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DONATO NEGRO

IL SILENZIO DI UNA VITA PI GRANDE


Lettera ai giovani

Otranto 2014
Carissimo/a,

in questo tempo complesso che tutto mette in discussione ed espone uomini


e cose a seri pericoli, torno spesso a pensare ai tuoi silenzi.
La cosa mi sconcerta, e non poco. Escludo che tu non abbia niente da dire e
con sempre maggiori difficolt riesco a capire un po pi a fondo cosa possono
voler significare questi tuoi lunghi silenzi. Pu darsi che sia una sorta di
estraneit nei confronti di ci che non ti interessa, non ti appassiona, non ti
scalda il cuore; oppure un amaro sentimento di rassegnata non appartenenza ad
un mondo che non senti tuo, forse poco interessante e disancorato dai modelli
sorpassati che noi adulti abbiamo in mente e che purtroppo non riusciamo ad
innovare secondo le tue pi profonde esigenze. Ma pu anche darsi che il silenzio
sia un momento intenso in cui lanimo raccoglie lesistenza dispersa dei tanti
luoghi del tempo e ne assapora delicatamente la bont costitutiva.
Come Vescovo mi chiedo se e come la bella notizia di Ges Cristo possa far
breccia nel tuo silenzio, non per spezzarlo, ma per raggiungerti. Ancora pi
radicalmente, mi chiedo se e come questa notizia possa in qualche modo
destare il tuo interesse. Perci ho deciso di scriverti questa breve lettera mosso
dalla certezza che, al di l di facili apparenze e opinioni diffuse, c sempre
qualcuno disposto ad ascoltare, sia tra coloro che cercano, sia tra quelli che,
secondo i numeri e le statistiche, hanno preso congedo da questioni di questo
genere.
Non si tratta di accontentarsi subito, n di entusiasmarsi facilmente. La
questione giovanile nel suo complesso non si riduce allalternativa tra interesse e
rifiuto, ma nel coraggio e nella qualit della proposta che noi Chiesa abbiamo da
offrirti. Di certo, coloro che non hanno la fortuna di incontrare la Buona Notizia e
che naufragano quotidianamente nel consumo ambiguo, disordinato e disturbato
della vita non sono pochi, ma ci sono anche ragazzi e ragazze che si portano
dentro unimmensa attesa e che, come te, desiderano connettere la propria
esistenza alla prospettiva del mistero.
forse la ricerca di un progetto? Una domanda inespressa o appena
singhiozzata? Un bisogno che affiora subito e subito dopo torna a sonnecchiare?
Uno scampolo di sogno? Un tratto di utopia? Di fatto, c, ed proprio dei giovani
desiderare qualcosa di pi della quotidianit regolare. Perci, come cristiano e
discepolo di Ges, che crede alla vita piena del Vangelo, non posso non sentirmi
interpellato da questo pur debole e tacito cercare.
Chiedo pertanto allo Spirito di Dio che mi aiuti a non deludere la tua ricerca,
a non mollare di fronte alla complessit del tuo mondo, a non sciupare le
occasioni. Non avrei pace se disertassi la speranza che non delude, quella sola
che quotidianamente sollecita noi credenti ad annunciare con i fatti e le parole
che la pienezza della vita tutta nel mistero di Dio donatosi in Ges.
Sono forse un illuso che chiude gli occhi davanti ai duri scenari di ogni
giorno? O sordo alle voci di quanti dicono che Ges Cristo argomento
sorpassato? La scommessa tanto alta quanto appassionante. Senso e speranza
sono come le due facce di una stessa inquietudine: riguardano tutti, superano le
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nostre personali esperienze soggettive e travalicano persino i confini


ufficialmente ecclesiali.
Non sono in grado di fornire dimostrazioni n ti scrivo per insegnarti teoremi
vincenti. Di fatto, non ho il polso di quel che la grazia dellinvisibile Dio opera
efficacemente a nostra insaputa. Questo solo so: lamore alla vita mi porta a
riconoscere la presenza di Ges nella tua inquieta straordinaria condizione
giovanile.
Ti scrivo, dunque, per entrare insieme a te, per pochi minuti, in questa
formidabile esperienza riportata nel Vangelo di Giovanni.

Il giorno dopo Giovanni il Battista stava ancora l con due dei suoi
discepoli e, fissando lo sguardo su Ges che passava, disse: Ecco lAgnello di
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Dio!. E i due discepoli, sentendolo parlare cos, seguirono Ges. Ges allora si
volt e, vedendo che lo seguivano, disse: Che cercate?. Gli risposero: Rabb
(che significa maestro), dove abiti?. Disse loro: Venite e vedrete. Andarono
dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano
circa le quattro del pomeriggio (Gv 1, 35-38).

1. Un giorno, lungo il fiume Giordano, Giovanni Battista, smorzando i toni


pesanti e rudi della sua voce di profeta e contestatore, riconosce nellUomo che
avanza verso lui lAgnello di Dio: Ecco lAgnello di Dio, ecco Colui che toglie il
peccato del mondo; questi Colui di cui dissi, Lui il Figlio di Dio. L, tra la folla
che si accalcava per ricevere il battesimo secondo la consuetudine antica e gli
sguardi indiscreti dei farisei venuti a controllare loperato del profeta, affiora la
figura dei due discepoli, di cui il Vangelo non segnala tratti particolari n doti
straordinarie.
Li possiamo immaginare come due giovani tra tanti, due storie di ordinaria
semplicit, segnate dal lavoro, dalle tradizioni dei padri, dal quotidiano impegno
per il mare e, forse, dalla ricerca indistinta di qualcosa o di qualcuno che dia una
svolta alla vita: qualcuno o qualcosa che squarci gli orizzonti di una religione che
stenta a rinnovarsi in modo autentico.
Sono l. In una sorta di silenzio che cerca e ascolta. Non un vuoto mutismo,
ma un silenzio pieno, pari al tuo, diretto a sorpassare limmediato e incurante
persino di tanti piccoli beni che spesso ingombrano la vita. Un silenzio di una
doppia distanza, che da un lato, li tiene lontani da ci che, per quanto comune,
nasconde le tresche dei profittatori e i contorti interessi dei furbi; e che, dallaltro,
li spinge a cercare qualcosa di autentico: idee da realizzare e soprattutto persone
significative che li sappiano ascoltare. Anche questi due discepoli, come vedi, da
tempo diffidavano in cuor loro di certi sedicenti portatori di cultura che non
sapevano far altro che ripetere parole vecchie, bravi a rimestare vento e a
produrre discriminazioni e ineguaglianze.
2. Se come penso, tu hai perfettamente ragione e fai bene a prendere le
distanze coprendo con il tuo impenetrabile e infastidito silenzio lenorme cumulo
di quotidiane assurdit. bello sapere che tu, come i due discepoli, non ti
rassegni ad una realt che somiglia ad un gioco di specchi e di maschere. Ti
capisco e ti incoraggio in un cercare che non sia mai sopraffatto dello
scoraggiamento. Che qualsivoglia delusione non ti spinga giammai a barricarti
nel perimetro di una vita piccola piccola.
Le risposte che noi adulti diamo ai tuoi problemi me ne rendo conto non
sono adeguate. Purtroppo, la differenza generazionale notevole e disturba la
serena comunicazione: tu chiedi di essere ascoltato, e noi non facciamo altro che
parlare; tu vorresti aprirti sulle cose che ti stanno a cuore, e noi, invece,
continuiamo a distribuire consigli e ricette daltri tempi; tu desideri lincontro, il
confronto, lunit, la festa, sogni spazi nuovi che permettano di creare interfacce
con tutti gli aspetti della vita, e noi continuiamo a dire sempre le stesse cose,
anche se con lo sforzo di aggiornare le parole.
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Probabilmente le nostre paure, i nostri sospetti, come pure i non pochi


spettri da tenere nascosti nei nostri armadi, non ci permettono di lasciarci
interpellare sino in fondo dalle tue domande. Succede cos che la distanza si
trasforma in abisso e il dialogo si fa impossibile. Continuamente frustata dalla
nostra incapacit a cogliere i processi e le trasformazioni che toccano in radice
lesistenza, la tua ricerca si trasforma in capriccioso ed autonomo fai-da-te che,
alla fine, ti rende facile preda dei rassicuranti inviti a consumare che ci
circondano da ogni lato o a conformarti alla moda del momento per essere
qualcuno, come se essere sia una cosa che si compra e non, invece, un dono
che si accoglie e si cura.
3. Incuriositi, a distanza e in silenzio, seguono lindicazione di Giovanni
Battista e si mettono a seguire Ges. Camminano in silenzio sino a quando
finalmente Ges si volta e domanda loro: Che cercate?. Non solo la prima
domanda di Ges riportata dal Vangelo, ma si tratta delle prime parole che la
Parola fatta carne rivolge agli uomini. I due discepoli ricevono non limperativo
seguimi, ma una parola che li attrae verso la persona del maestro.
Questa domanda come scrivono i Vescovi italiani tende a suscitare e
riconoscere un desiderio []. la domanda che Ges rivolge a chiunque desideri
stabilire un rapporto con lui: una pro-vocazione a chiarire a se stessi cosa si
stia cercando davvero nella vita, a discernere ci di cui si sente la mancanza, a
scoprire cosa stia realmente a cuore. Dalla domanda traspare latteggiamento
educativo di Ges: egli il Maestro che fa appello alla libert e a ci che di pi
autentico abita nel cuore, facendone emergere il desiderio inespresso. In
risposta, i due discepoli gli domandano a loro volta: Maestro, dove dimori?.
Mostrano di essere affascinati dalla persona di Ges, interessati a lui e alla
bellezza della sua proposta di vita. Prende avvio, cos, una relazione profonda e
stabile con Ges, racchiusa nel verbo dimorare.
La scena tutta dominata dalliniziativa di Ges, che per non d ordini, ma
rivolge loro una domanda che cercate? e, a seguire, un invito venite e
vedrete che d inizio ad una conversazione apparentemente normale. Per un
attimo i due discepoli si lasciano abitare dalle parole del Maestro a cui confidano
quelle attese e ragioni che progressivamente Lui corregge e indirizza verso altri
obiettivi. Il Vangelo lo dice chiaramente: i due vanno e stanno con Lui. Intuiscono
che solo fermandosi con Lui possono imparare a vedere e ad entrare nel cuore
della proposta.
Il senso mi pare ovvio: non c conoscenza per sentito dire che porti alla
fede o che abiliti ad essere buoni testimoni. la permanenza con Ges che
disillude le false aspettative e apre allessenza stessa del discepolato: chi dimora
con Lui riceve ogni confidenza.
4. Gi assetati e da tempo sulle tracce del senso, i discepoli colgono nella
domanda di Ges il massimo di creativit per la loro esistenza in ricerca. Mi piace
pensare che essi, sebbene vagamente, accolgano quella domanda come un
orizzonte spalancato su qualcosa di straordinariamente grande e che li invita ad
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un doppio e coordinato movimento: uscire fuori e, nello stesso tempo, ad


entrare in s.
Chi ha creato il cuore delluomo sa che per poter realizzare il massimo
delluscita da s necessario il massimo di interiorit. Il fuori , infatti,
autenticamente percepito nel dentro; e il dentro autentico nella misura in cui
in sintonia con il fuori. in questo modo che il dentro libera dalle illusioni
della realt di fuori e il fuori dal sazio e intimistico narcisismo del dentro.
Nessun desiderio possibile se non ci separa da s. Solo il bisogno immediato
pu fare a meno dellesodo perch appunto soltanto un capriccio. Due
movimenti complementari o, meglio, direttamente proporzionali, convergenti
come quelli del perdere e del ritrovare, secondo quella dinamica dellesodo che
Ges riprende e modula in diverse forme: necessario perdere per guadagnare,
distaccarsi per ritrovarsi, marcire per portare frutto.
La domanda posta da Ges pone i discepoli in una dinamica del tutto
comprensibile: solo provando a staccarsi da se stessi possono accedere ad
unautentica esperienza del limite non per registrare lennesimo fallimento, ma
come condizione base della loro reale identit. Non si pu tra-scendere senza
passare per il limite, cos come non si pu amare senza passare per laltro
rispettando i limiti della differenza e della diversit. Solo cos possiamo dare un
contributo speciale, singolare, unico e rispondere ai desideri profondi dellidentit
umana che, da una parte, fonte continua di riconoscimento e, dallaltra,
inesauribile energia di entusiasmo.
Intendiamo bene! Mettercela tutta, aprire varchi tra le mille sfide di ogni
giorno, desiderare di essere una persona riuscita e realizzata in maniera originale
unaspirazione del tutto legittima. Limportante che questa lotta per la
singolarit non si trasformi in ambizione individualistica animata dalla legge del
pi forte o ispirata alla banalit vezzosa di chi, cercando affannosamente tra le
tracce del quotidiano, cede alla pigrizia di rimandare a domani o, peggio, si lascia
convincere ad approfittare delloggi. In questo modo, la passione per la vita non
sarebbe un progetto, ma unumile corsa lungo qualsiasi strada aperta
sgomitando.
giusto che tu disegni la tua irripetibile identit scegliendo le coordinate del
tuo rapporto con il mondo e con la realt. Anzi, la tua generazione pi fortunata
della mia, perch non pi sotto la stretta dipendenza di tradizioni e ideologie
che imponevano solo alcuni modi di fare e di vivere. Nessuno pu negare il diritto
di individuare e scegliere i valori sui quali costruire la vita. Ci che voglio
sottolineare che anche la libert pi libera ha comunque bisogno di una
bussola per dirigersi da qualche parte. Sarebbe grottesco se, una volta liberi, ci
trovassimo a brancolare senza direzione e senza meta.
5. A questo proposito il Vangelo suggerisce una logica radicalmente diversa
da quel silenzio che opprime ed esplode, da quello cio che, lungi dallessere
scrigno del mistero, continuamente rimosso mediante chiassose vie di fuga.
Penso a quel silenzio prodotto dai mille rumori artificiali con cui ci si sforza di
stordire lesistenza, pur sapendo che non cos che si accede alla felicit e si
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riesce nella vita. Lo strano silenzio che abita il rumore non custodisce nulla e
quello ben pi sordo e doloroso che lo accompagna non ci fa sentire importanti,
non ci dice che la vita non sarebbe la stessa senza di noi, anzi, ci ruba lunicit, ci
consegna allo squallore della massa indistinta, ci omologa agli standard definiti
chiss dove; ci fa stare in mezzo agli altri, ma non con gli altri n ci fa esistere
per gli altri.
Su questo forse abbiamo opinioni diverse, ma qui, a mio parere, che
ritrovo il nodo cruciale della crisi che stiamo attraversando, la quale non tocca
soltanto lorganizzazione della vita, ma le relazioni e i rapporti tra le persone che
della vita sono la materia prima ed essenziale. Il silenzio che opprime
destinato, prima o poi, ad esplodere: c sempre una calma che precede la
tempesta! Il fallimento della societ nel suo complesso vedi i suoi riflessi nella
cosiddetta emergenza educativa segna lesperienza dei giovani da parte a
parte, sino a quella forma di passione per il rischio vissuta con agghiacciante
temerariet.
Non intendo elencare questi giochi, n discutere se con essi testimoniamo la
virtualit del corpo e la capacit di infrangere ogni limite. Quel che mi preme
sottolineare il grigiore di questi modi distorti e disturbati di segnalare la propria
esistenza, di dire ci sono, di vedere se, caso mai, dal rischio estremo possa
guadagnare qualche fiotto di senso. Non certamente in questo senso che quella
umana una vita spericolata, se non altro perch la passione per il rischio e la
sfida al limite esterno non sono che sintomi di una profonda disaffezione sociale,
spie di una vistosa ferita di non-appartenenza, tratti di una vita muta che esplode
per elemosinare uno spazio di esistenza o chiedere un briciolo di riconoscimento.
6. Di tuttaltro fascino invece la domanda di Ges, gravida della possibilit
di un nuovo inizio, carica di trepidazione e di promesse, come linizio delle storie
dei fidanzati che non sanno come andr a finire, eppure sono certi di essere
entrati in una situazione nuova e totalmente affascinante.
Daltra parte, non forse il ricominciare che permette di crescere e di
andare avanti? La vita non un monotono e continuo svolgersi dello stesso filo,
ma una trama di cominciamenti, di ri-significazioni, di ri-prese, di ri-progettazioni.
nella forma dellargilla continuamente riplasmata dalla storia e dalle storie che
accediamo alla maturit. Le sempre nuove percezioni di noi stessi ci aiutano ad
andare avanti e a risistemare le inevitabili distorsioni, a rivedere le percezioni
erronee, a correggere le sempre possibili deformazioni. Colui che cerca sente il
bisogno di cercare ancora persino quando ha trovato: ogni evento, ogni cosa,
qualsiasi persona hanno sempre nuovi orizzonti da svelare. Lamore vero si
esprime nella continua scoperta di profondit sempre nuove, nel valorizzare tutto
quel che ci viene dagli altri e nel rimuovere le deprimenti presunzioni di essere
degli arrivati.
Che cercate? dunque la domanda in cui si raccoglie tutta la proposta di
una vita autenticamente riuscita. Pi che alludito, domanda che va dritta al
cuore e colpisce in pieno la nostra libert sollecitandola a rispondere in maniera
nuova e creativa. Le domande che vengono da Lui rigenerano le nostre
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abitudinarie interiorit, dimezzano la statica forma delle realt consolidate,


rimettono in discussione il troppo pieno delle convinzioni e delle convenzioni
acquisite: quel troppo pieno che a volte non consente di fare spazio all Altro.
Daltronde, se allorigine non vi fosse una domanda, cosa sarebbe la nostra vita?
Nessuno pu rispondere al posto di un altro, perch Dio vuole un rapporto
personale con ognuno di noi.
7. Perci, carissimo/a, necessario un silenzio che accoglie e che sogna una
vita condivisa. Chiudersi davanti ad uno schermo, lasciarsi intontire da realt solo
virtuali, evitare gli altri perch sono diversi, perch hanno altre sensibilit o altri
modi di concepire il mondo, sono cose che squalificano la tua bella et. Tenersi al
riparo dagli altri riduce lesistenza ad un rincorrersi di attimi vuoti, cos come
mancare la ricerca della vita pi grande significa condannare lanima alla
desertificazione.
Al contrario, il silenzio che lavora alla cura di s assumendo tutto il
personale carico di vita riempie il tempo di significative produzioni di senso. Nel
confronto, infatti, ciascuno sperimenta i propri limiti, mette alla prova i giochi
della vita e verifica realisticamente le garanzie delle tante nostre promesse a cui
corriamo dietro. la gratuit che ci fa maturare una personalit capace di donare
e di essere propositiva in ogni contesto, perch d forma autentica al proprio
modo di esserci. Dal dono spontaneo alle forme pi istituite ed organizzate, la
generosit contesta questo mondo sempre pi individualista e ci impegna alla
costruzione di una societ solidale in cui ognuno ed opera a vantaggio degli
altri.
Il desiderio linizio ed il movente di ogni avventura. Abita ciascuno di noi
sin dallinizio e ci spinge a camminare sino alla fine. Il cielo azzurro, la strada, il
luogo dove sono, gli amici, i talenti e i progetti, i successi e le disfatte, le stelle
bellissime alla sera, un gesto generoso, unoccasione in cui sei stato benissimo
anche senza trasgressioni, un legame che ti fa crescere e stare bene: tutto ci ci
interroga sul nostro essere fatti per il bene. Certo, non mancano tratti neri nel
cielo della nostra esistenza e dei nostri affetti. Chi non ha mai vissuto qualche
momento buio sul piano personale o familiare? Troppi soffrono perch sono soli,
delusi, fatti fuori. La statistica una brutta scienza: offre notizie ma non
soluzioni, lancia gli allarmi ma non indica rimedi. Una cosa per certa: noi
cerchiamo qualcosa di pi, qualcosa di pi bello e pi grande. E, l dove il sogno
spinge allimpegno, la vita inizia a trasformarsi in Buona Notizia.
8. C, infatti, un di pi di autenticit che non possibile reperire altrove,
come avvertono i discepoli quando, alla domanda di Ges, non possono che
rispondere con unaltra domanda Maestro dove abiti?. Osano spingere la
richiesta molto pi avanti mossi dal desiderio di imparare qualcosa. una
domanda importante: non mera curiosit del domicilio, ma espressione di un
profondo desiderio di relazione, richiesta di uno spazio di intimit, di un comune
luogo di frequentazione, di unappartenenza.
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una domanda che risponde ad una condizione fondamentale dellesistere,


ma che non facile trovare a portata di mano. Spesso coloro che si fanno seguire
penso, ad esempio, alle stars dello spettacolo evitano questo argomento, per
cos dire confidenziale; anzi, si circondano di bodyguards perch nessuno entri
nella loro vita privata, spesso cos lontana e diversa da quello che dicono o
cantano in pubblico. Daltra parte, relazioni senza dimora qualora esistessero
non sarebbero che legami deboli, e consumistici. Una vita senza dimora fissa
sarebbe una continua negazione di quei limiti e conflitti di cui, paradossalmente,
abbiamo bisogno per crescere.
Dove abiti? come dire Chi sei? o, pi concretamente, come vivi?.
Non si tratta di un semplice bisogno di fare esperienze, se non altro perch
ritenere che la pienezza della vita dipende dalle esperienze accumulate e
consumate una tragica illusione. La voracit delle esperienze anche
nellambito della fede - oltre a renderci dilettanti, il sintomo di un malessere
che tende a distrarci dalla profondit di noi stessi. Qualsivoglia esperienza
infatti, prima ancora di essere questione di contenuti, un modo di abitare
lumano in senso dinamico. Anche quella di fede, la quale non una conoscenza
specialistica della Sacra Scrittura, ma quellabitare lumano che fa accadere la
Parola in tutta la sua divina e incatturabile paradossalit.
La comune frequentazione in s condividere uno stile concreto che
ovviamente non smette di domandare ulteriormente e di continuare a cercare in
quanto pone le esigenze dellamore, dellappello, della responsabilit, del dono.
Secondo il Vangelo, il bisogno di una casa e di un maestro da seguire si
compie definitivamente nel fermarsi presso di lui (Gv 1, 39), in un abitare che
dice di pi di quel che dice, che canta la Parola e lascia parlare, in una
condivisione che, nellabitare i luoghi concreti della vita, consente di cogliere i
segni di un Dio che sempre ci precede. cos che ci si mette in gioco: cercare,
progettare, anelare alla libert, muoversi su un piano che molto pi
interessante di quello del pensare o del conoscere.
Esiste, dunque, una dimensione del silenzio che una responsabilit diretta
ad investire tutto se stessi nella proposta di Dio. Ges, infatti, non si attarda a
spiegare di cosa si tratta n mette in chiaro i punti salienti della sua ideologia,
ma li invita a casa sua, allamicizia e allincontro. Secondo la narrazione
evangelica, i due rimangono con Ges sino a sera, ossia sino a quando tramonta
ci che vecchio e nasce la gioia di aver trovato ci che cambia la vita.
9. A questo punto, non mi resta che chiederti scusa a nome di tutti noi adulti
che forse ti abbiamo dato tutto tranne ci di cui hai davvero bisogno: riempiendo
la tua vita di cose, labbiamo svuotata di affetto, di compagnia, di modelli sino a
renderti prigioniero e insoddisfatto delle cose.
Oltre a chiederti scusa perch ho osato invadere con le mie parole il tuo
silenzio, approfittando della tua disponibilit, ti auguro che lamore di Dio per noi
aumenti la tua gioia e ti spinga a rimanere vicino ai meno favoriti, ai poveri. Tu
che sei molto sensibile allidea di condividere la vita con gli altri, non passare
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oltre alla sofferenza umana, dove Dio ti attende perch tu offra il meglio di te: la
tua capacit di amare, di compatire, di servire.
Soffrire con laltro, per gli altri; soffrire per amore della verit e della
giustizia; soffrire a causa dellamore e per diventare una persona che ama
veramente: questi sono elementi fondamentali di umanit, labbandono dei quali
distruggerebbe luomo stesso.
Ti auguro, perci di vivere senza venderti e senza lasciarti comprare, senza
etichette e senza distinzioni, senza altro nome che quello di persona umana. Ti
auguro di vivere senza seminare vittime lungo il cammino della vita, senza
sospettare o condannare nemmeno a fior di labbra, di lottare per un mondo dove
ognuno possa reclamare il diritto di esserti fratello.
Se puoi, scrivimi. Mi farai felice.

Otranto, 10 febbraio 2014


don Donato
Arcivescovo

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