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AZIENDA

OSPEDALIERA
SANTA CROCE e CARLE
CUNEO

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO


FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA

UNIVERSIT DEGLI STUDI DI TORINO


FACOLT DI MEDICINA E CHIRURGIA

MASTER DI I LIVELLO IN INFERMIERISTICA DI AREA CRITICA


SEDE DI CUNEO



Elaborato finale

IL SUPPORTO NUTRIZIONALE AL PAZIENTE CRITICO:


ASPETTI ASSISTENZIALI











RELATORE

STEFANO NEVACHE

STUDENTE

FRANCESCO BARBERO

I EDIZIONE
ANNO ACCADEMICO 2008/2010

Frentz [ad majora]

IL SUPPORTO NUTRIZIONALE AL PAZIENTE CRITICO:


ASPETTI ASSISTENZIALI

INDICE


PREMESSA

INTRODUZIONE



PARTE PRIMA

IL BISOGNO DI ALIMENTAZIONE NEL PAZIENTE CRITICO


1. LA MALNUTRIZIONE IN OSPEDALE

1.1 Forme e definizione di malnutrizione


1.2 La malnutrizione in ospedale

2. LACCERTAMENTO NUTRIZIONALE

2.1 Le misure antropometriche


2.2 I marker biochimici

3. IL FABBISOGNO ENERGETICO E NUTRIZIONALE

3.1 La calorimetria indiretta


3.2 Il principio di Fick
3.3 Le equazioni predittive
3.4 Il bilancio azotato
3.5 Acqua, nutrienti e farmaco-nutrienti



PARTE SECONDA

ASSISTENZA INFERMIERISTICA NELLA NUTRIZIONE ARTIFICIALE


1. INDICAZIONI E STRATEGIE NELLA NUTRIZIONE IN TERAPIA INTENSIVA


1.1 La scelta dellintervento nutrizionale
1.2 La nutrizione enterale
1.3 La nutrizione parenterale

2. ALIMENTARE IL PAZIENTE CRITICO

2.1 Il monitoraggio nutrizionale


2.2 Il controllo glicemico
2.3 La gestione dei presidi nella via enterale
2.4 La gestione dei presidi nella via parenterale

3. LA NUTRIZIONE NEL PAZIENTE CON PANCREATITE ACUTA GRAVE

3.1 Il paziente pancreatico in Piemonte


3.2 Le indicazioni della letteratura



PARTE TERZA

CONCLUSIONI

1. RISORSE PER LA PRATICA CLINICA

1.1 Societ di riferimento e linee guida


1.2 Il team nutrizionale

2. NUTRIZIONE: PROBLEMI APERTI

2.1 La nutrizione: supporto o terapia?


2.2 Lalimentazione nel fine vita

CONCLUSIONI FINALI



ALLEGATI

1- Nutritional Risk Screening

2- Malnutrition Universal Screening Tools



BIBLIOGRAFIA

ABSTRACT




Premessa


Il vocabolo nursing -professione o pratica di provvedere alle cure di malati
o infermi- fortemente radicato anche nel nostro paese per indicare
lassistenza infermieristica, deriva dal verbo inglese to nourish, che a sua
volta origina dal latino nutrire, allattare.

Quello della nutrizione uno dei temi cruciali su cui linfermieristica ha
basato le sue competenze, gi la fondatrice del nursing Florence Nightingale
aveva speso numerose pagine del suo Cenni dellassistenza degli ammalati e
numerosi teorici basato i loro studi sul bisogno di alimentazione del
paziente.

Lintenzione di realizzare un elaborato su questo tema origina dalla
personale esperienza professionale che, se pur breve, conta sul ricco
confronto con i compagni di lavoro: questo testo vuole contribuire a
condividere le pi recenti evidenze, per assicurare ai nostri assistiti il
raggiungimento del miglior stato assistenza possibile.













Introduzione


Nella pratica sanitaria la malnutrizione rappresenta un problema diffuso,
interessando tutte le professionalit che circondano il paziente. Con
linsorgere di una patologia acuta infatti, si determina una compromissione
del metabolismo fisiologico, cui seguono squilibri energetici corresponsabili
dellinterruzione delle funzioni vitali e dei processi di guarigione: in questi
soggetti occorre stabilire tempestivamente la modalit pi opportuna per
lapproccio nutrizionale, con lobiettivo di recuperare una condizione clinica
favorevole.

Lo screening nutrizionale di tutti i pazienti ammessi in terapia intensiva
permette di individuare situazioni critiche reali o potenziali, che dovranno
essere affrontate dallequipe di cura anche in collaborazione con specifiche
professionalit.
Pur costituendo una terapia basilare, quella nutrizionale non esente da
complicanze: necessario valutare con attenzione lappropriatezza della via
prescelta, della miscela e dello schema infusionale utilizzato. E poi
opportuno monitorare lo stato nutrizionale del paziente e i presidi utilizzati
per la somministrazione della terapia, entrambi aspetti imprescindibili nella
gestione assistenziale dellinfermiere.

Per consentire lapprofondimento dei diversi argomenti trattati, il presente
elaborato stato diviso in tre parti. Le fonti utilizzate sono tratte dalle pi
autorevoli societ internazionali e uno specifico capitolo dedicato alla
descrizione del panorama scientifico nel campo della nutrizione ospedaliera
e di terapia intensiva.

La prima parte del testo contiene i presupposti alla base del supporto
nutrizionale, esaminando il fenomeno della malnutrizione in ospedale e
successivamente presentando i metodi per laccertamento dello stato
nutrizionale e la valutazione del fabbisogno energetico nel paziente critico.

Nella seconda parte si passa agli aspetti pi operativi, trattando le
indicazioni, le strategie e le tempistiche del supporto nutrizionale. Nello
specifico infermieristico, si pone lattenzione ad alcuni aspetti legati al
monitoraggio del paziente nutrito artificialmente, come la gestione del
ristagno gastrico e delliperglicemia. Infine, si propone un approfondimento
sul paziente affetto da pancreatite acuta grave, per il sempre pi frequente
riscontro in terapia intensiva.

La terza parte ancora, esamina le risorse impiegabili dallinfermiere per
migliorare lassistenza al paziente sottoposto a nutrizione artificiale, con il
supporto della letteratura, delle societ di riferimento e il ricorso alluso del
team nutrizionale, una struttura di esperti attivabile dallequipe di cura.
Altro aspetto contenuto in questa parte conclusiva, rappresentato dagli
aspetti etici legati allalimentazione nel fine vita, acquisendo i pareri
espressi dalle pi rappresentative societ scientifiche e dalle federazioni
professionali di infermieri e medici.

A conclusione dellelaborato, sar possibile tracciare il ruolo dellinfermiere
specialista nella messa in campo di strumenti e risorse mirati al
soddisfacimento del bisogno di alimentazione del paziente.








DI TUTTI I MALI
IL NUTRIMENTO
IL RIMEDIO MIGLIORE
IPPOCRATE (460-377 A.C.)












PARTE PRIMA
IL BISOGNO DI ALIMENTAZIONE NEL PAZIENTE ACUTO

Il mantenimento di uno stato nutrizionale ottimale richiede un equilibrio costante


tra fattori complessi e integrati tra loro. Lo svilupparsi di un fenomeno morboso, pu
infatti alterare tale equilibrio se non vengono prese in considerazione e soddisfatte le
nuove esigenze nutrizionali che si sono venute a creare.
Fornire un supporto nutrizionale ai pazienti critici una pratica universalmente
riconosciuta ed ha lo scopo di trattare leventuale stato di malnutrizione e di ridurre
al minimo la perdita di massa corporea magra, considerata anche la relazione
sempre pi evidente tra la malnutrizione, linsorgenza di complicanze e laumento
della mortalit.


CAPITOLO 1
LA MALNUTRIZIONE IN OSPEDALE


1.1 Forme e definizione della malnutrizione

Nel paziente in fase acuta, il normale apporto alimentare diviene inadatto a
causa di cambiamenti dei bisogni. I disturbi provocati dalla malattia, e non
la malattia in quanto tale, determina specifiche alterazioni metaboliche ed
ormonali e disordini nutrizionali.
La malnutrizione dunque, sinstaura quando esiste nellorganismo uno stato
di alterazione funzionale, strutturale e di sviluppo conseguente alla
discrepanza tra fabbisogni nutrizionali1 e pu essere definita come lo stato
derivante da deficit o eccesso primitivo o secondario di nutrienti
qualitativamente o quantitativamente insufficienti o eccessivo nel
soddisfare i fabbisogni attuali del soggetto.

Gli stati di malnutrizione vengono comunemente classificati secondo i
seguenti criteri:
a) Malnutrizione per difetto
Malnutrizione calorica (tipo marasma)
Malnutrizione calorico-proteica (tipo kwashiorkor)
Sindromi carenziali (deficit di vitamine, sali minerali ed oligoelementi)
b) Malnutrizione per eccesso
Sovrappeso e obesit
da eccessiva o abnorme assunzione di vitamine, sali minerali ed altri
nutrienti.

In occidente, la malnutrizione calorico-proteica rappresenta la forma pi
classica di malnutrizione per difetto ed caratterizzata da una progressiva

riduzione della massa magra e del tessuto adiposo. Compare quando


l'apporto proteico severamente ridotto, nonostante un intake calorico
adeguato o quasi.
LInternational Classification of Disease (ICD), individua ancora una
particolare forma mista di malnutrizione marasma-kwashiorkor, che
sinstaura in forma acuta (es. con la comparsa di malattia) in una situazione
marasma preesistente.


1.2 La malnutrizione in ospedale

Un consistente numero di studi ha dimostrato che la malnutrizione
relativamente diffusa nella popolazione ospedaliera1-5 e pu essere
identificata nel 30-50% dei pazienti. Durante il ricovero, il 25-30% dei
pazienti svilupper una malnutrizione, ed il 65% potrebbe mostrare un
declino dello stato nutrizionale6.
Nel 1995, sulla spinta di tali ricerche, lAmericana Joint Commission on
Accreditation of Healthcare Organizzation" (JCAHO) ha sottolineato
limportanza della nutrizione clinica ospedaliera, introducendola tra le 45
aree di attivit da monitorare al fine di stabilire il livello di qualit di una
struttura sanitaria7.

I pazienti ricoverati nelle terapie intensive sono certamente da considerarsi
ad alto rischio per le loro condizioni pi gravi. Lo stato di stress prolungato
che sinstaura in presenza di malattia o trauma, unito alla condizione di
ipercatabolismo, pu certamente aggravare un quadro di malnutrizione
preesistente.
Il trauma, la sepsi, le ustioni e gli stati infiammatori acuti inducono uno
stato ipermetabolico ed ipercatabolico che, se non sostenuto dalla
somministrazione di substrati esogeni, evolve in una marcata e rapida
proteolisi muscolare, seguita da una perdita di importanti proteine di
trasporto e viscerali. Questa condizione di alterazione funzionale,

metabolica e strutturale in parte la conseguenza delle alterazioni del


normale assetto ormonale (aumentati livelli di cortisolo, glucagone e
catecolamine) e dellaumento nella produzione e liberazione di citochine4,8.
La compromissione del sistema immunitario responsabile di un
rallentamento dei processi di cicatrizzazione delle ferite, e riduce le capacit
di difesa dellorganismo dalle infezioni9.
Il quadro fisiopatologico biochimico e metabolico che non trattato porta a
malnutrizione, caratteristico dello stato di gravit clinica; risulta costante
e genericamente aspecifico rispetto alla patologia scatenante di carattere sia
medico che chirurgico. Il trauma grave (elevato ISS), linfezione severa
(SIRS) e la sepsi, il trauma cranico grave (GCS < 8), le ustioni estese (BSA >
30%) e l insufficienza multiorganica (MOF) si associano tuttavia a
fabbisogni nutrizionali specifici e peculiari. Va anche considerato che un
paziente intensivo pu modificare durante il decorso clinico la classe di
appartenenza metabolico-nutrizionale, pertanto necessario provvedere ad
una periodica rivalutazione dei fabbisogni metabolici4,8,10. Per tali ragioni
risulta importante provvedere al precoce riconoscimento di uno stato di
malnutrizione, tenendo presente che, in ambito ospedaliero e soprattutto
nei contesti di cure intensive, la forma pi prevalente certamente
rappresentata dalla malnutrizione calorico-proteica.












CAPITOLO 2
LACCERTAMENTO NUTRIZIONALE


Nellaccertamento dello stato nutrizionale di una popolazione sana, usuale
poter contare sullacquisizione di dati confrontabili, come le raccolte
statistiche o le curve di crescita utilizzate in particolare nellambito
pediatrico.
Nella realt ospedaliera la valutazione deve essere necessariamente
rapportata allo stato di malattia, rendendo lesercizio clinico indubbiamente
pi complesso e articolato. In ogni ammissione ospedaliera, lo stato
nutrizionale del paziente andrebbe rilevato per verificare leventuale
presenza di fattori di rischio per malnutrizione: questo processo di
screening nutrizionale dovrebbe far parte dellaccertamento infermieristico
iniziale, essendo strettamente correlato ai bisogni legati ad alimentazione e
idratazione.

La valutazione dello stato di nutrizione deve comprendere11:
A. una prima valutazione del rischio nutrizionale, da effettuarsi
utilizzando gli indici nutrizionali integrati.
necessario effettuare entro 24-48 ore dall'ammissione la
valutazione del rischio nutrizionale a tutti i pazienti11,12. I risultati
dello screening nutrizionale devono guidare allattivazione di
specifiche professionalit per la successiva valutazione e il
trattamento. Il Nutritional Risk Screening (NRS, vedi allegato 1) ed il
Malnutrition Universal Screening Tools (MUST, vedi allegato 2)
rappresentano due strumenti operativi gi impiegabili in corso
dellaccertamento infermieristico iniziale13,14,15.
Entrambi gli indici considerano il Body Mass Index (BMI), il
decremento

ponderale

non

intenzionale,

la

valutazione

dell'assunzione dietetica, la condizione clinica e/o il trattamento, per


suddividere il paziente a rischio lieve (NRS 2; MUST 1) da quello a
rischio moderato/elevato (NRS 3; MUST 2).

B. successive e pi complete valutazioni dello stato di nutrizione,


utilizzando misure ed indici antropometrici, indici biochimici, la
valutazione dell'assunzione dietetica e delle patologie associate. Tali
valutazioni devono essere ripetute con periodicit settimanale nei
pazienti normonutriti; la TABELLA 1 elenca gli indicatori ed i valori
soglia da considerare.
Il sospetto di malnutrizione proteico-energetico necessita di un
monitoraggio bisettimanale (CHIMA), viceversa la presenza di una
condizione di malnutrizione in atto (identificata dalla presenza di
almeno due indicatori, di cui uno biochimico), necessita di un
immediato supporto nutrizionale.

TABELLA 1 CRITERI DEFINENTI LA MALNUTRIZIONE PROTEICO-ENERGETICA

MPE
LIEVE O SOSPETTA

BMI (kg/m2) o, in alternativa


CIRCONFERENZA BRACCIO (cm)

20
23,5
DECREMENTO PONDERALE NON INTENZIONALE (%)
>5% in 3-6 mesi
ALBUMINEMIA (g/dL)
3,0-3,5
CONTA LINFOCITARIA (no./mm3)
1.200/1.500
ASSUNZIONE DIETETICA (copertura % fabbisogno)
100%-75%
GRAVIT DELLA PATOLOGIA O ALTRE ASSOCIATE
NO
MODIFICATA DA: CHIMA, 2008 15

MPE CONCLAMATA
<20
<23,5
>5% in 2 mesi
<3,0
<1.200
<75%
SI



2.1 Le misure antropometriche

Per quanto riguarda gli indici essenziali trattati nel protocollo di prima
valutazione, la sola presenza di un BMI 30 evidenzia la presenza di
malnutrizione per eccesso, mentre un BMI inferiore a 20 indicativo di uno
stato di malnutrizione reale o potenziale. La registrazione quotidiana del
peso consente di registrarne le variazioni che, se maggiori 5% in due mesi,

sono da riferirsi a una situazione di malnutrizione proteico-energetica in


atto. La misura ripetuta del peso corporeo va effettuata con periodicit
almeno settimanale per tutta la durata del ricovero: un decremento
ponderale non intenzionale del 2% rispetto alla precedente settimana
chiaramente indicativo di apporti energetici inadeguati.
Essendo il paziente critico facilmente confinato a letto, spesso limitato
dalleventuale possibile mobilizzazione dalle invasivit terapeutiche e di
monitoraggio, necessario disporre di letti avanzati forniti di pesa persona.
Per lelevato costo e la relativa diffusione di tali dotazioni, sono stati
individuati diversi metodi indiretti per la rilevazione del peso e dellaltezza
nel paziente allettato. Per lapprossimazione dellaltezza sono descritte le
seguenti soluzioni16:

a. ALTEZZA DEL GINOCCHIO: metodo utilizzato per il calcolo della statura


dei pazienti costretti a letto o in poltrona e viene misurata tramite un
apposito calibro a compasso. Il soggetto deve essere in grado di pie-
gare il ginocchio e la caviglia a 90 gradi ed necessario utilizzare una
apposita tabella (Mini Nutritional Assessment MNA16) per
individuare la formula corretta a seconda delletnia, del sesso e
dellet

b. SEMIAPERTURA DELLE BRACCIA: la statura viene calcolata in base a una


formula standard che considera la distanza sulla linea mediana tra
lincavo sternale e la punta del dito medio

H UOMINI (CM) = [1,40 X SEMIAPERTURA BRACCIA (CM)] + 57,8


H DONNE (CM) = [1,35 X SEMIAPERTURA BRACCIA (CM)] + 60,1

Per la stima del peso pu essere utilizzata la seguente formula:


PESO UOMINI (KG) = [ (0,98 X CP) + (1,13 X HG) + (1,73 X CB) + (0,37 X 5 X PSS) 81,69]
PESO DONNE (KG) = [ (1,27 X CP) + (0,87 X HG) + (0,98 X CB) + (0,4 X PB) 62,35]

Dove CP=Circonferenza Polpaccio; HG=Altezza ginocchio; CB=Circonferenza


met braccio; PSS=Plica sottoscapolare; PB=Plica bicipitale.

2.2 I marker biochimici



La valutazione biochimica riflette sia il livello tissutale di un dato nutriente
che leventuale anomalia del metabolismo nellutilizzazione, consentendo
anche di rilevare precocemente uno stato di incompleto apporto in uno
stato di apparente benessere.
I marker di pi semplice determinazione ed interpretazione per lo stato
nutrizionale sono l'albuminemia e la conta linfocitaria, utili per la
individuare quadri di malnutrizione proteico-energetica lieve/moderati da
quelli pi severi (tabmalnutprot energ); altri esami possono essere eseguiti
per rilevare una reale carenza dei singoli nutrienti e micronutrienti.
E poi opportuno considerare anche il turnover di tali sostanze, per meglio
gestire carenze o eccessi tramite un corretto supporto nutrizionale (vedi
TAB. 2), opportuno considerare come nessuno di questi esami possa essere

considerato singolarmente come indicatore esclusivo dello stato proteico-


nutrizionale.

TABELLA 2 PARAMETRI BIOCHIMICI NUTRIZIONALI

MARKER BIOCHIMICO

PROTEINE PLASMATICHE

Albumina

emivita: 20 gg

Prealbumina

emivita: 2 gg

Transferrina

emivita: 7 gg

Retinolo-proteina (CRBP)

emivita: 12 h

EMATOCRITO ED EMOGLOBINA

Morfologia dei globuli rossi

ALTRI MARKERS

Vitamine

Elementi traccia

Colesterolo e trigliceridi

Colinesterasi

Creatitina urinaria

MODIFICATA DA: ALLIONE-BONGIOVANNI, 2010 22


Grazie alla raccolta della diuresi delle 24 ore, possibile determinare la
creatinina urinaria, necessaria per il calcolo dellindice creatinina/altezza,
indicatore della massa magra corporea. La creatinina urinaria il prodotto

finale del metabolismo della creatina muscolare ed il suo ammontare


correlato alla massa muscolare ed all'altezza:

INDICE CREATININA/ALTEZZA = [CREATININA URINARIA 24H/ CREATININA IDEALE* ] X 100
* a seconda del sesso e dellaltezza


>90% = normale
80-90% = malnutrizione lieve
60-80% = malnutrizione moderata
<60% = malnutrizione grave.


CAPITOLO 3
IL FABBISOGNO ENERGETICO E NUTRIZIONALE


Scopo principale del supporto nutrizionale provvedere alla spesa
energetica provocata dallinsieme dei processi metabolici, minimizzando il
catabolismo proteico. I tre combustibili organici impiegati dal corpo umano
sono i carboidrati, le proteine e i lipidi.
La resa energetica provocata dalla combustione di tali elementi viene
misurata in chilocalorie (kcal) per grammo di substrato (TAB. 3). Ad
esempio:
1G DI GLUCOSIO + 0,74 L DI O2
PRODUCONO

0,74 L DI CO2 + 3,75 KCAL


Il metabolismo complessivo di tutti e tre i substrati organici determina il
consumo corporeo totale di O2 (VO2), la produzione corporea totale di CO2
(VCO2) e la spesa energetica corporea totale per il periodo esaminato. La
spesa energetica corrispondente alle 24 ore consente quindi di stabilire le
necessit caloriche giornaliere cui dovr provvedere la terapia nutritiva.
Prima di cominciare tale terapia, occorre valutare il consumo di energia per
mezzo di uno dei seguenti metodi:
- calorimetria indiretta
- principio di fick (nei pazienti portatori di swan-ganz)
- equazioni predittive.


3.1 La calorimetria indiretta

Considerata il gold standard17,18, la calorimetria indiretta consente di
misurare il dispendio energetico basale (Basal Energy Expenditure, BEE) e

di calcolare il consumo energetico basale a riposo (Resting Energy


Expenditure, REE) per mezzo dellequazione di Weir:

REE (KCAL/24H) = [(VO2 X 3,94) + (VCO2 X 1,11)] X 1,44


Dove VO2 rappresenta il consumo di ossigeno misurati a fine espirazione e
VCO2 lanidride carbonica prodotta.
Con la misurazione per la calorimetria indiretta, pu essere anche calcolato
il quoziente respiratorio (QR=VCO2/V02), che pu fornire un indice di
adeguata alimentazione: infatti, un quoziente maggiore di 1,0 suggerisce
uno stato di sovralimentazione e lipogenesi, mentre un quoziente di 1,0
individua lutilizzo esclusivo di carboidrati. A differenza del metabolismo
del glucosio, lossidazione di acidi grassi richiede meno ossigeno e genera
una quantit inferiore di CO2: lutilizzo lipidico esclusivo prevede valori
inferiori a 0,7 e suggerisce uno stato di malnutrizione e ketogenesi. Il valore
ideale da includersi tra 0,8 e 0,9 e corrisponde ad un utilizzo misto dei
differenti substrati.

TABELLA 3 RESA ENERGETICA DEI COMBUSTIBILI ORGANICI

COMBUSTIBILE

VO2 (l/g)

CO2 (l/g)

QR*

RESA ENERGETICA (kcal/g)

Glucosio

0,74

0,74

1,00

3,7

Proteine

0,96

0,78

0,80

4,0

Lipidi

2,00

1,40

0,70

9,1

* QUOZIENTE RESPIRATORIO: QR = VCO2/VO2


Tuttavia, ci sono diverse limitazioni allutilizzo della calorimetria indiretta,
tra cui la necessit di particolari attrezzature e di uno staff dedicato.
Ogni misurazione risulta infatti gravata da un costo economico ancora
elevato ed applicabile esclusivamente a pazienti con FiO2 inferiori a 0,6 e
dotati di un emodinamica stabile. Tale misurazione non pu inoltre essere
praticata in presenza di PEEP elevate o di filtri per la rimozione di CO2 ed
occorre certamente considerare come il valore ottenuto rispecchi la spesa
energetica nel momento stesso dellesame18.

3.2 Il principio di fick


Nei pazienti dotati di catetere arterioso polmonare possibile definire


tramite prelievo la quota di O2 venoso e quella di O2 arterioso, la cui
differenza costituisce la V02. Se tale valore viene diviso per il volume di
sangue circolante nei polmoni, sar possibile determinare la quantit di
ossigeno consumato in un minuto. Da questi presupposti origina il principio
di Fick, che valuta le esigenze metaboliche attraverso la determinazione
della gittata cardiaca.
Va per considerato che differenti studi preferiscono a tale metodo
lapplicazione di formule predittive19,20.

3.3 Le equazioni predittive


Tra le equazioni predittive per la stima del fabbisogno calorico (BEE),


lequazione di Harris-Benedict (Benedict FG, 1928) tra le pi usate21:

BEE UOMINI (KCAL/DIE) = 66,5 + [13,75 X PESO (KG)] + [5,0 X ALTEZZA (CM)] [6,75 X ET (ANNI)]
BEE DONNE (KCAL/DIE) = 655 + [9,56 X PESO (KG)] + [1,85 X ALTEZZA (CM)] [4,68 X ET (ANNI)]

Questa formula prevede poi la correzione per i coefficienti di stress e di


attivit, che consentono di calcolare il consumo energetico basale a riposo:

REE = BEE X FATTORE DI STRESS X FATTORE DI ATTIVIT*


* nei pazienti critici il fattore di attivit fissato a 4,2 (Allione22)

Fattori di stress:

post operatorio con complicazioni

1,24

ricovero prolungato

1,24

perdite di volume

1,2

peritonite

1,2-1,5

trauma scheletrico

1,1-1,3

politrauma

1,3-1,6

sepsi

1,3-1,6

ustioni (>20% BSA)

1,2-2,0

tumore

1,2

Unaltra formula largamente diffusa e ben pi recente rispetto alla Harris-


Benedict, rappresentata dalle equazioni di Schofield:

et (anni)

donne

uomini

15-18

13,3 x peso (kg) + 690

17,6 x peso (kg) + 656

18-30

14,8 x peso (kg) + 465

15,0 x peso + 690

30-60

8,1 x peso (kg) + 842

11,4 x peso (kg) + 870

>60

9,0 x peso (kg) + 656

11,7 x peso (kg) + 585

BEE in kcal/die


La British Association for Parenteral and Enteral Nutrition17 suggerisce
luso di questa formula per determinare il consumo energetico,
aggiustandolo a seconda dello stato di stress e di attivit come segue:

Fattori di stress (a) e di attivit (b)


a.

digiuno parziale (perdita di peso corporeo >10%)

Sottrarre 0-15%

infezioni di lieve entit, infezioni intestinali, fasi Aggiungere 0-13%


postoperatorie
infezioni di lieve entit, fratture multiple delle ossa lunghe

Aggiungere 10-30%

sepsi grave, traumi multipli (con respirazione assistita)

Aggiungere 25-50%

ustioni del 10-90%

Aggiungere 10-70%

b. allettato, immobile

+10%

allettato, mobile/seduto

+20%

deambulante in reparto

+25%


Nonostante la diffusione delle misure e delle stime di consumo energetico,
non ancora stato determinato se il loro uso routinario rappresenti un
concreto vantaggio sulla prognosi17 mentre alcune ricerche propongono un
fabbisogno standard pari a 25-30 kcal/die rispetto al peso ideale18,23,24.
Tuttavia, recenti studi suggeriscono un apporto nutritivo variabile, dalle 25
kcal/kg del paziente settico fino alle 55 del traumatizzato, considerando la
somministrazione di carboidrati e lipidi18,25.

3.4 Il bilancio azotato



Per ci che concerne il corretto apporto del substrato proteico, occorre
considerare leventuale deficit attraverso un bilancio quotidiano.
Il bilancio dellazoto un parametro clinico ottenuto dalla differenza tra
lazoto introdotto e quello perso. Consente di valutare in modo indiretto lo
stato catabolico di una persona, in tal modo si possono valutare sia le
perdite proteiche che la quantit di proteine che sono utilizzate per la
sintesi proteica:

BILANCIO AZOTATO = AZOTO INGERITO AZOTO ELIMINATO

Tenendo presente che le proteine contengono il 16% di azoto (100 g di


proteine / 16 g di azoto = 6,25), possiamo ottenere la corrispondente
quantit di proteine in grammi, moltiplicando i grammi di azoto per 6,25.
Viceversa, per conoscere la quantit di azoto ingerito, occorre dividere per
6,25 il totale in grammi dellapporto proteico:

AZOTO INGERITO = PROTEINE INTRODOTTE (GR/DIE) / 6,25

Le perdite di azoto possono essere calcolate sommando lazoto ureico


urinario delle 24 ore (urea urinaria in grammi/litro x 0,46) con le perdite
derivanti dal tratto gastrointestinale e dalla pelle.

possibile approssimare questo valore a 4 grammi18, tenendo conto per


che una tale approssimazione non potr essere ritenuta sufficiente nel caso
di pazienti con ustioni o ampie ferite: uno studio condotto su pazienti con
importanti ferite addominali26 ha proposto di considerare le perdite
addominali stimando una perdita 2 grammi di azoto ogni litro drenato. Da
ci la seguente revisione della formula:

AZOTO ELIMINATO = AZOTO UREICO URINARIO + 4 + [2 X PERDITE ADDOMINALI (LITRI)]

In presenza di carenza proteica vengono mobilitate le riserve lipidiche,


vengono prodotti corpi chetonici e avviene una degradazione muscolare:
circa la met delle proteine si trova nei muscoli, rappresentando certo un
ruolo importante di substrato energetico, ma la loro funzione reale
plastica. Non potendo essere considerato un deposito proteico, gli effetti del
passaggio al catabolismo muscolare sono da correlarsi ad una perdita di
funzione18.

Va tuttavia ricordato che alcuni testi17,27 offrono delle stime per compensare
le perdite di proteine, a seconda dello stato metabolico del paziente:

METABOLISMO NORMALE
IPERCATABOLISMO
GRANDE USTIONATO

0,8-1,0 +
1-1,25 ++
1,2 1,6 +
2,0 ++

VALORI IN GRAMMI/KG/DIE
(* MARINO, 200727, **LEONARD, 2004 17)


Nella logica di fornire il miglior supporto possibile al paziente, negli anni
passati era molto frequente incontrare realt che sovra-alimentavano i loro
pazienti17. Tale pratica non era per esente da effetti sfavorevoli, quali ad
esempio luremia conseguente leccesso introito di composti azotati, la
steatosi epatica o liperglicemia: anche per queste ragioni la letteratura
concorde nel riconoscere limportanza della valutazione del fabbisogno
nutrizionale del paziente.


3.5 Acqua, nutrienti e farmaco-nutrienti

Il fabbisogno di acqua varia notevolmente nel paziente critico, per tale
ragione opportuno mantenere un bilancio giornaliero delle entrate e delle
uscite idriche.

Le necessit energetiche giornaliere dovrebbero essere fornite da calorie


derivate da carboidrati e lipidi, mentre lintroito proteico dovrebbe essere
impiegato per mantenere i depositi di proteine enzimatiche essenziali e
strutturali. Tali elementi costituiscono la categoria dei nutrienti o
macronutrienti.

Lapporto dei micronutrienti (vitamine ed elementi oligominerali
essenziali) dovrebbe essere fornito sulla base del normale fabbisogno
giornaliero (TAB. 4) per prevenire tanto le sindromi carenziali, quanto la
tossicit conseguente un sovradosaggio. In assenza di un corretto intake
orale ed in presenza di alterazioni a carico della flora batterica intestinale
correlate ad antibioticoterapia, la riserva epatica di vitamina K rischia di
essere consumata in 30 giorni, con una sensibile accelerazione in presenza
di febbre28.
Zinco e magnesio possono essere persi in misura importante in presenza di
diarrea o di drenato abbondante, mentre la carenza di tiamina, in particolar
modo nei pazienti con anamnesi di malnutrizione o alcolismo, andrebbe
trattata per evitare alterazioni del sistema nervoso e per il ruolo giocato nel
metabolismo dei carboidrati28.

TABELLA 4 FABBISOGNO GIORNALIERO DI ACQUA ED ELETTROLITI NEL PAZIENTE CRITICO17

ACQUA

30 ml

SODIO

1-2 mmol

POTASSIO

0,7-1 mmol

MAGNESIO

0,1 mmol

CALCIO

0,1 mmol

FOSFORO

0,4 mmol
VALORI PER KG/DIE


Uno dei principali farmaco-nutrienti utilizzati in ambito intensivo
rappresentato dalla glutamina10, un aminoacido essenziale con molteplici
funzioni nutrizionali e metaboliche: tra le funzioni non-nutrizionali questa
svolge un importante ruolo nella protezione gastrointestinale, nel

potenziamento dellimmunit cellulo-mediata, nella regolazione del volume


cellulare, nella sintesi delle proteine di fase acuta21 e nella protezione dei
villi intestinali.



























E PREFERIBILE UN CIBO ANCHE UN


PO NOCIVO MA GRADEVOLE, A UN CIBO
INDISCUTIBILMENTE SANO MA
SGRADEVOLE
IPPOCRATE (460-377 A.C.)













PARTE SECONDA
ASSISTENZA INFERMIERISTICA NELLA NUTRIZIONE ARTIFICIALE





















Ultimata la valutazione del paziente, occorrer stabilire il trattamento nutrizionale


pi opportuno, da effettuarsi tramite sondini enterali e/o per via infusionale
endovenosa. Come qualsiasi terapia, anche il supporto nutrizionale necessita di
continui aggiustamenti e rivalutazioni; in particolare emersa limportanza di un
controllo glicemico nella riduzione di morbidit e mortalit.
Dunque ormai comunemente riconosciuto il beneficio di unalimentazione precoce
per via intestinale, nella consapevolezza che nessun processo morboso pu trarre
beneficio dal digiuno.


CAPITOLO 1
INDICAZIONI E STRATEGIE NELLA NUTRIZIONE IN TERAPIA INTENSIVA


Una volta terminata la raccolta dei dati sullo stato di alimentazione del
paziente e valutato il fabbisogno energetico secondo il metodo prescelto,
dovr essere stabilita la necessit di un eventuale supporto nutrizionale.
Lobiettivo della nutrizione in fase acuta dovr essere, come gi accennato
nella prima parte dellelaborato, quello di scongiurare lautocannibalismo
dellorganismo (intacco dei depositi di massa magra), mantenendo un
adeguato intake proteico.


1.1 La scelta dellintervento nutrizionale

Nei pazienti in cui non prevedibile una ripresa dellalimentazione orale
entro tre giorni, opportuno valutare linizio di una terapia di supporto

1 INDICAZIONI ALLA NUTRIZIONE ARTIFICIALE SINPE37


enterale o parenterale17,10,31,32. Entrambe le formule possiedono specifici


vantaggi, cui si devono associare le relative controindicazioni e gli effetti
collaterali: se comparata con la nutrizione parenterale, lenterale
comunque generalmente associata ad un minor numero di complicazioni, a
costi pi bassi e a una minor incidenza di complicazioni settiche17,25,31,33. Per
queste ragioni, la via enterale da considerarsi la modalit prescelta nella
nutrizione artificiale, mentre la parenterale dovrebbe essere riservata a
pazienti cui appunto controindicato luso della via gastro-intestinale
17,25,31-34.



1.2 La nutrizione enterale

La letteratura esaminata concorde nel propendere per una nutrizione
enterale da realizzarsi precocemente, ovvero tra la ventiquattresima e la
quarantottesima ora dal ricovero in terapia intensiva29,31, implementata fino
al raggiungimento del fabbisogno complessivo entro le successive 48-72
ore29; secondo le linee guida ESPEN, non emergono significative differenze
tra nutrizione digiunale o gastrica31.
Lo sforzo di superare la soglia del 50-65% dellobiettivo calorico, dovrebbe
essere fatto allo scopo di raggiungere i benefici clinici della nutrizione
enterale gi nella prima settimana di ospedalizzazione25,29.
Una controindicazione generale rappresentata dalla persistenza di un
quadro di compromissione emodinamica che richieda un supporto
farmacologico significativo (amine, ampi volumi di liquidi e/o emoderivati):
in tale circostanza la nutrizione andrebbe iniziata una volta stabilizzato il
paziente29,33,34.
Qualora fosse impossibile raggiungere le necessit energetiche (100% delle
calorie stimate) dopo 7-10 giorni con la sola nutrizione enterale, potr
essere valutata linfusione parallela della nutrizione parenterale28,29,31,33.
Iniziare prima il trattamento endovenoso non migliora loutcome e anzi pu
aumentare il rischio di infezioni nel paziente29.

Lassenza di rumori intestinali o di canalizzazione ad aria e feci non sono


una controindicazione alla nutrizione enterale e non si rilevano particolari
differenze circa lalimentazione per via gastrica o post-pilorica29,35.
Questultima via da valutare appunto in caso di paziente a forte rischio di
aspirazione o dopo la comparsa dintolleranza alla via gastrica29,31,35.


1.3 La nutrizione parenterale

Qualora la via enterale non fosse praticabile nei primi giorni
dellammissione e in assenza di segni di malnutrizione proteico-energetica,
non risulta necessario ricorrere immediatamente alluso del supporto
parenterale: solamente dopo la prima settimana di ospedalizzazione ed
esclusivamente nel caso venga confermata la non disponibilit della
nutrizione enterale, dovr essere iniziato un supporto per questa via29.
Questa potr essere anticipata (24-48 ore dallingresso) solo nellevidenza
di non poter intraprendere altre formule di alimentazione per un periodo
superiore a 7-10 giorni32 e solo in condizioni di stabilit emodinamica.
Nel caso di pre-esistente malnutrizione allammissione, con via intestinale
non praticabile e nella necessit di un intervento chirurgico sul tratto
enterico, appare opportuno correggere lo stato deficitario iniziando un
supporto nutrizionale per via parenterale nei 5-7 giorni precedenti,
proseguendolo poi nel periodo postoperatorio. Diversamente, in assenza di
malnutrizione la via parenterale pu essere iniziata a distanza di 5-7 giorni,
sempre se la nutrizione enterale continui a non essere praticabile29.
La letteratura concorde nel sostenere che la somministrazione della
nutrizione parenterale per periodi inferiori a 5-7 giorni non modifica i
vantaggi per il paziente, costituendo invece un aumentato rischio
dinfezione: per tale ragione, luso di questa modalit andrebbe riservata
per una durata complessiva della terapia superiore a 7 giorni29,32.


2 SCELTA DEL SUPPORTO NUTRIZIONALE (RIELAB.29,31,36,37)


CAPITOLO 2
ALIMENTARE IL PAZIENTE CRITICO


2.1 Il monitoraggio nutrizionale

Iniziata una forma di supporto nutrizionale, occorre procedere con una
continua rivalutazione delladeguatezza nutrizionale e delle complicanze.
Come esaminato nella prima parte, esistono diversi marker ematici che
possono aiutarci nel rilevare quadri di malnutrizione latenti o conclamati e,
qualora possibile, il paziente andrebbe periodicamente pesato per
monitorare il trend del BMI. Particolare attenzione deve essere posta nel
controllo di complicanze iatrogene correlate a eccessiva infusione di
nutrienti o elettroliti.

Nel caso di somministrazione di nutrizione enterale, sar necessario
monitorare la tolleranza gastro-intestinale ricercando nel paziente segni
come dolore o distensione addominale. Da quanto esaminato in questo
capitolo, appare appropriato che linfermiere proceda giornalmente
allesame dei quadranti addominali, valutando la presenza e la qualit dei
suoni intestinali36,37.
Nel caso di somministrazione parenterale, occorrer quindi procedere
allispezione dei siti di accesso vascolare e delle linee/rampe di
connessione, oltre alla verifica della coerenza infusionale nel caso non sia
possibile luso di un lume dedicato.
Leventuale digiuno pre-procedurale dovrebbe essere minimizzato per
evitare linadeguato trasporto di nutrienti, oltre ad essere fattore
predisponente la comparsa dileo paralitico29.

2.2 Il controllo glicemico



Il riscontro diperglicemia nel paziente critico cosa di comune riscontro
anche in assenza di diagnosi di diabete mellito, per linsorgere di
meccanismi di insulino-resistenza correlati allincremento di cortisolo,
catecolamine, glucagone e ormone della crescita. Questi stimolano i processi
di gluconeogenesi, glicogenolisi, lipolisi e proteolisi, inibendo la produzione
dinsulina con un conseguente aumento dei livelli ematici di glucosio.
Lincidenza di una glicemia non controllata pi alta in soggetti diabetici e
pu richiedere un trattamento sensibilmente pi rilevante, incrementando
morbidit e mortalit38-45.
Numerosi studi hanno dimostrato che bisogna cominciare prontamente il
trattamento insulinico con controlli glicemici seriati39-42. Tale approccio
vale per qualsiasi paziente, soprattutto in terapia intensiva, dove il ricovero
prolungato e la presenza di un supporto nutrizionale artificiale rendono
ancora pi rilevante il problema29,38-41.
Lutilizzo di un trattamento insulinico endovenoso, non deve essere per
lasciato a discrezione delloperatore. Sono stati condotti diversi studi per
cercare di trovare una condotta comune nel modificare velocit dinfusione
dellinsulina in base ai valori glicemici, al tipo dinsulina da utilizzare, su
come considerare la presenza di nutrizione artificiale e per fissare il range
glicemico ottimale da raggiungere. Sono stati proposti diversi protocolli di
trattamento tutti con dimostrata efficienza nel raggiungere lobiettivo
prefissato39,41,45.
Non esiste un protocollo migliore dellaltro e purtroppo un unico schema di
trattamento pu non dimostrarsi efficiente per tutti i pazienti39, mentre
quel che certo che avere un protocollo di riferimento dar risultati
migliori rispetto alla discrezione del singolo operatore, sia in termini di
riduzione di mortalit che morbilit28,45.
Da questi presupposti, appare evidente limportanza di un monitoraggio
glicemico da parte del personale infermieristico delle terapie intensive, cui
sia collegato luso di un protocollo gestionale che gli permetta

unapplicazione autonoma ed immediata. Rispetto a quanto indicato nei


singoli protocolli, le recenti linee guida sul paziente critico dellASPEN29
propongono un range glicemico tra 110-150 mg/dl, mentre numerosi autori
suggeriscono di non superare i 180 mg/dl28,42,45.


2.3 La gestione dei presidi nella via enterale

La nutrizione per via enterale viene usualmente praticata attraverso sondini
naso-gastrici in poliuretano o silicone: come abbiamo esaminato,
lalimentazione verr iniziata alla luce dellimpossibilit di una sufficiente
alimentazione per os, pertanto corretto intendere questa forma di
supporto a media permanenza. Le sonde enterostomiche (gastrostomiche o
digiunostomiche) sono di norma utilizzate per la nutrizione nel lungo
termine. Talvolta il loro posizionamento legato ad interventi di chirurgia
maggiore, dove non sia possibile la nutrizione passante per via esofagea.
Le sonde naso-gastriche in PVC rimangono invece impiegabili sul breve
periodo, allo scopo di procedere allo svuotamento gastrico.

I sondini enterali sono misurabili in French (di norma 8-12 Fr negli adulti),
quelli per nutrizione possono essere o no provvisti di mandrino. La
manovra del posizionamento del sondino non esente da rischi e richiede
una valutazione iniziale da parte del clinico prima del suo
posizionamento35: linfermiere dovr infatti accertare la sussistenza delle
motivazioni allinserzione, scegliere il calibro adeguato e il tipo adatto a
seconda delle necessit cliniche del paziente. dunque opportuno
procedere ad una anamnesi del paziente anche per verificare la presenza di
fratture della base del cranio, fratture facciali severe, ostruzione esofagea
e/o ostruzione delle vie aeree, tutte controindicazioni alla via naso-oro-
faringea. Il posizionamento della sonda deve essere anche evitato in
pazienti sottoposti a by-pass gastrico, per il rischio di lesioni iatrogene.
Tra le complicanze si conta sanguinamento del naso (dovuto soprattutto al

traumatismo da inserzione), sinusite e infiammazione della gola. Se il


sondino mantenuto in sede per lungo tempo non rara la comparsa di
lesione da decubito alla coana a cui ancorato. Tra le complicanze pi gravi
vi la perforazione esofagea, laspirazione polmonare, il collasso del
polmone e la dislocazione intracranica.
Il Whoosh test il test pi frequentemente usato46-48 per verificare il
corretto posizionamento del sondino naso-gastrico e consiste, al termine
del posizionamento, nellinsufflazione di aria tramite siringa collegata
allestremit prossimale del sondino stesso, contemporaneamente tramite
un fonendoscopio in zona epigastrica si avverte come prodotto un suono
simile a un gorgoglio.
Questa manovra, che frequentemente usata nelle unit operative perch
applicabile al letto del malato e a basso costo, risultata come la pi
pericolosa dalla letteratura a causa della sua bassa specificit47,48: il gold
standard stato individuato tramite il controllo RX del torace, sebbene ci
porti ad aumentare lesposizione ai raggi del paziente47-49.
LAmerican Association of Critical Care Nurses raccomanda, oltre allRX
torace, lesecuzione di ulteriori due differenti metodi di controllo (AACCN,
2007), come appunto il whoosh test accompagnato dal controllo del ph su
un campione aspirato appena dopo il posizionamento.
Durante le prime ore di somministrazione occorre monitorare la qualit
dellassorbimento e della motilit gastrica attraverso un controllo del
ristagno gastrico, cui seguir un lavaggio con acqua della sonda31,37. Se il
paziente mostrer una buona compliance alla nutrizione, sar possibile
effettuare controlli meno assidui: molte linee guida sono concordi per una
verifica ogni 8 ore in presenza di condizioni cliniche stabili28,31,36.
In merito alla quantit di ristagno, esistono molteplici lavori che indicano
come tollerabili quantit anche molto differenti: prendendo in riferimento
le linee guida della SINPE del 200236,, la quantit massima tollerata di 200
ml. Secondo altri autori, anche in presenza di tale volume non
necessariamente controindicata la somministrazione della miscela, ma
occorre valutare il quadro clinico ricercando evidenze di rigurgito, vomito,

distensione gastrica o intolleranza. Nel caso tali segni siano assenti,


possibile

ripristinare

linfusione

reintegrando

quanto

prelevato,

eventualmente riducendo la velocit di infusione o valutando il passaggio ad


una nutrizione postpilorica28,29. Le pi recenti linee guida dellASPEN29
indicano come ristagno massimo tollerabile un volume di 500 ml, non
rilevando appunto un aumentato rischio di aspirazione o rigurgito rispetto
a quantit pi contenute (50-150 ml). La sospensione della terapia
comunque prevista da tutta la letteratura esaminata in caso di vomito, dopo
conferma del corretto posizionamento della sonda.
Nei pazienti ad alto rischio o che gi mostrano segni dintolleranza alla
nutrizione gastrica, la somministrazione a boli intermittenti della miscela
alimentare andrebbe evitata, preferendo linfusione continua per mezzo di
nutri pompe e valutando eventualmente luso di farmaci procinetici29.
Ligiene del cavo orale con soluzioni a base di clorexidina, se praticato due
volte al giorno, pu ridurre il rischio di polmoniti associate alla
ventilazione29. Per ridurre il rischio di aspirazione ne i pazienti intubati
nutriti per via enterale, la testa dovrebbe essere elevata a 30-45 29,36.

Nel caso di diarrea conseguente la ripresa della nutrizione intestinale, pu
essere utile la somministrazione di soluzioni enterali contenenti fibre o
basate su peptidi29.


2.4 La gestione dei presidi nella via parenterale

La nutrizione parenterale solitamente somministrata attraverso cateteri
di grosso calibro, per evitare che il lume del catetere si occluda a causa dei
depositi di fibrina e di lipidi. Questi percorrono la vena cava superiore e
vengono reperiti per via giugulare, succlavia o da accesso periferico, come
nel caso dei PICC. Luso di cateteri venosi centrali permette la
somministrazione di composti adatti a coprire interamente i fabbisogni
energetici del paziente.

Qualora il patrimonio vascolare fosse limitato ad accessi in vena periferica,


si dovr considerare luso di soluzioni a bassa osmolarit (<850 mOsml/L),
adatte a coprire soltanto una parte dei fabbisogni nutritivi: tale trattamento
meriter una continua rivalutazione, nellottica di un successivo shift
enterale o parenterale per via centrale32.
Inoltre, per ridurre costi, errori e rischi dinfezione, consigliato luso di
miscele contenute in un'unica sacca32. Qualora la nutrizione contenga
emulsioni lipidiche, indicato il rinnovo della soluzione entro le 24 ore
dallinizio della stessa; anche il deflussore utilizzato per linfusione dovr
essere sostituito entro le 24 ore dal posizionamento50 o comunque al
termine della sacca51.






























CAPITOLO 3
LA NUTRIZIONE NEL PAZIENTE CON PANCREATITE ACUTA GRAVE


La pancreatite acuta definita come grave (Classificazione di Atlanta, TAB. 5)
in presenza di complicanze locali, quali necrosi, ascessi o pseudo cisti, o per
linsorgenza di complicanze sistemiche53. Limpatto emodinamico della SIRS
derivante dallavanzamento della patologia alla base di molte complicanze
(metaboliche ed organo-correlate), mentre le complicanze locali sono legate
agli effetti degli enzimi pancreatici e dellinfezione.

TABELLA 5 CLASSIFICAZIONE DI ATLANTA PER LA PANCREATITA ACUTA SEVERA

Shock (SBP <90 mmHg)


COMPLICANZE SISTEMICHE

Insufficienza Respiratoria di tipo 1 (PaO2 <60 mmHg)


Ins. Renale (Creatinina >2 mg/dl dopo t. reidratante)
Sanguinamento gastrointestinale (>500 ml/24h)
Necrosi pancreatica (>30% del parenchima o >3 cm)

COMPLICANZE LOCALI

Ascesso pancreatico (raccolta circoscritta di pus)


Pseudocisti pancreatiche (raccolta pancreatica incarcerata da
tessuto fibroso o di granulazione)

SEGNI PROGNOSTICI

Ranson score 3

SFAVOREVOLI

APACHE II score 8
AGA INSTITUTE, 2007



3.1 Il paziente pancreatico in Piemonte

Lincidenza della pancreatite acuta sta aumentando in diversi paesi
occidentali per lesposizione crescente ai differenti fattori di rischio (alcool,
farmaci, abitudini alimentari).
Dallanalisi dei dati raccolti dalla Regione Piemonte nel triennio 2005-
200753, possibile rilevare che la patologia pancreatica rappresenta un

fenomeno in costante crescita (2149 casi complessivi tra diagnosi primarie


e secondarie): il 30% dei pazienti affetti da calcolosi (diagnosi principale)
presentava diagnosi secondaria di pancreatite acuta e, se riunite le prime
tre diagnosi principali, emerge come nel 48 % dei casi questa risulti
associata a problemi di colelitiasi54. Considerato il periodo gennaio-
dicembre dellanno 2006, la pancreatite acuta figurava come la seconda
patologia gastroenterologica per frequenza53.


3.2 Le indicazioni della letteratura

In tale patologia, il metabolismo basale aumenta in risposta allo stress
conseguente lo stato infiammatorio e al dolore, manifestando nell80% dei
pazienti affetti un quadro di aumentata spesa energetica e catabolismo
proteico. Il bilancio azotato pu mostrare fino a 250 grammi/die di proteine
perse (pari ad azoto 40 g/die c.a.), causando laggravamento dello stato
nutrizionale con effetti negativi sulla progressione di malattia.
La messa a riposo della ghiandola (pancreatic rest) e il mantenimento di
digiuno per la fase acuta, ha costituito uno standard nella terapia della
pancreatite. Recenti evidenze per, incoraggiano un maggiore uso della
nutrizione enterale per limpatto positivo nel ridurre la SIRS e nellinibire la
produzione splancnica di citochine, riducendo cos il catabolismo e
salvaguardando il patrimonio proteico.

Secondo tali presupposti, le linee guida formulate dalla societ europea di
nutrizione ESPEN per il paziente intensivo pancreatico55 suggeriscono di
cominciare un supporto nutrizionale dopo le prime 48 ore, avvenuta la
stabilizzazione emodinamica del paziente: lapproccio prevede quindi
lalimentazione enterale precoce, da praticarsi per mezzo di sonda digiunale
rispetto alluso del sondino naso-gastrico, comunque consentito sebbene
responsabile di modeste differenze nel controllo del dolore55,56. In
particolare, nella forma sub-acuta, diverse fonti sostengono come la

rialimentazione per bocca rappresenti il trattamento di scelta55,57,58, anche


in presenza di complicanze locali o sistemiche con il solo accorgimento di
posizionare la sonda oltre le eventuali ostruzioni. Altra opzione, praticabile
in caso dintervento chirurgico necessario, il confezionamento di una
digiunostomia.

Sebbene non vi siano evidenze definitive inerenti il metodo di


somministrazione, indicata54,55 la somministrazione in continuo di una
miscela nutrizionale standard tramite luso di pompe peristaltiche. LESPEN
suggerisce55 di fornire al paziente affetto da pancreatite acuta il seguente
apporto nutrizionale giornaliero:

Fabbisogno energetico: 25-35 kcal-np*/kg/die


Carboidrati: 3-6 g/kg/die, eventualmente in regime di controllo


glicemico con insulina esogena

Lipidi: fino a 2 g/kg/die, monitorizzando i trigliceridi (range 180-


270 mg/dl) e interrompendo linfusione per persistenza di valori
oltre i limiti (>72 ore)

Fabbisogno proteico

Proteine: 1,2 1,5 g/kg/die

* kcal-np = kcal non proteiche



Particolare attenzione va posta nellevitare una sovralimentazione, in
particolare se presente SIRS, MODS o sindrome da rialimentazione:
raccomandato un apporto massimo di 15-20 kcal-np/kg/die55, valutando il
reale fabbisogno calorico attraverso la determinazione della spesa
energetica basale (BEE) nel caso di pazienti obesi.

Nelleventualit che il supporto nutrizionale enterale non possa fornire la
copertura del fabbisogno calorico giornaliero (difficolt nel posizionamento
della sonda, intolleranza alla nutrizione enterale, alterazioni della
canalizzazione, sindrome compartimentale addominale), pu essere

indicata la somministrazione per via parenterale secondo i seguenti


parametri55:

Fabbisogno energetico: 20-30 kcal-np*/kg/die


Carboidrati: 3-6 g/kg/die, eventualmente in regime di controllo


glicemico con insulina esogena

Lipidi: 0,8-1,5 g/kg/die, monitorizzando i trigliceridi (range 180-


270 mg/dl) e interrompendo linfusione per persistenza di valori
oltre i limiti (>72 ore)

Fabbisogno proteico

Proteine: 1,2-1,5 g/kg/die (da ridurre a 0,8-1,2 g/kg se presenza di


ins. Renale/epatica)

* kcal-np = kcal non proteiche



Tali indicazioni concordano con quanto precedentemente determinato in
una consensus conference tenutasi negli stati uniti nellaprile del 200456 sul
tema del paziente affetto da pancreatite acuta severa, i cui punti toccavano
aspetti medici, intensivi e chirurgici di tale patologia, attraverso una giuria
di esperti provenienti da diverse discipline.
Nel documento finale e per lo specifico dellaspetto nutrizionale, viene
suggerito che il 20% dei pazienti con pancreatite in via di risoluzione
presenta nuovamente una sintomatologia dolorosa alla ripresa
dellalimentazione per bocca. Nel caso dei pazienti con necrosi, la
probabilit di una ricaduta si fa pi forte e la presenza di forte dolore ha
sempre condotto a scegliere una nutrizione parenterale e al digiuno per
evitare di esacerbare le probabili complicanze.
Gli studi presentati alla giuria di esperti hanno confermato che le secrezioni
pancreatiche vengono stimolate se c un contatto diretto della miscela
nutrizionale con la mucosa gastrica, duodenale o del digiuno. Diverso il caso
se il supporto fornito supera il legamento di treiz, dove la complicanze si
riducono sensibilmente.

I benefici della nutrizione enterale, rispetto alla parenterale, hanno portato


a numerosi studi nei pazienti critici, concludendo che la nutrizione enterale
sia comunque da preferire. In particolare, emerso che una nutrizione
digiunale sia comunque ben tollerata e priva di effetti avversi, tanto pi che
alcuni studi mostravano una minor probabilit dintervento e una minor
mortalit rispetto a quelli nutriti esclusivamente per via endovenosa, con
un pi rapido recupero della funzionalit intestinale.

La giuria di esperti si espressa, dopo lanalisi di studi e review,


raccomandando la nutrizione enterale rispetto alla parenterale, da
cominciare appena ultimato il trattamento rianimatorio iniziale. La via
digiunale da preferirsi, poich ben tollerata e priva di effetti avversi.
inoltre associata ad una minor probabilit dintervento chirurgico e una
minor mortalit rispetto a quelli nutriti esclusivamente per via endovenosa,
con un pi rapido recupero della funzionalit intestinale.
La nutrizione parenterale deve essere riservata solo dopo il fallimento
dellenterale, quindi dopo 5/7 giorni di tentativi, e viene suggerito di
combinare il supporto parenterale con un piccolo volume di glutamina,
possibilmente per via digiunale in infusione continua a bassa velocit (10-
30 ml/h)54,56,59, adottando dei protocolli di controllo glicemico56,59.
La L-glutamina pu essere somministrata disciolta in acqua per via orale o
entrale, con una stabilit conservata per 24 ore, mentre per via parenterale
questa viene somministrata sotto forma di glutamina dipeptide30.









LO SCOPO DELLA MEDICINA


QUALCHE VOLTA CURARE,
SPESSO AIUTARE,
SEMPRE CONSOLARE
ANONIMO












PARTE TERZA
CONCLUSIONI

























Levoluzione scientifica e tecnologica ha permesso un miglioramento degli
standard di cura tale da impattare in modo significativo sulla prognosi dei
pazienti critici. Se da un lato tale progresso ha rafforzato il ruolo strategico
del personale sanitario di area critica, dallaltro lo ha caricato di forti
responsabilit in campo etico e deontologico. Su quali risorse pu contare
lequipe di cura?


CAPITOLO 1
RISORSE PER LA PRATICA CLINICA


1.4 Societ di riferimento e linee guida

Secondo la definizione dell'Institute of Medicine statunitense, le linee guida
sono "raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un
processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni di
esperti, con lo scopo di aiutare i medici e i pazienti a decidere le modalit
assistenziali pi appropriate in specifiche situazioni cliniche".
Le linee guida esaminate nel testo, sono dichiaratemente basate sulle
migliori prove scientifiche disponibili ed includono una dichiarazione
esplicita sulla qualit delle informazioni utilizzate (livelli di evidenza) e
importanza/rilevanza/fattibilit/priorit della loro implementazione
(importanza delle raccomandazioni).
Per la realizzazione del presente testo dunque, stato dato rilievo a quanto
realizzato dalle principali societ di nutrizione e alimentazione. In
particolare, sono state esaminate le linee-guida prodotte dalla American
Society for Parenteral and Enteral Nutrition (ASPEN) e la sua consorella
europea ESPEN.
Nello specifico del paziente critico, lASPEN ha sviluppato nel 2009 le linee
guida per la fornitura e la valutazione del supporto nutrizionale nel paziente
critico adulto29, in collaborazione con la Society of Critical Care Medicine
(S.C.C.M.) americana. Sempre nel 2009, la societ europea ESPEN ha
realizzato specifiche linee guida inerenti la nutrizione parenterale in terapia
intensiva32, complementare ad un primo lavoro del 2006 riguardante il
supporto enterale31.

Un altro strumento utilizzato per la revisione della letteratura qui compiuta,

rappresentato dalle consensus conference: queste consistono nella


stesura di raccomandazioni da parte di una giuria, chiamata a valutare
quanto esposto dai massimi esperti nella disciplina in esame dopo un
approfondito confronto con quanto disponibile in letteratura.
Per il capitolo dedicato alla gestione nutrizionale del paziente affetto da
pancreatite acuta grave, oltre alla letteratura reperita sulle banche dati e le
linee guida ESPEN55,59, stato esaminato anche quanto emerso da un
importate consensus tenutasi in America nel 2004 (consensus) e da alcuni
lavori prodotti dallAgenzia Regionale per i Servizi Sanitari della Regione
Piemonte53,54.

Per quanto riguarda il panorama nazionale, la principale societ scientifica
in tema di nutrizione rappresentata dalla SINPE (Societ Italiana di
Nutrizione Artificiale e Metabolismo), associata alla Federazione delle
Societ Italiane di Nutrizione (FeSIN). Questa realt raccoglie anche lADI
(Associazione Italiana di Dietetica e nutrizione clinica), la SINUPE (S.I. di
Nutrizione Pediatrica), la SISA (S.I. di Scienze Alimentazione) e la SINU (S.I.
di Nutrizione Umana).
La SINPE risulta oggi lunica Societ ad aver rilasciato una linea guida
specifica per la nutrizione artificiale ospedaliera, purtroppo solo
parzialmente utilizzabile nel presente elaborato poich aggiornata al
200237.

1.5 Il team di supporto nutrizionale

Lo standard di cura proposto dallASPEN nellagosto del 201060, prevede
che ogni ospedale debba fornire un supporto nutrizionale per i propri
assistiti basandosi sulluso di linee guida basate su evidenze, capaci di
supportare lo staff clinico nel processo di decisionale e adattabili al contesto
di cura. Dove possibile, suggerisce anche ladozione di un apposito servizio
che valuti e gestisca i pazienti che richiedono lattivazione di una terapia di

supporto nutrizionale, il nutrition support team.


Tale realt potr essere concepita come una struttura formalmente
indipendente o come comitato, ci che risulta rilevante laspetto
interdisciplinare: diretta da un medico esperto in nutrizione e metabolismo,
dovranno essere presenti un dietista ed un infermiere esperti in
alimentazione, cui si affiancher la figura del farmacista se disponibile un
servizio di preparazione farmaceutica. I piani dazione, le procedure e i
protocolli realizzati dovranno essere condivisi ed implementati da tutti i
membri e dovr essere previsto un sistema di valutazione delle
performance.
E poi opportuno individuare dei referenti per ciascuna area clinica, che
parteciperanno per il loro ambito di riferimento in sede di pianificazione ed
elaborazione di protocolli, coordinati ciascuno dal proprio esponente
professionale del team.


























CAPITOLO 2
NUTRIZIONE: PROBLEMI APERTI


2.1 La nutrizione: supporto o terapia?

La decisione di iniziare un trattamento nutrizionale parte dal presupposto
che il paziente non sia in grado di provvedere in maniera adeguata e
autonoma a questo bisogno. Con una valutazione dei fabbisogni giornalieri,
sar possibile definire le esatte quantit di carboidrati, proteine e
micronutrienti da supplire per via naturale o, nel caso non sia percorribile
la via orale, per via artificiale.
I termini alimentazione e nutrizione non sono sinonimi, ma significano luno
-alimentazione- lassunzione di cibo ed acqua attraverso la bocca, laltro -
nutrizione- la copertura dei fabbisogni di nutrienti e acqua; il passaggio da
alimentazione naturale o assistita a nutrizione artificiale, pur condividendo il
medesimo fine, va a sostituire funzioni fisiologiche essenziali per il
mantenimento dello stato di salute al pari di ventilazione meccanica ed
emodialisi.

Il considerare la nutrizione una terapia e non un supporto ordinario ha
determinato ultimamente dei problemi sugli aspetti bioetici della nutrizione
artificiale nei pazienti terminali o in fase di vita vegetativa; si tratta di un
problema di delicata e difficile trattazione nei confronti del quale i pareri
sono e probabilmente saranno sempre discordi.

Le linee guida promosse nel 2002 dalla Societ Italiana di nutrizione e
metabolismo37, sostengono che la nutrizione artificiale consista in una
terapia medica con specifiche indicazioni e che non possa mai
rappresentare un accanimento terapeutico, sebbene possa essere

ragionevolmente sospesa. Tale parere stato successivamente ripreso e


confermato dalla stessa SINPE nel 2007, con le precisazioni in merito alle
implicazioni bioetiche della nutrizione artificiale61.
Su questo tema, due documenti sono stati redatti nel corso del 2009
rispettivamente dalla Federazione Nazionale degli Infermieri62 e da quella
dei Medici63, anche sullonda del dibattito parlamentare inerente le
dichiarazioni anticipate di trattamento: entrambi sono concordi nel ritenere
che la complessit della materia tale da non poter sostenere una norma
che distingua latto nutrizionale come sempre dovuto, richiamando con
forza quanto contenuto nei rispettivi codici di deontologia professionale.

Circa il principio di beneficialit del trattamento e assistenza, scriveva nel
1859 la fondatrice del nursing Florence Nightingale64:

La chirurgia rimuove un ostacolo al guarire, ma la Natura guarisce la piaga.


Cos pure colla medicina; il funzionare di qualche organo diventa ostrutto; la
medicina, da quel poco che sappiamo, assiste la Natura ad ovviare lostacolo,
ma non fa nulla pi. E in ambo i casi, quello a cui deve tendere lassistenza, il
porre un paziente nella condizione meglio atta a ricevere i benefizi della
Natura. Generalmente quella tende al contrario.


2.2 Lalimentazione nel fine vita

Il progresso scientifico e tecnologico ha permesso, negli ultimi 50 anni,
progressi tali da impattare in modo significativo sulla prognosi dei pazienti
critici. Tale cambiamento, sebbene abbia arricchito e rafforzato
strategicamente il ruolo del personale sanitario di area critica, lha
parimenti caricato di forti responsabilit in campo etico-deontologico nella
gestione delle risorse.

La diffusa pratica di sostituzione artificiale dei processi fisiologici ha posto


numerosi interrogativi sullappropriatezza di certi interventi, portando a
definire i concetti di terapia, accudimento e accanimento terapeutico65,66.
Nei capitoli precedenti stata esaminata la finestra temporale per
incominciare ad alimentare un paziente: a partire dallavvenuta
stabilizzazione clinica, ovvero dopo 24 ore dallingresso in rianimazione,
per arrivare massimo alla settimana. Questo periodo appare ragionevole
per decidere se iniziare il supporto nutrizionale, valutando secondo il
principio di beneficialit del trattamento quale sia lintervento pi
appropriato, proporzionalmente alle condizioni in cui versa il paziente37,67.
Un altro principio da tenere in considerazione il rispetto dellautonomia
del paziente da parte dellequipe curante62,63,67,68, ponendo molta attenzione
nellevitare il by-pass da parte dei famigliari. In caso di paziente non
collaborante, quale facilmente il paziente critico, la letteratura
esaminata67,69,70 individua nel team di cura la responsabilit di ricostruire la
volont attuale del paziente attraverso unanamnesi da effettuarsi con i
famigliari, da considerarsi sempre non vincolante per il coinvolgimento
emotivo.
In caso dimpossibilit nel ricostruire in maniera attendibile la volont del
paziente, lequipe dovr condividere una decisione autonoma e definitiva
sul trattamento da riservare al paziente.
Risulta importante che linterlocutore dellequipe presenti in sede di
colloquio con i parenti le prospettive derivanti dal mantenimento di un
supporto nutrizionale massimale, piuttosto che con lo shift ad un
trattamento di minima o ancora con la definitiva sospensione, sempre
nellottica della centralit del paziente66,67.
LAmerican Academy of Critical Care Medicine, nelle sue raccomandazioni
del 200870, suggerisce che una volta stabilita la sospensione dei trattamenti
salva-vita, lequipe dovrebbe valutare criticamente se i trattamenti
rimanenti hanno un impatto positivo sullaccompagnamento alla morte del
paziente (from cure to comfort). Qualora la risposta sia negativa, sar
possibile procedere anche alla sospensione didratazione e alimentazione.

Ci trova spazio anche nellultima revisione del Codice Deontologico degli


infermieri italiani71, esprimendo proprio la volont dellinfermiere nel
promuovere la volont e la dignit dellassistito, anche nel caso questi voglia
porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionali alla sua
condizione clinica (artt. 32, 35-37), e contrastando ogni forma di
accanimento terapeutico anche avvalendosi della clausula di coscienza (art.
8). In linea con i valori qui espressi, lAssociazione nazionale infermieri di
area critica (Aniarti) ha promulgato una mozione sul tema del limite in area
critica, ponendo tra le altre- una riflessione sulla presa di posizione del
personale infermieristico nelle scelte che possono creare la premessa per
condizioni di vita estremamente problematiche, quando non drammatiche,
per la persona assistita67.































Conclusioni


La nutrizione artificiale nel paziente critico rappresenta un trattamento
irrinunciabile ed imprescindibile il ruolo oggi giocato dallinfermiere nella
gestione di tale terapia.

La creazione di percorsi formativi di specializzazione, cos come previsto
dallo stesso profilo professionale, sta consentendo un nuovo sviluppo della
clinica assistenziale: allinfermiere di area critica sono infatti richieste
elevate capacit di accertamento clinico e pianificazione, una conoscenza
approfondita dei percorsi diagnostico-terapeutici dei propri assistiti e la
capacit di aggiornare la propria pratica in ragione delle pi recenti
evidenze.

Alla luce di tali competenze e per quel che concerne lo specifico della
nutrizione artificiale, appare opportuno che linfermiere specialista
perfezioni le sue conoscenze in tale ambito, costruendo un curriculum
specifico sugli aspetti legati al monitoraggio clinico, alla gestione dei presidi
e alla prevenzione delle complicanze.

La diffusione nelle strutture ospedaliere di comitati dedicati al supporto
nutrizionale, o team nutrizionali, prevendendo la collaborazione con altri
professionisti come medici, dietisti e farmacisti, potr contribuire a favorire
la crescita e l'aggiornamento della pratica infermieristica, per migliorare i
risultati delle cure al paziente e costruire nuove strategie di assistenza.

In questa sede potr ancora contribuire alla definizione di protocolli e


procedure, alla formazione di altri operatori, pazienti, care-givers e alla
valutazione della qualit delle cure.

Linfermiere esperto in nutrizione artificiale, potendo contare su un
rapporto intra-professionale paritario, potr fornire consulenza a colleghi,
indirizzandoli al team nutrizionale ogni volta che la situazione clinica lo
richieda. Nei casi di conflitto etico, in cui sia chiamato ad esprimere giudizio
o a prestare direttamente la sua assistenza, deve riferirsi al Codice di
Deontologia professionale: in presenza di elementi a contrasto, dovr
valutare la necessit di ricorrere alla clausola di coscienza.












































ALLEGATI
































ALLEGATO 1 NUTRITIONAL RISK SCREENING

PUNTI

STATO NUTRIZIONALE

perdita peso >5% negli ultimi 3 mesi


oppure
assunzione dietetica <50-75% rispetto ai
fabbisogni nella settimana precedente
perdita peso >5% negli ultimi 2 mesi
oppure
assunzione dietetica <25-50% rispetto ai
fabbisogni nella settimana precedente

perdita peso >5% nellultimo mese


oppure
IMC <18,5 associato a condizioni
generali scadute
oppure
assunzione dietetica <0-25% rispetto ai
fabbisogni nella settimana precedente

PUNTI

CONDIZIONE MEDICA E TRATTAMENTO

- frattura dell'anca;
- presenza di patologie croniche
anche in fase di riacutizzazione;
- radioterapia (ipercatabolismo lieve)
- post-intervento di chirurgia
maggiore (addominale);
- pazienti geriatrici istituzionalizzati;
ictus;
- ins. renale nel postoperatorio;
- pazienti ematologici;
- chemioterapia (ipercatabolismo
moderato)
- traumi cranici;
- trapianto di midollo osseo;
- pazienti in terapia intensiva
(ipercatabolismo grave)

TOTALE A+B:

BASSO RISCHIO DI MALNUTRIZIONE (PUNTEGGIO 2)


RISCHIO MODERATO/ELEVATO DI MALNUTRIZIONE (PUNTEGGIO 3)

(Public Health Commitee, 2003)



ALLEGATO 2 MALNUTRITION UNIVERSAL SCREENING TOOL




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AZIENDA OSPEDALIERA
SANTA CROCE e CARLE
CUNEO

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI TORINO


FACOLTA DI MEDICINA E CHIRURGIA

MASTER DI I LIVELLO IN INFERMIERISTICA DI AREA CRITICA



ELABORATO FINALE

IL SUPPORTO NUTRIZIONALE AL PAZIENTE CRITICO:


ASPETTI ASSISTENZIALI


Abstract

Nella pratica sanitaria la malnutrizione rappresenta un problema diffuso, interessando
tutte le professionalit che circondano il paziente. Con linsorgere di una patologia acuta
infatti, si determina una compromissione del metabolismo fisiologico, cui seguono squilibri
energetici corresponsabili dellinterruzione delle funzioni vitali e dei processi di
guarigione: in questi soggetti occorre stabilire tempestivamente la modalit pi opportuna
per lapproccio nutrizionale, con lobiettivo di recuperare una condizione clinica
favorevole.

Lelaborato stato suddiviso in tre parti: la prima dedicata agli aspetti di valutazione del
paziente e dei suoi bisogni nutrizionali, proponendo scale e formule operative per una
possibile applicazione; la seconda, dedicata alle strategie di nutrizione, alle tempistiche e
alla gestione dei presidi, con un approfondimento sul paziente affetto da pancreatite acuta
grave per il sempre pi frequente riscontro in terapia intensiva; la terza parte invece ha
esaminato le risorse impiegabili dallinfermiere per migliorare lassistenza al paziente
sottoposto a nutrizione artificiale, attraverso il ricorso alla letteratura, alle societ di
riferimento e al team nutrizionale, dove presente. Altro aspetto contenuto in questultima
parte, rappresentato dagli aspetti etici legati allalimentazione nel fine vita, acquisendo i
pareri espressi dalle pi rappresentative societ scientifiche e dalle federazioni
professionali di infermieri e medici.
Lelaborato si conclude analizzando il ruolo ricoperto dallinfermiere specialista nella
messa in campo di strumenti e risorse mirati al soddisfacimento del bisogno di
alimentazione del paziente.
Francesco Barbero - 223575

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