ oggetto di rinnovo degli organi sociali avevano in
totale 48 consiglieri di amministrazione e di questi solo 2 erano donne, ben lontane dai vertici delle societ. Il secondo dato che non
usuale nemmeno nelle societ quotate avere donne a capo dellimpresa. Sulle quasi 250 societ quotate in Borsa in Italia solo 12 hanno
una presidente donna, cui si aggiungono quattro presidenti onorarie. Si tratta, tra laltro, nella quasi
totalit dei casi di rappresentanti
della propriet.
Insomma, se ben interpretata anche
a livello di spinta propulsiva, questa
ultima tornata di nomine potrebbe
davvero rappresentare linizio di una
novit concreta nella valorizzazione
della componente femminile dellimprenditoria e del management. Con
un altro punto dubbio, ad avviso di
chi scrive, che dovr essere risolto
a tutti i costi dalla politica. Rimane
anche un problema di metodo di
queste nomine.

10

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In Inghilterra, ci sono unapposita
Authority e un codice che sovrintendono a tutte le nomine pubbliche,
non per sottrarle ai ministri cui la
legge le affida ma semplicemente
per garantire che il metodo di selezione sia al di sopra di ogni sospetto. E si tratta di un metodo semplice
e lineare che andrebbe, semplicemente, replicato nel nostro Paese.
Merito, imparzialit e trasparenza
sono i tre criteri guida cui ogni processo di nomina pubblica deve ispi-

rarsi. Massima pubblicit possibile


della selezione in corso per garantire al pi alto numero di candidati di
partecipare, pubblicazione preventiva dei criteri di selezione e rigore
scientifico nella composizione della
short list dei candidati tra i quali ai
ministri tocca poi procedere alla
nomina.
In Italia, con il sistema vigente, tali
nomine sembrano sempre e comunque cadute dallalto, senza la
possibilit di uneffettiva verifica di

trasparenza al di sopra di ogni sospetto. Solo con un metodo cristallino di selezione, tutte le componenti
dellimprenditoria e del management, anche quelle meno note
alla politica e alla pubblica opinione,
nellovvio rispetto delle pari opportunit di genere, potranno aspirare
ai ruoli dirigenziali che le loro competenze e la loro esperienza meritano.

Scrive Grazia Regoli a Walter Marossi


Ho letto l'articolo sullo "stato delle
cose" elettorale e non, che chiaro,
informato, acuto e disincantato
quanto basta: al netto di tutto, io ( e

molti altri) speriamo proprio di vincere con Renzi. Realisticamente l'unica strada praticabile per fare passi
avanti, dunque niente illusioni ma

sosteniamo con forza il cambiamento in atto che faticoso e imperfetto


ma ultranecessario!

Scrive Maria Grazia Campari a LBG


Per la partecipazione ci vuole pazienza. Forse, ma pi probabilmente ci vuole trasparenza fin dall'inizio
e qui siamo a met mandato. Che

dire poi del grande, visibile evento


EXPO e della continuit con l'impostazione della giunta Moratti? Preoccupante per il sindaco del cam-

biamento e per i suoi elettori. A mio


parere.

Scrive Mara Tognetti ad ArcipelagMilano


Vi segnalo, cos a puro titolo informativo che esiste un quinto libro sul bene comune a Milano
che guarda caso si chiama Milano

capitale del bene comune, pubblicato nel 2013 da FrancoAngeli,


quindi anticipando l'evento da voi
pubblicizzato.

il testo curato da me e da Vittorio Sironi. Buona lettura.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
"Dall'8 al 15 maggio Festa del Cinema: in tutta Italia l'ingresso alle sale sar a tariffa ridotta (3 euro e 5 euro per i film in
3D). La Festa del Cinema promossa dalle associazioni di categoria, ANEC, ANICA, ANEM insieme a ACEC e FICE.
Tutte le informazioni sulle sale aderenti e sulle iniziative collegate sul sito http://www.festadelcinema.it. "

La sedia della felicit


di Carlo Mazzacurati [Italia, 2013, 100']
con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Giuseppe Battiston, Roberto Citran
Lumanit semplice che ha attraversato leggera e malinconica i film di
Carlo Mazzacurati, sta tutta dentro il
protagonista del suo ultimo film, che
ha lo sguardo disincantato e senza
malizia di Valerio Mastandrea.
Mazzacurati ha costruito mondi verosimili fatti di uomini e donne comuni, che vivono vite vere e che rimangono invischiati, quasi sempre
per necessit e spesso loro malgrado, in vicende straordinarie, cio
fuori dallordinario. Mondi che trova-

n. 17 VI - 7 maggio 2014

no sintesi perfetta nella naturalezza


con cui il protagonista di questa
commedia, semplicemente e naturalmente si adatta agli eventi surreali che gli capitano.
Succede tutto nella profonda provincia veneta, dove Dino, tatuatore
gentile con negozio-casa a una vetrina nel centro commerciale, accompagna in una improbabile caccia al tesoro Bruna, giovane estetista dal disarmante e innocente sorriso, dirimpettaia di negozio, che

intravede una possibile svolta della


sua vita dopo che una detenuta le
ha confidato in punto di morte
lesistenza di una preziosa refurtiva
nellimbottitura di una sedia.
Tra aste giudiziarie e ricerche caparbie dei passaggi di propriet delle sedie, pignoramenti di macchinari
estetici non pagati, tatuaggi di capodogli pagati con pesci pregiati, la
coppia precaria stabilisce rapidamente un rapporto di complicit e
simpatia reciproca, saldando il tem-

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peramento intraprendente, dolcemente incosciente di Bruna, interpretata da una solare Isabella Ragonese, alla capacit di adattamento e di leggere dentro le persone di
Dino.
La parte migliore della commedia
sta per nella magia dell'alchimia di
tanti personaggi stravaganti e irresistibili che fanno da corollario, personaggi che la leggerezza di tocco
di Mazzacurati non fa mai scadere
nella caricatura.
Anche perch le situazioni, spesso
ad alto contenuto di improbabilit,
sono affidate al talento discreto degli attori amici di sempre, tutti affettuosamente accorsi a condividere
con Mazzacurati la voglia di far sorridere ancora: dal cappellano del
carcere femminile rovinato dai videopoker (Battiston), al macellaio che
fa collezione di sedie di tutte le fogge (Citran), ai gemelli che giocano a
ping pong nella fabbrica del padre
(Albanese) agli spiantati imbonitori
darte televisivi (Silvio Orlando e

Fabrizio Bentivoglio), alla funzionaria sadomaso del tribunale, all'anziana medium (Milena Vukotic) con
badante, che in seduta spiritica fornisce indizi per ritrovare i proprietari
delle sedie.
Si sorride molto vedendo questo
film, liberamente tratto - come si sarebbe detto una ventina di anni fa da una novella russa. E fa piacere
sapere che Mazzacurati questo aveva come obiettivo:Ho raccontato
storie tristi che involontariamente
hanno fatto ridere, ma per una volta
nella vita volevo fare una commedia
che mi divertisse come spettatore e
mettere insieme il senso di catastrofe nel quale sembra che stiamo precipitando e lenergia che malgrado
tutto si sente nellaria.
Si sorride con Bruna e Dino, belli e
generosi, familiari ed empatici con
lo spettatore, pieni di inventiva nonostante la crisi economica li abbia
prosciugati di soldi e affetti. Accomunati da una precedente scarsa
fortuna con lamore, scoprono che

sufficiente essersi guardati bene


negli occhi, per riconoscersi e sentirsi perfettamente in sintonia tanto
da chiamarlo - lei -quando si trova
davanti un cinghiale nel giardino di
una villa sotto sequestro, e da raggiungerla - lui - in bicicletta con la
pila e il piede di porco richiesto,
senza chiedere perch.
La musica jazz di Mark Harmond
accompagna con brio un film dove
leggerezza non mai sinonimo di
superficialit, ma di disincanto e
profondo affetto per luoghi e personaggi.
Resta il rammarico di non poter godere in futuro di nuove storie e personaggi cos, consapevoli da spettatori che questo magico equilibrio
tra leggerezza e profondit malinconica di Mazzacurati sia difficilmente riproducibile.
Adele H.

Smetto quando voglio


di Sydney Sibilia [Italia, 2013, 100]
con Edoardo Leo, Valeria Solarino, Neri Marcor
Lidea mi venuta leggendo un trafiletto su alcuni netturbini laureati in
filosofia che discutevano della Critica della ragion pura racconta
Sydney Sibillia, regista salernitano
di 32 anni. Smetto quando voglio il
suo primo lungometraggio e, a dispetto di quanti lo leggono sociologicamente, non un film sul precariato e neppure sui cervelli sprecati
ma una commedia piena di ironia.
Protagonisti sono sette ricercatori,
sette
menti
brillanti,
rifiutati
dalluniversit, perch privi di appoggi politici. Pietro, lultimo espulso
in ordine di tempo, in ritardo sul
pagamento delle spese condominiali, litiga con la sua compagna per
questioni di soldi e non riesce neppure a farsi pagare dai ragazzi a cui
d ripetizioni da mesi. Inoltre si vergogna della sua ingenuit, a casa
finge di avere ottenuto il posto da
ricercatore e fa progetti ostentando
una sicurezza economica che ancora non ha. Come recuperare i presunti guadagni da ricercatore? Occorre spremersi le meningi, incon-

trare colleghi che hanno fatto altre


scelte.
La soluzione arriva chiacchierando
con due ex-ricercatori latinisti, benzinai notturni per la pagnotta, che
discettano tra loro usando le lingue
morte e lasciando esterrefatti i clienti. Alla pompa Pietro vede il ragazzo
orfano, a cui da ripetizioni gratis,
fare un pieno di pi di 200 euro e
sfrecciare su un suv. Lo insegue col
suo motorino fino in discoteca. Il ragazzo non orfano, pieno di soldi
e fa uso di pasticche. E proprio
questo florido commercio fa nascere
in Pietro lidea del business: una
nuova smart drug fuori dalla lista
delle sostanze illegali.
Riunisce le migliori menti della sua
universit disperse in ambiti lavorativi impensabili (le scene sono irresistibili) e comincia la produzione e
il commercio di pasticche. Il successo nel mondo illegale immediato, il
prodotto frutto dellingegno e
quindi di qualit, e i ricercatori passano rapidamente dallindigenza
alla ricchezza. Per un po gli studiosi

abbandonano i libri a favore del lusso: superattici, donne, abiti, champagne, ecc. Non hanno, per, fatto i
conti con la legge e con la malavita
e da ricercatori diverranno ricercati.
La narrazione ha un buon ritmo, i
dialoghi sono esilaranti, uno per tutti
quello dellantropologo (Sermonti)
che tenta di farsi assumere da uno
sfasciacarrozze parlando un romanesco sgangherato. Nel colloquio di
selezione gli scappa il termine diatriba. Lo sfasciacarrozze lo smaschera, diffida di chi ha studiato, gli
consiglia di combinare qualcosa di
brutto nella societ per redimersi e
poi di ripresentarsi. Avr pi chanches.
Gli attori (Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano
Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Neri Marcor, Sergio Solli)
sono affiatatissimi e hanno anche
loro laria di essersi divertiti parecchio.
Dorothy Parker

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
La maledizione della Scala

n. 17 VI - 7 maggio 2014

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Gli alti e i bassi, e anche gli improvvisi silenzi, cui da anni ci stiamo abituando a proposito del tempio della musica per eccellenza che La
Scala, cominciano ad avere il sapore della maledizione (o, come viene
definita dal Sabatini Coletti, una
punizione scagliata dalla divinit su
qualcuno o qualcosa o invocata dagli uomini come augurio di male);
basta mettere in fila gli ultimi tre decenni di vita del Teatro, a partire
dalla crisi che si venne a determinare nel 1986 fra lorchestra e il suo
direttore Claudio Abbado, per capire
come sia cominciato allora un declino dal quale ancora oggi non riusciamo a liberarci.
Proviamo a ricordare sinteticamente
i capisaldi della storia del Teatro e
della sua incontestata eccellenza.
Finita lepoca delle grandi prime
delle opere di Salieri e Rossini, di
Donizetti e Bellini, di Verdi e Puccini
(lultimo di questi straordinari eventi
stata la Turandot nel 1926), eravamo gi entrati nellera di Toscanini che a parte il momento buio del
fascismo e della guerra, conclusosi
con la riapertura del 1946 e con il
debutto di Renata Tebaldi si subito saldata agli anni di Victor De
Sabata (cera anche Maria Callas!)
e poi di Claudio Abbado; in quei mitici quarantanni abbiamo sentito,
oltre alle voci pi belle del mondo,
direttori dorchestra come Guido
Cantelli, Herbert von Karajan e Wilhelm Furtwngler, abbiamo avuto
direttori artistici come Francesco
Siciliani e Luciano Chailly, sovrintendenti come Paolo Grassi e Massimo Bogiankino, e registi come
Giorgio Strehler e Luchino Visconti.
Della Scala non si dicevano che
meraviglie, tutto il mondo ce la invidiava, ogni musicista la considerava
la vetta pi alta da scalare per il
successo.

Nel 1986 lorchestra contesta Abbado (quanto lo rimpianger ) e crea


un vulnus che praticamente non si
rimargina pi. Arrivano Riccardo
Muti (qualcuno lo ha amato, altri
meno, altri ancora lo hanno detestato) e Carlo Fontana (idem), il Teatro
si chiude in una sorta di arida autarchia, tutto comincia lentamente a
decadere fino al triste - ancorch
necessario - periodo degli Arcimboldi e al tragico 2005 in cui tutti litigano con tutti e lorchestra, sempre
pi ferocemente sindacalizzata, si
cimenta in una pessima parodia del
film di Fellini.
Tragedie, mal di pancia, lotte a coltello e finalmente linizio di una nuova era: larrivo in Teatro di Stephane
Lissner e subito dopo di Daniel Barenboim assomiglia curiosamente
alla comparsa, sulla scena politica
italiana, di Mario Monti. Lo stesso
entusiasmo, lo stesso stato di necessit trasformato in gaudio e in
sentimento di rivincita sullimpotenza della Storia; vengono giustamente messe a tacere le voci di
quei provincialotti leghisti che avrebbero voluto direttori e sovrintendenti nati e cresciuti esclusivamente a sud delle Alpi, soprattutto si
traggono grandi sospiri di sollievo
allarrivo di nuovi direttori (che belli
quei giovanotti di El Sistema Gustavo Dudamel e Diego Matheuz!) e
nuovi registi (dalla magnifica Emma
Dante della Carmen allimperscrutabile Damiano Michieletto del Ballo
in maschera); ma intanto, poco a
poco, si scopre che Lissner non ne
azzecca pi una - o comunque ne
azzecca sempre meno - e che Barenboim vive solo di rendita, fa una
gran confusione fra suonare il pianoforte e dirigere lorchestra, e soprattutto mette troppo poca attenzione nel suo impegno italiano. Per
non dire degli ultimi registi!

Ed eccoci ora, punto e daccapo, alle


prese con Alexander Pereira. Vorrei
potergli attribuire tutte le giustificazioni che meritano una bella carriera
e un ottimo background; ma con
quella brillante operazione - vendere con una mano (austriaca) e comprare con laltra (italiana) sei o sette
(o pi?) allestimenti, prima ancora di
essersi insediato e di averne titolo vi sembra che si sia dimostrato
allaltezza del compito che laspetta? E il buon gusto? E il garbo istituzionale? vero che ci siamo assuefatti fin troppo bene ai conflitti di
interesse, ma vi siamo condannati
proprio per leternit?
Credo che abbia fatto molto bene il
Sindaco Pisapia malgr lui anche
Presidente del Consiglio di Amministrazione della Scala a chiedere
spiegazioni e a prendere tempo
prima di decidere; ma non vorrei
essere nei suoi panni perch se annullare la nomina di Pereira inopportuno, confermarla probabilmente peggio. Non riesco a immaginare come potr cavarsela.
Questo povero Teatro pare dunque
non avere pace e la china su cui
avviato sembra non avere fine.
Lunica roccia ben piantata in questo fiume in piena sembra essere
Riccardo Chailly, il direttore musicale appena nominato, reduce da
grandi successi sia in Italia (con laVerdi di cui pu essere considerato
uno dei padri fondatori), sia oltralpe
(e in particolare a Lipsia). C solo
da sperare che da una parte la
liaison con Stefano Bollani circondata da grande simpatia e allietata
dal successo e dallaltra il contratto con la Gewandhaus di Lipsia
che durer fino al 2020 non lo distraggano dallimpegno colossale
che incombe sulle sue spalle: quello
di vincere la maledizione della Scala.

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Gina Lagorio
Parlavamo del futuro
a cura di Simonetta Lagorio
Melampo, 2011 pag. 262, 18 euro
La proposta di curare un libro che
raccogliesse parte degli interventi
civili di Gina Lagorio mi venuta
da un vecchio amico, Nando dalla
Chiesa, e lho accolta con entusiasmo perch ritengo che sia stato
proprio limpegno civile e il forte intreccio tra vita, letteratura, senso

n. 17 VI - 7 maggio 2014

etico a dare linfa a tutte le pagine di


Gina, anche quelle pi specificamente letterarie, da cui ha avuto
maggiore fama, come romanziera e
critica. Mi quindi sembrato giusto
raccogliere materiali sparsi e per
questo meno noti, per ricordare
lindipendenza di giudizio e lonest

intellettuale con cui Gina lungo tutto


larco della sua vita ha saputo guardare il mondo e gli eventi, la passione che ha messo nel suo lavoro,
la sua fiducia nel ruolo dello scrittore: io lho scelto questo mestiere
di scrittore e cercher di difenderlo
come meglio sapr, anche se so

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che e sar una dura battaglia.
dare testimonianza, la responsabilit che ha sempre attribuito alla parola: sono stanca di veder violata la
sacralit della parola. Intendo la sacralit in senso lato e laico, di rigore, di attenzione alla verit, di responsabilit di quel che si dice .
Gli articoli scelti per il libro abbracciano quarantanni di attivit, dal
1965 al 2005. Il primo, il pi antico
in ordine di tempo, del 1965,
una critica teatrale, ma lo spettacolo
di cui si parla, Il processo di Savona di Vico Faggi, che unisce realt
e finzione scenica nella rievocazione di un momento importante
dellepoca fascista lultimo processo libero prima dei tribunali militari - affronta un argomento civile,
assai caro alla scrittrice che lo ha
ripreso pi volte in altre pagine, in
tempi diversi. Larticolo pi recente,
sempre in ordine di tempo, del volume invece lultimo scritto di Gina
Lagorio, pubblicato sullUnit il 16
giugno 2005, esattamente un mese
prima della morte della scrittrice,
avvenuta a Milano il 17 luglio 2005.
significativamente intitolato Per
favore ridateci la speranza e lho

scelto non soltanto perch lultima


pagina scritta, ma anche e soprattutto perch mi sembra costituire
una sorta di sintesi dei pensieri di
una vita, un suggello finale.
Tra questi due articoli scorrono quarantanni di collaborazioni a riviste e
quotidiani tra i pi importanti e vivi
del nostro scenario culturale, da
Resistenza a Il Ponte a Il Mondo, da
Il Resto del Carlino alla Nazione, da
Il Corriere della Sera a La Voce a
LUnit, da Societ Civile a Mondo
Nuovo. Da tutti ho ampiamente attinto, ma anche da interviste rilasciate a giornali e radio, da interventi a incontri e convegni, e da un libro, finora inedito, che raccoglie il
diario di due anni -1987 e 1988dellesperienza parlamentare di Gina Lagorio, nella X legislatura, nel
gruppo degli Indipendenti di sinistra.
Il libro suddiviso in sezioni, sette,
soltanto per comodit di lettura,
perch le tematiche sono fortemente connesse tra loro: Intellettuali e
impegno; Donne; Parlamento; Resistenza; Terrorismo, pace e guerra;
Lo sguardo sullattualit; Verso il
regime. Anche lordine non determinante, lunica sezione che deve

per forza concludere il volume


Verso il regime, perch ci collega al
nostro presente e mostra la straordinaria attualit di molte parole di
Gina Lagorio e la sua capacit di
anticipare circostanze che oggi si
stanno puntualmente verificando.
Significativa a questo proposito la
risposta a una domanda sul suo interesse per la politica, nel 1996, in
cui definisce questa passione un
tarlo che lha sempre corrosa, e poi
dice: Io sarei stanca, ma proprio
stanca della politica ma mi tiene
sveglia la paura del futuro, di quello
che pu succedere nellindifferenza
dei pi, nella mancanza di vera responsabilit, non solo politica ma
anche etica, delle persone addette
alla guida del paese .
Parole che mi pare riassumano perfettamente il modo di essere e di
vivere di una scrittrice poco incline
ai silenzi e ai compromessi, sempre
schierata non tanto con un partito o
una bandiera, quanto con unidea di
societ, di civilt, di giustizia.
Simonetta Lagorio

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Segnalazioni d'autore
Al Piccolo Teatro dal 6 al 18 maggio Clture damour di Pascal Rambert.

Ai Filodrammatici debutta gioved


8 il primo spettacolo di Carrozzeria
Orfeo, Nuvole Barocche.

AllElfo da non perdere dal 20 al 25


maggio Viva lItalia le morti di Fausto e Iaio, regia di Cesare Brie
Emanuele Aldrovandi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
Fragilit, equilibrio e critica per Meireles alla Bicocca
Ancora una volta lHangar Bicocca
non sbaglia un colpo. La mostra dedicata a Cildo Meireles, Installations
tutta da vedere e provare. Coinvolgente, poetica, critica e polisensoriale, la mostra la prima manifestazione italiana dedicata allartista
brasiliano, considerato fin dagli anni
60 un pioniere di quellarte intesa
soprattutto come uno scambio attivo
e vitale con il pubblico, come un
rapporto vivo e attivo in grado di coinvolgere lo spettatore in una esperienza multisensoriale.
La personale, a cura di Vicente Todol, comprende 12 tra le pi importanti installazioni realizzate dallarn. 17 VI - 7 maggio 2014

tista tra il 1970 e oggi, ed un percorso ricco di suggestioni che portano lo spettatore ad essere parte
dellopera darte, a farla vivere, ma
anche a mostrargli una realt concettuale nascosta e su cui riflettere.
Cildo Meireles affronta da sempre
tematiche sociali e culturali attraverso opere che rivelano pienamente il
loro significato solo nel momento in
cui sono attraversate e vissute,
coinvolgendo oltre alla vista, anche
ludito, il tatto, lolfatto e addirittura il
gusto.
Il percorso spiazzante, poich si
passa da opere di ridottissime dimensioni ad altre decisamente mo-

numentali. Si inizia con Cruzeiro de


Sul, un cubo di legno di 9 mm, che
rimanda per a concetti e credenze
sacre nella cultura dei Tupi, popolazione india del Brasile con cui Meireles entr in contatto.
Si arriva poi ad Atravs, labirinto
trasparente lastricato da frammenti
di vetro rotti, che fa percepire allo
spettatore una sensazione di instabilit e di potenziale pericolo, dovendosi districare lentamente tra filo
spinato, tendaggi, superfici vetrate
(persino due acquari), attraverso le
quali sembra di vedere una via
duscita, resa difficile per dai materiali che creano il percorso. Lattra14

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versamento del titolo simboleggia
dunque un percorso interiore accidentato, ogni passo spezza sempre
di pi il vetro sotto ai piedi, simbolo
della fragilit umana, ed sempre
pi difficile andare avanti.
Passando dalla torre fatta di radio
antiche e moderne, Babel, per arrivare ai cubi bianchi e neri sporcabili di Cinza, quello che colpisce la
variet dei materiali usati, scelti
dallartista solo in base alle loro caratteristiche simboliche o sensoriali,
mettendo insieme elementi contrastanti anche dal punto di vista semantico o visivo.
E in effetti Olvido, un tepee indiano
costruito con 6.000 banconote di
diversi paesi americani, circondato
da tre tonnellate di ossa bovine contenute da 70.000 candele, espressione di questo concetto. Mentre gli occhi sono impegnati a distinguere i diversi elementi, le ossa
emanano un odore difficile da sopportare e dal centro della tende fuoriesce un rumore continuo di sega
elettrica. Opera con una critica di
stampo post-colonialista, spesso
presente nei lavori di Meireles, non
affronta per lo spettatore direttamente, imbarazzandolo, ma suggerisce il suo messaggio accostando
elementi dal valore simbolico.

Una delle opere pi amate e fotografate sui social, sicuramente


Amerikka, un pavimento fatto di
22.000 uova di legno dipinte, su cui
troneggia un soffitto fatto da proiettili
sporgenti. Mentre lo spettatore
invitato ad attraversare scalzo lo
spazio bianco delle uova, in una situazione di instabilit, la minaccia
ulteriormente rimarcata da migliaia
di proiettili rivolti al suolo. Opera s
di spaesamento ma di incredibile
impatto visivo e percettivo.
Meireles lavora con tutti e cinque i
sensi. Ecco perch con Entrevendo,
un enorme struttura di legno a forma di imbuto, lo spettatore invitato
ad entrare in questo cono, da cui
esce aria calda, mettendosi prima in
bocca due cubetti di ghiaccio per
sperimentare, man mano che ci si
avvicina alla fonte di calore, lo sciogliersi del ghiaccio in pochi istanti,
per un coinvolgimento completo dei
sensi.
E poi si arriva allopera pi poetica
della mostra, Marulho, la simulazione di un pontile circondato dalle onde del mare, nella luce delicata del
tramonto. Solo ad una visione pi
attenta si scorgono i dettagli, ovvero
che le onde sono fatte da immagini
di acqua rilegate in migliaia di libretti
disseminati sul pavimento, giocando
sulla ripetizione e laccumulo, con

un effetto non solo visivo ma anche


simbolico.
Mentre ci si perde a osservare le
immagini, ecco che voci, tutto intorno, ripetono allinfinito la parola acqua in 85 lingue diverse, creando
una nenia simile allo sciabordio delle onde. Solo allora si scopre che,
ovviamente, un fondo c, la parete
lilla che delimita lorizzonte. Quello
che si crea allora nello spettatore
una curiosa sensazione alla The
Truman show, accorgendosi che in
realt tutto finto e costruito. Di naturale, non c nulla. Lopera vive
inoltre di riferimenti ad artisti del
passato che hanno giocato sulla
monocromia, come Piero Manzoni,
citato anche in unaltra opera della
mostra, Atlas, e Yves Klein.
Tra suoni, attraversamenti e sensazioni, la personale di Meireles intende mostrare come lo spazio sia
una componente fondamentale
nellenfatizzare i paradossi e le metafore, elementi chiave nella sua
arte, espressi da queste dodici
coinvolgenti installazioni.
Cildo Meireles, Installations fino al
20 luglio 2014 HangarBicocca / via
Chiese 2, Milano / Orario: gioved
domenica 11.00 23.00 Ingresso
libero

Munari politecnico
Il genio di Bruno Munari ha spaziato
in diversi campi: dalla grafica
alleditoria, dalla pedagogia al design, passando per larte pi pura.
La mostra Munari politecnico, allestita nello spazio mostre del Museo
del 900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dallartista.
I pezzi in mostra provengono tutti
dalla Fondazione di Bruno Danese
e Jacqueline Vodoz di Milano, che
nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per
decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. Lobiettivo della mostra dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito
che idealmente prosegue lesposizione allestita nel 1996 nelle sale
della Fondazione stessa, rileggendone per la collezione e aprendola
a un dialogo con una generazione di
artisti, presenti in mostra, che con
Munari hanno avuto un rapporto
dialettico.
La mostra divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il

n. 17 VI - 7 maggio 2014

disegno e il collage, con un modo di


intendere larte vicino alle pratiche
delle avanguardie storiche; ma dalle
quali emerge anche il suo rapporto
con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.
Soprattutto queste opere vivono di
corrispondenze e influenze, citate
da Munari nei suoi libri quali quelle
di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma
in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso
ricerche con lui come Enzo Mari,
Max Bill, Franco Grignani e Max
Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di
coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come
Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente il Gruppo T. Infine,
questa stessa sezione include figure
che con Munari hanno mantenuto
un rapporto ideale in termini di capacit e ispirazione, come Giulio
Paolini e Davide Mosconi.
Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano,
oggi come allora, con limmaginario

estetico di Munari, anche grazie a


un sistema di allestimento fatto di
strutture e supporti legati tramite
incastro e gravit, ma con aspetto
leggero. Quella stessa leggerezza
di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette impossibili e
i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.
Accanto alla mostra principale il Focus dedicato allopera fotografica,
in parte inedita, realizzata da Ada
Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i
principali momenti della vicenda
professionale e umana dellautore.
Lesposizione ha come titolo Chi
s visto s visto locuzione molto
amata da Munari e che racchiude
tramite immagini, lartista e luomo a
tutto tondo.
Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento
lun.14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e
dom. 9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 22.30

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Rondini colorate per salvare larte antica


Dopo le lumache e le rane, Milano
invasa dalle rondini: quelle plasticose e multicolor di Cracking Art,
gruppo artistico nato ventanni fa e
con allattivo interventi in grandi citt, con opere che fanno dialogare
arte e ambiente. Lultimo progetto
a favore soprattutto dellarte, nello
specifico quella antica, con lo scopo
di promuovere e sostenere economicamente il restauro conservativo
del monumento equestre di Bernab Visconti, realizzato in marmo da
Bonino da Campione nel 1363, simbolo del museo di arte antica del
Castello e posto allingresso delle
sale espositive.
Loperazione si intitola: Deponi un
uovo, fai rinascere un monumento,
e tutti i cittadini sono invitati, insieme alle autorit cittadine e agli artisti di Cracking Art, a contribuire alla
rigenerazione del monumento al
Castello Sforzesco, deponendo un
uovo di rondine.

Dopo linaugurazione ufficiale del


Nido di Rondini, creato in collaborazione con Italia Nostra e FIAT, il
pubblico invitato, fino al 30 giugno
2014, ad acquistare i multipli di rondine messi a disposizione per
liniziativa dal gruppo Cracking Art,
versando a Italia Nostra un contributo di venti euro. Si potr avere in
cambio una scultura multipla di rondine piccola e depositare poi un uovo nel nido, appositamente allestito
dagli artisti di Cracking Art, firmando
cos il proprio gesto rigenerativo. Il
ricavato, come in occasione delle
installazioni del Duomo e della Darsena, andr proprio in favore del
restauro del monumento equestre.
Ma quella delle rondini sar
uninvasione generale, ma pacifica,
in giro per la citt: altre rondini e uova saranno posizionate nel corso
della rassegna in luoghi simbolo
della cultura milanese: il cortile di
Palazzo Reale, il Museo del Risorgimento e Palazzo Morando.

Il progetto Rigeneramento di
Cracking Art ha un mantra ben preciso: l'Arte che rigenera l'arte, ovvero un obbiettivo che anche il nuovo corso del movimento, inaugurato
nell'ottobre 2012 fra le guglie del
Duomo di Milano, per sostenere con
fondi nuovi il restauro della guglia
maggiore. Operazione proseguita
anche la primavera successiva (aprile 2013), con una invasione di
migliaia di rane colorate nelle acque
del Naviglio, fino alla Darsena, con
l'obbiettivo di contribuire al recupero
delle chiuse leonardesche alla Conca dell'Incoronata, in San Marco a
Milano.
In questo caso Cracking Art assume
limpegno sociale e culturale di portare larte contemporanea a un confronto attivo con larte antica e monumentale, e anche questa volta
ogni parte sociale chiamata a partecipare in modo attivo per unottima
causa.

Bernardino Luini e figli: una saga lunga un secolo


Dopo un silenzio durato quasi cinquantanni, Bernardino Luini torna
protagonista di una mostra, e lo fa
in grande stile. Il pittore di Dumenza, chiamato per da tutti di Luino,
il centro di una esposizione come
da tempo non se ne vedevano, con
200 opere esposte per chiarire a
tutto tondo una personalit significativa ma discussa, soprattutto per la
mancanza di dati certi che caratterizza la biografia dellartista.
Da gioved 10 aprile sar possibile
scoprire Bernardino, i suoi figli e la
sua bottega, le influenze illustri che
lo ispirarono (Leonardo, Bramantino, i veneti, persino un certo che
di Raffaello) e pi in generale cosa
succedeva a Milano e dintorni agli
inizi del 500.
Quello sviluppato in mostra un
percorso ricco e vario, che oltre a
moltissime opere del Luini, presenta
anche il lavoro dei suoi contemporanei pi famosi, Vincenzo Foppa,
Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea
Solario, Giovanni Francesco Caroto,
Cesare da Sesto e molti altri, che
spesso giocarono un ruolo chiave

nel definire lestetica artistica milanese.


Un percorso lungo quasi un secolo,
che dalla prima opera di Bernardino,
datata 1500, arriva a coprire anche
le orme del figlio Aurelio, vero continuatore dellattivit di bottega, se
pur gi contaminato da quel Manierismo che stava dilagando nella penisola.
La mostra occuper lintero piano
nobile di Palazzo Reale, e si concluder in maniera scenografica nella sala delle Cariatidi, presentando,
in alcuni casi per la prima volta, tavole, tele, affreschi staccati, arazzi,
sculture, disegni e prove grafiche.
Oltre a prestiti milanesi, con opere
provenienti da Brera, dallAmbrosiana e dal Castello sforzesco, si
affiancano importanti contributi internazionali provenienti dal Louvre e
dal museo Jacquemart-Andr di Parigi, dallAlbertina di Vienna, dal
Szpmvszeti Mzeum di Budapest, dai musei di Houston e Washington.
Il progetto, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, oltre a essere
la pi grande retrospettiva mai dedi-

cata a uno dei protagonisti dellarte


del Cinquecento in Lombardia,
una saga famigliare in dodici sezioni, ognuna dedicata allapprofondimento di un momento della vita
dei Luini e delle loro commissioni
pi importanti. Degni di nota sono
gli straordinari affreschi per la Villa
Pelucca di Gerolamo Rabia, mirabile ciclo decorativo tra sacro e profano; e la casa degli Atellani, con una
rassegna di effigi dei duchi di Milano
e delle loro consorti, ricostruita
dallarchitetto Piero Lissoni, responsabile dellallestimento.
Dopo tante mostre dedicate ai contemporanei, la mostra un tuffo in
unepoca che per Milano fu davvero
doro, un momento in cui la citt ma
anche la stessa Lombardia, regalarono un apice artistico in seguito
difficile da eguagliare.
Bernardino Luini e i suoi figli Palazzo Reale, fino al 13 luglio 2014
Orari: Luned 14.30_19.30 da Marted a Domenica 9.30_19.30 Gioved e Sabato 9.30_22.30 Biglietti Intero 11,00 Ridotto 9,50

Quel provocatore di Manzoni


Ironico, irriverente, scandaloso, incompreso. Piero Manzoni questo
e molto altro. A 50 anni dalla morte
dellartista, scomparso prematuramente allet di 30 anni, Milano pro-

n. 17 VI - 7 maggio 2014

pone una grande retrospettiva con


pi di 100 opere per celebrare il genio di questo surrealista mancato,
che ebbe solo sette anni di attivit
artistica. Una parabola fulminante

che, dalla originaria Soncino, lo porta a legarsi a doppio filo alla Milano
di met anni 50, ponendosi a fianco
di artisti quali Lucio Fontana e il
gruppo degli spazialisti.

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In mostra si potr ripercorrere il breve cammino di Manzoni, dai lavori
desordio, nella sezione dedicata
alle opere nucleari, fino alle serie
pi note. Immancabili i tre grandi
filoni tematici su cui Manzoni oper
e che sono ormai immediatamente
associati al suo nome: gli Achrome,
le Linee e la famosa Merda dartista.
In particolare degli Achrome la mostra ben nutrita: sono tanti e fatti
di materiali diversi, dai sassi al polistirolo, dalla pelle di coniglio alla
carta, dal peluche ai panini. Sono le
opere forse pi interessanti di Manzoni, in cui, attraverso la neutralit
del colore bianco, sempre prevalente, Manzoni cerca uno spazio totale.
Secondo la definizione stessa data
dallartista, sono "superfici acrome",
senza colore, aperte a infiniti significati possibili. Inizialmente fatti di
gesso, colla e caolino, gli Achrome
non sono manipolati, ma lasciati asciugare naturalmente, affidando la
trasformazione del materiale in opera darte a un processo che avviene
da s. Se per Fontana o Pollock il
gesto dellartista era fondamentale,
costruiva o distruggeva lopera, per
Manzoni quel potere creativo
bloccato, congelato, lasciando questo dono allopera stessa.

Altro filone affrontato quello della


linea: strisce di carta di diverse lunghezze prodotte in maniera meccanica, misurate, inscatolate e pronte
per la vendita, cos come pronte
per il consumo erano le uova sode
che Manzoni cre per un happening
in galleria dal titolo Divorare larte,
del 1960: uova sode, simbolo di rinascita, erano offerte ai visitatori per
essere mangiate. Lo scopo era
quello di rendere lo spettatore opera
darte, renderlo partecipe della performance, dargli un ruolo attivo nella vita artistica. Le uova rimangono
poi protagonista dellopera di Manzoni, quando in quello stesso anno
decise di contrassegnarle con la
sua impronta digitale, creando
unidentit inequivocabile tra lopera
e lartista stesso.
Manzoni non era nuovo a questo
tipo di exploit, tanto che lanno dopo
decise di firmare i corpi di spettatori
e curiosi, con tanto di autentica e
bollini riconoscitivi. Lo spettatore
diventa arte vivente.
In mostra completano la panoramica anche i celebri fiati dartista, i
corpi daria (palloncini gonfiati che
sembrano sculture) e le basi magiche per le cosiddette sculture viventi.

Certo lopera che tutti si aspettano


la serie delle Merde dartista, in cui
Manzoni polemizza contro il nuovo
mercato dellarte, sempre pi attento ai meccanismi economici e sempre meno alloggetto artistico in s.
Ecco perch con unoperazione
quasi duchampiana, Manzoni insegna che, ai giorni nostri, tutto pu
ormai essere considerato arte, a
discapito della qualit e del contenuto . Ecco perch decise di
vendere queste confezioni a peso
doro (700 lire al grammo, indicandolo in trenta grammi doro).
Artista che ammicca mentre bacchetta, con le sue opere ha decontestualizzato e ribaltato il senso
dellopera darte. Lallestimento non
brilla per inventiva, ma almeno ha il
pregio di presentare fotografie
dellartista allopera e citazioni dello
stesso, attraverso le quali si potr
comprendere pi a fondo luniverso
di questa meteora dellarte italiana
che ebbe per un ruolo di rottura
con larte del suo tempo.
Piero Manzoni 1933 1963 Palazzo Reale Fino al 2 giugno 2014 Orari: luned 14.30-19.30 da marted a
domenica 9.30-19.30 gioved e sabato 9.30-22.30 biglietti: Intero
11,00 - Ridotto 9,50

Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno

n. 17 VI - 7 maggio 2014

capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto


il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato
nel 2006 da Ronald Lauder per 135
milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in

pittura e in svariate tecniche, il tutto


ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la

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bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuochi fatui (una chicca di collezione
privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di

matita riusciva a creare un languido


corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna con-

trapposizione tra il bene e il male, il


viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile
ammirare un nuovo lascito, esposto
insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata pres-

so lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, E-

dgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,


Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.
Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.
La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,
c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale

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per il futuro, cos come, in passato,


Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi

in cui riassunta la vera anima del


Duomo: oltre duecento sculture, pi
di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permet-

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tendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, duran-

te la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso


un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture
che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del

Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

GALLERY

VIDEO
ALESSIA MOSCA: UNEUROPA A MISURA DI ITALIA
http://youtu.be/M1QCfAlYu10

n. 17 VI - 7 maggio 2014

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