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M.C.L.L.

Movimento Cristiano Liberale Laico


“Per chi suona la campana?”

Amici dell’Uomo e della Civiltà Occidentale,

il nostro vuole essere un appello urgente a tutti coloro che lottano per la
libertà nella giustizia e vogliono, con le loro scelte politiche, conformi ai principi che
si ispirano al patrimonio dei valori della più nobile tradizione nazionale, partecipare
alla ri-organizzazione di una comunità di persone libere e responsabili, una comunità
che rimetta in “circolo” nelle sue strutture vitali l’idea di Dio, un confronto con il Dio
liberante, come dalle più nobili tradizioni millenarie di tutti i popoli, convinti che:

a. Siamo dentro una crisi esistenziale e di civiltà, di grandi proporzioni.


b. Una civiltà che esclude Dio dalla vita sociale e politica, spezza
una relazione fondamentale alla soluzione globale dei problemi dell’uomo.
c. Un mondo meno opaco e più centrato su principi armonici e olistici dello
sviluppo umano, è urgente e possibile.

E’ Movimento. Ci siamo costituiti in Movimento, al di fuori cioè di regole, gerarchie


e strutture proprie dei partiti, perché vogliamo suscitare, in tutti coloro che amano la
propria Patria, una forte tensione verso quel mondo di valori che conferiscono senso
e significato alla vita dei singoli e dignità all’intera comunità.

E’ Movimento Cristiano, perchè il Cristianesimo ha messo il suo “sigillo” su due


millenni di storia, imprimendo una connotazione tutta propria alla nostra civiltà e
dando risposta alla drammatica domanda di senso che sale dal profondo dell’animo di
ogni uomo. E’ movimento cristiano per i credenti che hanno il dono della fede e lo
vivono come riferimento ai valori della Trascendenza, ma anche per i non credenti che
lo accettano come espressione di civiltà secondo il “perché non possiamo non dirci
cristiani” di B. Croce. E con d. Luigi Sturzo del 1919, anche noi: “ci presentiamo alla
vita politica ispirandoci ai saldi principi del Cristianesimo anche perché occorre
rifuggire dalle democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni idealità”.

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E’ Movimento Liberale, non solo in quanto fa riferimento alla libertà politica
garante di ogni democrazia, ma nella accezione della “educazione liberale” di
J. Maritain che è rivolta alla liberazione della persona e nel significato della
Psicologia umanistica, per la quale la vita piena è un “continuum vitale” che sollecita
ciascun uomo alla sua auto-realizzazione e la società a un progressivo
sviluppo nelle tre dimensioni: materiale, spirituale e culturale per preservare integra
la propria identità a livello personale e comunitario.

E’ Movimento Laico e non laicista. - laikòs, ossia popolo con il suo opposto
klericòs, appartenente al clero - La laicità è diventata la nuova “ideologia” di cui si
sono appropriati Radicali e Sinistra politica che agitano come bandiera da
contrapporre a tutti coloro che non sono in sintonia con il pensiero da essi professato.
In realtà essi sono laicisti e non laici volendo imporre la loro scelta antireligiosa o
politica, al di là della dialettica democratica, attraverso cui si determina ogni
decisione maggioritaria. Sono anche confessionali come tutti coloro che presentano,
quasi come dogma religioso, una loro “verità” che è verità solo in quanto patrimonio
del credo politico che connota la loro cultura di appartenenza. Possono essere
confessionali i cattolici, i marxisti o i radicali, o altri, ogni qualvolta vogliono
imporre, in politica, le loro idee a prescindere dal confronto dialogico e dalla
maggioranza parlamentare. In regime democratico la discriminante che decide della
laicità è il rispetto del risultato che scaturisce dal dibattito parlamentare, anche
quando contraddice la propria opinione.
Il laico è colui che pur testimoniando una sua identità, un suo pensiero politico o
religioso, non vuole imporlo all’altro come pensiero esclusivo, ma si pone in
confronto, in dialettica senza sovrapporsi, senza plagiare o mortificare le altre
identità. “Si parva licet componere magnis”, se è lecito paragonare le cose piccole alle
grandi, scriveva Virgilio, noi vorremmo sostenere che il primo e più autentico laico è
stato Gesù Cristo, il quale non ha imposto mai la sua Verità neppure per difendersi
dalla morte che, se avesse voluto, avrebbe potuto evitare. Per coloro che si ispirano al
Cristianesimo ciò è motivo di orgoglio da tener presente e imitare sempre, anche nelle
conclusioni che collidono con i propri convincimenti.

E’ Movimento etico o morale. I due termini sono praticamente sinonimi ed hanno


come oggetto il giudizio sul comportamento umano. Mentre la morale esprime un
giudizio pratico sulle regole tipicamente umane, l’etica fa maggiore riferimento al
giudizio filosofico dell’agire umano. Tuttavia sia la morale che l’etica pongono sotto
osservazione ogni aspetto dell’agire umano, ma rispettando il grado di responsabilità
e la gerarchia dei valori che connotano le rispettive azioni. In alcune civiltà che hanno
esasperato il significato dell’agire religioso, ove si è dato un rilievo morboso a
superate tradizioni, quando si parla di morale si fa riferimento soprattutto alla sfera
affettivo-sessuale della persona e non ai comportamenti della mente che inducono
all’errore fino alla corruzione permanente della persona stessa. Sul piano politico i
comportamenti etici scorretti e perniciosi possono essere , ad esempio, l’arroganza e
la volontà di dominio su gli altri, l’egocentrismo a danno del bene comune, la
dissipazione del patrimonio comune, le competizioni politiche trasformate in lotte
personali segnate dall’odio, il sostegno politico o, semplicemente, culturale a governi
tirannicidi che hanno riempito il mondo di sangue, senza poi far seguire alcuna
resipiscenza.
Sul piano etico religioso diciamo che è molto più corruttiva la colpa della mente, che
disorienta intere generazioni con l’indottrinamento di sistemi di pensiero innaturali e
antiumani, rispetto al peccato del cuore che può togliere trasparenza alla persona ma
che, molto spesso, è come venticello, come nebbia che svanisce al sorgere del primo
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sole. Il secolo passato, sul versante ideologico, è stato un tempo di immoralità della
mente e peccaminoso: molti personaggi corresponsabili o consapevoli di fatti
delittuosi si sono auto-assolti cambiando semplicemente una casacca e la
denominazione del proprio partito. Troppo poco per un vero e autentico passaggio
alla consuetudine democratica senza riserve (direbbero loro: senza se e senza ma), la
quale esige sempre una duplice disciplina: della mente per la purificazione della
memoria, del cuore per un gesto di perdono redentivo.

E’ Movimento nell’orizzonte politico-culturale di Centrodestra, il solo spazio


politico che, più di ogni altro, è garante di democrazia, libertà e creatività.
Il Centro Destra è un corpo gigante, ma ha impellente bisogno di una grande anima.
La ricerca del senso della vita e della “direzione” culturale del Centro Destra, è
diventata, oggi, una urgenza personale e sociale E noi vogliamo porci come semplici
testimoni di grandi nuclei di coerenza valoriale per risvegliare, disseppellire, insieme a
voi, antiche e sublimi nostalgie di verità che, offuscate e sepolte dai vari relativismi e
nichilismi moderni, giacciono nelle profondità dell’animo umano.

La cultura della Post-modernità

Il sottotitolo del nostro Movimento "Per chi suona la campana?” ripreso dal celebre
romanzo di Ernest Hemingway, vuole sottolineare la criticità del nostro tempo,
scosso da vibrazioni oscure a motivo del disagio esistenziale e il depotenziamento di
tutti i valori tradizionali pubblici e privati, per diventare appello ad ogni uomo che
non voglia consegnarsi, narcotizzato e inerme, alle filosofie del nichilismo e del
relativismo che sottendono la nostra civiltà e cultura. Stiamo infatti vivendo la
rivoluzione più ovattata ma, forse, la più “devastante” di tutta la storia che non è un
semplice passaggio d’epoca, ma capovolgimento delle strutture culturali e filosofiche
che, dalla antica Grecia fino a noi, hanno sostenuto lo sviluppo lineare della nostra
civiltà, cultura e religione.
La modernità, tempo del pensiero forte, fondava la sua forza, efficienza e sicurezza
sulla capacità della mente umana di conferire unità ai grandi processi dello spirito, da
cui le grandi filosofie, ideologie, religioni e, per riflesso, le grandi formazioni
geopolitiche. Era perciò questo il periodo rassicurante dei grandi orizzonti di salvezza
dentro ai quali l’uomo realizzava la propria liberazione. Ciò valeva per ogni ideologia
o formazione religiosa in grado di offrirsi come motivo salvifico. E ogni uomo
conosceva la strada della propria liberazione.
Il nostro è il tempo della post-modernità ove tutto è profondamente cambiato. E’ il
tempo del pensiero debole, della destrutturazione delle grandi ideologie e filosofie,
della mancanza di mappe di orientamento dove l’uomo, liberato dai “contenitori”
ideologici bruciati sui forni crematori di Auschwitz o infranti sul muro di Berlino, si
sente solo nell’universo e privo di orizzonti di senso. Il nostro, come sosteneva
Nietzsche, è il tempo dell’ “ultimo uomo” che impara a convivere con il nulla, il
nichilismo, il non-senso.
Ne risulta un tempo di libertà anarchica che non è la libertà in grado di fondare una
sana democrazia, un tempo di naufragio della politica senza nuclei di coerenza
interna, perché priva degli antichi ancoraggi culturali, etici e religiosi con cui si è
sempre misurata la civiltà occidentale.

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Ideologie e Bioetica. Alla caduta delle ideologie si accompagna la rivalutazione della
bioetica come nuova dottrina intorno alla quale tutti gli schieramenti si affollano per
dare una base alla propria antropologia, ossia alla visione dell’uomo senza la quale si
fa difficile ogni posizione politica e rispettivo dibattito. Si è passati pertanto dalla
discussioni sulle idee, o meglio, sul sistema delle idee-base delle ideologie, alla
discussione sull’uomo, sulla persona umana. Ciò dovrebbe riempire di responsabilità
tutti coloro che si ispirano al Cristianesimo la cui religione si incentra sul Logos, sul
Verbum, sulla Parola, in pratica sulla Persona divina che si è fatta persona umana:
tema centrale del Cristianesimo la cui essenza è data proprio dal Verbum che diventa
carne.
Ma nel secolo passato i discorsi abituali erano sulla classe, sulla razza, sulla folla
poiché la concezione di uno Stato “moloch”, di destra o di sinistra, annullava le
singole individualità personali in nome dello Stato Assoluto, cui la persona doveva
sacrificare le proprie energie.
Oggi sia la Sinistra ex marxista che i Radicali hanno assunto la bioetica come loro
ideologia ponendo in discussione, in una visione laicista, l’uomo concreto in ogni
aspetto della sua esistenzialità: concepimento, aborto, embrione, matrimonio,
accanimento terapeutico, eutanasia. Per chi si richiama ai valori del Cristianesimo,
questa è la battaglia delle battaglie, condotta non più sulla dialettica delle ideologie
ma direttamente sull’uomo. L’eventuale sconfitto in questa guerra sarebbe l’uomo
stesso e la sua forma di vita secondo quelle regole che hanno affermato la nostra
civiltà cristiana, la civiltà della Persona. Purtroppo anche su questo argomento
domina la dialettica relativista e laicista che, sovente, interviene sui passaggi cruciali
della vita dell’uomo non solo al di fuori del buon senso della tradizione secolare
italiana ma anche al di là della lettera e dello spirito della Costituzione italiana.

Cosa fare allora? Lasciarsi inghiottire dalle sabbie mobili del relativismo, lasciarsi
vivere dallo spirito negativo del tempo o piuttosto governare le situazioni con la
forza, la fede e la ragione di uomini integrati nella propria identità, in grado di auto-
realizzarsi nella pienezza del loro essere e, in quanto socii di una rete umana solidale,
di aprirsi agli altri nella direzione della comunità democratica?
Oggi la sfida più grande che sta di fronte alla politica è quella di far ritrovare la
propria anima a questa società sfibrata e di ridare senso e identità alla vita personale
di ogni uomo. Questo è il compito etico, politico e religioso che diventa programma
del Movimento Cristiano Liberale Laico.
Un’analisi critica degli elementi socio-politici, oggi, maggiormente sensibili e più
esposti alla cultura della post-modernità, sollecita una attenta considerazione dei
problemi che, in qualche misura, sono diventati le emergenza del nostro tempo.

I giovani nella “bufera” della post-modernità


Naturalmente la gioventù non è problema ma, piuttosto, la più grande e più
affascinante risorsa di una società. E noi vorremmo sciogliere in loro favore quel
“cantico” di Maritain del 1943, rivolto ai giovani d’America; “amo e rispetto la
gioventù d'oggi e guardo ad essa con uno strano senso di angoscia. Essa conosce
moltissime cose riguardo alla materia, ai fatti naturali ed umani, ma quasi
nulla riguardo all'anima. Tutto sommato, il livello della sua condotta morale
non è più basso, sebbene più apertamente rilassato, di quello della generazione
precedente. I giovani d'oggi hanno una specie di fiducioso candore che lacera il
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cuore. A prima vista, essi sembrano assai vicini alla bontà della natura quale
Rousseau la sognava. Perché sono buoni, senza dubbio, e generosi e liberi, e
manifestano, nelle azioni nobili come in quelle immorali, una sorta di purezza
che somiglia all'innocenza degli uccelli e dei cerbiatti. In realtà si trovano
proprio in quel momento in cui, dopo che tutte le strutture acquisite della
tradizione morale e religiosa sono state disperse, l'uomo rimane a giocare ancora
con la sua eredità. La loro natura nuda non è la pura natura, ma una natura
che dopo secoli è stata fortificata dalla ragione e dalla fede e avvezza alle virtù,
e che si trova adesso priva dì ogni sostegno. Essi stanno ritti nella loro bontà,
senza nessun appoggio. Come sarà provata la loro resistenza nel duro mondo
di domani? Cosa saranno i loro figli? L'ansia e la sete aumentano in gran parte di
essi e questo è un motivo di speranza.”
Nel 1943 il mondo occidentale era ricoperto dalle macerie della guerra ma
rigurgitava di speranza; i giovani erano “vicini alla natura” e lontani dalla droga e
dall’alcool; avevano le tasche vuote di soldi ma esse erano piene di futuro; le loro
conoscenze provenivano da libri e testimonianze dei loro padri e non da internet
che produce i simboli astratti dei simboli ancora più astratti; non conoscevano la
noia perché la loro vita era piena di un presente stimolante e di tensione sul
futuro.
Oggi le cose sono radicalmente cambiate anche se molti giovani sono ancora “ritti
nella loro bontà”, senza nessun appoggio. Tuttavia tre ci sembrano le urgenze che
la politica non può ignorare.

1. I giovani vivono una forma particolare di disagio.


Dis-adiacére, indica la difficoltà di “giacere accanto” ossia esprime il concetto di
lontananza. Il giovane si sente lontano da sé. Le sue frustrazioni e scissioni a livello di
personalità lo rendono incapace di perseguire obiettivi significativi e gratificanti. Il
giovane si sente lontano dagli altri per quel mal-essere o star-male tanto diffuso nella
società. I giovani si sentono de-tutorizzati dal mondo degli adulti e si affidano al
gruppo dei pari che sentono come luogo di appartenenza e di condivisione dei
problemi. Oggi questo luogo di appartenenza diventa spesso la terra ove scorrono
alcool, droga e sregolatezze di ogni genere. Il rischio che la politica non può
nascondere a se stessa è che fra qualche tempo avremo una generazione di giovani
mutati nella propria struttura chimica, quindi psicologica, quindi antropologica. I
giovani saranno altri, ossia alienati dall’alcool e dalla droga. Occorre pensare non a
palliativi compensativi, ma a interventi politicamente efficaci.

2. Il “set” da cui i giovani riproducono le rappresentazioni sono i media con tutte


le possibili interconnessioni e le virtualità telematiche per produrre simbolizzazioni e
iper-simbolizzazioni della realtà che rendono artificioso e inconsistente il mondo delle
cose e le sue rappresentazioni, per cui i giovani si sentono sempre più lontani dalla
concretezza delle cose vere. Non è forse arrivato il tempo di chiedere ai giovani di
“sporcarsi le mani” anche con il lavoro manuale, a contatto di oggetti veri e
pesanti per dare valore positivo alla fatica e fugare la noia dalla loro vita?

3-Il terzo anello delle problematiche giovanili è dato dalla scuola. Una scuola che
forse, inconsapevolmente, sta sbilanciando un equilibrato sviluppo della vita
sociale. Abbiamo e avremo sempre più laureati particolarmente italiani, il 50% dei
quali saranno per decenni disoccupati o precari rispetto agli altri cittadini comunitari o
extra comunitari che occuperanno, almeno per una o due generazioni, tutti i settori
del lavoro manuale. Fra pochi anni avremo due livelli di italiani o, per paradosso, due
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Italie: quella dei colletti bianchi, per lo più disoccupati e quella delle tute blu quasi
tutte occupate a tempo pieno. Qual è il motivo?
Sta nella totale dis-applicazione dei dettato primo della Costituzione Italiana:
Repubblica fondata sul lavoro. Ancora oggi non si dà alcun valore culturale al lavoro
fisico-manuale dando piena importanza al lavoro intellettuale e libresco.
Come MCLL noi ci domandiamo, per agire poi di conseguenza, se non sia arrivato il
tempo di dare il medesimo valore culturale ad ogni tipo di lavoro manuale o
intellettuale che sia. Se non sia arrivato il tempo di applicare fin dalla scuola media il
sistema di alternanza scuola-lavoro per abituare i giovani ad utilizzare le mani sia
per ben servirsi della penna che per ben utilizzare il martello, la cazzuola, la zappa e
tutte le opportunità di lavoro, come cultura alternativa ma della stessa valenza e
valore rispetto al lavoro da colletto bianco. A noi sembra che questo sistema potrebbe
ri-equilibrare la struttura lavorativa della società, ridare significato al dettato
Costituzionale, rinvigorire i giovani che, liberarli dalla stanchezza esistenziale, dalla
droga e dall’alcool, torneranno, come i ragazzi di Maritain, ad essere “giovani ritti
nella loro bontà” perché appoggiati alla madre terra che farà pur sentire la
durezza del suo suolo, ma anche il fascino dei suoi profumi e colori.

La famiglia, avamposto della comunità sociale

Le politiche mancate per la Famiglia


Il nostro Movimento guarda alla Famiglia come “sentinella” vigile dell’ intera vita
sociale. C’è una profonda correlazione tra le due istituzioni, famiglia e società che
rappresentano i due sistemi di vita sociale che, maggiormente, si fanno carico dei
problemi più complessi ma più significativi dell’esperienza umana. Tuttavia a distanza
di oltre sessanta anni dalla promulgazione della Costituzione Italiana e dalla
esperienza di molti governi democratici e di una generalizzata dialettica democratica,
dobbiamo constatare che si è fatto ben poco per tutelare e proteggere la famiglia che
è stata piuttosto ignorata e penalizzata dalla politica, non tanto sul piano delle
enunciazioni quanto dei fatti e delle decisioni concrete.

Un’analisi storica della situazione ci porta a precisare meglio questo concetto.


La costituzione del ’48 definisce la Famiglia “Società naturale fondata sul
matrimonio” e gli articoli 29-30-31 sollecitano una politica sociale per consolidare
l’istituzione famigliare. Ma questa è mancata per vari motivi che così possiamo
riassumere.
1-diffidenza nei confronti del tema famiglia per il ricordo della politica famigliare
del fascismo. Questo, favorendo le famiglie numerose con contributi e onorificenze
alle madri prolifiche, suscitava nell’immaginario collettivo della recente democrazia
ingiustificate paure nell’affrontare efficacemente il problema sociale della Famiglia.
2-La cultura laica. Nonostante le belle pagine di B. Croce sulla Famiglia, la cultura
laica ha esaltato la sola dimensione privata della famiglia che è essenzialmente il
luogo degli affetti e dei sentimenti collegato al ruolo della donna. L’uomo si afferma
nella vita pubblica, politica e professionale e trova conforto nella sfera privata dei
sentimenti: solo a casa è se stesso, è presso se stesso e realizza la propria
personalità, libertà, creatività, ma la famiglia è vista come soggetto di diritto privato
e non come oggetto di diritto pubblico.

3-La cultura marxista. E’ risaputo. Per Marx, Engels e compagni, la Famiglia è


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sovrastruttura della realtà economica e sociale. Puntella il sistema borghese.
Occorre superare la famiglia monogamica cambiandola in un rapporto di coppia,
libero da vincoli. La socializzazione dei figli è opera dello Stato. E’ noto pure che
questo modello non è riuscito a decollare in URSS e ancor meno in Italia con il
revisionismo teorico di Gramsci e Togliatti.
Tuttavia, il marxismo ha mantenuto un concetto storicistico della famiglia come
comunità destinata a scomparire insieme alle altre sovrastrutture.

4-La cultura del ’68. La contestazione più forte è nei confronti della Famiglia. Alla
sua demolizione confluiscono la cultura laica e marxista della Scuola di Francoforte
di Horkeimer, Adorno, Marcuse, insieme alla cultura psicoanalitica di Wilhelm Reich
che conduce una contestazione frontale alla famiglia: essa condiziona
psicologicamente, più della stessa economia, fino a diventare istituzione repressiva.
Occorre liberare gli individui, i figli, la donna dalla famiglia e dalla schiavitù del
padre-padrone. Solo una società senza famiglia può sprigionare tutte le energie degli
individui. La famiglia si offre quindi come cultura della pura soggettività, libertà
sessuale, diritti degli omosessuali, dell’aborto, della liberazione della donna.

5-La cultura cattolica. Aveva due grandi opportunità per una politica sociale della
famiglia: la Costituzione italiana e la cultura e tradizione della Chiesa. Ma per motivi
contingenti, di potere, ha fatto prevalere una politica di mediazione, di adattamento
alla cultura laica e marxista, sollecitando semplicemente forme di volontariato e di
assistenza. Per salvaguardare equilibri politici è mancata di capacità progettuale sul
piano della politica sociale famigliare
Si dovranno attendere gli anni ’90 perché si faccia strada una nuova cultura della
cittadinanza che si contrappone alla cultura dei diritti individuali. La cultura della
cittadinanza si realizza attraverso la famiglia che è il vero luogo della “relazione” e
quindi della “umanizzazione”. L’uomo in essa comincia ad essere senso di se stesso,
consapevolezza degli altri. In essa nasce l’uomo accanto all’altro uomo, la prima
relazione, il primo Sé

Nuova politica della famiglia, punto programmatico del MCLL

Non è una cosa semplice riguadagnare un cammino perduto lungo vari decenni, ma
questo, per noi del MCLL deve rappresentare il punto “alfa” della programmazione
del nostro agire politico.
1. La famiglia così come ci è data dalla Costituzione deve rimanere “società
naturale fondata sul matrimonio”. Le forze laiciste vogliono depotenziare questo
concetto di famiglia snaturando il concetto di “natura”, quindi di fondamento
giuridico-naturale. Sanno che tolto questo fondamento è possibile far passare come
famiglia ogni ibrido accoppiamento.
2. Ogni altra unione al di fuori del rapporto riconosciuto uomo-donna può essere
registrata, con promesse e impegni reciproci, dinanzi al Notaio ma non riconosciuta
da Istituzioni pubbliche che rimandano alla Costituzione con le sue inequivocabili
indicazioni. La politica deve porsi come forza pedagogica che si fa garante di una
famiglia a dimensione della Costituzione e della millenaria tradizione italiana poiché
essa rimane l’istituzione primaria e naturale su cui si fonda la vita sociale e la
formazione del carattere e della personalità del bambino.
Tutti gli studi psicologici o psicoanalitici sono concordi: un buon rapporto con i
genitori favorisce un giusto sviluppo della vita; un cattivo rapporto è causa di turbe
del carattere e del comportamento. Freud, Erikson sono d’accordo, anche se con
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accenti diversi: l’influenza della famiglia è decisiva perché in essa il bambino vive i
suoi primi anni, struttura la propria coscienza, si forma il suo equilibrio, tanto che a
3/4 anni tutto, o quasi, è giocato sul piano della struttura della personalità. La
famiglia è il luogo della appartenenza dove si sviluppa e ricerca la propria identità e,
al tempo stesso, rappresenta la scommessa più alta per la formazione di una società
in grado di superare gli aspetti negativi della cultura postmoderna.

Gli Anziani fuori dell’ “arco costituzionale”?

Potrà sembrare paradossale questo titolo, ma in realtà spesso registra la situazione


esistenziale e giuridica di coloro che hanno smesso il loro rapporto lavorativo e sono
avanti con gli anni. E’ il tempo in cui si oscurano o finiscono le speranze e per ciò
stesso dovrebbe essere il tempo di una maggiore cura da parte della società.
Purtroppo, nella pratica della vita sociale si verifica il contrario.
I media sono in prima fila, con il proprio staff di giovanissimi/me, ad escludere i
pensionati dal lavoro e mettere in guardia contro di essi, quasi fossero incapaci
anche di quelle professionalità nelle quali, qualche tempo prima, erano maestri. Non
sono accettati di buon grado in politica che è diventata esercizio per giovani, in
medicina ove la ricerca impone l’intelligenza delle generazioni giovani, nelle
Università che vanno svecchiate e messe in mano ai giovani. Anche dentro la propria
famiglia l’anziano trova spesso scarsa considerazione perché rallenta i ritmi
produttivi della famiglia stessa: ha ragione Daniel Halèvy il filosofo della
accelerazione della Storia, quando dice che questo mondo “corre oltre la propria
storia”. L’anziano è destinato a rimanere indietro. Così gli anziani si rèlegano nei
giardinetti dei paesi o nelle osterie o nei viali accompagnati dal proprio cane, il solo
essere che non fa i conti né con la produzione né con la fretta della storia; gli anziani,
i fuori lavoro che, magari, solo qualche mese prima, pienamente integrati nella propria
personalità e ruolo lavorativo, contavano professionalmente e venivano rispettati e
riveriti dalla “società”. Aveva ragione Albert Camus: “non essere più ascoltati: questa
è la cosa terribile quando si diventa vecchi”
Per la verità c’è un breve periodo in cui il pensionato vive uno stato endorfinico, sono
i primi giorni quando si ha l’illusione di riprendersi la vita intesa come libertà dai
molti vincoli del lavoro strutturato e organizzato. D’altra parte chi non conosce il De
senectute di Cicerone o l’Elogio della vecchiaia di Paolo Mantegazza che fanno
brillare la vecchiaia, quasi, della stessa luce della giovinezza?
Ben presto finisce l’incanto e ci si ritrova a fare i conti con giornate ripetitive e piene
di niente. Il tempo, questa entità misteriosa e solenne che vuole essere riempita di
fatti corposi e di emozioni grandi, perde tutto il suo fascino e ti fa scoprire persona
fuori dal circuito produttivo e quindi inutile. “L’efficienza produttiva, unico criterio
moderno di valore, è una cosa sola con il sapersi guadagnare la protezione di gruppi
potenti… con il sapersi vendere bene”, ci ricorda Horkheimer in Eclisse della
ragione. Infatti.

La nostra è una società fondata sul lavoro, così come recita la stessa Costituzione,
"l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro" e tutte le strutture sono
funzionali alla soluzione dei problemi connessi con il lavoro e la produzione. Se
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avesse recitato: una Repubblica fondata sulla persona umana, il problema non
sussisterebbe, poiché si è persona sempre, dalla nascita alla morte. E ogni persona
umana è in sé un grande progetto unico e irripetibile, degno di stima e di amore
perché destinato a lasciare segni indelebili.
A questo punto è doveroso chiedersi: come risolvere il problema degli anziani, dei
fuori-lavoro che sta diventando problema sociale, sia per la grande percentuale
rispetto al resto della popolazione sia per l'espansione in età della vita stessa. Noi
tutti sappiamo quanto sia importante, e per la pace sociale e per la giustizia
distributiva di una società giusta, non sottrarre nessuna categoria delle persone
viventi dal circuito delle motivazioni e della speranza: le due grandi coordinate che
garantiscono una vita possibile, ancora capace di guardare in direzione del futuro.
Oggi, invece, i pensionati sembrano un mondo "a parte", senza grandi profili di
cittadinanza e di apprezzamento sociale se non in alcune occorrenze sindacali e di
voto politico. Una società che sviluppa e accredita socialmente competenze e abilità
senza coinvolgere le multiformi dimensioni della vita, non può che implodere su se
stessa, come è facile già constatare in molte vicende della vita quotidiana. Come farà
un essere umano a fronteggiare la pressione della vita e della stessa storia senza
continue aperture sulla speranza e sul futuro dell’ uomo?
Ecco perché il MCLL lavorerà anche nel mondo degli anziani, affinché la società degli
esclusi dal lavoro, dalla produzione, dai riconoscimenti, possa diventare la "società
degli inclusi" entro i motivi forti della vita sociale. Certo, i vecchi non riusciranno
più a diventare esperti di TIC - tecnologie, informazione, comunicazione - ma
potranno pur sempre, in virtù delle loro esperienze di vita, partecipare attivamente
a un Senato collettivo della saggezza, a livello regionale, provinciale e comunale, per
aiutare e orientare, come maestri di vita, le generazioni più giovani, e avviare coloro
che arrivano da mondi extracomunitari nel cammino di vita e di civiltà: questa
diventerebbe la medicina più efficace per una vecchiaia degna di un uomo che ha
faticato tutta una vita per diventare sempre più uomo. E il loro contributo produrrà
un riflesso benefico sulla intera società. Ma anche questo è un problema di volontà
politica, da risolvere, però, con urgenza perché, come ricorda il Marrou, questo
riconoscimento e impegno di saggezza è: "un anticipo della vita beata delle anime
favorite della immortalità".

Il dramma umano e politico del Marxismo

Dicono: il Comunismo è finito e, così, gli ex comunisti si sono assolti e riciclati


ponendosi come maestri di democrazia nei confronti di chi, fin dalla culla, ha respirato
aria di libertà.
E’ vero il contrario. A parte gli attuali regimi della Corea del Nord e di simili
esperienze in Asia ed Africa, a parte il regime scandaloso, a doppia velocità, della
Cina (comunista per un miliardo di poveri contadini e capitalista per gli altri 300
milioni di nuovi borghesi che stanno riempiendo il loro “impero” di grattacieli e
l’ambiente di CO2, mettendo in scacco l’economia, la finanza occidentale e la salute di
tutti) ma anche in Italia, pur non considerando i piccoli partiti dell’ultra sinistra che
ancora agitano la bandiera con falce e martello, è evidente un forte e nostalgico
legame con la cultura marxista: D’Alema, uno tra i più ideologizzati, insieme a
Bersani, ama citare spesso il Capitale di K.Marx indicandolo ancora come “bibbia”
progressista, uomini di sinistra amano parlare del PD come partito dalle origini

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lontane e innocenti, presentano Enrico Berlinguer, ammiratore non pentito di Stalin,
come maestro di etica e di rinnovamento del Comunismo. In realtà.

Il Comunismo è filosofia. E’la filosofia di K.Marx che si definisce “Materialismo


Dialettico Storico”: materialismo perchè la materia è principio e fondamento
dell’intera realtà e le attività economiche sono la base, cioè la “struttura” della vita
sociale; da esse dipendono le altre attività: politica, arte, scienze, legge, famiglia,
religione che Marx chiama “sovrastrutture”. Queste debbono essere abbattute per
poter cambiare la struttura sociale ed economica, mediante la lotta di classe, che è il
vero motore per la rivoluzione proletaria finalizzata alla edificazione del socialismo.
L’uomo deve potenziare la struttura economica, che è rapporto di produzione,
abbattendo le sovrastrutture borghesi che sono alienanti. Tra le sovrastrutture più
pericolose c’è la religione che essendo “oppio dei popoli” va abbattuta poiché è il
puntello più forte della borghesia. D’altronde, per Marx è chiarissimo: non è stato
Dio a creare l’uomo, ma l’uomo ha creato Dio.
E’ Materialismo Storico perché, dice Marx: “la storia di ogni società è storia di lotta
di classe: liberi e schiavi, patrizi e plebei, oppressori e oppressi, ed oggi, borghesi e
proletari la cui lotta produrrà il passaggio dal capitalismo al comunismo”

Il Comunismo è ideologia, ossia un sistema di idee base per l’azione politica e


sociale, una Weltanschauung, una visione del mondo secondo punti di vista propri
della ideologia, per organizzare una adeguata strategia politica e la lotta per la
conquista del potere..

Il Comunismo è cultura, ossia la risultante della sedimentazione lenta e coerente del


rapporto tra l’azione dell’uomo e la risposta dell’ambiente socio-culturale. In tal
senso Gramsci definiva l’uomo “una aggregazione storica”.

Il Comunismo è identità. La sua pratica culturale e pragmatica nelle attività di


partito diventa scuola che sedimenta lentamente fino a creare l’identità della persona.
Ci si può spogliare della ideologia ma non della cultura che entra nel vissuto
profondo dell’individuo, fino a definirne una identità permanente. Un marxista
formato alla scuola delle Frattocchie difficilmente potrà passare dalla concezione
collettivista dello Stato alla visione liberista della politica o della economia., dal
credo marxista a quello cristiano. Anche se l’opportunismo è, spesso, capace di salti
apparentemente qualitativi!

Il Comunismo di oggi è la teoria di Antonio Gramsci. Questi accetta criticamente


il Materialismo Dialettico Storico di K. Marx, apportandovi significativi cambiamenti
nella strategia per la conquista del potere. La sua è filosofia della praxis che attenua
i concetti di lotta tra le classi, tra struttura e sovrastruttura per conseguire la
costruzione del socialismo, mentre esalta il blocco storico ossia l’accordo delle forze
più rappresentative della società, prescindendo dalla collocazione sociale, come
nuova via per la conquista del potere. E’dunque necessario cooptare i cattolici per
instaurare il regime socialista nel quale, tuttavia, la vera egemonia, politica e
culturale, dovrà rimanere saldamente nella disponibilità degli apparati comunisti.
Nella fattispecie della recente storia italiana, Prodi e Franceschini, con la Bindi,
Scalfaro e altri cristiani adulti, sono stati gli apripista di questa nuova ibrida
cultura catto-comunista della quale diceva già Gramsci nel 1919: “sarebbero stati i
cattolici a convertirsi e non viceversa. Infatti, essi vorranno fare da sé, non
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vorranno più intermediari, non vorranno più pastori per autorità, comprenderanno
di muoversi per impulso proprio, diverranno uomini nel senso proprio della parola,
uomini che spezzano gli idoli e decapitano Dio”. Una bella lezione per i cristiani
adulti!
C’è pure una profonda spiegazione psicologica a tali comportamenti autolesionisti.
E’ di Jung, riportato da Mc Luhan in: Gli strumenti della comunicazione: “ogni
romano era circondato da schiavi. Lo schiavo e la sua psicologia dilagarono in
tutta l’Italia antica e ogni romano divenne interiormente, e s’intende
inconsapevolmente, uno schiavo. A forza di vivere costantemente in un mondo di
schiavi, fu infettato attraverso l’inconscio della loro psicologia. Nessuno può
difendersi da una ‘influenza del genere’. Tanto meno, aggiungiamo noi, una cultura
cristiana potrà mai coabitare e collaborare con una cultura dalle radici essenzialmente
atee.
E c’è un’altra triste considerazione. E’ molto avvilente veder serpeggiare dentro la
Comunità cristiana correnti di odio che dividono cristiani laici ed ecclesiastici a
motivo di scelte politiche, perché l’arma della sinistra è sempre la delegittimazione
dell’avversario. I post-comunisti italiani sono maestri in questa arte ma lo sono pure
per una capacità di odio tutta propria e che, troppo in fretta, hanno insegnato a molti
di coloro per i quali è stato detto “siate miti ed umili di cuore”.
E’ triste vedere militanti politici, che si dichiarano cattolici, più vicini ai marxisti
atei che al mondo dei cristiani e svendere la propria fede e identità o per calcoli
politici o, come direbbe J.Guitton perché “accecati dalla ricerca della purezza,
finiscono per rinunciare alla ricerca della verità”
Quando si perde la propria identità inizia la fine della propria civiltà.

I PRESIDENTI DELL’MCLL
DON MARIO FERRACUTI
GUSTAVO SELVA
ZAMA FRANCESCO

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