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Est autem partecipare quasi partem capere senza dubbio una delle affermazioni
pi secche con le quali Tommaso dAquino affronta e definisce il tema della
partecipazione, vale a dire uno degli aspetti filosofici e religiosi pi importanti del
suo pensiero.
I dottori scolastici del secolo XIII per spiegare il significato del termine
partecipare si riferiscono immediatamente alla etimologia: <<Partecipare=partemcapere>>, ma non curandosi troppo di tale etimologia, passano senzaltro alle
applicazioni dottrinali, come fa San Tommaso nel testo principale sullargomento
(Il De hebdomadibus).
Il verbo partecipare ha un largo uso nel linguaggio ordinario: fra i pi evidenti e
correnti, quello in cui il partecipare, nellambito di una concezione quantitativa,
un vero <<partem capere>> di qualche cosa, e suppone sempre che un tutto qualsiasi,
nel campo degli interessi concreti, si sia scisso in parti, che vengono poi distribuite ai
partecipanti. In questo caso il <<partecipare>> ha tutto il suo significato forte di
prendere una parte fra le altre parti, sia come ricevere reale, sia come prendere una
parte con esclusione formale delle altre parti.
Possiamo definire questo tipo di partecipazione, una partecipazione quantitativa,
che nella sua intellegibilit una nozione del tutto chiusa, che non pone alcun
problema: problemi sorgono invece quando, applicato alla qualit e agli altri
predicamenti quel significato si oscura e sembra andare incontro alla
contraddizione[1].
Il linguaggio ordinario[2] presenta tanti altri usi del termine <<partecipare>>, e non
sempre in essi implicata la divisione di un tutto preesistente, anzi a volte questo
tutto manca: <<partecipare>> alla gioia o al dolore ad esempio.
In base a ci, si pu dire che il <<partecipare>> nellordine quantitativo affetta
direttamente loggetto della divisione mentre nel <<partecipare>> morale la
partecipazione riguarda il modo. Loggetto pu essere presente tutto intero ai singoli
partecipanti, ma esso tocca qualcuno di essi a preferenza secondo un modo intenso e
proprio, e alle volte incomunicabile, in relazione al quale, secondo che pi o meno si
avvicinano, anche gli altri modi sono detti <<partecipazioni>>.
La ragione formale della partecipazione <<morale>>, o meglio il suo fondamento,
non dato dalloggetto stesso, quanto dai legami particolari che i partecipanti
possono stringere con colui il quale per primo compete loggetto della partecipazione:
legami di amicizia, di parentela. Mentre nei rapporti quantitativi la <<comunanza>>
era un effettodella partecipazione, in quelli dordine morale affettivo, la comunanza
invece la radice del partecipare[3].
Siamo quindi di fronte a due significati quasi antitetici e in s inconciliabili, poich
guardano alla realt sotto punti di vista del tutto disparati: nellordine metafisico che
tutte queste esigenze del <<partecipare>> sono ridotte in ben legittime proporzioni.
Pi facile delletimologia latina, sembra quella offerta dalla lingua greca, che la
madre legittima del termine, ove, se il significato resta pi vago, insieme meno
esclusivo del latino <<partem capere>>. A partecipare corrispondono in greco due
verbi e: il greco non sembra suggerire immediatamente
<<partem capere>>, <<partem habere>>, ma piuttosto <<habere simul>>, <<habere
cum alio>>, <<communicare cum aliquo in aliqua re>>[4].
2. LE FONTI DELLA NOZIONE TOMISTA
Gli studi pi recenti hanno messo in luce il fatto che nessun dottore medievale pu
reggere il confronto con Tommaso dAquino, per lampiezza e la sicurezza
dellinformazione positiva. In lui troviamo mirabilmente fuse in una sola persona la
solerzia dello storico e la tendenza irrefrenabile del teorico a portare le idee al vertice
della speculazione pura.
Tommaso arriv certamente a una concezione dinamica della vita intellettuale, che
lo portava a considerare i singoli risultati in una continuit armonica, che dai primi
contatti incerti e parziali, giunge alla conquista definitiva e quieta della verit. E con
questo modo di pensare che lAngelico si rivolge alle fonti, non allo scopo di fare
semplicemente la storia temporale delle idee, ma per la verit intemporale che esse
racchiudono.
E molto importante riconoscere che San Tommaso non fu un puro storico, ma
neppure un pensatore puro nel senso moderno del termine, cio un contemplatore
solipsista, deduttivo e universale, che saffida a nozioni e principi, pochi di numero
ed esclusivi nel contenuto. Il suo metodo ha un duplice carattere: da un lato si
presenta come interpretazione storica delle Fonti, dallaltro essenzialmente
sintetico, nel senso che tende a accogliere tutti gli aspetti di verit, qua e l dispersi o
mal compresi nei sistemi precedenti, e cerca poi di assimilarli e incorporarli in una
unit vivente.
Nonostante il Santo Dottore sia stato piuttosto avaro nel rivelarci lintimo lavorio
del suo spirito, per quanto riguarda la nozione di partecipazione, esse sono state
indicate in modo esplicito in due articoli delle Quaestiones disputatae. LAngelico,
infatti, nella Quaestio disputatae De veritate (q. XXI, art.5) chiedendosi se la bont
della creazione sia buona a causa della sua essenza, non esita a rispondere in modo
negativo, sostenendo che, in base a quanto affermano Agostino, Boezio e lautore
del De Causis, le creature non sono buone per essenza, ma per
partecipazione.
Nella Quaestio disputata De potentia (q. III, art. 5) pone il problema della
creazione universale: <<Utrum possit esse aliquid quod non sit a Deo>>; la risposta
provata attraverso tre ragioni, delle quali la prima riferita a Platone, la seconda ad
Aristotele, la terza ad Avicenna: tutte e tre hanno per fondo comune la nozione di
partecipazione. Se ora a questi sei autori aggiungiamo lo Pseudo Dionigi Aeropagita,
che forse in questo affare il pi interessato di tutti gli altri, abbiamo ormai tutte le
fonti principali, alle quali si ispirata e pu essere riferita, nel suo contenuto, la
nozione tomista di partecipazione[5].
La nozione tomista di partecipazione, che oserei dire, alla fine resta nello spirito
essenzialmente aristotelica, ha potuto affermarsi e reggere agli urti polemici, grazie
anche allinflusso di correnti intermediarie, delle quali la principale rappresentata
dal Neoplatonismo.
IL NEOPLATONISMO, INFATTI, CERCA DI REALIZZARE, GI
PRIMA DI TOMMASO, UNA CONCILIAZIONE DEL PENSIERO
ARISTOTELICO CON QUELLO PLATONICO, OPERA QUESTA
QUANTO MAI URGENTE PER UNA CIVILT PAGANA, CHE
DOVEVA MOSTRARE LA PROPRIA SUFFICIENZA DI FRONTE
ALLIDEA CRISTIANA CHE SI PROCLAMAVA UNIVERSALE, E
CHE MINACCIAVA DI SOSTITUIRSI A TUTTO IL PASSATO. SI
CERC DI MOSTRARE CHE LE DIFFERENZE TRA I DUE
FILOSOFI GRECI ERANO SOLO APPARENTI, ED ERANO
DOVUTE ESCLUSIVAMENTE A DIVERSIT DI METODO, CHE A
REALI DIVERGENZE DI DOTTRINA: ARISTOTELE VOLEVA
PARLARE DELLE COSE SENSIBILI, PLATONE DEL MONDO
INTELLEGIBILE.
Lo scontro tra Paganesimo e Cristianesimo, si concluse con la vittoria di
questultimo, che fin per incorporare leredit dottrinale del primo, dando cos vita al
Neoplatonismo cristiano[9].
Si pass da un atteggiamento di aperto contrasto, o almeno di riluttanza, nei
confronti della speculazione greca, a quello di una calda simpatia nei tempi seguenti.
I Padri della Chiesa[10] furono senza dubbio gli artefici di questo cambiamento di
mentalit, animati dalla convinzione che a contatto della verit divina anche il frutto
dellumana speculazione potesse diventare buon vino.
Nella ricerca delle fonti della nozione di partecipazione, si possono distinguere per
comodit di esposizione, due linee di ricerca: una greco-cristiana con Agostino,
lo Pseudo Dionigi e Boezio, e una greco-araba con Avicenna e il De Causis; gli
influssi di altre fonti, rispetto a queste indicate, non hanno che una valore relativo e
secondario.
Per quanto riguarda SantAgostino[11], si pu rintracciare allinterno della sua opera
una linea filosofica di ispirazione Neoplatonica. Tommaso individu subito questo
carattere inconfondibile della speculazione Agostiniana, e lo fa notare soprattutto
allorquando quella terminologia, cos diversa dalla sua -aristotelica-, poteva creare
qualche imbarazzo nellesposizione del suo pensiero, e si fa premura di distinguere
bene tra lautorit che il Santo Vescovo aveva come dottore della Fede, da quella che
poteva avere come filosofo.
Per quello che ci riguarda, Agostino si serve spesso del termine partecipare, per
indicare le relazioni di dipendenza delle creature dal Creatore: tutto il creato, ogni
bont, verit, bellezza, vita finita, non sono che partecipazioni della bont, verit,
bellezza, vita divina infinita.
Lesuberante fioritura delle sue opere piena di simili asserzioni, pervase da
questo spirito trascendentale nella considerazione del creato, ma in nessuna parte
delle sue opere, forse, come nella quaestio 46 delle 83 quaestiones, dedicata a
Come ho gi avuto modo di dire, in questopera sono scarsi, o quasi del tutto
assenti i riferimenti alla tradizione e, insieme allesposizione letterale del testo
boeziano, troviamo esposto il genuino pensiero del Dottore Angelico su un problema
filosofico di capitale importanza.
Nel testo boeziano posta una differenza tra lessere e il ci che [25], ed proprio
partendo dalla spiegazione di tale differenza che Tommaso introduce la nozione di
partecipazione. La prima differenza consiste nel fatto che noi intendiamo lastratto
sempre come atto, e il concreto come soggetto di questo atto, che partecipa a suo
modo al medesimo. L ipsum esse qui considerato come lastratto di ens, cos
come il currere lastratto di currens: il currere qui inteso come ci, o per
partecipazione del quale, il currens corre, mentre l esse considerato come
quella formalit o attualit suprema per partecipazione alla quale compreso esser di
fatto tutto ci che esiste in concreto.
A proposito della seconda differenza, Tommaso dAquino parla di partecipazione
in questi termini: <<Est autem partecipare quasi partem capere>>. E questo il primo
significato di partecipazione proposto nel commento, ed questa quella che C.Fabro
definisce partecipazione predicamentale[26], vale a dire quella nella quale i termini
della relazione, partecipato e partecipante, restano nel campo dellente e della
sostanza finita (predicamenti).
Nel De hebdomadibus ne sono presentati due modi: uno formale-nozionale,
allorch si dice che la specie partecipa al genere e lindividuo alla specie, e uno
reale nel senso che la Materia partecipa alla Forma, ed il soggetto allaccidente. Pur
utilizzando un linguaggio aristotelico, nelle suddette affermazioni contenuto il
personale punto di vista di Tommaso, in quanto Aristotele non aveva mai parlato di
attribuzione per partecipazione e identit sostanziale per il caso della specie e del
genere.
Tommaso qui afferma, invece, che la specie partecipa al genere, che il genere
attribuito alla specie per partecipazione. Questa una posizione importante e
innovativa, nel contesto dellAristotelismo tomista, e indica anche quanto doveva
essere importante per Tommaso dAquino, recuperare la nozione di partecipazione.
Nel De hebdomadibus Tommaso definisce la partecipazione come ricevere una
parte, e aggiunge: Inoltre ogni volta che un essere riceve in maniera particolare, ci
che a unaltra cosa appartiene universalmente, si dice che partecipa [27]. A partire da
queste osservazioni Tommaso distingue tre generi di partecipazione: quella del
soggetto allaccidente, quella della materia alla forma, quella delleffetto alla causa.
A tal proposito si pu dire, secondo il Geiger [28], che la specie, pur essendo
sostanzialmente identica al genere, non ne possiede la ragione in tutta la sua
generalit. La partecipazione che, per Boezio, era prima di tutto, e forse
esclusivamente, la composizione tra due elementi estranei luno allaltro, ma uniti in
una sola realt, diventa in San Tommaso un rapporto di similitudine, tra due stati pi
o meno perfetti di una stessa forma. Questa posizione appare nel De
hebdomadibus allorch si afferma: <<homo dicitur partecipare animal quia non
habet rationem animalis sucundum totam communitatem>>[29]; tuttavia se in questo
passo la communitas pu essere intesa sia in ordine intensivo (di perfezione), sia in
4. MODI DI PARTECIPAZIONE
San Tommaso afferma due modi fondamentali di partecipazione: uno
predicamentale-univoco, laltro trascendentale-analogo. Nel primo caso tutti i
partecipanti hanno in s la stessa formalit secondo tutto il suo contenuto essenziale,
ed il partecipato non esiste in s, ma solo nei partecipanti (esempio: lumanit non
esiste in se, ma esiste luomo concreto, espressione particolare dellumanit).
Nel secondo caso invece, i partecipanti non hanno in s che una <<similitudine
degradata>> del partecipato che sussiste in s, al di fuori di essi (esempio: lessere
delluomo deriva dallEsse subsistens che Dio). Qui troviamo il significato pi forte
di partecipazione, presente gi nellultimo Platone, e che San Tommaso trovava
avvalorata dalla speculazione Neoplatonica e di SantAgostino in particolare. Questo
tipo di partecipazione definita analoga, ed quella della creatura al Creatore che,
essendo lessere per lessenza, in s riassume tutte le altre perfezioni[35].
Infatti nel De hebdomadibus, a proposito della Bont divina e di quella creata, si
sottolinea che mentre il Primo bene buono assolutamente, in qualsiasi modo si dia,
il bene creato lo per partecipazione, e in quanto tale risulta essere sempre
unespressione parziale e limitata del Primo. Solo Dio buono per essenza, le cose
creata lo sono per partecipazione, in lui inoltre essere e agire coincidono, motivo per
cui Egli buono e giusto nello stesso tempo, mentre nelluomo (essere composto),
esser buono ed esser giusto non coincidono, con la conseguenza che luomo non
sempre giusto nel suo agire[36].
In base a ci si pu concludere che il partecipare il rapporto metafisico supremo,
e sfugge ad una determinazione logica. Partecipare <<si predica di un soggetto che ha
una qualche formalit o atto, ma non in modo esclusivo e in modo totale>>, o come
afferma lo Scheller: <<Partecipare significa nel partecipante il ricevere in modo
essenziale o graduale, qualcosa del partecipato come proprio atto secondo una forma
di analogia o di somiglianza. La partecipazione cos una recezione parziale nel
partecipante in quanto potenza del partecipato, che atto, secondo che il partecipato
causa esemplare per leffetto somigliante>>[37].
Il partecipato e il partecipante, differiscono per il modo di avere: si dice, infatti che
la creatura partecipa l esse, non solo nel senso che l esse della creatura non
esaurisce la pienezza estensiva dellesse, come la mia umanit non esaurisce la
pienezza estensiva di questa forma, poich essa pu essere in altri e altrove: ma
soprattutto nel senso che lessere creato formalmente finito sotto laspetto
intensivo; esse soltanto e non necessariamente vita, sapienza...,come lo invece l
Esse per se subsistens; e se la creatura esercita queste ulteriori formalit non
immediatamente per il suo esse, ma per mezzo di potenze e accidenti aggiunti,
radicate nella essenza.
5. PARTECIPAZIONE E CAUSALIT NEL TOMISMO
La nozione tomista di partecipazione, assume particolare importanza nellambito
della storica opposizione tra platonismo e aristotelismo. Da questo punto di vista essa
riassume, forse, loriginalit storico-speculativa del tomismo, in quanto Tommaso
riuscito a privare il Platonismo e lAristotelismo dellaspetto caduco che li opponeva,
facendoli convivere secondo una mutua complementarit.
La filosofia cristiana del medioevo, sulla scorta di Platone, Agostino, Avicebron,
Avicenna e altri[38], aveva badato a salvaguardare i diritti di Dio, con una specie di
geloso timore, quasi che concedendo qualcosa alla creature, si sottraesse qualcosa alla
perfezione divina.
Tommaso dAquino intu ben presto, grazie anche alla conoscenza del pensiero
aristotelico, che questo modo di leggere la realt creata, e i rapporti di questa con
Dio, era sbagliato. Tuttavia la sua risposta non fu quella di negare drasticamente la
nozione platonica di partecipazione a favore di quella aristotelica di causalit, ma di
sviluppare luna e laltra in senso convergente, quasi che il concetto e il modo pi
puro di causare fosse un puro partecipare.
Tommaso ha tenuto insieme i due concetti, privandoli dellopposizione che
avevano, e si potrebbe dire che la partecipazione tomista , e insieme non , la
partecipazione platonica, cos come la causalit tomista , e insieme non , la
causalit aristotelica[39]. Non si pu dire dunque, che Tommaso abbia soppresso la
nozione di partecipazione a favore di quella di causalit, piuttosto si deve dire che il
Santo Dottore riusc a raggiungere un punto di vista privilegiato, che permise di
conciliare entrambe le nozioni, in maniera tale da farle risultare armonicamente
equilibrate.
E lo stesso San Tommaso daltronde ad affermare questo suo modo di vedere le
cose, dicendo <<Similiter effectus dicitur participare suam causa, et praecipue
quando non adaequat virtutem suae causae>>: si tratta del terzo modo di
partecipazione espresso nel De hebdomadibus[40], che per la verit non molto
sviluppato in questo opuscolo, poich non direttamente coinvolto nella risoluzione
del problema in questione. Nel Commento alla Lettera ai Colossesi[41], quel terzo
modo di partecipare, lasciato nellombra nel De hebdomadibus, viene ampiamente
sviluppato.
[1]
Zeitschrift 30 (1929-1930) riprodotto in <<Mittelalters Geistesleben>>, Munchen, II, p. 415. Questo studio
stato ripreso e integrato nella monografia: Guglielmo di Moerbeke O. P., il traduttore delle opere di
Aristotele, in <<Miscellanea Historiae Pontificiae>>, vol. IX, Roma 1946, p. 147 ss.
[21]
Cfr. C. FABRO, cit., pp. 107-113.
[22]
Cfr. DE VAUX, R., Notes et Textes sur lAvicennisme latin, Paris 1934, p. 29.
[23]
Cfr. C. FABRO, cit., pp.113-117.
[24]
Cfr. C. FABRO, cit., pp. 120-122.
[25]
Cfr. C. PANDOLFI, cit., p. 97.
[26]
Cfr. C. FABRO, cit., pp.144-186.
[27]
Cfr. P. PORRO, cit., pp. 386-387: Et ideo quando aliquid particulariter recepit id quod ad alterum
pertinet universaliter, dicitur participare illud.....
[28]
Cfr. GEIGER, cit., pp.47-83.
[29]
Cfr. P. PORRO, cit., pp. 386-387: <<si dice che uomo partecipa di animale perch non possiede la
ragione di animale secondo la sua intera estensione>>.
[30]
Cfr. TOMMASO DAQUINO, Summa contra Gentiles, ed. Marietti, cura et studio C. PERA-P.MARCP.CARAMELLO, 1961-67 (3 volumi; testo della Leonina), Lib. I : <<Omne quod de pluribus praedicatur
univoce secundum partecipationem, cuilibet eorum convenit de quo praedicatur, nam species partecipare
dicitur genus et individuum speciem. De Deo autem nihil dicitur per partecipationem, nam omne quod
participatur determinatur ad modum participantis, et sic partialiter habetur, et non secundum omnem
perfectionis modum>>.
[31]
Cfr. P.PORRO, cit., pp. 398-399.
[32]
Cfr. C. FABRO, cit., pg. 316.
[33]
Cfr. C. FABRO, cit., pg. 317.
[34]
Cfr. C. FABRO, cit., pp. 315-327.
[35]
Cfr. C. FABRO, cit., pg. 318.
[36]
Cfr. P. PORRO, cit., pp. 418-19.
[37]
E. SCHELLER, Das Priestertum Christi, Paderbon 1931, p. 67.
[38]
Cfr. C. FABRO, cit., pg. 356.
[39]
Cfr. C. FABRO, Partecipazione e causalit secondo S. Tommaso dAquino, Societ Editrice
Internazionale, Milano 1958.
[40]
Cfr. P. PORRO, cit., pp. 382-383.
[41]
Cfr. TOMMASO DAQUINO, Expositio et Lectura super Epistolas Pauli Apostoli, ed. Marietti, 2 t.